sabato 24 maggio 2008

Silvio... macchine usate e frigidità.

Silvio Pellico: Le mie prigioni.



Non capisco perchè insista ad imbarcarmi nella lettura di classici italiani dell' Ottocento, visto che ormai ho compreso quanto mi riesca insopportabile la gonfia retorica con cui vengono zavorrati.

Ora è la volta di Silvio Pellico. Uno dalla scrittura asciutta ed essenziale. Almeno stando alle varie "Introduzioni".

Invece l' effetto insiste. Evidentemente la retorica non è oggettiva ma solo "percepita". Strano, neanche questa scoperta mi sprona nella lettura.

Silvio è personaggio dall' insipida perfezione: si sente mancare come una dama senza ventaglio quando resta esposto ad un' ingiustizia perpetrata contro terzi.

Ma sa andare ben oltre: come un Cristo in croce cerca di considerare ogni giustificazione che sollevi i suoi aguzzini.

Quando pensa alla Libertà e alla Patria, non dico che pianga sempre. Ma come minimo...geme. Sì, geme. Geme di continuo. E' un pianto interiore e silenzioso, tossicchiato fuori, tradito appena da qualche nuova corrugazione nella geografia del volto, da sommovimenti sussultori delle spalle robuste.

Ricopre i suoi cari di tenerezze e li preserva da ogni dispiacere, a costo di sopportare sulla sua persona le aspre conseguenze di tanta magnanimità. Gli piace "pagare" di persona e correre a scriverlo nel diario.

Figuriamoci se c' è speranza che uno così tradisca. Hanno capito tutti la pasta d' uomo e rinunciano da subito alla tortura privandomi di pagine che, nel mio sadismo, lo confesso, pregustavo.

Io, da Silvio, una macchina usata la comprerei di corsa se l' avessero già inventata. Se fossimo circondato da Silvii, i notai farebbero la fame.

Dietro le sbarre s' immonachisce e, anzichè graffitare le pareti con disegnini e motti osceni, trascorre il suo tempo in una mestizia dolce, piena di pace e pensieri religiosi. Il secondino lo rispetta d' istinto, la sua persona emana un carisma inconfondibile.

Solo ogni tanto sopraggiunge qualche malattia. Niente di grave, dice. E intanto atteggia una smorfia con cui comunica al mondo intero l' esatto contrario. Con parole scelte dissimula ogni effetto per non impensierire chi lo circonda e attirare su di sè cure che sarebbero preziose altrove. Con la smorfia attira da ogni dove cure che sarebbero state più preziose altrove.

Silvio sembra avere un unico messaggio interessante da comunicarci: come alleviare il soggiorno carcerario.

E' l' unico momento in cui i toni altisonanti si smorzano. I grandi ideali ci danno tregua, ora si parlerà di "trucchetti", di bassi espedienti con cui ingannare il proprio spirito nelle lunghe domeniche carcerarie. Lo ascolto con l' attenzione che dedicherei a Silvan qualora il permanentato si decidesse una volta per tutte a tradire la deontologia.

Scopro che per stare bene bisogna affliggersi.

Spiegazione. Poichè il demone più insidioso che visita il detenuto è l' inquietudine, al fine di coprirne gli effetti ed annullarne il maligno lavorio, la cosa migliore consiste nel soffrire, ma, si badi bene, per la sorte altrui.

Nel consegnarsi ostaggio di una compassione universale sempre pronta a scattare, il proprio spirito sega le sbarre e si libera. Dopo aver preso una boccata d' aria, rientra in noi rigenerandoci.

Spirito... devo sempre concentrarmi in modo innaturale per farmi un' idea di cosa intendano con questa parolina questi uomini ottocenteschi che ce l' hanno sempre in bocca e nel calamaio. Dopo un tot di riflessioni a libro ed occhi chiusi mi sembra quasi di averlo capito. Ma mai del tutto. Fa niente, dopo quel tot prevale comunque l' esigenza di procedere ( ho voglia di sbolognare l' affare e sono solo al capitolo quadragesimoquarto).

Altro consiglione: evitare la rabbia e l' ira. Qui le dritte di Silvio convergono con quelle dell' SS di Buchenwald. Io e il quindicenne di "Essere senza destino" troviamo tutto ciò di grande buon senso.

Non un rigo dell' intera memoria puo' dirsi toccato da rinfrescante spirito umoristico. Questo è grave per un lettore del ventesimo secolo. Deprimente per uno del ventunesimo.

Ideale dedicatario di Piazze e Vie, i libri del Silvio sembrano privi di quell' asfalto che ci consenta di scivolarci attraverso altrettanto celermente.

M' impaludo, m' impastoio. Mi preoccupo di essere solo al "capitolo vigesimoottavo".

Sento che devo far uso della mia arma segreta: rinunciare a concludere e andare dove mi porta l' appetito. Prima tento ancora con brevi letture ad apertura randomizzata ma alla monotonia del random si associa la monotonia dei paragrafi.

Adesso calma e gesso. Mi si conceda qualche riflessione finale affinchè le diottrie lasciate in quel libro non debbano essere considerate completamente perdute.

Ho un po' preso in giro il Pellico eppure, sia chiaro, il suo messaggio è alto, nobile, condivisibile. Ma, per quanto vi aderisca, non mi emoziona sentirmelo riformulare in continue variazioni di cui mi sfugge la sottigliezza e mi investe la monotonia. Smetto presto di cogliere sia il contenuto che le variazioni.

A scuola era abbastanza noioso e, clamoroso!, è noioso anche a distanza di anni, anche dopo averlo "riscoperto".

Purtroppo è così: quello che mi sembrava noioso a scuola mi ammorba ancora oggi, con tutte le esperienze di vita e di lettura attraverso cui sono passato. Sembra un miracolo.

Sono grandi libri che non avevo capito ed ora posso apprezzare per il veritiero messaggio. Però, devo compiacermene, la loro pesantezza inerte l' avevo capita eccome.

Il linguaggio impiegato dista troppo dal mio cuore. Lo comprendo, riesco a "tradurlo" e a giudicarlo positivamente come ho appena fatto. Riesco a dominarlo. E' lui, purtroppo, che non riesce a dominare me, è lui che non riesce a sorprendermi scottandomi: ha ormai la distanza e la tipepidezza dei classici.

Ecco la mia definizione di classico: testo innovativo e che stabilisce un' ascendenza.

Se, nella limitata cerchia delle mie letture, penso ad una stirpe de "Le mie prigioni", penso alle catene della Hillesum, a quanto la naturale spiritualità cristiana di una non cristiana, sia riuscita a farle levitare. Ecco allora che al messaggio di Pellico si affianca la bellezza del buonumore nel Lager. Ma, poichè la bellezza non tollera connubi: sparisce il messaggio, resta la Bellezza. La furia di quella dea mi fa perdere il controllo, proprio quello che cerco aprendo un libro. Etty riscatta per me il debito con Pellico (abbandonato al capo settuagesimonono), mi prende per mano e mi estrae dalla frigida palude dei classici. Noi ce ne andiamo finalmente a leggere. Ciao.

venerdì 23 maggio 2008

Prezzi alti e prezzi in aumento. Dove s' incarta il grillo-naderismo

Non capire la distinzione tra livelli e incrementi, ci condurrebbe al punto di simpatizzare con teorie di successo propalate dal Beppe Grillo o dal Ralph Nader di turno.

Gli esempi sono innumerevoli.

Un brusco sbalzo nel prezzo della benzina fa guaire il nostro Beppe nazionale: siamo in mano ad un cartello di monopolisti collusi che ci tira il collo.

In realtà l' oscillazione dei prezzi dimostra proprio il contrario.

Il monopolista ci spolperebbe tutto l' anno tenendo fisse le condizioni di offerta, che bisogno avrebbe di ritoccare i prezzi? Perchè ci sfrutta ora quando poteva benissimo farlo anche prima? E' forse uno stupido che tutela con colpevole ritardo i suoi interessi di bottega?

Basta questa semplice osservazione per smontare logicamente le teorie grillesche. Ma sono osservazioni che vale la pena ripetere visto che il gregge di Grillo è numeroso e le sue conclusioni appaiono a molti come di buon senso.

Il busillis, lo ripeto, sta nel non distinguere tra "aumento dei prezzi" e "prezzi alti".

Altro esempio.

Negli USA, ma anche da noi, gli obesi sono in aumento.

Non chiedete nulla a Ralph Nader in proposito, la sua risposta, essendo sempre la stessa, è già nota: capitalisti avidi alla stregua di Mc Donald aumentano le loro porzioni disinteressandosi della nostra pancia che dilaga.

In effetti McDonald ha rivisto le poszioni: quella che era l' unica porzione standard di patatine, ora è diventata la misura "piccola".

Purtroppo un' osservazione del genere non dimostra ancora niente: io posso prendere una porzione grande e dividerla con la famiglia, potevo prendere due porzioni piccole anche prima, nulla me lo vietava.

Ma soprattutto, e veniamo al vizio di fondo che rende sospetto il naderismo: perchè quegli imbranati di McDonald si sono bruciati vent' anni senza ricorrere a questo genere di trucchetti a cui tutti noi abbocchiamo spinti da forze occulte e irresistibili?

Già, chissà perchè? Ma senza un perchè, sorge il dubbio che la gente, per qualche misterioso motivo, oggi voglia effettivamente porzioni più grandi.

Ci sono altri tentativi di motivare l' aumento degli obesi. Esempio: siamo più ricchi e molti non sanno come investire le loro risorse se non strafogandosi. Mmmm, non mi piace. Altro esempio: il welfare USA ora tutela gli obesi, anche sui luoghi di lavoro, quindi essere obesi è meno costoso che in passato. Oppure: esistono nuovi meravigliosi farmaci che curano l' obesità e l' eccesso di colesterolo, altri ancora e sempre più meravigliosi sono in cantiere. Rassicurate dalla scienza le persone allentano i freni. Oppure: i cibi sono molto più magri che in passato, anche questo ci fa perdere ogni prudenza.

Non si sa bene come spiegare il fenomeno. Si sa comunque che le ultime spiegazioni, diversamente dalla prima, sono costruite in modo logicamente corretto.

La spiegazione "naderiana" tralascia colpevolmente la distinzione tra "prezzi elevati" e "prezzi in aumento". Ma una leggerezza del genere non puo' reggere ad un esame minimamente accurato. Regge invece benissimo se supportata dall' ideologia.

Per avere un' altra caterva di esempi basta sfogliare il cap.9 del libro di SL, è molto prodigo di casi pratici e divertenti che illustrano l' errore standard.

L' utilitarista all' angolo

Steven Landsburg è un utilitarista, per lui la gran parte dei nostri problemi potrebbe essere risolta con un' analisi costi-benefici.

Essendo pure un liberista alcune cose lo imbarazzano, l' utilitarismo non va sempre d' accordo con la libertà economica. Il mercato fallisce. Per esempio, imporre per legge la RC auto sembra che produca un beneficio universale, la teoria lo spiega e la pratica lo comprova.

Ma questo non è poi così inquietante, in fondo prosperità e libertà economica vanno volentieri a braccetto. E' un colpo di fortuna per chi le ama entrambe. Le classifiche annuali del Fraser Instituite o della Heritage Fondaution ce lo confermano.

Se solo provassimo a sostituire le libertà economiche con quelle politiche (democrazia, libertà di parola, di religione ecc...), ogni legame si perderebbe. Non sembra che "beni" di tal fatta giovino granchè alla prosperità di un paese. Il "democratico" non puo' dunque dare molta corda all' "utilitarista", in molti casi è costretto a stringergli il bavaglio e a chiuderlo in cantina.

Ma anche l' utilitarista ha le sue gatte da pelare. Un suo motivo di imbarazzo risiede nella natura dei costi da mettere sul bilancino. Vanno considerati i "costi psichici"? Nulla osta a che lo siano, per quanto sia problematico isolarli. Ci si deve affidare a compromessi.

Queste difficoltà sono in parte superate grazie all' invenzione del denaro. Il denaro favorisce sia la misurazione che i compromessi: l' entità del denaro offerto terrà conto del costo psichico dell' offerente.

