Cosa determina il successo di una persona nel mondo moderno?
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
mercoledì 15 dicembre 2010
lunedì 13 dicembre 2010
Sei idee di giustizia
Sono quelle in campo oggi. Innanzitutto un elenchino il più scheletrico possibile.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
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Teoria generale del fisco
Un' introduzione chiara e di sostanza.
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
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p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Shrek
Ho rivisto due volte l' inizio ma ancora mi sfugge l' essenziale.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
sabato 11 dicembre 2010
La coerenza dei cattolici in politica
Nelle mailnglist dei ciellini gira commentato con entusiasmo lo scambio tra Maurizio Lupi ed Eugenio Scalfari intorno alla figura del cattolico berlusconiano.
Voi con chi state? Con il pragmatista (Lupi) o con il moralista (Scalfari)?
Io, vista la mia avversione al bigottismo in politica, non ho dubbi*. Ma quando c' è di mezzo barbapapà quasi mai ho dubbi.
Voi potete decidere leggendo questo scambio.
Altro dilemma è darsi ragione di parti che sembrano rovesciate. Perchè il bigottismo alligna prepotente tra i laicisti?
Solo strumentalizzazione politica? Non credo.
Noi non abbiamo certo bisogno del fulgido esempio di Scalfari visto che il nostro Osservatorio ha nel mirino un prototipo esemplare del "Giornalista Unico"**, parlo di "Fahre", e possiamo quindi constatare tutti i giorni questo singolare modo di trasudare omelie a sprone della crociata più di moda.
A ritmo alternato si filosofeggia un giorno a favore del pragmatismo, per passare all' azione il giorno dopo con la lancia del moralismo in resta.
Cosa c' è che non va?
Ancora conflitti irrisolti dopo la caduta di quel beneamato muro dove queste "novelle beghine" si erano a lungo cementificate godendo di una mai abbastanza rimpianta sicurezza uterina?
***
* [... Il cattolico si prefigge un obbiettivo ed è autorizzato a cercare la via migliore per perseguirla. Una sana considerazione che ha spazzato via la perniciosa idea dell' unità politica dei cattolici...]
** Ferrara bollava così il giornalista/opinionista rigoroso osservante di comandamenti scolpiti in tavolette discese da monti a quanto pare molto più alti del Sinai. Serve sottoscriverli per essere ammessi nella "Grande Parrocchia".
Voi con chi state? Con il pragmatista (Lupi) o con il moralista (Scalfari)?
Io, vista la mia avversione al bigottismo in politica, non ho dubbi*. Ma quando c' è di mezzo barbapapà quasi mai ho dubbi.
Voi potete decidere leggendo questo scambio.
Altro dilemma è darsi ragione di parti che sembrano rovesciate. Perchè il bigottismo alligna prepotente tra i laicisti?
Solo strumentalizzazione politica? Non credo.
Noi non abbiamo certo bisogno del fulgido esempio di Scalfari visto che il nostro Osservatorio ha nel mirino un prototipo esemplare del "Giornalista Unico"**, parlo di "Fahre", e possiamo quindi constatare tutti i giorni questo singolare modo di trasudare omelie a sprone della crociata più di moda.
A ritmo alternato si filosofeggia un giorno a favore del pragmatismo, per passare all' azione il giorno dopo con la lancia del moralismo in resta.
Cosa c' è che non va?
Ancora conflitti irrisolti dopo la caduta di quel beneamato muro dove queste "novelle beghine" si erano a lungo cementificate godendo di una mai abbastanza rimpianta sicurezza uterina?
***
* [... Il cattolico si prefigge un obbiettivo ed è autorizzato a cercare la via migliore per perseguirla. Una sana considerazione che ha spazzato via la perniciosa idea dell' unità politica dei cattolici...]
** Ferrara bollava così il giornalista/opinionista rigoroso osservante di comandamenti scolpiti in tavolette discese da monti a quanto pare molto più alti del Sinai. Serve sottoscriverli per essere ammessi nella "Grande Parrocchia".
Cosa significa essere un cristiano libertario?
Le riflessioni di Norman Horn:
http://studentsforliberty.org/blog/lessons-in-liberty-christian-libertarianism/
http://studentsforliberty.org/blog/lessons-in-liberty-christian-libertarianism/
Ti piace la verdura?
Se non piace al palato forse piacerà all' orecchio.
A loro modo sono dei puristi, qui non si bara mica.
Un solo rammarico: le stravaganti premesse rischiano di far passare in secondo piano un brodo che invece è davvero di sostanza.
The Vegetables Orchestra - Onionoise - Transacoustic
A loro modo sono dei puristi, qui non si bara mica.
Un solo rammarico: le stravaganti premesse rischiano di far passare in secondo piano un brodo che invece è davvero di sostanza.
The Vegetables Orchestra - Onionoise - Transacoustic
venerdì 10 dicembre 2010
Una sola moltitudine
Nel mondo della musica girano sempre facce scontente: in molti avrebbero voluto nascere in epoche diverse. Il periodo dell' oro è per definizione altrove.
Forse l' attualità è davvero pessima, ma perlomeno offre una scappatoia: in caso di necessità si possono lenire i propri travagli estetici barricandosi in cameretta per riassemblare la storia della musica a proprio uso e consumo. La strumentazione necessaria è davvero a basso costo.
MH ricorre spesso a questo rimedio estremo. Il suoi isolamenti "mumble mumble" finiscono sempre per essere molto "affollati".
In passato si è dedicato con acribia al cadavere di Mahler smembrandolo e ricucendolo poi insime alla bell' e meglio; nel corso del sabotaggio anche Sinopoli riceveva strattoni poco cortesi. Ma a protezione del discolo calava la sua egida nientemeno che la Deutsche Grammophone.
Qui invece la macchina del tempo fa tappa su altre lande: ci è dato di transitare attraverso un' allucinata "Big Band era" americana, con tutto il corredo di squilli e sincopi che ne segue.
Con la fiction sonora ci si diverte in vari modi, per esempio mischiando la propria biografia emotiva alla musica d' epoca.
Esempi? In Knowing viene concesso l' ingresso ad una cinquantina di solisti ( cantano una parola ciascuno), sono gli ex compagni di scuola; in One Life il pezzo gira intorno all' allarme della care-unit che ospitava in quel periodo il bimbo prematuro di Matthew... mi fermo per non andare sul pesante.
La dinamica dei suoni ondeggia appesa ad una coulisse vorticosa; impallidirebbe anche la sezione di tromboni più indiavolata... quella chiamata ad "ondeggiare come un palmizio".
Matthew Herbert - The Matthew Herbert Big Band - Accidental rec.
Forse l' attualità è davvero pessima, ma perlomeno offre una scappatoia: in caso di necessità si possono lenire i propri travagli estetici barricandosi in cameretta per riassemblare la storia della musica a proprio uso e consumo. La strumentazione necessaria è davvero a basso costo.
MH ricorre spesso a questo rimedio estremo. Il suoi isolamenti "mumble mumble" finiscono sempre per essere molto "affollati".
In passato si è dedicato con acribia al cadavere di Mahler smembrandolo e ricucendolo poi insime alla bell' e meglio; nel corso del sabotaggio anche Sinopoli riceveva strattoni poco cortesi. Ma a protezione del discolo calava la sua egida nientemeno che la Deutsche Grammophone.
Qui invece la macchina del tempo fa tappa su altre lande: ci è dato di transitare attraverso un' allucinata "Big Band era" americana, con tutto il corredo di squilli e sincopi che ne segue.
Con la fiction sonora ci si diverte in vari modi, per esempio mischiando la propria biografia emotiva alla musica d' epoca.
Esempi? In Knowing viene concesso l' ingresso ad una cinquantina di solisti ( cantano una parola ciascuno), sono gli ex compagni di scuola; in One Life il pezzo gira intorno all' allarme della care-unit che ospitava in quel periodo il bimbo prematuro di Matthew... mi fermo per non andare sul pesante.
La dinamica dei suoni ondeggia appesa ad una coulisse vorticosa; impallidirebbe anche la sezione di tromboni più indiavolata... quella chiamata ad "ondeggiare come un palmizio".
Matthew Herbert - The Matthew Herbert Big Band - Accidental rec.
giovedì 9 dicembre 2010
Capire la mente cattolica V
Nel capitolo 7 Vallauri affronta il problema del male e si scatena. La sua accusa non lascia spiragli:
Se a Dio chiedo il bene, è perchè penso che possa compierlo; ma se lo ritengo capace di una cosa del genere e lo benedico quando la realizza, allora, per coerenza, dovrei maledirlo quando fa il male.
Il peccato originale ha precipitato l' uomo in un mondo dove tutto ha un prezzo. Solo in Paradiso regnerà l' amore universale e i prezzi saranno banditi.
Poco fa sono stato in Stazione a comprare un biglietto del treno. Ho forse maledetto il bigliettaio perchè mi ha chiesto 4 euro? No.
Certo, se mi accorgessi che il prezzo corretto fosse stato di 3 euro, tornerei indietro a contestare e magari mi scapperebbe pure qualche impropero.
Se il prezzo è giusto, allora noi viviamo nel migliore dei mondi possibili dato il voncolo della scarsità, ovvero dato il peccato originale.
Non ha senso dunque "maledire".
D' altronde, se non avessi soldi per tornare a casa implorerei il bigliettaio o un passante di regalarmi un biglietto. Magari il mio piano andrebbe in porto, in quel caso benedirei chi ha avuto pietà di me.
"Chiedere" non è dunque insensato.
La conclusione confuta quindi l' accusa: nel mondo migliore possibile, quello in cui ci ha precipitato il peccato originale, ovvero in un mondo dove non esistono "pasti gratis" e tutto ha un prezzo, non ha senso "maledire" se il prezzo è giusto e, contemporaneamente, puo' aver senso "chiedere" e "benedire".
Se a Dio chiedo il bene, è perchè penso che possa compierlo; ma se lo ritengo capace di una cosa del genere e lo benedico quando la realizza, allora, per coerenza, dovrei maledirlo quando fa il male.
Il peccato originale ha precipitato l' uomo in un mondo dove tutto ha un prezzo. Solo in Paradiso regnerà l' amore universale e i prezzi saranno banditi.
Poco fa sono stato in Stazione a comprare un biglietto del treno. Ho forse maledetto il bigliettaio perchè mi ha chiesto 4 euro? No.
Certo, se mi accorgessi che il prezzo corretto fosse stato di 3 euro, tornerei indietro a contestare e magari mi scapperebbe pure qualche impropero.
Se il prezzo è giusto, allora noi viviamo nel migliore dei mondi possibili dato il voncolo della scarsità, ovvero dato il peccato originale.
Non ha senso dunque "maledire".
D' altronde, se non avessi soldi per tornare a casa implorerei il bigliettaio o un passante di regalarmi un biglietto. Magari il mio piano andrebbe in porto, in quel caso benedirei chi ha avuto pietà di me.
"Chiedere" non è dunque insensato.
La conclusione confuta quindi l' accusa: nel mondo migliore possibile, quello in cui ci ha precipitato il peccato originale, ovvero in un mondo dove non esistono "pasti gratis" e tutto ha un prezzo, non ha senso "maledire" se il prezzo è giusto e, contemporaneamente, puo' aver senso "chiedere" e "benedire".
Stupidità + Malizia = Miscela Esposiva
Due premesse.
1. La probabilità che un immigrato clandestino qualsiasi delinqua è molto più elevata rispetto a quella che un italiano qualsiasi delinqua.
2. Eppure, se veniamo a conoscenza di un crimine, è molto più probabile che sia stato commesso da un italiano: gli italiani sono molto più numerosi.
Nel riferire le notizie i giornalisti farebbero bene a non fomentare l' odio irrazionale verso i clandestini.
Nonostante cio', vuoi per malizia (destra xenofoba), vuoi per stupidità (sinistra politically correct), a volte ci cascano.
Capita ai secondi quando per esempio omettono per principio di dare la nazionalità del criminale.
Darla contribuirebbe infatti a riabilitare l' immagine dei poveri clandestini a scapito di quella degli italiani, magari sfruttando un trucco statistico.
Fin qui la teorie. Ora però c' è anche la pratica.
In Svezia, l' abitudine politically correct di fornire informazioni incomplete è inveterata da anni, non mi stupirei se ci fosse anche una legge (SPQS: sono pazzi questi svedesi).
Recentemente in quei paesi sono cresciuti a dismisura i partiti xenofobi, tanto è vero che dobbiamo andar laggiù per incontrare i razzisti più agguerriti d' Europa.
Tra stupide abitudini e razzismo dilagante, qualcuno comincia ad ipotizzare una connessione di causa-effetto. Per esempio il buon Beppe Severgnini.
1. La probabilità che un immigrato clandestino qualsiasi delinqua è molto più elevata rispetto a quella che un italiano qualsiasi delinqua.
2. Eppure, se veniamo a conoscenza di un crimine, è molto più probabile che sia stato commesso da un italiano: gli italiani sono molto più numerosi.
Nel riferire le notizie i giornalisti farebbero bene a non fomentare l' odio irrazionale verso i clandestini.
Nonostante cio', vuoi per malizia (destra xenofoba), vuoi per stupidità (sinistra politically correct), a volte ci cascano.
Capita ai secondi quando per esempio omettono per principio di dare la nazionalità del criminale.
Darla contribuirebbe infatti a riabilitare l' immagine dei poveri clandestini a scapito di quella degli italiani, magari sfruttando un trucco statistico.
Fin qui la teorie. Ora però c' è anche la pratica.
In Svezia, l' abitudine politically correct di fornire informazioni incomplete è inveterata da anni, non mi stupirei se ci fosse anche una legge (SPQS: sono pazzi questi svedesi).
Recentemente in quei paesi sono cresciuti a dismisura i partiti xenofobi, tanto è vero che dobbiamo andar laggiù per incontrare i razzisti più agguerriti d' Europa.
Tra stupide abitudini e razzismo dilagante, qualcuno comincia ad ipotizzare una connessione di causa-effetto. Per esempio il buon Beppe Severgnini.
Solo l' integralismo è razionale
Ieri ho partecipato ad una scuola di comunità dei ciellini. E' praticamente un club di lettura, solo che si leggono solo i libri di Don Giussani.
Stiamo leggendo "Si puo' vivere così?", Rizzoli.
Viene assegnato un capitolo, poi piccoli gruppi di 8/10 persone s' incontrano a casa di un membro a rotazione per commentarlo insieme e rendere testimonianza di episodi di vita vissuta legati a quella tematica.
Dopodichè si mangia e si beve, cosa vi credevate.
Ieri il apitolo riguardava "il sacrificio"; Giussani sul punto non dà scampo: l' uomo di fede deve sacrificare alla fede tutto in ogni momento della sua vita; moglie, marito, figli, ricchezza, non deve guardare in faccia a niente... tutto.
Un tale ha chiesto persino se vincendo al super enalotto la vincita dovesse essere interamente donata alla chiesa, magari alla Compagnia delle Opere. In effetti mi sembra che il Gius non faccia aperture che consentano soluzioni alternative.
Oooohh... questo Giussani, il solito integralista senza ragione... direbbe mia mamma.
Puo' darsi integralista, ma non "senza ragione". E mi spiego.
La scommessa di Pascal è uno degli argomenti più forti per giustificare la razionalità dell' atto di fede.
I cattolici amano però rappresentarsela così: vale sempre la pena di credere quando ci promettono un bene infinito, anche se le probabilità che si realizzi sono minime.
La fede è dunque razionale. Sì, ma la versione dell' argomento fornita da molti cattolici è edulcorata.
Gli atei non riescono a smontarla, ma perlomeno, nel tentativo di farlo, ne danno una formulazione più rigorosa al fine di demoralizzare il credente di buon senso: vale la pena investire tutto nella fede di un bene infinito, anche se improbabile.
Qui l' argomento ateo sviluppato rigorosamente ricorrendo alla teoria delle scommesse.
In altre parole: solo il fondamentalismo è razionale.
In questo senso le parole radicali di Giussani vanno a braccetto con quelle dell' ateo Tabarrok.
Stiamo leggendo "Si puo' vivere così?", Rizzoli.
Viene assegnato un capitolo, poi piccoli gruppi di 8/10 persone s' incontrano a casa di un membro a rotazione per commentarlo insieme e rendere testimonianza di episodi di vita vissuta legati a quella tematica.
Dopodichè si mangia e si beve, cosa vi credevate.
Ieri il apitolo riguardava "il sacrificio"; Giussani sul punto non dà scampo: l' uomo di fede deve sacrificare alla fede tutto in ogni momento della sua vita; moglie, marito, figli, ricchezza, non deve guardare in faccia a niente... tutto.
