giovedì 1 maggio 2008

Un paio di misteri petroliferi

Ma perchè il petrolio aumenta tanto di prezzo e la benzina tanto poco?

Semplice, siamo protetti dall' euro forte In più i nostri motori sono sempre più risparmiosi, merito dei vincoli ambientali.

Qui ci vuole un link, se lo dico io nessuno si fida.

Entrando lì dentro capirete anche perchè quando il prezzo del petrolio s' impenna, la benza subito si adegua felice; quando flette, cominciano i tentennamenti, le incertezze, le titubanze, eccetera. Insomma, il fenomeno razzi e piume, il fenomeno che viene sempre fuori al bar.

Teoria numero 1: speculazione cattiva da parte di gente avida. In effetti il mercato petrolifero non è libero e le distorsioni abbondano.

Teoria numero 2: poichè il trend dei prezzi viene giudicato in crescita, quando c' è un calo lo si battezza come contingente e temporaneo.

Verifiche: il trend è effettivamente in crescita. La cosa depone tremendamente a favore della seconda teoria.


Mercati alienanti e autosfruttamento

Il mercato produce alienazione, soprattutto in chi lo giudica.

Il metodo della concorrenza ha delle pretese e spesso fallisce non cavando un ragno dal buco. Ecco allora che partono le copiose critiche di chi non aspettava altro. Ma spesso per i motivi sbagliati. Non dico che non facciano centro, ma su un bersaglio diverso da quello mirato.

Esempio: si sente dire che la concorrenza è sempre al ribasso, che produce ineluttabilmente una sorta di "sfruttamento" del lavoratore.

Ora, nella nostra Italia dei piccoli e micro-imprenditori, questa storia dello "sfruttamento" suonava un po' comica. Così qualcuno ha pensato di pigiare sul pedale ed è arrivato, con la comica finale, un battutone a sigillo del cabaret: "auto-sfruttamento".

Giretto in bici per le strade del primo maggio nordista. Rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non danno tragua nè speranza.

Con tutti 'sti ponti non mi posso allontanare, siamo aperti e mi devo auto-sfruttare: il mercato ha fallito consegnandomi ad un destino cinico e baro.

No, una conclusione del genere non riesco a digerirla, preferisco la stoppa. Il mercato fallisce quando sfrutta il consumatore, non il produttore. Altrimenti, molto semplicemente, si giudica senza aver minimamente capito di cosa si parla.

D' altronde la logica che la produzione sia un mezzo e il consuno (godimento) un fine, mi sembra che fili, mi sembra destinata ad entrare in tutti i cervelli senza turbare le armonie celesti che regnano nella comune mente filosofica.

Sono contento di simpatizzare con un' idea che rispetta questa logica elementare. Peccato che molti giudici severi invece preferiscano invertirla.

Alienazione = invertire i fini con i mezzi. Ecco perchè il mercato produce alienazione... tra i suoi giudici. Perchè costoro hanno proceduto proprio con l' operazione di cui sopra.

Rettifica del bici-rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non dà tragua nè speranza. Miriadi di consumatori piacevolmente sorpresi delle ricche opportunità!

Il produttore produce (lavora), il consumatore consuma (gode). Il fallimento dove sta?

La concorrenza è al ribasso quando il consumatore chiede un ribasso. Magari non arriva a fine mese, oppure preferisce investire altrove e allora chiede un ribasso, lo desidera, lo agogna... e spesso, per fortuna, lo ottiene.

Ma se il consumatore esprime diverso orientamento, la concorrenza sarà al rialzo.

Facciamo il caso dei Mcdonald's nel mondo. Hanno arricchito parecchio la concorrenza nel mondo non occidentale. Quasi sempre al rialzo. Adrian E. Tschoegl ci ha dato dentro per dimostrarlo.

Una delle cose esportate con McDonald's, per esempio, è stata l' igiene nei locali pubblici. Successone:

"...McDonald’s emphasis on cleanliness, including or especially in restrooms, has led its competitors to upgrade their facilities. Before the first McDonald’s opened up in 1975, restrooms in Hong Kong’s restaurants were notoriously dirty (Watson 1997). Over time, competitors felt compelled to meet McDonald’s cleanliness standards. The same thing appears to be occurring in China (Watson 2000). In Korea, McDonald’s introduced the practice of lining up in an orderly fashion to order food; traditional practice was simply to crowd the counter, with success in ordering accruing to the most aggressive (Watson 2000). In the Philippines, Jollibee mimics McDonald's clean and well-lighted look..."

Evidentemente i consumatori volevano più igiene, sentivano di potersela permettere. E qualcuno gliel' ha fornita. Tutto cio' non è affatto scontato, il consumatore potrebbe anelare ad un maggior sudiciume se il compenso che ne ricava è adeguato.

Il consumatore come fine, nel mercato come nella vita. Tutto fila. Lasciamo i giudici alienati alle loro elucubrazioni e occupiamoci dei mille casi in cui la concorrenza s' impantana per seri intoppi. Quelli sì che sono fallimenti.

mercoledì 30 aprile 2008

Siamo in tanti a mangiare

Non che le persone e le bocche siano aumentate. Il fatto è che adesso mangiano anche i motori. Posner ne è sicuro, e di solito un guru non si espone tanto chiaramente se...