Ma allora i ricchi sarebbero avvantaggiati? Se i loro diritti debbono acquistarli, i loro vantaggi si attenuano di molto. Se la mia quercia ostruisce il panorama a Bill Gates, lui potrebbe costringermi a tagliarla ma questo diritto potrebbe costargli 500.000 euro. Procederei così entusiasta all' abbattimento.

Se il ricco paga i suoi privilegi, l' obiezione si indebolisce. Le preoccupazioni etiche riguardano essenzialmente la distribuzione iniziale dei diritti. In molti casi l' utilitarista è indifferente alla questione. Coase docet.

Altra riserva: pesare i costi e i benefici è molto pratico. Ma i costi e i benefici di chi? Dei feti? Dei morti? Degli agonizzanti con elettrocardiogramma piatto? Delle Mucche? Delle generazioni future ancora da concepire?

Si capisce che, per un inquadramento minimo, si debba ricorrere ad uno sfondo etico, non si sfugge. Ma la cosa è meno decisiva di quanto si creda, basterebbe passare alla trattazione concreta delle questioni per accorgersene.

Conclusione: l' utilitarismo è prezioso ma necessita di limiti. Il limite proposto da SL riguarda il bigottismo. Il bigottismo non deve mai essere tollerato, al di là dei calcoli utilitaristici.

Ma cosa deve intendersi per "bigottismo"?

Un esempio ce lo dà il "paradosso Posner": a te piace avvolgermi nel filo spinato e punzecchiarmi con una spada affilata. Purtroppo io non amo subire questo trattamento. Forzarmi sarebbe controproducente. Ma con un offerta di 100.000 euro potrei rivedere le mie posizioni. Entrambi potremmo essere accontentati e uscire felici da questa esperienza. Anche l' utilitarista è contento, meglio di così non poteva finire.

Ma facciamo un passo ulteriore: a te piace torturarmi solo se puoi farlo senza il mio consenso. Ecco il limite, siamo di fronte ad un "bigotto". Lo abbiamo superato e in questo caso per decidere non interpelleremo l' utilitarista bensì il moralista.

Il bigotto è colui che vuole forzare i nostri comportamenti senza pagarne un prezzo.

Io non voglio fare una cosa e non voglio che la faccia nemmeno tu. Michael Schiavo si rifiutava di tenere in vita Terry ma si opponeva anche a che lo facessero i genitori di Terry. In questa seconda risoluzione c' è un elemento di bigottismo.

Per saperne di più SL p. 283

giovedì 22 maggio 2008

La solita (saporitissima) zuppa

Nulla di nuovo sotto il sole: io sono uno sfigato, tu sei un angelo disceso dal cielo. La solita zuppa. Gustosissima se a condirla sono i Radiohead.

Alla sorgente del razzismo: la negazione dell' ovvio

Per favore, parlando di immigrazione si cerchi di evitare la retorica dell' "abbiamo bisogno di loro poichè svolgono mansioni che noi italiani ci rifiutiamo di adempiere".

Se di una cosa "abbiamo bisogno", lo decideremo valutando il costo. Come è possibile giungere a conclusioni simili trascurando i prezzi? Eppure lo si fa comunemente.

L' immigrato "ci serve". Ma anche ad un miliardario "serve" il jet privato. A me però non serve il Jet, ho una diversa priorità rispetto al miliardario.

Agli stipendi correnti, pochi italiani prenderebbero il posto dell' immigrato. Ma gli stipendi sono tenuti bassi proprio per la presenza degli immigrati (illegali). Da cio' si evince l' assurdità dell' espressione "... ci servono, fanno i lavori che noi non facciamo più...".

Se un' ordinata immigrazione è utile, non lo è certo per le ragioni assurde di cui sopra. Anzi, sarebbe auspicabile assistere ad un innalzamento della qualità migratoria. La cosa migliore sarebbe quella di ospitare una fuga di cervelli.

Di fronte ad un movimento del genio umano verso l' Italia, chissà come si spaventerebbe colui che tenta di difendere lo straniero con le giustificazioni appena esorcizzate.

E con cio' veniamo alla seconda questione: alcuni flussi migratori sono migliori di altri, inutile negarlo, alcuni immigrati appartenenti ad alcune etnie, danno meno problemi.

Puo' un' osservazione ragionevole essere tacciata di razzismo? Nessuno negherebbe che certe provenienze che si ambientano meglio, sono fonte di minori rischi e hanno l' integrazione facilitata. Nessuno negherebbe le difficoltà che incontra il poligamo desideroso di farsi esplodere al mercato per castigare gli infedeli nel nome del suo dio. Anche chi trova normale campare di espedienti (scippi, elemosina) offre una dura resistenza. Negli USA si conoscono bene le etnie che più tendono ad affidarsi passivamente al welfare: sono sempre le stesse da decenni. A proposito degli USA, si potrebbero fare altri sgradevoli esempi: Russia e Nigeria possiedono due dei governi più corrotti al mondo. Chi migra da quei paesi, le forze dell' ordine lo sanno bene, puntualmente mette in piedi delle forme di criminalità organizzata.

Eppure non è possibile dirlo a voce alta, figuriamoci se sia possibile agire di conseguenza, ovvero agire in modo ragionevole. Per esempio stabilendo filtri differenziati all' ingresso.

Esaltando forme fraudolente di "correttezza" si arriva a negare l' ovvio, non c' è altra strada.

Poichè l' ovvio è compreso anche dal cittadino più semplice, dal cittadino che sta alla base della piramide sociale, costui, oltre a subire sulle sue spalle la concorrenza dell' immigrato, deve pure sorbirsi le circonvuluzioni paralogiche dell' intellettuale democratico. Una tortura a cui non potrà resistere a lungo.

Bastonato e turlupinato finirà, quando va bene, per cessare ogni indignazione di fronte ad inqualificabili comportamenti razzisti.

Osservazioni del genere di cui sopra sono esplicitate da TS nel suo EWW p.51

La fabbrica degli autistici

Come se non bastasse si scopre che Thomas Sowell è anche l' anima di una fondazione a supporto dei bambini late-speaking.

Nel raccontare la sua esperienza focalizza il punto centrale dei suoi sforzi: raschiare via dalla fronte di questi bambini l' etichetta di "autistici".

Ci sono almeno due cause che motivano il suo zelo: la prima è perchè spesso non si tratta affatto di bambini autistici. La seconda è inerente ai danni che procura un simile merchio: deprime i genitori, incanala i bambini in cicli terapeutici estranei a loro reali bisogni.

Eppure sono in molti i professionisti affezionati alla parolina e desiderosi di affibbiarla a quanta più gente possibile senza star lì tanto a sottilizzare. Anche per questo hanno tirato fuori dal cilindro il classico illusionismo linguistico: "autism spectrum". Lo "spettro", manco a dirlo, è vago e tende all' infinito, un po' come se i miopi fossero nel "blindness spectrum".

La possibilità di essere tratti in inganno nella diagnosi non sembra toccare a fondo la gran parte dei professionisti. Eppure questo rischio c' è. Tanto per fare un esempio, alcuni studiosi hanno notato comportamenti pseudo-autistici tra i bambini molto dotati. Un nome? Ellen Winner: spesso giocano soli, amano la solitudine, hanno interessi ossessivi e una memoria prodigiosa.

TS si rattrista parecchio quando nota che molti genitori insistono affinchè i loro bambini vengano considerati autistici contro ogni evidenza. Ma li capisce, è un peccato perdersi gli aiuti governativi. Che si debba anche a questo il poderoso incremento della sindrome? Anche così opera la fabbrica degli autistici in USA. Con questa amara considerazione, TS torna per un attimo economista.

A p. 288 di EWW, TS racconta la storia di Billy (un playboy dodicenne al quale era stata diagnosticata una vita grama e senza matrimonio).

mercoledì 21 maggio 2008

Un paio di misteri petroliferi

Ma perchè il petrolio aumenta tanto di prezzo e la benzina tanto poco?

Semplice, siamo protetti dall' euro forte. In più i nostri motori sono sempre più risparmiosi, merito dei vincoli ambientali.

Qui ci vuole un link, se lo dico io nessuno si fida.

Entrando lì dentro capirete anche perchè quando il prezzo del petrolio s' impenna, la benza subito si adegua felice; quando flette, cominciano i tentennamenti, le incertezze, le titubanze, eccetera. Insomma, il fenomeno razzi e piume, il fenomeno che viene sempre fuori al bar.

Teoria numero 1: speculazione cattiva da parte di gente avida. In effetti il mercato petrolifero non è libero e le distorsioni abbondano.

Teoria numero 2: poichè il trend dei prezzi viene giudicato in crescita, quando c' è un calo lo si battezza come contingente e temporaneo.

Verifiche: il trend è effettivamente in crescita. La cosa depone tremendamente a favore della seconda teoria.

Storia del "genio"

Secondo voi un libro pudicamente intitolato "Le Conquiste dell' Umanità" è stato scritto in Europa o negli USA?

Risposta esatta.

L' ha scritto Charles Murray, un tipo per cui gli avanzamenti della civiltà umana, non solo esistono, ma si sono realizzati in alcuni luoghi piuttosto che in altri, in alcuni tempi piuttosto che in altri.

Un tipo per cui Rembrandt con il pennello ci sapeva fare meglio che molti altri. Un tipo singolare che considera preziosa la cura di una malattia inguaribile. Più preziosa anche di un nuovo passo di danza che nasce e muore nel giro di un' estate.

Un' impostazione inaccettabile in tempi di multiculturalismo. Ma tant' è.

Un buon senso che deve professarsi di nascosto, lontano dai salotti dell' intelligentsia. Ma tant' è.

Ecco una sua scoperta scomoda: nella storia e nello spazio il genio si presenta concentrato.

Esempio: prendiamo l' arte. Coordinata spaziale: Italia centro settentrionale. Coordinata temporale: XV-XVII secolo. Concentrazione pazzesca di talenti e capolavori influenti ovunque nell' Occidente.

Lo stesso dicasi per la Francia settentrionale e i Paesi Bassi, fucine di talenti nel corso dell' 800 e fino alla metà del 900.

Cartesio diceva che il buon senso è risorsa equamente distribuita un po' ovunque. Murray dice il contrario del genio.

Per rinforzare il significato della scoperta, guardiamo allo sport, prendiamo il golf. Tra i professionisti la maggioranza e oltre non ha mai vinto un torneo. Anche tra i giocatori d' elite raramente qualcuno ha vinto più di un torneo. Jack Nicklaus ne ha vinti 18.

Altri esempi presi a casaccio.

Le città hanno ospitato molte "conquiste" dell' umanità in molti campi. E questo resta vero anche tenendo conto del fatto che lì si concentrasse una popolazione numerosa.

Nella prima metà del 900 gli ebrei vinsero il 14% dei Nobel. Nella seconda metà il 29%. Nel corso del 900 gli ebrei hanno rappresentato meno dell' 1% della popolazione mondiale.

Non interessa molto indagare sulle cause del "genio", basterebbe anche solo pensare alle modalità con cui si manifesta.

Pensarlo è fonte di perplessità per chi vive in tempi in cui risulta intollerabile tutto cio' che non sia uniformemente distribuito.

Approfondimenti in TS EWW p. 270

martedì 20 maggio 2008

La sacra alleanza tra giustizialisti e garantisti

"... i criminali hanno una certa attitudine al rischio... se non lo avessero si guadagnerebbero la vita impugnando uno straccio giù all' autolavaggio...".

Il libro di SL continui a leggerlo anche dopo che lo hai chiuso: puoi farlo visto che i suoi concetti base sono sintetizzati in due righe che riecheggiano nella mente anche quando sei sotto la doccia. E magari proprio lì dentro hai l' illuminazione.

Dalla premessa sopra riportata, SL trae alcune coerenti misure per la lotta contro il crimine: dobbiamo rendere l' attività criminale meno attraente, ovvero: meno rischiosa.

Farlo è semplice. Ammettiamo che non s' intenda inasprire il sistema. In questo caso basterebbe aumentare le probabilità di condanna diminuendo le pene previste.

Alcuni fatti a sostegno esistono: il numero di condanne alla pena capitale produce più deterrenze rispetto al numero di esecuzioni.