Un tale ha chiesto persino se vincendo al super enalotto la vincita dovesse essere interamente donata alla chiesa, magari alla Compagnia delle Opere. In effetti mi sembra che il Gius non faccia aperture che consentano soluzioni alternative.
Oooohh... questo Giussani, il solito integralista senza ragione... direbbe mia mamma.
Puo' darsi integralista, ma non "senza ragione". E mi spiego.
La scommessa di Pascal è uno degli argomenti più forti per giustificare la razionalità dell' atto di fede.
I cattolici amano però rappresentarsela così: vale sempre la pena di credere quando ci promettono un bene infinito, anche se le probabilità che si realizzi sono minime.
La fede è dunque razionale. Sì, ma la versione dell' argomento fornita da molti cattolici è edulcorata.
Gli atei non riescono a smontarla, ma perlomeno, nel tentativo di farlo, ne danno una formulazione più rigorosa al fine di demoralizzare il credente di buon senso: vale la pena investire tutto nella fede di un bene infinito, anche se improbabile.
Qui l' argomento ateo sviluppato rigorosamente ricorrendo alla teoria delle scommesse.
In altre parole: solo il fondamentalismo è razionale.
In questo senso le parole radicali di Giussani vanno a braccetto con quelle dell' ateo Tabarrok.
Non esiste la comunità, esistono solo gli individui
1. Per capire se avete a che fare con una mentalità dispotica, non lasciatevi abbagliare dal buonismo o dallo slancio generoso di chi vi sta di fronte, chiedetegli piuttosto di sottoscrivere la massima in calce. Di fronte ad un rifiuto diffidate e prendete le contromisure: siete di fronte ad un ducetto presuntuoso. Magari simpatico, magari generoso ma pur sempre un pallone gonfiato.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
martedì 7 dicembre 2010
Travaglio continuo
Un tempo il grande musicista era pittore, dalla pennellata ben assestata riconoscevi il Maestro.
Oggi è scultore.
[... Pollini alle prese con Chopin basta a rendere persuasivo il punto...]
Una conferma non necessaria la offrono poi questi tre alacri scalpellini.
Ma, attenzione ai distinguo.
Allo scultore si chiede di liberare la forma che è riuscito ad immaginarsi intrappolata in quel quasi-nulla che è la meteria bruta.
Al musicista-scultore si chiede di più: deve inventarsi la forma ma deve anche inventarsi il quasi-nulla della materia bruta! Deve scavare e deve anche essere scavato.
Come contropartita gode comunque di uno sgravio: nessuno gli chiede più di andare oltre l' abbozzo. Partorita la creatura ricomincia con nuovi travagli. Ai bagnetti e alle pappe si dedicherà la manovalanza dei quasi-musicisti, ragazzi di bottega privi d' inventiva ma istruiti a puntino.
Tuba, Serpentone, flauto basso non sono privilegiati per un ghiribizzo: il loro suono fornisce una creta talmente malleabile che non teme la concorrenza degli altri strumenti.
Eugenio Colombo-Michel Godard-Carlo Rizzo - Ciaobelleragazze - Zone
Oggi è scultore.
[... Pollini alle prese con Chopin basta a rendere persuasivo il punto...]
Una conferma non necessaria la offrono poi questi tre alacri scalpellini.
Ma, attenzione ai distinguo.
Allo scultore si chiede di liberare la forma che è riuscito ad immaginarsi intrappolata in quel quasi-nulla che è la meteria bruta.
Al musicista-scultore si chiede di più: deve inventarsi la forma ma deve anche inventarsi il quasi-nulla della materia bruta! Deve scavare e deve anche essere scavato.
Come contropartita gode comunque di uno sgravio: nessuno gli chiede più di andare oltre l' abbozzo. Partorita la creatura ricomincia con nuovi travagli. Ai bagnetti e alle pappe si dedicherà la manovalanza dei quasi-musicisti, ragazzi di bottega privi d' inventiva ma istruiti a puntino.
Tuba, Serpentone, flauto basso non sono privilegiati per un ghiribizzo: il loro suono fornisce una creta talmente malleabile che non teme la concorrenza degli altri strumenti.
Eugenio Colombo-Michel Godard-Carlo Rizzo - Ciaobelleragazze - Zone
Le virtù morali della bancarotta
Lo sapevate che "salvare" un Paese significa che noi paghiamo per lui? Lo sapevate che sono in molti a sperare che altri paghino per loro?
No perchè, in mezzo a tutte le analisi giornalistiche che si avvalgono di gerghi respingenti, il concetto di fondo rischia di uscirne annacquato.
Una bella fiaba, allora, è la cosa migliore per metterlo a fuoco.
Per fortuna oggi ce n' è proprio una in prima pagina. E' una fortuna che da queste parti ci sia ancora un Roberto Perotti in grado di raccontarla.
Leggiamoci allora la storia del cornuto e mazziato Klaus, nonchè quella dei furbacchioni Dimitrij, Patrick, Joao, Pedro e Francesco.
No perchè, in mezzo a tutte le analisi giornalistiche che si avvalgono di gerghi respingenti, il concetto di fondo rischia di uscirne annacquato.
Una bella fiaba, allora, è la cosa migliore per metterlo a fuoco.
Per fortuna oggi ce n' è proprio una in prima pagina. E' una fortuna che da queste parti ci sia ancora un Roberto Perotti in grado di raccontarla.
Leggiamoci allora la storia del cornuto e mazziato Klaus, nonchè quella dei furbacchioni Dimitrij, Patrick, Joao, Pedro e Francesco.
lunedì 6 dicembre 2010
Il sogno del vigliacco
Poche stagioni sono state risparmiate dal pernicioso fenomeno dei giovani che scendono in piazza per lottare e difendere il loro futuro.
[mettete pure le virgolette dove vi aggrada, difficile eccedere].
La periodica "riforma" della scuola italica è in questi casi un' esca succulenta; come saliva canina un fracassoso corteo minorenne e minorato scorrerà presto per le strade di una città adulta e giustamente disinteressata.
Ci sarà pur sempre qualche giornalista co.co.co. che metterà sotto quei menti brufolosi la spugna di un microfono nel quale riprodurre il classico "belato del sedicenne"; ci sarà sempre una foto sul giornale con lei in spagoletta a lui mentre guardano l' orizzonte lontano (in realtà stanno cercando un cesso); ci sarà sempre la solita puntata dedicata da Fahre (se è quella dell' anno scorso riciclata, pazienza, difficile accorgersene).
Lo spettacolo che offre questa canea rattrista l' osservatore; ma la repulsione anticipa sempre di un attimo la malinconia. Questo almeno se l' osservatore sono io.
Tra quelle sagome deformi per il recente allungamento, non distinguo altro che tumulto e scoordinamento cognitivo. Voci sgraziate urlano slogan sciatti e conformisti fino a tarda sera, fino a che ciascuno torna alla sua play station.
Le masse convocate da un dittatore africano appaiono più fantasiose, più spontanee, più riflessive, più propositive. Più tutto.
Possibile che ad una simile iattura non si possa porre un freno? Possibile che ancora dobbiamo scostare i calcinacci del 68 quando scendiamo in città per una commissione? Cade a pezzi Pompei ma non cade una baracca nata fatiscente? Possibile che la parte sana della giovuentù si lasci rappresentare da questo ciarpame senza reagire? Possibile che il "diritto a sognare" si porti sempre dietro il "dovere alla deficienza"?
Domande che bruciano, specie in chi, pur non riuscendo a nascondere simili epifanie, d' istinto ha sentimenti di speranza nell' umanità a venire.
Come salvare i nostri figli dalla maledizione del brufolo? Toccherà anche a loro entrare in questo circo di animali maltrattati e pagliacci che ruttano tristi battute da trivio?
Cosa fare non lo so, ma sento che un pericolo insidioso sta in quel maledetto "diritto a sognare", sempre condito con altro romanticume putrefatto.
Ed ecco allora che, in nome della "bella irrazionalità", l' okkupazione, da vacanza vigliacca, si trasforma in un' avventura che compensa i fighetti malvestiti con cura dall' autoprivazione imposta del Ggrande Fratello.
Non fraintendetemi. Dico che nessuno spettacolo bea quanto quello offerto da un giovane che sogna, ma aggiungo subito che nessuno spettacolo avvilisce quanto quello offerto da un giovane istruito del suo "diritto a sognare".
La faccia citrulla che svetta oltre la keifa non è la faccia di un ragazzo che "sogna", è la faccia di un ragazzo che "esercità un diritto".
Ecco allora quel che non va: i diritti sono gratis mentre i sogni si pagano; non esiste un sogno disgiunto dal suo prezzo, così come non esiste l' eroina aggratis.
Il regno dei sogni è lo stesso dei prezzi!!
Ma che nessuno si demoralizzi per questo: non esiste un regno tanto magico quanto quello dei prezzi (anche se si presta poco alla massa "bestia pazza").
E allora che il giovane si paghi i suoi sogni, che si appassioni a quella magia senza disgiungerla dalla magia dei prezzi.
Come disperdere la manifestazione facendo giungere questo insegnamento? Quale favola raccontare a questi bambini cresciutelli per far sentire almeno una volta nella vita il rintocco di un' altra campana? Come scoraggiare l' intruppamento? Come insegnare "versi" differenti dal "belato compulsivo del sedicenne"?
"The Price of Everything. Parabole of possibility and prosperity" è una novella scritta da Russel Roberts, penso anche che sia il lacrimogeno più efficace per sciogliere quel genere di cortei che tanto offende il più elementare senso estetico ancor prima che la ragione.
Nessuno al mondo sa costruire una matita, lo sapevate?
Un oggetto tanto comune e insignificante è anche un miracolo in cui convergono alte tecnologie molto differenti tra loro, un oggetto per cui si impiegano materiali eterocliti che provengono da tutto il mondo.
Nessuno sa costruire una matita, eppure ci sono matite per tutti noi. Quando ci serve, ecco che la troviamo al momento giusto e al posto giusto. Mesi prima un minatore nello Sri Lanka ha estratto la grafite necessaria per servire al meglio quel bisogno che in noi è sopravvenuto oggi.
Noi non avevamo avvertito nessuno, il minatore dello Sri Lanka non ne sapeva niente, e così neppure il boscaiolo dell' Illinois, l' estrattore giapponese di alluminio, il "gomalores" dell' ammazzonia e le mille altre persone coinvolte. Chi soprassiede a questo miracoloso coordinamento? Nessuno, è un sofisticato ordine senza gerarchi. Il presso è l' autorità che ci libera da ogni autorità.
Perchè sotto il pontile da cui il bimbo lancia le sue briciole c' è sempre un buon numero di papere, ma non troppe da creare assembramenti? Eppure nessuno ha mandato un memo alle papere del lago.
Si tratta di un ordine senza comandanti. Anche lì fa tutto il prezzo.
Come fa lo stormo di anatre a configurarsi in mille forme cangianti che impauriscono il falcone? Niente generali nemmeno lì. Solo prezzi.
Perchè la formica regina, ovvero la regina del popolo animale più minuzosamente organizzato, nel formicaio svolge mille servigi tranne quello di organizzare il suo popolo? Perchè per avere ordine non ci vuole una regina, bastano i prezzi.
Ricordiamoci come il miracolo dei prezzi ci preserva da un "comandante in capo". Ricordiamocelo specie quando imprechiamo contro i prezzi che si alzano. Ricordiamocelo specie quando pensiamo che qualcosa sia gratuito perchè un "cattivo maestro" è venuto a sussurrarci (dai microfoni della radio) la balla del "diritto a sognare".
Il "diritto a sognare" senza vincoli spetta solo al despota onnipotente. Se vogliamo vivere in un mondo senza despoti ma che non rinunci alla fantasia sbrigliata e alla magia, familiarizziamo con il "prezzo". Il prezzo ci dà l' una e l' altra cosa.
Russ Roberts spiega il miracolo dei prezzi senza parlare mai dei prezzi. Attraverso i prezzi ci immerge nella fastidiosa realtà delle "manifestazioni giovanili"; l' insensatezza di simili imprese emerge sempre più chiara pagina dopo pagina, enmerge senza offendere la suscettibilità di chi è caduto in tentazione partecipando.
Anzi, il protagonista è Ramon, un partecipante con il cuore al posto giusto e con tanto di megafono in spalla. Ci crede veramente. Crede!, direbbe Mario Martone.
E' la saggia Ruth che ne parla alla bella Amy che prenderà per mano Ramon facendogli imboccare la nuova via, quella del ragionamento. Credere non è tutto, c' è anche la testa. Il sogno non è tutto, ci sono anche i prezzi. Servono per sognare meglio, non solo per aprire gli occhi al mondo.
Già, il messicano Ramon, un agitatore poco agitato, un tipo dall' intenzione retta, un ragazzo che cerca d' inventarsi un sogno prima ancora che un diritto.
Il miglior candidato ad uscire dal famelico branco dei sognatori vigliacchi.
[mettete pure le virgolette dove vi aggrada, difficile eccedere].
La periodica "riforma" della scuola italica è in questi casi un' esca succulenta; come saliva canina un fracassoso corteo minorenne e minorato scorrerà presto per le strade di una città adulta e giustamente disinteressata.
Ci sarà pur sempre qualche giornalista co.co.co. che metterà sotto quei menti brufolosi la spugna di un microfono nel quale riprodurre il classico "belato del sedicenne"; ci sarà sempre una foto sul giornale con lei in spagoletta a lui mentre guardano l' orizzonte lontano (in realtà stanno cercando un cesso); ci sarà sempre la solita puntata dedicata da Fahre (se è quella dell' anno scorso riciclata, pazienza, difficile accorgersene).
Lo spettacolo che offre questa canea rattrista l' osservatore; ma la repulsione anticipa sempre di un attimo la malinconia. Questo almeno se l' osservatore sono io.
Tra quelle sagome deformi per il recente allungamento, non distinguo altro che tumulto e scoordinamento cognitivo. Voci sgraziate urlano slogan sciatti e conformisti fino a tarda sera, fino a che ciascuno torna alla sua play station.
Le masse convocate da un dittatore africano appaiono più fantasiose, più spontanee, più riflessive, più propositive. Più tutto.
Possibile che ad una simile iattura non si possa porre un freno? Possibile che ancora dobbiamo scostare i calcinacci del 68 quando scendiamo in città per una commissione? Cade a pezzi Pompei ma non cade una baracca nata fatiscente? Possibile che la parte sana della giovuentù si lasci rappresentare da questo ciarpame senza reagire? Possibile che il "diritto a sognare" si porti sempre dietro il "dovere alla deficienza"?
Domande che bruciano, specie in chi, pur non riuscendo a nascondere simili epifanie, d' istinto ha sentimenti di speranza nell' umanità a venire.
Come salvare i nostri figli dalla maledizione del brufolo? Toccherà anche a loro entrare in questo circo di animali maltrattati e pagliacci che ruttano tristi battute da trivio?
Cosa fare non lo so, ma sento che un pericolo insidioso sta in quel maledetto "diritto a sognare", sempre condito con altro romanticume putrefatto.
Ed ecco allora che, in nome della "bella irrazionalità", l' okkupazione, da vacanza vigliacca, si trasforma in un' avventura che compensa i fighetti malvestiti con cura dall' autoprivazione imposta del Ggrande Fratello.
Non fraintendetemi. Dico che nessuno spettacolo bea quanto quello offerto da un giovane che sogna, ma aggiungo subito che nessuno spettacolo avvilisce quanto quello offerto da un giovane istruito del suo "diritto a sognare".
La faccia citrulla che svetta oltre la keifa non è la faccia di un ragazzo che "sogna", è la faccia di un ragazzo che "esercità un diritto".
Ecco allora quel che non va: i diritti sono gratis mentre i sogni si pagano; non esiste un sogno disgiunto dal suo prezzo, così come non esiste l' eroina aggratis.
Il regno dei sogni è lo stesso dei prezzi!!
Ma che nessuno si demoralizzi per questo: non esiste un regno tanto magico quanto quello dei prezzi (anche se si presta poco alla massa "bestia pazza").
E allora che il giovane si paghi i suoi sogni, che si appassioni a quella magia senza disgiungerla dalla magia dei prezzi.
Come disperdere la manifestazione facendo giungere questo insegnamento? Quale favola raccontare a questi bambini cresciutelli per far sentire almeno una volta nella vita il rintocco di un' altra campana? Come scoraggiare l' intruppamento? Come insegnare "versi" differenti dal "belato compulsivo del sedicenne"?
"The Price of Everything. Parabole of possibility and prosperity" è una novella scritta da Russel Roberts, penso anche che sia il lacrimogeno più efficace per sciogliere quel genere di cortei che tanto offende il più elementare senso estetico ancor prima che la ragione.
Nessuno al mondo sa costruire una matita, lo sapevate?
