
Evidentemente qualcosa sta cambiando, s' intravede una luce...
La messe di libri in uscita in occasione del bicentenario della nascita di Darwin è inaugurata dal volume del terzetto Girotto-Pievani-Vollortigara (Nati per credere).
Come si puo' spiegare la Fede in termini evoluzionistici? Di sicuro un libro che andrà a ruba, capace com' è di calamitare tutte le attenzioni più rabbiose. A fare da apri pista poi c' è l' onnipresente paginone curato da Boncinelli sul Corriere di Venerdì 2 gennaio. Una garanzia.
Ora vorrei fare solo un paio di considerazioni da utilizzare come antidoto alle tonnellate di sciocchezze pro-darwiniane, più o meno intellettualmente raffinate e finemente argomentate, che ci toccherà sentire in occasione della ricorrenza.
A proposito, vi sembrano quelle che ho appena usato parole troppo dure? Ma no dài, in fondo sono solo le stesse di Boncinelli utilizzate in relazione reciproca. Lui mette le mani avanti e sdogana ovunque la stessa operazione.
Sono solo stupidi insulti preventivi in fondo, ma con tanto di autorevole timbro messo in calce, quindi...
Veniamo al nocciolo. La Fede per l' evoluzionista duro e puro (edp), dunque.
Si comincerà con il dire che l' edp, quando mette l' abito del filosofo, non pensa che noi uomini siamo ANCHE animali, lui pensa che siamo SOLO animali. In quanto tali disinteressati alla Verità ma unicamente concentrati sull' obiettivo che assorbe da solo tutta la nostra attenzione: Campare. Lui, edp, si occupa di noi come si occuperebbe del nostro braccio preso senza di noi. La cosa fa una certa impressione. Lui, infatti, la Fede l' analizza al microscopio come fosse una proteina.
Una posizione che irradia tristezza infinita nel cervello che la pensa. Ma dobbiamo approfittarne quando uno studioso è disposto a proporla schiettamente senza occultarla sotto ipocrita velame.
L' uomo non crede perchè in ultima analisi cerca una Verità Fondata (spiegazione standard - ss), bensì per altri motivi. O per nessun motivo, semplicemente perchè è costruito così.
Già, nessun motivo...
Veniamo dunque alla prima avvertenza e premettiamo che una "spiegazione" getta luce rispondendo ad un "perchè". Se ci limitiamo a descrivere il funzionamento cognitivo della mente da cui emergerebbe la fede, noi non la stiamo "spiegando". Per il sempice fatto che non rispondiamo al "perchè" di quel particolare funzionamento. La posizione è legittima, purchè si riconosca che non si sta proponendo una spiegazione alternativa ma, molto più semplicemente, una mesta descrizione. Con inevitabile drammatico calo delle vendite. L' editore chiede dunque che sul punto si rimanga perlomeno ambigui. Capito adesso la mia premura per questa avvertenza?
Ma edp ha anche una spiegazione alternativa a ss. In realtà è la spiegazione che utilizza per qualsiasi cosa e che ricicla anche quando deve spiegare la Fede: la fede ci serve per Campare. La Fede è Utile.
A chi? A me? Alla specie? Al gene egoista? Tutte domande a cui si puo' anche rispondere.
Senonchè l' Utilitarismo ha ben altri svantaggi: è allergico a dimostrazioni affidabili. Che in certi casi si trasformano in vantaggi: non c' è l' onere di dimostrarlo con accuratezza. Cio' non significa che non possa essere ragionevolmente congetturato come causa.
Ha un bel dire Boncinelli che la spiegazione di edp è chiara e semplice. Sì, chiara e semplice da enunciare. Ma praticamente impossibile da dimostrare.
La Fede è utile? Le Fedi delle civiltà superstiti forse lo sono state, altrimenti quelle civiltà non sarebbero sopravvissute. Ma questa è una definizione, mica una dimostrazione. E le fedi delle civiltà estinte? E poi, l' uomo ateo e senza fede è destinato dunque ad estinguersi?
Domande che lascio cadere e che, per dirla tutta, nemmeno mi interessano molto.