Un suggerimento del genere da noi è destinato a riscuotere scarso successo.

Sia i giustizialisti che i garantisti si opporrebbero: i primi si oppongono a qualsiasi sconto di pena, i secondi inorridiscono all' idea di un innocente ai ceppi.

Considerata poi la nostra storia recente in materia di giustizia, è facile osservare che sul campo sono rimasti solo loro: garantisti e giustizialist.

Nella nostra cultura giustizialista/garantista probabilmente c' è una falla: noi non vogliamo una giustizia che funzioni, quanto piuttosto una giustizia che separi i buoni dai cattivi.

C' è differenza? Sì, spesso una giustizia comincia a funzionare proprio quando rinuncia al discrimine netto tra onesti e disonesti.

Prendiamo una delle poche riforme positive della giustizia in Italia: il contenzioso tributario.

Cio' che ieri era estremamente macchinoso, cio' che ieri si perdeva in lungaggini ed accumulava arretrato, oggi si è snellito smaltendo quasi interamente il lavoro pregresso. Come? Grazie ai concordati, ovvero l' esaltazione della via di mezzo.

Il concordato è una specie di condono: tu paghi una percentuale della sanzione e io rinuncio a perseguirti. Conosciamo tutti il caso di Valentino Rossi: pagando una somma concordata ha ottenuto il condono dell' accusa che gravava su di lui. Come ha fatto Valentino, fanno ogni giorno migliaia di italiani: le casse dello stato si rimpinguano, il cumulo di processi si smaltisce e l' accusato torna alle sue faccende.

Purtroppo noi non sapremo mai se Valentino è disonesto o meno, il processo non verrà mai celebrato.

Questo fatto è intollerabile per un "giustizialista". Costui è essenzialmente un moralista ed è assetato di colpevolezze e di innocenze immacolate. Per la sua cultura non esiste giustizia senza un verdetto bivalente. E intanto, anche a causa di queste fisime, da noi non esiste giustizia funzionante.
***
SL lo dice da subito: a lui interessa solo una giustizia funzionante, ovvero una giustizia con i giusti incentivi.

Altro cardine per noi intollerabile della giustizia funzionante: la responsabilità dei giudici.

SL prevede multe e premi per quei giudici che vedono i loro giudizi riformati o confermati a posteriori.

Emergono fatti nuovi (prova dna, nuove confessioni, nuovi ritrovamenti...) e chi era stato condannato viene assolto? Multa per il giudice che aveva emanato il verdetto a suo tempo.

Ma che colpa ne ha il giudice se al momento della pronuncia la prova del dna non era disponibile?

Rispondere con una domanda non è elegante ma, in questo caso, è efficace: ma che colpa ne ha il contadino se cade la grnadine? che colpa ne ha il poeta se il suo libro non ha successo? Che colpa ne ha l' imprenditore se i prezzi crollano e deve chiudere bottega?

Non conosco esattamente la colpa di questi soggetti. Di sicuro renderli responsabili gli incentiva ad agire per il meglio.

E ci siamo di nuovo: l' espressione "... non conosco esattamente la colpa di questi soggetti..." è un passaggio chiave per giungere all' efficienza. Ma nello stesso momento è un passaggio intollerabile per la cultura garantista/giustizialista.





Saper impugnare una pistola

Per due secoli il tasso di omicidi a NY è stato 5 volte quello di Londra. Nessuna delle due città aveva leggi sul controllo delle armi.

Questo piccolo dato dovrebbe indebolire da solo la sicumera con cui molti paladini della pace intonano inni al bando delle armi.

I proibizionisti sono convinti che più armi portino con sè più crimine violento. Ma i fatti non sostengono con lo stesso entusiasmo queste parole d' ordine. Infatti gli zeloti proibizionisti spesso rinunciano ai fatti.

Su un tema tanto spinoso ed elusivo, dare troppo valore all' ultima statistica è un po' azzardato. Alla statistica meglio affiancare la storia. Anche per questo TS loda il lavoro di Joyce Malcom

Osservando la storia inglese si nota per esempio come la diffusione sempre maggiore delle armi (tutelata con gran solennità dal Bill of Rights del 1688) si accompagni ad una continua diminuzione dei crimini violenti. Neanche la successiva introduzione di leggi gun control puo' essere giustificata da aumenti di crimini compiuti con armi da fuoco. Anzi, da allora (inizio del novecento), il crimine riprese a crescere. USA e Inghilterra sembrano raccontare la stessa storia. Per non parlare della recente caduta del crimine USA in concomitanza con una sempre maggiore diffusione delle armi. Ma forse questa è già cronaca.

Se viaggiare nel tempo è noioso possiamo viaggiare nello spazio. Vogliamo parlare allora dei paesi più armati della terra? Svizzera, Finlandia, Israele, Nuova Zelanda... molto pacifici e criminalità ai minimi. Un bel problema per i cantori del paradiso disarmato.

Altro dogma che non sembra affatto tale: detenere una pistola è inutile, anzi è pericoloso. Anche qui problemi: i fatti sembrano parlare altrimenti. Le doppie rapine nelle ville disarmate si sprecano, così come i ferimenti e le morti a chi reagisce disarmato.

Gli incidenti con le armi da fuoco, poi, sembrano trascurabili. Dagli interruttori alle piscine gonfiabili, in casa ci sono pericoli ben maggiori.

Per chi vuole mantenere le posizioni raggiunte nella lotta al crimine violento, sottrarre un' arma andando a scovare chi non sa manovrarla, puo' essere una buona soluzione. Ma per chi vuole avanzare, molto meglio creare una cultura delle armi, o perlomeno non demonizzare quella poca e sana che già c' è.

TS p. 229

lunedì 19 maggio 2008

L' immaginifico cacciaballe

Camilo Josè Cela: A tempo di mazurca.





Con Don Josè è tutta una questione di ritmo...

"... due passi, cinque battiti del cuore, peto scivolato, pausa, un colpo di tosse, scoreggia a pernacchia, tremolio dello zigomo, occhietto, pausa, lamento sospiroso, assolo di singhizzo, flatulenza abortita, passo e giravolta, scaracchio..."

tanto per capirsi, Don J. scrive in falsetto quando riferisce un dialogo tra donne. E' l' unico che sa farlo.

I suoi libri di solito iniziano così:

"...piove, tranquillamente e senza smettere, piove svogliatamente e con infinita pazienza, come tutta la vita, piove sulla terra che è dello stesso colore del cielo..."

e tu capisci subito che la storia ha già preso una piega truffaldina, che sei di fronte a quel sussiego fraudolento che invera la miglior tradizione iberica.

Te ne rendi conto ma quando JMC suona il suo piffero, noi topolini siamo percorsi da un fremito alle setole. E poi succeda quel che deve succedere.

Bisogna dirlo per avvertenza: sono proprio libri che con tutto il loro moto non vanno da nessuna parte. La prosa è sugosa e la brace che l' indora sempre viva. Eppure si limitano a girare in tondo senza prospettiva.

La carne frolla di quelle parole è dolce come marmellata e nugoli di vivaci mosche nere la presidiano. Libri semimprovvisati, monchi, abortiti, ripresi, mai salvati. Come si puo' dire che è il più grande di uno che ha scritto solo roba malriusita? E quando ti accorgi dell' incoerenza non sai mai a quale giudizio rinunciare.

"... è ormai autunno, dall' albero cade una foglia..."

ecco un fatto, è accaduto. L' umile cronista consegna all' avido lettore lo scabro evento tramite un resoconto fedele quanto scheletrico.

Ma se a prendere la parola fosse l' immaginifico cacciaballe, allora la musica cambia:

"... conosco un albero rarissimo le cui foglie, quando arriva l' autunno, cadono per terra abbattute dalla tristezza, si accartocciano dolcemente come fossero carne di chiocciola... se soffia il vento si possono sollevare e cominciano a vivere e volare; altrimenti, bosogna lasciarle per terra finchè muoiono di fame, perchè ucciderle porta male; solo se le lasci per terra non succede niente e il mondo continua a girare come sempre...".

Don Camilo ogni 2 righe ricomincia la sua storia, ogni 2 righe imposta una variazione sorprendente e risaputa. Il suo martello è ossessivo quanto fantasioso. Fiato corto e voce intonata. La prosa scurrile si stempera nel gioco. Una parlata sminuzzata ma espressiva: il ritmo si fa serrato e sincopato, la nuova invenzione irrompe a metà del rigo troncando il promettente sviluppo della precedente.

Don Camilo ogni due righe ricomincia a tessere una storia. Puo' farlo perchà sa raccontare storie in due righe:

"... Anton, il marito di Fina, venne ucciso dal treno, davanti a tutti, alla stazione di Orense. "Come mai non s' è tirato da parte?" "Che ne so! Il poveretto non parlava molto"..."

"... mia cugina Georgina, mentre era ancora vivo il suo primo parito, Adolfito, faceva il bagno nuda nello stagno del mulino di Lucio Mouro. C' era una trota che restava a fissarle le tette e non si muoveva finchè mia cugina non se ne andava per i fatti suoi. Mia cugina ha sempre avuto delle belle tette. Lo strano era che una trota si fermasse per fissarle come fosse un coscritto..."

"... Luisino Bocelo, il servo castrato di don Benigno, morì in guerra per morte naturale. Gli venne una polmonite in seguito ad un acquazzone, divento cieco e poi morì. Luisino Bocelo lo chiamavano Papero, ma così alla buona, senza cattiveria. "Papero!", "Comandi don Benigno", "Stai su una gamba sola e resisti finchè puoi", "Sì, signore"...".


Chi ci vede un gomitolo arruffato, chi un labirinto di destini incrociati... ma sono destini rattrappiti: chi fila quelle vite ha poca lana. Ogni storia di Don Camilo ha le gambe corte, ma quello non è ancora il suo marchio di fabbrica. Che dall' altra parte della penna ci stia Don Camilo lo capisci dal cominciamento ex abrupto di una favola già predestinata a tamponare violentemente nella successiva.

Canta, abbozza, digressiona creando vortici e buchi neri. Usa la parola come un artificiere, un pirotecnico. Si sgola, sussurra, blatera, enuncia, fa tutte queste cose insieme e poi le rifà al contrario senza mai inghiottire la saliva, fa tutto con l' impegno amorale di un circense.

Se nel rigo che leggiamo invoca calamità, nel rigo dopo impartisce una benedizione. Quando sembra imporsi un pudico riserbo, è la volta buona che apre la sua ruota mostrando una pompa barocca. Agile e vuota, si dispiega la sua narrazione, la lima non cessa mai un lavorio all' impronta. Le sue storie sono gonfie come furuncoli infarciti di un sebo putrido e nutriente. La scorrettezza è ilare e gratuita e, ormai precipitati in una vacuità amorale, la accettiamo senza riserve: si rutta come leoni, si scopa con dispotismo, si rimane zitelle per orgoglio, si evitano le smancerie da fighetti, ci s' ingelosisce come giapponesi, ci si evira con il falcetto, l' umidità è spessa come la vasellina, i modi di peccare sono salubri e allegri. Un paio di virgolette sono sempre disponibili per alienare la tragedia.

La raffica di fantasie si fa talmente fitta da farsi percepire presto come automatica. Emerge un elemento agonistico, sembra sia in corso una gara, tratteniamo il fiato, qualche primato sta senz' altro per essere infranto.

Adagi sulla discriminazione

TS (Thomas Sowell) nel suo EWW, sembra avere molto da dire su molte cose.

Per esempio sembra infervorarsi parecchio ogni volta che affronta l' argomento delle discriminazioni razziali e di genere.

Infervorarsi è la parola sbagliata, lui parla compreso nel ruolo dell' editorialista prestigioso ed ascoltato che ha pubblicato 32 libri, osservando le cadenze del vecchio saggio dalla solida reputazione che puo' evitare fastidiose note a piè di pagina.

