Per confrontarli, abbiamo visto in sequenza due film sull' aborto: Juno e 4 mesi 3 settimane e 1 giorno.
Formalmente sono molto differenti, Juno è una scorrevole (e piacevole) fiaba americana piena di uccellini e canozonette deliziose, l' altro è girato nel solito stile realista che i Maestri Italiani hanno insegnato al mondo, l' unica colonna sonora sono quindi i motorini taroccati che passano fastidiosi in lontananza sulla camionabile.
Juno padroneggia da maestra il proprio discorso, con l' ironia e l' eresia eccentrica domina l' interlocutore mettendolo quasi in soggezione, trova anche parecchie controparti solidali, il mondo che la circonda in fondo è il piccolo acquario dove un vispo pesciolino come lei ha sempre nuotato. Tutto è un' immensa zona pedonale costruita per il tempo libero dei sedicenni.
Otilia - vittima di malintesi, reticenze, insicurezze - non riesce nemmeno a prenotare una camera d' albergo per telefono, soffre molto perchè, come si sa, metà del dolore se ne andrebbe "dicendolo" ad orecchie attente, ma le uniche orecchie attente sono quelle di noi spettatori e lei non puo' sognarsi che esistono. E l' "acquario" di Otilia?Anche lei avrà un suo acquario! No, Otilia è una studentessa "fuori sede", completamente "fuori sede". Da vera "fuori sede" continua a sbagliar strada quando con l' asciugamano nella borsetta scorazza sugli asfalti privi di marciapiede tra i latrati dei randagi rumeni alla ricerca di un cassonetto.
la voce di Juno è ferma ed ironica, spesso chiosa sarcastica le sue disavventure alleggerendole. La voce di Otilia è schermata al modo dei servi, una voce che parla solo per chiedere e tremare nell' attesa che l' ingiunzione venga accolta, in ogni conflitto le tocca impugnare il coltello dalla parte della lama cosicchè gli altri si divertono a taglizzarla prima di trafiggerla, sono gli sfizi meschini che dà un Piccolo Potere.
Juno arriva puntuale e precisa ai suoi drammi, Otilia è sempre in affanno, non è mai al suo posto, non è mai dove dovrebbe essere, nemmeno nella sceneggiatura del film è dove dovrebbe essere: pensate che non le tocca nemmeno la parte della ragazza incinta in procinto di abortire; già, quest' ultima è troppo terrorizzata per farne il vero personaggio tragico del racconto, e così Christian Mongiu ha deciso saggiamente di caricare proprio su Otilia - l' "amica" - le croci più pesanti.
sabato 29 maggio 2010
venerdì 28 maggio 2010
Senza nessun senso della misura
Dicono che l' ebreo medio abbia un orientamento "liberal". Si organizzano anche simposi sul tema: "Why Are Jews Liberals?"
Sta di fatto che la sproporzione più vistosa di presenza ebraica sta invece tra i libertari.
Mi limito a quelli che comunemente vengono considerati i più insigni sostenitori dell' ideologia liberale nel XX secolo: Ludwig Von Mises, Fredrick Von Hayek, Any Rand, Milton Friedman, Murray Rothbard, Robert Nozick.
Unico gentile della compagnia: Hayek.
Sta di fatto che la sproporzione più vistosa di presenza ebraica sta invece tra i libertari.
Mi limito a quelli che comunemente vengono considerati i più insigni sostenitori dell' ideologia liberale nel XX secolo: Ludwig Von Mises, Fredrick Von Hayek, Any Rand, Milton Friedman, Murray Rothbard, Robert Nozick.
Unico gentile della compagnia: Hayek.
giovedì 27 maggio 2010
A cosa mi serve l' economia?
Poichè qualsiasi persona di buon senso è disposta a deviare dai suoi dogmi ideologici qualora gli si presentino le classiche "buone ragioni" per farlo, l' economia serve a dimostrare che le "buone ragioni" comunemente avanzate per deviare dai principi libertari sono quasi sempre poco più che pretestuose.
Esperimenti mentali
Il miglior modo per confutare la teoria etica dell' utilitarismo consiste nel presentare casi concreti che ne denuncino l' assurdità: esempio, se un riccone è particolarmente avido la teoria prevede che il poco posseduto dal povero spensierato venga trasferito nelle sue disponibilità.
A questo punto all' utilitarista non resta che mettere in sospetto la validità dello strumento che avete usato: l' esperimento mentale.
Ma: "... weird hypotheticals are philosophers' equivalent of controlled experiments. When a scientist wants to test a physical theory, he sets up weird laboratory conditions that make it easy to find an exception to the theory. Similarly, when a philosopher wants to test a moral theory, he sets up weird examples that make it easy to find an exception to the theory..."
Il resto continua pure a leggerlo qua.
A questo punto all' utilitarista non resta che mettere in sospetto la validità dello strumento che avete usato: l' esperimento mentale.
Ma: "... weird hypotheticals are philosophers' equivalent of controlled experiments. When a scientist wants to test a physical theory, he sets up weird laboratory conditions that make it easy to find an exception to the theory. Similarly, when a philosopher wants to test a moral theory, he sets up weird examples that make it easy to find an exception to the theory..."
Il resto continua pure a leggerlo qua.
Altruismo reciproco
Giovanni ha problemi di salute ed ora è in fin di vita ma in suo soccorso giunge inaspettato Giacomo che donando il proprio rene restituisce il moribondo ai suoi cari in perfetta forma.
Qualche tempo più tardi è Giacomo ad essere nelle peste: la sua azienda fa acqua da tutte le parti e ormai non resta che il fallimento. Ma ecco che interviene Giovanni, ci mette il contante di tasca propria e raddrizza la situazione.
Due splendidi episodi che si raccontano con le lacrime agli occhi, non è vero? Noi tutti vorremmo un mondo così.
Eppure Randy Cohen (detto l' Eticista) sente puzza di bruciato, prima di impartire la sua benedizione intende accertare che tra il primo episodio e il secondo non vi sia collegamento, altrimenti saremmo di fronte ad uno... SCAMBIO.