"The demand for agricultural products has grown, though not as a result of population growth; instead as a result of increased demand for ethanol and other biofuels, and for food that requires more agricultural acreage to produce. Today, besides people and pigs eating corn, our motor vehicles "eat" corn that has been converted into ethanol"

I numeri dell' aborto

Tiriamo un sospiro di sollievo: il trend degli aborti realizzati è in calo un po' dovunque, perlomeno osservando il lungo periodo.

Certo, sarebbe interessante valutare l' andamento pre e post legislazione, ovviamente stornando i vari fattori che possono incidere sulla scelta abortiva.

Chi contribuisce di più ad accumulare aborti: in termini assoluti Asia e Africa. Ma in termini percentuali l' Europa.

"...certamente è in Europa che il tasso - numero di aborti per mille donne in età feconda - è più alto. Nel 1995 era pari a 48 in Europa, 37 nell’America Centro-Meridionale, 33 in Asia e Africa, 22 in America del Nord e Oceania..."

Sembra strano che paesi con il welfare più avanzato siano anche quelli dove si abortisce di più in percentuale.

Da questo punto di vista però l' Italia sembra un paese particolarmente virtuoso.

Da non dimenticare il fatto che l' aborto resta pur sempre di gran lunga la prima causa di infortunio mortale.

Gli incidenti stradali vengono molto dopo. Quelli sul lavoro, in rapporto, sono addirittura insignificanti.

martedì 29 aprile 2008

La vita dopo aver sparato - 49 racconti







Mettono a disgio i dialoghi ellittici con cui Hemingway inaugura almeno una ventina dei suoi 49 racconti.

Sembra si diverta a tirare in lungo le ambiguità. Nei casi limite, quelle lacune tanto fastidiose allo sprovveduto, non verranno mai colmate.

Pur in presenza di una scrittura semplice, l' economia tirannica di certi passaggi emargina i non-iniziati. C' è una voglia di castigare il dilettante, di escluderlo grazie al gergo. L' inesperto "non ha vissuto", questa è la sua colpa, che brancoli nel vuoto pneumatico delle verginelle.

Se in molti scrittori l' utilizzo di un gergo serve per "sporcare" la pagina, per abbassare il tono, per renderlo poplaresco, per volare basso, in H il gergo è un marchio elitario, è funzionale all' emarginazione del curioso che passa.

Se in molti scrittori la semplicità serve per rendere modulare il racconto al fine di giocare con le strutture, ad H serve per ridurlo ad una laconicità petrosa e sempre più inaccessibile.

Lo stile è la mia passione, ho sempre la speranza di ricavare informazioni utili dedicandomi al linguaggio. Mi deprimo quindi quando gran parte della mia attenzione va persa per consultare la bussola del plot, per comprendere lo scenario, l' ambiente, la trama.

H gioca scherzi del genere, figuriamoci, alcune precisazioni giungono all' ultimo rigo, quando è tardi per rilassarsi; i suoi protagonisti hanno sempre una vena criptica. La loro gergalità è al limite del mafioso: se vuoi sfangarla e partecipare ad una vera emozione, devi penetrare quel mondo e decifrarlo alla svelta. Ma il biglietto d' ingresso costa caro.

Mi vengono in mente le facce interrogative di certa gente dopo l' ascolto di una canzone da lacrime di Paolo Conte. Realizzo solo molto dopo che per loro non possono esserci sussulti: sono prive delle altre mille canzoni che lastricano la strada per giungere fino a quelle lacrime. Non hanno mai pagato un biglietto d' ingresso, hanno ascoltato "da fuori". Non sono mai entrati "nel mondo", manca l' esperienza.

Questa passione per il professionismo rinvia ad una voglia di stare nel mondo.

Il fine principale è quello di "stancarsi". La morte "da stanchi" non ci fa più paura.

"... da quando la cancrena gli aveva attaccato la gamba non sentiva più dolore, era sparito anche l' orrore, provava solo una gran stanchezza. Per cio' che stava per piombargli addosso provava pochissima curiosità. Per anni lo aveva ossessionato; ma ora non significava nulla, in sè. Strano come la stanchezza rendesse tutto così facile...".

Fare, fare, fare...cose, cose, cose. Anche l' iteriorità è fatta di cose.

Dalla veranda africana il nostro eroe divorato dalle infezioni, al calar della sera, quando non c' è più luce per sparare, sente (orecchi, occhi, naso) la solita iena maleodorante passare al limite della proprietà. Perchè ci viene fatto sapere questo particolare? Perchè poi H si propone di dirci in due righe cos' è la morte. Per farlo gli servono "cose".

"...sua moglie era una brava donna e lui quel pomeriggio era stato crudele... nel preciso momento in cui pensava questo sentì che stava morendo; non era nè un' ondata nè una raffica di vento ma un vuoto improvviso e puzzolente, e la cosa più strana è che sull' orlo di quel vuoto scivolava con passo furtivo la iena..."

Ivan Ilic + una iena.

