Ci sono mercati criminali la cui esistenza disturba, ma a volte la miglior soluzione per contenere l' effetto disturbante consiste nell' allargarli consentendo l' ingresso a tutti.
Mi vengono in mente, con un brivido, le aste che si tengono per certe bambine... ma ora, finalmente, l' ingresso è esteso anche ai buoni.
Qui le loro offerte. Fate in modo che fiocchino.
lunedì 31 gennaio 2011
Cosa c' è che non va con il principio di precauzione?
Innanzitutto è irrazionale.
Non solo, noi sapiamo bene anche il perchè: semplice status quo bias.
Andiamo avanti: è eticamente è inacettabile per un liberale visto che antepone la sicurezza (e quindi l' autorità) alla libertà. Il PP si adotta in condizioni d' incertezza, ovvero quando non è possibile provare in modo fondato nessuna tesi in campo. Ma l' onere della prova non spetta sempre a chi vuole imporsi con la violenza limitando le libertà altrui? Quindi...
Emergendo in situazioni difficilmente valutabili implica la regolazione di ambienti complessi, e sappiamo bene i problemi che comporta una simile ambizione.
Da ultimo, diciamolo francamente: c' è di meglio.
Insomma, cosa trascura il PP? Non considera che ogni successo umano è preceduto da fallimenti. Funziona così, purtroppo: chi non l' ha imparato è condannato a sparire insterilito dal PP o da similare fuffa.
http://www2.warwick.ac.uk/alumni/knowledge/themes/04/failure_opportunity/
Non solo, noi sapiamo bene anche il perchè: semplice status quo bias.
Andiamo avanti: è eticamente è inacettabile per un liberale visto che antepone la sicurezza (e quindi l' autorità) alla libertà. Il PP si adotta in condizioni d' incertezza, ovvero quando non è possibile provare in modo fondato nessuna tesi in campo. Ma l' onere della prova non spetta sempre a chi vuole imporsi con la violenza limitando le libertà altrui? Quindi...
Emergendo in situazioni difficilmente valutabili implica la regolazione di ambienti complessi, e sappiamo bene i problemi che comporta una simile ambizione.
Da ultimo, diciamolo francamente: c' è di meglio.
Insomma, cosa trascura il PP? Non considera che ogni successo umano è preceduto da fallimenti. Funziona così, purtroppo: chi non l' ha imparato è condannato a sparire insterilito dal PP o da similare fuffa.
http://www2.warwick.ac.uk/alumni/knowledge/themes/04/failure_opportunity/
Pagare o far pagare?
Abbiamo già incontrato Roland Fryer e sappiamo che le sue ricerche ruotano intorno alla domanda: pagare gli studenti migliora le loro prestazioni?
Non sembra ci siano risposte definitive in merito.
Le cose appaiono più chiare rettificando leggermente il tenore della domanda: far pagare gli studenti migliora le loro prestazioni? Ebbene:
... uno studio fatto su studenti dell'Università Bocconi dimostra che il rendimento degli studenti migliora, e di molto, quando aumentano le tasse universitarie pagate direttamente dalla famiglia dello studente stesso. Invece, quando le rette universitarie vengono pagate dal contribuente, gli incentivi degli studenti si annacquano assai...
La via da intraprendere adesso sembra più chiara.
Fonte:
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-01-28/disagio-figli-solo-colpa-084729.shtml?uuid=Aaqf1a3C&fromSearch
Non sembra ci siano risposte definitive in merito.
Le cose appaiono più chiare rettificando leggermente il tenore della domanda: far pagare gli studenti migliora le loro prestazioni? Ebbene:
... uno studio fatto su studenti dell'Università Bocconi dimostra che il rendimento degli studenti migliora, e di molto, quando aumentano le tasse universitarie pagate direttamente dalla famiglia dello studente stesso. Invece, quando le rette universitarie vengono pagate dal contribuente, gli incentivi degli studenti si annacquano assai...
La via da intraprendere adesso sembra più chiara.
Fonte:
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-01-28/disagio-figli-solo-colpa-084729.shtml?uuid=Aaqf1a3C&fromSearch
domenica 30 gennaio 2011
Immagini neuronali
Qual è l' osservazione che più di altre si è costretti a ripetere ossessivamente?
Candidata numero uno: sapere cosa accade nel cervello quando pensiamo non ci dice nulla sull' origine dei pensieri.
http://gisrael.blogspot.com/2011/02/se-la-morale-e-un-fatto-di-neuroni.html
Candidata numero uno: sapere cosa accade nel cervello quando pensiamo non ci dice nulla sull' origine dei pensieri.
http://gisrael.blogspot.com/2011/02/se-la-morale-e-un-fatto-di-neuroni.html
sabato 29 gennaio 2011
Meditazione libertaria sul Vangelo del 30.1.2011
Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 22-33
In quel tempo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio «una coppia di tortore o due giovani colombi», come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo / vada in pace, secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli: / luce per rivelarti alle genti / e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Oggi si celebra la Famiglia. La Chiesa ci spiega continuamente che la Famiglia è un' istituzione NATURALE.
Il non credente non capisce, ma che significa esattamente l' aggettivo "naturale"?
Risposta: significa che risponde al volere del Signore.
Ma una risposta del genere ha il solo effetto di troncare di botto ogni comunicazione con il non credente.
E allora, risposta alternativa: significa che è la soluzione oggettivamente più corretta al problema della convivenza umana.
Ma il non credente è scettico di fronte a giudizi di valore tanto drastici e, per lui, arbitrari.
Risposta conclusiva: è la soluzione ad un problema posto dalla natura.
La natura pone solo problemi complessi, ovvero problemi che contemplono soluzioni evolutive che coinvolgano una pluralità di intelligenze. Le soluzioni evolutive sono le "soluzione naturali" per eccellenza.
Adesso, finalmente, il non-credente non puo' far finta di non capire, ma puo' sempre obiettare: e dov' è mai il processo evolutivo che designa la Famiglia come soluzione naturale? Dov' è la selezione che filtra la pluralità dei competitori? e dove sono i candidati che ad essa si sottopongono? Io vedo solo un modello che, carico di privilegi, "concorre" in modo sleale.
Chi nega il valore della Famiglia, nega un valore prezioso e se ne assume le responsabilità; ma chi non facilità l' instaurazione di un processo evolutivo, chi nega la naturalità e quindi la competizione tra Famiglia Tradizionale e soluzioni alternative, oltre a testimoniare la sua scarsa fede nell' istituto, impedisce al non credente di trasformarsi in un Simeone entusiasta. E ne risponderà.
In quel tempo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio «una coppia di tortore o due giovani colombi», come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo / vada in pace, secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli: / luce per rivelarti alle genti / e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Oggi si celebra la Famiglia. La Chiesa ci spiega continuamente che la Famiglia è un' istituzione NATURALE.
Il non credente non capisce, ma che significa esattamente l' aggettivo "naturale"?
Risposta: significa che risponde al volere del Signore.
Ma una risposta del genere ha il solo effetto di troncare di botto ogni comunicazione con il non credente.
E allora, risposta alternativa: significa che è la soluzione oggettivamente più corretta al problema della convivenza umana.
Ma il non credente è scettico di fronte a giudizi di valore tanto drastici e, per lui, arbitrari.
Risposta conclusiva: è la soluzione ad un problema posto dalla natura.
La natura pone solo problemi complessi, ovvero problemi che contemplono soluzioni evolutive che coinvolgano una pluralità di intelligenze. Le soluzioni evolutive sono le "soluzione naturali" per eccellenza.
Adesso, finalmente, il non-credente non puo' far finta di non capire, ma puo' sempre obiettare: e dov' è mai il processo evolutivo che designa la Famiglia come soluzione naturale? Dov' è la selezione che filtra la pluralità dei competitori? e dove sono i candidati che ad essa si sottopongono? Io vedo solo un modello che, carico di privilegi, "concorre" in modo sleale.
Chi nega il valore della Famiglia, nega un valore prezioso e se ne assume le responsabilità; ma chi non facilità l' instaurazione di un processo evolutivo, chi nega la naturalità e quindi la competizione tra Famiglia Tradizionale e soluzioni alternative, oltre a testimoniare la sua scarsa fede nell' istituto, impedisce al non credente di trasformarsi in un Simeone entusiasta. E ne risponderà.
Smontando e rimontando che Mahler ti fo?
Sotto il patrocinio Deutsche Grammophon, l' acerrimo guastatore s' intrufola nella sinfonia per disseminare i suoi sabotaggi. Pentagrammi intocchi, armonie e melodie intatte, si lavora su contesto e orecchie dell' ascoltatore. Il capolavoro vibra in ambienti insoliti, a partire dal capanno svizzero in cui fu composto. La decima avvistata dietro schermi che la filtrano grazie ad una fantasmagoria di infidi pixel.
Gustav Mahler recomposed By Matthew Herbert - Symphonie No. 10 Philharmonia Orchestra-Giuseppe Sinopoli
http://www.goear.com/playlist.php?v=56acaca
Gustav Mahler recomposed By Matthew Herbert - Symphonie No. 10 Philharmonia Orchestra-Giuseppe Sinopoli
http://www.goear.com/playlist.php?v=56acaca
venerdì 28 gennaio 2011
Libertarianis A-Z: difesa nazionale
Anche un libertario deve arrendersi all’ evidenza che un bene come la difesa nazionale sia pubblico.
Cio’ non esclude una serie di problemi: l’ attacco preventivo fa parte della difesa? E la guerra umanitaria? Si tratta di guerre che hanno forti costi e deboli benefici, eppure sono molto popolari presso gli intellettuali più impegnati.
L' invasione delle Ultrapappe. Omaggio a Lars Hollmer.
Comunicare tradendosi
Incaponirsi sul sublime desensibilizza atrofizzando alla lunga gli organi del gusto.
Vale in qualsiasi campo delle arti, e con i libri è lo stesso. Sapendolo, questa settimana mi sono dedicato ad una lettura parallela che affiancasse alta letteratura (Katherine Mansfield - Racconti) a scritture popolari (Paul Young - Il rifigio).
Fresco di questa esperienza sono in condizioni favorevoli per pormi la solita domanda impossibile: cosa distingue la qualità?
1. Dunque... se Giovanni è succube di Giuseppe, la letteratura spiegata al popolo riferirà che "Giovanni è succube di Giuseppe", ne darà l' annuncio con proverbiali squilli di tromba, facendo calare la rivelazione dall' alto, incurante degli inestetismi di cotanta impalcatura. Il grande scrittore di solito non osa approcci tanto diretti, conosce le trappole sottese, ma soprattutto aborre gli inestetismi. Si limiterà a dire a mezza bocca, che so, che "Giovanni salutò Giuseppe con esagerata cordialità".
2. I romanzi popolari sono spesso romanzi "a tesi", nel caso in questione PY intende mostrare che "Dio è Amore" e che l' "Amore è Relazione". Per farlo si ritiene opportuno che in ogni pagina compaia almeno una volta la parloa Dio, o la parola Amore, o la parola Relazione. E sto parlando di 300 pagine. Evidentemente il lettore è per costoro uomo di dura cervice. Lo scrittore dal fiato corto lo riconosci perchè scrive sempre scortato dal dizionario dei sinonimi, crede di sopperire così alla flebile immaginazione. Ora, per quanto anche l' alta letteratura veicoli messaggi, questi sono lasciati trapelare dietro una cortina fumogena. Un racconto di KM, per esempio, fluttua su di noi come un' alga bellissima e strana, zeppa di segnali rigorosamente muti che incombono.
3. La prosa popolare oscilla tra lo sciatto e il brillante. Avete presente quel brillante che scoppietta come i pop corn nel micronde? Ma si, quella musichetta che, a saperla riprodurre, conferisce un successone nei social network! L' arte consapevole sa invece che nulla è più farraginoso di una prosa trapuntata di immagini brillanti e metafore spericolate. Sono orpelli che appesantiscono e slabbrano. Chissà che fatica rinvenire quelle strane e geniali similitudini messe lì per far sobbalzare il lettore (che dopo la seconda pagina non sobbalzerà più neanche se esposto ad un raudo). L' arte è spinta dal talento, le trovate estemporanee sono un carburante annacquato che sbiella i motori; un' arte saldamente ancorata alle sue radici non puo' offrirsi ostaggio di un' immaginazione ondivaga.
4. In un buon prodotto destinato ai non-lettori c' è sempre una solida storia: la curiosità di constatare "come finisce" deve essere distribuita lungo il libro in modo da compensare in ogni punto la fatica sovrumana di leggere la prosa scolastica di un tale che, siccome "andava bene" nei temi, si è improvvisato scrittore. Per l' alta letteratura non è esattamente così: se l' igombrante libro di Racconti della KM non sta nella ventiquattrore, non crucciatevi, potete a cuor leggero strappare alcune pagine, anche a caso, e metterle nella tasca interna della giacca; tirate fuori al momento opportuno sapranno riprodurre la magia di una scrittura autentica.
5. Nella storia di PY non c' è un cattivo, e questo è molto deludente nello specifico. Più in generale direi che la letteratura di serie B fallisce spesso quando si tratta di distribuire vizi e virtù tra i personaggi; è letteralmente incapace se chiamata ad una simile impresa: tende a polarizzare. La polarizzazione impoverisce il lessico, purtroppo per chi ha un lessico povero non ci sono alternative: chi non ha un lessico non se lo puo' dare. Quanta equanimità invece nel lavoro distributivo del grande letterato! Anche il personaggio più edificante verrà deturbato da imperfezioni che agiranno come tarli implacabili nel corso della narrazione, anche il personaggio più turpe avrà un gesto, una parola che aprirà il cuore facendo breccia in modo inatteso nell' empatia del lettore. Male e bene sono infiltrati nella fibra più intima di questi mondi magistralmente ricreati.
6. Nel racconto di PY, Mack incontrerà Dio nel Rifugio; questo Dio è impersonato da un donnone gioviale che gli spiegherà tutti i misteri della vita. Il poveretto passerà intere pagine in bagno a chiedersi se è preda di allucinazioni o qualcosa del genere. Ma noi sappiamo che l' ipotesi è da scartare, noi sappiamo infatti che Mack è un buon padre, un buon marito, un buon lavoratore, un buon amico... un "buon" tutto; Mack, temprato dalla sofferenza, è diventato buono (anche se ancora non si è convertito). Mack è dunque persona affidabile, noi lo conosciamo, noi lo sappiamo perchè ce l' ha detto solennemente nella prefazione quel padreterno dell' Autore. Nell' alta letteratura non disponiamo di padreterni in vena di confidenze con il lettore, nella Letteratura con l' "elle" maiuscola è difficile trovare "persone affidabili" essendo l' arte infida per definizione: ad ogni passo può scattare una trappola. I personaggi di KM sono trafitti da microallucinazioni continue e di sicuro non si chiederanno mai "se sono in preda a delirio"! Costoro sono sia i "mandanti" che i "riceventi" della visione. Ogni protagonista è inesorabilmente isolato dalle sue proiezioni senza possibilità di osmosi con il mondo del prossimo. Noi stessi annaspiamo incapaci di discernere esattamente la realtà dai giochi capricciosi del linguaggio. Nel didascalico incipit di un capitoletto assistiamo ad una conversazione tra signore londinesi, si parla del carovita e di problemi di salute. Solo a pagina inoltrata sospettiamo e poi scopriamo che quelle strane parole un po' troppo stereotipate sono in bocca a bambinette che in un giardino del countryside inglese giocano vezzose "alle signore di città" ripetendo a pappagallo brandelli di discorsi orecchiati. Lo spiazzamento che sentiamo ci fa toccare con mano la potenza sviante di una letteratura in grado di sottrarre terra ai nostri piedi barcollanti.
7. Se Mack ha in mente qualcosa ed intende dirla, mette giù i suoi bravi due punti, apre le sue virgolette e la dice come dio comanda, cosicchè possiamo saperlo anche noi: è così naturale che una persona dica quello che pensa! Così naturale che non ci viene neanche in mente che non funziona così. Per fortuna i grandi artisti lo sanno a memoria. Le donnine di KM non ci comunicano le cose "dicendole" ma "tradendosi". L' entità della disperazione economica di Ada Moss noi non la conosciamo perchè ci viene riferita tramite l' illustrazione di un Profitti e Perdite ma la desumiamo dal lavorio alacre con cui Ada minimizza tutto e tira avanti. Non ci sono diagnosi che ci raccontano l' instabilità di Bertha, solo la sua immotivata voglia di correre anzichè camminare, solo quella strana felicità che la imprigiona fino a soffocarla. Poichè Bertha si pensa sulla cima di una vetta aguzza, intuiamo che qualsiasi sviluppo della sua condizione implicherà una forma di capitombolo. Ogni autentico personaggio letterario è muto, comunica solo tradendosi e i "due punti" non sa neanche cosa siano.
8. Se il libro ha in epigrafe i versi di un cantautore, magari Bruce Cockbourn, trattasi di libro da treno (purchè diretto e a breve percorrenza).
Katherine Mansfield - Felicità
Paul Young - Il Rifugio
Vale in qualsiasi campo delle arti, e con i libri è lo stesso. Sapendolo, questa settimana mi sono dedicato ad una lettura parallela che affiancasse alta letteratura (Katherine Mansfield - Racconti) a scritture popolari (Paul Young - Il rifigio).
Fresco di questa esperienza sono in condizioni favorevoli per pormi la solita domanda impossibile: cosa distingue la qualità?
1. Dunque... se Giovanni è succube di Giuseppe, la letteratura spiegata al popolo riferirà che "Giovanni è succube di Giuseppe", ne darà l' annuncio con proverbiali squilli di tromba, facendo calare la rivelazione dall' alto, incurante degli inestetismi di cotanta impalcatura. Il grande scrittore di solito non osa approcci tanto diretti, conosce le trappole sottese, ma soprattutto aborre gli inestetismi. Si limiterà a dire a mezza bocca, che so, che "Giovanni salutò Giuseppe con esagerata cordialità".