A quanto pare lo SCAMBIO è proprio qualcosa di terribile, riesce a trasformare due eventi di per sè positivi in due sciagure da maledire.
Forse a guastare tutto è il fatto che uno scambio si realizza con motivazioni egoistiche.
Se fosse solo questo accolgo il "rimedio semantico" proposto da Greg Mankiw: nel caso dello scambio anzichè parlare di "egoismo" potremmo parlare di "altruismo reciproco".
Il buon Greg Mankiw non è certo una grande esperto di etica e sul punto cede la palla all' "Eticista", una cosa però è in grado di dirla: la posizione di Randy sarà forse corretta, di certo ci regala un mondo con più morti e più fallimenti.
Qualche tempo più tardi è Giacomo ad essere nelle peste: la sua azienda fa acqua da tutte le parti e ormai non resta che il fallimento. Ma ecco che interviene Giovanni, ci mette il contante di tasca propria e raddrizza la situazione.
Due splendidi episodi che si raccontano con le lacrime agli occhi, non è vero? Noi tutti vorremmo un mondo così.
Eppure Randy Cohen (detto l' Eticista) sente puzza di bruciato, prima di impartire la sua benedizione intende accertare che tra il primo episodio e il secondo non vi sia collegamento, altrimenti saremmo di fronte ad uno... SCAMBIO.
A quanto pare lo SCAMBIO è proprio qualcosa di terribile, riesce a trasformare due eventi di per sè positivi in due sciagure da maledire.
Forse a guastare tutto è il fatto che uno scambio si realizza con motivazioni egoistiche.
Se fosse solo questo accolgo il "rimedio semantico" proposto da Greg Mankiw: nel caso dello scambio anzichè parlare di "egoismo" potremmo parlare di "altruismo reciproco".
Il buon Greg Mankiw non è certo una grande esperto di etica e sul punto cede la palla all' "Eticista", una cosa però è in grado di dirla: la posizione di Randy sarà forse corretta, di certo ci regala un mondo con più morti e più fallimenti.
mercoledì 26 maggio 2010
Alla ricerca del diritto naturale
Nelle sue recenti uscite Rand Paul, astro nascente della politica americana, ha messo in discussione il venerato Civil Rights Act, baluardo contro la segregazione razziale: si è permesso di definirlo come un provvedimento illiberale.
Difficile dargli del tutto torto, quale liberale non sentirebbe un certo disagio nel leggerlo? Ma non mi interessa tanto entrare nel merito, ricordo solo i 3 punti che definiscono la posizione libertaria ortodossa sull' argomento.
1. La discriminazione del governo dovrebbe essere illegale.
2. La discriminazione dei privati dovrebbe essere legale.
3. La discriminazione dei privati è immorale.
Una posizione del genere si ripete purtroppo in molte materie e crea un dilemma: qualora si assista ad una violazione di legge da parte di un privato, è nostro dovere intervenire e denunciare? Costui ha violato contemporaneamente una legge ingiusta e un comandamento giusto.
In fondo penso di no, e non mi appello all' etica, ma ai diritti del fuori-legge.
Antigone trasgredisce il diritto in nome dell' etica, ma non è l' unica forma di trasgressione giustificabile come in fondo pensa chi ritiene che fuori dalla politica esista solo la morale. Forse esiste anche un diritto pre-politico, un diritto... naturale e il caso di cui sopra in fondo lo dimostra.
C' è una soluzione teorica alternativa: tutto è etica. Ma la soluzione pratica del dilemma non cambia.
Difficile dargli del tutto torto, quale liberale non sentirebbe un certo disagio nel leggerlo? Ma non mi interessa tanto entrare nel merito, ricordo solo i 3 punti che definiscono la posizione libertaria ortodossa sull' argomento.
1. La discriminazione del governo dovrebbe essere illegale.
2. La discriminazione dei privati dovrebbe essere legale.
3. La discriminazione dei privati è immorale.
Una posizione del genere si ripete purtroppo in molte materie e crea un dilemma: qualora si assista ad una violazione di legge da parte di un privato, è nostro dovere intervenire e denunciare? Costui ha violato contemporaneamente una legge ingiusta e un comandamento giusto.
In fondo penso di no, e non mi appello all' etica, ma ai diritti del fuori-legge.
Antigone trasgredisce il diritto in nome dell' etica, ma non è l' unica forma di trasgressione giustificabile come in fondo pensa chi ritiene che fuori dalla politica esista solo la morale. Forse esiste anche un diritto pre-politico, un diritto... naturale e il caso di cui sopra in fondo lo dimostra.
C' è una soluzione teorica alternativa: tutto è etica. Ma la soluzione pratica del dilemma non cambia.
Intercettateci tutti!
E' il grido di battaglia con cui negli ultimi giorni ci si butta a difendere il diritto alla libera circolazione delle notizie.
"Intercettateci tutti... non abbiamo nulla da nascondere".
Personalmente ci sono cose che non direi neanche al mio amico immaginario (che è un coniglio gigante), ma forse non ho la schiena abbastanza dritta e mi manca il coraggio delle mie opinioni.
Ci sono anche cose che non direi mai se solo mi guardassi dritto negli occhi, ma forse sono solo un timidone che balbetta quando è interpellato senza filtri.
Possibile però che nella sensibilità generale il diritto alla privacy sia caduto così in basso? Ma cosa tutela in fondo questo diritto? Solo il pudore dei timidoni e la vigliaccheria degli asserviti? Nulla di più? I contenuti sfuggono a molti e urge tornare al prezioso insegnamento di Timur Kuran:
"... siete alla festa data dal vostro capo, proprio quello che a breve dovrà prendere decisioni molto importanti per la vostra carriera lavorativa. Vi accoglie mostrandovi la sua casa, è particolarmente orgoglioso del soggiorno recentemente imbiancato ricorrendo ai pallidi colori naturali, tesse le lodi di se stesso per la perspicacia di una similescelta. Voi annuite, vi mostrate piacevolmente sorpreso da una simile soluzione, in realtà gli smorti colori naturali non vi fanno una grande impressione, c' è qualcosa che non vi appaga, spengono l' ambiente. Ma su questa "strana" impressione non parlereste neanche sotto tortura. A tavola si discute animatamente della recente crisi finanziaria, per il boss la speculazione internazionale è il motore immobile di tutto ed andrebbe colpita senza aspettare; concedete molti argomenti tenendo a freno le numerose riserve a cui pensate. E' mezzanotte ma non osate sloggiare per primi dalla festa, dopo che i più temerari se la sono svignata vi accostate al vostro ospite accampando impegni aurorali per l' indomani senza mai smettere di complimentarvi per la riuscita della serata. Uscite a marcia indietro dalla porta d' ingresso sempre con un nuovo ossequio in bocca. Chiudete la porta, chiudete gli occhi, sbuffate e andate verso casa tentando di scongelare il sorriso che avete tenuto per tutta la serata e che ancora stenta a disarticolarsi...".