Ci sono infatti questioni più interessanti. Facciamo questa considerazione: alla questione decisiva, la Fede è Utile?, rispondiamo con un grado di certezza molto basso (vale per tutte le domande poste in termini di utilità assoluta). I favorevoli passeranno la vita a raccogliere prove e lo stesso faranno i contrari. Ma le spiegazioni alternative che grado di certezza offrono alla nostra ragione?
Veniamo ai gradi di certezza che ci propone ss. Come al solito, poichè la fede è fondamento dell' etica, prendo le risoluzioni morali. Alcune di esse, parlo di quelle basilari, la mia ragione le sente molto Vere nel loro contenuto, al di là della loro utilità.
Morale: il grado di certezza che mi offre ss è di gran lunga più elevato rispetto a quello offerto dalla teoria di edp. In quanto persona ragionevole, se devo scegliere, scelgo ss. Anche se faccio dipendere questa scelta dalla ragione e non da un fatto osservato al microscopio.
Il cosa interessante poi è che le due teorie non sono incompatibili (tranne che per edp). Una cosa (Fede) puo' essere sia vera che utile. Infatti io, ma questo è un caso, le credo vere tutt' e due. E qui mi si consenta un piccolo colpo si scena: ss la credo vera fondandomi soprattutto sulla ragione, e ho spiegato il perchè, mentre la soluzione evoluzionistica la credo vera ricorrendo in misura molto superiore ad un atto di fede indimostrabile!
Ecco, in molti si mettono di buzzo buono e da scienziati tentano di rispondere alla prima domanda. Ma poi - vuoi per attrarre meglio l' attenzione di un più vasto pubblico, vuoi per una certa nostalgia di questioni più cruciali - grazie ad un gioco delle tre carte, smettono l' abito della scienza per indossare quello della matafisica e cominciano, senza variare tono in modo percettibile, a rispondere alla seconda. Il trucchetto è ben spiegato in questo libro.
Sia chiaro quindi che non ho messo in luce dei disaccordi, quanto delle ambiguità in cui gioca un certo opportunismo. Ma prima di tirare lo sciacquone attendiamo di leggere il libro per constatare se quelle ambiguità siano alimentate o dissipate, per vedere se gli autori vogliono raccontarci qualcosa d' interessante sulla Fede, qualcosa che arricchisca la nostra cultura scientifica, o se invece pretendono d' impancarsi a filosofi cambiando il mestiere che hanno sempre fatto senza dir niente a nessuno.
Il post di Davide e gli sviluppi della discussione mi sollecitano una replica che non riesco a differire oltre.
Parlando di musiche giovanili ho chiesto a gran voce di non confondere il Punk con l' Heavy Metal. Io personalmente vedo con chiarezza il solco che distanzia le due forme espressive. Tento di buttare giù una corta lista di differenze estetico/filosofiche nella speranza che passi come ovvio il fatto che molte commistioni sono sempre possibili, e anche che mi venga perdonata una competenza più sull' antico che sul contemporaneo. Spero nel frattempo di non essermi perso qualche rivoluzione.
Non voglio essere troppo crudele con l' HM, è una musica che presenta elementi grotteschi e presa da quel lato alcuni artisti ne hanno fatto buon uso (mi vengono in mente alcuni concerti dei Pop Mekanika, oppure dei God, vedi appendice). D' altro canto il P è sempre così terribilmente serioso, al punto che in quell' ambito non credo ad entusiasmi autentici che superino in durata il paio d' annate.
Mini appendice sonora.
P.S. momenti di gelo nello studio (un regalino per vlad che li cerca sempre con avidità):
Per sapere a che serve la "scuola di Stato" puo' essere utile sapere a che serve lo "Stato".
Un adagio risaputo recita che l' uomo lasciato a se stesso ha vita breve, brutale e misera. Lo spiegò con dovizia di particolari il geniale teorico dei governi assolutisti: Hobbes.
Detta così è facile saltare a conclusioni indebite: ma quanta cattiveria in questa bestia selvaggia che è l' uomo! E quanto genio sprigiona invece se un benevolo monarca si prende cura di lui sottraendolo al darwinismo sociale!
In effetti il tritacarne del darwinismo sociale, anche se rivalutato qualche secolo dopo, non ha mai goduto di buona fama. Si è sempre pensato che alimentasse egoismi e, quindi, l' autodistruzione della comunità.