2. I romanzi popolari sono spesso romanzi "a tesi", nel caso in questione PY intende mostrare che "Dio è Amore" e che l' "Amore è Relazione". Per farlo si ritiene opportuno che in ogni pagina compaia almeno una volta la parloa Dio, o la parola Amore, o la parola Relazione. E sto parlando di 300 pagine. Evidentemente il lettore è per costoro uomo di dura cervice. Lo scrittore dal fiato corto lo riconosci perchè scrive sempre scortato dal dizionario dei sinonimi, crede di sopperire così alla flebile immaginazione. Ora, per quanto anche l' alta letteratura veicoli messaggi, questi sono lasciati trapelare dietro una cortina fumogena. Un racconto di KM, per esempio, fluttua su di noi come un' alga bellissima e strana, zeppa di segnali rigorosamente muti che incombono.
3. La prosa popolare oscilla tra lo sciatto e il brillante. Avete presente quel brillante che scoppietta come i pop corn nel micronde? Ma si, quella musichetta che, a saperla riprodurre, conferisce un successone nei social network! L' arte consapevole sa invece che nulla è più farraginoso di una prosa trapuntata di immagini brillanti e metafore spericolate. Sono orpelli che appesantiscono e slabbrano. Chissà che fatica rinvenire quelle strane e geniali similitudini messe lì per far sobbalzare il lettore (che dopo la seconda pagina non sobbalzerà più neanche se esposto ad un raudo). L' arte è spinta dal talento, le trovate estemporanee sono un carburante annacquato che sbiella i motori; un' arte saldamente ancorata alle sue radici non puo' offrirsi ostaggio di un' immaginazione ondivaga.
4. In un buon prodotto destinato ai non-lettori c' è sempre una solida storia: la curiosità di constatare "come finisce" deve essere distribuita lungo il libro in modo da compensare in ogni punto la fatica sovrumana di leggere la prosa scolastica di un tale che, siccome "andava bene" nei temi, si è improvvisato scrittore. Per l' alta letteratura non è esattamente così: se l' igombrante libro di Racconti della KM non sta nella ventiquattrore, non crucciatevi, potete a cuor leggero strappare alcune pagine, anche a caso, e metterle nella tasca interna della giacca; tirate fuori al momento opportuno sapranno riprodurre la magia di una scrittura autentica.
5. Nella storia di PY non c' è un cattivo, e questo è molto deludente nello specifico. Più in generale direi che la letteratura di serie B fallisce spesso quando si tratta di distribuire vizi e virtù tra i personaggi; è letteralmente incapace se chiamata ad una simile impresa: tende a polarizzare. La polarizzazione impoverisce il lessico, purtroppo per chi ha un lessico povero non ci sono alternative: chi non ha un lessico non se lo puo' dare. Quanta equanimità invece nel lavoro distributivo del grande letterato! Anche il personaggio più edificante verrà deturbato da imperfezioni che agiranno come tarli implacabili nel corso della narrazione, anche il personaggio più turpe avrà un gesto, una parola che aprirà il cuore facendo breccia in modo inatteso nell' empatia del lettore. Male e bene sono infiltrati nella fibra più intima di questi mondi magistralmente ricreati.
6. Nel racconto di PY, Mack incontrerà Dio nel Rifugio; questo Dio è impersonato da un donnone gioviale che gli spiegherà tutti i misteri della vita. Il poveretto passerà intere pagine in bagno a chiedersi se è preda di allucinazioni o qualcosa del genere. Ma noi sappiamo che l' ipotesi è da scartare, noi sappiamo infatti che Mack è un buon padre, un buon marito, un buon lavoratore, un buon amico... un "buon" tutto; Mack, temprato dalla sofferenza, è diventato buono (anche se ancora non si è convertito). Mack è dunque persona affidabile, noi lo conosciamo, noi lo sappiamo perchè ce l' ha detto solennemente nella prefazione quel padreterno dell' Autore. Nell' alta letteratura non disponiamo di padreterni in vena di confidenze con il lettore, nella Letteratura con l' "elle" maiuscola è difficile trovare "persone affidabili" essendo l' arte infida per definizione: ad ogni passo può scattare una trappola. I personaggi di KM sono trafitti da microallucinazioni continue e di sicuro non si chiederanno mai "se sono in preda a delirio"! Costoro sono sia i "mandanti" che i "riceventi" della visione. Ogni protagonista è inesorabilmente isolato dalle sue proiezioni senza possibilità di osmosi con il mondo del prossimo. Noi stessi annaspiamo incapaci di discernere esattamente la realtà dai giochi capricciosi del linguaggio. Nel didascalico incipit di un capitoletto assistiamo ad una conversazione tra signore londinesi, si parla del carovita e di problemi di salute. Solo a pagina inoltrata sospettiamo e poi scopriamo che quelle strane parole un po' troppo stereotipate sono in bocca a bambinette che in un giardino del countryside inglese giocano vezzose "alle signore di città" ripetendo a pappagallo brandelli di discorsi orecchiati. Lo spiazzamento che sentiamo ci fa toccare con mano la potenza sviante di una letteratura in grado di sottrarre terra ai nostri piedi barcollanti.
7. Se Mack ha in mente qualcosa ed intende dirla, mette giù i suoi bravi due punti, apre le sue virgolette e la dice come dio comanda, cosicchè possiamo saperlo anche noi: è così naturale che una persona dica quello che pensa! Così naturale che non ci viene neanche in mente che non funziona così. Per fortuna i grandi artisti lo sanno a memoria. Le donnine di KM non ci comunicano le cose "dicendole" ma "tradendosi". L' entità della disperazione economica di Ada Moss noi non la conosciamo perchè ci viene riferita tramite l' illustrazione di un Profitti e Perdite ma la desumiamo dal lavorio alacre con cui Ada minimizza tutto e tira avanti. Non ci sono diagnosi che ci raccontano l' instabilità di Bertha, solo la sua immotivata voglia di correre anzichè camminare, solo quella strana felicità che la imprigiona fino a soffocarla. Poichè Bertha si pensa sulla cima di una vetta aguzza, intuiamo che qualsiasi sviluppo della sua condizione implicherà una forma di capitombolo. Ogni autentico personaggio letterario è muto, comunica solo tradendosi e i "due punti" non sa neanche cosa siano.
8. Se il libro ha in epigrafe i versi di un cantautore, magari Bruce Cockbourn, trattasi di libro da treno (purchè diretto e a breve percorrenza).
Katherine Mansfield - Felicità
Paul Young - Il Rifugio
giovedì 27 gennaio 2011
Tagliare la spesa
Big Government, slow growth...
Altro che Svezia e Svezia...
http://www.ifn.se/web/858.aspx
Altro che Svezia e Svezia...
http://www.ifn.se/web/858.aspx
Meditazioni libertarie sul Vangelo del 23.1.2011
Vangelo secondo Luca 9, 10b-17
In quel tempo. Il Signore Gesù prese i suoi discepoli con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Il pretino sul pulpito alla messa delle 10.00 nella Basilica di San Vittore a Varese ha voce giovanile e squillante, mi piace. Ma l' altra domenica secondo me non ha imbroccato la predica insistendo sul fatto che dobbiamo "dare tutto noi stessi" agli altri nel momento del bisogno.
Nulla da eccepire, ma qui Luca racconta un' altra storia: Gesù non dà se stesso ma moltiplica ex nhilo le risorse materiali e le distribuisce.
D' accordo, qualcuno dirà, ma Gesù ha il potere del miracolo che gli consente di moltiplicare dal nulla pani e pesci; l' insegnamento all' uomo, che non ha di questi poteri, deve necessariamente risiedere altrove.
Errato! Anche l' uomo ha il potere di moltiplicare le risorse dal nulla, esiste infatti un miracolo profano che si chiama "scambio".
In quel tempo. Il Signore Gesù prese i suoi discepoli con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Il pretino sul pulpito alla messa delle 10.00 nella Basilica di San Vittore a Varese ha voce giovanile e squillante, mi piace. Ma l' altra domenica secondo me non ha imbroccato la predica insistendo sul fatto che dobbiamo "dare tutto noi stessi" agli altri nel momento del bisogno.
Nulla da eccepire, ma qui Luca racconta un' altra storia: Gesù non dà se stesso ma moltiplica ex nhilo le risorse materiali e le distribuisce.
D' accordo, qualcuno dirà, ma Gesù ha il potere del miracolo che gli consente di moltiplicare dal nulla pani e pesci; l' insegnamento all' uomo, che non ha di questi poteri, deve necessariamente risiedere altrove.
Errato! Anche l' uomo ha il potere di moltiplicare le risorse dal nulla, esiste infatti un miracolo profano che si chiama "scambio".
mercoledì 26 gennaio 2011
L' osservazione fatta sul metodo "berlusconiano" in fondo mi sembra estensibile un po' a tutto lo spettro politico: se devo pensare ad un' espressione il cui senso è evaporato per l' uso compulsivo che ne è stato fatto mi viene in mente "conflitto d' interessi".
E poi un arsenale di 5 argomenti - per la telerissa italica - è un piatto ricco.
E se usciamo dall' Italia la sloganistica è martellante. L' "I care" di Obama suona ancora alle mie orecchie come un corpo contundente.
Non sarà un caso se argomenti simili sono il piatto forte non di chi critica questo o quello ma di chi critica la democrazia. L' illustre tradizione italiana del pensiero elitista (che va da Mosca a Pareto) segnalava l' ineludibile consanguineità che unisce Democrazia e Propaganda: necessità di convincere e disinteresse generalizzato istituivano per questi studiosi un legame inestricabile.
E poi un arsenale di 5 argomenti - per la telerissa italica - è un piatto ricco.
E se usciamo dall' Italia la sloganistica è martellante. L' "I care" di Obama suona ancora alle mie orecchie come un corpo contundente.
Non sarà un caso se argomenti simili sono il piatto forte non di chi critica questo o quello ma di chi critica la democrazia. L' illustre tradizione italiana del pensiero elitista (che va da Mosca a Pareto) segnalava l' ineludibile consanguineità che unisce Democrazia e Propaganda: necessità di convincere e disinteresse generalizzato istituivano per questi studiosi un legame inestricabile.
Scegli il tuo Persuasore Occulto preferito
Tutto il giorno attaccati alla TV e un cervello che va in pappa, ma la cosa peggiore - dirà qualcuno che mi sembra già di sentire - è che proprio da lì assumono passivamente i loro modelli.
Prima osservazione: se le idee non le prendono da lì, le prenderanno altrove.
Nell' ammollare Modelli a questa massa di cervelli amorfi, ci sono diversi agguerriti "operatori" in febbrile concorrenza (preti di ogni religione, sette, guru, gang, burocrati, mio cuggino...) ma oggi il più temibile competitore della Pubblicità è il Pedagogo (o Insegnante). Lo trovi sempre in prima fila ansioso di "forgiare" il Futuro della Società.
Nel valutare questa figura dobbiamo andare con i piedi di piompo perchè siamo pieni di pregiudizi (favorevoli) nei suoi confronti. Per quanto lui si lamenti la Pubblicità più o meno occulta della società dei consumi lo esalta, soprattutto agli occhi di noi genitori (vedi P.S. 3).
Come impostare una sinossi fruttuosa della tematica? Volendo fare un' introduzione lunga un rigo all' analisi possibile, direi che ogni Modello inoculato nelle tenere menti puo' creare Indifferenza, Frustrazione e Felicità.
La pubblicità commerciale rifugge dall' Indifferenza, teme la Frustrazione (anticamera possibile dell' indifferenza) e, per fidelizzare i suoi clienti, auspica sopra ogni cosa Felicità per tutti.
L' Insegnante, invece, non ha di queste remore e puo' con animo pacificato proporre come Modello anche quello inarrivabile dello "Studioso caparbio che giunge fino al premio Nobel" pur conscio che così facendo, qualora avesse successo, spargerà ovunque intorno a sè una marea di Frustrazione e Indifferenza.
Detto in altri termini: alcuni modelli sembrano piuttosto squallidi, ma la grande maggioranza della nostra gioventù non ha speranza di mietere altrove le proprie piccole soddisfazioni. Alzare il livello creerebbe frustrazione e i primi a non volersi convincere di cio' sono certi genitori troppo ambiziosi.
Già solo dall' impostazione del problema si capisce come le cose siano più complicate del previsto.
Ad ogni modo il dibattito è aperto: Ads bias contro Teaching bias.
Ognuno è libero di partecipare, purchè lo faccia rimuovendo sin da subito almeno due pregiudizi:
1. I soldi non danno la felicità. - Sappiamo che le cose non stanno esattamente così.
2. Gli stereotipi - che la pubblicità ammanisce a go go - sono dannosi. - Se basta il buon senso a dirci che gli stereotipi possono essere utili, la ricerca sul campo aggiunge un po' a sorpresa che gli stereotipi prodotti dalla società consumista sono molto "accurati".
P.S. 1 Nel giudizio dobbiamo prescindere dall' ampiezza del gruppo dei fruitori: è ovvio che un messaggio su misura sia più accurato di un messaggio per la massa.
P.S. 2 Nel giudizio si tenga presente che la scolarità è molto debolmente collegata con "progresso intellettuale" e "abilità" dei soggetti che fruiscono di quei servizi.
P.S. 3 L' alta scolarità produce per contro "bromuro sociale", ovvero una massa di giovani più rispettosa, gentile e controllabile. Cio' piace ai governi che pubblicizzano molto la scuola: anche per questo molti si sorprendono ricordando i fatti di cui al p.s. 2.
P.S. 4 Integro ed esprimo il p.s. 2 in modo più vivido. Ve lo ricordate il paradosso dell' acqua e del diamante?: l' acqua è preziosa ma non costa nulla, il diamante è inutile ma costa un occhio della testa. La scuola incarna queste due merci: l' istruzione di base è essenziale ma basta poco (anche una TV) per ottenerla, non ha senso preoccuparsene vista l' abbondanza delle fonti a cui possiamo attingere; l' istruzione superiore è come i brand più prestigiosi: esclusiva e costosa ma poco più di un orpello se si valuta il progresso intellettuale che conferisce ai suoi fruitori.
P.S. 5 Una valutazione generale sul tema trattato puo' essere facilitata avendo in testa una teoria della pubblicità. Qui le 5 più comuni.
Prima osservazione: se le idee non le prendono da lì, le prenderanno altrove.
Nell' ammollare Modelli a questa massa di cervelli amorfi, ci sono diversi agguerriti "operatori" in febbrile concorrenza (preti di ogni religione, sette, guru, gang, burocrati, mio cuggino...) ma oggi il più temibile competitore della Pubblicità è il Pedagogo (o Insegnante). Lo trovi sempre in prima fila ansioso di "forgiare" il Futuro della Società.
Nel valutare questa figura dobbiamo andare con i piedi di piompo perchè siamo pieni di pregiudizi (favorevoli) nei suoi confronti. Per quanto lui si lamenti la Pubblicità più o meno occulta della società dei consumi lo esalta, soprattutto agli occhi di noi genitori (vedi P.S. 3).
Come impostare una sinossi fruttuosa della tematica? Volendo fare un' introduzione lunga un rigo all' analisi possibile, direi che ogni Modello inoculato nelle tenere menti puo' creare Indifferenza, Frustrazione e Felicità.
La pubblicità commerciale rifugge dall' Indifferenza, teme la Frustrazione (anticamera possibile dell' indifferenza) e, per fidelizzare i suoi clienti, auspica sopra ogni cosa Felicità per tutti.
L' Insegnante, invece, non ha di queste remore e puo' con animo pacificato proporre come Modello anche quello inarrivabile dello "Studioso caparbio che giunge fino al premio Nobel" pur conscio che così facendo, qualora avesse successo, spargerà ovunque intorno a sè una marea di Frustrazione e Indifferenza.
Detto in altri termini: alcuni modelli sembrano piuttosto squallidi, ma la grande maggioranza della nostra gioventù non ha speranza di mietere altrove le proprie piccole soddisfazioni. Alzare il livello creerebbe frustrazione e i primi a non volersi convincere di cio' sono certi genitori troppo ambiziosi.
Già solo dall' impostazione del problema si capisce come le cose siano più complicate del previsto.
Ad ogni modo il dibattito è aperto: Ads bias contro Teaching bias.
Ognuno è libero di partecipare, purchè lo faccia rimuovendo sin da subito almeno due pregiudizi:
1. I soldi non danno la felicità. - Sappiamo che le cose non stanno esattamente così.
2. Gli stereotipi - che la pubblicità ammanisce a go go - sono dannosi. - Se basta il buon senso a dirci che gli stereotipi possono essere utili, la ricerca sul campo aggiunge un po' a sorpresa che gli stereotipi prodotti dalla società consumista sono molto "accurati".
P.S. 1 Nel giudizio dobbiamo prescindere dall' ampiezza del gruppo dei fruitori: è ovvio che un messaggio su misura sia più accurato di un messaggio per la massa.
P.S. 2 Nel giudizio si tenga presente che la scolarità è molto debolmente collegata con "progresso intellettuale" e "abilità" dei soggetti che fruiscono di quei servizi.
P.S. 3 L' alta scolarità produce per contro "bromuro sociale", ovvero una massa di giovani più rispettosa, gentile e controllabile. Cio' piace ai governi che pubblicizzano molto la scuola: anche per questo molti si sorprendono ricordando i fatti di cui al p.s. 2.
P.S. 4 Integro ed esprimo il p.s. 2 in modo più vivido. Ve lo ricordate il paradosso dell' acqua e del diamante?: l' acqua è preziosa ma non costa nulla, il diamante è inutile ma costa un occhio della testa. La scuola incarna queste due merci: l' istruzione di base è essenziale ma basta poco (anche una TV) per ottenerla, non ha senso preoccuparsene vista l' abbondanza delle fonti a cui possiamo attingere; l' istruzione superiore è come i brand più prestigiosi: esclusiva e costosa ma poco più di un orpello se si valuta il progresso intellettuale che conferisce ai suoi fruitori.