Sul punto relativo alla politica delle quote, dopo la pag. 192, tornano alcune osservazioni:

  1. c' è un primo mito che inquina il dibattito: il pluralismo migliora la qualità dei college. Falso, il doppio standard di entrata e la presenza di studenti con preparazioni differenziate, abbassa la qualità complessiva del college;
  2. c' è un secondo mito: è decisiva la presenza di "role models". Nelle scuole, alla minoranza giova constatare una sua rapprersentanza nel corpo docente. I fatti non confermano cio' che molti scontano;
  3. i due miti, negati in pubblico dai sostenitori, sono da loro stessi confermati in privato. Tanto è vero che alle amministrazioni dei College è richiesto di evitare il voto segreto quando si esprimono in materia di quote;
  4. la stagione dei diritti civili è un po' sopravvalutata: nei vent' anni che la precedettero, uscì dalla povertà una quota di neri di gran lunga superiore a quella che uscì nei 40 anni successivi alle conquiste legislative. Molti (liberal, black leader...) hanno semplicemente rivendicato un merito che non avevano;
  5. c' è un fatto che disturba molte rappresentanti del movimento femminista: guardando alle percentuali, la posizione delle donne nella società americana (master, lauree, diplomi, lauree in matematica, master in economia, who's who...) era più prestigiosa prima delle rivoluzioni anni sessanta. Solo recentemente si sono ripristinati i livelli precedenti. Forse l' andamento demografico (baby boom) ha contato più delle urla in piazza. D' altronde si sa: fare la mamma di tre bambini porta via molto tempo e ne rimane poco per il master;
  6. entrare in una squadra di basket non aumenta la nostra statura. I fatti confermano. Eppure un dogma simile anima i sostenitori dell' affirmative action: studiare nei college più prestigiosi aumenta il profitto e il reddito futuro del giovane nero. I fatti negano;
  7. la politica delle quote a favore dei neri, rischia di produrre un triplice danno: 1) danneggia il bianco con le carte in regola che viene escluso 2) danneggia il nero ammesso senza merito che probabilmente si ritirerà dagli studi e sarà in ritardo per tamponare con valide alternative il suo fallimento 3) danneggia i migliori studenti appartenenti alle minoranze sui quali graverà sempre un pregiudizio di favoritismo (es: per gli avvocati neri gli stipendi sono mediamente più bassi). I fatti sembrano confermare.
  8. falso argomento in favore delle quote: persino il big business sostiene la politica delle quote! Il big business difende i suoi interessi: senza quote precise le cause di discriminazione fioccano. I neri denunciano per la scarsa rappresentanza, i bianchi per l' esclusione ingiusta che subiscono: è il paradiso degli avvocati.

sabato 17 maggio 2008

La vita è eterna in cinque minuti

Per Amanda sono i 5 minuti della pausa pranzo in cui incontra Manuel, per noi sono i 5 minuti di questa canzoncina capolavoro. Depositata su un padellone vinilitico negli anni ottanta, non riuscivo a riversarla su file. Ma oggi finalmente è disponibile anche su e-mule e puo' risorgere.

Scuole incommensurabili

Come ci si oppone alla meritocrazia?

Di sicuro non frontalmente. Quarant' anni non sono passati invano.

In genere ci si concentra pensosi sulle mille difficoltà che rendono impervia una misurazione quantitativa del merito, per poi concludere affermando cio' che già si aveva in mente. è impossibile fare un lavoro serio.

Ma c' è una via più sottile, è quella che percorre chi dice: ha senso parlare di meritocrazia per gli allievi, non ha senso invece parlarne per le scuole.

Il professore trascorre un anno con l' allievo: ha le carte in regola per giudicarlo.

Ma nessuno trascorre anni con il professore, quindi nessuno puo' giudicarlo.

Certo che se un professore (o una scuola) dovessero essere giudicati per le strategie d' insegnamento che adottano, sarebbe imprescindibile che il "giudice" presidi ininterrottamente l' ambiente scolastico che dovrà giudicare.

Se invece fosse possibile giudicare sui "risultati" le cose cambierebbero. Si potrebbero trascurare le strategie (DI, Montessori...) per concentrarsi sui risultati. Di più, sarebbe auspicabile una competizione tra stratergie diverse.

Considerare debole un "giudizio per risultati" e poi preoccuparsi delle condizioni in cui versa la scuola italica visto che le valutazioni PISA la relegano agli ultimi posti, è a dir poco contraddittorio.

Ecco un buon libro che si pronuncia in modo ottimistico sulla misurabilità dell' efficienza nelle scuole. L' ha scritto Roger Abravanel. E Tony Blair, per esempio, l' ha preso molto sul serio.

Privatizzare, liberalizzare... ma soprattutto insegnare l' economia

Ma come diavolo si arricchisce un Paese? Sicuramente, da qualche parte nella biblioteca borgesiana dedicata a l tema, sta pure scritto, magari per sbaglio. Una fallimentare sintesi bloggesca potrebbe essere questa.

La distinzione canonica mette da una parte chi punta sulla qualità delle istituzioni e dall' altra chi punta tutto sulla cultura. I primi risolvono in quattro e quatr' otto con ricette chiare, i secondi, che pronunciano sempre degustandola la parola "complessità", hanno ricette epocali e s' indignano se qualcuno tenta una verifica seppur minima.

Non sarà questo uo di quei 99 casi su cento in cui la soluzione sta nel mezzo? probabilmente sì, e tutti lo sanno.

Magari il "mezzo" è l' isitituzionalizzazione di una certa cultura.

Indottrinare sembra funzioni. Prendete dei ragazzi, isegnate loro l' economia e loro tenderanno a comportarsi da economisti.

"Privatizzare", "liberalizzare"... a molti già solo la parola innervosisce. Probabilmente non hanno studiato l' economia. Se lo avessero fatto la loro reazione sarebbe ben diversa.

Funziona persino quando i cervellini sottoposti ad esperimento sono già piuttosto formati.

Passiamo ai fatti.

Ray Fisman sperimenta con gli allievi di Harvard. Caspita, quanto conta l' insegnante per plasmare il futuro cittadino, e non è neanche necessario che l' argilla sia particolarmente tenera e duttile per avere effetto:

"...all students [at Yale Law School] are required to take courses in contracts and in torts, and they're randomly assigned to an instructor for each class. Some of these teachers have Ph.D.s in economics, some in philosophy and other humanities, and some have no strong disciplinary allegiances at all. Professors are encouraged to design their courses as they see fit. Instructors from economics may emphasize the role of contracts in making possible the efficiency gains of the marketplace, while philosophers may emphasize equal outcomes for contracting parties. So economists teach about efficiency and philosophers teach about equality.

To figure out whether this affected their young charges, we put 70 Yale Law students in a computer lab, and had them play a game that would reveal to us their views on fairness....It turns out that exposure to economics makes a big difference in how students split the pie, in terms of both efficiency and outright selfishness. Students assigned to classes taught by economists were more likely to give a lot when it was cheap to do so. But they were also much more likely to take the whole pie for themselves..."

Capito cari liberali: privatizzare, liberalizzare... ma soprattutto insegnare economia!

venerdì 16 maggio 2008

Disinquinare il dibattito sull' evasione

Sul problema dell' evasione fiscale si monta sempre un gran baccano. Studi televisivi o bar dell' angolo, il rumore di fondo non cambia.

Sembra che la vecchia lotta di classe oggi si produca essenzialmente in questo campo: visto che la classe avversa non possiamo più annientarla, vediamo almeno se ci è concesso di derubarla.

A me non disturba parlarne, a patto che si diano per scontati due punti fermi. Sono essenziali per ridurre i decibel. Eccoli:

  1. il problema dell' evasione fiscale è essenzialmente un problema localistico. Regioni come Lombardia e Veneto sono tra le più virtuose al mondo nella compliance fiscale (tengono il passo di Svizzera e Usa); sempre al nord molti territori non invidiano Francia e Germania (l' Emilia per esempio); per alcune regioni va un po' peggio ma ci possiamo accontentare: la Toscana assomiglia un po' alla Svezia, non mi sembra un paragone offensivo. Il problema è l' evasione da terzo mondo che c' è in alcune regioni del sud. Ma probabilmente quello non è altro che il welfare all' italiana;
  2. il secondo punto riguarda la questione sul "chi" evade in Italia. Da anni la CGIA tiene d' occhio la questione con uno zelo riconosciuto anche dal Ministero (qui sono scaricabili le ultime elaborazioni). La maggiore evasione si annida tra i lavoratori dipendenti. Sorpresa? Non direi. Facciamo qualche numero: l' imponibile sottratto al fisco è di circa 310 mrd di euro all' anno. 200 mrd sono da imputare all' economia sommersa (su 3 mln di soggetti coinvolti nell' affare 2.300 mln sono dipendenti con il secondo, terzo lavoro); 100 mrd all' economia criminale; 10 mrd alle grandi imprese e 6 mrd alla mancata emissione di scontrini e fattura da parte di lavoratori autonomi e PMI.

Ho l' impressione che se il dialogo partisse da queste premesse tutto sommato oggettive, sarebbe meno interessante e anche meno chiassoso. Quindi abbandonerebbe presto sia i bar che gli studi televisivi, magari per approdare sulle scrivanie di chi cerca seriamente una soluzione.

ADD1: il dipendente evade soprattutto nei decili più bassi.

Lo strano caso di IE

Dopo trent' anni di studi sugli effetti della pena di morte (qui una rassegna equilibrata), di tanto in tanto ancora spuntano alla Tv o sui giornali personaggi disposti a dichiarare con tutta l' enfasi del caso che una simile punizione non serve a niente.

Sarà, ma chi è andato a fondo alla questione è arrivato a conclusioni ben diverse.

Negli USA per esempio, molto si è dibattuto, alcuni ritengono che ogni esecuzione salvi 8 vite, altri che ne salvi 24. Molti si collocano tra questi due estremi. L' effetto deterrenza però non sembra contestato.

Chi non trova giusto che il boia disponga della vita di un uomo, si dovrebbe fare carico anche delle altre 8-24 vite. Solo in questo modo comincerebbe una seria discussione morale.

Isaac Ehrlich è lo studioso che con il suo lavoro certosino ha convinto la gran parte degli economisti. Ha convinto anche se stesso, devo dire.

Resta da notare un' ultima cosa, la menziono perchè alle nostre latitudini potrebbe risultare addirittura curiosa.

IE ha cosruito un lavoro sistematico rispondendo nel dettaglio a molte contestazioni e giungendo sempre alla medesima conclusione: la pena capitale nel complesso funziona. Ciò non gli ha impedito di essere uno dei più strenui oppositori alla sua applicazione nel mondo. Uno mica deve fare l' economista 24 ore al giorno.

Particolari in SL p.131

giovedì 15 maggio 2008

Il sesso come diga anti-AIDS

Uno non ci pensa mai abbastanza.

Ero rimasto che una cultura dell' astinenza fosse raccomandabile per arginare la diffusione dell' AIDS.

Invece mi dicono di no.

Attenzione, non mi dicono semplicemente che una simile cultura ha scarse possibilità di attecchire. Mi dicono che è dannosa e cio' che serve è esattamente l' opposto: un chiaro, sano incitamento all' attività sessuale. Siccome una simile campagna sarebbe socialmente molto utile come diga anti AIDS, sarebbe anche logico che goda di finanziamenti pubblici.

La tesi è stata divulgata da Steven Landsburg nel suo articolo su Slate (il più commentato in rete nel 2007) ora divenuto il cap.1 del libro a suo nome che tengo sul comodino.

Pensiamoci, una campagna che inviti a rilassarsi sessualmente non avrebbe nessun effetto sui libertini (in materia sono già molto rilassati). Andrebbe ad incidere invece sui soggetti più avveduti nelle scelte, sui tipi più morigerati e socialmente responsabili. Riferiamoci a loro come ai "sessualmente prudenti" (SP).

La logica di SL è semplice: l' epidemia si diffonde ramificandosi. La scesa nell' agone sessuale dei SP devitalizza i rami più rigogliosi e, al limite, fa nascere rami destinati a disseccarsi presto.

DEVITALIZZA: un SP puo' salvare vite facendo concorrenza ai contagiati. Il partner che abborda è al sicuro. Diversamente sarebbe potuto finire con un contagiato ricevendo a sua volta la malattia e facendosene veicolo.

