Chi ha, dia a chi non ha. A orecchio suona bene.
Ma… ma.
Una domanda che faccio in tutta sincerità soprattutto a chi considera la famiglia il fulcro della società:
- ritenete voi auspicabile un decreto che costringa il fratello benestante a versare parte della sua ricchezza in favore del fratello meno abbiente?
Stabilire le “soglie” è presto fatto, non è quello il problema.
Ma al di là delle “soglie”, io prevedo che una legge del genere venga considerata “ripugnante” dalla maggioranza delle persone. Tanto è vero che non esiste e che nessuno si sogna di chiederla, neanche anche tra chi esalta la famiglia.
La domanda sorge spontanea: perché cio’ che non si ritiene debba valere tra fratelli poi si pretende debba valere tra sconosciuti?
Eppure noi tutti riteniamo che il vincolo familiare sia di gran lunga più impegnativo, tanto è vero che ogni giorno consideriamo accettabile lasciar morire molti sconosciuti che potremmo facilmente salvare, mentre saremmo orripilati se lo stesso atteggiamento ci fosse tra familiari.
Il mistero s’ infittisce.
Ma questo non è l’ unico paradosso del “ridistribuzionismo etico”.
Il “ridistribuzionista etico” predica il suo vangelo urbi et orbi, sembra che tenga tremendamente alla cosa, salvo poi scoprire che non si ritiene particolarmente impegnato a “ridistribuire” la sua ricchezza personale quanto quella altrui. Tanto è vero che mediamente è meno generoso del non-ridistribuzionista (link1 link2).
Come mai?
La matassa è ingarbugliata, provo a sbrogliarla con un esperimentino.
Pensiamo a una popolazione composta da quattro anime; le nomino in ordine di ricchezza: 1. Giovanni 2. Mauro 3. Luigi 4. Sandro.
Dovendo pescare tra costoro un soggetto con propensioni “ridistribuzioniste”, su chi cadrà la scelta dello scommettitore razionale che conosce la letteratura sull’ argomento?
Risposta ingenua: Sandro.
Risposta corretta: Mauro.
E dovendo invece pescare un acerrimo non-ridistribuzionista?
Risposta ingenua: Giovanni.
Risposta corretta: Luigi.
Già, su quattro elementi il più voglioso di trasferire ricchezza è il secondo e il più riluttante è il penultimo.
Poiché la ridistribuzione è un flusso di ricchezza che va innanzitutto da chi sta più in alto a chi sta più in basso, l’ invidia, molto più che la generosità, spiega l’ esito dell’ esperimento: il “secondo” di solito è animato da intenti punitivi nei confronti del “primo” mentre il “penultimo” teme di essere avvicinato dall’ “ultimo”.
Misteri e stranezze cominciano a dissolversi e i conti ora quadrano un po’ di più.