Un oggetto tanto comune e insignificante è anche un miracolo in cui convergono alte tecnologie molto differenti tra loro, un oggetto per cui si impiegano materiali eterocliti che provengono da tutto il mondo.
Nessuno sa costruire una matita, eppure ci sono matite per tutti noi. Quando ci serve, ecco che la troviamo al momento giusto e al posto giusto. Mesi prima un minatore nello Sri Lanka ha estratto la grafite necessaria per servire al meglio quel bisogno che in noi è sopravvenuto oggi.
Noi non avevamo avvertito nessuno, il minatore dello Sri Lanka non ne sapeva niente, e così neppure il boscaiolo dell' Illinois, l' estrattore giapponese di alluminio, il "gomalores" dell' ammazzonia e le mille altre persone coinvolte. Chi soprassiede a questo miracoloso coordinamento? Nessuno, è un sofisticato ordine senza gerarchi. Il presso è l' autorità che ci libera da ogni autorità.
Perchè sotto il pontile da cui il bimbo lancia le sue briciole c' è sempre un buon numero di papere, ma non troppe da creare assembramenti? Eppure nessuno ha mandato un memo alle papere del lago.
Si tratta di un ordine senza comandanti. Anche lì fa tutto il prezzo.
Come fa lo stormo di anatre a configurarsi in mille forme cangianti che impauriscono il falcone? Niente generali nemmeno lì. Solo prezzi.
Perchè la formica regina, ovvero la regina del popolo animale più minuzosamente organizzato, nel formicaio svolge mille servigi tranne quello di organizzare il suo popolo? Perchè per avere ordine non ci vuole una regina, bastano i prezzi.
Ricordiamoci come il miracolo dei prezzi ci preserva da un "comandante in capo". Ricordiamocelo specie quando imprechiamo contro i prezzi che si alzano. Ricordiamocelo specie quando pensiamo che qualcosa sia gratuito perchè un "cattivo maestro" è venuto a sussurrarci (dai microfoni della radio) la balla del "diritto a sognare".
Il "diritto a sognare" senza vincoli spetta solo al despota onnipotente. Se vogliamo vivere in un mondo senza despoti ma che non rinunci alla fantasia sbrigliata e alla magia, familiarizziamo con il "prezzo". Il prezzo ci dà l' una e l' altra cosa.
Russ Roberts spiega il miracolo dei prezzi senza parlare mai dei prezzi. Attraverso i prezzi ci immerge nella fastidiosa realtà delle "manifestazioni giovanili"; l' insensatezza di simili imprese emerge sempre più chiara pagina dopo pagina, enmerge senza offendere la suscettibilità di chi è caduto in tentazione partecipando.
Anzi, il protagonista è Ramon, un partecipante con il cuore al posto giusto e con tanto di megafono in spalla. Ci crede veramente. Crede!, direbbe Mario Martone.
E' la saggia Ruth che ne parla alla bella Amy che prenderà per mano Ramon facendogli imboccare la nuova via, quella del ragionamento. Credere non è tutto, c' è anche la testa. Il sogno non è tutto, ci sono anche i prezzi. Servono per sognare meglio, non solo per aprire gli occhi al mondo.
Già, il messicano Ramon, un agitatore poco agitato, un tipo dall' intenzione retta, un ragazzo che cerca d' inventarsi un sogno prima ancora che un diritto.
Il miglior candidato ad uscire dal famelico branco dei sognatori vigliacchi.
domenica 5 dicembre 2010
Meditazioni libertarie sul Vangelo dell' 11.12.2010
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 15-18
In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: / il suo nome era Giovanni. / Egli venne come testimone / per dare testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. / Non era lui la luce, / ma doveva dare testimonianza alla luce. / Giovanni proclama: / «Era di lui che io dissi: / Colui che viene dopo di me / è avanti a me, / perché era prima di me». Dalla sua pienezza / noi tutti abbiamo ricevuto: / grazia su grazia. / Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, / la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. / Dio, nessuno lo ha mai visto: / il Figlio unigenito, che è Dio / ed è nel seno del Padre, / è lui che lo ha rivelato.
Il filosofo Wittgenstein ci ha insegnato che non possiamo conoscere il Tutto se ne facciamo parte.
A quanto pare la cosa era già nota a Giovanni Evangelista che salta elegantemente l' ostacolo avvalendosi della Santissima Trinità: una voce fuori dal Tutto giunge a noi per raccontarcelo. La voce parla un linguaggio umano, chi la genera è il Dio creatore del Tutto.
E' una conoscenza per la quale non possiamo rivendicare meriti, ci giunge per grazia.
Il libertario la chiamerebbe "naturale"; ci racconta tante cose che governano il Tutto, a cominciare dagli imperativi morali a cui siamo soggetti.
In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: / il suo nome era Giovanni. / Egli venne come testimone / per dare testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. / Non era lui la luce, / ma doveva dare testimonianza alla luce. / Giovanni proclama: / «Era di lui che io dissi: / Colui che viene dopo di me / è avanti a me, / perché era prima di me». Dalla sua pienezza / noi tutti abbiamo ricevuto: / grazia su grazia. / Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, / la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. / Dio, nessuno lo ha mai visto: / il Figlio unigenito, che è Dio / ed è nel seno del Padre, / è lui che lo ha rivelato.
Il filosofo Wittgenstein ci ha insegnato che non possiamo conoscere il Tutto se ne facciamo parte.
A quanto pare la cosa era già nota a Giovanni Evangelista che salta elegantemente l' ostacolo avvalendosi della Santissima Trinità: una voce fuori dal Tutto giunge a noi per raccontarcelo. La voce parla un linguaggio umano, chi la genera è il Dio creatore del Tutto.
E' una conoscenza per la quale non possiamo rivendicare meriti, ci giunge per grazia.
Il libertario la chiamerebbe "naturale"; ci racconta tante cose che governano il Tutto, a cominciare dagli imperativi morali a cui siamo soggetti.
sabato 4 dicembre 2010
Meditazioni libertarie sul Vangelo del 7.12.2010
Vangelo secondo Matteo 21, 1-9
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».
La salvezza non ci viene incontro nelle forme di un eroe, bensì di un mite.
Non sarà una guerra a salvarci, bensì una disponibilità.
Non sarà una spada a difenderci, bensì un compromesso.
Non sarà il coraggio a farci da egida, bensì una "pazienza".
Il Bene non ha nemmeno il biglietto da visita, figuriamoci lo sfolgorio delle réclame.
E' la Civiltà della Rapina ad esaltare la Grandezza dei suoi protagonisti, la Civiltà dello Scambio esalta l' anonimia delle sue società commerciali.
La soluzione non è mai racchiusa in un gesto solenne, ma in una miriadi di accordi tra una miriade di soggetti pronti a cedere qualcosa. Non guardare alla falsa corona del tronfio leone, guarda invece al rapido accordo delle api.
Evita il culto del libro pieno di precetti, sia esso la Bibbia o la Costituzione. La verità non si fabbrica con la carta. Sigilla invece solennemente i tuoi "scambi": usa l' abbraccio con i cari e la stretta di mano con lo straniero.
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».
La salvezza non ci viene incontro nelle forme di un eroe, bensì di un mite.
Non sarà una guerra a salvarci, bensì una disponibilità.
Non sarà una spada a difenderci, bensì un compromesso.
Non sarà il coraggio a farci da egida, bensì una "pazienza".
Il Bene non ha nemmeno il biglietto da visita, figuriamoci lo sfolgorio delle réclame.
E' la Civiltà della Rapina ad esaltare la Grandezza dei suoi protagonisti, la Civiltà dello Scambio esalta l' anonimia delle sue società commerciali.
La soluzione non è mai racchiusa in un gesto solenne, ma in una miriadi di accordi tra una miriade di soggetti pronti a cedere qualcosa. Non guardare alla falsa corona del tronfio leone, guarda invece al rapido accordo delle api.
Evita il culto del libro pieno di precetti, sia esso la Bibbia o la Costituzione. La verità non si fabbrica con la carta. Sigilla invece solennemente i tuoi "scambi": usa l' abbraccio con i cari e la stretta di mano con lo straniero.
Indice dello sviluppo umano (HDI)
Perchè non funziona: http://econlog.econlib.org/archives/2009/05/against_the_hum.html
Scandinavia comes out on top according to the HDI because the HDI is basically a measure of how Scandinavian your country is. While Obama is moving us in that direction, I don't think he's going to be able to take us all the way there
Scandinavia comes out on top according to the HDI because the HDI is basically a measure of how Scandinavian your country is. While Obama is moving us in that direction, I don't think he's going to be able to take us all the way there
Metafisiche travestite
Impazza travestirla in abiti da neuroscienza.
Pensiero e immagine cerebrale sono connesse, ma come viaggia il nesso?
La scienza non puo' rispondere, ma la presentazione giornalistica di molti lavori sembra darlo per scontato.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=31888
http://gisrael.blogspot.com/2009/12/occhio-alla-metafisica-travestita-da.html
Pensiero e immagine cerebrale sono connesse, ma come viaggia il nesso?
La scienza non puo' rispondere, ma la presentazione giornalistica di molti lavori sembra darlo per scontato.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=31888
http://gisrael.blogspot.com/2009/12/occhio-alla-metafisica-travestita-da.html
venerdì 3 dicembre 2010
Lidia Ravera considerava l' embrione un assembramento di cellule.
Rimpiangiamo la soavità di questa immagine.
Ci sono infatti femministe che considerano il feto alla stregua di un tumore.
Per esempio la battagliera Florence Thomas.
Rimpiangiamo la soavità di questa immagine.
Ci sono infatti femministe che considerano il feto alla stregua di un tumore.
Per esempio la battagliera Florence Thomas.
Scienza e Fede. Come dialogare.
Il dialogo tra uomini di religione e uomini di scienza è facilitato se fa perno sul linguaggio. Gli scienziati atei con cui mi sono intrattenuta, sono tra le persone più istruite della nostra società. Pertanto mi aspettavo che fossero in grado di dominare un codice linguistico estremamente sofisticato. Mi sono accorta ben presto che costoro padroneggino appieno il gergo nelle aree di loro competenza, ma, allorchè si è affrontato il discorso sulla fede, hanno mostrato di parlare una lingua rozza e incentrata su stereotipi. In altre parole, non erano persone in grado di "articolare". Spesso consideravano i termini "religioso" e "fondamentalista" come sinonimi, oppure partivano facendo proprie premesse infondate. Tutte lacune rinforzate dal fatto che vivono gran parte della giornata in una comunità dove interagiscono con persone molto simili a loro. La ristrettezza del codice linguistico diventa dunque una lacuna da rimuovere, qualcosa da mettere al centro se si vuole costruire un dialogo reciprocamente fruttuoso.
Lo scienziato ateo tende poi a credere che la conoscenza scientifica non sia compatibile con la religione, e a volte argomenta a livello teorico su questa incompatibilità. In casi del genere un buon modo per instaurare il dialogo consiste nel sottolineare una compatibilità di fatto: nonstante "questo" e "quello", di fatto la metà degli "scienziati d' élite" americani professa una credenza religiosa, ma soprattutto non pochi altri affermano comunque di avere una vita spirituale. Sono queste verità di fatto non troppo conosciute che possono aprire molte porte ora sbarrate con il chiavistello.
Elaine Howard Ecklund - Science vs. Religion. What scientist really think - Oxford University Press
Lo scienziato ateo tende poi a credere che la conoscenza scientifica non sia compatibile con la religione, e a volte argomenta a livello teorico su questa incompatibilità. In casi del genere un buon modo per instaurare il dialogo consiste nel sottolineare una compatibilità di fatto: nonstante "questo" e "quello", di fatto la metà degli "scienziati d' élite" americani professa una credenza religiosa, ma soprattutto non pochi altri affermano comunque di avere una vita spirituale. Sono queste verità di fatto non troppo conosciute che possono aprire molte porte ora sbarrate con il chiavistello.
Elaine Howard Ecklund - Science vs. Religion. What scientist really think - Oxford University Press
giovedì 2 dicembre 2010
Sola a presidiare la fortezza
Flannery O'Connor e il mistero della scrittura
IMBAMBOLATI
Gli strani personaggi che popolano i suoi racconti osservano la realtà come imbambolati; ricordiamoci del precetto: più al lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro. Questo "eccesso di visione" è indescrivibile, ma c' è. E noi non sappiamo mai come inciderà sull' animo di chi vi si espone, ma sappiamo che da quel momento potrà accadere di tutto: violenza gratuita, grottesco, bizzarro, misto di comicità ed orrore. Cio' che sicuramente salta in aria è il buon senso.
SHEPPARD
Rimpinzare il proprio vuoto con opere buone è un comportamento infernale. La fede è un riconoscimento, e l' ingordigia di "bontà" a volte ci obnubila favorendo distrazioni fatali. Con uno slancio generoso, Sheppard accoglie in casa Rufus Johnson, un ragazzino che era stato in Riformatorio e che lui voleva redimere. Imbevuto di nozioni psicologiche e di un umanitarismo filantropico, è convinto che il male possa essere vinto con un' educazione laica volta allo sviluppo dell' intelligenza. Ma ne uscirà sconfitto, J. non farà che sfuggire agli schemi razionali che stanno davanti a lui come trappole, e questo avviene in pagine che toccano il nervo più vivo della condizione umana.
ARTE = SOLITUDINE
L' arte è una lingua interiore. L' artista, poichè è chiamato ad occuparsi solo di se stesso, è deficitario, non ha strumenti per capire il mondo.
Spiego meglio.
La politica e la sociologia si occuperanno dell' interazione in gruppi umani estesi, l' economia in gruppi umani ristretti, la psicologia dei comportamenti individuali, ma solo l' arte si occupa del singolo in assenza di comportamento, di quel paesaggio interiore privo di espressione.
Il perito di questa immota solitudine ha solo parole svianti quando tenta di dedicarsi ad altro. E molti sembra proprio abbiano scelto l' arte come comoda via per fare poi altro.
Flannery invece amava la solitudine e vi anelava constantemente, già da piccola si chiudeva a chiave nelle stanze, benediceva ogni giorno la sua grave malattia pensandola come la barriera più efficiente contro la perniciosa interferenza dei contatti umani.
BELLEZZA SALVIFICA (OVVERO: L' ARTE SACRA OGGI)
Vi ricordate l' imbarazzante adozione di Tolkien ad opera dei "neo-fascisti"? Ebbene, da tempo i ciellini hanno adottato Flannery - ancora una prefazione di Don Giussani all' ultima raccolta di racconti, ancora una mostra in suo onore all' ultimo Meeting - con lei spartiscono un comandamento impegnativo: la bellezza salva.
La bellezza è una preda astuta, che sfugge e si metamorfizza nel tempo passando sotto il naso di chi ancora ha in mente le fattezze di quella strana "bestia" osservate allorquando un grande artista del passato riuscì temporaneamente ad ingabbiarla.
Ma Flannery ha le idee chiare e sa dove l' arte religiosa è chiamata a lavorare oggi: sono i malfattori, gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra.
Gli scrittori che vedono e narrano alla luce della fede cristiana sono chiamati ad essere i più fini osservatori del grottesco, del perverso, del demenziale, dell' assurdo, dell' autistico. Lo stesso dicasi per musicisti e pittori.
Sono chiamati anche a liberarsi di allegorie, metafore ed altri profilattici; sono chiamati a stare senza intermediazioni davanti all' incarnazione del difetto, del limitato, del tarato. Flannery è in questo fulgido esempio.
ORRORE
L' arte sacra deve rifuggire le formule pie, deve scioccare il lettore con il gusto dell' edificante, deve liberarsi di ogni svenevole moralismo, quello è annoiante laicume; deve setacciare tutto il sublime residuo e liberarsene finchè è in tempo: così prosciugata inscenerà uno spettacolo in cui l' orribile si offre sempre temprato dal ridicolo.
Nell' arte sacra non deve trapelare alcuna "intenzione ideale", il mestiere dell' artista è deludere il critico-tartufo che ne va in spasmodica ricerca.
E' difficile produrre oggi arte sacra, perchè una simile arte è chiamata a scandalizzare chi già passa tutto il giorno a scandalizzarsi per ragioni sbagliate.
Lo scandalo si crea quando uno stile concreto e realista presenta in carne e sangue un' imperscrutabile verità spirituale.
E' lo scandalo dell' Incarnazione! Sparisca ogni simbolo, ogni metafora, ogni allegoria, ogni linguaggio; l' arte deve farne a meno per privilegiare l' incandescenza del contatto diretto, unico "linguaggio" rinnovato in grado di rendere qui ed ora il mistero dell' Incarnato. Sia bandita ogni astrazione a favore della concretezza e di tutte le imperfezioni e asimmetrie che puo' presentare una pietra appena dissotterrata.