A cosa siete ricorsi? Alla menzogna? All' ipocrisia? All' autocensura? All' eufemismo? All' insincerità?
Nel suo libro più famoso (che ho appena finito di leggere) Kuran preferisce usare per l' occasione un' espressione ad hoc: falsificazione delle preferenze personali.
Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze personali sa che l' Opinione Pubblica non coincide con quel che pensa la società.
Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze sa che se protratta a lungo in via esclusiva si trasforma in una falsificazione della conoscenza fino a coincidere con quel che pensa veramente la società.
Ecco a cosa serve la privacy: a fare in modo che chi falsifica le proprie preferenze continui a coltivare quelle occulte in privato e al di fuori da ogni pressione sociale in modo da conservarle e rispolverarle al momento opprtuno quando il clima sociale glielo consentirà.
Ancora Kuran:
"... dovrebbe destare meraviglia il crollo a domino dei regimi comunisti, dovrebbe stupire che gli Stati Uniti nel giro di un secolo siano passati dal tabù sulla schiavitù a quello sull' affirmative action... eppure chi conosce e studia il fenomeno della "falisificazione delle preferenze" non si stupisce affatto, sa bene che l' Opinione Pubblica viaggia su montagne russe impervie... chi assiste agli sconquassi provocati dai mutamenti sociali repentini pensa di cavarsela a buon mercato invocando il "gradualismo", peccato che questa medicina sia spesso indisponibile per vie delle Montagne Russe di cui si è appena detto..."
Bene, la privacy garantisce che le preferenze continuino a vivere dietro la maschera dissimulatoria, e, così facendo, contribuisce all' esistenza delle Montagne Russe di cui sopra. E' un contributo trascurabile?
Non penso che la nostra privacy sia così in pericolo, però smettiamola di cantare uno slogan perverso come quello del titolo, dimostra solo ignoranza e disprezzo per la dimensione privata della persona.
"Intercettateci tutti... non abbiamo nulla da nascondere".
Personalmente ci sono cose che non direi neanche al mio amico immaginario (che è un coniglio gigante), ma forse non ho la schiena abbastanza dritta e mi manca il coraggio delle mie opinioni.
Ci sono anche cose che non direi mai se solo mi guardassi dritto negli occhi, ma forse sono solo un timidone che balbetta quando è interpellato senza filtri.
Possibile però che nella sensibilità generale il diritto alla privacy sia caduto così in basso? Ma cosa tutela in fondo questo diritto? Solo il pudore dei timidoni e la vigliaccheria degli asserviti? Nulla di più? I contenuti sfuggono a molti e urge tornare al prezioso insegnamento di Timur Kuran:
"... siete alla festa data dal vostro capo, proprio quello che a breve dovrà prendere decisioni molto importanti per la vostra carriera lavorativa. Vi accoglie mostrandovi la sua casa, è particolarmente orgoglioso del soggiorno recentemente imbiancato ricorrendo ai pallidi colori naturali, tesse le lodi di se stesso per la perspicacia di una similescelta. Voi annuite, vi mostrate piacevolmente sorpreso da una simile soluzione, in realtà gli smorti colori naturali non vi fanno una grande impressione, c' è qualcosa che non vi appaga, spengono l' ambiente. Ma su questa "strana" impressione non parlereste neanche sotto tortura. A tavola si discute animatamente della recente crisi finanziaria, per il boss la speculazione internazionale è il motore immobile di tutto ed andrebbe colpita senza aspettare; concedete molti argomenti tenendo a freno le numerose riserve a cui pensate. E' mezzanotte ma non osate sloggiare per primi dalla festa, dopo che i più temerari se la sono svignata vi accostate al vostro ospite accampando impegni aurorali per l' indomani senza mai smettere di complimentarvi per la riuscita della serata. Uscite a marcia indietro dalla porta d' ingresso sempre con un nuovo ossequio in bocca. Chiudete la porta, chiudete gli occhi, sbuffate e andate verso casa tentando di scongelare il sorriso che avete tenuto per tutta la serata e che ancora stenta a disarticolarsi...".
A cosa siete ricorsi? Alla menzogna? All' ipocrisia? All' autocensura? All' eufemismo? All' insincerità?
Nel suo libro più famoso (che ho appena finito di leggere) Kuran preferisce usare per l' occasione un' espressione ad hoc: falsificazione delle preferenze personali.
Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze personali sa che l' Opinione Pubblica non coincide con quel che pensa la società.
Chi sa cosa sia la falsificazione delle preferenze sa che se protratta a lungo in via esclusiva si trasforma in una falsificazione della conoscenza fino a coincidere con quel che pensa veramente la società.
Ecco a cosa serve la privacy: a fare in modo che chi falsifica le proprie preferenze continui a coltivare quelle occulte in privato e al di fuori da ogni pressione sociale in modo da conservarle e rispolverarle al momento opprtuno quando il clima sociale glielo consentirà.
Ancora Kuran:
"... dovrebbe destare meraviglia il crollo a domino dei regimi comunisti, dovrebbe stupire che gli Stati Uniti nel giro di un secolo siano passati dal tabù sulla schiavitù a quello sull' affirmative action... eppure chi conosce e studia il fenomeno della "falisificazione delle preferenze" non si stupisce affatto, sa bene che l' Opinione Pubblica viaggia su montagne russe impervie... chi assiste agli sconquassi provocati dai mutamenti sociali repentini pensa di cavarsela a buon mercato invocando il "gradualismo", peccato che questa medicina sia spesso indisponibile per vie delle Montagne Russe di cui si è appena detto..."