DISSECCA: per sua natura SP esamina spesso il suo stato di salute. Appena scopre di essere contagiato, si ritira da ogni attività sessuale (è responsabile!).

SL fa un esempio: in una comunità le mogli sono fedeli ma i mariti devono avere almeno 2 partner sessuali all' anno. Esiste un postribolo che ospita prostitute in cui il contagio è molto diffuso. Se queste sono le condizioni di partenza, ben presto la malattia si estenderà a tutta la società. L' ancora di salvezza? Chiedere alle mogli di divertirsi un po' di più praticando l' adulterio.

Obiezioni? Si potrebbe timidamente affermare che, in queste materie, una volta impressa la svolta al proprio stile di vita, è difficile mantenere la misura. Anche la persona più dilgente, una volta messasi sul piano inclinato della lascivia, slitterà nel libertinismo. E a quel punto non potrà più rendere alcun servigio, anzi, sarà una mia vagante in più.

Obiezione deboluccia.

Il ragionamento non fa una grinza, in teoria. Il bello è che funziona anche in pratica, almeno stando agli studi del Prof. Michael Kramer.

Una campagna di castità potrebbe essere utile, ma dovrebbe essere rivolta ai libertini con scarse probabilità di successo. In più dovrebbe essere inaccessibile ai SP perchè in quel caso, lo abbiamo visto, sarebbe solo dannosa.

Molti hanno reagito scandalizzandosi alla proposta di spingere SP a darci dentro: "... siete dei pazzi ad incoraggiare comportamenti a rischio...".

A rischio per l' interessato (SP) ma di grande beneficio per la comunità.

SL traccia un parallelo con il problema dell' inquinamento. Uscite scandalizzate come quella di cui sopra potrebbero essere rese in questo modo: "... siete dei pazzi ad incoraggiare comportamenti costosi come l' obbligo a non riversare gli scarichi nei fiumi...". Non scaricare nei fiumi è costoso per l' industriale ma la comunità ne trae un beneficio.

Chiarito questo punto, come incitare i SP a rilassare i propri costumi. L' operazione è difficile perchè chiediamo loro qualcosa che fa bene al mondo ma che a loro costa in termini di rischi effettivi.

Si potrebbero decantare le gioie del sesso, ma ci vorrebbe qualcosa di più concreto.

Si potrebbero distribuire preservativi gratis. Ma la cosa inciterebbe ulteriormente anche i libertini, ovvero i soggetti da tranquillizzare.

PROPOSTA MIA: all' acquisto dei preservativi si potrebbe abbinare un concorso a punti. Ce ne sono tanti ormai. Ma i premi dovranno essere scelti in modo da discriminare tra libertini e SP. Esempi DI PREMI: abbonamento gratuito alla stagione teatrale, cena con Umberto Eco, serata di gala al Teatro alla Scala, possibilità di pubblicare per una settimana sulla prima di Repubblica...

ADD1: la discussione si è spostata nei commenti a questo post.

mercoledì 14 maggio 2008

Decompressioni in quel di Gubbio








Ecco il più virtuoso nel pezzo meno virtuoso della sua carriera. La qualità non ne risente. Sarà che sonava a Teatro in quel di Gubbio, posto che disperde anche la cattiveria dei lupi, scioglie le frenesie e riconcilia ciascuno con il suo Dio. Anch' io e la miri, prima di precipitarci in vacanze mondane, facciamo sempre tappa a Gubbio per distenderci l' animo e dire, ognuno nella sua lingua, una preghiera.

n.b. file in esclusiva, non disponibile nè su you tube nè su e-mule

False credenze: i bambini rendono felici

Nelle note a commento di pag.243, DG elenca una serie di studi concordi nell' affermare una tesi già sentita: i bambini comprimono la nostra felicità.

Se una coppia reputa di avere un certo grado di soddisfazione, con l' arrivo dei bambini vedrà diminuirlo. Una volta che la prole sarà cresciuta e lascerà la casa paterna, anche la felicità tornerà a regnare ripristinando i livelli precedenti di soddisfazione.

L' effetto tipico delle distorsioni dovute alla soggettività, in questi casi, è attenuato. Non ci sono confronti interpersonali ma solo confronti fatti sulla medesima scala.

Cio' non toglie che la felicità precedente possa essere dovuta all' attesa di figli e la felicità successiva al fatto di averne avuti. Quest' idea si rinforza guardando all' infelicità dei singles.

Comunque DG sostiene che l' idea "i bambini rendono felici" sia una classica "falsa credenza" con cui veniamo indottrinati affinchè la società si espanda e prosperi. In questo, nello schema esemplificativo di DG, l' idea farebbe il paio con un' altra falsa credenza: "i soldi rendono felici".

Bottom line: se i bambini minacciano la nostra felicità si spiega anche perchè alle famiglie spetti un aiuto statale. In caso contrario non si vede come possa essere giustificato, specie qualora si accetti l' idea che "il denaro non rende felici".

Costo-prezzo. Barare con la salute.

TS spesso s' intrattiene con i giochi di parole. Ce ne fa respirare la magia intrattenendoci illustrando l' anatomia di alcuni illusionismi.

Lo sapevate, per esempio, che "diritto alla salute" non significa altro che "servizio sanitario coercitivo e burocratizzato"? Dopo aver letto la p.71 e EWW, non ci saranno più dubbi. Il politico appassionato che proclama "il diritto universale alla sanità", sta proclamando il suo diritto a prendere il comando universale in quel settore.

Lì, sempre a proposito di Sanità, si scopre anche quanto sia importante distinguere il "costo" di un servizio dal suo "prezzo". Il Costo di un servizio è cio' che dovremmo pagare affinchè ci venga offerto, il prezzo è cio' che sborsiamo per quel servizio.

Quando prezzo e costo divergono, a risentirne è la qualità dell' offerta (piccola e tristissima legge economica).

Se un buon insegnante per formarsi deve sopportare un certo costo, non possiamo poi pretendere di pagarlo meno. Se lo facciamo avremo sempre meno "buoni insegnanti". Eppure dietro certe ambizioni che vorrebbero una scuola gratuita e aperta a tutti, si nasconde la volontà o la necessità di pagare prezzi molto inferiori ai costi. A risentirne sarà inevitabilmente la qualità.

Torniamo al nostro "diritto alla salute", il paradosso prezzo/costo si esplica soprattutto lì.

Perchè ormai la ricerca farmacologica è condotta solo da quelle imprese che hanno il loro sbocco principale sul mercato USA? Perchè quello è il mercato sanitario più libero. Su un mercato libero i prezzi non si disancorano mai completamente dai costi.

Non è un caso se la spesa sanitaria USA supera di gran lunga quella europea.

ma al politico quest' ancora interessa poco. Cio' che interessa a lui è che i suoi elettori paghino poco rendendo grazie a lui e alla sua lotta per il "diritto alla salute".

In Europa, dove la sanità è socializzata, il politico realizza i suoi sogni ma, così facendo, a causa della leggina citata più sopra, fa in modo che il servizio lentamente si trasformi.

La prima trasformazione la conosciamo: niente più ricerca, niente più innovazione nel campo dei farmaci ma solo mera produzione di generici. In questo campo siamo ormai la Cina di altri occidenti. Attrezzatura e farmaci sono perlopiù importati dai paesi con un libero mercato sanitario. Anche il nostro migliore capitale umano si forma là.

Se la situazione è questa non ci resta che sperare.

Speriamo che il velato ricatto sui brevetti ci consenta sempre di importare a basso prezzo in modo che l' Europa possa prolungare i suoi comportamenti opportunistici in campo sanitario e speriamo anche che il "capitale umano", dopo essersi formato altrove, abbia voglia di tornare a casa.


martedì 13 maggio 2008

Libera scelta... purchè illusoria.

DG dedica un intero capitolo battendo in continuazione sul fatto che la felicità è un sentimento soggettivo. Il titolo del capitolo, tanto per non lasciare dubbi, è SOGGETTIVISMO.

Se richiesto indico il mio attuale stato di felicità su una scala da uno a dieci, non è detto che tu abbia ricevuto informazioni rilevanti poichè anche la "scala" è soggettiva: il mio 10 puo' corrispondere al tuo 3.

Tutto cio' fa la gioia dell' economista, lui dispone di teorie compatibili con il soggettivismo anche più radicale. Lo psicologo invece resta nelle canne.

Ma la gioia dura poco: a quanto pare molte nostre scelte sono infarcite di errori che non si correggono granchè nè con l' esperienza, nè prestando particolare attenzione all' insegnamento dei saggi. Costoro molto spesso sono il veicolo di "false credenze".

La ricerca della felicità rischia di fallire se intrapresa per conto nostro, e inoltre noi non abbiamo nessuna voglia di attendere i tempi dell' evoluzione biologica che migliorerà i nostri cervelli. Non ci resta che affidarci agli altri, a qualcuno che si prenda cura di noi. D' altro canto, poichè sentiamo fortemente la nostra unicità e la nostra autonomia, non ha nessuna possibilità di successo nemmeno chi ci instrada attraverso un' imposizione dall' esterno.

Sembra strano ma, se così stanno le cose, alla fine il mondo migliore è quello in cui la libera scelta venga tutelata, purchè, almeno in parte, sia illusoria. Tipo società dei consumi?

Un puma a Palo Alto

Dopo che DG ci ha spiegato con dovizia di particolari tutte le falle ingannatrici che minano il ricordo delle nostre esperienze, torniamo con i piedi per terra rivolgendoci a TS.

Il triste evento del puma ucciso vicino alla scuola, narrato a p.7, a suo tempo suscitò due reazioni: sollievo nei genitori dei bambini, indignazione nella vicina comunità accademica di Palo Alto.

TS, che ha inventato la figura dell' "esibizionista morale", ritiene di trovarne qui un esempio vivido. La situazione ricreatasi in quell' occasione gli sembra proprio archetipica e vorrebbe fermarla.

"... un titolo accademico prestigioso indica che possedete conoscenze specifiche in una certa area. Troppo spesso invece induce il possessore a pontificare su una serie di argomenti del tutto alieni. Spuntano da ogni dove discorsi forbiti pronunciati da gente che non sa di cosa parla. Il fatto che gli accademici fossero perlopiù di sinistra è perfettamente coerente con la loro assunzione per cui una "parte terza" - cioè loro - possa e debba indirizzare gli specialisti nel loro intervento.

I poliziotti probabilmente non hanno mai letto Chaucer e non sanno cosa sia l' "esistenzialismo". Però sanno bene cosa sia un pericolo..."


Strane alleanze: specialisti (poliziotti) e gente comune (genitori) contro intellettuali (comunità accademica).

lunedì 12 maggio 2008

Migrazioni ideologiche

La recente conversione ideologica di una figura di culto del mondo liberal e sessantottino, David Mamet, veniva comunicata al mondo con queste parole:

"... I realized that the time had come for me to avow my participation in that America in which I chose to live, and that that country was not a schoolroom teaching values, but a marketplace..."Aha," you will say, and you are right. I began reading not only the economics of Thomas Sowell (our greatest contemporary philosopher) but Milton Friedman, Paul Johnson, and Shelby Steele, and a host of conservative writers, and found that I agreed with them: a free-market understanding of the world meshes more perfectly with my experience than that idealistic vision I called liberalism..."

Thomas Sowell (TS)... "our greatest contemporary philosopher"!?

La cosa mi ha messo voglia di rileggere un suo libro che posseggo e che folgorò anche me. E' un po' vecchiotto ma sempre attuale: "Ever wonder why". Vedrò se è il caso di unirmi al giudizio lusinghiero.

Una cosa intanto puo' ben dirsi intorno all' arte di "convertire": pochi numeri, poche note a piè di pagina, semplicità e l' arte di arrivare a conclusioni anche estreme ma sempre attraverso passaggi che, presi isolatamente, sprigionano grande buon senso.

Capriccio n. 14

Mi piace. Non basta?
Allora dirò di più, mi è piaciuta anche questa.