I racconti sono "duri", la musica "dissonante", le forme "ellittiche", ma solo perchè "duro", "dissonante", "ellittico" è il messaggio cristiano.
L' ambiguità grottesca che abbonda nelle pagine di Flannery è la stimmate di un' umanità marchiata dal Peccato originale, ovvero dal "limite". Mai soggetto si presta tanto ad essere trattato in racconti e in musiche dell' orrore.
Purchè siano racconti e musiche prive di "atmosfere" orrorifiche.
L' "orrore" prosciugato da ogni atmosfera resta inquietante poichè c' impedisce di dimenticare che partecipiamo della sua condizione. L' "atmosfera" mitiga questo effetto disturbante poichè amplifica artificiosamente il mostruoso puntando sulla sua rassicurante alterità.
Flannery difende con i denti il diritto dell' artista cristiano a scegliere il "negativo" della realtà, le numerose tare che l' affliggono. E con il mondo che diventa sempre più materialistico ci sarà sempre più da scegliere. L' arte sacra ha un futuro.
IL LATO RIDICOLO DELLA FEDE
la fede ha in sè qualcosa di ridicolo e il fedele che anela all' assoluto è un personaggio grottesco. Chi non lo riconosce è spacciato. Flannery lo racconta e riracconta in ogni sua pagina avvalendosi di uno stile chiaro, veloce e realistico.
VIOLENZA DELLA GRAZIA
La violenza non è sempre al servizio del Male, esiste anche la violenza al servizio del Bene.
Flannery decide scientemente di sostituire la parola "amore" con la parola "grazia". Questo perchè l' amore è incompatibile con la violenza mentre l' amore cristiano necessità di cospicue dosi di violenza visto che deve competere con un male concreto ed operante. La mente dell' uomo è chiusa e coesa come un diamante, solo la forza tagliente di un altro diamante puo' competere con essa.
"Il Paradiso è dei violenti", un titolo ma anche un motto che racchiude la piccola irlandese.
LEI
Brusca, sdegnosa, senza pretese, splendida e inappariscente... circondata dai suoi pavoni.
IMBAMBOLATI
Gli strani personaggi che popolano i suoi racconti osservano la realtà come imbambolati; ricordiamoci del precetto: più al lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro. Questo "eccesso di visione" è indescrivibile, ma c' è. E noi non sappiamo mai come inciderà sull' animo di chi vi si espone, ma sappiamo che da quel momento potrà accadere di tutto: violenza gratuita, grottesco, bizzarro, misto di comicità ed orrore. Cio' che sicuramente salta in aria è il buon senso.
SHEPPARD
Rimpinzare il proprio vuoto con opere buone è un comportamento infernale. La fede è un riconoscimento, e l' ingordigia di "bontà" a volte ci obnubila favorendo distrazioni fatali. Con uno slancio generoso, Sheppard accoglie in casa Rufus Johnson, un ragazzino che era stato in Riformatorio e che lui voleva redimere. Imbevuto di nozioni psicologiche e di un umanitarismo filantropico, è convinto che il male possa essere vinto con un' educazione laica volta allo sviluppo dell' intelligenza. Ma ne uscirà sconfitto, J. non farà che sfuggire agli schemi razionali che stanno davanti a lui come trappole, e questo avviene in pagine che toccano il nervo più vivo della condizione umana.
ARTE = SOLITUDINE
L' arte è una lingua interiore. L' artista, poichè è chiamato ad occuparsi solo di se stesso, è deficitario, non ha strumenti per capire il mondo.
Spiego meglio.
La politica e la sociologia si occuperanno dell' interazione in gruppi umani estesi, l' economia in gruppi umani ristretti, la psicologia dei comportamenti individuali, ma solo l' arte si occupa del singolo in assenza di comportamento, di quel paesaggio interiore privo di espressione.
Il perito di questa immota solitudine ha solo parole svianti quando tenta di dedicarsi ad altro. E molti sembra proprio abbiano scelto l' arte come comoda via per fare poi altro.
Flannery invece amava la solitudine e vi anelava constantemente, già da piccola si chiudeva a chiave nelle stanze, benediceva ogni giorno la sua grave malattia pensandola come la barriera più efficiente contro la perniciosa interferenza dei contatti umani.
BELLEZZA SALVIFICA (OVVERO: L' ARTE SACRA OGGI)
Vi ricordate l' imbarazzante adozione di Tolkien ad opera dei "neo-fascisti"? Ebbene, da tempo i ciellini hanno adottato Flannery - ancora una prefazione di Don Giussani all' ultima raccolta di racconti, ancora una mostra in suo onore all' ultimo Meeting - con lei spartiscono un comandamento impegnativo: la bellezza salva.
La bellezza è una preda astuta, che sfugge e si metamorfizza nel tempo passando sotto il naso di chi ancora ha in mente le fattezze di quella strana "bestia" osservate allorquando un grande artista del passato riuscì temporaneamente ad ingabbiarla.
Ma Flannery ha le idee chiare e sa dove l' arte religiosa è chiamata a lavorare oggi: sono i malfattori, gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra.
Gli scrittori che vedono e narrano alla luce della fede cristiana sono chiamati ad essere i più fini osservatori del grottesco, del perverso, del demenziale, dell' assurdo, dell' autistico. Lo stesso dicasi per musicisti e pittori.
Sono chiamati anche a liberarsi di allegorie, metafore ed altri profilattici; sono chiamati a stare senza intermediazioni davanti all' incarnazione del difetto, del limitato, del tarato. Flannery è in questo fulgido esempio.
ORRORE
L' arte sacra deve rifuggire le formule pie, deve scioccare il lettore con il gusto dell' edificante, deve liberarsi di ogni svenevole moralismo, quello è annoiante laicume; deve setacciare tutto il sublime residuo e liberarsene finchè è in tempo: così prosciugata inscenerà uno spettacolo in cui l' orribile si offre sempre temprato dal ridicolo.
Nell' arte sacra non deve trapelare alcuna "intenzione ideale", il mestiere dell' artista è deludere il critico-tartufo che ne va in spasmodica ricerca.
E' difficile produrre oggi arte sacra, perchè una simile arte è chiamata a scandalizzare chi già passa tutto il giorno a scandalizzarsi per ragioni sbagliate.
Lo scandalo si crea quando uno stile concreto e realista presenta in carne e sangue un' imperscrutabile verità spirituale.
E' lo scandalo dell' Incarnazione! Sparisca ogni simbolo, ogni metafora, ogni allegoria, ogni linguaggio; l' arte deve farne a meno per privilegiare l' incandescenza del contatto diretto, unico "linguaggio" rinnovato in grado di rendere qui ed ora il mistero dell' Incarnato. Sia bandita ogni astrazione a favore della concretezza e di tutte le imperfezioni e asimmetrie che puo' presentare una pietra appena dissotterrata.
I racconti sono "duri", la musica "dissonante", le forme "ellittiche", ma solo perchè "duro", "dissonante", "ellittico" è il messaggio cristiano.
L' ambiguità grottesca che abbonda nelle pagine di Flannery è la stimmate di un' umanità marchiata dal Peccato originale, ovvero dal "limite". Mai soggetto si presta tanto ad essere trattato in racconti e in musiche dell' orrore.
Purchè siano racconti e musiche prive di "atmosfere" orrorifiche.
L' "orrore" prosciugato da ogni atmosfera resta inquietante poichè c' impedisce di dimenticare che partecipiamo della sua condizione. L' "atmosfera" mitiga questo effetto disturbante poichè amplifica artificiosamente il mostruoso puntando sulla sua rassicurante alterità.
Flannery difende con i denti il diritto dell' artista cristiano a scegliere il "negativo" della realtà, le numerose tare che l' affliggono. E con il mondo che diventa sempre più materialistico ci sarà sempre più da scegliere. L' arte sacra ha un futuro.
IL LATO RIDICOLO DELLA FEDE
la fede ha in sè qualcosa di ridicolo e il fedele che anela all' assoluto è un personaggio grottesco. Chi non lo riconosce è spacciato. Flannery lo racconta e riracconta in ogni sua pagina avvalendosi di uno stile chiaro, veloce e realistico.
VIOLENZA DELLA GRAZIA
La violenza non è sempre al servizio del Male, esiste anche la violenza al servizio del Bene.
Flannery decide scientemente di sostituire la parola "amore" con la parola "grazia". Questo perchè l' amore è incompatibile con la violenza mentre l' amore cristiano necessità di cospicue dosi di violenza visto che deve competere con un male concreto ed operante. La mente dell' uomo è chiusa e coesa come un diamante, solo la forza tagliente di un altro diamante puo' competere con essa.
"Il Paradiso è dei violenti", un titolo ma anche un motto che racchiude la piccola irlandese.
LEI
Brusca, sdegnosa, senza pretese, splendida e inappariscente... circondata dai suoi pavoni.
mercoledì 1 dicembre 2010
La prevedibile disperazione di Monicelli
Un altro grande ateo si è suicidato. Tra le due cose c' è una relazione?
Nel caso specifico nessuno puo' dirlo, ma in generale ormai pochi dubitano: essere religiosi dimezza le possibilità di suicidio.
E il suicidio è l' unico indicatore affidabile per misurare la felicità.
Vietare il suicidio avvalendosi dello Stato, non mi sembra il modo migliore per valorizzare questa virtù del pensiero religioso.
Nel caso specifico nessuno puo' dirlo, ma in generale ormai pochi dubitano: essere religiosi dimezza le possibilità di suicidio.
E il suicidio è l' unico indicatore affidabile per misurare la felicità.
Vietare il suicidio avvalendosi dello Stato, non mi sembra il modo migliore per valorizzare questa virtù del pensiero religioso.
Libertarianism A-Z: "Vieni via con me" (ovvero la TV)
Fabio Fazio (FF) avrebbe dovuto invitare i pro-life nella sua trasmissione?
Lui dice di no: "se vogliono parlare, lo facciano nelle loro trasmissioni".
Giusto, sennochè "Vieni via con me" è classificata come "servizio pubblico".
FF, e molti con lui, quando replicano così, dimostrano di non conoscere il significato dell' espressione "servizio pubblico".
Una trasmissione del servizio pubblico è una trasmissione utile a tutti ma che il mercato non puo' produrre a causa degli inevitabili "comportamenti opportunistici" a cui darebbe luogo una simile impresa.
Tutti sanno cosa sia un comportamento opportunistico: l' opportunista dice mentendo che non è interessato ad un certo bene, in questo modo non contribuisce alla sua produzione, dopodichè, una volta che il bene è stato prodotto con risorse altrui, lo sfrutta al pari degli altri visto che non puo' più essere escluso. Per esempio: posso dire che non m' interessa lo scudo anti-aereo e non finanziare così il progetto della difesa. Ma poi, una volta che il progetto è concluso, anch'io, che abito in Italia, godrò inevitabilmente di quella protezione. [Un modo rozzo per aggirare il problema consiste nel dichiarare "servizio pubblico" lo scudo spaziale e finanziarlo con le tasse generali].
Da quanto detto capiamo che condizione necessaria affinchè una trasmissione TV sia "servizio pubblico" è che "tutti" i contribuenti ne usufruiscano. Questo perchè "tutti" sono chiamati a finanziarla.
Bene, davvero qualcuno potrebbe sostenere seriamente che i pro-life, nonostante godano di una trasmissione come "Vieni via con me", non vogliano ammetterlo? Sostenerlo rasenta l' assurdo, chiunque ne converrà.
Conclusione elementare: se vogliamo che sia "servizio pubblico", il diritto di replica è dovuto. Punto.
stanca replica: "ma allora tutte le trasmissioni del servizio pubblico sarebbero imbottite con "diritti di replica".
E' una risposta senza alcun peso specifico poichè pone un problema che riguarda solo chi ritiene che esista un "servizio pubblico" in tema di Radio e TV. E' dunque un' obiezione irricevibile per un libertario. Al contrario, potrebbe angosciare ancor di più i "fabiofaziosi", ovvero coloro stessi che la avanzano, visto che in genere sono proprio loro a sostenere la necessità di un "servizio pubblico".
I più superficiali potrebbero poi pensare che "Vieni via con me" sia in ogni caso in grado di ripagarsi da sè visti i buoni ascolti. Ma questo testimonia solo che non si tratta di "servizio pubblico", il mercato puo' produrre "beni che si ripagano" e la Rai non è dunque l' ospite adeguato.
P.S. In questa sede non giudico comunque i contenuti della trasmissione. Su tre puntate ne ho visti dieci minuti, qualcuno faceva delle liste elencando un po' alla rinfusa oggetti simbolici e altre suppellettili cariche di "memoria"; insomma, le classiche "liste" di chi è invecchiato ben prima di finire la gioventù. Il giovane/vecchio è uno che a 30 anni è già zeppo di malinconie, cosicchè guarda al passato con il languore e l' occhio spento dell' ottuagenario. Non lasciatevi ingannare, sotto quel languore cova l' odio, sentimento sempre presente dove esala il romanticismo. L' aspetto mellifluo è riservato alla "parrocchietta" che condivide quel passato, di fronte al clandestino o al "diverso" che "non lo capisce" il mellifluo sente estraneità e tira subito fuori l' artiglio fatto di sarcasmo e disprezzo. Del resto, FF è così. Poi c' era Saviano che parlava di Mafia, un argomento che 99 volte su 100 mi fa sbadigliare, lo ammetto.
P.S. Ho sentito anche questa: "se quelli sono i pro-life, noi chi siamo, i pro-morte?". E perchè no? Io, per esempio, sono favorevole a testamento biologico, eutanasia volontaria, e ad ogni provvedimento che legalizzi la possibilità di morire quando uno crede e come crede. Se questo è essere pro-morte, perchè avere paura delle parole? Solo chi punta sugli slogan puo' preoccuparsi. E ho la sgradevole sensazione di conoscere un prototipo del genere.
Lui dice di no: "se vogliono parlare, lo facciano nelle loro trasmissioni".
Giusto, sennochè "Vieni via con me" è classificata come "servizio pubblico".
FF, e molti con lui, quando replicano così, dimostrano di non conoscere il significato dell' espressione "servizio pubblico".
Una trasmissione del servizio pubblico è una trasmissione utile a tutti ma che il mercato non puo' produrre a causa degli inevitabili "comportamenti opportunistici" a cui darebbe luogo una simile impresa.
Tutti sanno cosa sia un comportamento opportunistico: l' opportunista dice mentendo che non è interessato ad un certo bene, in questo modo non contribuisce alla sua produzione, dopodichè, una volta che il bene è stato prodotto con risorse altrui, lo sfrutta al pari degli altri visto che non puo' più essere escluso. Per esempio: posso dire che non m' interessa lo scudo anti-aereo e non finanziare così il progetto della difesa. Ma poi, una volta che il progetto è concluso, anch'io, che abito in Italia, godrò inevitabilmente di quella protezione. [Un modo rozzo per aggirare il problema consiste nel dichiarare "servizio pubblico" lo scudo spaziale e finanziarlo con le tasse generali].
Da quanto detto capiamo che condizione necessaria affinchè una trasmissione TV sia "servizio pubblico" è che "tutti" i contribuenti ne usufruiscano. Questo perchè "tutti" sono chiamati a finanziarla.
Bene, davvero qualcuno potrebbe sostenere seriamente che i pro-life, nonostante godano di una trasmissione come "Vieni via con me", non vogliano ammetterlo? Sostenerlo rasenta l' assurdo, chiunque ne converrà.
Conclusione elementare: se vogliamo che sia "servizio pubblico", il diritto di replica è dovuto. Punto.
stanca replica: "ma allora tutte le trasmissioni del servizio pubblico sarebbero imbottite con "diritti di replica".
E' una risposta senza alcun peso specifico poichè pone un problema che riguarda solo chi ritiene che esista un "servizio pubblico" in tema di Radio e TV. E' dunque un' obiezione irricevibile per un libertario. Al contrario, potrebbe angosciare ancor di più i "fabiofaziosi", ovvero coloro stessi che la avanzano, visto che in genere sono proprio loro a sostenere la necessità di un "servizio pubblico".
I più superficiali potrebbero poi pensare che "Vieni via con me" sia in ogni caso in grado di ripagarsi da sè visti i buoni ascolti. Ma questo testimonia solo che non si tratta di "servizio pubblico", il mercato puo' produrre "beni che si ripagano" e la Rai non è dunque l' ospite adeguato.