Bene, la privacy garantisce che le preferenze continuino a vivere dietro la maschera dissimulatoria, e, così facendo, contribuisce all' esistenza delle Montagne Russe di cui sopra. E' un contributo trascurabile?
Non penso che la nostra privacy sia così in pericolo, però smettiamola di cantare uno slogan perverso come quello del titolo, dimostra solo ignoranza e disprezzo per la dimensione privata della persona.
venerdì 21 maggio 2010
Il feticismo del potere
WOODY ALLEN: "... sarebbe bello se Obama potesse essere il nostro dittatore per alcuni anni... potrebbe fare velocemente molte cose buone...".
MILTON FRIEDMAN: "... se fossi un dittatore non avrei nessuna cosa buona da imporre agli altri... poichè non conosco cose buone che restano tali se imposte con la forza...".
Spero che adesso sia più chiara la differenza tra LIBERAL e LIBERALE.
MILTON FRIEDMAN: "... se fossi un dittatore non avrei nessuna cosa buona da imporre agli altri... poichè non conosco cose buone che restano tali se imposte con la forza...".
Spero che adesso sia più chiara la differenza tra LIBERAL e LIBERALE.
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Invisibili cerotti
GAETANO SALVEMINI: "... dalla concorrenza delle scuole private, le scuole statali hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere...".
ANTONIO ROSMINI: "... le famiglie hanno dalla natura prima ancora che dalla legge il diritto di scegliere per maestri ed educatori della loro prole quelle persone nelle quali ripongono maggiore confidenza..."
DON LUIGI STURZO: "... finchè in Italia la scuola non sarà libera, nemmeno gl' italiani saranno liberi...".
ANTONIO GRAMSCI: "... noi socialisti dobbiamo essere propugnatori di una scuola libera... di una scuola lasciata all' iniziativa dei privati e dei Comuni...".
DON LORENZO MILANI: "... la scuola di Barbiana ha 20 allievi, nessuno figlio di papà, è dei preti, non ha dallo Stato nessuna sovvenzione ma anzi aperta opposizione ed è senza dubbio l' unica scuola funzionante nel territorio della Repubblica...".
CAMILLO RUINI: "... la questione della scuola libera non è solo una rivendicazione dei cattolici ma una questione più generale che riguarda le libertà civili...".
GIOVANNI PAOLO II: "... i pubblici poteri devono preoccuparsi che le sovvenzioni pubbliche siano erogate in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i propri figli in piena libertà...".
LUIGI EINAUDI: "... Trial and error, ecco il metodo dei reginmi liberi. Così per la scuola, essa è libera e feconda finchè qualcuno abbia diritto di dire: io conosco programmi e metodi migliori e apro una mia scuola in cui proclamo, diffondo e insegno la mia verità.
DARIO ANTISERI: "... la libertà di scelta educativa delle famiglie (buono) non ha come unico contraltare il monopolio statalista... deve guardarsi anche dall' insidioso metodo delle convenzioni, vero cappio che trasforma il libero educatore in un postulante ai piedi del potere politico...".
SALVATORE VALITUTTI: "... l' espressione "Religione di Stato" ci fa inorridire mentre l' espressione "Scuola di Stato" ci appare naturale. Eppure sono equivalenti, che cos' è la "Scuola di Statto" se non una "Religione di Stato"?
... e via cantando.
In fondo è per questo che trovo stucchevoli le battaglie di Israel contro i "pedagoghi" e i "metodologisti". Forse è perchè nel mio intimo so che la scuola migliorerà lentamente non certo grazie ad una fantomatica riforma che tarda più di Godot, ma piuttosto grazie al semplice riconoscimento di alcuni diritti elementari della famiglia.
Dentro il buono scuola e fuori il valore legale dei ogni titolo di studio. Ecco come si comincia a levare qualche cerotto da bocche che forse hanno qualcosa da dirci.
ANTONIO ROSMINI: "... le famiglie hanno dalla natura prima ancora che dalla legge il diritto di scegliere per maestri ed educatori della loro prole quelle persone nelle quali ripongono maggiore confidenza..."
DON LUIGI STURZO: "... finchè in Italia la scuola non sarà libera, nemmeno gl' italiani saranno liberi...".
ANTONIO GRAMSCI: "... noi socialisti dobbiamo essere propugnatori di una scuola libera... di una scuola lasciata all' iniziativa dei privati e dei Comuni...".
DON LORENZO MILANI: "... la scuola di Barbiana ha 20 allievi, nessuno figlio di papà, è dei preti, non ha dallo Stato nessuna sovvenzione ma anzi aperta opposizione ed è senza dubbio l' unica scuola funzionante nel territorio della Repubblica...".
CAMILLO RUINI: "... la questione della scuola libera non è solo una rivendicazione dei cattolici ma una questione più generale che riguarda le libertà civili...".
GIOVANNI PAOLO II: "... i pubblici poteri devono preoccuparsi che le sovvenzioni pubbliche siano erogate in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i propri figli in piena libertà...".
LUIGI EINAUDI: "... Trial and error, ecco il metodo dei reginmi liberi. Così per la scuola, essa è libera e feconda finchè qualcuno abbia diritto di dire: io conosco programmi e metodi migliori e apro una mia scuola in cui proclamo, diffondo e insegno la mia verità.
DARIO ANTISERI: "... la libertà di scelta educativa delle famiglie (buono) non ha come unico contraltare il monopolio statalista... deve guardarsi anche dall' insidioso metodo delle convenzioni, vero cappio che trasforma il libero educatore in un postulante ai piedi del potere politico...".
SALVATORE VALITUTTI: "... l' espressione "Religione di Stato" ci fa inorridire mentre l' espressione "Scuola di Stato" ci appare naturale. Eppure sono equivalenti, che cos' è la "Scuola di Statto" se non una "Religione di Stato"?
