sabato 11 settembre 2010

Il dilemma della neo-femminista

Le forme (corporee) delle scrittrici sembrano sollevare problemi parecchio sentiti. Chi le apprezza è sottoposto al fuoco di critiche puntute (vedi Vespa).

Non manca chi per "intrattenere" la butta sull' invidia (... io non ne posso più delle brutte che difendono le belle, delle devastate in amore che mettono in guardia le donne corteggiate cercando di impedire a loro di provare a vivere un sentimento, di lesbiche represse...) , ma spiegano poco.

Il fronte più attivo comunque è, come dicevo, quello dei contestatori.

Tra costoro, alcuni ne fanno una questione di gusto, ma qui l' interesse scema visto che de gustibus non est disputandum.

Altri, più raffinati, con le loro denunce hanno in mente di partecipare ad una "strategia di liberazione del corpo femminile".

Anche il neo-femminismo ha paura però d' imparentarsi con l' insopportabile vetero-femminismo. Ecco allora che nel tentativo di edulcorare gli schemi concettuali che ha ricevuto in eredità, parla molto più semplicemente di "stereotipi" dannosi per la donna e da combattere.

Ma così facendo rischia d' imboccare un vicolo cieco.

Sono stato in libreria e ho potuto sfogliare i libri di Loredana Lipperini, sono un lungo elenco di stereotipi che danneggiano la donna. Una malapianta da sradicare. Ma come?

Approfondiamo il concetto di "stereotipo".

Gli economisti traducono il concetto di "stereotipo" nel concetto di "statistical discrimination"; cerco di chiarire quest' ultimo con un esempio.

Vorrei diventare amico di Giovanni e cerco qualcosa per attrarre la sua attenzione, so che è indaffaratissimo e ha poco tempo da dedicarmi, siamo in molti ad ambire un legame con lui.

Riesco ad avere un piccolo contatto nel quale fa giusto in tempo a chiedermi da dove vengo. Saputo che vengo da Varese fa una smorfia e se ne va, il tempo è scaduto.

Giovanni andandosene pensa: "Varese... sarà un leghista e io odio quel genere di persone... eviterò di perdere altro tempo con questo varesino, meglio piuttosto insistere con quel perugino che ho incontrato ieri...".

Giovanni ha sbagliato il suo giudizio e per colpa dei suoi stereotipi io ne ricevo un danno, il mio sogno va in frantumi.

Nondimeno Giovanni ha agito razionalmente: che ne sa lui di me, che ne sa del mio "concorrente" perugino? Nulla. Dovendo decidere opta per il perugino, ci sono meno probabilità di incontrare uno zotico leghista, la cosa che Giovanni vuole evitare innanzitutto.

Mi sento come se avessi subito un' ingiustizia: io non sono affatto leghista! Me se c' è un' ingiustizia, allora c' è anche un colpevole. Cerco qualcuno su cui riversare la colpa.

1. Non posso darla a Giovanni, lui in fondo ha agito razionalmente. Come posso accusare chi agisce razionalmente? Anch' io avrei fatto come lui.

2. Forse dovrei accusare i leghisti varesini, è il loro numero eccessivo ad inficiare il giudizio di Giovanni. Ma come faccio ad accusare una persona per il semplice fatto di avere un' idea? Evidentemente è impossibile.

Nessun colpevole, nessuna ingiustizia, solo un triste destino da accettare.

Gli stereotipi sono dunque portatori di un triste destino da accettare.

Ma il neo femminismo, nel momento in cui si accanisce contro gli stereotipi, ritiene che la donna sia vittima di ingiustizie o di un triste destino?

Come si lotta contro uno stereotipo dal momento che non ci sono colpevoli?

Non posso "lottare" contro Giovanni: lui risponde correttamente agli incentivi che incontra.

Non posso lottare contro gli uomini: loro giudicano (anche) i corpi visto che in genere le donne desiderano e cercano (anche) un giudizio sui loro corpi.

Non posso lottare contro i "leghisti varesini": hanno una loro idea e "de gustibus...".

Non posso lottare contro quelle che giudico "troiette": se amano esibire i loro corpi e cercare un consenso... "de gustibus...".

Che senso avrebbero queste lotte: i gusti degli altri vanno rispettati e così pure chi coltiva i propri interessi nel rispetto altrui.

Ma la neo femminista piuttosto che rinunciare alla lotta preferisce a questo punto recuperare alcuni strumenti "vetero" grondanti di marxismo, roba che avrebbe lasciato volentieri da parte.

Eccola allora attaccare il "maschio" che dà a certe donne cio' che in fondo loro chiedono. In realtà sta custodendo i suoi privilegi.

Questo attacco ha il pregio di identificare un nemico ben preciso ("il maschio") e di mantenere la lotta in termini di "lotta di classe" (maschi contro femmine), detto in altri termini viene salvaguardata la "sorellanza" tra donne. L' aspetto "complottistico" poi affascina sempre.

In altri casi la neo-femminista attinge al repertorio concettuale "vetero" per contrarre prestiti di natura differente, in particolare piace riesumare il concetto di "falsa coscienza": le donne desiderano cio' che in realtà non desiderano... e noi, le illuminate, dobbiamo farglielo sapere.

Probabilmente non ci sono altre vie nella lotta allo stereotipo razionale, di sicuro per una mentalità liberale queste vie sono mulattiere piene di rovi e in genere preferisce evitare escursioni da quelle parti.