L' Uomo Stanco è un Uomo che ha Sparato, entra in un' elite speciale, un' elite senza donne (la proverbiale misogenia di H, altra comunanza con Conte). La donna vedentodoti così assorto e sfiancato ti chiede... ma poi si distrae. L' Uomo Stanco vuole una ragazza, ma non vuole dover faticare per averla. Gli piacerebbe una pupa, purchè non perda troppo tempo a conquistarla. Non vuole complicazioni, è stanchissimo; magari non è mai uscito di casa, eppure è stanchissimo; non apre la bocca, eppure ha il fiatone. Gli si addice ormai solo una vita tranquilla, senza rogne. In fondo, a pensarci bene, di una ragazza non ha nemmeno bisogno. Avere una ragazza è ok, purchè prenda lei l' iniziativa e poi stia zitta. Purchè non turbi la tranquilla agonia in corso. Ma questa speranza è pretenziosa, appena le cose si avviano, da ogni dove sorgono maledette complicazioni che turbano il bene più prezioso: la sua inoperosità. Intanto, intorno a lui gli altri procedono, coltivano i loro affari e "si sistemano". Uno alla volta "si sistemano". Se provi a scuoterlo lui comincia a fissare qualcosa, tipo il grasso della pancetta che si rassoda. Chi gli sta accanto ogni tanto si dispera, non è da escludere che l' Uomo Stanco, preso dal panico, si lasci scappare parole di conforto, parole rassicuranti. Gli vengono anche perchè è sorpreso che ci sia della gente ancora in grado di fare caso a lui. Tornata la calma, l' Uomo che ha Sparato noterà quanto sia sciocco aver pronunciato quelle parole. Comunque ormai è fatta, speriamo non ci siano altri intoppi.

Uhm... forse un giorno ci spiegheremo meglio...

... intanto provaci tu, avvocato...

Tutti giù per terra: il girotondo di educazione e tecnologia

Ormai dobbiamo prendere contezza del fatto che, in questa fase storica, una società libera come puo' essere quella statunitense, accresce al suo interno le diseguaglianze.

La cosa puo' essere spiacevole.

Senz' altro è un prezzo alto ma per cosa lo si paga? Non si capisce il motivo ma qualcuno ama trascurare questa domanda preferendo emanare subito le sentenze.

Il fenomeno sembra essere originato dalla rivoluzione telematica e dalla recente globalizzazione.

La globalizzazione, con la mobilità dei fattori che induce, sposta altrove molte attività a basso contenuto tecnologico lasciando spiazzate intere categorie di lavoratori. Questi ultimi devono ricorrere ad una riqualificazione non sempre facile. Se la cavano meglio i lavoratori con alte skills più facilmente riconvertibili.

Ma negli ultimi anni lo spiacevole fenomeno ha interessato un numero crescente di categorie professionali e soprattutto non si è contenuto a quelle categorie a "bassa specializzazione".

Due interi paragrafi per dire una banalità: il legame assodato tra diseguaglianza, tecnologia e istruzione.

Negli anni passati la crescita tecnologica è stata accompagnata da una crescita dell' istruzione di massa, cio' ha consentito anche una maggiore compattezza in termini di redditi.

Più recentemente l' innovazione tecnica ha assunto una velocità rapsodica. I livelli di formazione erano già schiacciati verso l' alto rispetto all' offerta universitaria, le due variabili hanno cessato di viaggiare insieme.

Ma l' elemento nuovo è ancora un altro: mentre prima l' individuo che iniziava un percorso doveva semplicemente decidere il proprio LIVELLO di formazione, ora è posto di fronte ad una gamma di opzioni più complessa. Deve decidere COME formarsi. La scelta formativa è diventata una vera scelta imprenditoriale legata all' intuito speculativo. Si rischia di arrivare al doppio Master senza che ci si possa giovare in alcun modo dello sforzo compiuto. Più ancora che la scelta di affinare la propria preparazione, ha peso la direzione che si intende intraprendere, l' istituto a cui si dà fiducia, la classe dove ci si forma, i professori frequentati, i luoghi dello stage e così via.

Fintanto chè i modi di formazione del capitale umano erano scoperti, anche un benevolo Pianificatore centrale poteva agevolarli mediante incentivi e propaganda.

Ma ora il percorso formativo richiede vere scelte imprenditoriali e su questo terreno,lo sappiamo benissimo, il Pianificatore statale è goffo e fallisce puntualmente. Pochi intuiscono, pochi ce la fanno, pochi prendono il largo, pochi si staccano. E la diseguaglianza cresce.

Ecco un articolo che tesse questo stesso filo ed ecco invece un lavoro tecnico da cui presto uscirà un libro (Claudia Goldin/Lawrence F. Katz: "The Race Between Education and Technology").

lunedì 28 aprile 2008

Destra e criminalità percepita

Si dice che nella recente tornata elettorale la Destra, per i suoi successi, abbia fatto leva su un diffuso senso di insicurezza. Non sarebbe la prima volta, direi che è un "classico".

Dati alla mano, poi, si fa notare anche come tale senso d' insicurezza sia solo "percepito" e non anche "effettivo".