... e via cantando.
In fondo è per questo che trovo stucchevoli le battaglie di Israel contro i "pedagoghi" e i "metodologisti". Forse è perchè nel mio intimo so che la scuola migliorerà lentamente non certo grazie ad una fantomatica riforma che tarda più di Godot, ma piuttosto grazie al semplice riconoscimento di alcuni diritti elementari della famiglia.
Dentro il buono scuola e fuori il valore legale dei ogni titolo di studio. Ecco come si comincia a levare qualche cerotto da bocche che forse hanno qualcosa da dirci.
mercoledì 19 maggio 2010
Complicità inattese
Lungi dall' essere solo incendiario di libri, Hitler ne leggeva uno al giorno (anzi a notte, con una tazza di tè davanti), e la sua biblioteca nel 1940 ne contava oltre 16.000... credo ci sia una segreta complicità tra lettori bulimici e non lettori... entrambi fuggono la lettura come qualcosa che può trasformarli... ma la cultura non coincide tout court con l' informazione, né va usata come autoconferma... (Filippo La Porta).
Anzichè domandare ansiosi "quanti libri leggi all' anno?", andrebbe chiesto "da quanti dei volumi che conservi gelosamente in libreria prendi drasticamente le distanze?". A me è sempre interessata questa seconda informazione. In fondo identifico l' epoca dell' immaturità con l' epoca in cui desideravo sotteraneamente che qualcuno si facesse un' idea di me osservando la mia biblioteca.
Ah, rispondo alla domanda per quel che mi riguarda: 35%.
Anzichè domandare ansiosi "quanti libri leggi all' anno?", andrebbe chiesto "da quanti dei volumi che conservi gelosamente in libreria prendi drasticamente le distanze?". A me è sempre interessata questa seconda informazione. In fondo identifico l' epoca dell' immaturità con l' epoca in cui desideravo sotteraneamente che qualcuno si facesse un' idea di me osservando la mia biblioteca.
Ah, rispondo alla domanda per quel che mi riguarda: 35%.
martedì 18 maggio 2010
E tu? Quale guerra di civiltà vuoi combattere?
Il "berlusconiano" tipo sappiamo chi sia: un porco evasore che ha appena scannato la moglie e si precipita a lavorare. Lavorare, scannare ed evadere: non sa fare altro.
C' è chi coltiva con amore questa immagine, sono coloro che si sentono chiamati a combattere una guerra di civiltà; qualcuno predilige la retrovia dell' "elaborazione culturale" (Repubblica? Fahrenheit?...), altri s' impegnano sul fronte.
A proposito di questi ultimi, nello stralcio che segue viene fatto anche qualche nome:
Il Nens è un think tank creato nel 2001 da Vincenzo Visco... si occupa di politica economica con una certa specializzazione in materia fiscale... nel think tank romano ha mosso i primi passi un giovane economista, Stefano Fassina, ora responsabile per l' economia del Pd. In questi ultimi mesi Fassina ha drasticamente aggiornato il precedente ricettario "democrat" e in un crescendo di iniziative ha presenziato all`assemblea di Imprese che "resistono", ha chiesto l`abolizione degli studi di settore (perché vessatori nei confronti delle partite Iva) e si è pronunciato per il taglio delle tasse. Meritandosi il convinto plauso del Foglio. Infine sull`Unità la scorsa settimana ha scritto che l`evasione fiscale in Italia «non è solo patologia, purtroppo è anche fisiologia, condizione di sopravvivenza di una parte consistente del lavoro autonomo». La svolta politico-culturale di Fassina non deve essere piaciuta per niente al suo ex maestro Visco che ha imbracciato il bazooka e ha denunciato: «C`è nel Pd chi protegge gli evasori». L`Unità ha riportato il tutto in grande evidenza, sottolineando un passaggio del Visco show. «Quando uno dei nostri va a parlare a una platea di artigiani urlanti e commercianti imbufaliti alla fine è così terrorizzato che gli dà ragione». Io, invece, ha aggiunto l`ex ministro, una volta «ho gestito addirittura un gruppo di bovari». (Dario Di Vico)
Per carità, niente altro che un sugoso resoconto di come cresce e si sviluppa la ben nota gramigna "vischiana" fotografata qui nel suo pieno rigoglio... salvo apprendere con piacevole stupore che forse non è riuscita a soffocare proprio tutto!, qualcosa sopravvive e tenta di contrapporsi.
Ecco, chi si eccita per le "guerre di civiltà", preferirei che le vedesse in questa contrapposizione.
C' è chi coltiva con amore questa immagine, sono coloro che si sentono chiamati a combattere una guerra di civiltà; qualcuno predilige la retrovia dell' "elaborazione culturale" (Repubblica? Fahrenheit?...), altri s' impegnano sul fronte.
A proposito di questi ultimi, nello stralcio che segue viene fatto anche qualche nome:
Il Nens è un think tank creato nel 2001 da Vincenzo Visco... si occupa di politica economica con una certa specializzazione in materia fiscale... nel think tank romano ha mosso i primi passi un giovane economista, Stefano Fassina, ora responsabile per l' economia del Pd. In questi ultimi mesi Fassina ha drasticamente aggiornato il precedente ricettario "democrat" e in un crescendo di iniziative ha presenziato all`assemblea di Imprese che "resistono", ha chiesto l`abolizione degli studi di settore (perché vessatori nei confronti delle partite Iva) e si è pronunciato per il taglio delle tasse. Meritandosi il convinto plauso del Foglio. Infine sull`Unità la scorsa settimana ha scritto che l`evasione fiscale in Italia «non è solo patologia, purtroppo è anche fisiologia, condizione di sopravvivenza di una parte consistente del lavoro autonomo». La svolta politico-culturale di Fassina non deve essere piaciuta per niente al suo ex maestro Visco che ha imbracciato il bazooka e ha denunciato: «C`è nel Pd chi protegge gli evasori». L`Unità ha riportato il tutto in grande evidenza, sottolineando un passaggio del Visco show. «Quando uno dei nostri va a parlare a una platea di artigiani urlanti e commercianti imbufaliti alla fine è così terrorizzato che gli dà ragione». Io, invece, ha aggiunto l`ex ministro, una volta «ho gestito addirittura un gruppo di bovari». (Dario Di Vico)
Per carità, niente altro che un sugoso resoconto di come cresce e si sviluppa la ben nota gramigna "vischiana" fotografata qui nel suo pieno rigoglio... salvo apprendere con piacevole stupore che forse non è riuscita a soffocare proprio tutto!, qualcosa sopravvive e tenta di contrapporsi.