Errori rossi, errori blu e il Correttore Unico

DG spiega con cura tre categorie di errori in cui incorre di continuo la nostra immaginazione:


  1. errori d' esperienza: chi ha fatto molte "code" riscontra come la propria coda sia molto spesso la più lenta a scorrere;

  2. errori cerebrali: il nostro cervello archivia i dati in un certo modo ben preciso (per esempio, noi ci ricordiamo facilmente parole che iniziano con "c" ma con grande sforzo parole che hanno come terza lettera una "c"), cio' induce in gravi errori;

  3. errori da indottrinamento: ci sono false credenze (i soldi portano soddisfazione, i bambini rendono felici) che vanno diffuse affinchè prosperi la comunità.


Poi ci sono una serie di errori in cui la nostra immaginazione incorre quando ci prospetta il futuro:




  1. errore di ottimismo: l' immaginazione si fida irrazionalmente di se stessa in un modo impressionante, le smentite sembra che non contino per lei; in realtà la mente è piena di buchi e smagliature, essendo poco capace di archiviare molte informazioni deve arrangiarsi con trucchetti ingegnosi ma limitati;

  2. errore di presentismo: l' immaginazione ci prospetta un futuro che assomiglia tremendamente al presente in cui stiamo ora, la nostra immaginazione non è "abbastanza immaginativa";

  3. errore di riflessione: la nostra immaginazione immagina noi stessi sempre uguali, anche nel futuro più lontano. Carenza particolarmente grave.


Con la testa conciata così, dove vogliamo andare?

Abbiamo solo due speranze: o facciamo in modo che la gente si corregga approntando gli opportuni incentivi o facciamo in modo che chi sbaglia meno abbia maggior successo nel sopravvivere. In entrambi i casi serve una selezioni che premi "il più adatto". Nel primo caso il più adatto sarà anche il più meritevole, nel secondo caso il merito va lasciato da parte per concentrarsi sulle dotazioni più o meno innate.

Poichè ascoltando gli psicologi le nostre tare sembrano di natura fisica, non resta che la seconda via.

La prima però appare eticamente superiore.

Fortunantamente esiste un modo di organizzarsi che salva entrambe le soluzioni e prende due piccioni con una fava esentandoci dall' arduo compito di dover sacrificare l' efficienza all' etica.

Errori d' esperienza

Siccome sono stato curioso, mi è capitato di intrattenere discussioni sui più vari argomenti. E' naturale che molto spesso mi esprimessi senza il supporto di una pratica diretta. In questi casi, quando il nostro interlocutore è piuttosto confuso ma puo' vantare una maggiore esperienza rispetto a noi, molto facilmente tenderà a rintuzzare le obiezioni rinfacciandocela.

Sarebbe tutto finito se in nostro soccorso non arrivasse il cap. 10 di SH. Lì DG elenca (con bibliografia semi-sterminata) una serie di errori indotti... dall' esperienza! Certo, per cambiare un pannolino al figlio, l' esperienza è molto utile, eppure per soppesare i nostri giudizi più importanti (per esempio quelli che riguardano la felicità) l' avere esperienza nel merito puo' essere tremendamente distorsivo.

L' argomento è piuttosto incasinato (e anche un po' noiosetto) mi accontenterò di citare il caso delle "code" (file, colonne). L' ignaro puo' solo pensare che l' una vale l' altra (molto saggio, bravo ignaro); lo scafato, fondandosi sulla sua VASTA ESPERIENZA, sa che quella da lui scelta sarà la fila più lenta a smaltirsi (tipica assurdità indotta dall' esperienza).

Ha senso misurare la felicità?

DG ritiene che "misurare la felicità" abbia senso.

Innanzitutto perchè lo facciamo tutti tutti i giorni. Come potrei proclamarne l' assurdità?

Molto meglio allora dedicarsi alla cura con cui s' intraprende l' impresa.

Poichè è un' attività altamente imperfetta necessità di 1) continue correzioni e messe a punto 2) rilevazioni frequenti 3) grandi numeri.

La difficoltà principale consiste nel fatto che, nelle persone, l' esperienza e la coscienza sono dissociate. Una dissociazione che riflette le diverse aree cerebrali interessate quando i due stati vengono prodotti.

sabato 10 maggio 2008

Quando la realtà se ne va per conto suo




Preso dentro nei gangli della letteratura ottocentesca italiana e oppresso dalla mole di tomi ulteriormente ispessiti dalla loro cronica mancanza di umorismo, ho cercato refrigerio all' umida ombra del capolavoro di Ippolito Nievo. Secondo alcuni consulenti ignari di essere stati consultati, almeno uno dei due inconvenienti poteva essere eluso, parlo dell' umorismo.

Devo dire che il Settecento fa circolare il suo fiato in quelle pagine. Basterebbe accennare a quella maledetta diligenza settecentesca di spennellare con perizia calligrafica fino a riprodurre in modo verosimigliante la geografia di un' intera costellazione!

E poi quella febbrile fregola moralistica di indagare, grazie all' alta scienza del secolo anteriore, il subisso delle anime altrui (spesso di gran lunga più estese di un semplice firmamento), per riproporlo isomorfo nero su bianco.

Con simili incontenibili manie nel cuore e nello stilo, come si puo' pretendere che non si doppino le mille pagiante? Il lettore timido resta così legato per mesi alla ruota di una simile macina autotorturandosi mentre sugli scaffali della libreria scorrono sotto il suo mesto sguardo i libri che non potrà accostare nel frattempo.

Tuttavia, imbroccate le pagine buone del Nievo, si ottiene pronta ricompensa.

E' proprio vero: il letame è il miglior scaffale su cui esporre i diamanti. L' opacità inerte del primo, esalta lo spiazzante balenio del secondo.

Sorbiamoci dunque la ricrazione letteraria di come nasce e cresce l' "ideale" tra lo stantio e il vago (patria, libertà...) che dovrebbe animare il protagonista. I toni sono spesso enfatici, slabbrati; idonei ad accumulare piombo nelle palpebre. Anche la prolungata descrizione della serenità pastorale che precede le agitate vicende romanzesche, fa l' effetto di uno strascico interminabile e pleonastico.

Unica nota di alleggerimento: la coralità di fondo che costringe il Nievo a rendere in bozzetto una miriade di vite e di caratteri.

Per esperienza ormai so che costringere un sagace osservatore a concentrare in mezza paginetta "una vita", dà sempre risultati di una brillantezza longeva che attraversa i secoli mantenedo una sua freschezza. La gestualità imperiosa di quei pochi tratti ci fa capire nonostante tutto la vasta intercapedine che distanzia l' arte letteraria dall' ultimo giallo che ci sembrava tanto "carino". E' giusto ripassare ogni tanto anche questa lezione.

Ma dopo i preparativi, per chi ha avuto la pazienza di reggerli, ecco il picco: all' eroe si offre l' occasione di battersi per il suo ridondante ideale. Il Nievo sarà magistrale interprete del grottesco incontro tra niveo, levigato sogno e brufolosa realtà.

Il sospirante Carlino giunge a Portogruaro e scopre che è in atto quella "Rivoluzione" al pensiero della quale aveva corogiolato la giovinezza da cui era appena uscito. Il popolino è in rivolta e sembra reclamare i suoi diritti. Carlino ha tutta l' intenzione di unirsi al coro apportando le sue competenze.

Ma ecco che prende corpo il miracolo letterario: Carlino scopre lentamente che il popolino assomiglia maledettamente ad un popolino. Fare la rivoluzione con questa gente non ispira l' immaginazione romantica del protagonista.

Scopre anche lo sconcertante ruolo del caso. E noi con lui: quando si urla cio' che per anni è stato trattenuto in gole disseccate, ne esce un rantolo disarticolato. Quanto è brutta e poco convincente quella "verità" che avevamo coccolato a lungo nel seno in vista di spiattellarla in faccia ai prepotenti al momento opportuno. La foga con cui correggiamo la prima rivendicazione, accentua la storpiatura. Dopodichè, lo stesso scatenamento che abbiamo liberato ci spossessa di ogni intenzione; la furia comica degli eventi ormai regge la regia del grand guignol. Dopo le prime enormità si vorrebbe tornare a casa per riposarsi, ci viene il dubbio che forse cio' che cercavamo era solo uno sfogo momentaneo, un po' di adrenalina da luna park. Ma ormai non si puo' più, si va avanti con la cattiveria gratuita degli irresoluti. Sentirsi tanto insicuri fa sì che, una volta scelto un bersaglio appena plausibile, ci si scateni contro di esso con un accanimento tale che con quelle furie si possa dileguare la terrificante perplessità sorta un attimo prima, nel disgustoso momento in cui, ormai compromessi, un bersaglio ulteriore non lo si riusciva a trovare.

Si dice che queste pagine siano ricalcate su quelle manzoniane. Ma Renzo è trascinato dagli eventi casuali essendo sin da subito coinvolto in modo casuale nel vortice. Carlino invece vi entra con passo solenne varcando un suo Rubicone. Questa ponderata consapevolezza è inoltre proprio l' oggetto del libro: delle pagine che precedono come di quelle che seguiranno. In questo secondo caso, quindi, la balia del protagonista è di una comicità spiazzante e rivela l' onestà di un autore che tanto aveva investito sulla consapevolezza; godiamoci lo spettacolo di chi vuole sacrificarsi ma non ci riesce sentendo lontani gli occhi dell' attenzione generale: Sentendo il raschio con cui l' asperità rugosa del mondo ci spaventa mandando all' aria i nostri piani. Riscladiamoci alla sfiammata di un destino cieco e senza gabbie che solletica e rigenera un lettore allevato per rinunciare ad ogni sorpresa. Facciamolo prima di essere nuovamente ripiombati nel soporifero idealismo volitivo e patriottardo la cui voce è sopportabile solo quando si fa stridula e in preda agli indomabili elementi che la ridicolizzano sconcertandola.



Il baco delle riforme

Certo che frequentare gli psicologi come DG, continuamente alle prese con i bachi della mente, ci fa capire benissimo le difficoltà della politica a produrre riforme.

Sembra proprio che perdere X ci costi molto di più che guadagnarlo. Sebbene il valore di X non cambi affatto.

E' incredibile come la nostra mente svaluti chi è assente, sebbene i valori reali non decrescano affatto per colpa dell' assenza.

Il cap. 5 è ricco di suggerimenti in proposito.

Premesse del genere, chiariscono gli ostacoli frapposti al cammino delle riforme politiche.

Se un sistema riformato vale 10, cio' non sarà ancora sufficiente affincheè rimpiazzi un sistema vigente che vale 5.

La Marcia dei Criceti



L' abbiamo incontrato a Castelletto Ticino il Maestro Tesi. Come tutti i veri artisti parla poco. E ci credo, con un simile talento naturale chiunque sarebbe appagato senza la necessità di produrre ulteriori sforzi. Si limita a sfoggiare un sorriso sereno e sincero (e la miri dice che è proprio un "bell' uomo"). Poi ha suonato il suo concerto gratuito che, per quanto mi riguarda, avrebbe potuto anche far pagare 30 euro. Troppi pochi lenti, secondo me. Non perchè i ballabili non fossero all' altezza, quanto perchè i pezzi lenti sono meravigliosi. Faccio un esempio: La Marcia dei Criceti; eseguita senza una sbavatura, con una perizia calligrafica in grado di superare l' incisione. Al pezzo è legata una storiella: dopo aver comprato i criceti alla figlioletta è rimasto deluso dalla scarsissima attività diurna delle bestiole. Passati pochi mesi spuntano undici cricetini. Avete capito di che Marcia si parla? Buon ascolto!

venerdì 9 maggio 2008

L' invasione delle false credenze

DG dà per scontato che non esista un legame tra ricchezza e felicità, almeno qualora sia garantita una ricchezza minima. A pagina 239 cita una serie di studi che sostengono questa tesi.

Perchè allora la gente ambisce alla ricchezza? C' è solo una risposta: falsa credenza.

DG dimostra, utilizzando i meccanismi evolutivi, come una falsa credenza possa diffondersi ed avere successo autoreplicandosi. Una falsa credenza ci danneggia ma puo' beneficare qualcun altro e non è detto che il "qualcuno" sia una persona.

Credere che i soldi ci rendono felici è un inganno di cui però qualcuno beneficia: la società (capitalistica) tutta, la quale prospera anche grazie ai nostri sforzi volti all' arricchimento.