P.S. In questa sede non giudico comunque i contenuti della trasmissione. Su tre puntate ne ho visti dieci minuti, qualcuno faceva delle liste elencando un po' alla rinfusa oggetti simbolici e altre suppellettili cariche di "memoria"; insomma, le classiche "liste" di chi è invecchiato ben prima di finire la gioventù. Il giovane/vecchio è uno che a 30 anni è già zeppo di malinconie, cosicchè guarda al passato con il languore e l' occhio spento dell' ottuagenario. Non lasciatevi ingannare, sotto quel languore cova l' odio, sentimento sempre presente dove esala il romanticismo. L' aspetto mellifluo è riservato alla "parrocchietta" che condivide quel passato, di fronte al clandestino o al "diverso" che "non lo capisce" il mellifluo sente estraneità e tira subito fuori l' artiglio fatto di sarcasmo e disprezzo. Del resto, FF è così. Poi c' era Saviano che parlava di Mafia, un argomento che 99 volte su 100 mi fa sbadigliare, lo ammetto.
P.S. Ho sentito anche questa: "se quelli sono i pro-life, noi chi siamo, i pro-morte?". E perchè no? Io, per esempio, sono favorevole a testamento biologico, eutanasia volontaria, e ad ogni provvedimento che legalizzi la possibilità di morire quando uno crede e come crede. Se questo è essere pro-morte, perchè avere paura delle parole? Solo chi punta sugli slogan puo' preoccuparsi. E ho la sgradevole sensazione di conoscere un prototipo del genere.
Spiritual atheist
Flock of Dodos è un film che investiga la differenza tra persone religiose e persone di scienza.
Si concentra sulla psicologia e lo fa calandosi in una realtà storica ben definita, quella relativa al dibattito che c' è stato negli USA tra sostenitori dell' ID ed evoluzionisti.
Quel che ne esce è abbastanza sorprendente, sembra proprio che i supperter dell ID siano dotati di un maggior spirito dialogante mentre gli evoluzionisti coinvolti nella vicenda sembrano più inclini a tagliar corto ostentando disprezzo e intolleranza.
Il Dodo è un uccello nativo delle isole Mauritius, la sua inettitudine al volo lo condannò all' estinzione allorchè gli europei sbarcarono sull' isola.
Randy Olson, biologo e autore del film, pensa che la scienza abbia dei nemici interni e che i suoi rappresentanti dovrebbero imparare a relazionarsi in modo meno rozzo e più rispettoso all' esterno, pena l' estinzione.
Al termine della proiezione in prima visione alla Cornell University, seduta in sala c' era anche Elaine Howard Ecklund, allora era una studentessa. Quando il film terminò, si accesero le luci e cominciò il dibattito; la Ecklund fu così testimone di eventi che segnarono poi il suo futuro accademico.
Il dibattito, infatti, confermò rinforzandole le tesi del film. Un laboratorio sperimentale non poteva dare esiti tanto inequivocabili. Un manipolo di scienziati vocianti tenevano banco coprendo tutte le altre voci incitandosi vicendevolmente al grido "stupid fundamentalist!".
Fu quel giorno che la Ecklund cominciò a concepire il suo libro, "Science vs. Religion", un libro che oggi viene considerato il testo più approfondito in materia.
In quella sala la studiosa ebbe la netta sensazione che una minoranza chiassosa monopolizzasse gli altoparlanti a disposizione per comunicare al Mondo "cio' che pensa la scienza" in materia di religione. Ma la rappresentanza, intuiva la Ecklund, era probabilmente distorta.
La "survey" documentata nel libro che impegnò negli anni successivi la Ecklund presso gli scienziati delle top University americane è la più esaustiva a disposizione, ci fornisce molte notizie sui pensieri e sulla vita spirituale di questa élite. In più la Ecklund vive per giorni a stretto contatto con alcune figure tipiche (l' ateo, l' agnostico, il credente; Arik, Evelyn, Margaret) per cercare di carpire la loro realtà interiore: la "religione" è una materia complessa che non si esaurisce con interviste "normalizzate" a fini statistici.
Non c' è dubbio che tra i top-scientist i religiosi in senso tradizionale siano meno rappresentati rispetto a quanto lo siano nella popolazione. Tra atei e agnostici si supera di gran lunga la metà del campione, nella popolazione americana non si arriva al 10%; eppure il rapporto rivela delle sorprese.
La Ecklund scopre una nuova figura, quella dell' "imprenditore spirituale". Molti scienziati si definiscono persone "spirituali". Ma a sorprendere è che il 22% di essi si definisce anche "ateo"; e il 27% degli "spirituali" si definisce anche "agnostico"!
Se alla quasi metà di "scienziati religiosi" aggiungiamo gli "scienziati spirituali", arriviamo ad una quota ragguardevole (70%) di scienziati in grado di capire e rispettare la religione. Aggiungiamo poi che una buona fetta dei rimanenti hanno maturato la loro ostilità con la religione a causa di "cattive esperienze pregresse" che nulla hanno a che fare con la loro attuale occupazione.
Dopo quattro anni di ricerca, almeno una cosa appare chiara alla Ecklund: tutto quel che sappiamo della vita religiosa e spirituale dei top scientist americani è falso o come minimo distorto. L' incompatibilità insormontabile tra scienza e fede è una caricatura da smontare al più presto, così come è una caricatura quella dello "scienziato" incline per formazione mentale alla tolleranza.
Un messaggio importante, direi, un messaggio che consiglia di stipulare una nuova allenza tra chi vuole discutere nel rispetto reciproco il rapporto che esiste tra scienza-fede cercando di togliere l' altoparlante dalle mani di un manipolo di scienziati arroganti e vociferanti. Un' alleanza possibile, visto che il "materiale umano" per realizzarla abbonda.
Si concentra sulla psicologia e lo fa calandosi in una realtà storica ben definita, quella relativa al dibattito che c' è stato negli USA tra sostenitori dell' ID ed evoluzionisti.
Quel che ne esce è abbastanza sorprendente, sembra proprio che i supperter dell ID siano dotati di un maggior spirito dialogante mentre gli evoluzionisti coinvolti nella vicenda sembrano più inclini a tagliar corto ostentando disprezzo e intolleranza.
Il Dodo è un uccello nativo delle isole Mauritius, la sua inettitudine al volo lo condannò all' estinzione allorchè gli europei sbarcarono sull' isola.
Randy Olson, biologo e autore del film, pensa che la scienza abbia dei nemici interni e che i suoi rappresentanti dovrebbero imparare a relazionarsi in modo meno rozzo e più rispettoso all' esterno, pena l' estinzione.
Al termine della proiezione in prima visione alla Cornell University, seduta in sala c' era anche Elaine Howard Ecklund, allora era una studentessa. Quando il film terminò, si accesero le luci e cominciò il dibattito; la Ecklund fu così testimone di eventi che segnarono poi il suo futuro accademico.
Il dibattito, infatti, confermò rinforzandole le tesi del film. Un laboratorio sperimentale non poteva dare esiti tanto inequivocabili. Un manipolo di scienziati vocianti tenevano banco coprendo tutte le altre voci incitandosi vicendevolmente al grido "stupid fundamentalist!".
Fu quel giorno che la Ecklund cominciò a concepire il suo libro, "Science vs. Religion", un libro che oggi viene considerato il testo più approfondito in materia.
In quella sala la studiosa ebbe la netta sensazione che una minoranza chiassosa monopolizzasse gli altoparlanti a disposizione per comunicare al Mondo "cio' che pensa la scienza" in materia di religione. Ma la rappresentanza, intuiva la Ecklund, era probabilmente distorta.
La "survey" documentata nel libro che impegnò negli anni successivi la Ecklund presso gli scienziati delle top University americane è la più esaustiva a disposizione, ci fornisce molte notizie sui pensieri e sulla vita spirituale di questa élite. In più la Ecklund vive per giorni a stretto contatto con alcune figure tipiche (l' ateo, l' agnostico, il credente; Arik, Evelyn, Margaret) per cercare di carpire la loro realtà interiore: la "religione" è una materia complessa che non si esaurisce con interviste "normalizzate" a fini statistici.
Non c' è dubbio che tra i top-scientist i religiosi in senso tradizionale siano meno rappresentati rispetto a quanto lo siano nella popolazione. Tra atei e agnostici si supera di gran lunga la metà del campione, nella popolazione americana non si arriva al 10%; eppure il rapporto rivela delle sorprese.
La Ecklund scopre una nuova figura, quella dell' "imprenditore spirituale". Molti scienziati si definiscono persone "spirituali". Ma a sorprendere è che il 22% di essi si definisce anche "ateo"; e il 27% degli "spirituali" si definisce anche "agnostico"!
Se alla quasi metà di "scienziati religiosi" aggiungiamo gli "scienziati spirituali", arriviamo ad una quota ragguardevole (70%) di scienziati in grado di capire e rispettare la religione. Aggiungiamo poi che una buona fetta dei rimanenti hanno maturato la loro ostilità con la religione a causa di "cattive esperienze pregresse" che nulla hanno a che fare con la loro attuale occupazione.
Dopo quattro anni di ricerca, almeno una cosa appare chiara alla Ecklund: tutto quel che sappiamo della vita religiosa e spirituale dei top scientist americani è falso o come minimo distorto. L' incompatibilità insormontabile tra scienza e fede è una caricatura da smontare al più presto, così come è una caricatura quella dello "scienziato" incline per formazione mentale alla tolleranza.
Un messaggio importante, direi, un messaggio che consiglia di stipulare una nuova allenza tra chi vuole discutere nel rispetto reciproco il rapporto che esiste tra scienza-fede cercando di togliere l' altoparlante dalle mani di un manipolo di scienziati arroganti e vociferanti. Un' alleanza possibile, visto che il "materiale umano" per realizzarla abbonda.
martedì 30 novembre 2010
Libertarism A-Z: povertà e disuguaglianza
In molti sostengono che lo Stato dovrebbe prendersi cura dei poveri, e non solo per motivi etici. la disuguaglianza diffusa è un fattore di instabilità sociale e quindi un trasferimento di ricchezza costituirebbe un' assicurazione sociale.
1. Innanzitutto lo Stato non ha doveri etici, a meno che non sia uno Stato Etico. L' affermazione per cui la diseguaglianza sarebbe un destabilizzatore sociale è contraddetta dai fatti. La stabilità sociale è legata al reddito medio e non alla diseguaglianza. L' intervento dello Stato a volte incide positivamente con il secondo indice ma incide sempre negativamente con il primo.
2. Affidare il trasferimento di ricchezza ai burocrati ha effetti perversi: a) churning b) crowding out c) moral hazard.
a): chi riceve è chi dà sono la stessa persona, per cui a guadagnarci è solo chi "trasferisce" ed incassa le commissioni (politica e burocrazia). In Italia funziona proprio così: paga la classe media ed incassa la classe media. Si pensi solo al fatto che le pensioni costituiscono i 2/3 della spesa sociale. Una marea di "trasferimenti" e dei veri poveri deve occuparsi il Comune se avanza qualcosa.
b) la filantropia privata è spiazzata e la sociatà subisce così un' erosione morale.
c) fare il povero conviene; la filantropia privata, quella che eleva il sostegno a diritto e mette in crisi i comportamenti opportunistici, è spiazzata. Il sostegno è un diritto a tutti gli effetti e ognuno fa i suoi calcoli.
1. Innanzitutto lo Stato non ha doveri etici, a meno che non sia uno Stato Etico. L' affermazione per cui la diseguaglianza sarebbe un destabilizzatore sociale è contraddetta dai fatti. La stabilità sociale è legata al reddito medio e non alla diseguaglianza. L' intervento dello Stato a volte incide positivamente con il secondo indice ma incide sempre negativamente con il primo.
2. Affidare il trasferimento di ricchezza ai burocrati ha effetti perversi: a) churning b) crowding out c) moral hazard.
a): chi riceve è chi dà sono la stessa persona, per cui a guadagnarci è solo chi "trasferisce" ed incassa le commissioni (politica e burocrazia). In Italia funziona proprio così: paga la classe media ed incassa la classe media. Si pensi solo al fatto che le pensioni costituiscono i 2/3 della spesa sociale. Una marea di "trasferimenti" e dei veri poveri deve occuparsi il Comune se avanza qualcosa.
b) la filantropia privata è spiazzata e la sociatà subisce così un' erosione morale.
c) fare il povero conviene; la filantropia privata, quella che eleva il sostegno a diritto e mette in crisi i comportamenti opportunistici, è spiazzata. Il sostegno è un diritto a tutti gli effetti e ognuno fa i suoi calcoli.
Giavazzi difende la Gelmini
E' vero, la Gelmini non ha abolito il titolo di studio e nemmeno ha liberalizzato le rette...
Ma:
Il risultato... non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università...
«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l’anno. Il ministro dell’Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa...
La legge innova la governance delle università: limita l’autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza...
La valutazione è l’unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un’istruzione migliore. Per questo l’Anvur, l’Agenzia per la valutazione degli atenei, è il vero perno della riforma...
Il Pd ha annunciato che voterà contro. Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore?
Il risultato... non è poca cosa. La legge abolisce i concorsi, prima fonte di corruzione delle nostre università...
«Non si fanno le nozze con i fichi secchi», è la critica più diffusa. Nel 2007-08 il finanziamento dello Stato alle università era di 7 miliardi l’anno. Il ministro dell’Economia lo aveva ridotto, per il 2011, di un miliardo. Poi, di fronte alla mobilitazione di studenti, ricercatori, opinione pubblica e alle proteste del ministro Gelmini, Tremonti ha dovuto fare un passo indietro: i fondi sono 7,2 miliardi nel 2010, 6,9 nel 2011, gli stessi di tre anni fa...
La legge innova la governance delle università: limita l’autoreferenzialità dei professori prevedendo la presenza...
La valutazione è l’unico modo per non sprecare risorse, per consentirci di risalire nelle graduatorie mondiali e fornire agli studenti un’istruzione migliore. Per questo l’Anvur, l’Agenzia per la valutazione degli atenei, è il vero perno della riforma...
Il Pd ha annunciato che voterà contro. Davvero Bersani pensa che se vincesse le elezioni riuscirebbe a far approvare una legge migliore?
Strenna per Di Pietro
Molti regimi non consentono il voto, altri - quelli democratici - non lo pesano. Il danno arrecato da simili lacune non è riparabile facilmente.
Ma un rimedio a questo fastidioso impiccio c' è: la corruzione.
Tralasciamo la teoria e veniamo agli esempi.
E' assurdo che sulla "proibizione del fumo" il voto di un "disinteressato" che passa per strada valga quanto quello di chi considera un affare del genere questione di "vita o di morte".
E continuiamo pure con questo esempio. Se una maggioranza di votanti svogliati proibiscono il fumo ma una ristretta e motivata minoranza di fumatori non vuole rinunciare, non si preoccupino, una via per raddrizzare l' ingiusto esito democratico esiste: si corromperanno, attraverso lo spacciatore, i funzionari addetti a reprimere i traffici illegali. Visto infatti l' interesse per la faccenda, i fondi non mancheranno. Mancheranno invece i fondi per far rispettare una legge che non interessa più di tanto a chi l' ha votata. Morale: con la corruzione, tutti vivranno più felici e contenti.
La corruzione, per questa sua virtù "correttiva", è diffusa ovunque nella storia e i più onusti personaggi che la dominano non ne andarono esenti. Si pensi solo a Pericle, Cesare, Napoleone... Altri la tollerarono, anche perchè consapevoli dei vantaggi sociali che arrecava. Corruzione, spesso, era sinonimo di prosperità.
Bacchettoni e affaristi raggiungevano il loro scopo; una corruzione discreta consentiva ad apparenza e sostanza di convivere senza combattersi in modo dispendioso.
Si pensi solo al fatto che quella che oggi chiamiamo "libertà civile" vide la luce nella Storia grazie alla compravendita di un privilegio.
La logica dunque fila, si tratta nient' altro che di un' applicazione del teorema di Coase. Ma in questa sede ad interessarmi è l' infinita sequela di avvenimenti storici in grado di rimpolparla. A metterli in fila c' ha pensato Gaspard Koenig in un libro provvidenzialmente tradotto.
Solo la morale cristiana pose in seguito un freno parziale al fenomeno.
Una coppia di personaggi storici illustra bene la logica nascosta di quel che spesso succede in termini meno macroscopici: Kurt Becher, individuo amorale, per avidità e scarso senso della legge salvò migliaia di ebrei dall' olocausto. Eichmann, funzionario dotato di moralità sinceramente sentita e grande senso del dovere, ne infornò una quantità industriale.
Il libro: Le virtù discrete della corruzione.
Ma un rimedio a questo fastidioso impiccio c' è: la corruzione.
Tralasciamo la teoria e veniamo agli esempi.
E' assurdo che sulla "proibizione del fumo" il voto di un "disinteressato" che passa per strada valga quanto quello di chi considera un affare del genere questione di "vita o di morte".