P.S. 5 Una valutazione generale sul tema trattato puo' essere facilitata avendo in testa una teoria della pubblicità. Qui le 5 più comuni.
Un male non necessario
Si parla di copyright e brevetti:
Since there is no evidence that intellectual monopoly
achieves the desired purpose of increasing innovation and creation,
it has no benefits. So there is no need for society to balance the
benefits against the costs. This leads us to our final conclusion:
intellectual property is an unnecessary evil.
http://www.micheleboldrin.com/research/aim.html
Since there is no evidence that intellectual monopoly
achieves the desired purpose of increasing innovation and creation,
it has no benefits. So there is no need for society to balance the
benefits against the costs. This leads us to our final conclusion:
intellectual property is an unnecessary evil.
http://www.micheleboldrin.com/research/aim.html
Salviamo il berlusconismo!
Almeno la parte sana. E' un grido che si leva anche a sinistra.
Ma in cosa consiste?
Ecco i 4 punti individuati dall' ex senatore PD De Benedetti:
... il berlusconismo consiste anche in un generico ripudio dello statalismo, residuo della breve infatuazione liberale del 1994... una televisione privata contraltare di quella pubblica, quella sì giudicata cattiva maestra... la fiducia che chi si trova in conflitto di interessi sappia meglio difendere gli interessi degli individui contro il prevaricare dello stato... Berlusconi non ha ridotto la pressione fiscale, ma gli italiani si sentono capiti quando riconosce le ragioni di chi cerca di pagare meno tasse... e anche nella vicenda Mirafiori, dubitano che in un altro clima politico Marchionne sarebbe riuscito a prevalere sul blocco centralista dei rappresentanti delle ”parti sociali”... in questo nucleo valoriale la questione giudiziaria occupa un posto centrale. La battaglia per ridefinire i rapporti dell’ordine giudiziario con il potere politico percorre tutta la storia del berlusconismo: dal 1994, con l’ingiunzione di Caserta in pieno G7, al tentativo della Bicamerale, alle “persecuzioni” che il Cavaliere non manca di elencare, fino a quella di questi giorni, che, emblematicamente, potrebbe essere la sua battaglia finale. Come nei casi del falso in bilancio, o dell’informazione, o del fisco, gli interessi personali di Berlusconi appaiono allineati con interessi generali...
http://www.francodebenedetti.it/salvare-il-berlusconismo-da-silvio/
Ma in cosa consiste?
Ecco i 4 punti individuati dall' ex senatore PD De Benedetti:
... il berlusconismo consiste anche in un generico ripudio dello statalismo, residuo della breve infatuazione liberale del 1994... una televisione privata contraltare di quella pubblica, quella sì giudicata cattiva maestra... la fiducia che chi si trova in conflitto di interessi sappia meglio difendere gli interessi degli individui contro il prevaricare dello stato... Berlusconi non ha ridotto la pressione fiscale, ma gli italiani si sentono capiti quando riconosce le ragioni di chi cerca di pagare meno tasse... e anche nella vicenda Mirafiori, dubitano che in un altro clima politico Marchionne sarebbe riuscito a prevalere sul blocco centralista dei rappresentanti delle ”parti sociali”... in questo nucleo valoriale la questione giudiziaria occupa un posto centrale. La battaglia per ridefinire i rapporti dell’ordine giudiziario con il potere politico percorre tutta la storia del berlusconismo: dal 1994, con l’ingiunzione di Caserta in pieno G7, al tentativo della Bicamerale, alle “persecuzioni” che il Cavaliere non manca di elencare, fino a quella di questi giorni, che, emblematicamente, potrebbe essere la sua battaglia finale. Come nei casi del falso in bilancio, o dell’informazione, o del fisco, gli interessi personali di Berlusconi appaiono allineati con interessi generali...
http://www.francodebenedetti.it/salvare-il-berlusconismo-da-silvio/
lunedì 24 gennaio 2011
Tre pregiudizi sul welfare
Ci si sgola per spiegare che dobbiamo affrontare la nostra crisi di bilancio senza toccare il welfare.
Eppure i fatti parlano chiaro: il modo più efficace per ridurre il debito, se non l' unico, consiste nel tagliare il welfare:
By Andrew G. Biggs, Kevin A. Hassett, Matt Jensen
Most developed countries face the need for significant policy changes to balance their budgets over the long run. Yet there is significant disagreement in the literature concerning the identification and impact of successful fiscal consolidations. In this paper, we explore the impact that differing assumptions and methodologies have on conclusions, and derive bounds across specifications that can be used by policymakers in designing their own reforms. Using cyclically adjusted panel data for select OECD countries from 1970-2007, we explore how the compositions of successful and unsuccessful consolidations differ for varying definitions of success. While conclusions about the growth impact of reforms vary depending on methodology, we find that there is much less disagreement concerning composition. Specifically, we find strong evidence that expenditure cuts outweigh revenue increases in successful consolidations. We also find evidence that the type of the spending cuts is an important determinant of success, as is the type of tax increases. We use these results as a guide, and discuss specific proposals for reducing the United States' deficit that draw on the lessons from past consolidations.
Non manca mai poi chi chiede una maggiore spesa governativa per consentire alle donna una partecipazione al lavoro più consistente.
Se da noi è tanto bassa, si dice, lo si deve anche a carenze nei servizi di welfare offerti.
A costoro bisognerebbe ricordare che l' aumento dell' occupazione femminile ha sempre preceduto l' eventuale incremento nella spesa per servizi sociali che, evidentemente, non ne è la causa.
Tiago Cavalcanti & José Tavares
Economic Inquiry, January 2011, Pages 155–171
Abstract: The increase in income per capita is accompanied, in virtually all countries, by two changes in economic structure: the increase in the share of government spending in gross domestic product (GDP), and the increase in female labor force participation. We argue that these two changes are causally related. We develop a growth model based on Galor and Weil (1996) where female participation in market activities, fertility, and government size, in addition to consumption and saving, is endogenously determined. Rising incomes lead to a rise in female labor force participation as the opportunity cost of staying at home and caring for the children increases. In our model, higher government spending decreases the cost of performing household chores, including, but not limited to, child rearing and child
care, as in Rosen (1996). We also use a wide cross-section of data for developed and developing countries and show that higher market participation by women is positively and robustly associated with government size. We then investigate the causal link between participation and government size using a novel unique data set that allows the use of the relative price of productive home appliances as an instrumental variable. We find strong evidence of a causal link between female market participation and government size
Altri dicono che dobbiamo aumentare il nostro welfare per "includere", tutto cio' avrebbe l' auspicabile effetto di iniettare fiducia nel sistema. Ma i fatti dicono che il nesso di casualità va in senso inverso e che il welfare è un frutto dell' alta fiducia che circola nella società.
Andreas Bergh & Christian Bjørnskov
Kyklos, February 2011, Pages 1–19
Abstract: Despite the fact that large welfare states are vulnerable to free-riding,
the idea that universal welfare states lead to higher trust levels in the population has received some attention and support among political scientists recently. This paper argues that the opposite direction of causality is more plausible, i.e. that populations with higher trust levels are more prone to creating and successfully maintaining universal welfare states with high levels of taxation where publicly financed social insurance schemes. The hypothesis is tested using instrumental variable techniques to infer variations in trust levels that pre-date current welfare states, and then using the variation in historical trust levels to explain the current size and design of the welfare state, and finally comparing the explanatory power of trust to other potential explanatory factors such as left-right
ideology and economic openness. To infer variation about historical trust levels, we use three instruments, all used previously in the trust literature: the grammatical rule allowing pronoun-drop, average temperature in the coldest month and a dummy for constitutional monarchies. Using cross-sectional data for 77 countries, we show that these instruments are valid and that countries with higher historical trust levels have significantly higher public expenditure as a share of GDP and also have more
regulatory freedom. This finding is robust to controlling for several other potential explanations of welfare state size.
http://www.aei.org/paper/100179
http://mungowitzend.blogspot.com/2011/01/women-cant-live-with-em-cant-live.html
Eppure i fatti parlano chiaro: il modo più efficace per ridurre il debito, se non l' unico, consiste nel tagliare il welfare:
By Andrew G. Biggs, Kevin A. Hassett, Matt Jensen
Most developed countries face the need for significant policy changes to balance their budgets over the long run. Yet there is significant disagreement in the literature concerning the identification and impact of successful fiscal consolidations. In this paper, we explore the impact that differing assumptions and methodologies have on conclusions, and derive bounds across specifications that can be used by policymakers in designing their own reforms. Using cyclically adjusted panel data for select OECD countries from 1970-2007, we explore how the compositions of successful and unsuccessful consolidations differ for varying definitions of success. While conclusions about the growth impact of reforms vary depending on methodology, we find that there is much less disagreement concerning composition. Specifically, we find strong evidence that expenditure cuts outweigh revenue increases in successful consolidations. We also find evidence that the type of the spending cuts is an important determinant of success, as is the type of tax increases. We use these results as a guide, and discuss specific proposals for reducing the United States' deficit that draw on the lessons from past consolidations.
Non manca mai poi chi chiede una maggiore spesa governativa per consentire alle donna una partecipazione al lavoro più consistente.
Se da noi è tanto bassa, si dice, lo si deve anche a carenze nei servizi di welfare offerti.
A costoro bisognerebbe ricordare che l' aumento dell' occupazione femminile ha sempre preceduto l' eventuale incremento nella spesa per servizi sociali che, evidentemente, non ne è la causa.
Tiago Cavalcanti & José Tavares
Economic Inquiry, January 2011, Pages 155–171
Abstract: The increase in income per capita is accompanied, in virtually all countries, by two changes in economic structure: the increase in the share of government spending in gross domestic product (GDP), and the increase in female labor force participation. We argue that these two changes are causally related. We develop a growth model based on Galor and Weil (1996) where female participation in market activities, fertility, and government size, in addition to consumption and saving, is endogenously determined. Rising incomes lead to a rise in female labor force participation as the opportunity cost of staying at home and caring for the children increases. In our model, higher government spending decreases the cost of performing household chores, including, but not limited to, child rearing and child
care, as in Rosen (1996). We also use a wide cross-section of data for developed and developing countries and show that higher market participation by women is positively and robustly associated with government size. We then investigate the causal link between participation and government size using a novel unique data set that allows the use of the relative price of productive home appliances as an instrumental variable. We find strong evidence of a causal link between female market participation and government size
Altri dicono che dobbiamo aumentare il nostro welfare per "includere", tutto cio' avrebbe l' auspicabile effetto di iniettare fiducia nel sistema. Ma i fatti dicono che il nesso di casualità va in senso inverso e che il welfare è un frutto dell' alta fiducia che circola nella società.
Andreas Bergh & Christian Bjørnskov
Kyklos, February 2011, Pages 1–19
Abstract: Despite the fact that large welfare states are vulnerable to free-riding,
the idea that universal welfare states lead to higher trust levels in the population has received some attention and support among political scientists recently. This paper argues that the opposite direction of causality is more plausible, i.e. that populations with higher trust levels are more prone to creating and successfully maintaining universal welfare states with high levels of taxation where publicly financed social insurance schemes. The hypothesis is tested using instrumental variable techniques to infer variations in trust levels that pre-date current welfare states, and then using the variation in historical trust levels to explain the current size and design of the welfare state, and finally comparing the explanatory power of trust to other potential explanatory factors such as left-right
ideology and economic openness. To infer variation about historical trust levels, we use three instruments, all used previously in the trust literature: the grammatical rule allowing pronoun-drop, average temperature in the coldest month and a dummy for constitutional monarchies. Using cross-sectional data for 77 countries, we show that these instruments are valid and that countries with higher historical trust levels have significantly higher public expenditure as a share of GDP and also have more
regulatory freedom. This finding is robust to controlling for several other potential explanations of welfare state size.
http://www.aei.org/paper/100179
http://mungowitzend.blogspot.com/2011/01/women-cant-live-with-em-cant-live.html
Mondi paralleli
Quasi ogni Sabato verso mazzanotte uno dei miei appuntamenti fissi è "Amore criminale" con Camilla Raznovich. Un programma zeppo di maltrattamenti e violenza ai danni delle donne. E' un passatempo solitario visto che Sara è disturbata da questo genere di programmi troppo realistici (poi se li sogna...).
Inoltre i telegiornali e giornali li guardo e li leggo anch' io, so bene di cosa si parla quando si parla di femminicidio. Non è affatto un fenomeno inventato: lui è manesco, lei lo lascia ma lui non sopporta l' affronto e uccide.
Figuratevi il mio stupore nell' imbattermi in questo passaggio contenuto nel saggio introduttivo al libro di Roy Baumeister.
... it turns out that in close relationships, women are plenty aggressive... Women are if anything more likely than men to perpetrate domestic violence against romantic partners, everything from a slap in the face to assault with a deadly weapon... Women also do more child abuse than men, though that’s hard to untangle from the higher amount of time they spend with children... Still, you can’t say that women avoid violence toward intimate partners...
Sono decisamente perplesso. Camilla e i telegiornali mi hanno fatto vivere in un mondo parallelo? Oppure, per quanto sembri chiaro, io non ho capito bene il concetto espresso da Baumeister. Del resto l' autore è affidabile.
Qualcuno, se ne sa di più, puo' levarmi dalle ambasce?
Comunque il libro l' ho ordinato venti giorni fa a prescindere e ormai sarà in arrivo. Forse potrò risalire alle fonti e diradare le ombre contenute in questo "strano" messaggio così distante dallo stereotipo che passano i media tradizionali.
Inoltre i telegiornali e giornali li guardo e li leggo anch' io, so bene di cosa si parla quando si parla di femminicidio. Non è affatto un fenomeno inventato: lui è manesco, lei lo lascia ma lui non sopporta l' affronto e uccide.
Figuratevi il mio stupore nell' imbattermi in questo passaggio contenuto nel saggio introduttivo al libro di Roy Baumeister.
... it turns out that in close relationships, women are plenty aggressive... Women are if anything more likely than men to perpetrate domestic violence against romantic partners, everything from a slap in the face to assault with a deadly weapon... Women also do more child abuse than men, though that’s hard to untangle from the higher amount of time they spend with children... Still, you can’t say that women avoid violence toward intimate partners...
Sono decisamente perplesso. Camilla e i telegiornali mi hanno fatto vivere in un mondo parallelo? Oppure, per quanto sembri chiaro, io non ho capito bene il concetto espresso da Baumeister. Del resto l' autore è affidabile.
Qualcuno, se ne sa di più, puo' levarmi dalle ambasce?
Comunque il libro l' ho ordinato venti giorni fa a prescindere e ormai sarà in arrivo. Forse potrò risalire alle fonti e diradare le ombre contenute in questo "strano" messaggio così distante dallo stereotipo che passano i media tradizionali.
In buone mani?
Nella nostra società la comunicazione commerciale propone diversi modelli per i nostri giovani (e non solo). Si parla molto dei danni che comporta lasciare un simile potere nelle mani di biechi individui interessati solo al profitto.
Vediamo un po' più da vicino se, per lo meno in via teorica, le conseguenze sono tanto nefaste.
La creazione e l' imposizione di un Modello porta con sè: Felicità, Frustrazione o Indifferenza.
Il Modello commerciale intende evitare come la peste l' Indifferenza.
Anche la Frustrazione è vista con sostpetto dal Modello commerciale: i frustrati sono sempre pronti ad ingrossare le file degli Indifferenti. Ne converrà anche il più appassionato sostenitore della teoria dei "bisogni indotti".
Disponiamo di alternative migliori?
Forse no.
Pensate solo al caso di alcuni pedagoghi snob, potrebbero essere tentati dal proporre taluni Modelli elitari, per esempio quello del giovane studioso che vince il premio Nobel. Ma pensate a quanta frustrazione diffonderebbero in questo modo!
E' concepibile d' altronde una società senza Modelli? Non penso proprio, di riffa o di raffa finirebbero per emergere.
Ma ammettiamo pure per amor di discussione che l' ambiente non proponga alcun Modello: ognuno si creerebbe il suo.
Non cesseremmo per questo di dividerci in Felici e Frustrati visto che molti collocherebbero l' asta troppo in alto. la "pubblicità" del modello ha solo un effetto amplificatorio.
Allora, cosa c' è che non va con il modello pubblicitario?
http://econlog.econlib.org/archives/2006/12/teaching_bias.html
Vediamo un po' più da vicino se, per lo meno in via teorica, le conseguenze sono tanto nefaste.
La creazione e l' imposizione di un Modello porta con sè: Felicità, Frustrazione o Indifferenza.
Il Modello commerciale intende evitare come la peste l' Indifferenza.
Anche la Frustrazione è vista con sostpetto dal Modello commerciale: i frustrati sono sempre pronti ad ingrossare le file degli Indifferenti. Ne converrà anche il più appassionato sostenitore della teoria dei "bisogni indotti".
Disponiamo di alternative migliori?
Forse no.
Pensate solo al caso di alcuni pedagoghi snob, potrebbero essere tentati dal proporre taluni Modelli elitari, per esempio quello del giovane studioso che vince il premio Nobel. Ma pensate a quanta frustrazione diffonderebbero in questo modo!
E' concepibile d' altronde una società senza Modelli? Non penso proprio, di riffa o di raffa finirebbero per emergere.
Ma ammettiamo pure per amor di discussione che l' ambiente non proponga alcun Modello: ognuno si creerebbe il suo.
Non cesseremmo per questo di dividerci in Felici e Frustrati visto che molti collocherebbero l' asta troppo in alto. la "pubblicità" del modello ha solo un effetto amplificatorio.
