Un documentario di Archibugi e Cortelessa sul mondo letterario ed editoriale italiano.
PRIMA PARTE. Interviste alla kermesse mondana dello Strega.
In questi casi se la cava sempre meglio chi si rifugia nei pettegolezzi (i motivi triviali dell’ astio di Pasolini verso Fenoglio) o nei tecnicismi (chi raccomanda chi e il giochetto dei retroscena).
Il malcapitato che tenta per un attimo di stare all’ altezza del suo Pensiero intonando elucubrazioni apodittiche, stecca regolarmente.
Ma io sarei magnanimo: al cospetto dell’ Arte ci stai con nonchalance solo creandola o fruendola, due attività solipsistiche. E’ imbarazzante starci invece tutti ammassati, truccati, profumati, illuminati, con la flute in mano distribuendo buongiorno e buonasera a destra e a manca.
Almeno, non so voi, ma io già solo quando si accendono le luci alla fine di una proiezione o di un concerto mi sento come in mutande e con la voglia di parlare d’ altro.
SECONDA PARTE. La letteratura nell’ epoca della società commerciale.
Si sa, la società commerciale procede rapida per distruzioni creative e i “distrutti” la inseguono lamentandosi e invocando che “un altro mondo è possibile”.
Dato che domina meglio la lingua sembra quasi che il “libraio indipendente” abbia più ragioni del fruttivendolo (indipendente?) ma è solo un’ illusione ottica. Il secondo è messo peggio: neanche uno straccio di parlamentare che lotti contro il famigerato sconto sui peperoni dell’ Esselunga.
Il resto sono inconvenienti da crisi di abbondanza. Un genere di crisi che non impressiona moltissimo noi pendolari.
D’ altronde la società commerciale mette al centro il consumatore e l’ unica cosa sensata da chiedersi è se ci sia riuscita. Bè, vediamo, in fondo io sono un consumatore. Dunque, vent’ anni fa avevo una lista lunga da lì a lì di libri introvabili e sul comodino impolverato un libretto in seconda lettura pieno d’ orecchie. Oggi la lista è striminzita (giusto l’ Orcynus Orca di Stefano D’ Arrigo)e quelli che ieri sarebbero stati libri fantasma sono oggi libri in carta e ossa impilati sul comodino. Direi che la mia esperienza è positiva.
Con questo non voglio affermare di essere oggi un lettore più felice. Ma darei la colpa all’ età, non più incline all’ entusiasmo. Oppure all’ ingordigia. Oppure a filtri difettosi e da cambiare o manutenere. Insomma, dovrei lavorare meglio su di me e non tanto su quel sistema che ogni giorno stupisce per la prontezza con cui mi serve.
Penso che questa sia un esperienza comune in grado di condannare alla disoccupazione qualsiasi criticone sociale, almeno in questo campo. Ma è solo un attimo, poi si riprendono in mano i vecchi ferri del mestiere (concetti come “menti manipolabili”, “bisogni indotti”, “falsa coscienza”) e ci si accorge che il lavoro non mancherà mai.