In realtà diana ci ha spiegato che non è così, anzi, l' uomo allo stato di natura sviluppa anche sentimenti altruistici, forme forti di simpatia verso i suoi simili, l' uomo lasciato a se stesso, tramite l' evoluzione naturale, rinvigorisce anche il suo spirito etico. Dal "tritacarne" esce pure un istinto fondamentale: l' immedesimazione con l' altro e la disponibilità a comprenderlo. A che serve più allora il nostro benevolo monarca?
Se le relazioni con il prossimo si limitassro a dover dosare altruismo ed egoismo, una bella anarchia sarebbe sufficiente, sa produrre entrambi gli ingredienti mettendoli a disposizione di tutti. Ma la cofigurazione dei rapporti non si esaurisce purtroppo in questo dosaggio.
Liofilizzando intere biblioteche tento di ridurre a due le relazioni interpersonali possibili:
Fattispecie lineare: osservo il mio prossimo agire e giudico le sue sensazioni, i suoi pensieri ecc. Lo faccio come se fossi lo spettatore di un film; sulla base dei miei giudizi agisco nei suoi confronti;
Fattispecie speculare: osservo il mio prossimo sapendo che agirà a seconda del giudizio che mi formo su di lui, proprio come faccio io nei suoi confronti. E in queste condizioni sono chiamato a deliberare.
La prima parte di questo intervento l' ho scritta per rassicurare tutti allorchè si rientri nella prima fattispecie. Gli scetticici non temano assalti o azioni brutali; per quanto le eccezioni siano parecchie, saprò nel complesso adottare decisioni rispettose che non destabilizzeranno l' equilibrio comunitario. In fondo al cuore sono più o meno simpatetico con il mio prossimo (mica è un vanto, me l' ha detto Iacoboni).
La seconda fattispecie invece è tremenda. Purtroppo in quel caso l' esito felice non dipende più dalla mia bontà. Se si va a fondo (cosa qui impossibile, ma si può sempre chiedere alla beautiful mind di Nash) si scoprirà che due persone mediamente buone (non parlo dei santi) potrebbero finire a legnate sulla testa. Una mega rissa tra "boni de core", e la società affonda.
Per capire un po' meglio cosa intendo con la seconda fattispecie faccio solo un puerile esempio formale (famoso però perchè oggetto di memorabili studi): quando esco alla sera mi piace frequentare locali che non siano troppo affollati, d' altro canto vorrei evitare anche il "deserto", è proprio deprimente. Sapendo che paraticamente tutti in città hanno questa esigenza, in quale giorno della settimana programmerò le mie uscite?
Ogni cittadina sviluppa dei suoi segnali per dare indicazioni. Mentre il MIT batteva a tappeto la Frisco Bay in cerca di lumi, io ricordo che nella Mondovì di quand' ero militare si usciva misteriosamente il Giovedì sera (i motivi non sono stati mai appurati).
Inutile comunque arrovellarsi, una soluzione razionale non esiste. Però un problema del genere serve a dar conto razionalmente dell' esistenza di tradizioni, simboli, mode, rituali... e anche del monarca! (il "benevolo" puo' ora finalmente cadere).
Un governo serve per "coordinarci", non per farci diventare più buoni (a quello ci pensano i neuroni specchio di Diana e Iacoboni). Avete capito adesso perchè brandire la Costituzione in classe come il decalogo del Monte Sinai non mi piace? Perchè la scuola di Stato ha un' altra funzione. Siamo già "buoni", dobbiamo diventare "imparati".
Orecchiando il ronzio di qualche TG, sento che tra le misure di riforma scolastica qualcuno avanza l' ipotesi di classi differenziali. In testa si hanno i bambini extra-comunitari, ma io qui vorrei allargare il discorso riferendomi ai trattamenti differenziati in base alla preparazione a cui è possibile sottoporre i monelli. Il criterio non deve essere necessariamente quello della "provenienza".
Dunque, dicevo della proposta di "classi differenziali". Ecco un ventaglio delle possibili reazioni:
Se funzionano mi va bene.
Mi oppongo per principio: alimentano forme di razzismo.
Poichè il "funzionamento" di un simile provvedimento non è misurabile, per ragioni prudenziali lo casserei.