E' la società stessa che mette a punto quei meccanismi evolutivi che consentono ad una falsa credenza di auto replicarsi. Vivendo in quella società riceviamo quindi forme di "indottrinamento" che rinforzano l' errore.

Attenzione, non si parla di "complotto" bensì di selezione evolutiva. questa differenza è essenziale.

E' un po' come quando notiamo che scuole pubbliche, radio pubbliche, ospedali pubblici... sono riempite con personale che professa certe ideologie ben precise: non esiste un "complotto" attraverso il quale realizzare questo discrimine. Molto semplicemente è all' opera una selezione evolutiva che garantisce ad un organismo (scuola pubblica, radio pubblica, organismo culturale pubblico...) di continuare a vivere e prosperare grazie a false credenze indotte da indottrinamenti morbidi.

Dimenticavo, le conclusioni specifiche di DG hanno però due punti deboli: 1) sono incoerenti con il postulato della felicità come sentimento "soggettivo", 2) gli studi che cita hanno ricevuto parecchie disconferme, in particolare di recente.

giovedì 8 maggio 2008

Mitologie veltroniane

Anch' io voglio contribuire con un microscopico "mito" recentemente rivitalizzato da Walter Veltroni. Il neo trombato (che ho votato, ma solo alla Camera) gonfiava il petto proferendo con solennità: il miracolo economico italiano è da attribuire in larga parte al centro-sinistra.

La cosa non è poi così secondaria visto che, appassito il boom, tutto la restante storia dell' economia post bellica italiana puo' essere archiviata nel file "declino".

Ma la realtà sembra parlare altrimenti: il miracolo durò fino ai primi sessanta proseguendo poco oltre per inerzia, e le date sembrano confermare questa antitesi.

La lira vinse l' oscar della migliore valuta nel 1960. La produttività ebbe il suo balzo tra il 58 e il 61. L' export, dal 53 al 57, schizzava di un 15% annuo; e la produzione industriale quasi di un 6% (peccato che la Germania ci freghi, altrimenti eravamo i migliori d' Europa). Inflazione? Tra il 51 e il 61 il tasso medio fu del 2.8%. Più che accettabile. Nel 1963 disoccupazione ai minimi rispetto ai precedenti 50 anni (2.5% di media). Nel 57 aderiamo al MEC, ottima scelta.

Non parliamo dei simboli: 500, 600, grattacielo Pirelli, metropolitane, autostrada del sole... Tutta roba passata quando il centro sinistra emise il primo vagito.

Con il centro sinistra arrivò invece la crisi, pudicamente battezzata "congiuntura". E con quella il monopolio dell' energia elettrica stabilmente arpionato nelle grinfie statali che ancora adesso stentiamo a disincastrarlo da lì.. E l' esempio riscosse entusiasmo visto che da allora l' economia cominciò a nazionalizzarsi ad una velocità pari solo alla sua corruzione, così come cominciò la fuga dei capitali e l' impennata di spesa pubblica. Altro semino importante fu amorevolmente piantato dai proto-veltroniani: un bellissimo sistema previdenziale a ripartizione. E' così che il nostro welfare cominciò a contorcersi dovendosi realizzare a suon di baby pensioni e pensioni d' invalidità. Era l' unico canale.

Un capitalismo del genere sta in piedi finchè c' è da "copiare", quando c' è da "innovare" perde colpi. E infatti nei settanta e ottanta resse solo grazie alle supposte svalutative, inflattive e debitorie.

A sinistra i liberali erano circa 5. Ernesto Rossi + i 4 gatti del Mondo. Non influirono molto circondati dalla massa per la quale il Capitalismo è molto meglio disintegrarlo che cambiarlo.

A Veltroni lascio i miti del centro sinistra fanfaniano. Io preferisco puntare su un' altra squadra, mi sbilancio con una formazione di calcetto: De Gasperi, Einaudi, Menichella, Merzagora, Pella, Vanoni, La Malfa... e anche un certo Marshall all' ala.

Bottom: in un recente articolo sul Sole di cui conservo un ritaglio, Carrubba riesponeva questa storiella in modo molto più professionale, ho pensato bene di fregargli un po' di numeri.

P.S. mi fanno notare che archiviare tutto il resto come "declino" è esagerato. Vero, il Veneto usciva dalla guerra nelle condizioni della Campania. Oggi è la regione più ricca del Paese, o quasi. Durante il boom ancora esportava emigrati. E allora quando ha costruito la sua ricchezza? Direi a cavallo tra la fine dei settanta e gli ottanta. L' ha fatto però grazie alla flessibilità della micro-piccola-media impresa e "contro" la politica. Il Veneto è solo un paradigma dell sviluppo nordestino. Parallelamente va citata anche il brillante caso dell' Emilia Romagna, che non è poi così differente.

Il segreto della felicità

Caro diario,

il prof. G. ha adempiuto al suo dovere di bravo psicologo positivista compilando la famosa sentenza. Per lui l' Uomo è l' unico Animale che... pensa al suo futuro.

Attenzione, parecchi altri animali dimostrano di organizzarsi per il futuro.

Cio' non significa che lo "pensino" come fa l' uomo. Il loro è piuttosto un riflesso condizionato che elabora in modo elementare l' esperienza passata. In ogni caso si preoccupano solo di un futuro "immediato, personale e locale". Vuoi mettere con i nostri vasti orizzonti? Noi "pensiamo scenari", addirittura "immaginiamo".

Nonostante i corsivi, le virgolette e i "vuoi mettere", la rilevazioone non mi ha scosso. Forse perchè il bello doveva ancora venire.

Perchè pensiamo al nostro futuro? Scontato: per organizzarci al meglio e fare in modo che il nostro futuro effettivo sia il migliore possibile tra tutti i futuri eventuali.

Risposta sbagliata.

Si puo' dire che il Prof. Gilbert dedichi il suo libro a segnalare con gusto questa topica, le sue radici e le sue conseguenze.

Se la risposta "scontata" fosse anche corretta potremmo concludere con Leopardi che Madre Natura fosse proprio una crudele matrigna. Infatti, con tutto il nostro voluminoso cervellone, risultiamo gravemente sprovvisti di simili facoltà preveggenti. Se quello fosse il nostro vero obiettivo saremmo degli esseri fortissimamente imperfetti visto che commettiamo errori sistematici nel programmare la nostra felicità futura. Ci imbattiamo continuamente nei tre errori canonici su cui ora non voglio soffermarmi.

Dunque, l' uomo è l' unico animale che pensa al suo futuro (grazie al lobo frontale che gli è spuntato di recente, 3 milioni di anni fa) e lo fa, non perchè ricavi particolari benefici da questa attività, quanto piuttosto per il bnenessere in sè che ne trae. La sensazione di avere sotto controllo cio' che ci accadrà e di ingabbiarlo in un progetto è una vitamina dello spirito. Anche quando l' esperienza è lì a dimostrarci che non abbiamo sotto controllo proprio un bel niente.

Se talvolta la felicità ci tocca è perchè c' inciampiamo nel tentativo d' inseguire una chimera che mai afferreremo.

Ma, attenzione. Forse, con un po' di modestia qualcosa si puo' fare.
***
Siccome sono molto immaturo e siccome alla prima pagina il sig. G. prometteva di rivelare in fondo al suo discorso un trucchetto per essere felici, sono corso di gran carriera all' ultima pagina.


Il trucco è il seguente: imitate chi giudicate felice.


Il trucco è inapplicabile. E' lo stesso G. a rivelarcelo in modo beffardo. Lui afferma che qualcosa nel nostro cervello ci fa pensare a noi stessi come "unici". Cio' ci impedisce di concepire la felicità come il frutto di un' attività meramente imitativa.

Tendiamo a sovrastimare le differenze quando invece noi uomini siamo quasi tutti uguali. Un po' di modestia e di imitazione pedissequa puo' solo farci del bene. Ma chi arriva a leggere i libri del Prof. è difficile che non si senta umiliato nel seguirne i consigli.

Io affianco una mia congettura. Per seguire il consiglio aureo devo dapprima individuare chi è felice. Impresa non facile a causa di un corto circuito.

Se il mio potenziale modello mi assomiglia ho poco da imitare. Se il mio potenziale modello differisce molto da me, contro di lui giocherà tutta la teoria di sentimenti che ho edificato per coltivare al meglio la mia personale autostima.

Come minimo, il "potenziale modello molto diverso da me", sarà oggetto di un' invidia incoffessata.

Generalizzando: è felice colui che è invidiato, soprattutto dagli infelici.

Da cio' consegue che, se gli infelici hanno ancora una stilla di energia, la useranno per combattere alla morte il "potenziale modello" piuttosto che imitarlo.

Inoltre, difficilmente riconosceranno uno stato di "reale" benessere a colui che segretamente hanno imparato a disprezzare.

Infine, saranno sempre spinti a marcare le distanze dall' oggetto delle loro invidie. In genere la persona felice verrà marchiata come "idiota", "rozza", "inconsapevole".

Felice perchè inconsapevole della sua dappocaggine che invece a noi tristi illuminati appare chiara. Cioran chiamava questa elite i "condannati alla lucidità".

Faccio un esempio: mia mamma. Lo ammetto a denti stretti, mi appare una persona maledettamente felice, insomma niente di eccezionale, eppure sta al mondo tanto volentieri. Ci credo, basta una sagra paesana per mandarla in sollucchero. E di sagre ce ne sono due alla settimana.

Faccio forse qualcosa per imitarla? Al contrario, passo il tempo a prenderne le distanze: è proprio una cafona, ride sguaiatamente per battutacce di dubbio gusto, è piena di pregiudizi, è ignorante, è ipocrita, ama il pettegolezzo, è una bonacciona senza orgoglio, non venera la parola data, accetta di buon grado di subire soprusi intollerabili (li dimentica un attimo dopo), è continuamente alle prese con qualche angolo da smussare, la sua ingenuità è disarmante, i paraocchi sono irremovibili... Insomma, come previsto faccio di tutto per disattendere i consigli del sig. G., faccio di tutto per prendere le distanze e stigmatizzare una persona contenta, benvoluta, che canticchia continuamente e che lascia cadere ogni provocazione mandandomi il sangue alla testa.

P.S. il sig. G dedica un lungo capitolo a spiegarci che la felicità è un sentimento solipsistico. Come tutti i sentimenti del resto. Anche la sensazione del giallo è una sensazione solipsista: la provo, te la comunico, mi confermi ma non sapremo mai se stiamo provando la medesima sensazione. Questo fatto costituisce il grande vantaggio degli economisti rispetto agli psicologi. I primi possono condurre le loro argomentazioni mantenendo lo status pienamente soggettivo dei sentimenti.

mercoledì 7 maggio 2008

Porte aperte



Quando c' è una porta aperta prima o poi di sicuro si sa.

Umiliati dalle scimmie

"...Il prete fa voto di castità, il dottore giura di non arrecare danni alla salute di chicchessia, il postino s' impegna con ardore nel consegnare puntualmente la corrispondenza sfidando le intemperie...

Pochi realizzano che anche lo psicologo ha la sua missione. Ad un certo punto della carriera dovrà pubblicare un libro, un saggio o anche solo un articolo, purchè al suo centro faccia bella mostra di sè questo asserto "l' uomo è l' unico animale che...".

Ciascuno completrà i puntini come vuole ma l' inizio è assolutamente vincolante.

Molti psicologi aspettano anni prima di completare la frase di cui sopra, conoscono bene la loro sorte: la posterità dimenticherà presto le loro sofisticate e ponderose teorie per concentrarsi su quelle paroline facendole puntualmente tornare fuori non appena riceveranno solenne smentita.

Quanto chiaramente sceglieremo quelle parole, tanto nitidamente verremo ricordati.

Coloro che scelsero di completare la frase con parole del tipo "... puo' usare un linguaggio..." assursero a grande notorietà non appena fu chiaro che degli scimpanzè potevano ricevere un' istruzione tramite un linguaggio gestuale. E quando i ricercatori notarono scimmie che utilizzavano con naturalezza dei bastoncini per attrarre una leccornia come le termiti, a tutti venne in mente il nome e l' indirizzo e-mail di coloro che scelsero di completare la sentenza decisiva con le parole: "... puo' usare strumenti...".