Ecco, chi si eccita per le "guerre di civiltà", preferirei che le vedesse in questa contrapposizione.
venerdì 14 maggio 2010
E io pago!
A chi si lamenta del canone Rai, con riflesso degno di miglior causa si risponde prontamente che anche la TV commerciale pesa sulle tasche di noi tutti: quando andiamo al supermercato paghiamo di tasca nostra tutta quella valanga di pubblicità.
Ottima risposta, la teoria eretica gode infatti di una maliziosa semplicità: la pubblicità costa e i costi vengono trasferiti sui prezzi dei prodotti.
Solletica poi i nostri istinti: ci piace pensare male della pubblicità, ci piace immaginare i pubblicitari sempre con le loro manacce sporche sulla e nella nostra delicata ed innocente testolina.
I fatti però, oltre alla teoria ortodossa, dicono altro: la pubblicità abbassa i prezzi. Scoprire il perchè non è difficile.
Ottima risposta, la teoria eretica gode infatti di una maliziosa semplicità: la pubblicità costa e i costi vengono trasferiti sui prezzi dei prodotti.
Solletica poi i nostri istinti: ci piace pensare male della pubblicità, ci piace immaginare i pubblicitari sempre con le loro manacce sporche sulla e nella nostra delicata ed innocente testolina.
I fatti però, oltre alla teoria ortodossa, dicono altro: la pubblicità abbassa i prezzi. Scoprire il perchè non è difficile.
Cariiiiino!
Dopo aver ricalibrato i lieder di Brhams, ora, con la medesima acribia, si cimentano con Schubert nel tentativo di trasfigurare la "bellezza" - che oggi è tanto insopportabile - in "carineria". Ora come allora i Franui-Musicbanda meritano sempre una coccola e un ascolto.
Spazzatura seducente: la prospettiva di Leamer
Rose, diffidi degli economisti? E' un sentimento diffuso e anche in parte giustificato, molti considerano l' economia una "junk science". Eppurre anche la spazzatura puo' sedurre. Io, per conto mio, la considero un po' arte un po' scienza.
Attenzione però a non confondere "economisti" ed "conometrici". Questi ultimi sono economisti che puntano molto (forse troppo) sullo strumento statistico e così facendo pensano di guadagnarsi sul campo i galloni di "scienziati".
Se si hanno in mente questi ultimi e si vuole trasformare il sentimento di diffidenza in una critica rigorosa, allora ecco una lettura obbligatoria.
Il sugo. Gli econometristi sono soggetti a due errori (di Campionamento e di Specificazione) ma parlano volentieri solo del primo visto che piace loro mostrare orgogliosamente come dominino tecniche prodigiose in grado di comprimerlo. Sorvolano bellamente sul secondo, il più rognoso, quello legato all' arbitrio iniziale con cui si fissano le variabili rilevanti e i nessi di causalità: considerare poche variabili libera l' arbitrio, considerarne molte rende le conclusioni inevitabilmente fragili.
Poichè in natura le variabili non sono isolabili, i verdetti della scienza sono effimeri. In economia questo difettuccio si presenta in forma abnorme: molte variabili sempre all' opera e inestricabilmente legate tra loro. Piuttosto che torturare i dati disponibili con tecniche inutilmente sopraffine, cerchiamo piuttosto di ampliare le fonti della conoscenza diversificando gli inevitabili errori delle inferenze.
Dobbiamo rassegnarci: gli a-priori saranno sempre decisivi e la scrematura delle variabili da includere è un apriori.
Tutto diventa allora una questione di prospettiva... la cancellata puo' essere questa...
ma anche questa...
E' un difetto? Certo, tutti noi vorremmo vedere con chiarezza tutto fin da subito. Ma questi limiti, ripeto, affliggono anche la Scienza con la "s" maiuscola, è solo una questione di gradi. Anzichè disprezzare gli pseudo-scienziati forse è più costruttivo non mitizzare la Scienza con la "s" maiuscola cominciando a conoscerla meglio magari proprio grazie ai gravi limiti dei modelli econometrici.
Attenzione però a non confondere "economisti" ed "conometrici". Questi ultimi sono economisti che puntano molto (forse troppo) sullo strumento statistico e così facendo pensano di guadagnarsi sul campo i galloni di "scienziati".
Se si hanno in mente questi ultimi e si vuole trasformare il sentimento di diffidenza in una critica rigorosa, allora ecco una lettura obbligatoria.
Il sugo. Gli econometristi sono soggetti a due errori (di Campionamento e di Specificazione) ma parlano volentieri solo del primo visto che piace loro mostrare orgogliosamente come dominino tecniche prodigiose in grado di comprimerlo. Sorvolano bellamente sul secondo, il più rognoso, quello legato all' arbitrio iniziale con cui si fissano le variabili rilevanti e i nessi di causalità: considerare poche variabili libera l' arbitrio, considerarne molte rende le conclusioni inevitabilmente fragili.
Poichè in natura le variabili non sono isolabili, i verdetti della scienza sono effimeri. In economia questo difettuccio si presenta in forma abnorme: molte variabili sempre all' opera e inestricabilmente legate tra loro. Piuttosto che torturare i dati disponibili con tecniche inutilmente sopraffine, cerchiamo piuttosto di ampliare le fonti della conoscenza diversificando gli inevitabili errori delle inferenze.
Dobbiamo rassegnarci: gli a-priori saranno sempre decisivi e la scrematura delle variabili da includere è un apriori.
Tutto diventa allora una questione di prospettiva... la cancellata puo' essere questa...
ma anche questa...