Mi oppongo perchè mi oppongo a tutto cio' che introduce diversità tra gli allievi.
Io, che in queste materie sono agnostico, abbraccio la posizione 1. Avvertenza: una misura "funziona" se fa conseguire a ciascun allievo una preparazione migliore. Detto così è facile.
Inoltre, probabilmente, la cosa "funziona". Se il mio archivio fosse in ordine metterei volentieri qualche link. Non mi fido completamente ma sembra che introdurre discrimini che travalichino quello dell' età per concentrarsi sulla preparazione, sia auspicabile poichè consente di applicare al meglio quelli che oggi sembrano i metodi più efficaci.
Non temo molto la deriva "razzista": alzare la qualità nell' istruzione (se davvero in questo modo fosse possibile) forse è la migliore garanzia contro il razzismo, sia quello passivo che quello attivo. Non si dice forse che sia l' ignoranza a fomentarlo? Bene, miniamola alla base.
Contro 3 sono anche moderatamente fiducioso sul fatto che gli effetti di una pedagogia siano "misurabili".
Purtroppo spesso chi sostiene 3 lo fa perchè in fondo sostiene 4 e un po' se ne vergogna. Questa maschera mi dà molto fastidio, soprattutto perchè 3, diversamente da 4, ha al suo arco frecce accuminate, lo confesso, ed è un vero piacere parlare con un sincero sostenitore di quell' opzione, s' impara molto.
Non nego che prendere partito su una questione del genere implichi anche scelte ideologiche. Io per esempio tollero bene le diseguaglianze se vanno a vantaggio di tutti. Ma mi rendo conto che l' italiano medio è stato imboccato con ben altri omogeneizzati. Qui sì che mi piacerebbe una bella "rivoluzione culturale".
Ciao amici, vorrei parlare di razzismo. Un bel problemino che ci ha scaldato non poco, per esempio qui.
Sappiamo bene che le accuse quanto più sono gravi, tanto più sono confuse. Sento l' esigenza di riordinare le idee.
Come in molti casi la soluzione potrebbe trasparire tramite l' enuciazione più precisa dei concetti in ballo.
Mi disinteresso alla questione relativa all' "esistenza delle razze". Mi sembra irrilevante: il razzista che non ha tempo per l' evoluzione genetica, nemmeno è disposto ad attendere l' evoluzione culturale di un' etnia. Purtroppo il razzista non "si sbaglia", sa bene quello che vuole, anzi, quello che non vuole. Chi preferisce altri termini faccia pure mentalmente le sostituzioni che desidera, penso che la sostanza non cambi.
Dapprima mi si consenta di introdurre una premessa a cui tengo molto: una legge e un individuo si giudicano sulla base di criteri differenti.
Esistono dunque due forme di razzismo a seconda che mi riferisca ad una legge o ad un individuo. Di conseguenza mi occorrono due definizioni. Eccole:
una legge è razzista se, sulla base della razza, discrimina le persone;
un individuo è razzista se non supera il test di Landsburg.
Nonostante le definizioni sembrino banali, in realtà non lo sono, spero.
Si consideri solo il fatto che la prima definizione bolla come "razzista" anche qualsiasi legge relativa alle "pari opportunità" sulla base dell' etnia. La seconda potrebbe togliere l' etichetta di "razzista" a chi desidera solo girare ben al largo da un qualsiasi campo nomadi.
Un tempo vigeva l' identità Fascista = Cattivone (praticamente, se non la pensi come me sei un fascista). Cio' ha consentito il proliferare ipertrofico dell' epiteto e la sua evaporazione nel nulla. Non si capiva più niente, l' accusa di "fascista" diventò estremamente controproducente. Vogliamo evitare che la cosa si ripeta? Io direi di sì.
Ma perchè? Ma perchè quando dai libri zompano nei giornali, un sordo tonfo accompagna il capitombolo d' ordinanza?
Chissà da quale profonda riflessione sui problemi in cui si dibatte la scuola emergeva lo scrittore Andrea Camilleri, chissà quali intricati nodi era impegnato a dipanare sull' argomento, per sentire l' esigenza di sintetizzare la sua elucubrazione affermando di fronte ad un nugolo di liceali affamati di Verità che il ministro dell' istruzione è un essere subumano?