Tutto ciò serve per concludere come questa rendita elettorale sia ingiustificata e pompata ad arte nel tentativo di ingannare l' elettorato.

Ma alcune cose andrebbero chiarite.


C' è crimine e crimine. I conti poi bisogna farli bene.

Quando si fa notare che l' aumento di stranieri (anche clandestini) non comporta aumento di criminalità, si dà una notizia importante e spesso vera. Ma non si può chiudere qui la discussione.

Bisognerebbe anche vedere la percentuale di crimini commessi dagli stranieri (specie clandestini). Overossia, la probabilità che a commettere un crimine sia un clandestino.

Ho paura che si farebbero brutte scoperte, almeno per quanto riguarda i clandestini.

Ho paura che ne uscirebbero giustificati alcuni pregiudizi e che la distinzione tra "percepito" ed "effettivo" verrebbe meno. Ne ho già parlato e non ho tempo per i link.

In secondo luogo, è importante anche distinguere la tipologia dei crimini.

Alcuni crimini vengono definiti "victimless". Sono crimini, anche molto dannosi, ma non hanno una vera vittima, non sono particolarmente idonei a diffondere paure.

Facciamo qualche esempio e notiamo come crimini del genere siano perlo più riconducibili alle cosiddette "mafie".

Se la delinquenza organizzata mette in piedi una bisca nel mio quartiere, si assiste ad un incremento dell' attività criminale, ma io non mi sento fondamentalmente "minacciato". Se sono un po' ingenuo o distratto, manco mi accorgo di quel che succede.

La criminalità di stampo mafiosa è un cancro inoperabile, eppure spesso è "victimless": droga, prostituzione, gioco d' azzardo, spartizione sussidi.

Arrivo a dire che anche l' attività estorsiva (il cosiddetto "pizzo") non aumenta la percezione di criminalità.

Uno si presenta nel tuo negozio a chiedere la percentuale minacciandoti. E' una turbativa devastante ma incide sulla nostra percezione criminale? Altri fanno lo stesso (es. il fisco) e noi siamo stati abituati a non percepire questo fatto come un crimine. Così come molti considerano il fisco un "inconveniente", lo stesso sentimento riservano a Don Rafaè. Niente sindrome d' insicurezza, dunque.

Si dirà, c' è però anche un crimine indotto dal crimine organizzato! Se il consumo di droga si diffonde capita che il consumatore sia indotto a delinquere. E qui c' è il paradosso: i quartieri più sicuri sono proprio quelli controllati dalle mafie, quelli soggetti ad estorsione, quelli dove le mafie concentrano la loro attività. Osare un microcrimine in queste "zone" puo' costare carissimo.

Il "giocatore" puo' ricorrere allo strozzino. Forse che l' usura non è il classico crimine "victimless"?

Bisogna far notare che la grande criminalità produce eccome i suoi morti ammazzati. Percezione: si ammazzano su tra di loro. E' una percezione per lo più corretta.

Spesso è vero infatti, e la percezione che chi ha scelto quella vita ha scelto anche i rischi che comporta, prevale.

Dove c' è prostituzione o spaccio o gioco d' azzardo, io sono sottoposto a tentazioni. Ma il rischio di cadere in tentazione è molto diverso e meno inquietante rispetto al rischio di cadere vittima di uno stupro se esco a passeggiare la sera. Nel primo caso vengo rassicurato dal mio self control, nel secondo sono in balia del caso


ADD1. Altri elementi che incidono sulla: 1) l' impunità (pochi crimini ma impuniti...) 2) il confronto con i vicini (in america la criminalità è crollata, da noi si mantiene inalterata).

domenica 27 aprile 2008

Più pirati meno riscaldamento globale.

Sembra proprio che la materia ci dia grandi soddisfazioni.

La Somalia ha il più alto numero di pirati E le più basse emissioni di carbonio di qualsiasi altro paese. Coincidenza?

Co2
http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_carbon_dioxide_emissions_per_capita

Pirates
http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/africa/4584878.stm

Le evidenze del rapporto tra pirati e temperatura globale continuano ad aumentare.

Secondo la CNN, “L'International Maritime Bureau, che cura il monitoraggio della pirateria, ha dichiarato che nell'ultimo anno gli attacchi dei pirati sono aumentati del 10 per cento, segnando il primo aumento da tre anni a questa parte

BBC News titola: "Temperature globali in calo".

Eppure, i media continuano a ignorare il collegamento pirati-temperatura, che i pastafariani segnalano da anni. Ben presto, comunque, le evidenze diverrano così schiaccianti che sarà impossibile ignorare la Verità.

Una sezione italiana di pastafariani liberisti - sì, perché?, non c'è alcuna contraddizione fra liberismo e culto pastafriani, anzi - sta studiando in particolare gli effetti dei pirati-consumisti sulla temperatura globale. Non stupisce che i pirati-consumisti siano i più attivi (No Martini, no party), e i più ricchi (ovvia conseguenza), e neanche che siano i più felici (ça va sans dire). Può stupire, se mai, che siano i più collaborativi e generosi con il pianeta, che proprio grazie a loro sta vincendo la sua battaglia per la sopravvivenza.