Allora, cosa c' è che non va con il modello pubblicitario?
http://econlog.econlib.org/archives/2006/12/teaching_bias.html
GPPM e cultura del piagnisteo
Le democrazie si proponevano di facilitare la "ricerca della felicità" condotta autonomamente da ciascun cittadino... I Padri sapevano bene quanto i nostri obiettivi fossero divergenti e conflittuali, cosicchè era loro intenzione predisporre un ambiente e delle regole del gioco che li rendesse in qualche modo compatibili nella diversità. Ma oggi questa via è stata abbandonata e la crisi dell' Occidente si manifesta con la tendenza delle nostre democrazie a trasformarsi in un "Grande progetto Politico Morale"... I movimenti pro-welfare e anti-discriminazione, che più di altri incarnano questa deriva, si sono impossessati della democrazia mutandola geneticamente e convertendo lo Stato moderno in una Grande Associazione Benefica avente un fine comune: la guerra alla povertà, all' ignoranza, alle diseguaglianze. Tutto cio' potrebbe essere visto come una nuova religione particolarmente attrattiva per l' intellettuale già in possesso di una mentalità pretesca. Il concetto di "crociata" non è poi così estraneo come vorrebbero i laici coinvolti nel grande progetto di moralizzazione delle masse... Si auspica una futura Armonia e ogni forma di competizione è vista con sospetto poichè rischia di minare l' autostima degradando moralmente i soggetti coinvolti. In passato eravamo chiamati al Rispetto dell' altro e non alla sua Ammirazione, ma ora le cose sembrano cambiare, il rispetto deve mutare in benevolenza... Il GPPM sfrutta poi la tendenza già diffusa a delegare, tipica di un mondo colplesso. In quasi ogni campo noi deleghiamo allo "specialista", ora questo nuovo radicalismo democratico ci chiede di delegare anche la nostra "vita morale" facendo in modo che lo Stato si trasformi in Stato Etico e che i "diritti" diventino "doveri morali" anzichè regole di un gioco dove c' è chi vince e chi perde, anche la "giustizia" perde di senso se non è presentata nelle vesti di "giustizia sociale"... Il GPPM parla di "liberazione" ma intende "liberazione dalle scelte etiche"... le menti più servili sono pronte a rispondere al richiamo deresponsabilizzante e il servilismo seduce molti indebolendo l' individualismo, ovvero il tratto distintivo della civiltà occidentale... emerge la categoria astratta di "soggetto debole"... Il nuovo moralismo politicizzato ci invita costantemente a soccorrere il più "debole", cosicchè l' unica forma di attività politica coltivata nei gruppi sociali consiste nel lamentare la propria debolezza, ma così facendo cala una oppromente "cultura del piagnisteo" proprio laddove la cultura dell' autonomia e dell' autogoverno aveva reso più dinamiche le nostre società...
Kenneth Minogue - The servile mind
Insomma, abbiamo cominciato con il delegare all' idraulico la cura delle tubazioni di casa, abbiamo continuato delegando all' avvocato la difesa in tribunale. Tutto giusto, tutto bene. Senonchè, da qualche decennio, il leviatano democratico - a colpi di welfare ipertrofici ed invasive politiche anti-discriminatorie - pensa sia giunto il momento di delegare al Grillo Parlante Unico la nostra vita morale.
Non ci resta che piangere.
E nella "cultura del piagnisteo" non si puo' nemmeno dire che sia poca cosa.
Kenneth Minogue - The servile mind
Insomma, abbiamo cominciato con il delegare all' idraulico la cura delle tubazioni di casa, abbiamo continuato delegando all' avvocato la difesa in tribunale. Tutto giusto, tutto bene. Senonchè, da qualche decennio, il leviatano democratico - a colpi di welfare ipertrofici ed invasive politiche anti-discriminatorie - pensa sia giunto il momento di delegare al Grillo Parlante Unico la nostra vita morale.
Non ci resta che piangere.
E nella "cultura del piagnisteo" non si puo' nemmeno dire che sia poca cosa.
Human Development Index
Perchè è trascurabile:
Now what exactly is the HDI? The one-line explanation is that it gives "equal weights" to GDP per capita, life expectancy, and education. But it's more complicated than that, because scores on each of the three measures are bounded between 0 and 1. This effectively means that a country of immortals with infinite per-capita GDP would get a score of .666 (lower than South Africa and Tajikistan) if its population were illiterate and never went to school.
http://econlog.econlib.org/archives/2009/05/against_the_hum.html
Now what exactly is the HDI? The one-line explanation is that it gives "equal weights" to GDP per capita, life expectancy, and education. But it's more complicated than that, because scores on each of the three measures are bounded between 0 and 1. This effectively means that a country of immortals with infinite per-capita GDP would get a score of .666 (lower than South Africa and Tajikistan) if its population were illiterate and never went to school.
http://econlog.econlib.org/archives/2009/05/against_the_hum.html
sabato 22 gennaio 2011
Libertarianism A-Z: antitrust
L’ anti-trust esiste per rendere le economie più produttive, tutti conosciamo i vantaggi della competizione. Purtroppo gli esiti sono ben diversi.
Dove esiste la libertà di entrare in un mercato difficilmente si creano extra profitti.
Non la pensa così l’ anti-trust. Basta che vedano qualcosa di grosso e i burocrati si accaniscono. Il loro bersaglio preferito sono le “fusioni”. Ma tanto accanimento ha spesso come unico vittima il consumatore, vero beneficiario delle economie di scala.
Gli imprenditori inetti hanno una sempre una rete di salvataggio: rivolgersi all’ anti-trust. Il competitore più bravo fa uno sconto? Sta attuando politiche sleali. Il collega più sveglio apre anche la domenica: denuncia all’ anti-trust.
Perché innovare, poi, se esiste l’ anti-trust? Si innova per far piazza pulita dei concorrenti. Ma chi fa piazza pulita dei concorrenti è assalito e spolpato vivo dall’ anti-trust, questo è notorio.
i 9 inconvenienti dell' antitrust http://jeffreyalanmiron.typepad.com/jeffrey_alan_miron/2006/07/antitrust_polic.html
Chi promuove le cause antitrust, il consumatore? No, eppure è lui il protetto.
Spesso sono i competitori: ma loro vengono danneggiati solo da comportamenti pro-competizione.
In altri casi sono i clienti o i fornitori dei presunti monopolisti. Ma loro lo fanno per ricevere risarcimenti che non influiscono sul welfare del cliente.
Conclusione: Thus, case statistics suggest that the anticompetitive costs from “abuse of antitrust,” as New York University economists William Baumol and Janusz Ordover (1985) referred to it, may actually exceed any procompetitive benefits of antitrust laws.
George Stigler ha studiato a lungo l' antitrust notando come interviene laddove ha poco senso farlo mentre trascura gli ambiti dove potrebbe fare del bene.
Cosa motiva l' antitrust se non è il benessere del consumatore? La politica: spesso si è intervenuto per salvare gli impianti presenti nel distretto di competenza del politico di turno.
Il sindacato: l' antitrust dà lavoro a economisti e avvocati- economists’ support for antitrust derives considerably from their ability to profit personally, in the form of full-time jobs and lucrative part-time work as experts inantitrust matters:
vedi il lavoro di un autore come Fred S. McChesney
Chi promuove le cause antitrust, il consumatore? No, eppure è lui il protetto.
Spesso sono i competitori: ma loro vengono danneggiati solo da comportamenti pro-competizione.
In altri casi sono i clienti o i fornitori dei presunti monopolisti. Ma loro lo fanno per ricevere risarcimenti che non influiscono sul welfare del cliente.
Conclusione: Thus, case statistics suggest that the anticompetitive costs from “abuse of antitrust,” as New York University economists William Baumol and Janusz Ordover (1985) referred to it, may actually exceed any procompetitive benefits of antitrust laws.
George Stigler ha studiato a lungo l' antitrust notando come interviene laddove ha poco senso farlo mentre trascura gli ambiti dove potrebbe fare del bene.
Cosa motiva l' antitrust se non è il benessere del consumatore? La politica: spesso si è intervenuto per salvare gli impianti presenti nel distretto di competenza del politico di turno.
Il sindacato: l' antitrust dà lavoro a economisti e avvocati- economists’ support for antitrust derives considerably from their ability to profit personally, in the form of full-time jobs and lucrative part-time work as experts inantitrust matters:
vedi il lavoro di un autore come Fred S. McChesney
Botta e risposta
Botta:
Gentile Direttore, abbiamo letto il suo fondo di mercoledì scorso, «L’immagine dell’Italia e la dignità delle istituzioni», dove testualmente affermava: «Una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia - diciamo così - partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta. Il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l'indulgenza all'esame o al capo ufficio per fare carriera. Avere trasformato in prostitute le ragazze che frequentavano casa Berlusconi, non è stata (solo) un'operazione giudiziaria, bensì (anche) una violazione della dignità di donne la cui sola colpa era quella di aver fatto, eventualmente, uso del proprio corpo». Noi pensiamo che sia inaccettabile pensare che "la fortuna" di una ragazza risieda in una o più parti anatomiche da offrire al potente di turno, sia esso un professore o un politico, e che il mondo sia pieno di persone che s'impegnano per raggiungere risultati e far carriera conservando la propria dignità. Legittime tutte e due le scelte: noi sosteniamo la seconda.
Massimo Alberizzi, Antonella Baccaro, Marco Castoldi, Federico Cella, Alessandra Coppola, Emilia Costantini, Laura Cuppini, Fabio Cutri, Claudio Del Frate, Paola Di Caro, Andrea Fanti, Paolo Foschi, Gianna Fregonara, Federico Fubini, Sara Gandolfi, Marco Imarisio, Mariolina Iossa, Irene Lasalvia, Andrea Laffranchi, Marco Letizia, Giuseppina Manin, Michele Manno, Paolo Mereghetti, Alessandra Muglia, Carlotta Niccolini, Manuela Pelati, Gaia Piccardi, Carmen Plotino, Franca Porciani, Luisa Pronzato, Paolo Rastelli, Simona Ravizza, Sara Regina, Monica Ricci Sargentini, Orsola Riva, Maria Laura Rodotà, Ilaria Sacchettoni, Annachiara Sacchi, Fiorenza Sarzanini, Edoardo Sassi, Elisabetta Soglio, Paolo Tomaselli, Giuseppe Toti, Stefania Ulivi, Luca Valdiserri, Silvia Vedani, Rossella Verga, Paolo Virtuani, Luca Zanini, Cecilia Zecchinelli.
... e risposta:
Se la funzione di un (ex) direttore è (anche) quella di fare opera maieutica sui propri (ex) redattori vi dirò che voi confondete un giudizio di fatto – che nella storia le donne siano state sempre consapevoli di stare sedute sulla propria fortuna e alcune l’abbiano volentieri «condivisa»; una ironica citazione letteraria per non usare un’espressione più cruda - con uno di valore (è giusto sia così). Machiavelli ne sarebbe inorridito; io non ne sono sorpreso perché questo è un errore in cui incorrono spesso gli italiani che - non avendo letto né Machiavelli, né Croce, né Bobbio - se la prendono col mondo come è e ne sognano uno dove, per restare al caso, le donne (certe donne) non la danno in nome di un’Etica collettiva, manco a dirlo «condivisa», e tutti vivono felici, contenti e virtuosi. Invece, ahimè, non è così. Io ho solo scritto che una donna dovrebbe essere libera di usare il proprio corpo come crede – «l’utero è mio e me lo gestisco io», l’antica e legittima rivendicazione femminista della quale ora ci si scorda perché a esserne partecipe è il Caimano – rispondendone solo alla propria coscienza, senza per questo essere marchiata come una puttana. Il mio era un principio liberale; non un invito a darla.
Piero Ostellino
Viviamo in un paese e in un tempo dove si ha sempre la sensazione che un buon argomento non basti, che attiri poche firme. Perchè?
Qualcuno dice che siamo entrati nell' era della "stronzata", io preferisco altre ipotesi. Sta di fatto che la domanda ha tutta l' aria di essere ancora inevasa.
Gentile Direttore, abbiamo letto il suo fondo di mercoledì scorso, «L’immagine dell’Italia e la dignità delle istituzioni», dove testualmente affermava: «Una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia - diciamo così - partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta. Il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l'indulgenza all'esame o al capo ufficio per fare carriera. Avere trasformato in prostitute le ragazze che frequentavano casa Berlusconi, non è stata (solo) un'operazione giudiziaria, bensì (anche) una violazione della dignità di donne la cui sola colpa era quella di aver fatto, eventualmente, uso del proprio corpo». Noi pensiamo che sia inaccettabile pensare che "la fortuna" di una ragazza risieda in una o più parti anatomiche da offrire al potente di turno, sia esso un professore o un politico, e che il mondo sia pieno di persone che s'impegnano per raggiungere risultati e far carriera conservando la propria dignità. Legittime tutte e due le scelte: noi sosteniamo la seconda.
Massimo Alberizzi, Antonella Baccaro, Marco Castoldi, Federico Cella, Alessandra Coppola, Emilia Costantini, Laura Cuppini, Fabio Cutri, Claudio Del Frate, Paola Di Caro, Andrea Fanti, Paolo Foschi, Gianna Fregonara, Federico Fubini, Sara Gandolfi, Marco Imarisio, Mariolina Iossa, Irene Lasalvia, Andrea Laffranchi, Marco Letizia, Giuseppina Manin, Michele Manno, Paolo Mereghetti, Alessandra Muglia, Carlotta Niccolini, Manuela Pelati, Gaia Piccardi, Carmen Plotino, Franca Porciani, Luisa Pronzato, Paolo Rastelli, Simona Ravizza, Sara Regina, Monica Ricci Sargentini, Orsola Riva, Maria Laura Rodotà, Ilaria Sacchettoni, Annachiara Sacchi, Fiorenza Sarzanini, Edoardo Sassi, Elisabetta Soglio, Paolo Tomaselli, Giuseppe Toti, Stefania Ulivi, Luca Valdiserri, Silvia Vedani, Rossella Verga, Paolo Virtuani, Luca Zanini, Cecilia Zecchinelli.
... e risposta:
Se la funzione di un (ex) direttore è (anche) quella di fare opera maieutica sui propri (ex) redattori vi dirò che voi confondete un giudizio di fatto – che nella storia le donne siano state sempre consapevoli di stare sedute sulla propria fortuna e alcune l’abbiano volentieri «condivisa»; una ironica citazione letteraria per non usare un’espressione più cruda - con uno di valore (è giusto sia così). Machiavelli ne sarebbe inorridito; io non ne sono sorpreso perché questo è un errore in cui incorrono spesso gli italiani che - non avendo letto né Machiavelli, né Croce, né Bobbio - se la prendono col mondo come è e ne sognano uno dove, per restare al caso, le donne (certe donne) non la danno in nome di un’Etica collettiva, manco a dirlo «condivisa», e tutti vivono felici, contenti e virtuosi. Invece, ahimè, non è così. Io ho solo scritto che una donna dovrebbe essere libera di usare il proprio corpo come crede – «l’utero è mio e me lo gestisco io», l’antica e legittima rivendicazione femminista della quale ora ci si scorda perché a esserne partecipe è il Caimano – rispondendone solo alla propria coscienza, senza per questo essere marchiata come una puttana. Il mio era un principio liberale; non un invito a darla.
Piero Ostellino
Viviamo in un paese e in un tempo dove si ha sempre la sensazione che un buon argomento non basti, che attiri poche firme. Perchè?
Qualcuno dice che siamo entrati nell' era della "stronzata", io preferisco altre ipotesi. Sta di fatto che la domanda ha tutta l' aria di essere ancora inevasa.
giovedì 20 gennaio 2011
Musica suonata con le unghie sporche
Quell' unghia sporca che spinge la lucente chiave dorata del sax è un' icona della musica del nostro tempo, qualcosa da mettere nell' urna da inviare nello spazio. E' bene che i marziani prendano nota se vogliono avere un' idea del nostro pianeta.
La tristezza dopo le barricate è tra le più inconsolabili, la malinconia dell' incendiario è tra le più dense.
Da quelle tozze falangi poca tecnica e tanta arte. Ci si sente bene nel covo del bandito, c' è la bellezza del disadorno in quell' arredamento ikea senza lacche nè impalcature.
E' commovente poi vedere quel suono troppo corpulento che cerca di sparire assottigliandosi mentre raggiunge i registri più alti, o che cerca di slargarsi per planare meglio mentre sprofonda in quelli gravi.
Archie Shepp/Horace Parlan - Trouble in mind
La tristezza dopo le barricate è tra le più inconsolabili, la malinconia dell' incendiario è tra le più dense.
Da quelle tozze falangi poca tecnica e tanta arte. Ci si sente bene nel covo del bandito, c' è la bellezza del disadorno in quell' arredamento ikea senza lacche nè impalcature.
E' commovente poi vedere quel suono troppo corpulento che cerca di sparire assottigliandosi mentre raggiunge i registri più alti, o che cerca di slargarsi per planare meglio mentre sprofonda in quelli gravi.
Archie Shepp/Horace Parlan - Trouble in mind
mercoledì 19 gennaio 2011
Flauto e turbante
Una delle migliori musiche per flauto in circolazione è composta e suonata da chi di mestiere fa il sassofonista. La cosa non è da trascurare.
La "Serendipity" ha giocato un ruolo decisivo nella musica recente, capirlo è importante visto che non è affatto un ambiente casuale a favorire quell' azione costruttiva del caso che richiede il fenomeno. Occorre una ridondanza nelle connessioni. Ecco allora da dove partire.
Anche lo "snaturamento" dei suoni è un comandamento impartito dall' alto. Sarà per questo che buona parte di queste musiche per flauto sembrano scritte per uno strumento a percussione?
Questo discreto investigatore del rumore sa produrre sempre delicate tensioni, usa l' aria come un sughero aromatico trasformando il suo strumento in un cavatappi.
La sua specialità sta nel bloccare cio' che sfreccia e nel far formicolare cio' che giace. Ci conduce a vedere il gran lavorio delle molecole nel marmo, oppure la cristallizzazione del repentino.
Pur essendo romanoderoma si ha sempre la sensazione che suoni con il turbante in testa.
Genealogia: Roland Kirk + Roberto Fabbriciani
Eugenio Colombo - Giada.