E' un difetto? Certo, tutti noi vorremmo vedere con chiarezza tutto fin da subito. Ma questi limiti, ripeto, affliggono anche la Scienza con la "s" maiuscola, è solo una questione di gradi. Anzichè disprezzare gli pseudo-scienziati forse è più costruttivo non mitizzare la Scienza con la "s" maiuscola cominciando a conoscerla meglio magari proprio grazie ai gravi limiti dei modelli econometrici.
giovedì 13 maggio 2010
Quando il numero più basso è "due"
Se una forma di vita nasce dal pancione o dal pc che m' importa? La sola questione che m' importa è quella dell' anima.
Dove stai anima, forse negli occhi?
"Diritti agli animali? Sono disposto a concederli quando saranno loro a chiedermeli con una petizione" (Murray Newton Rothbard).
Con gli animali, il guaio non sta tanto nell' innalzare eventualmente il loro status ontologico, quanto nel non poterlo fare fino alla parificazione con il nostro.
Si ricade inevitabilmente nel pluralismo ontologico restando esposti alle sue minacce: se creo la categoria del subumano per metterci l' animale, una volta che c' è cosa m' impedisce di metterci anche Tizio e Caio, gente tanto dura di cervice da non poter certo essere assimilati a me? Prima non avrei osato "degradarli", ma ora posso farlo.
E se il subumano animale mi sembra troppo, ricorrerò ad altro, tanto ora che so "creare" razze ontologiche posso farmene una su misura dove relegare le persone scomode.
Diversa è la battaglia per innalzare lo status del folle: in quel caso l' obiettivo è una parificazione con noi. Non devo buttarmi nell' ontologia per "creare" nuove categorie che fanno tanto comodo ai razzisti, bensì per "eliminare".
Eliminare le razze dunque. Eliminarle fino al raggiungimento del "numero ontologico" più basso. E il numero più basso è due: oggetto e soggetto. Se lo zero è il nichilismo, l' uno coincide con l' infinito, il numero più alto.
Anima, anima, dove stai? Forse negli occhi?
Più probabilmente sta nella capacità di sedere sulla sedia dell' imputato subendo un processo con regole uguali per tutti.
Dove stai anima, forse negli occhi?
"Diritti agli animali? Sono disposto a concederli quando saranno loro a chiedermeli con una petizione" (Murray Newton Rothbard).
Con gli animali, il guaio non sta tanto nell' innalzare eventualmente il loro status ontologico, quanto nel non poterlo fare fino alla parificazione con il nostro.
Si ricade inevitabilmente nel pluralismo ontologico restando esposti alle sue minacce: se creo la categoria del subumano per metterci l' animale, una volta che c' è cosa m' impedisce di metterci anche Tizio e Caio, gente tanto dura di cervice da non poter certo essere assimilati a me? Prima non avrei osato "degradarli", ma ora posso farlo.
E se il subumano animale mi sembra troppo, ricorrerò ad altro, tanto ora che so "creare" razze ontologiche posso farmene una su misura dove relegare le persone scomode.
Diversa è la battaglia per innalzare lo status del folle: in quel caso l' obiettivo è una parificazione con noi. Non devo buttarmi nell' ontologia per "creare" nuove categorie che fanno tanto comodo ai razzisti, bensì per "eliminare".
Eliminare le razze dunque. Eliminarle fino al raggiungimento del "numero ontologico" più basso. E il numero più basso è due: oggetto e soggetto. Se lo zero è il nichilismo, l' uno coincide con l' infinito, il numero più alto.
Anima, anima, dove stai? Forse negli occhi?
Più probabilmente sta nella capacità di sedere sulla sedia dell' imputato subendo un processo con regole uguali per tutti.
Breve memorandum
"Verba volant, scripta manent".
Eh già.
Ma come diceva John von Neumann, questo non è necessariamente un argomenta contro i "verba". Quanta gente si sarebbe salvata se la carta non la "inchiodasse".
E la TV? La TV è parola che vola via o scritto scolpito nella roccia?
Per molti, non solo "incide" ma "scolpisce". In particolare scolpisce i cervelli che alla TV restano esposti. Anche il Cobra più smaliziato si rincoglionisce al suono di quel piffero. I nostri cerebri sono cablati e i cavi finiscono tutti nell' attacco dell' antenna.
Ed ecco che gli allarmi dei regolamentatori partono tutti insieme come dopo il temporale di stanotte.
Ricapitoliamo: la parola vola, lo scritto resta e la TV plasma.
Da qui la necessità di provvedere: tolleranza sbuffante per la chiacchera da bar (ci si limiti a far passare il mito dell' Italia becera...), supervisione occhiuta sugli scritti (monopolio scolastico, egemonia culturale...) e regolamentazione ferrea sulle antenne (conflitto d' interesse, par condicio...).
Ma la "pianificazione espressiva" non è certo la "libertà espressiva" e chi ha davvero a cuore il secondo valore è poco interessato a sapere se l' espressione "voli", "duri" o "incida"; la libertà è libertà... purtroppo.
I valori sono valori, ma poichè bisogna essere anche pragmatici, vengono buone le seguenti osservazioni sulla capacità d' incidere della TV:
Solo un memorandum. Un elenco di fatti spiegablii in due modi. Primo: la Rai porta sfortuna a chi ne detiene le chiavi di maggioranza. Secondo: elettoralmente la Rai conta molto meno di quanto non siano disposti ad ammettere gli arcigni duellanti dei due schieramenti, Altre spiegazioni?
N.B. nelle recenti elezioni inglesi si ripete il ritornello: chi buca il video resta minoritario nei consensi.
Pierluigi Battista (da Particelle Elementari)
Eh già.
Ma come diceva John von Neumann, questo non è necessariamente un argomenta contro i "verba". Quanta gente si sarebbe salvata se la carta non la "inchiodasse".
E la TV? La TV è parola che vola via o scritto scolpito nella roccia?
Per molti, non solo "incide" ma "scolpisce". In particolare scolpisce i cervelli che alla TV restano esposti. Anche il Cobra più smaliziato si rincoglionisce al suono di quel piffero. I nostri cerebri sono cablati e i cavi finiscono tutti nell' attacco dell' antenna.