Un piccolissimo gruppo di Teologi Pastafariani liberisti di Varese, poi, da qualche tempo studia il contributo del pirata-consumista-SUVvista alla riduzione di emissioni di CO2 e all'aumento della felicità globale; segnalando al tempo stesso un fenomeno in preoccupante aumento in tutti i paesi avanzati: quello dello zelante proprietario di cane che semina per il pianeta i suoi sacchetti non-biodegradabili per escrementi. Una autentica bomba a orologeria con cui prima o poi gli ambientalisti dovranno fare i conti.

Ma i padroni di cani sono solo la punta dell'iceberg di quelle forze oscurantiste e anti-liberali che remano contro le legittime aspirazioni umane alla felicità.
Un nuovo spettro si aggira per il pianeta, quello dei possessori di figli, che - incuranti di statistiche e tecnologie ormai in grado di comprovare scientificamente il loro autolesionismo - continuano colpevolmente a fare proseliti.

Ma un poblema alla volta.

saluti
diana

giovedì 24 aprile 2008

Tesi ce la fa

Quando la cover supera l' orifinale, gridiamo all' impresa...

Ma quando l' originale è De Andrè, che si fa?

Calma, se l' originale è di un certo tipo, forse l' impresa è ancora più fattibile?

Comunque, Riccardino Tesi, armato di buona volontà, di compagnia degna, nonchè del suo organetto, ci prova.

Io dico che ce l' ha fatta.

Più consumisti, più generosi

Non mi sorprende certo il fatto che la nazione più consumista (USA) sia anche quella in cui le persone sono più ricche mediamente.


Non mi sorprende neanche che sia felice. Ho potuto constatare ripetutamente come i beni materiali aiutino ad essere felici.

Mi sorprende che sia la più generosa.

O meglio, che ospiti persone mediamente più generose che altrove.

"...No developed country approaches American giving. For example, in 1995 (the most recent year for which data are available), Americans gave, per capita, three and a half times as much to causes and charities as the French, seven times as much as the Germans, and 14 times as much as the Italians. Similarly, in 1998, Americans were 15 percent more likely to volunteer their time than the Dutch, 21 percent more likely than the Swiss, and 32 percent more likely than the Germans. These differences are not attributable to demographic characteristics such as education, income, age, sex, or marital status. On the contrary, if we look at two people who are identical in all these ways except that one is European and the other American, the probability is still far lower that the European will volunteer than the American..."

Mi sorprende che sia un Paese a religiosità diffusa e, si sa, le persone religiose sono anche le più generose.

"...in the year 2000, “religious” people (the 33 percent of the population who attend their houses of worship at least once per week) were 25 percentage points more likely to give charitably than “secularists”..."

E' anche un Paese con forti diseguaglianze. Ma questo non frena la generosità. Anzi, i più poveri sono anche, in percentuale, i più generosi.

"...Low-income working families are the most generous group in America, giving away about 4.5 percent of their income on average..."

Stiano parlando della Right Nation. E i "conservatori" sono mediamente più generosi dei "liberal". Facendo 2+2...

"...the fact is that self-described “conservatives” in America are more likely to give—and give more money—than self-described “liberals.” In the year 2000, households headed by a conservative gave, on average, 30 percent more dollars to charity than households headed by a liberal..."

Un Paese pragmatico, in cui l' investimento deve avere un ritorno. E infatti la generosità ha una buona resa sociale.

"...In America, $1 given privately tends to increase GDP by about $15—an excellent rate of return by any standard..."
***
Ma come mai?

Forse tutto cio' dipende dalla presenza di ampie libertà economiche.

Il consumismo è una implicazione evidente.

Ma l' ambiente rischioso nel quale ci si muove, puo' darsi che funga da stimolo ad una maggiore religiosirà e ad una maggiore generosità. In situazioni di rischio diventa importante costruire attorno a sè una rete sociale che funaga da assicurazione.



ADD1. Oggi 27.4.2008 il sole 24 ore dedica la pagina del supplemento vultura all' articolo oggetto di questo post. Titolo: e vissero ricchi e contenti. Le reazioni delle vittime più illustri confutate: Kahneman: "molto stimolante". Easterline: "apprezzo, anche se l' analisi dei dati è ancora in una fase preliminare...".

mercoledì 23 aprile 2008

Juno tirata per la giacchetta

Durante la battaglia elettorale il buon Ferrara alzava come suo vessillo il film Juno.

Sosteneva trattarsi di una storia che con la dovuta leggerezza narrava una metamorfosi: la notizia drammatica che un figlio non pianificato fosse in arrivo poteva ben trasformarsi in accetazione allegra con soluzioni ben lontane dalla tragedia. Il buon umore è destinato sempre a trionfare nelle anime ben fatte.

Rispondeva la Aspesi che l' argomento non era certo la sdrammatizzazione del non-aborto. La difesa della vita non interessa in alcun modo i protagonisti. La trama non conta.

Ora fa capolino una terza posizione: Ferrara ha ragione...ma anche torto.