E continuiamo pure con questo esempio. Se una maggioranza di votanti svogliati proibiscono il fumo ma una ristretta e motivata minoranza di fumatori non vuole rinunciare, non si preoccupino, una via per raddrizzare l' ingiusto esito democratico esiste: si corromperanno, attraverso lo spacciatore, i funzionari addetti a reprimere i traffici illegali. Visto infatti l' interesse per la faccenda, i fondi non mancheranno. Mancheranno invece i fondi per far rispettare una legge che non interessa più di tanto a chi l' ha votata. Morale: con la corruzione, tutti vivranno più felici e contenti.
La corruzione, per questa sua virtù "correttiva", è diffusa ovunque nella storia e i più onusti personaggi che la dominano non ne andarono esenti. Si pensi solo a Pericle, Cesare, Napoleone... Altri la tollerarono, anche perchè consapevoli dei vantaggi sociali che arrecava. Corruzione, spesso, era sinonimo di prosperità.
Bacchettoni e affaristi raggiungevano il loro scopo; una corruzione discreta consentiva ad apparenza e sostanza di convivere senza combattersi in modo dispendioso.
Si pensi solo al fatto che quella che oggi chiamiamo "libertà civile" vide la luce nella Storia grazie alla compravendita di un privilegio.
La logica dunque fila, si tratta nient' altro che di un' applicazione del teorema di Coase. Ma in questa sede ad interessarmi è l' infinita sequela di avvenimenti storici in grado di rimpolparla. A metterli in fila c' ha pensato Gaspard Koenig in un libro provvidenzialmente tradotto.
Solo la morale cristiana pose in seguito un freno parziale al fenomeno.
Una coppia di personaggi storici illustra bene la logica nascosta di quel che spesso succede in termini meno macroscopici: Kurt Becher, individuo amorale, per avidità e scarso senso della legge salvò migliaia di ebrei dall' olocausto. Eichmann, funzionario dotato di moralità sinceramente sentita e grande senso del dovere, ne infornò una quantità industriale.
Il libro: Le virtù discrete della corruzione.
Capire la mente cattolica IV
Quando ELV giunge a discutere dell' "infallibilità papale" sembra davvero avere tutta la sensibilità contemporanea dalla sua parte. L' accusa rivolta alla Chiesa cattolica non fa sconti:
Nessuno non sbaglia mai, e infatti il papa vuol farci credere di non sbagliare solo quando si pronuncia "ex cathedra", ma poi definisce in modo vago questa condizione. Ad ogni modo, se l' infallibilità riguarda verità verificabili, allora è inutile, se riguarda verità inverificabili, allora anch' io potrei ritenermi "infallibile".
[...e infatti puoi farlo. Devi solo chiederti perchè in questo caso nessuno si prende la briga di contestare una simile attribuzione...]
Dopo di che ELV passa in rassegna alcuni "errori" storici della Chiesa. Si parla dell' appoggio al fenomeno della schiavitù, della discriminazione prodotta tra i sessi, dell' attacco alla scienza con il processo a Galileo...
Una lista insoddisfacente, per usare un eufemismo. E per sfiorare il merito a proposito dei destini della Chiesa Cattolica... mi si dica solo quale istituzione nella storia ha fatto di più per far sparire la "schiavitù" dalla faccia della terra. Mi si dica soltanto quale istituzione nella storia ha fatto di più per le donne. Mi si dica soltanto quale filosofo contemporaneo starebbe oggi dalla parte di Galileo, mi si dica soltanto quale scienziato contemporaneo acceterebbe le prove portate da Galileo a sostegno delle sue tesi.
Presto, occorrono altri esempi, perchè siamo rimasti decisamente a corto.
Ma torniamo all' accusa di fondo.
Notiamo innanzitutto che il Cattolico non è un relativista, pensa che la Verità esista, che ci sia una "bocca" che la pronuncia e delle "orecchie" che la ascoltano. Se la verità esiste e possiamo coglierla, esiste necessariamente anche una fonte "infallibile" da cui promana. La fallibilità della condizione terrena non è estromessa da questa visione, bensì relegata alle "orecchie".
Cristo è la fonte individuata dalle orecchie Cattoliche e la Chiesa, con il Papa suo portavoce, prolunga la presenza di Cristo sulla terra. Proclamare l' infallibilità di questa parola è abbastanza conseguenziale. Cosa si pretende dalla Chiesa? Forse una contraddizione?
ELV si lamenta poi della vaghezza con cui vengono individuati i pronunciamenti "ex cathedra".
Strano, finora, e proprio su questi stessi temi, si era lagnato dell' eccesso di "particolari" e definizioni perentorie. Ora si dedica invece ad una lamentazione di segno opposto.
Passiamo all' ultima parte dell' accusa.
Posso capisco ELV quando asserisce l' inutilità di autoproclamarsi infallibili allorchè si pronuncino verità verificabili. E infatti la Chiesa non lo fa.
Tuttavia la Chiesa ha pronunciato (e testimoniato, e vissuto) nel corso della Storia alcune verità etiche fondamentali intorno alla dignità dell' uomo. Tutto cio' non è stato "inutile", ha dato lustro, credibilità e Tradizione all' istituzione.
Questo modo di attraversare la storia rende la Chiesa qualcosa di fondamentalmente diverso da "me" o da "te" presi come monadi isolate. Per questo che "io" o "te" possiamo pure dichiaraci "infallibili" ma una dichiarazione del genere suonerebbe poco credibile se non ridicola.
Nel linguaggio del mondo il termine "infallibile" è ripudiato. Ma esistono valide "traduzioni" che faciliterebbero la comunicazione tra i due fronti.
La teoria dei giochi teorizza un accordo necessario tra le parti che decidono di discutere ad oltranza (Teorema di Aumann). Chi non è relativista puo' chiamare questo accordo "verità" e la discussione comunitaria che precede la sua individuazione "avanzamento infallibile verso la verità". La Chiesa Cattolica (universale!!) va pensata allora come "comunità" in discussione (in cammino) e la parola del Papa come tappa progressiva di questo avanzamento infallibile. Tutto cio' che appariva arrogante acquisterebbe nuovo senso anche per la mente secolarizzata.
Nessuno non sbaglia mai, e infatti il papa vuol farci credere di non sbagliare solo quando si pronuncia "ex cathedra", ma poi definisce in modo vago questa condizione. Ad ogni modo, se l' infallibilità riguarda verità verificabili, allora è inutile, se riguarda verità inverificabili, allora anch' io potrei ritenermi "infallibile".
[...e infatti puoi farlo. Devi solo chiederti perchè in questo caso nessuno si prende la briga di contestare una simile attribuzione...]
Dopo di che ELV passa in rassegna alcuni "errori" storici della Chiesa. Si parla dell' appoggio al fenomeno della schiavitù, della discriminazione prodotta tra i sessi, dell' attacco alla scienza con il processo a Galileo...
Una lista insoddisfacente, per usare un eufemismo. E per sfiorare il merito a proposito dei destini della Chiesa Cattolica... mi si dica solo quale istituzione nella storia ha fatto di più per far sparire la "schiavitù" dalla faccia della terra. Mi si dica soltanto quale istituzione nella storia ha fatto di più per le donne. Mi si dica soltanto quale filosofo contemporaneo starebbe oggi dalla parte di Galileo, mi si dica soltanto quale scienziato contemporaneo acceterebbe le prove portate da Galileo a sostegno delle sue tesi.
Presto, occorrono altri esempi, perchè siamo rimasti decisamente a corto.
Ma torniamo all' accusa di fondo.
Notiamo innanzitutto che il Cattolico non è un relativista, pensa che la Verità esista, che ci sia una "bocca" che la pronuncia e delle "orecchie" che la ascoltano. Se la verità esiste e possiamo coglierla, esiste necessariamente anche una fonte "infallibile" da cui promana. La fallibilità della condizione terrena non è estromessa da questa visione, bensì relegata alle "orecchie".
Cristo è la fonte individuata dalle orecchie Cattoliche e la Chiesa, con il Papa suo portavoce, prolunga la presenza di Cristo sulla terra. Proclamare l' infallibilità di questa parola è abbastanza conseguenziale. Cosa si pretende dalla Chiesa? Forse una contraddizione?
ELV si lamenta poi della vaghezza con cui vengono individuati i pronunciamenti "ex cathedra".
Strano, finora, e proprio su questi stessi temi, si era lagnato dell' eccesso di "particolari" e definizioni perentorie. Ora si dedica invece ad una lamentazione di segno opposto.
Passiamo all' ultima parte dell' accusa.
Posso capisco ELV quando asserisce l' inutilità di autoproclamarsi infallibili allorchè si pronuncino verità verificabili. E infatti la Chiesa non lo fa.
Tuttavia la Chiesa ha pronunciato (e testimoniato, e vissuto) nel corso della Storia alcune verità etiche fondamentali intorno alla dignità dell' uomo. Tutto cio' non è stato "inutile", ha dato lustro, credibilità e Tradizione all' istituzione.
Questo modo di attraversare la storia rende la Chiesa qualcosa di fondamentalmente diverso da "me" o da "te" presi come monadi isolate. Per questo che "io" o "te" possiamo pure dichiaraci "infallibili" ma una dichiarazione del genere suonerebbe poco credibile se non ridicola.
Nel linguaggio del mondo il termine "infallibile" è ripudiato. Ma esistono valide "traduzioni" che faciliterebbero la comunicazione tra i due fronti.
La teoria dei giochi teorizza un accordo necessario tra le parti che decidono di discutere ad oltranza (Teorema di Aumann). Chi non è relativista puo' chiamare questo accordo "verità" e la discussione comunitaria che precede la sua individuazione "avanzamento infallibile verso la verità". La Chiesa Cattolica (universale!!) va pensata allora come "comunità" in discussione (in cammino) e la parola del Papa come tappa progressiva di questo avanzamento infallibile. Tutto cio' che appariva arrogante acquisterebbe nuovo senso anche per la mente secolarizzata.
lunedì 29 novembre 2010
Shermer affronta la "big question"
Perchè c' è qualcosa al posto del nulla?
http://www.bigquestionsonline.com/columns/michael-shermer/the-biggest-big-question-of-all
Interessante, ma per me non si tratta affatto della "big question".
Propenderei invece per: "il mondo in cui viviamo è illusione o realtà?"
http://www.bigquestionsonline.com/columns/michael-shermer/the-biggest-big-question-of-all
Interessante, ma per me non si tratta affatto della "big question".
Propenderei invece per: "il mondo in cui viviamo è illusione o realtà?"
Nuova luce sul processo di Galileo
http://www.msnbc.msn.com/id/39440712/ns/technology_and_science-science/
Da imitare al più presto
Se penso ad un paese civile, penso giocoforza alla Svizzera.
Democrazia più antica d' Europa, federalismo vero e non parolaio. Uno sberleffo istituzionale vivente a chi pensa ed insegna che, affinchè ci sia un "popolo", occorre condividere "lingua & costumi". La Svizzera troneggia alle spalle di questi professori saputelli a prescindere dai fatti e ci ricorda che invece basta un accordo.
Non mi stupisco quindi se in tema di emigrazione adotti una politica per molti versi condivisibile: generosità nell' accoglienza ed espulsione immediata per chi commette un crimine.
Il liberale va in sollucchero quando sente una cosa del genere. Lui disdegna punire gli innocenti (magari con dei limiti all' ingresso). Ma, per una questione di realismo, deve compensare punendo molto duramente i colpevoli.
Il referendum di ieri ha confermato questa soluzione.
Ricordo solo che la Svizzera è il paese in Europa che accoglie nei suoi confini più immigrati (in %).
A proposito, ne approfitto per ricordare altresì che nessun paese ha salvato tanti ebrei quanti ne ha salvati la Svizzera in tempo di guerra. E, nonostante le dimensioni del paese, parlo di numeri assoluti!
Meglio ripeterlo visto che Lilliana Segre, fino a poco tempo fa, girava per le scuole a raccontare la sua drammatica esperienza di respingimento proprio ai confini svizzeri. Girava anche per le Radio, per esempio a Radio Tre, per esempio a Fahrenheit, dove, come al solito, hanno preferito tralasciare i "particolari" (!?) per consentire all' uditorio di concentrarsi sulla lacrimuccia e sull' odio per i "cattivoni" che nessuno produce a getto continuo quanto riescono a fare i "relativisti".
http://www.chicago-blog.it/2010/11/29/ciapa-la-lezione-dalla-svizzera-sui-referendum-e-il-fisco-di-sergio-morisoli/
Democrazia più antica d' Europa, federalismo vero e non parolaio. Uno sberleffo istituzionale vivente a chi pensa ed insegna che, affinchè ci sia un "popolo", occorre condividere "lingua & costumi". La Svizzera troneggia alle spalle di questi professori saputelli a prescindere dai fatti e ci ricorda che invece basta un accordo.
Non mi stupisco quindi se in tema di emigrazione adotti una politica per molti versi condivisibile: generosità nell' accoglienza ed espulsione immediata per chi commette un crimine.
Il liberale va in sollucchero quando sente una cosa del genere. Lui disdegna punire gli innocenti (magari con dei limiti all' ingresso). Ma, per una questione di realismo, deve compensare punendo molto duramente i colpevoli.
Il referendum di ieri ha confermato questa soluzione.
Ricordo solo che la Svizzera è il paese in Europa che accoglie nei suoi confini più immigrati (in %).
A proposito, ne approfitto per ricordare altresì che nessun paese ha salvato tanti ebrei quanti ne ha salvati la Svizzera in tempo di guerra. E, nonostante le dimensioni del paese, parlo di numeri assoluti!
Meglio ripeterlo visto che Lilliana Segre, fino a poco tempo fa, girava per le scuole a raccontare la sua drammatica esperienza di respingimento proprio ai confini svizzeri. Girava anche per le Radio, per esempio a Radio Tre, per esempio a Fahrenheit, dove, come al solito, hanno preferito tralasciare i "particolari" (!?) per consentire all' uditorio di concentrarsi sulla lacrimuccia e sull' odio per i "cattivoni" che nessuno produce a getto continuo quanto riescono a fare i "relativisti".
http://www.chicago-blog.it/2010/11/29/ciapa-la-lezione-dalla-svizzera-sui-referendum-e-il-fisco-di-sergio-morisoli/
Coraggio!
La "destra" sembra a volte talmente intimorita dalla battaglia per l' ambiente da negare persino l' esistenza di un pericolo.
Eppure proprio la destra (libertaria) ha un' ideologia che le consente di elaborare policy vincenti in questo ambito. Viene da dire: "coraggio ragazzi, non dormite"!
Vediamo allora le quattro opzioni fondamentali sul tappeto a tutt' oggi in modo da poterle etichettare ideologicamente.
1 Proibizionismo: ad ogni paese è proibito superare certe soglie di inquinamento.
2 Cap & trade: ogni paese non puo' oltrepassare le soglie di cui sopra, a meno che non compri dei "diritti ad inquinare" spostando così i limiti concessi.
3 Carbon tax + sussidi: vengono tassate le attività inquinanti destinando i ricavi alla ricerca di fonti energetiche alternative.
4 Carbon tax: è la stessa tassa di cui sopra ma ad impatto zero (viene automaticamente riversata alla generalità dei contribuenti - gli "inquinati" - con un credito fiscale).
5 Resilienza: poichè dal punto di vista morale non esiste una responsabilità individuale per i danni causati dall' effetto serra, non esiste neppure una responsabilità collettiva qualora quest' ultima sia definita come sommatoria delle singole responsabilità individuali. Non resta allora che la libertà di difendersi da una minaccia seguendo il proprio ingegno. L' umanità si è sempre difesa bene (ci sono popoli ricchissimi che vivono sotto il livello del mare!) e continuerà a farlo.
La prima politica è assurda considerati i costi. La seconda è complicata e zeppa di arbitri che la fanno naufragare. La terza punta molto sui sussidi e già la mafia si strofina le mani gongolante (vedi ultimo Report). La quarta, con i suoi incentivi alla ricerca non sussidiati, è la più semplice e diretta per chi vuole far qualcosa di serio. La quinta forse è la più efficiente e realistica (per "decarbonizzarci" del 50% dovremmo inaugurare una centrale nucleare al giorno da qui al 2050) ma difficilmente le democrazie, che devono fare almeno finta di interessarsi alla vicenda, potranno mai permettersela.
Scorrendo l' elenco si passa da politiche autoritarie (sinistra) a politiche libertarie (destra). Poichè le ultime sembrano le migliori, direi che la destra ha buone possibilità di trarre una rendita politica e mi aspetto dunque che combatta in modo un po' più spavaldo la sua battaglia su questo fronte.
Eppure proprio la destra (libertaria) ha un' ideologia che le consente di elaborare policy vincenti in questo ambito. Viene da dire: "coraggio ragazzi, non dormite"!