La "Serendipity" ha giocato un ruolo decisivo nella musica recente, capirlo è importante visto che non è affatto un ambiente casuale a favorire quell' azione costruttiva del caso che richiede il fenomeno. Occorre una ridondanza nelle connessioni. Ecco allora da dove partire.
Anche lo "snaturamento" dei suoni è un comandamento impartito dall' alto. Sarà per questo che buona parte di queste musiche per flauto sembrano scritte per uno strumento a percussione?
Questo discreto investigatore del rumore sa produrre sempre delicate tensioni, usa l' aria come un sughero aromatico trasformando il suo strumento in un cavatappi.
La sua specialità sta nel bloccare cio' che sfreccia e nel far formicolare cio' che giace. Ci conduce a vedere il gran lavorio delle molecole nel marmo, oppure la cristallizzazione del repentino.
Pur essendo romanoderoma si ha sempre la sensazione che suoni con il turbante in testa.
Genealogia: Roland Kirk + Roberto Fabbriciani
Eugenio Colombo - Giada.
martedì 18 gennaio 2011
Una risonanza non si nega a nessuno
Mi sono occupato di una paziente di 23 anni che aveva sofferto per lunghi mesi di dolori alla schiena prima che un neurologo le prescrivesse una risonanza magnetica, aspettandosi un' ernia al disco. Ho trovato invece un cancro alle ovaie espanso fino alla spina dorsale... La paziente, sottoposta ad un impegnativo intervento chirurgico e ad una massiccia chemioterapia, è stata curata dalla provvidenza...
Dr. Mark Siegel
Per capire cosa sia la Sanità oggi bisogna capire questo: praticamente tutti gli esami potrebbero essere in qualche modo decisivi, anche se quasi sicuramente saranno inutili. Lo stesso dicasi per la consultazione degli specialisti.
Aggiungo solo che trattasi di esami molto costosi, e neanche gli specialisti si fanno pagare due lire.
Tutto cio' è un portato dell' abbondanza: ieri non esistevano queste possibilità e non esistevano quindi nemmeno tutti i problemi connessi all' abbondanza.
Una volta il mondo era più semplice: per le infezioni c' erano gli antibiotici e per certe malattie c' era la vaccinazione. Il resto non era granchè e si poteva anche crepare in pace.
Visto come stanno le cose, la cura si trasforma puntualmente in un inferno per il budget di chi si affida al principio di precauzione, e in campo sanitario questo bias è diffusissimo. Se poi, come dice Hanson, la spesa sanitaria è diventata essenzialmente "segnale" del prendersi cura...!
Fare o non fare un esame? La razionalità obbliga a calcoli complessi e innaturali (alberi di probabilità, bayes a manetta...). Meglio allora lasciarla perdere ed affidarsi al principio di precauzione.
Se nel 2011 dite ad un medico: "questo è il tuo paziente, sta male, esegui diagnosi e terapia", lui sarà facilmente in grado di giustificare la spesa di una fortuna, e lo farà senza indugio, specie se lo minacciate con possibili denunce qualora fallisca nell' intento.
L' abbondanza ci ha messo in crisi, siamo all' angolo.
Tutto sommato l' Europa riesce ancora a porre un freno a questa deriva poichè l' accesso alle cure e agli esami non è libero ma razionato tramite l' intermediazione del medico. Un noto primario ebbe a dire in un' eloquente intervista: "il governo ci dica qual è il budget e noi medici ci adegueremo". Parole sante che spiegano bene come funziona da noi.
Oltretutto, anche i "segnalatori" più indefessi si tranquilizzano se il loro "medico di fiducia" non ordina certi esami.
Ma gli USA, essendo un paese libero, hanno un accesso libero alle cure: paga l' assicurazione.
E si capisce allora come la spesa sanitaria sia esplosa: quando tizio si ammala si presenta dal medico e chiede di essere curato, poichè il conto verrà saldato dall' assicurazione, il metodo si sbizzarisce, le uniche statistiche che avrà in testa sono quelle relative alle denunce di malpractice.
Cresce la spesa, cresce il costo dell' assicurazione, crescono i non assicurati.
D' altra parte, che gli americani godano di maggiori cure mediche non è poi così evidente perchè, al margine, il miglioramento in termini di salute (e minor sofferenza) è minimo, specie se la domanda di queste cure ha uno scopo segnaletico; inoltre, la speranza di vita negli USA è relativamente bassa a causa dello stile di vita che intrattengono, ed è facile far confusione. Eppure, la maggiore quantità e qualità dell' offerta sanitaria d' oltreoceano sembra un dato acquisito grazie a molti studi.
Per carità, una domanda così forte di "salute" ha anche aspetti positivi: gran parte dell' innovazione nel settore si finanzia su quel mercato, l' unico nel mondo che tiri veramente. Noi europei in questo siamo free rider che campano da decenni importando i frutti del dinamismo yankee.
Al mercato non si puo' rinunciare, pena l' immobilismo.
Come rimediare?
Fare in modo che il malato paghi anche di tasca sua: alzare la franchigia lasciando che l' assicurazione copra solo eventi catastrofici (sopra i 30.000 euro?). Insomma, trasformare la "copertura dei costi sanitari" - ora incentivata in vari modi - in una vera "assicurazione sanitaria".
Ho riferito velocemente quanto mi è rimasto dopo la lettura di Arnold Kling: crisi d' abbondanza. Un libro che consiglio per capire cosa sia la sanità oggi nel mondo e come funzioni. In caso contrario, quando va bene, siamo nelle mani di una noiosa anedottica scandalistica à la Gabanelli/Lucarelli, quella che punta tutto sulla scena del delitto.
Dr. Mark Siegel
Per capire cosa sia la Sanità oggi bisogna capire questo: praticamente tutti gli esami potrebbero essere in qualche modo decisivi, anche se quasi sicuramente saranno inutili. Lo stesso dicasi per la consultazione degli specialisti.
Aggiungo solo che trattasi di esami molto costosi, e neanche gli specialisti si fanno pagare due lire.
Tutto cio' è un portato dell' abbondanza: ieri non esistevano queste possibilità e non esistevano quindi nemmeno tutti i problemi connessi all' abbondanza.
Una volta il mondo era più semplice: per le infezioni c' erano gli antibiotici e per certe malattie c' era la vaccinazione. Il resto non era granchè e si poteva anche crepare in pace.
Visto come stanno le cose, la cura si trasforma puntualmente in un inferno per il budget di chi si affida al principio di precauzione, e in campo sanitario questo bias è diffusissimo. Se poi, come dice Hanson, la spesa sanitaria è diventata essenzialmente "segnale" del prendersi cura...!
Fare o non fare un esame? La razionalità obbliga a calcoli complessi e innaturali (alberi di probabilità, bayes a manetta...). Meglio allora lasciarla perdere ed affidarsi al principio di precauzione.
Se nel 2011 dite ad un medico: "questo è il tuo paziente, sta male, esegui diagnosi e terapia", lui sarà facilmente in grado di giustificare la spesa di una fortuna, e lo farà senza indugio, specie se lo minacciate con possibili denunce qualora fallisca nell' intento.
L' abbondanza ci ha messo in crisi, siamo all' angolo.
Tutto sommato l' Europa riesce ancora a porre un freno a questa deriva poichè l' accesso alle cure e agli esami non è libero ma razionato tramite l' intermediazione del medico. Un noto primario ebbe a dire in un' eloquente intervista: "il governo ci dica qual è il budget e noi medici ci adegueremo". Parole sante che spiegano bene come funziona da noi.
Oltretutto, anche i "segnalatori" più indefessi si tranquilizzano se il loro "medico di fiducia" non ordina certi esami.
Ma gli USA, essendo un paese libero, hanno un accesso libero alle cure: paga l' assicurazione.
E si capisce allora come la spesa sanitaria sia esplosa: quando tizio si ammala si presenta dal medico e chiede di essere curato, poichè il conto verrà saldato dall' assicurazione, il metodo si sbizzarisce, le uniche statistiche che avrà in testa sono quelle relative alle denunce di malpractice.
Cresce la spesa, cresce il costo dell' assicurazione, crescono i non assicurati.
D' altra parte, che gli americani godano di maggiori cure mediche non è poi così evidente perchè, al margine, il miglioramento in termini di salute (e minor sofferenza) è minimo, specie se la domanda di queste cure ha uno scopo segnaletico; inoltre, la speranza di vita negli USA è relativamente bassa a causa dello stile di vita che intrattengono, ed è facile far confusione. Eppure, la maggiore quantità e qualità dell' offerta sanitaria d' oltreoceano sembra un dato acquisito grazie a molti studi.
Per carità, una domanda così forte di "salute" ha anche aspetti positivi: gran parte dell' innovazione nel settore si finanzia su quel mercato, l' unico nel mondo che tiri veramente. Noi europei in questo siamo free rider che campano da decenni importando i frutti del dinamismo yankee.
Al mercato non si puo' rinunciare, pena l' immobilismo.
Come rimediare?
Fare in modo che il malato paghi anche di tasca sua: alzare la franchigia lasciando che l' assicurazione copra solo eventi catastrofici (sopra i 30.000 euro?). Insomma, trasformare la "copertura dei costi sanitari" - ora incentivata in vari modi - in una vera "assicurazione sanitaria".
Ho riferito velocemente quanto mi è rimasto dopo la lettura di Arnold Kling: crisi d' abbondanza. Un libro che consiglio per capire cosa sia la sanità oggi nel mondo e come funzioni. In caso contrario, quando va bene, siamo nelle mani di una noiosa anedottica scandalistica à la Gabanelli/Lucarelli, quella che punta tutto sulla scena del delitto.
lunedì 17 gennaio 2011
Il nodo della sanzione morale
Sappiamo ormai cosa distingue il "moralismo" dalla "moralità": il primo atteggiamento politicizza la morale al fine di estendere alla comunità i principi di una parte (che solo quando va bene è la maggioranza).
La sanzione morale è invece una forma di moralismo più sottile, ha più a che fare con il boicottaggio e consiste nel discriminare chi ritengo "peccatore" penalizzandolo tramite le mie libere scelte.
Per esempio, se da cattolico osservante devo scegliere il parrucchiere da cui andare, scarto quell' omosessuale praticante e petulante che ha il negozio all' angolo sebbene sia il migliore sulla piazza.
Altro esempio, boicotto quel crapa pelata del panettiere in via Garibaldi perchè so che è un razzista e in più attivista di svariati movimenti neo-nazisti. E questo nonostante sappia che il suo pane è di gran lunga il più fragrante.
Altro esempio, evito di leggere Céline visto che fu un gran fascistone e lo stesso faccio con quel fanatico di Majakovskji poichè non esitò un attimo ad aderire entusiasta alla rivoluzione sovietica.
L' ultimo esempio riguardava i trafficanti d' armi ma forse è inutile farlo, di sicuro ci siamo capiti.
Insomma, i peccati vanno "tassati" (*)? E io devo farmi parte attiva nell' esazione?
Per dirlo ancora diversamente: la preferenza morale è una preferenza come un' altra?
Non mi sognerei di sprecare energie per rendere la vita difficile a chi prefersce gli spaghetti alla pasta corta. Dovrei comportarmi diversamente quando passiamo alle "preferenze morali"?
L' argomento non è semplice ma se devo prendere una posizione francamente non penso che il boicottaggio abbia molto senso: l' alleanza temporanea con il "peccatore" rafforza entrambi e fare un pezzo di strada insieme non è disdicevole di per sè. La cooperazione genera ricchezza e io credo che la ricchezza procurata mediante la libertà alla lunga faccia bene alla vita morale di ogni individuo coinvolto. (**).
Forse, così come per le questioni ambientali, anche per le questioni morali esiste una curva di Kuznet tale per cui l' arricchimento sociale è una via verso la moralità.
Leggo che Loredana Lipperini (qui, quo e qua) ed altri scrittori subiscono una "sanzione morale" dall' assessore Speranzon, secondo quest' ultimo avrebbero contribuito ad ostacolare l' estradizione di Cesare Battisti firmando appelli in suo favore (***). L' assessore medita di non rifornire più le Biblioteche comunali con i loro libri.
E' evidente che Speranzon, nella scelta dei libri, intende integrare alle considerazioni di qualità delle considerazioni morali.
[... qualcuno potrebbe pensare che siamo di fronte ad un "moralismo politico", quello della peggior specie, in realtà trattasi di semplice "sanzione morale": la scelta politica consiste nel mantenere e rifornire una Biblioteca comunale, la scelta dei libri che ci van dentro, assumendo la buona fede dell' assessore, è meramente soggettiva...]
C' è stata una grande levata di scudi per questo moralismo invadente, e, anche per quanto detto più sopra, non faccio fatica ad associarmi.
Ma ci sarebbe stato qualcosa del genere se Speranzon o chi per lui avesse deciso di rifornire le macchinette comunali del caffè con un prodotto equo-solidale, facendo cioè prevalere considerazioni moralistiche al rapporto prezzo/qualità?
Mi sa che anche in questo caso ci si ripresenterebbe un dilemma già visto: come mai la censura è tanto impopolare presso i nostri intellettuali?
(*) Per una lista di inconvenienti che deriva dalla tassazione dei peccati giova il lavoro del teologo libertario Padre Sirico.
(**) Penso che i seguenti assunti siano necessari per la conclusione: 1) non mi reputo infallibile in tema di principi morali, 2) penso che una vita morale sia veicolo di felicità e 3) penso che le scelte morali siano innanzitutto scelte razionali e non meri desiderata.
(***) Che strano, nell' imparziale Radio Tre (Prima Pagina) il sociologo Ilvo Diamanti aveva appena finito di dichiarare che a sua conoscenza mai nessuno a sinistra aveva assunto posizioni contro l' estradizione di Battisti.
La sanzione morale è invece una forma di moralismo più sottile, ha più a che fare con il boicottaggio e consiste nel discriminare chi ritengo "peccatore" penalizzandolo tramite le mie libere scelte.
Per esempio, se da cattolico osservante devo scegliere il parrucchiere da cui andare, scarto quell' omosessuale praticante e petulante che ha il negozio all' angolo sebbene sia il migliore sulla piazza.
Altro esempio, boicotto quel crapa pelata del panettiere in via Garibaldi perchè so che è un razzista e in più attivista di svariati movimenti neo-nazisti. E questo nonostante sappia che il suo pane è di gran lunga il più fragrante.
Altro esempio, evito di leggere Céline visto che fu un gran fascistone e lo stesso faccio con quel fanatico di Majakovskji poichè non esitò un attimo ad aderire entusiasta alla rivoluzione sovietica.
L' ultimo esempio riguardava i trafficanti d' armi ma forse è inutile farlo, di sicuro ci siamo capiti.
Insomma, i peccati vanno "tassati" (*)? E io devo farmi parte attiva nell' esazione?
Per dirlo ancora diversamente: la preferenza morale è una preferenza come un' altra?
Non mi sognerei di sprecare energie per rendere la vita difficile a chi prefersce gli spaghetti alla pasta corta. Dovrei comportarmi diversamente quando passiamo alle "preferenze morali"?
L' argomento non è semplice ma se devo prendere una posizione francamente non penso che il boicottaggio abbia molto senso: l' alleanza temporanea con il "peccatore" rafforza entrambi e fare un pezzo di strada insieme non è disdicevole di per sè. La cooperazione genera ricchezza e io credo che la ricchezza procurata mediante la libertà alla lunga faccia bene alla vita morale di ogni individuo coinvolto. (**).
Forse, così come per le questioni ambientali, anche per le questioni morali esiste una curva di Kuznet tale per cui l' arricchimento sociale è una via verso la moralità.
Leggo che Loredana Lipperini (qui, quo e qua) ed altri scrittori subiscono una "sanzione morale" dall' assessore Speranzon, secondo quest' ultimo avrebbero contribuito ad ostacolare l' estradizione di Cesare Battisti firmando appelli in suo favore (***). L' assessore medita di non rifornire più le Biblioteche comunali con i loro libri.
E' evidente che Speranzon, nella scelta dei libri, intende integrare alle considerazioni di qualità delle considerazioni morali.
[... qualcuno potrebbe pensare che siamo di fronte ad un "moralismo politico", quello della peggior specie, in realtà trattasi di semplice "sanzione morale": la scelta politica consiste nel mantenere e rifornire una Biblioteca comunale, la scelta dei libri che ci van dentro, assumendo la buona fede dell' assessore, è meramente soggettiva...]
C' è stata una grande levata di scudi per questo moralismo invadente, e, anche per quanto detto più sopra, non faccio fatica ad associarmi.
Ma ci sarebbe stato qualcosa del genere se Speranzon o chi per lui avesse deciso di rifornire le macchinette comunali del caffè con un prodotto equo-solidale, facendo cioè prevalere considerazioni moralistiche al rapporto prezzo/qualità?
Mi sa che anche in questo caso ci si ripresenterebbe un dilemma già visto: come mai la censura è tanto impopolare presso i nostri intellettuali?
(*) Per una lista di inconvenienti che deriva dalla tassazione dei peccati giova il lavoro del teologo libertario Padre Sirico.
(**) Penso che i seguenti assunti siano necessari per la conclusione: 1) non mi reputo infallibile in tema di principi morali, 2) penso che una vita morale sia veicolo di felicità e 3) penso che le scelte morali siano innanzitutto scelte razionali e non meri desiderata.
(***) Che strano, nell' imparziale Radio Tre (Prima Pagina) il sociologo Ilvo Diamanti aveva appena finito di dichiarare che a sua conoscenza mai nessuno a sinistra aveva assunto posizioni contro l' estradizione di Battisti.
Meditazioni libertarie sul Vangelo del 16.1.2010
Vangelo secondo Giovanni 2, 1-11
In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Non sembra decisivo il miracolo con cui Gesù inaugura i suoi prodigi: non salva vite, non guarisce malati. Molti potrebbero sottovalutarlo.
E' vero, il vino è gioia, ma una festa puo' essere formalmente perfetta anche senza gioia.
Forse però la forma non è tutto. Questo messaggio è importante visto che viviamo in un mondo che esalta le forme.