La trama non puo' non contare. La scelta di far nascere il figlio è centrale nel film. I toni da commedia sono sia una scelta di vita che una scelta estetica. Ma tutto ciò deporrebbe a sfavore dell' opera visto che, nella realtà, storie del genere, storie di figli nati fuori dal matrimonio, sono la base di un dramma. Altrochè buon umore!

"...But perhaps in our desire not to make moral judgments about personal choices, young women wholly unprepared to be mothers are not getting the message that there are dire consequences of having (unprotected) sex with guys too lame to be fathers. There is a scene in the teen pregnancy movie Juno in which the title character, a 16-year-old who has decided not to abort her unplanned baby but to give it up for adoption, is having an ultrasound. The technician, thinking she has on the examining table another knocked-up teenager planning to raise her child, makes disparaging remarks about children born into those circumstances. We are supposed to loathe this character and cheer when Juno's stepmother puts her in her place. But I found myself sympathetic to the technician. Why is it verboten to express the truth that growing up with a lonely, overwhelmed mother and a missing father is a recipe for childhood pain?..."

Vita d' un uomo


Tiro il fiato adagiandomi nella pagina decongestionata delle prime poesie, quella con gli immacolati ed estesi margini bianchi, quella con i versi esauriti da una raminga parola. Parola facile.

Lascio invece volentieri all' esegeta gli avventurosi incastri sintattici della maturità. Non ho voglia di tuffarmi in quel "gomitolo di strade vocalizzate" che non asseconda la nevrastenia serale del lavoratore/lettore.

Preferisco la compagnia dell' Ungaretti in divisa, quello che declamava "attaccato alla vita" avendo per spettatori i freschi cadaveri dalla "bocca digrignata", amici toccati dall' ultima mina.

Quello che, quando la guerra crivellava di schioppettate un' aria sufficientemente distante, ne approfitta tentando, con parole tremule, una minuscola rivolta affinchè l' anima fosse messa allo scoperto e preparata a ricevere le ghiacciate benedizioni del Carso.

Quello che "tira su le sue quattro ossa" e ha voglia di "ricominciare", dopo aver riposato "come una reliquia" sulla pietra dell' Isonzo.

Quello che riesce a cullarsi nella crosta di una divisa inamidata da soldato semplice, magari rinvigorito dal ricordo delle "quattro capriole di fumo" prodotte dai caminetti goduti in licenza.

Quello che nel silenzio dei poeti cercava con il lanternino una parola scavata, che fungesse da emolliente per la folla sterminata di fanghi da cui era circondato.

Forse lo stesso silenzio in cui, 50 e rotti anni dopo, la Mastrocola la rileggeva, barricata nella sua cameretta mentre a sua insaputa mancava l' appuntamento con quelle furie del sessantotto che fuori imperversavano. Questo accenno è dovuto poichè proprio una sua rievocazione a "Damasco" mi ha spinto a comprare il libro.

Il libro di un Poeta Italico letto solo a scuola e mai sentito veramente affine causa l' eccesso di languore e la sofferenze ostentate senza dovute mediazioni.

Altre fregole furono sollecitate da questi essudati ghirigori di nostalgie. La fatica di questi mondi interiori e il culto per le opache profondità, fece esplodere nei nostri insofferenti sessanta comprensibili voglie. Per esempio di scrivere instupiditi versi premendo il bottoncino di un computer che li avrebbe rigurgitati in lunghezze e numero arbitrario: belli aridi e, se possibile, ancor più petrosi dell' Isonzo. Ma di una pietra mai lucidata da nessun pianto. Chi seppe comprendere la noia e il fallimento di un simile azzardo seppe anche collocarsi nella giusta via di mezzo.

martedì 22 aprile 2008

Redditi e felicità

Sembra proprio che la materia ci dia delle grandi soddisfazioni.

Un welfare fertile

Figli, donne e lavoro.

Questo libro è molto aggiornato per chi è interessato a come si legano le variabili di cui sopra.

Tra fertilità e lavoro c' è sempre stato un legame negativo. La tendenza è stata invertita da Svezia e Francia. Come? Attraverso due vie: 1) sussidi 2) flessibilità sul mercato del lavoro.

Pensando al nostro Paese ci si pongono alcune domande.

  1. E' auspicabile incentivare la fertilità? Ci sono problemi più urgenti?
  2. Siamo disposti ad accettare crescenti flessibilità nel mondo del lavoro? Non mi sembra che da noi riforme di questo tipo riscuotano molte simpatie.
  3. La copertura dei sussidi si ottiene con maggiori tasse. La Svezia ha una elevata pressione fiscale. Siamo disposti a sopportare qualcosa di questo genere?
  4. Il nostro welfare è imperniato sulle pensioni. In Svezia le pensioni sono private. Ciò non significa molto semplicemente che abbiamo fatto scelte diverse e dobbiamo sopportarne le conseguenze?
  5. Oltre agli incentivi potrebbe influire un fattore culturale. Le medesime tendenze si osservano negli USA dove il gruppo etnito mediterraneo e quello nordico sono sottoposti agli stessi incentivi.