Vediamo allora le quattro opzioni fondamentali sul tappeto a tutt' oggi in modo da poterle etichettare ideologicamente.
1 Proibizionismo: ad ogni paese è proibito superare certe soglie di inquinamento.
2 Cap & trade: ogni paese non puo' oltrepassare le soglie di cui sopra, a meno che non compri dei "diritti ad inquinare" spostando così i limiti concessi.
3 Carbon tax + sussidi: vengono tassate le attività inquinanti destinando i ricavi alla ricerca di fonti energetiche alternative.
4 Carbon tax: è la stessa tassa di cui sopra ma ad impatto zero (viene automaticamente riversata alla generalità dei contribuenti - gli "inquinati" - con un credito fiscale).
5 Resilienza: poichè dal punto di vista morale non esiste una responsabilità individuale per i danni causati dall' effetto serra, non esiste neppure una responsabilità collettiva qualora quest' ultima sia definita come sommatoria delle singole responsabilità individuali. Non resta allora che la libertà di difendersi da una minaccia seguendo il proprio ingegno. L' umanità si è sempre difesa bene (ci sono popoli ricchissimi che vivono sotto il livello del mare!) e continuerà a farlo.
La prima politica è assurda considerati i costi. La seconda è complicata e zeppa di arbitri che la fanno naufragare. La terza punta molto sui sussidi e già la mafia si strofina le mani gongolante (vedi ultimo Report). La quarta, con i suoi incentivi alla ricerca non sussidiati, è la più semplice e diretta per chi vuole far qualcosa di serio. La quinta forse è la più efficiente e realistica (per "decarbonizzarci" del 50% dovremmo inaugurare una centrale nucleare al giorno da qui al 2050) ma difficilmente le democrazie, che devono fare almeno finta di interessarsi alla vicenda, potranno mai permettersela.
Scorrendo l' elenco si passa da politiche autoritarie (sinistra) a politiche libertarie (destra). Poichè le ultime sembrano le migliori, direi che la destra ha buone possibilità di trarre una rendita politica e mi aspetto dunque che combatta in modo un po' più spavaldo la sua battaglia su questo fronte.
Tutto il resto
Bellissima.
Il regista Alessandro Blasetti cerca a Roma una bambina per una parte in un film. A Cinecittà accorre una folla di madri tra le quali la popolana Maddalena Cecconi con la figlia Maria. La madre fa qualsiasi sacrificio per garantire alla figlia il fotografo, la maestra di recitazione, quella di ballo, il parrucchiere e la sarta e litiga col marito Spartaco, contrario ai suoi desideri di successo per la figlia. In seguito paga un truffatore per fare ammettere al provino la figlia: la bambina viene finalmente ammessa. Maddalena riesce a vedere la proiezione e, mentre vede la figlia che piange amaramente nella sala, l'entourage del regista si sbellica dalle risate. Indignata, si rende conto di aver sbagliato tutto e, quando la figlia viene effettivamente scelta per il film, rifiuta di firmare il contratto riconciliandosi col marito
Insomma, si affronta il tema molto attuale del "velinismo".
Ho rivisto il film con Sara e si è discusso su quale fosse la "scena madre".
[... dopo ogni film noi fissiamo sempre la "scena madre", altrimenti non ci si alza dal divano...]
Almeno tre sequenze si contendono la palma.
La prima illustra l' umiliazione subita.
La seconda il dolore patito.
La terza lo sfogo esternato.
La prima scena è memorabile, non fosse altro che, prima di rivedere il film, nel mio immaginario restava la scena finale.
Ma dopo la rinfrescata voto per la seconda. Lo sguardo perso della Magnani risulta oggi un po' troppo caricato, ma mi sembra proprio che in quella sofferenza ci sia una scoperta decisiva: l' origine dell' amore verso la figlia.
E' un amore che non dipende dalla bellezza e da nessun altra virtù esibita.
Con la marghe sperimento qualcosa del genere; quando lei non c' era ancora o stava solo arrivando, speravo tante cose in mancanza delle quali avrei fatto volentieri a meno di "tutto il resto"; ora conservo molte speranze ma capisco che le delusioni difficilmente aprirebbero una distanza o diminuirebbero l' intensità del legame; in altre parole, "tutto il resto" in realtà è "tutto".
Evidentemente l' origine dell' amore sta altrove e Maddalena lo scopre proprio su quella panchina, mentre la banda del circo apre lo spettacolo.
Sara vota la terza, le piace tanto l' idea che un amore possa rinforzarne un altro in un circolo virtuoso: "per me e suo padre è tanto bella".
Il regista Alessandro Blasetti cerca a Roma una bambina per una parte in un film. A Cinecittà accorre una folla di madri tra le quali la popolana Maddalena Cecconi con la figlia Maria. La madre fa qualsiasi sacrificio per garantire alla figlia il fotografo, la maestra di recitazione, quella di ballo, il parrucchiere e la sarta e litiga col marito Spartaco, contrario ai suoi desideri di successo per la figlia. In seguito paga un truffatore per fare ammettere al provino la figlia: la bambina viene finalmente ammessa. Maddalena riesce a vedere la proiezione e, mentre vede la figlia che piange amaramente nella sala, l'entourage del regista si sbellica dalle risate. Indignata, si rende conto di aver sbagliato tutto e, quando la figlia viene effettivamente scelta per il film, rifiuta di firmare il contratto riconciliandosi col marito
Insomma, si affronta il tema molto attuale del "velinismo".
Ho rivisto il film con Sara e si è discusso su quale fosse la "scena madre".
[... dopo ogni film noi fissiamo sempre la "scena madre", altrimenti non ci si alza dal divano...]
Almeno tre sequenze si contendono la palma.
La prima illustra l' umiliazione subita.
La seconda il dolore patito.
La terza lo sfogo esternato.
La prima scena è memorabile, non fosse altro che, prima di rivedere il film, nel mio immaginario restava la scena finale.
Ma dopo la rinfrescata voto per la seconda. Lo sguardo perso della Magnani risulta oggi un po' troppo caricato, ma mi sembra proprio che in quella sofferenza ci sia una scoperta decisiva: l' origine dell' amore verso la figlia.
E' un amore che non dipende dalla bellezza e da nessun altra virtù esibita.
Con la marghe sperimento qualcosa del genere; quando lei non c' era ancora o stava solo arrivando, speravo tante cose in mancanza delle quali avrei fatto volentieri a meno di "tutto il resto"; ora conservo molte speranze ma capisco che le delusioni difficilmente aprirebbero una distanza o diminuirebbero l' intensità del legame; in altre parole, "tutto il resto" in realtà è "tutto".
Evidentemente l' origine dell' amore sta altrove e Maddalena lo scopre proprio su quella panchina, mentre la banda del circo apre lo spettacolo.
Sara vota la terza, le piace tanto l' idea che un amore possa rinforzarne un altro in un circolo virtuoso: "per me e suo padre è tanto bella".
sabato 27 novembre 2010
Le priorità del laico
Il laico sostiene la separazione tra Stato e Chiesa.
Ma soprattutto quella tra Stato e Scuola.
http://www.schoolandstate.org/home.htm
Ma soprattutto quella tra Stato e Scuola.
http://www.schoolandstate.org/home.htm
venerdì 26 novembre 2010
Tutti contro tutti
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Meditazioni libertarie sul Vangelo del 28.11.2010
Vangelo secondo Matteo 11, 2-15
In quel tempo. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».
Profeti e miracoli annunciano la venuta del Cristo.
Come si puo' essere profeti oggi? Come si puo' annunciare un miracolo catturando l' attenzione dell' uomo di mondo?
Compito arduo. L' uomo di mondo crede a cio' che vede e la via migliore per parlargli è illustrare i miracoli che ha davanti agli occhi.
Il concetto di "miracolo" e quello di "abuso della ragione" sono cugini primi, ma, poichè il laureato medio di oggi fatica parecchio con il primo, meglio puntare sul secondo, in fondo è lo stesso.
Giovanni, ma anche Gesù, catturarono l' attenzione della folla evocando "miracoli" straordinari. Noi, nella nostra missione profetica, faremmo meglio a mettere nel mirino quelli più ordinari.
Gesù faceva vedere i ciechi, noi limitiamoci ad osservare bene chi ci vede, al miracolo di una persona normale. I miracoli sono ovunque.
E' difficile vedere cio' che si ha davanti agli occhi tutti i giorni. Aiutiamo il nostro fratello a farlo.
Il miracolo è una certezza inspiegabile, e nella nostra vita tutti tocchiamo con mano certezze inspiegabili. Viene subito in mente la propria libertà e il proprio libero arbitrio. Pensa solo a come la scienza sia impotente nel tentativo di renderne ragione.
Convertirsi alla libertà e alla scienza è il primo passo per convertirsi grazie ai miracoli.
In quel tempo. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».
Profeti e miracoli annunciano la venuta del Cristo.
Come si puo' essere profeti oggi? Come si puo' annunciare un miracolo catturando l' attenzione dell' uomo di mondo?
Compito arduo. L' uomo di mondo crede a cio' che vede e la via migliore per parlargli è illustrare i miracoli che ha davanti agli occhi.
Il concetto di "miracolo" e quello di "abuso della ragione" sono cugini primi, ma, poichè il laureato medio di oggi fatica parecchio con il primo, meglio puntare sul secondo, in fondo è lo stesso.
Giovanni, ma anche Gesù, catturarono l' attenzione della folla evocando "miracoli" straordinari. Noi, nella nostra missione profetica, faremmo meglio a mettere nel mirino quelli più ordinari.
Gesù faceva vedere i ciechi, noi limitiamoci ad osservare bene chi ci vede, al miracolo di una persona normale. I miracoli sono ovunque.
E' difficile vedere cio' che si ha davanti agli occhi tutti i giorni. Aiutiamo il nostro fratello a farlo.
Il miracolo è una certezza inspiegabile, e nella nostra vita tutti tocchiamo con mano certezze inspiegabili. Viene subito in mente la propria libertà e il proprio libero arbitrio. Pensa solo a come la scienza sia impotente nel tentativo di renderne ragione.
Convertirsi alla libertà e alla scienza è il primo passo per convertirsi grazie ai miracoli.
Capire la mente cattolica III
Nel capitolo tre, ELV affronta il tema del primato della coscienza. Apprezzo il fatto che questo insegnamento venga riconosciuto come un "capolavoro di saggezza" uscito dalle officine ecclesiastiche. Mi associo volentieri ad un simile giudizio.
Ma veniamo alle note dolenti, ovvero alla parte critica che di seguito riassumo scomponendola in due parti:
1. La Chiesa afferma il "primato della coscienza", ma poi chiede obbedienza, le due cose sono incompatibili.
Perchè incompatibili?
Prima considerazione: si puo' obbedire senza un' adesione coscienziosa. E allora si è dannati.
Seconda considerazione: si puo' obbedire in coscienza. Allora si è salvi.
Terza considerazione: si puo' disobbedire consapevolmente. Allora si è dannati.
Quarta considerazione: si puo' disobbedire inconsapevolmente. Allora non si è dannati.
Se le quattro considerazioni sono vere, allora il primato della coscienza in realtà è compatibile con la richiesta di obbedienza. Che si obbedisca o meno la nostra sorte resta ancora nelle mani della nostra coscienza.
2. Ad ogni modo, quando la Chiesa si pronuncia, scende troppo nei particolari, cosicchè la coscienza del singolo resta stritolata.
Particolari? Qui bisogna specificare, e infatti ELV specifica. Rifaccio i suoi esempi.
"Dio è uno e trino".
Non mi sembra un "particolare", bensì un dogma fondamentale.
Nel linguaggio del mondo ci dice che Dio stabilisce un contatto con l' uomo ed entra in comunicazione empatica con lui mettendosi al suo livello. Un Cattolico deve crederlo, siamo nella sostanza del suo credo, non nei "particolari".
Per illustrare un "particolare superfluo, esempio peggiore non poteva essere portato. Ma proseguiamo.
"Dio è presente nella Comuinione del pane".
Stesso discorso di prima. Anche qui siamo nel vivo della fede. Credere nel dogma della presenza reale qui ed ora della sostanza di Cristo è importante, non è un particolare.
Poi ELV si sposta sulla morale, e qui le sue ragioni sembrano preoccupare molti credenti.
Però, essendomi occupato un pochino della dottrina sociale della Chiesa, devo ammettere di averla trovata molto "generica", tutt' altro che "paticolare". In teoria quella dottrina è compatibile sia con forme di libertarismo che con forme di socialismo spinto. Uno spettro ampissimo, dunque.
ELV, con i suoi esempi, privilegia le prescrizioni sessuali.
Molti condividono la sua sensibilità, non mi resta che far notare come a questo punto non si parli più di dogmi. Ci viene chiesto di uniformarci nell' obbedienza con i comportamenti, ma questo non ci impedisce di prendere parte in modo civile alla discussione interna alla Chiesa affinchè l' indirizzo evolva in un certo senso.
Io, favorevole al testamento biologico, ubbidisco senza per questo sentire in gabbia la mia coscienza dissenziente. Al limite sento in gabbia le mie azioni, cosa in questa sede irrilevante visto che ELV affronta il problema della coscienza.
Altri "particolari" che ad ELV non vanno giù sono in realtà formalismi cerimoniali che la Chiesa riceve dalla sua ricca Tradizione.
Dovrebbe forse snobbarli? Per giungere a questa conclusione bisognerebbe essere pronti a sostenere che per una Comunità la Tradizione non rappresenti un valore. Io sostengo esattamente l' opposto, e con il conforto ormai sia delle scienze umane che di quelle logiche.
Ma veniamo alle note dolenti, ovvero alla parte critica che di seguito riassumo scomponendola in due parti:
1. La Chiesa afferma il "primato della coscienza", ma poi chiede obbedienza, le due cose sono incompatibili.
Perchè incompatibili?
Prima considerazione: si puo' obbedire senza un' adesione coscienziosa. E allora si è dannati.
Seconda considerazione: si puo' obbedire in coscienza. Allora si è salvi.
Terza considerazione: si puo' disobbedire consapevolmente. Allora si è dannati.
Quarta considerazione: si puo' disobbedire inconsapevolmente. Allora non si è dannati.
Se le quattro considerazioni sono vere, allora il primato della coscienza in realtà è compatibile con la richiesta di obbedienza. Che si obbedisca o meno la nostra sorte resta ancora nelle mani della nostra coscienza.
2. Ad ogni modo, quando la Chiesa si pronuncia, scende troppo nei particolari, cosicchè la coscienza del singolo resta stritolata.
Particolari? Qui bisogna specificare, e infatti ELV specifica. Rifaccio i suoi esempi.
"Dio è uno e trino".
Non mi sembra un "particolare", bensì un dogma fondamentale.
Nel linguaggio del mondo ci dice che Dio stabilisce un contatto con l' uomo ed entra in comunicazione empatica con lui mettendosi al suo livello. Un Cattolico deve crederlo, siamo nella sostanza del suo credo, non nei "particolari".
Per illustrare un "particolare superfluo, esempio peggiore non poteva essere portato. Ma proseguiamo.
"Dio è presente nella Comuinione del pane".
Stesso discorso di prima. Anche qui siamo nel vivo della fede. Credere nel dogma della presenza reale qui ed ora della sostanza di Cristo è importante, non è un particolare.
Poi ELV si sposta sulla morale, e qui le sue ragioni sembrano preoccupare molti credenti.
Però, essendomi occupato un pochino della dottrina sociale della Chiesa, devo ammettere di averla trovata molto "generica", tutt' altro che "paticolare". In teoria quella dottrina è compatibile sia con forme di libertarismo che con forme di socialismo spinto. Uno spettro ampissimo, dunque.
ELV, con i suoi esempi, privilegia le prescrizioni sessuali.
Molti condividono la sua sensibilità, non mi resta che far notare come a questo punto non si parli più di dogmi. Ci viene chiesto di uniformarci nell' obbedienza con i comportamenti, ma questo non ci impedisce di prendere parte in modo civile alla discussione interna alla Chiesa affinchè l' indirizzo evolva in un certo senso.
Io, favorevole al testamento biologico, ubbidisco senza per questo sentire in gabbia la mia coscienza dissenziente. Al limite sento in gabbia le mie azioni, cosa in questa sede irrilevante visto che ELV affronta il problema della coscienza.
Altri "particolari" che ad ELV non vanno giù sono in realtà formalismi cerimoniali che la Chiesa riceve dalla sua ricca Tradizione.