Il mondo puo' essere formalmente descritto dalla scienza in modo fedele anche senza bisogno di introdurre un "senso".
La "cosa" puo' essere "designata" da una parola in grado di descriverne tutte le funzioni formali senza far riferimento a cio' che è proprio della "cosa".
Si puo' dar conto del comportamento formale di un uomo senza far cenno alla sua libertà, trattandolo qundi come se fosse uno zombie.
Questi esempi propongono visioni soddisfacenti della realtà?
Il filosofo Swinbourne disse di aver scelto la fede confrontando le varie "teorie del tutto"; aggiunse di aver condotto il confronto avvalendosi dei medesimi criteri utilizzati per discriminare tra teorie scientifiche, ovvero: a parità di contenuto veritativo optare per la teoria che fornisce la spiegazione più semplice.
Cosa c' è di più semplice dell' "essenza"? Una conoscenza che rinuncia ad introdurre le essenze resta macchinosa ed estranea, puntare tutto sulla forma significa avere in mano un formalismo mostruosamente complicato che ci diventa presto estraneo.
Dunque la forma non è tutto, c' è anche l' essenza, e l' essenza della festa è la gioia. Gesù è venuto a salvare le essenze, a regalare gioia alle nostre feste.
In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Non sembra decisivo il miracolo con cui Gesù inaugura i suoi prodigi: non salva vite, non guarisce malati. Molti potrebbero sottovalutarlo.
E' vero, il vino è gioia, ma una festa puo' essere formalmente perfetta anche senza gioia.
Forse però la forma non è tutto. Questo messaggio è importante visto che viviamo in un mondo che esalta le forme.
Il mondo puo' essere formalmente descritto dalla scienza in modo fedele anche senza bisogno di introdurre un "senso".
La "cosa" puo' essere "designata" da una parola in grado di descriverne tutte le funzioni formali senza far riferimento a cio' che è proprio della "cosa".
Si puo' dar conto del comportamento formale di un uomo senza far cenno alla sua libertà, trattandolo qundi come se fosse uno zombie.
Questi esempi propongono visioni soddisfacenti della realtà?
Il filosofo Swinbourne disse di aver scelto la fede confrontando le varie "teorie del tutto"; aggiunse di aver condotto il confronto avvalendosi dei medesimi criteri utilizzati per discriminare tra teorie scientifiche, ovvero: a parità di contenuto veritativo optare per la teoria che fornisce la spiegazione più semplice.
Cosa c' è di più semplice dell' "essenza"? Una conoscenza che rinuncia ad introdurre le essenze resta macchinosa ed estranea, puntare tutto sulla forma significa avere in mano un formalismo mostruosamente complicato che ci diventa presto estraneo.
Dunque la forma non è tutto, c' è anche l' essenza, e l' essenza della festa è la gioia. Gesù è venuto a salvare le essenze, a regalare gioia alle nostre feste.
domenica 16 gennaio 2011
From Gagarin's point of view
Si presentano come suoni che oscillano in assenza di gravità, note che non riescono a spegnersi, condannate da un sortilegio a rimbalzare sempre lontano.
La navicella di Svensson, è lui l' astronauta al timone, ciondola tra la luna e la terra rilasciando una scia di jazz gelatinoso filtrato da un' elettronica sommessa, roba tanto delicata che, per non perturbare gli equilibri di quei bagliori tremolanti, ci viene da ascoltare con il fiato trattenuto.
Questa domenica sera di gennaio me ne sto qui al calduccio con la Marghe a guardare fuori la nebbia fitta che abbellisce Rho nascondendola. Sulla punta del naso il vetro freddo della finestra padana, sulla punta delle orecchie il vetro freddo di una musica siderale.
Genealogia: Keith Jarrett, Ran Blake.
Esbjorn Svensson Trio (EST) - From Gagarin's point of view
La navicella di Svensson, è lui l' astronauta al timone, ciondola tra la luna e la terra rilasciando una scia di jazz gelatinoso filtrato da un' elettronica sommessa, roba tanto delicata che, per non perturbare gli equilibri di quei bagliori tremolanti, ci viene da ascoltare con il fiato trattenuto.
Questa domenica sera di gennaio me ne sto qui al calduccio con la Marghe a guardare fuori la nebbia fitta che abbellisce Rho nascondendola. Sulla punta del naso il vetro freddo della finestra padana, sulla punta delle orecchie il vetro freddo di una musica siderale.
Genealogia: Keith Jarrett, Ran Blake.
Esbjorn Svensson Trio (EST) - From Gagarin's point of view
venerdì 14 gennaio 2011
Dove diavolo si è nascosta la musica contemporanea?
... persino al bar puo' capitarci di accennare a Picasso o a Pollock, difficilmente però salterà mai fuori il nome di un compositore contemporaneo. A cosa si deve questa estraneità della musica contemporanea al nostro quotidiano? Nel corso del Novecento la musica colta contemporanea si è ritagliata uno spazio residuale, man mano è diventata più che altro un laboratorio specialistico di idee in continuo fermento abbandonando così la tradizionale funzione, quella di "fabbrica di capolavori". A questo laboratorio estremamente sofisticato attingono i musicisti prima ancora che gli ascoltatori, cosicchè non è propriamente corretto imputarle la supposta estraneità o la latitanza del "capolavoro". In realtà noi la musica colta l' ascoltiamo eccome, solo che l' ascoltiamo per lo più risuonare in altre musiche più popolari. Il miglior rock e il miglior jazz sono musiche impregnate di aleatorietà e rumorismo, certo pop ha assimilato ben bene la lezione del minimalismo, la dissonanza reiterata fa capolino ormai in molte colonne sonore e la la ricerca timbrica più estrema informa parecchia musica elettronica ascoltata nei club...
Alex Ross - Il resto è rumore.
Ooooh, ci giravo intorno senza mai riuscire (o osare) a dirlo: la musica contemporanea è viva e lotta insieme a noi, solo che si è nascosta nelle altre musiche e riceve da esse la sua anima! Per fortuna il pupazzo sfiatato che è in me ritrova qui un autorevole ventrioquo in grado di articolare in mia vece.
Come diceva?
L' aleatorietà di certo jazz...
... il rumorismo da certo rock...
... il minimalismo da certo pop...
... la ricerca timbrica da certa elettronica...
e via dicendo.
Uno dei migliori libri in circolazione, finalmente tradotto. L' ideale per costruirsi orecchie in grado di ascoltare la musica d' oggi. Non ci sono più scuse.
Alex Ross - Il resto è rumore.
Ooooh, ci giravo intorno senza mai riuscire (o osare) a dirlo: la musica contemporanea è viva e lotta insieme a noi, solo che si è nascosta nelle altre musiche e riceve da esse la sua anima! Per fortuna il pupazzo sfiatato che è in me ritrova qui un autorevole ventrioquo in grado di articolare in mia vece.
Come diceva?
L' aleatorietà di certo jazz...
... il rumorismo da certo rock...
... il minimalismo da certo pop...
... la ricerca timbrica da certa elettronica...
e via dicendo.
Uno dei migliori libri in circolazione, finalmente tradotto. L' ideale per costruirsi orecchie in grado di ascoltare la musica d' oggi. Non ci sono più scuse.
giovedì 13 gennaio 2011
L' iposindacalizzazione paga
Le paghe degli operai tedeschi destano invidia in questo periodo.
Sarebbe fruttuoso parlare dell' iposindalizzazione del privato in Germania.
Ascolta qui per saperne di più:
http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=referendum-fiat-marchionne-mirafiori-torino-lavoratori
Sarebbe fruttuoso parlare dell' iposindalizzazione del privato in Germania.
Ascolta qui per saperne di più:
http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=referendum-fiat-marchionne-mirafiori-torino-lavoratori
Ai costruzionisti crolla la casa in testa
Già, il problema forse è quello della competitività.
E intanto, alla chetichella e nel silenzio generale, esce l' ultima classifica di competitività dove il Burkina Faso e le isole Fiji mettono la freccia e superano l' Italia che affonda ad un poco onorevole ottantasettesimo posto (su 179 paesi).
Ma il problema non è tanto quello, il problema è il futuro. Mi chiedo: esiste una temperie culturale che faccia sperare in un miglioramento? La butto cioè sulla "mentalità".
Do' solo una scorsa e mi interrogo su alcune mosse che ci farebbero guadagnare qualche posto in classifica visti i parametri con cui è redatta.
Diminuire la spesa pubblica? In realtà abbiamo le strade invase da chi chiede "più risorse". Noi siamo i campioni nel seppellire i problemi sotto un mucchio di soldi, anche quando l' evidenza ci dice chiaramente che le risorse c' entrano ben poco.
Deregolamentiamo la finanza? Dopo la crisi tutto è tabù in questo settore.
Deregolamentiamo gli investimenti? Il nostro ambientalismo parolaio è tra i più vociferanti, la vedo dura.
Liberalizziamo il mercato del lavoro? Ma se siamo tutti impegnati a scrivere il romanzo sulle catastrofi del precariato!
Rendiamo meno conflituale il sindacato? Veramento qui ad ogni piè sospinto sono pronti a tirar fuori un ferro vecchio come la "lotta di classe". Insomma, ti intervistano solo se riesci a travestire una clausola contrattuale da diritto della Magna Charta.
Snelliamo il fisco? Dal 2011, nel silenzio generale, entrano in campo degli appesantimenti fiscali notevoli (fattura elettronica eccetera), tutto è accettato ormai supinamente con mentalità servile.
Liberalizziamo i commerci con l' estero? Gli unici dibattiti che ho ascoltato riguardavano l' introduzione di dazi verso la Cina.
Riformiamo la giustizia? Non mi sembra ci sia un gran feeling tra la politica e i burocrati della giustizia. Ve li vedete questi ultimi che si fanno aggirare da forme arbitraggio privato?
Adottiamo politiche monetarie più efficienti? Ma noi con la moneta non c' entriamo più niente.
E via dicendo.
Il problema non è la Fiom? Non entro nello specifico, penso però che per diventare ben consapevoli del problema basta ascoltare uno della Fiom che parla. Mi sa che sotto le nostre "narrazione" preferite (dove il "far west" e i "diritti" spuntano ovunque) c' è un mondo che non ne vuole sapere di comportarsi così come ce lo raccontiamo. Siamo alle solite: ai costruzionisti crolla la casa in testa.
E intanto, alla chetichella e nel silenzio generale, esce l' ultima classifica di competitività dove il Burkina Faso e le isole Fiji mettono la freccia e superano l' Italia che affonda ad un poco onorevole ottantasettesimo posto (su 179 paesi).
Ma il problema non è tanto quello, il problema è il futuro. Mi chiedo: esiste una temperie culturale che faccia sperare in un miglioramento? La butto cioè sulla "mentalità".
Do' solo una scorsa e mi interrogo su alcune mosse che ci farebbero guadagnare qualche posto in classifica visti i parametri con cui è redatta.
Diminuire la spesa pubblica? In realtà abbiamo le strade invase da chi chiede "più risorse". Noi siamo i campioni nel seppellire i problemi sotto un mucchio di soldi, anche quando l' evidenza ci dice chiaramente che le risorse c' entrano ben poco.
Deregolamentiamo la finanza? Dopo la crisi tutto è tabù in questo settore.
Deregolamentiamo gli investimenti? Il nostro ambientalismo parolaio è tra i più vociferanti, la vedo dura.
Liberalizziamo il mercato del lavoro? Ma se siamo tutti impegnati a scrivere il romanzo sulle catastrofi del precariato!
Rendiamo meno conflituale il sindacato? Veramento qui ad ogni piè sospinto sono pronti a tirar fuori un ferro vecchio come la "lotta di classe". Insomma, ti intervistano solo se riesci a travestire una clausola contrattuale da diritto della Magna Charta.
Snelliamo il fisco? Dal 2011, nel silenzio generale, entrano in campo degli appesantimenti fiscali notevoli (fattura elettronica eccetera), tutto è accettato ormai supinamente con mentalità servile.
Liberalizziamo i commerci con l' estero? Gli unici dibattiti che ho ascoltato riguardavano l' introduzione di dazi verso la Cina.
Riformiamo la giustizia? Non mi sembra ci sia un gran feeling tra la politica e i burocrati della giustizia. Ve li vedete questi ultimi che si fanno aggirare da forme arbitraggio privato?
Adottiamo politiche monetarie più efficienti? Ma noi con la moneta non c' entriamo più niente.
E via dicendo.
Il problema non è la Fiom? Non entro nello specifico, penso però che per diventare ben consapevoli del problema basta ascoltare uno della Fiom che parla. Mi sa che sotto le nostre "narrazione" preferite (dove il "far west" e i "diritti" spuntano ovunque) c' è un mondo che non ne vuole sapere di comportarsi così come ce lo raccontiamo. Siamo alle solite: ai costruzionisti crolla la casa in testa.
La vendetta riconsiderata
Cosa c' è che non va nella vendetta?
La risposta è difficile da reperire, forse anche perchè probabilmente non c'è.
E' un' impresa trovare cosa non vada nella "vendetta", almeno dal punto di vista sostanziale.
Il nostro senso di giustizia in fondo è ancorato alla logica del vendicatore.
Messa giù così ciascuno di noi è spinto a negare, ma ripensiamo per un attimo a film e telefilm che tanto ci appassionano: chi non ha tifato per il vendicatore?
Lo abbiamo fatto tutti e lo abbiamo fatto per appagare un nostro profondo senso di giustizia.
Tutto sto casino per dire che ieri ho rivisto "Il cavaliere della valle solitaria", è da sempre il mio western preferito, con un colpo da maestro il "vendicatore" Shane riporta spettacolarmente in parità i piatti della bilancia.
Western enfatico nei dialoghi ma stringato nella gestualità, comunque sempre consigliato, soprattutto a chi si attarda su una visione hobbesiana e stereotipata del far west.
La psicologia del ragazzino Joe, poi, è un modo efficace per accennare ai pericoli della vendetta: il "vendicatore" (Shane) rischia di assurgere ad eroe spiazzando il modello dell' uomo-lavoratore (il padre). L' eroe/giustiziere eclissa nella mente del fanciullo l' eroe/borghese. Joe è in bilico, ripudio e adozione sono per lui una sirena minacciosa.
Se la prevalenza dell' eroe-borghese non fosse emersa, gli Stati Uniti si sarebbero "africanizzati", se Joe avesse scelto Shane come padre, il "tribalismo" avrebbe fatto irruzione rimpiazzando il "pionierismo".
La fuga e il discorso finale di Shane a Joe mettono a posto le cose: "Joe, il vero eroe è tuo padre che coltiva i campi, alleva le vacche e costruisce chiesa e scuola per te, non certo io che con la mia estrazione rapida ti libero dal male contingente. Guarda a lui non a me, diventa come lui".
Dopodichè Shane se ne va per non sedurre la fragile mente, se ne va con le spalle alla camera e la fronte all' orizzonte, esattamente come mille magici cavalieri solitari e consapevoli prima e dopo di lui.
Prezioso il mestiere del boia, ma anche bisognoso di delicati equilibrismi.
Ecco, una vendetta senza la "Shane-postilla" potrebbe essere rischiosa per i molti Joe in cerca di un Padre.
Ottima occasione per rivedere la scena del duello finale (a proposito di "gestualità stringata"), una goduria in cui tifiamo senza remore per il vendicatore facendo baluginare la pupilla come e più di Joe. [Peccato solo per quella voce da schiavo impaurito che il doppiaggio rifila all' incolpevole Alan Ladd]
La risposta è difficile da reperire, forse anche perchè probabilmente non c'è.
E' un' impresa trovare cosa non vada nella "vendetta", almeno dal punto di vista sostanziale.
Il nostro senso di giustizia in fondo è ancorato alla logica del vendicatore.
Messa giù così ciascuno di noi è spinto a negare, ma ripensiamo per un attimo a film e telefilm che tanto ci appassionano: chi non ha tifato per il vendicatore?
Lo abbiamo fatto tutti e lo abbiamo fatto per appagare un nostro profondo senso di giustizia.
Tutto sto casino per dire che ieri ho rivisto "Il cavaliere della valle solitaria", è da sempre il mio western preferito, con un colpo da maestro il "vendicatore" Shane riporta spettacolarmente in parità i piatti della bilancia.
Western enfatico nei dialoghi ma stringato nella gestualità, comunque sempre consigliato, soprattutto a chi si attarda su una visione hobbesiana e stereotipata del far west.
La psicologia del ragazzino Joe, poi, è un modo efficace per accennare ai pericoli della vendetta: il "vendicatore" (Shane) rischia di assurgere ad eroe spiazzando il modello dell' uomo-lavoratore (il padre). L' eroe/giustiziere eclissa nella mente del fanciullo l' eroe/borghese. Joe è in bilico, ripudio e adozione sono per lui una sirena minacciosa.
Se la prevalenza dell' eroe-borghese non fosse emersa, gli Stati Uniti si sarebbero "africanizzati", se Joe avesse scelto Shane come padre, il "tribalismo" avrebbe fatto irruzione rimpiazzando il "pionierismo".
La fuga e il discorso finale di Shane a Joe mettono a posto le cose: "Joe, il vero eroe è tuo padre che coltiva i campi, alleva le vacche e costruisce chiesa e scuola per te, non certo io che con la mia estrazione rapida ti libero dal male contingente. Guarda a lui non a me, diventa come lui".
Dopodichè Shane se ne va per non sedurre la fragile mente, se ne va con le spalle alla camera e la fronte all' orizzonte, esattamente come mille magici cavalieri solitari e consapevoli prima e dopo di lui.
Prezioso il mestiere del boia, ma anche bisognoso di delicati equilibrismi.
Ecco, una vendetta senza la "Shane-postilla" potrebbe essere rischiosa per i molti Joe in cerca di un Padre.