Per una sintesi vedi sole p.39 20.4.2008

Happiness is a warm gun

Arthur Brooks ha fatto la ricerchina.

"...34% of American homes have guns in them...

..Who are all these gun owners? Are they the uneducated poor, left behind? It turns out they have the same level of formal education as nongun owners, on average. Furthermore, they earn 32% more per year than nonowners. Americans with guns are neither a small nor downtrodden group...

..in 2006, 36% of gun owners said they were "very happy," while 9% were "not too happy." Meanwhile, only 30% of people without guns were very happy, and 16% were not too happy...


...In 1996, gun owners spent about 15% less of their time than nonowners feeling "outraged at something somebody had done." It's easy enough in certain precincts to caricature armed Americans as an angry and miserable fringe group. But it just isn't true. The data say that the people in the approximately 40 million American households with guns are generally happier than those people in households that don't have guns...

...The gun-owning happiness gap exists on both sides of the political aisle. Gun-owning Republicans are more likely than nonowning Republicans to be very happy (46% to 37%). Democrats with guns are slightly likelier than Democrats without guns to be very happy as well (32% to 29%). Similarly, holding income constant, one still finds that gun owners are happiest...


...Why are gun owners so happy? One plausible reason is a sense of self-reliance, in terms of self-defense or even in terms of the ability to hunt their own dinner...

...Many studies over the years have shown that a belief in one's control over the environment dramatically adds to happiness..."


Ma allora, Happiness is a warm gun?

La scommessa della scienza

Ho trovato proficuo descrivere la scienza come un' attività legata alle scommesse.

Un simile parallelo ci dice anche quanto sia necessaria la presenza dell' "altro".

Mi sembra chiaro, che senso ha scommettere con se stessi? Un' attività del genere non puo' essere esercitata in assenza di una controparte. Aggiungo, di una controparte con interessi e opinioni divergenti rispetto alle mie.

Detto questo, l' obiezione è facile: "in ambito scientifico le cose non vanno così. Il singolo scienziato puo' compiere da sè tutte le verifiche che ritiene opportune".

Calma, la cosiddetta "verifica" è una garanzia a supporto del sapere. Affinchè un "sapere" possa dirsi scientifico è necessario sia supportato da talune garanzie.

E' di questo che stiamo parlando, delle "garanzie" e non del contenuto. Un pensiero puo' avere un contenuto di verità ma se non è accompagnato da certe garanzie non puo' dirsi scientifico.

Ecco allora cosa volevo dire: non basta una verifica solitaria, non basta nemmeno una mancata falsificazione solitaria, per avere scienza. Occorre che l' idea (la teoria) sia immessa in un agone pubblico in cui i sostenitori e gli avversatori possano "scommettere".

L' elemento agonistico diventa indispensabile, l' "altro" è imprescindibile.

Lo scettico dirà: " a me sembra che, per capire cosa sia un sapere scientifico, il ruolo dei FATTI prevalga di gran lunga sul ruolo dell' ALTRO".

Vero, senonchè anche l' empirismo più radicale ha rinunciato da tempo ad una definizione rigorosa del concetto di "fatto".

Se un concetto come quello di "fatto" sparisce su cosa dobbiamo ripegare per definire il sapere scientifico?

Se i fatti sono spariti, cosa resta? Restano solo teorie da accordare (coerenza): resta una "teoria osservativa" (cio' che chiamiamo "fatti") e una teoria da verificare.

La prima è una teoria indipendente dalla seconda, ovvero una teoria originata da un percorso di verifiche e confutazioni alternativo.

In altri termini, anche l' empirismo alla Quine sembra giunto alla conclusione che il sapere scientifico è un sapere per il quale sia imprescindibile il "confronto".

La scienza orfana dei fatti

In un leggendario articolo, il filosofo empirista Willard Van Ormand Quine, dava un duro colpo all' utilizzo spregiudicato di concetti quali quello di "fatto".

Era un bel colpo per chi ancora tentava di definire i confini di un' attività come quella scientifica.

In realtà l' americano si limitava a considerare insensata la discriminazione tra enunciati enalitici ed enunciati sintetici.

Poichè comunenmente si ritiene che gli enunciati analitici siano veri per definizione mentre gli enunciati sintetici necessitano di verifica fattuale, capiamo bene come la cosa abbia ripercussioni su chi puntava proprio su questo discrimine al fine di demarcare le competenze scientifiche.


La dimostrazione era di questo tipo: 1) l' enunciato analitico è vero per definizione 2) affinchè 1 abbia senso è necessario che esista una relazione di sinonimia tra alcuni enunciati 3) ma tale relazione non esiste, la cosa è dimostrabile (neanche X=X puo' indicare sinonimia poichè il primo X sta a destra dell' uguale mentre il secondo a sinistra, quindi i due X sono spazialmente differenti tra loro).

La scienza va dunque pensata in altro modo e non semplicemente come qualcosa "legato ai fatti". Cio' discende dal fatto che, dopo una "naturalizzazione" del genere, tutto è "legato ai fatti".

lunedì 21 aprile 2008

Non chiederti cosa lo Stato potrebbe fare per te. Chiediti cosa ti sta già facendo.