Ed ecco che gli allarmi dei regolamentatori partono tutti insieme come dopo il temporale di stanotte.
Ricapitoliamo: la parola vola, lo scritto resta e la TV plasma.
Da qui la necessità di provvedere: tolleranza sbuffante per la chiacchera da bar (ci si limiti a far passare il mito dell' Italia becera...), supervisione occhiuta sugli scritti (monopolio scolastico, egemonia culturale...) e regolamentazione ferrea sulle antenne (conflitto d' interesse, par condicio...).
Ma la "pianificazione espressiva" non è certo la "libertà espressiva" e chi ha davvero a cuore il secondo valore è poco interessato a sapere se l' espressione "voli", "duri" o "incida"; la libertà è libertà... purtroppo.
I valori sono valori, ma poichè bisogna essere anche pragmatici, vengono buone le seguenti osservazioni sulla capacità d' incidere della TV:
Mi permetto di sottoporre questo breve memorandum agli ossessionati dal binomio tv/politica.
- Primo antefatto. Negli ultimi anni della Prima Repubblica i socialisti si presero una rete televisiva della Rai, la seconda. Ad ogni appuntamento elettorale aumentavano di qualche zero virgola, non di più .
- Secondo antefatto. Negli ultimi anni della Prima Repubblica i comunisti si presero una rete televisiva della Rai, la terza. Ad ogni appuntamento elettorale la sconfitta numerica del Pci si faceva sempre più drammatica.
- Terzo antefatto, negli anni dell'agonia della Prima Repubblica, la Lega non esisteva nella televisione. Ma cominciava a mietere i suoi straordinari successi elettorali.
- All'inizio della Seconda Repubblica, la Rai segna un significativo spostamento a sinistra, sia nella composizione della dirigenza, sia nelle caratteristiche dei conduttori dei principali programmi politici della tv pubblica. Ma cio' non impedì la vittoria elettorale della destra nel 1994.
- Arrivata al potere, la destra impose una drastica sterzata politica alla Rai. Ma nel 1996 le elezioni le vinse la sinistra, spodestata Se chi controlla dal vertici della tv pubblica.
- Arrivata al potere la sinistra, l'accentuazione politica a sinistra dei canali nazionali si fece ancor più aggressiva e militante. Ma nelle elezioni successive vinse la destra, minoritaria nei vertici della tv pubblica.
- Arrivata nuovamente al potere, la destra occupa militarmente gli spazi maggioritari della Rai. Ma cio' non evita un' impressionante sequenza di rovesci elettorali per la destra (Comunali, Provinciali, Regionali, Europee) fino alla sia pur risicata vittoria elettorale della sinistra nel 2006.
- Arrivata nuovamente (sia pur precariamente) al potere nel 2006, la sinistra, pur non riuscendo a imporre un rovesciamento drastico negli equilibri della Rai, opera alcuni parziali ma decisivi aggiustamenti a suo favore. Ma alle elezioni del 2008 la sinistra perse rovinosamente, favorendo il trionfo della destra.
- Arrivata ancora una volta al potere, la destra ha di nuovo modificato radicalmente gli equilibri di potere nella Rai, nei telegiomali, nelle reti, nei programmi di intrattenimento, politico e non. Stando ai sondaggi, non sembra che ll controllo sulla Rai abbia incrementato ulteriormente i consensi per l'attuale maggioranza (o almeno così pare).
Solo un memorandum. Un elenco di fatti spiegablii in due modi. Primo: la Rai porta sfortuna a chi ne detiene le chiavi di maggioranza. Secondo: elettoralmente la Rai conta molto meno di quanto non siano disposti ad ammettere gli arcigni duellanti dei due schieramenti, Altre spiegazioni?
N.B. nelle recenti elezioni inglesi si ripete il ritornello: chi buca il video resta minoritario nei consensi.
Pierluigi Battista (da Particelle Elementari)
mercoledì 12 maggio 2010
Multitasking? Mica tanto.
Contate attentamente quante volte le ragazze vestite di bianco si passano la palla. Mi raccomando, mi affido alla vostra capacità di concentrarvi.
Visto? Quindi... allacciatevi la cintura e rallentate... tanto per cominciare.
link
Visto? Quindi... allacciatevi la cintura e rallentate... tanto per cominciare.
link
Bellezze indotte
Il più bel road movie in circolazione?
Con rammarico devo ammettere che non è un "movie" ma una pubblicità
Con rammarico devo ammettere che non è un "movie" ma una pubblicità
martedì 11 maggio 2010
lunedì 10 maggio 2010
La carità che uccide
"... In Africa c' è un fabbricante di zanzariere che ne produce circa cinquecento la settimana. Dà lavoro a dieci persone, ognuna delle quali (come in molti Paesi africani) deve mantenere fino a quindici famigliari. Per quanto lavorino sodo, la loro produzione non è sufficiente per combattere gli insetti portatori di malaria. Entra in scena un divo di Hollywood che fa un gran chiasso per mobilitare le masse e incitare i governi occidentali a raccogliere e inviare centomila zanzariere nella regione infestata dalla malattia, al costo di un milione di dollari. Le zanzariere arrivano e vengono distribuite: davvero una «buona azione». Col mercato inondato dalle zanzariere estere, però, il nostro fabbricante viene immediatamente estromesso dal mercato, i suoi dieci operai non possono più mantenere le centocinquanta persone che dipendono da loro (e sono ora costrette ad affidarsi alle elemosine), e, fatto non trascurabile, entro cinque anni al massimo la maggior parte delle zanzariere importate sarà lacera, danneggiata e inutilizzabile. Un intervento efficace a breve termine può involontariamente minare ogni fragile possibilità di sviluppo già esistente..."
MOYO DAMBISA "La carità uccide".
Certi "baci" hollywoodiani assomigliano molto al "bacio della morte".
MOYO DAMBISA "La carità uccide".
Certi "baci" hollywoodiani assomigliano molto al "bacio della morte".
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