Ottima occasione per rivedere la scena del duello finale (a proposito di "gestualità stringata"), una goduria in cui tifiamo senza remore per il vendicatore facendo baluginare la pupilla come e più di Joe. [Peccato solo per quella voce da schiavo impaurito che il doppiaggio rifila all' incolpevole Alan Ladd]
Tra "pari opportunità" e "decrescita" un matrimonio felice
Cerchiamo di immaginare un mondo in cui il successo di una persona dipenda dalle sue abilità cognitive e le abilità cognitive siano innate. Poichè tali abilità sono molto differenti da persona a persona, sarebbe necessariamente un mondo di diseguali.
Ora chiediamoci: dove risiede la principale differenza tra mondo vero e mondo immaginario?
Il questo è d' obbligo per chi intendesse intervenire per tamponare le diseguaglianze sociali.
Oggi che il potenziale offensivo di chi attacca la misurazione dell' intelligenza sembra sfumare, possiamo dire qualcosa in merito. Sappiamo infatti con buona approssimazione alcune cose.
Sappiamo che, in una società libera, l' IQ è il predittore più affidabile dei successi che avrà un soggetto.
Sappiamo anche che la scuola e l' istruzione superiore non hanno grande potere nel colmare il gap iniziale in termini di intelligenza.
Sappiamo inoltre che se i soggetti crescono in un ambiente confortevole, nemmeno i primi anni di vita incidono sul gap potenziale che fiorirà in futuro.
Dobbiamo concludere che la differeza tra il mondo immaginario e il mondo reale si gioca nei primi anni di vita dei bimbi che crescono in condizioni fortemente disagiate.
Primi anni di vita? Direi primi mesi di vita! E l' ipotesi più accreditata è ancora più radicale e riguarda la nutrizione nei primi mesi di vita!
Ma dal penultimo link ricavo un' ulteriore nuova: l' incidenza genetica si manifesta in modo di gran lunga più profonda nei bimbi allevati in famiglie agiate.
Volendo preservare la società libera, abbiamo in mano quanto serve per una prima conclusione: impostare una politica tesa a ridurre le diseguaglianze si puo', basta condannare i neonati delle famiglie più agiate (e le relative puerpere allattanti) a diete ottocentesche!
Un' altro aspetto eticamente rilevante a favore della "decrescita".
p.s. si noti che per molti una "dieta ottocentesca" è sinonimo di "mangiar bene" e "mangiare naturale". Due piccioni con una fava.
Ora chiediamoci: dove risiede la principale differenza tra mondo vero e mondo immaginario?
Il questo è d' obbligo per chi intendesse intervenire per tamponare le diseguaglianze sociali.
Oggi che il potenziale offensivo di chi attacca la misurazione dell' intelligenza sembra sfumare, possiamo dire qualcosa in merito. Sappiamo infatti con buona approssimazione alcune cose.
Sappiamo che, in una società libera, l' IQ è il predittore più affidabile dei successi che avrà un soggetto.
Sappiamo anche che la scuola e l' istruzione superiore non hanno grande potere nel colmare il gap iniziale in termini di intelligenza.
Sappiamo inoltre che se i soggetti crescono in un ambiente confortevole, nemmeno i primi anni di vita incidono sul gap potenziale che fiorirà in futuro.
Dobbiamo concludere che la differeza tra il mondo immaginario e il mondo reale si gioca nei primi anni di vita dei bimbi che crescono in condizioni fortemente disagiate.
Primi anni di vita? Direi primi mesi di vita! E l' ipotesi più accreditata è ancora più radicale e riguarda la nutrizione nei primi mesi di vita!
Ma dal penultimo link ricavo un' ulteriore nuova: l' incidenza genetica si manifesta in modo di gran lunga più profonda nei bimbi allevati in famiglie agiate.
Volendo preservare la società libera, abbiamo in mano quanto serve per una prima conclusione: impostare una politica tesa a ridurre le diseguaglianze si puo', basta condannare i neonati delle famiglie più agiate (e le relative puerpere allattanti) a diete ottocentesche!
Un' altro aspetto eticamente rilevante a favore della "decrescita".
p.s. si noti che per molti una "dieta ottocentesca" è sinonimo di "mangiar bene" e "mangiare naturale". Due piccioni con una fava.
mercoledì 12 gennaio 2011
Mobilità sociale e pari opportunità
C' è chi opina che la mobilità sociale negli USA sia bassa e che occorre una maggiore uguaglianza di opportunità. Calma e gesso.
Facendo quattro conti si nota che il reddito dei figli è molto più sganciato dal reddito dei genitori rispetto a quanto lo sia l' IQ. E l' IQ, almeno negli USA, conta parecchio nella produzione di quel reddito!
... the percentage of variance of son's income explained by father's income--that is, R-squared--is only 0.25. This last number is sometimes called the "heritability" of a characteristic. By contrast, the heritability of IQ is usually estimated to be much larger than that. At least some of the heritability of income must come not from inequality of opportunity but from the genetic transmission of talent... in light of the heritability of talent, it would be shocking if we did not find some significant heritability of income. And that would be true even if equality of opportunity were perfect...
Insomma, il grado di immobilità sociale è ben spiegato dall' IQ, negli USA più che in Europa.
A proposito di confronti, i confronti vanno poi fatti bene.
... the study cited above points out that economic mobility is greater in some European countries. That fact does not surprise me, as those are nations with less inequality. Moving up and down a short ladder is a lot easier than moving up and down a tall one...
http://gregmankiw.blogspot.com/2011/01/half-full-glass-of-economic-mobility.html
Insomma, la notizia che "alcuni paesi europei hanno maggiore mobilità sociale rispetto agli USA" è una buona notizia solo per gli europei invidiosi e non per gli europei poveri che aspirano ad incrementare il loro reddito in modo consistente.
Facendo quattro conti si nota che il reddito dei figli è molto più sganciato dal reddito dei genitori rispetto a quanto lo sia l' IQ. E l' IQ, almeno negli USA, conta parecchio nella produzione di quel reddito!
... the percentage of variance of son's income explained by father's income--that is, R-squared--is only 0.25. This last number is sometimes called the "heritability" of a characteristic. By contrast, the heritability of IQ is usually estimated to be much larger than that. At least some of the heritability of income must come not from inequality of opportunity but from the genetic transmission of talent... in light of the heritability of talent, it would be shocking if we did not find some significant heritability of income. And that would be true even if equality of opportunity were perfect...
Insomma, il grado di immobilità sociale è ben spiegato dall' IQ, negli USA più che in Europa.
A proposito di confronti, i confronti vanno poi fatti bene.
... the study cited above points out that economic mobility is greater in some European countries. That fact does not surprise me, as those are nations with less inequality. Moving up and down a short ladder is a lot easier than moving up and down a tall one...
http://gregmankiw.blogspot.com/2011/01/half-full-glass-of-economic-mobility.html
Insomma, la notizia che "alcuni paesi europei hanno maggiore mobilità sociale rispetto agli USA" è una buona notizia solo per gli europei invidiosi e non per gli europei poveri che aspirano ad incrementare il loro reddito in modo consistente.
Stereotipi razionali II
Un consiglio ad un amico.
@don cave
Penso che molti tuoi dubbi possano essere attenuati dal dizionario o da wikipedia. Se poi riesci a vincere la pigrizia da cui ti dichiari affetto puoi dare un' occhiata ai lavori pionieristici di Arrow e Phelps sulla discriminazione razionale (alcuni sono talmente vecchi da essere disponibili integralmente in rete). Un' alternativa più leggera ma non meno rigorosa sono le considerazioni di Tim Harford sul "razzismo razionale" (the logic of life è stato anche tradotto dalla sperling), c' è poi landsbourg e il suo tentativo di misurare la razionalità nella discriminazione etnica nei posti di blocco della polizia losangelina. Quel che intendo per stereotipo (razionale o meno) è quel che intendono questi autori e molti altri, ovvero quel che pensavo intendessero tutti vista la semplicità delle nozioni. Semmai il problemo è quello di non avere stereotipi sugli stereotipi.
@don cave
Penso che molti tuoi dubbi possano essere attenuati dal dizionario o da wikipedia. Se poi riesci a vincere la pigrizia da cui ti dichiari affetto puoi dare un' occhiata ai lavori pionieristici di Arrow e Phelps sulla discriminazione razionale (alcuni sono talmente vecchi da essere disponibili integralmente in rete). Un' alternativa più leggera ma non meno rigorosa sono le considerazioni di Tim Harford sul "razzismo razionale" (the logic of life è stato anche tradotto dalla sperling), c' è poi landsbourg e il suo tentativo di misurare la razionalità nella discriminazione etnica nei posti di blocco della polizia losangelina. Quel che intendo per stereotipo (razionale o meno) è quel che intendono questi autori e molti altri, ovvero quel che pensavo intendessero tutti vista la semplicità delle nozioni. Semmai il problemo è quello di non avere stereotipi sugli stereotipi.
martedì 11 gennaio 2011
Pleonasmi sospetti
Ripropongo un paradigmatico passaggio attribuibile ad un paradigmatico intellettuale di sinistra che riflette in modo paradigmatico sulla globalizzazione (il fantasma di Marchionne aleggia). In questa sede, si sarà capito, mi interessa solo cio' che l' uscita ha di paradigmatico.
"... dobbiamo forse rassegnarci alla supremazia della logica economica... o vi sono altre strade da percorrere, magari quella dei diritti?...".
Domanda impertinente: perchè in questi casi quella voglia irrefrenabile di aggettivare la logica definendola "logica economica"?
In sè non c' è nulla di sbagliato ma io sospetto che il pleonasma non sia innocente.
Sembra quasi si voglia far balenare l' illusione che esistano "logiche" alternative, magari, che ne so, si finge l' allusione ad una fantomatica "logica dei diritti". E' anche comprensibile questo istinto: allearsi con la "logica" fa sentire più forti e infonde coraggio nelle battaglie. una volta andava di moda il "Dio è con noi", oggi ci suona meglio il motto "la Logica è con noi".
La "logica economica" in realtà non è altro che la logica avalutativa quando consideriamo l' azione umana. Punto.
Questi pleonasmi ricorrono di frequente. Recentemente, per fare un caso limite, in uno scambio di opinioni, il mio interlocutore di punto in bianco mi chiedeva: "ma tu per razionalità cosa intendi? Forse la razionalità economica?
C' è solo un' alternativa alla logica: l' etica, ed è proprio la via che vuole imboccare alla chetichella l' intellettuale paradigmatico.
Chi si oppone pubblicamente alla "supremazia della logica" puo' infatti farlo solo imbarcandosi in una crociata moralistica.
E dico non a caso "crociata moralistica", non morale.
La morale riguarda infatti gli individui ma, come da paradigma, l' intellettuale paradigmatico è interessato solo all' azione statale: informare quella azione a precetti morali significa avere come obiettivo l' imposizione generalizzata della propria visione morale. Tutto cio', se permettate, io lo chiamo "moralismo".
Qualcuno obietterà: "ma l' intellettuale paradigmatico parla di "diritti", parla di "globalizzazione dei diritti" non di etica". Il suo è un discorso meramente giuridico.
E qui veniamo alla seconda trappola linguistica.
In realtà il nostro eroe puo' occultare la crociata moralista che conduce sfruttando la pervicace azione revisionista che nel corso dell' ultimo secolo ha trasmutato radicalmente il concetto di "diritto". Chi puo' esplicitare la cosa meglio di un intellettuale non paradigmatico come Kenneth Minogue?:
"... se consideriamo la concezione primigenia di "diritto", mi riferisco a quella lockiana, ci accorgiamo che essa non era affatto elaborata con l' intento di attribuire benefici ad un determinato gruppo di persone. I diritti non erano altro che "regole del gioco" intese a governare il "gioco sociale". Cio' esprimeva una concezione ludica del mondo. La formulazione dei diritti era quindi astratta e prescindeva dalla tutela di interessi immediati. Nei secoli seguenti una rivoluzione linguistica fu approntata per stravolgere la semplicità del genuino approccio liberale: la mentalità egalitaria dei democratici intese il diritto come "beneficio" piuttosto che come "regola del gioco". Il diritto diveniva così un "beneficio" atto a rispondere a "bisogni" contingenti tramite la concessione di "privilegi" particolari. Ogni gioco ha infatti vincenti e perdenti, la sorte successiva di costoro dipendeva prima dall' etica personale degli individui coinvolti, non tanto dalle regole del gioco che si limitavano alla parte "giocosa" dell' esistenza. Ma se il diritto è ora inteso come strumentale al trasferimento di potere dai vincenti ai perdenti, allora eccolo invadere il campo etico... il diritto cessa di rivolgersi all' intera società per diventare qualcosa che riguarda seriamente solo i "deboli" visto che i "forti" possono affrontare i loro "bisogni" tramite il potere di cui godono: alla concezione ludica della vita si sostituisce una concezione moralistica e al giurista si sostituisce una sorta di intellettuale-prete... finchè l' egalitarismo raggiunto non sarà perfetto, ci saranno sempre "deboli" e "forti" e ci saranno sempre "diritti" da inventare per colmare questa distanza... la proliferazione dei diritti richiede un' autorità governativa con poteri sempre più estesi e sempre più alle prese con questioni morali... l' intellettuale-prete investe lo stato di soggettività morale esautorando in questo campo le persone...la "vita morale" degli individui si deteriora... i "diritti" inventati a raffica sono molto costosi e vanno finanziati dagli individui che vengono messi di fronte a "doveri" che non incutono più alcun "senso del dovere" (chi prova un autentico senso del dovere quando è chiamato a far fronte a certe aliquote impositive?)... tutto cio' finisce per degradare la moralità dei singoli... la crescente moralizzazione dei governi, per contro, fa nascere un nuovo e minaccioso stato etico alacremente impegnato nell' infinita crociata contro "diseguaglianza" e "discriminazione"..."
Se la concezione del "diritto" subisce la perversione sopra descritta, allora finisce per camuffare sostanzialmente un precetto etico. Come si vede i conti ora tornano: la paradigmatica istanza che sto considerando nasconde una crociata moralista, altro che "ragionamento giuridico"!
Veniamo ora all' ultimo passaggio della mia riflessione: perchè mai l' essere a capo di una crociata moralista dovrebbe essere imbarazzante, al punto di utilizzare questo armamentario di trucchi linguistici per far credere di essere impegnati in realtà in discorsi logici e/o giuridici?
Ma perchè l' intellettuale paradigmatico ha appena smesso ieri di stigmatizzare proprio la pratica di condurre crociate moraliste, ha appena finito di chiarire che lui è invece un laico aconfessionale. Magari nel fare questa solenne professione aveva nel mirino la Chiesa Cattolica (che non si vergogna certo della missione moralizzatrice a cui si sente chiamata) e le sue continue "interferenze" in ambito bioetico.
Per occultare il repentino voltafaccia senza far esplodere platealmente le contraddizioni tra l' articolo di ieri e l' articolo di oggi, l' ambiguità di espressioni come "logica economica" e "diritto" è quanto mai preziosa e va sfruttata senza remore.
p.s. ah, l' intellettuale è il sempre paradigmatissimo Stefano Rodotà e l' articolo pubblicato da Repubblica è stato posto alla mia attenzione dalla sempre stimolante Loredana Lipperini.
"... dobbiamo forse rassegnarci alla supremazia della logica economica... o vi sono altre strade da percorrere, magari quella dei diritti?...".
Domanda impertinente: perchè in questi casi quella voglia irrefrenabile di aggettivare la logica definendola "logica economica"?
In sè non c' è nulla di sbagliato ma io sospetto che il pleonasma non sia innocente.
Sembra quasi si voglia far balenare l' illusione che esistano "logiche" alternative, magari, che ne so, si finge l' allusione ad una fantomatica "logica dei diritti". E' anche comprensibile questo istinto: allearsi con la "logica" fa sentire più forti e infonde coraggio nelle battaglie. una volta andava di moda il "Dio è con noi", oggi ci suona meglio il motto "la Logica è con noi".
La "logica economica" in realtà non è altro che la logica avalutativa quando consideriamo l' azione umana. Punto.
Questi pleonasmi ricorrono di frequente. Recentemente, per fare un caso limite, in uno scambio di opinioni, il mio interlocutore di punto in bianco mi chiedeva: "ma tu per razionalità cosa intendi? Forse la razionalità economica?
C' è solo un' alternativa alla logica: l' etica, ed è proprio la via che vuole imboccare alla chetichella l' intellettuale paradigmatico.
Chi si oppone pubblicamente alla "supremazia della logica" puo' infatti farlo solo imbarcandosi in una crociata moralistica.
E dico non a caso "crociata moralistica", non morale.
La morale riguarda infatti gli individui ma, come da paradigma, l' intellettuale paradigmatico è interessato solo all' azione statale: informare quella azione a precetti morali significa avere come obiettivo l' imposizione generalizzata della propria visione morale. Tutto cio', se permettate, io lo chiamo "moralismo".
Qualcuno obietterà: "ma l' intellettuale paradigmatico parla di "diritti", parla di "globalizzazione dei diritti" non di etica". Il suo è un discorso meramente giuridico.
E qui veniamo alla seconda trappola linguistica.