Per capire cosa sia la tanto sbandierata "questione settentrionale" basterbbe dare un' occhiata a questa tabella tratta da questo studio.





Sono elencati i cosiddetti residui fiscali: cosa paga un "piemontese medio" allo Stato e cosa riceve dallo Stato. E via con tutte le Regioni.

Si tratta di uno studio un po' datato. Ha qualche annetto sulle spalle.

D' altro canto la cosa è poco rilevante visto che la situazione non è mutata, se non in peggio. E, se è per questo, non era diversa nemmeno prima.

E poi non si tratta di elaborazioni molto sofisticate, ciascuno di noi, sapendosi districare con la base dati della Banca d' Italia, potrebbe ricavare qualcosa di analogo.

Anche la tesi è piuttosto semplice: tre regioni (Lombardia, Veneto, Emilia) mantengono l' intero Paese.

Da decenni (almeno per quanto riguarda la Lombardia).

Tre regioni mantengono il Paese da decenni. Spesso sotto una granaiola d' insulti.

Insulti che piovono puntualmente non appena si alza la testa: gretti, egoisti, avidi...

Studi del genere erano diffusi negli anni novanta, oggi non sta più molto bene pubblicarli, non vanno più di moda, non tirano più. La stampa è restia ad esporsi. Parlo di quella stampa che infatti ha preannunciato con tanta puntualità l' esito delle elezioni.

Mi chiedo, è forse questa una condizione che potremmo dire d' equilibrio? E' una condizione sostenibile?

Nei fatti sì, visto che è stata sostenuta con variazioni poco rilevanti per mezzo secolo.

Ma quale cultura rende possibile che un simile spettacolo si perpetui?

Naturalmente la cultura comunista non esiste più, e su questo siamo tutti d' accordo, ci mancherebbe altro.

Però forse esiste una cultura (della solidarietà irresponsabile) per cui una situazione del genere non scandalizza e puo' proseguire senza gravi intoppi.

Spero invece in una sinistra scandalizzata da questo fatto. In una sinistra che trovi tutto questo assurdo e intollerabile.

Se poi penso al lombardo tipico mi spiego tutto.

Il "lombardo" delle tabelle mi evoca la figura stereotipata del "Lombardo Coglione". Quello magistralmente incarnato dal Giannini di "Film d' Amore e d' Anarchia". Indimenticabile.

Un vero coglione. Di quella coglioneria che sta alla base della fiducia reciproca. Quella fiducia reciproca che sta alla base della ricchezza materiale lombarda.

Timido, afasico: avendo zappato una vita a bocca chiusa, quando parla, le due parole che conosce s' incagliano regolarmente e il Giannini è spettacolare nel riprodurre con maestria la salivazione azzerata dell' umile che fallisce nel rivendicare quei diritti a cui anche lui, visto che non riesce a dirli, crede sempre meno. Un tipo del genere, tanto produttivo nel lavoro quanto improduttivo nelle obiezioni, è il compagno ideale per il Fascista impegnato ad autodecantare le proprie gesta. E infatti il Fascista lo vuole al suo fianco quale pubblico plaudente e non pensante.

Il Fascista fa di lui cio' che vuole per l' intero pomeriggio. Se lo porta a spasso come un cagnolino senza lesinare sui calcioni, reali e metaforici.

Solo al tramonto, dopo una giornata di ridanciane vessazioni perpetrate in pubblico, oltrepassati limiti inimmaginabili per molti altri, comincia a far roteare la pulilla, a sbavare, a uggiolare, a ringhiare, ad esplodere e a menare dominato da rabbie scoordinate e quanto mai ineleganti...dando di sè uno spettacolo osceno che fa storcere tutte le boccucce a culo di gallina.

Persino il fascista acculturato, di fronte a tanta crassa e inconcludente ribellione, esce con una nuova dignità e con la solidarietà dei civilizzati.

E puo' filare a raggiungere la sua squadraccia, impaurito da tanta idrofobia, battendo il ditino sulla tempia, e mugugnando tra sè e sè: "che grettezza, che squallore animale, dio ci scampi e liberi da simili razze".

Troppa generosità verso i bisognosi. Pagano tutti: i poveri, i generosi e chi non c' entra nulla

La finanza stritola i più deboli e presta soldi solo a chi già ce li ha.

Non è infrequente ascoltare questo ritornello.

Se riuscite nella facile impresa di bloccare qualcuno che lo sta riptendo, non mancate di fargli notare questo documento in cui il governo invitava il sistema bancario a supportare con prestiti ipotecari le aree più povere.

Oggi gran parte di quei prestiti sono saltati in aria generando la crisi finanziaria che ci affligge in questi mesi.

L' avida finanza è stata TROPPO GENEROSA con chi non poteva permettersi certi trattamenti. E magari lo è stata per farsi benvolere dalla politica.

Perlando delle turbolenze in corso non dimentichiamoci di mettere anche questa tra le cause.

sabato 19 aprile 2008

Capricci frikkettoni di un sabato qualunque

Levitiamo insieme e poi facciamoci una passeggiatina sull' acqua prima che termini il sogno. Il rosolio secondo Akron.