Abbandono subito la cronaca, non è di Camilleri che vorrei parlare, e neanche della scuola.
Quello che mi impressiona è l' afasia stentata con cui un innamorato delle parole comunica con il proprio prossimo. Ma come diavolo è possibile che l' amore per il Canto viaggi regolarmente scortato dalla sprezzatura del dialogo onesto?
Prendo infatti a pretesto questa uscita solo perchè ancora fresca ed esemplare di una contraddizione che nella mia zucca non riesco a sanare: ho sempre pensato che l' Arte avesse un accesso privilegiato ai dati della Realtà, ero e sono convinto che quella lente, meglio di altre, metta a fuoco il carcere del Mondo che ci incastra nelle sue quattro mura; eppure, per quanto spinga in là il ricordo, a frequenze regolari ascolto Artisti pronunciaarsi in fuor d' opera sulle vicissitudini mondane avvalendosi di pensieri&parole che sono specchi deformi della realtà. E parlo di luridi specchi da Luna Park di provincia! I giudizi che ci scaraventano addosso rimpallano in un flipper demenziale tra i funghetti del becero e dello squilibrato, quasi sempre si accende lo special che premia il più iperbolico tra gli istrionici esibizionismi. Basta un contatto occasionale con questa genia di "opinionisti" affinchè i vostri abiti s' intridano di quel caratteristico tanfo: ovunque il retrogusto dell' infantil-senilismo più irredimibile. E sto perlando di artisti che non esiterei un secondo a definire "autentici".
Ma perchè se apro i giornali l' unico opinionista con cui possono rivaleggiare i letterati è uno scombussolato per motivi anagrafici come Sartori?
Ma ve lo ricordate lo Stockhausen che definiva l' abbattimento ancora fragrante delle torri come la più bella opera d' arte del secolo? E chissà quanti si mordettero le mani per essere stati bruciati sul tempo dal creativo tempista.
Se la ragione mi convince che la pratica artistica sia destinata ad illuminare e acuire le intelligenze, l' esperienza mi fa toccare con mano e controvoglia come l' esposizione continua al Bello ottunda le facoltà intellettive fossilizzandole ad uno stato embrionale.
Con le dovute e rilevanti eccezioni, sembra proprio che il talento artistico si correli inversamente alla capacità di percepire la fibra del reale disponendo di categorie ben ordinate.
Per un Saviano che scava con perizia da archeologo nella monnezza di casa sua senza riuscire mai a librarsi oltre una scrittura giornalistica che "venda impressionando", c' è sempre un Dario Fo che spara svirgolate su tutto lo scibile umano pur di non rinunciare al verace miracolo artistico del fango che sulla scena prende vita fino a diventare linguaggio sensuale e colorato. Per un Vargas Llosa alle cui conferenze ci precipitiamo dopo aver abbandonato a metà dei libri che si "trascinano" a partire da pagina dieci, c' è sempre il puerile messaggio di politica internazionale a cura di Thomas Bernhard, vera ansa da seguire con le dita infilate nelle orecchie fino alla seconda falange, e parlo del medesimo autore per cui faremmo di tutto pur di degustare il nettare della cesellata e martellante invettiva senza perderne una stilla.
Corro sempre incontro alla scrittura fumigante di Langone, ma non mi sogno di consigliarla a nessuno visto che non conosco nessuno che si sia sottoposto alla rete intricata di vaccinazioni necessarie per spurgare il veleno di quei testi mentre li si inghiotte. E lo stesso potrei dire per i coriandoli di Ceronetti, tanto vividi quanto inattendibili; tanto preziosi, quanto mitomani. Scredita oggi, scredita domani ecco che ci si scava quella nicchia di libertà che assomiglia tanto alla nursery del supermercato dove il Mondo, che deve far la spesa se vuole magnà, ha parcheggiato i suoi artisti sapienti ovunque tranne che nel giudizio.
Da Tabucchi a Magris, o è un furore che incendia, o è una macerazione interiore che abbiocca senza costrutto.