In realtà il nostro eroe puo' occultare la crociata moralista che conduce sfruttando la pervicace azione revisionista che nel corso dell' ultimo secolo ha trasmutato radicalmente il concetto di "diritto". Chi puo' esplicitare la cosa meglio di un intellettuale non paradigmatico come Kenneth Minogue?:
"... se consideriamo la concezione primigenia di "diritto", mi riferisco a quella lockiana, ci accorgiamo che essa non era affatto elaborata con l' intento di attribuire benefici ad un determinato gruppo di persone. I diritti non erano altro che "regole del gioco" intese a governare il "gioco sociale". Cio' esprimeva una concezione ludica del mondo. La formulazione dei diritti era quindi astratta e prescindeva dalla tutela di interessi immediati. Nei secoli seguenti una rivoluzione linguistica fu approntata per stravolgere la semplicità del genuino approccio liberale: la mentalità egalitaria dei democratici intese il diritto come "beneficio" piuttosto che come "regola del gioco". Il diritto diveniva così un "beneficio" atto a rispondere a "bisogni" contingenti tramite la concessione di "privilegi" particolari. Ogni gioco ha infatti vincenti e perdenti, la sorte successiva di costoro dipendeva prima dall' etica personale degli individui coinvolti, non tanto dalle regole del gioco che si limitavano alla parte "giocosa" dell' esistenza. Ma se il diritto è ora inteso come strumentale al trasferimento di potere dai vincenti ai perdenti, allora eccolo invadere il campo etico... il diritto cessa di rivolgersi all' intera società per diventare qualcosa che riguarda seriamente solo i "deboli" visto che i "forti" possono affrontare i loro "bisogni" tramite il potere di cui godono: alla concezione ludica della vita si sostituisce una concezione moralistica e al giurista si sostituisce una sorta di intellettuale-prete... finchè l' egalitarismo raggiunto non sarà perfetto, ci saranno sempre "deboli" e "forti" e ci saranno sempre "diritti" da inventare per colmare questa distanza... la proliferazione dei diritti richiede un' autorità governativa con poteri sempre più estesi e sempre più alle prese con questioni morali... l' intellettuale-prete investe lo stato di soggettività morale esautorando in questo campo le persone...la "vita morale" degli individui si deteriora... i "diritti" inventati a raffica sono molto costosi e vanno finanziati dagli individui che vengono messi di fronte a "doveri" che non incutono più alcun "senso del dovere" (chi prova un autentico senso del dovere quando è chiamato a far fronte a certe aliquote impositive?)... tutto cio' finisce per degradare la moralità dei singoli... la crescente moralizzazione dei governi, per contro, fa nascere un nuovo e minaccioso stato etico alacremente impegnato nell' infinita crociata contro "diseguaglianza" e "discriminazione"..."
Se la concezione del "diritto" subisce la perversione sopra descritta, allora finisce per camuffare sostanzialmente un precetto etico. Come si vede i conti ora tornano: la paradigmatica istanza che sto considerando nasconde una crociata moralista, altro che "ragionamento giuridico"!
Veniamo ora all' ultimo passaggio della mia riflessione: perchè mai l' essere a capo di una crociata moralista dovrebbe essere imbarazzante, al punto di utilizzare questo armamentario di trucchi linguistici per far credere di essere impegnati in realtà in discorsi logici e/o giuridici?
Ma perchè l' intellettuale paradigmatico ha appena smesso ieri di stigmatizzare proprio la pratica di condurre crociate moraliste, ha appena finito di chiarire che lui è invece un laico aconfessionale. Magari nel fare questa solenne professione aveva nel mirino la Chiesa Cattolica (che non si vergogna certo della missione moralizzatrice a cui si sente chiamata) e le sue continue "interferenze" in ambito bioetico.
Per occultare il repentino voltafaccia senza far esplodere platealmente le contraddizioni tra l' articolo di ieri e l' articolo di oggi, l' ambiguità di espressioni come "logica economica" e "diritto" è quanto mai preziosa e va sfruttata senza remore.
p.s. ah, l' intellettuale è il sempre paradigmatissimo Stefano Rodotà e l' articolo pubblicato da Repubblica è stato posto alla mia attenzione dalla sempre stimolante Loredana Lipperini.
Il comandamento mai scritto
Nel corso delle vacanze mi sono fatto raccontare due storie: "L' imperatore di Portugallia", da Selma Lagerlof e "La strada", da Corman McCarthy.
Il primo libro spiega bene perchè il cuore inerte di un uomo cominci a battere solo quando nasce il suo bambino.
Il secondo spiega mirabilmente perchè non potrà mai arrestarsi finchè accanto a sè batterà il cuore del suo bambino.
Entrambe le storie sono potenti rappresentazioni di un comandamento mai scritto: "onora il figlio".
Selma attinge acqua di superficie, ama i ruscelletti baldanzosi, Corman estrae da pozzi artesiani, ama il profondo. La maestrina è abitualmente impegnata in saghe popolate da arzilli troll, l' introverso è sempre in compagnia di cowboy che cenano con la pistola a fare da coperto.
Questa volta i due sono alle prese con dei Padri. Si tratta di Padri di fronte a cose che non si possono riaggiustare.
Jan Andersson di Skroljcka onora sua figlia dedicandole la sua pazzia da Re Lear. Un sorprendente tramite attraverso cui riuscirà nell' impresa di amarla aggirando l' indegnità di lei.
Jan Andersson di Skroljka onora la figlia sottraendo senso ad una vicenda che ne ha uno spiacevole e fin troppo evidente a tutti. Novello logoteta, s' inventa un nuovo codice amoroso pur di non smettere, sebbene respinto, di dichiararsi innamorato. Non è matto, dicono di lui, è il Signore che gli ha solo fatto dono di uno schermo affinchè non veda cio' che non sopporterebbe di vedere.
Gli eroi di McCarthy sono messi anche peggio, camminano in un mondo razziato e dormono per la strada come le vittime di incidenti, oppure se ne stanno fermi sotto la pioggia come animali da fattoria.
Il Padre onora il Figlio rispondendo alle sue domande. Il bambino puo' contare su questo muro monosillabico contro cui rimbalzerà ogni pallina che scaglia, senza che nessuna vada persa.
"Buono", "cattivo", "male", "bene", "procediamo verso il mare", "sono successe tante brutte cose ma noi siamo qui"... si tratta di sintesi scarne solo nell' era pre-apocalittica. Dopo l' apocalisse la giusta deferenza al Bambino puo' dirsi realizzata anche rispondendo con un semplice ma sonoro "non lo so".
L' Uomo di McCarthy, insomma, onora il Bambino con il suo coraggio di alzarsi la mattina in un mondo ammazzatosi senza far testamento, lo onora con la sua pompa scassata che cerca di iniettare senso in un pianeta necrotizzato che con una torsione tellurica si vuole scrollare di dosso ogni senso.
Klara Gulla fa la troietta in città e Jan fa di tutto per non vederlo "ricostruendosi su misura il reale" tramite le spiegazioni visionarie che gli consente una follia sofisticata. Come da copione nella tradizione mistica del nord, recentemente rinvigorita dal Lars Von Trier, il più scemo avrà ragione cominciano a distribuire miracoli un po' ovunqe e noi intelligentoni iper-scolarizzati resteremo con un palmo di naso.
I macilenti eroi di Mccarthy, lerci nella loro diarrea, percorrono la strada di un Golgota in discesa (verso il mare), incontrano feti anneriti sullo spiedo e il Padre è chiamato a darne conto ricorrendo a spiegazioni primordiali che la lucidità rende ineludibili, sviluppando nel figlio un vivido anelito verso quel poco che neanche la morte puo' disfare, facendo di ogni vita scampata alla cenere un radioso tabernacolo immerso nella desolazione.
Sia il resoconto primordiale del Padre che quello visionario di Jan hanno un che di perverso e nevrotico, come quando qualcuno perde qualcosa e si mette a cercarla nei posti più impensati.
Alla fine un po' si capisce perchè il comandamento "onora il figlio" non è stato mai promulgato: l' amore per i figli non è una buona metafora del "dovere", è piuttosto una buona metafora della "garanzia".
Una sfolgorante stramberia ed un' immersione nel glaucoma, due racconti diversissimi, entrambi ad alta temperatura religiosa, entrambi deturpati dai difetti che ammorbano il genere: finale edificante per la svedese, troppa voglia di atmosfere umbratili per l' americano.
Se poi proprio devo assegnare la palma, scelgo Selma: occulta meglio le allegorie.
Una prosa lineare le consente di far sparire ogni ingorgo di pensiero retrostante. Nell' altro il cogito e l' allegoria incombono, proprio come quei fastidiosi tuoni che non smettono mai di rotolare dietro il cielo cinerino.
Il primo libro spiega bene perchè il cuore inerte di un uomo cominci a battere solo quando nasce il suo bambino.
Il secondo spiega mirabilmente perchè non potrà mai arrestarsi finchè accanto a sè batterà il cuore del suo bambino.
Entrambe le storie sono potenti rappresentazioni di un comandamento mai scritto: "onora il figlio".
Selma attinge acqua di superficie, ama i ruscelletti baldanzosi, Corman estrae da pozzi artesiani, ama il profondo. La maestrina è abitualmente impegnata in saghe popolate da arzilli troll, l' introverso è sempre in compagnia di cowboy che cenano con la pistola a fare da coperto.
Questa volta i due sono alle prese con dei Padri. Si tratta di Padri di fronte a cose che non si possono riaggiustare.
Jan Andersson di Skroljcka onora sua figlia dedicandole la sua pazzia da Re Lear. Un sorprendente tramite attraverso cui riuscirà nell' impresa di amarla aggirando l' indegnità di lei.
Jan Andersson di Skroljka onora la figlia sottraendo senso ad una vicenda che ne ha uno spiacevole e fin troppo evidente a tutti. Novello logoteta, s' inventa un nuovo codice amoroso pur di non smettere, sebbene respinto, di dichiararsi innamorato. Non è matto, dicono di lui, è il Signore che gli ha solo fatto dono di uno schermo affinchè non veda cio' che non sopporterebbe di vedere.
Gli eroi di McCarthy sono messi anche peggio, camminano in un mondo razziato e dormono per la strada come le vittime di incidenti, oppure se ne stanno fermi sotto la pioggia come animali da fattoria.
Il Padre onora il Figlio rispondendo alle sue domande. Il bambino puo' contare su questo muro monosillabico contro cui rimbalzerà ogni pallina che scaglia, senza che nessuna vada persa.
"Buono", "cattivo", "male", "bene", "procediamo verso il mare", "sono successe tante brutte cose ma noi siamo qui"... si tratta di sintesi scarne solo nell' era pre-apocalittica. Dopo l' apocalisse la giusta deferenza al Bambino puo' dirsi realizzata anche rispondendo con un semplice ma sonoro "non lo so".
L' Uomo di McCarthy, insomma, onora il Bambino con il suo coraggio di alzarsi la mattina in un mondo ammazzatosi senza far testamento, lo onora con la sua pompa scassata che cerca di iniettare senso in un pianeta necrotizzato che con una torsione tellurica si vuole scrollare di dosso ogni senso.
Klara Gulla fa la troietta in città e Jan fa di tutto per non vederlo "ricostruendosi su misura il reale" tramite le spiegazioni visionarie che gli consente una follia sofisticata. Come da copione nella tradizione mistica del nord, recentemente rinvigorita dal Lars Von Trier, il più scemo avrà ragione cominciano a distribuire miracoli un po' ovunqe e noi intelligentoni iper-scolarizzati resteremo con un palmo di naso.
I macilenti eroi di Mccarthy, lerci nella loro diarrea, percorrono la strada di un Golgota in discesa (verso il mare), incontrano feti anneriti sullo spiedo e il Padre è chiamato a darne conto ricorrendo a spiegazioni primordiali che la lucidità rende ineludibili, sviluppando nel figlio un vivido anelito verso quel poco che neanche la morte puo' disfare, facendo di ogni vita scampata alla cenere un radioso tabernacolo immerso nella desolazione.
Sia il resoconto primordiale del Padre che quello visionario di Jan hanno un che di perverso e nevrotico, come quando qualcuno perde qualcosa e si mette a cercarla nei posti più impensati.
Alla fine un po' si capisce perchè il comandamento "onora il figlio" non è stato mai promulgato: l' amore per i figli non è una buona metafora del "dovere", è piuttosto una buona metafora della "garanzia".
Una sfolgorante stramberia ed un' immersione nel glaucoma, due racconti diversissimi, entrambi ad alta temperatura religiosa, entrambi deturpati dai difetti che ammorbano il genere: finale edificante per la svedese, troppa voglia di atmosfere umbratili per l' americano.
Se poi proprio devo assegnare la palma, scelgo Selma: occulta meglio le allegorie.
Una prosa lineare le consente di far sparire ogni ingorgo di pensiero retrostante. Nell' altro il cogito e l' allegoria incombono, proprio come quei fastidiosi tuoni che non smettono mai di rotolare dietro il cielo cinerino.
lunedì 10 gennaio 2011
La sanità migliore d' Europa
Dove si trova?
Nord Italia e Olanda.
Nord Italia: competizione tra ospedali pubblici e privati.
Olanda: assicurazioni a prezzo unico.
http://www.brunoleoni.it/e-commerce.aspx?ID=9575&level1=2220
Nord Italia e Olanda.
Nord Italia: competizione tra ospedali pubblici e privati.
Olanda: assicurazioni a prezzo unico.
http://www.brunoleoni.it/e-commerce.aspx?ID=9575&level1=2220
L' investimento di Marchionne
Ma non si tratta tanto di "lazzaronaggine" visto che la concorrenza al ribasso tra lavoratori c' entra molto molto relativamente.
E, se non si fosse capito, vorrei ribadirlo ancora con qualche dato: negli ultimi trent' anni (1980-2009) "solo" il 30% degli investimenti all' estero ha preso la via dei "paesi in via di sviluppo", il 43% ha preferito investire nei paesi del G8, ovvero con costo del lavoro molto più elevato (fonte). Tanto per dire, il paese che ne ha ricevuti di più, gli USA, in questi trent' anni hanno aumentato gli stipendi del 25% al netto dell' inflazione (fonte).
Tu mi dici che l' operaio non schiavizzato rende di più. Sono d' accordo, ma se lo sappiamo noi grazie ad una mera intuizione vuoi che non lo sappia Marchionne? Il fatto che ci metta i soldi lo garantisce dal sospetto di doppi fini.
Cosa conta, allora? Contano i fattori di competitività, ed è proprio a quelli che accennavo.
Perdo ancora un secondo per menzionare un parametro: la produttività del lavoro. Questo paramentro ha due caratteristiche: 1)è fondamentale 2)in Italia ha un andamento disastroso.
Da cosa dipende la produttività? L' indagine internazionale più approfondita è forse quella di Prescott/Parente che conclude mettendo sul banco degli imputati in primo luogo gli interessi corporativi (sindacato): la loro eccessiva tutela politica crea immobilismo e paralisi nell' innovazione. L' innovazione contrattuale è decisiva e molta retorica sui diritti contribuisce alla stagnazione nelle forme contrattuali. Meno cultura dei diritti e più cultura del contratto, almeno per chi non fa politica ma fa sindacato.
In altre parole: domani le cose cambieranno certamente nel settore dell' auto. Marchionne sta forse investendo in un paese flessibile dove potrà cambiare la sua organizzazione tenendo il passo?
Sento ora che i "sì" hanno vinto di misura e quindi i sindacati più politicizzati continueranno probabilmente a far sentire forte la loro voce. A Marchionne mi sento solo di dire quello che altri hanno detto ai giovani: via da qui.
E, se non si fosse capito, vorrei ribadirlo ancora con qualche dato: negli ultimi trent' anni (1980-2009) "solo" il 30% degli investimenti all' estero ha preso la via dei "paesi in via di sviluppo", il 43% ha preferito investire nei paesi del G8, ovvero con costo del lavoro molto più elevato (fonte). Tanto per dire, il paese che ne ha ricevuti di più, gli USA, in questi trent' anni hanno aumentato gli stipendi del 25% al netto dell' inflazione (fonte).
Tu mi dici che l' operaio non schiavizzato rende di più. Sono d' accordo, ma se lo sappiamo noi grazie ad una mera intuizione vuoi che non lo sappia Marchionne? Il fatto che ci metta i soldi lo garantisce dal sospetto di doppi fini.
Cosa conta, allora? Contano i fattori di competitività, ed è proprio a quelli che accennavo.
Perdo ancora un secondo per menzionare un parametro: la produttività del lavoro. Questo paramentro ha due caratteristiche: 1)è fondamentale 2)in Italia ha un andamento disastroso.
Da cosa dipende la produttività? L' indagine internazionale più approfondita è forse quella di Prescott/Parente che conclude mettendo sul banco degli imputati in primo luogo gli interessi corporativi (sindacato): la loro eccessiva tutela politica crea immobilismo e paralisi nell' innovazione. L' innovazione contrattuale è decisiva e molta retorica sui diritti contribuisce alla stagnazione nelle forme contrattuali. Meno cultura dei diritti e più cultura del contratto, almeno per chi non fa politica ma fa sindacato.
In altre parole: domani le cose cambieranno certamente nel settore dell' auto. Marchionne sta forse investendo in un paese flessibile dove potrà cambiare la sua organizzazione tenendo il passo?
Sento ora che i "sì" hanno vinto di misura e quindi i sindacati più politicizzati continueranno probabilmente a far sentire forte la loro voce. A Marchionne mi sento solo di dire quello che altri hanno detto ai giovani: via da qui.
Quante intelligenze esistono?
Meglio spendere due parole su una scappatoia che spesso è solo un vicolo cieco:
The psychometric camp, which includes Herrnstein and Murray, Jensen, Eysenck, John Carroll (whose 1993 treatise, Human Cognitive Abilities, offers the most extensive factor-analysis of mental tests), and most psychologists who have traditionally studied the topic, hold to a conception of intelligence that closely matches what common sense and the dictionary tell us the term means. The opposing side, which sports a more eclectic set of disciplinary backgrounds and prides itself on a more sophisticated and inclusive perspective, divides human abilities into broad classes--logical, spatial, interpersonal, verbal, etc.--and labels each class an "intelligence." The two sides then proceed to talk past each other...
http://www.wjh.harvard.edu/~cfc/Chabris1998a.html
The psychometric camp, which includes Herrnstein and Murray, Jensen, Eysenck, John Carroll (whose 1993 treatise, Human Cognitive Abilities, offers the most extensive factor-analysis of mental tests), and most psychologists who have traditionally studied the topic, hold to a conception of intelligence that closely matches what common sense and the dictionary tell us the term means. The opposing side, which sports a more eclectic set of disciplinary backgrounds and prides itself on a more sophisticated and inclusive perspective, divides human abilities into broad classes--logical, spatial, interpersonal, verbal, etc.--and labels each class an "intelligence." The two sides then proceed to talk past each other...
http://www.wjh.harvard.edu/~cfc/Chabris1998a.html
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