E' per questo che molti psicologi la tirano tanto in lungo in modo da crepare prima che una scimmia si decida ad umiliarli..."


Siccome Stumbling on Happiness inizia così, siccome in molti l' hanno considerato l' unica lettura obbligatoria per il 2007, siccome tutti i pedigree sono in ordine, siccome lui ha una faccia simpatica... ho deciso che leggerò l' ultimo libro di Daniel Gilbert.

DG SH



martedì 6 maggio 2008

fisco - riforme



  1. flat tax;


  2. centrare il sistema su un' imposta sui consumi; in questo modo è imputabile il reddito mondiale;


  3. adottare criteri di cassa;

  4. limitare l' elemento prograssivo all' aliquota dell' imposta cardine (reddito), mantenendo costanti per tutti le deduzioni. In questo modo è possibile manovrare con facilità le aliquote marginali,


  5. centrare l' assistenza su un' imposta negativa;


  6. liberalizzare l' accertamento compensandolo con le sanzioni;

lunedì 5 maggio 2008

assistenza - riforme

Principi:



  1. ciascuno deve avere un minimo, meglio se in denaro;

  2. reddito minimo con transito attraverso il salario minimo (abolire ogni altra forma di sussidio;

  3. incentivare fiscalmente la filantropia (meccanismi 8 per mille);

  4. puntare sull' imposta negativa per non disincentivare l' entrata nel mondo del lavoro;

  5. decentrare la possibilità di ulteriori aiuti;

  6. conti individuali obbligatori per chi sta sotto certe soglie (vedi Prewo);

pensioni previdenza - riforme

Perchè cambiare



  1. per trasformare il lavoratore in un capitalista;

  2. per far rendere di più l' investimento (verificare i rendimenti borsistici dell' ultimo secolo);

  3. + pensioni garantite - fertilità;

  4. per tutelarsi dall' andamento demografico;

  5. evitare conflitti generazionali;

  6. per affrancarsi dal rischio politico;

  7. per spingere i mercati finanziari e aumentare la concorrenza tra operatori;

  8. per far cessare la contabilità nazionale fraudolenta (non tiene conto di questo enorme debito);

  9. le sei ragioni per cambiare: a) la tesi morale (collettivismo) b) la tesi dei rendimenti c) la tesi macroeconomica d) la tesi sul diritto di proprietà e) la tesi sull’ armonia sociale (lavoratore capitalista) f) la tesi dell’ equità generazionale;


Come cambiare



  1. transitare verso metodi a capitalizzazione;

  2. garantire la portabilità della pensione;

  3. garantire la trasparenza dell' offerta,

  4. chi paga la transizione: 1) fiscalità generale 2) taglio spesa pubblica 3) tassa sulle pensioni (i clienti dell' inps pagano il suo fallimento);

  5. transitare per il metodo contributivo, diminuire i rendimenti e attivare l' opting out;

  6. rendere i fondi privati completamente deducibili dai redditi;

  7. liberalizzare l' uscita dal mercato del lavoro;

Riforma sanitaria

I problemi di un ampia sanità pubblica sono facili da intuire:







  1. razionamento burocratico del bene;



  2. regola della ciliegia: colui al quale affido la mia salute ha il diritto di controllare il mio stile di vita;



  3. facile corruttela del "medico" prescrittore unico di farmaci;



  4. pesanti sottoinvestimenti e carenze innovative; il paradosso costo/prezzo p.71;



Di seguito alcune linee guida.







  1. assicurazioni pienamente detraibili e trasferibili,



  2. ottimizzare la regolamentazione al fine di consentire economia di scala
  3. per una copertura universale: vouchers sanitari.



  4. cauzioni per neutralizzare l' azzardo morale;



  5. limitare il monopolio dei medici;

  6. proletarizzazione dei medici;



  7. incentivare la beneficienza privata;



  8. favorire i gruppi di consumo (sfruttare il fattore etico e le economie di scala);



  9. creare concorrenza tra ospedali;



  10. introdurre i tickets e aumentarli progressivamente; compensare con una diminuzione delle tasse;



  11. one shot: possibilità di uscire dal sistema pubblico con reclutamento obbligatorio in caso di fallimento;



  12. liberalizzare la distribuzione farmaceutica e la pubblicità;



  13. puntare sulla trasparenza dei servizi per combattere AI;



  14. buoni sanità del valore pari al costo medio del servizio sanitario nazionale;



  15. protocolli meno onerosi per l' introduzioone di farmaci;



  16. libertà dell' utente di sottoporsi a sperimentazione farmaceutica;



  17. introdurre forme di negoziazione degli organi;



  18. tagliare la spesa sui farmaci (esistono troppi placebo, inoltre spendere nei farmaci ha effetti di sgnalling);



  19. personalizzazione dei percorsi di cura (attaccare la medicalizzazione standardizzata); basta con le medicine a taglia unica (vedi occasional di Madden);


  20. Contro il caro-scuola, libri digitali e aggiornamenti on line (Cristina Casadei sole 4.5.2008 p.1);
  21. Diagnosi gratuite, cure a pagamento. Vedi bias probabilistico.

venerdì 2 maggio 2008

Sabbie Immobili - la dolce stagnazione dei clarinetti

Da qualche tempo sono rimasto intrappolato in queste Sabbie Immobili. Mi lascio sprofondare e mi godo la languida eutanasia. Il dotato carnefice è Riccardo Tesi (Mirabassi al clarinetto dà il colpo di grazia).

Contro Pecoraro... il nulla.

Con i verdi tra le palle e Pecoraro Scagno sempre in mezzo, non combineremo mai niente. Tutto resterà bloccato in eterno, me lo sento.

E forse è proprio così.

Ma forse il miglior modo per cominciare a discutere con i vari "pecorari" è tirar fuori uno studio (serio) nel quale si dimostri che la costruzione di certe infrastrutture arricchisce il paese.

Alta velocità, Ponte sullo stretto...non esiste niente del genere.

Perotti lo ribadisce sul Sole 27.4.2008 p.1.

Non abbiamo nulla da contrapporre alle "barriere verdi". Semmai è il contrario. Gli unici lavori seri bocciano la Torino-Lione. Il Paese ne uscirebbe impoverito indipendentemente dai danni ambientali. Boitani/Ponti denunciano gravi lacune anche per l' affare del Ponte.

Ciampi diceva: "...non possiamo restar tagliati fuori dall' Europa...". Ma tutte le modalità di trasporto per la Francia sono lontanissime dalla saturazione. Dobbiamo spendere una valanga di miliardi sulla base delle enuciazioni retoriche alla Ciampi? Se le evidenze sono tanto visibili, cos' è tutta questa paura di tirar fuori un' analisi costi-benefici da sottoporre al giudizio di tutti?

C' è qualcosa da rinfacciare a Pecoraro? Se sì, ditemelo perchè mi sta antipatico e non vedo l' ora di castigarlo in qualche modo.

N.B. alle conclusioni di Perotti giunge anche Francesco Ramella (chicca: anche azzerando il traffico TIR per e verso la Francia le emissioni inquinanti calerebbero dell' 1% al prezzo, per il contribuente, di 16 miliardi di euro!).

giovedì 1 maggio 2008

Un paio di misteri petroliferi

Ma perchè il petrolio aumenta tanto di prezzo e la benzina tanto poco?

Semplice, siamo protetti dall' euro forte In più i nostri motori sono sempre più risparmiosi, merito dei vincoli ambientali.

Qui ci vuole un link, se lo dico io nessuno si fida.

Entrando lì dentro capirete anche perchè quando il prezzo del petrolio s' impenna, la benza subito si adegua felice; quando flette, cominciano i tentennamenti, le incertezze, le titubanze, eccetera. Insomma, il fenomeno razzi e piume, il fenomeno che viene sempre fuori al bar.

Teoria numero 1: speculazione cattiva da parte di gente avida. In effetti il mercato petrolifero non è libero e le distorsioni abbondano.

Teoria numero 2: poichè il trend dei prezzi viene giudicato in crescita, quando c' è un calo lo si battezza come contingente e temporaneo.

Verifiche: il trend è effettivamente in crescita. La cosa depone tremendamente a favore della seconda teoria.


Mercati alienanti e autosfruttamento

Il mercato produce alienazione, soprattutto in chi lo giudica.

Il metodo della concorrenza ha delle pretese e spesso fallisce non cavando un ragno dal buco. Ecco allora che partono le copiose critiche di chi non aspettava altro. Ma spesso per i motivi sbagliati. Non dico che non facciano centro, ma su un bersaglio diverso da quello mirato.

Esempio: si sente dire che la concorrenza è sempre al ribasso, che produce ineluttabilmente una sorta di "sfruttamento" del lavoratore.

Ora, nella nostra Italia dei piccoli e micro-imprenditori, questa storia dello "sfruttamento" suonava un po' comica. Così qualcuno ha pensato di pigiare sul pedale ed è arrivato, con la comica finale, un battutone a sigillo del cabaret: "auto-sfruttamento".

Giretto in bici per le strade del primo maggio nordista. Rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non danno tragua nè speranza.

Con tutti 'sti ponti non mi posso allontanare, siamo aperti e mi devo auto-sfruttare: il mercato ha fallito consegnandomi ad un destino cinico e baro.

No, una conclusione del genere non riesco a digerirla, preferisco la stoppa. Il mercato fallisce quando sfrutta il consumatore, non il produttore. Altrimenti, molto semplicemente, si giudica senza aver minimamente capito di cosa si parla.

D' altronde la logica che la produzione sia un mezzo e il consuno (godimento) un fine, mi sembra che fili, mi sembra destinata ad entrare in tutti i cervelli senza turbare le armonie celesti che regnano nella comune mente filosofica.

Sono contento di simpatizzare con un' idea che rispetta questa logica elementare. Peccato che molti giudici severi invece preferiscano invertirla.

Alienazione = invertire i fini con i mezzi. Ecco perchè il mercato produce alienazione... tra i suoi giudici. Perchè costoro hanno proceduto proprio con l' operazione di cui sopra.

Rettifica del bici-rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non dà tragua nè speranza. Miriadi di consumatori piacevolmente sorpresi delle ricche opportunità!

Il produttore produce (lavora), il consumatore consuma (gode). Il fallimento dove sta?

La concorrenza è al ribasso quando il consumatore chiede un ribasso. Magari non arriva a fine mese, oppure preferisce investire altrove e allora chiede un ribasso, lo desidera, lo agogna... e spesso, per fortuna, lo ottiene.

Ma se il consumatore esprime diverso orientamento, la concorrenza sarà al rialzo.

Facciamo il caso dei Mcdonald's nel mondo. Hanno arricchito parecchio la concorrenza nel mondo non occidentale. Quasi sempre al rialzo. Adrian E. Tschoegl ci ha dato dentro per dimostrarlo.

Una delle cose esportate con McDonald's, per esempio, è stata l' igiene nei locali pubblici. Successone:

"...McDonald’s emphasis on cleanliness, including or especially in restrooms, has led its competitors to upgrade their facilities. Before the first McDonald’s opened up in 1975, restrooms in Hong Kong’s restaurants were notoriously dirty (Watson 1997). Over time, competitors felt compelled to meet McDonald’s cleanliness standards. The same thing appears to be occurring in China (Watson 2000). In Korea, McDonald’s introduced the practice of lining up in an orderly fashion to order food; traditional practice was simply to crowd the counter, with success in ordering accruing to the most aggressive (Watson 2000). In the Philippines, Jollibee mimics McDonald's clean and well-lighted look..."

Evidentemente i consumatori volevano più igiene, sentivano di potersela permettere. E qualcuno gliel' ha fornita. Tutto cio' non è affatto scontato, il consumatore potrebbe anelare ad un maggior sudiciume se il compenso che ne ricava è adeguato.

Il consumatore come fine, nel mercato come nella vita. Tutto fila. Lasciamo i giudici alienati alle loro elucubrazioni e occupiamoci dei mille casi in cui la concorrenza s' impantana per seri intoppi. Quelli sì che sono fallimenti.