L' opinionista che viene dalle arti sembra smanioso di farci capire quanto sia consumato dall' Hubris, perchè non ci siano equivoci avanza le sue proposte che, tolta la sottile coltre che le vela, si rivelano essere strategie di suicidio collettivo; oppure ci vorrebbe contagiare con le sue pensose malinconie, eccolo allora puntare il dito verso chi tenta appena di sfangare dall' anodino abbandono che ci impone sotto anatema come unico antidoto contro un mondo crudele che ha pestato a sangue un ipersensibile come lui.
Pasolini? Calvino?
Ma perchè quando suona a martello la loro campana l' istinto più salutare che l' evoluzione ci ha regalato ci tiene saldi nel letto imponendoci di non turbare il nostro riposo certi come siamo che nulla di allarmante se passe dans la rue?
Mai una parola d' orientamento trasparente che venga da quella schiatta, mai una salda bussola dai magneti integri che ci venga consegnata nelle mani da chi ogni giorno parlamenta con le Muse. Una volta usciti dalle profonde intimità solipsiste dell' arte verace, sembrano tanti pulcini implumi e disarmati dal nemico più letale: il complesso di superiorità di chi ha appena avvistato una qualche divinità. Gonfiano il petto senza accorgersi delle quattro costoline che bastano a contenere quei cuori che ritenevano infiniti. Il mondo li aspetta ghignando armato di manganello.
Godiamo, dei più sinceri, il sacrificio estetizzante badando bene a non seguirli per quella via che forse hanno voluto scegliere proprio perchè senza uscita.
Godiamo pure quindi, ma che non cessi lo sconcerto al pensiero delle vie misteriose attraverso cui l' Arte ci rende inetti nel giudizio sul Mondo. Non cessi nemmeno la fede nell' Arte come commentario geniale della Realtà.
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... altra roba del grande Chris Berens...
Quando Lester prende in braccio quel fagottino caldo è un po' come se lo prendessimo in braccio tutti noi. Si sente battere il cuore, si contorce un po' per mettere a fuoco chi lo sta tenendo, ha smesso di agitarsi.
Baby Wilson ha un carattere gradevole, piange solo se è necessario e per la maggior parte del tempo appare, come dire, pensoso e interessato al nuovo mondo in cui è piovuto. Il cambio di rotta che ha subito sembra molto secondario per lui, non ha nessuno da incolpare e questo ci tranquillizza tutti. Compensa la vista difettosa ascoltando con attenzione. Direi quasi che assomiglia a Lester, assomiglia a tutti noi lettori che l' abbiamo presa alla leggera fidando sul fatto che in fondo una testa sulle spalle l' avevamo. Assomiglia a tutti noi che per 35 pagine ci sentiamo figli e fidanzati di Karen Robileaux, la strana commessa del fiorista che ci ha reso stranamente padri con una mossa a sorpresa.
Il viaggio puo' proseguire come se fossimo tutti sani di mente, alla radio c' è Patsy Cline che canta "Sweet dreams of you": dovrei passare la notte ad odiarti e invece non faccio altro che sognarti... Lester invade per un attimo l' altra corsia, adesso vuole troppo bene alla sua pazza per guidare come si deve. E noi non siamo certo nelle condizioni per dargli il cambio...
Scocca l' ora, suona una campana che puo' ascoltare solo chi ha viaggiato nell' auto di Karen e Lester. Quel grembo non geloso da cui BW sembrava comunque inestirpabile, quelle braccia vogliose di dare che lo avrebbero difeso da tutto per non farselo portare via, entrano in Chiesa e depositano il piccolo sull' altare riconsegnandolo al suo giusto destino. Fanno tutto cio' nell' istante in cui anche noi concepivamo il bisogno urgente di farlo. D' altronde siamo ancora nel "suo" mondo e "Lei" legge tutti i bisogni alla perfezione e corre a soddisfarli. Quando una donna fragile si rivela forte, un impeto di gioia ti blocca la gola minacciando di salire fino agli occhi.
Ora noi e Lester viviamo insieme alla donna con cui abbiamo cospirato. Ci siamo sistemati in un posto in culo al mondo. Un posto freddo in cui tutti si fanno i fatti propri per non disturbare. Quando torniamo a casa è sempre pronto e lei ci illumina guardandoci mangiare con il mento appoggiato sulla mano. E' bello avere vicino una donna fragile che ha concepito idee audaci.