martedì 3 febbraio 2009

Con le dita dell' arte negli occhi

di Broncobilly, 10/11/2008





Ma perchè? Ma perchè quando dai libri zompano nei giornali, un sordo tonfo accompagna il capitombolo d' ordinanza?

Chissà da quale profonda riflessione sui problemi in cui si dibatte la scuola emergeva lo scrittore Andrea Camilleri, chissà quali intricati nodi era impegnato a dipanare sull' argomento, per sentire l' esigenza di sintetizzare la sua elucubrazione affermando di fronte ad un nugolo di liceali affamati di Verità che il ministro dell' istruzione è un essere subumano?

Abbandono subito la cronaca, non è di Camilleri che vorrei parlare, e neanche della scuola.

Quello che mi impressiona è l' afasia stentata con cui un innamorato delle parole comunica con il proprio prossimo. Ma come diavolo è possibile che l' amore per il Canto viaggi regolarmente scortato dalla sprezzatura del dialogo onesto?

Prendo infatti a pretesto questa uscita solo perchè ancora fresca ed esemplare di una contraddizione che nella mia zucca non riesco a sanare: ho sempre pensato che l' Arte avesse un accesso privilegiato ai dati della Realtà, ero e sono convinto che quella lente, meglio di altre, metta a fuoco il carcere del Mondo che ci incastra nelle sue quattro mura; eppure, per quanto spinga in là il ricordo, a frequenze regolari ascolto Artisti pronunciaarsi in fuor d' opera sulle vicissitudini mondane avvalendosi di pensieri&parole che sono specchi deformi della realtà. E parlo di luridi specchi da Luna Park di provincia! I giudizi che ci scaraventano addosso rimpallano in un flipper demenziale tra i funghetti del becero e dello squilibrato, quasi sempre si accende lo special che premia il più iperbolico tra gli istrionici esibizionismi. Basta un contatto occasionale con questa genia di "opinionisti" affinchè i vostri abiti s' intridano di quel caratteristico tanfo: ovunque il retrogusto dell' infantil-senilismo più irredimibile. E sto perlando di artisti che non esiterei un secondo a definire "autentici".

Ma perchè se apro i giornali l' unico opinionista con cui possono rivaleggiare i letterati è uno scombussolato per motivi anagrafici come Sartori?

Ma ve lo ricordate lo Stockhausen che definiva l' abbattimento ancora fragrante delle torri come la più bella opera d' arte del secolo? E chissà quanti si mordettero le mani per essere stati bruciati sul tempo dal creativo tempista.

Se la ragione mi convince che la pratica artistica sia destinata ad illuminare e acuire le intelligenze, l' esperienza mi fa toccare con mano e controvoglia come l' esposizione continua al Bello ottunda le facoltà intellettive fossilizzandole ad uno stato embrionale.

Con le dovute e rilevanti eccezioni, sembra proprio che il talento artistico si correli inversamente alla capacità di percepire la fibra del reale disponendo di categorie ben ordinate.

Per un Saviano che scava con perizia da archeologo nella monnezza di casa sua senza riuscire mai a librarsi oltre una scrittura giornalistica che "venda impressionando", c' è sempre un Dario Fo che spara svirgolate su tutto lo scibile umano pur di non rinunciare al verace miracolo artistico del fango che sulla scena prende vita fino a diventare linguaggio sensuale e colorato. Per un Vargas Llosa alle cui conferenze ci precipitiamo dopo aver abbandonato a metà dei libri che si "trascinano" a partire da pagina dieci, c' è sempre il puerile messaggio di politica internazionale a cura di Thomas Bernhard, vera ansa da seguire con le dita infilate nelle orecchie fino alla seconda falange, e parlo del medesimo autore per cui faremmo di tutto pur di degustare il nettare della cesellata e martellante invettiva senza perderne una stilla.

Corro sempre incontro alla scrittura fumigante di Langone, ma non mi sogno di consigliarla a nessuno visto che non conosco nessuno che si sia sottoposto alla rete intricata di vaccinazioni necessarie per spurgare il veleno di quei testi mentre li si inghiotte. E lo stesso potrei dire per i coriandoli di Ceronetti, tanto vividi quanto inattendibili; tanto preziosi, quanto mitomani. Scredita oggi, scredita domani ecco che ci si scava quella nicchia di libertà che assomiglia tanto alla nursery del supermercato dove il Mondo, che deve far la spesa se vuole magnà, ha parcheggiato i suoi artisti sapienti ovunque tranne che nel giudizio.

Da Tabucchi a Magris, o è un furore che incendia, o è una macerazione interiore che abbiocca senza costrutto.

L' opinionista che viene dalle arti sembra smanioso di farci capire quanto sia consumato dall' Hubris, perchè non ci siano equivoci avanza le sue proposte che, tolta la sottile coltre che le vela, si rivelano essere strategie di suicidio collettivo; oppure ci vorrebbe contagiare con le sue pensose malinconie, eccolo allora puntare il dito verso chi tenta appena di sfangare dall' anodino abbandono che ci impone sotto anatema come unico antidoto contro un mondo crudele che ha pestato a sangue un ipersensibile come lui.



Pasolini? Calvino?

Ma perchè quando suona a martello la loro campana l' istinto più salutare che l' evoluzione ci ha regalato ci tiene saldi nel letto imponendoci di non turbare il nostro riposo certi come siamo che nulla di allarmante se passe dans la rue?

Mai una parola d' orientamento trasparente che venga da quella schiatta, mai una salda bussola dai magneti integri che ci venga consegnata nelle mani da chi ogni giorno parlamenta con le Muse. Una volta usciti dalle profonde intimità solipsiste dell' arte verace, sembrano tanti pulcini implumi e disarmati dal nemico più letale: il complesso di superiorità di chi ha appena avvistato una qualche divinità. Gonfiano il petto senza accorgersi delle quattro costoline che bastano a contenere quei cuori che ritenevano infiniti. Il mondo li aspetta ghignando armato di manganello.

Godiamo, dei più sinceri, il sacrificio estetizzante badando bene a non seguirli per quella via che forse hanno voluto scegliere proprio perchè senza uscita.

Godiamo pure quindi, ma che non cessi lo sconcerto al pensiero delle vie misteriose attraverso cui l' Arte ci rende inetti nel giudizio sul Mondo. Non cessi nemmeno la fede nell' Arte come commentario geniale della Realtà.




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