Dovrebbe forse snobbarli? Per giungere a questa conclusione bisognerebbe essere pronti a sostenere che per una Comunità la Tradizione non rappresenti un valore. Io sostengo esattamente l' opposto, e con il conforto ormai sia delle scienze umane che di quelle logiche.
giovedì 25 novembre 2010
A scuola si peggiora
E già a partire dalle elementari, di cui sarebbe bene sfatare il mito.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5043&ID_sezione=&sezione
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=5043&ID_sezione=&sezione
Uno che durò poco-
C' è da divertirsi a seguire i dribbling, le finte e gli slalom che deve inscenare a Milano chi non ha voglia di lavorare.
Specialmente se il lavativo è un soggetto talentuoso, se i potenziali incarichi fioccano molesti e la domanda di suoi servigi preme su di lui come una cappa asfissiante.
Luciano Bianciadi era certamente persona corredata da ingegno non comune.
Era un maremmano emigrato sotto la Madonnina, durante il boom, nel vertice più palpitante del triangolo industiale.
Ma sopratutto, per la gioia di noi lettori, aveva pochissima voglia di lavorare (e molta di destabilizzare). Una pigrizia incistata sottopelle.
Bisogna spiegare meglio: aveva la fissa del lavoro inutile, lo fuggiva.
Purtroppo, nei suoi momenti più ispirati, arrivava a teorizzare che quasi tutto il lavoro fosse inutile.
Poi, per non costringersi ad una noiosa opera di cernita, finì per trovare razionale la strategia di fuggire qualsiasi lavoro.
Poichè con queste premesse gli rimaneva un casino di tempo libero, pensò bene di impiegarlo coltivando il suo hobby di sempre: far saltare in aria la Montecatini. Non è mica come ridere, è un impegno a tempo pieno.
Ma questa esplosione, più che a un delirio ideologico, assomiglia ad una visione felliniana.
La trincea ideale per combattere questa "Resistenza unilaterle a guerra finita" fu felicemente individuata nell' accrocchio di Bar e Osterie della Brera ambrosiana (esci dal Duomo, prendi a destra, poi sempre dritto, quando incontri i bassi tavolinetti delle false zingare che leggono la mano senza emettere fattura, ci sei).
Il suo "libro della vita" me lo sono letto in spiaggia questa estate sull' asciugamano, e ancora oggi lo devo sbattere per liberarlo dai granelli più raffinati dell' Adriatico.
Poichè gli ingredienti ci son tutti, non meraviglia che seguire la narrazione di questa Vita Agra sia stato uno spasso.
Però c'è un "però".
Lo spasso ha raggiunto il suo picco scorrendo la "Nota Biografica Redazionale" che immediatamente succede alla Prefazione. Un po' precoce come acme.
Attaccando invece il testo vero e proprio, dopo i primi capitoli, l' umore entusiastico si smorza leggermente fino a toccare, a volte, depressioni imbarazzanti in cui si procede con il corto remo nella bonaccia.
Come l' anonimo Redattore possa superare il blasonato Autore è mistero che merita indagare.
***
Sono partito da una flebile traccia che mi aveva insospettito fin da subito: le modalità della difesa preventiva e reiterata che il prefatore Carlo Bo faceva del suo pupillo.
Parlandone Bo aveva una fissa che, dalla smisurata pedana della sua Cattedra, ci teneva a ripetere: un pericolo doveva allertarci su tutti gli altri, quello di scambiare l' agro toscano per un guitto satirico sempre pronto a metterla in burletta. Mai e poi mai prenderlo per uno che cerchi di fare del colore con effetti caricaturali.
Questo qui era invece uno che dietro la cortina grottesca alza il suo urlo stridulo facendo vibrare una corda autenticamente esistenziale e gettando luce su un' intera epoca della storia italica.
La foga con cui Bo spingeva avanti questa avvertanza per pagine e pagine, mi aveva impensierito non poco.
***
Gli allarmi erano fondati.
Procedendo nella lettura riscontravo come il libro perdesse sempre più quota allorchè l' Autore emergeva come un satirico sempre pronto a metterla in burletta, oppure come qualcuno che cerca di fare del colore con effetti caricaturali.
Le urla esistenziali, nel frattempo, si erano rarefatte fino a sparire e l' Italia degli anni 60 giaceva avvolta in un cono d' ombra.
Cio' non toglie, si badi bene, che quel toscanaccio anarcoide e un po' scioperato, sbarcato da queste parti a pascolare pigramente tra gli impiegati delle case editrici, non sia riuscito a consegnarci un paio di acquarelli d' alta scuola nei quali illustra, una volta per tutte, il lato oscuro di noi ossobuchivori che battiamo indaffaratissimi gli uffici delle multinazionali.
Basterebbe il profilo dei "Fannulloni Frenetici" a convalidare questa tesi: "...gente che non combina una madonna dalla mattina alla sera, e riesce non so come, a dare l' impressione, fallace, di stare lavorando. Si prendono persino l' esaurimento nervoso...".
Purtroppo o per fortuna, Bianciardi è un battutista fulminante. Cio' si accompagna puntualmente con una sorta di "fiato corto". In più, come tutti i pigri, guarda in tralice la lunga e faticosa distanza del romanzo.
Dà il meglio di sè quando puo' inserirsi un po' parassitariamente facendo il controcanto responsoriale al discorso altrui.
Da geniale clandestino s' imbarca nell' analisi di terzi per farsi trasportare, magari sabotandola lungo il tragitto.
Le sue interpolazioni amarognole si abbinano meravigliosamente al tono ufficiale del dirimpettaio; è invece farraginoso se deve affabulare con un monologo che lo costringe a coprire ampi spazi. Cio', infatti, non è compatibile con la respirazione dei suoi piccolissimi polmoni.
Il Redattore della "Breve Biografia" ha avuto l' intuizione di offrirsi come sparring partner. Proprio cio' che cerca, rigenera e ispira uno scrittore del genere.
La necessità di una Spalla veniva soddisfatta al meglio in quella parte del libro.
Ogni intervallo della biografia ufficiale Bompiani è costellato da felici battutine del nostro che sintetizzano eloquentemente il sentimento con cui sono stati vissuti gli anni di cui si parla.
Esempio supremo il periodo di decadimento alcolista chiusosi con la consunzione definitiva. Veniamo informati che agli amici bisbigliava mesto: "...Sopportatemi. Duro ancora poco...". C' è un epitaffio migliore?
***
P.S. devo precisare che ho svolto le mie considerazioni di lettore avendo sottomano l' edizione Bompiani de "La Vita Agra".
Specialmente se il lavativo è un soggetto talentuoso, se i potenziali incarichi fioccano molesti e la domanda di suoi servigi preme su di lui come una cappa asfissiante.
Luciano Bianciadi era certamente persona corredata da ingegno non comune.
Era un maremmano emigrato sotto la Madonnina, durante il boom, nel vertice più palpitante del triangolo industiale.
Ma sopratutto, per la gioia di noi lettori, aveva pochissima voglia di lavorare (e molta di destabilizzare). Una pigrizia incistata sottopelle.
Bisogna spiegare meglio: aveva la fissa del lavoro inutile, lo fuggiva.
Purtroppo, nei suoi momenti più ispirati, arrivava a teorizzare che quasi tutto il lavoro fosse inutile.
Poi, per non costringersi ad una noiosa opera di cernita, finì per trovare razionale la strategia di fuggire qualsiasi lavoro.
Poichè con queste premesse gli rimaneva un casino di tempo libero, pensò bene di impiegarlo coltivando il suo hobby di sempre: far saltare in aria la Montecatini. Non è mica come ridere, è un impegno a tempo pieno.
Ma questa esplosione, più che a un delirio ideologico, assomiglia ad una visione felliniana.
La trincea ideale per combattere questa "Resistenza unilaterle a guerra finita" fu felicemente individuata nell' accrocchio di Bar e Osterie della Brera ambrosiana (esci dal Duomo, prendi a destra, poi sempre dritto, quando incontri i bassi tavolinetti delle false zingare che leggono la mano senza emettere fattura, ci sei).
Il suo "libro della vita" me lo sono letto in spiaggia questa estate sull' asciugamano, e ancora oggi lo devo sbattere per liberarlo dai granelli più raffinati dell' Adriatico.
Poichè gli ingredienti ci son tutti, non meraviglia che seguire la narrazione di questa Vita Agra sia stato uno spasso.
Però c'è un "però".
Lo spasso ha raggiunto il suo picco scorrendo la "Nota Biografica Redazionale" che immediatamente succede alla Prefazione. Un po' precoce come acme.
Attaccando invece il testo vero e proprio, dopo i primi capitoli, l' umore entusiastico si smorza leggermente fino a toccare, a volte, depressioni imbarazzanti in cui si procede con il corto remo nella bonaccia.
Come l' anonimo Redattore possa superare il blasonato Autore è mistero che merita indagare.
***
Sono partito da una flebile traccia che mi aveva insospettito fin da subito: le modalità della difesa preventiva e reiterata che il prefatore Carlo Bo faceva del suo pupillo.
Parlandone Bo aveva una fissa che, dalla smisurata pedana della sua Cattedra, ci teneva a ripetere: un pericolo doveva allertarci su tutti gli altri, quello di scambiare l' agro toscano per un guitto satirico sempre pronto a metterla in burletta. Mai e poi mai prenderlo per uno che cerchi di fare del colore con effetti caricaturali.
Questo qui era invece uno che dietro la cortina grottesca alza il suo urlo stridulo facendo vibrare una corda autenticamente esistenziale e gettando luce su un' intera epoca della storia italica.
La foga con cui Bo spingeva avanti questa avvertanza per pagine e pagine, mi aveva impensierito non poco.
***
Gli allarmi erano fondati.
Procedendo nella lettura riscontravo come il libro perdesse sempre più quota allorchè l' Autore emergeva come un satirico sempre pronto a metterla in burletta, oppure come qualcuno che cerca di fare del colore con effetti caricaturali.
Le urla esistenziali, nel frattempo, si erano rarefatte fino a sparire e l' Italia degli anni 60 giaceva avvolta in un cono d' ombra.
Cio' non toglie, si badi bene, che quel toscanaccio anarcoide e un po' scioperato, sbarcato da queste parti a pascolare pigramente tra gli impiegati delle case editrici, non sia riuscito a consegnarci un paio di acquarelli d' alta scuola nei quali illustra, una volta per tutte, il lato oscuro di noi ossobuchivori che battiamo indaffaratissimi gli uffici delle multinazionali.
Basterebbe il profilo dei "Fannulloni Frenetici" a convalidare questa tesi: "...gente che non combina una madonna dalla mattina alla sera, e riesce non so come, a dare l' impressione, fallace, di stare lavorando. Si prendono persino l' esaurimento nervoso...".
Purtroppo o per fortuna, Bianciardi è un battutista fulminante. Cio' si accompagna puntualmente con una sorta di "fiato corto". In più, come tutti i pigri, guarda in tralice la lunga e faticosa distanza del romanzo.
Dà il meglio di sè quando puo' inserirsi un po' parassitariamente facendo il controcanto responsoriale al discorso altrui.
Da geniale clandestino s' imbarca nell' analisi di terzi per farsi trasportare, magari sabotandola lungo il tragitto.
Le sue interpolazioni amarognole si abbinano meravigliosamente al tono ufficiale del dirimpettaio; è invece farraginoso se deve affabulare con un monologo che lo costringe a coprire ampi spazi. Cio', infatti, non è compatibile con la respirazione dei suoi piccolissimi polmoni.
Il Redattore della "Breve Biografia" ha avuto l' intuizione di offrirsi come sparring partner. Proprio cio' che cerca, rigenera e ispira uno scrittore del genere.
La necessità di una Spalla veniva soddisfatta al meglio in quella parte del libro.
Ogni intervallo della biografia ufficiale Bompiani è costellato da felici battutine del nostro che sintetizzano eloquentemente il sentimento con cui sono stati vissuti gli anni di cui si parla.
Esempio supremo il periodo di decadimento alcolista chiusosi con la consunzione definitiva. Veniamo informati che agli amici bisbigliava mesto: "...Sopportatemi. Duro ancora poco...". C' è un epitaffio migliore?
***
P.S. devo precisare che ho svolto le mie considerazioni di lettore avendo sottomano l' edizione Bompiani de "La Vita Agra".
Diseguaglianza
Volete misurarla nella sostanza?
Non guardate ai redditi, guardate ai consumi.
Anzi, guardate alla sostanza dei consumi.
Un orologio puo' costare 100 volte più di un altro senza differenziarsi granchè.
Non guardate ai redditi, guardate ai consumi.
Anzi, guardate alla sostanza dei consumi.
Un orologio puo' costare 100 volte più di un altro senza differenziarsi granchè.
martedì 23 novembre 2010
Capire la mente cattolica II
Con il capitolo II, ELV sembra buttarla in filosofia.
Ripropongo la sua accusa suddividendola in due parti:
1. Quando il cattolico dice "credo in Dio" non sa in realtà di cosa parla, questo per il fatto che la parola "Dio" non è intelleggibile, trattasi infatti di un concetto indefinibile; per esempio, cosa significa "eterno"? Boh. Così come ha ben poco senso la parola "credo" quando è usata come la usano i Cattolici, ovvero per significare una certezza.
In un certo senso è vero che per parlare di Dio dobbiamo ricorrere a metafore, ed è anche vero che Dio in gran parte è Mistero.
Detto questo, l' accusa si regge bene solo se si adotta una prospettiva "materialista".
Dicendo "Dio" ci manca un riferimento naturale che i sensi possano cogliere, Dio non è avvistabile da alcun telescopio e cio', agli occhi del materialista, lo rende un concetto insensato.
Ma noi, credenti o no, utilizziamo spesso concetti che non hanno riferimenti nel mondo naturale, penso ora a "mente", "coscienza", "responsabilità", "causa", "numero" e molti altri. Difficile dire che siano concetti senza senso o che siano in qualche modo riducibili naturalisticamente, anche se proprio in questo consiste la tortuosa fede dei materialisti.
Andiamo avanti, perchè mai Dio non sarebbe definibile? E le trenta pagine che Richard Swinburne dedica alla definizione del concetto di Dio nel suo ormai classico "The existence of God"? E la definizione formale di chi, da Anselmo a Godel, si è impegnato nella dimostrazione dell' esistenza divina?
Il fatto che un concetto non sia definibile in modo completo non significa che sia insensato. Tutti i giorni maneggiamo concetti del genere senza considerarli insensati.
Ancora un passo, perchè mai non potremmo cogliere il senso di una parola come "eterno"?
D' accordo, non possiamo sperimentare con i sensi l' "eternità", ma, a riprova di quanto dicevamo, un limite del genere puo' allarmare giusto un materialista!
Per tutti gli altri un concetto come "infinito" è da noi bene o male compreso, in caso contrario molta matematica farneticherebbe.
Con Swinburne direi di più, si tratta di un concetto talmente familiare per la mente umana che, semplificando le spiegazioni fondate sul concetto di "Dio", finisce per renderle razionalmente preferibili rispetto alle spiegazioni concorrenti.
Veniamo ora alla parola "credo".
Per respingere l'accusa basterebbe notare come anche il non credente in molti frangenti usi questa parola proprio per esprimere qualcosa di vicino alla certezza.
Pensiamo a questa domanda: "vivo in un Matrix o in una realtà?". Noi, credenti o meno, non ci poniamo nemmeno l' interrogativo, diamo per scontata la risposta. Eppure è una risposta fondata sulla "credenza".
Altra domanda che potrei pormi: "tu hai una mente come ce l' ho io?": altra risposta scontata, altra "credenza".
E adesso la seconda accusa.
2. Ammesso che l' espressione "credo in Dio" abbia senso, molti credenti non sanno quel che dicono quando la pronunciano.
Su questo posso concordare, il credente oggi non è abituato a riflettere sulle basi razionali della sua fede, ma devo aggiungere che i cattolici, proprio in virtù di cio' che la loro fede domanda, sono anche i più attrezzati per rimediare all' inconveniente.
... continua...
Ripropongo la sua accusa suddividendola in due parti:
1. Quando il cattolico dice "credo in Dio" non sa in realtà di cosa parla, questo per il fatto che la parola "Dio" non è intelleggibile, trattasi infatti di un concetto indefinibile; per esempio, cosa significa "eterno"? Boh. Così come ha ben poco senso la parola "credo" quando è usata come la usano i Cattolici, ovvero per significare una certezza.
In un certo senso è vero che per parlare di Dio dobbiamo ricorrere a metafore, ed è anche vero che Dio in gran parte è Mistero.
Detto questo, l' accusa si regge bene solo se si adotta una prospettiva "materialista".
Dicendo "Dio" ci manca un riferimento naturale che i sensi possano cogliere, Dio non è avvistabile da alcun telescopio e cio', agli occhi del materialista, lo rende un concetto insensato.
Ma noi, credenti o no, utilizziamo spesso concetti che non hanno riferimenti nel mondo naturale, penso ora a "mente", "coscienza", "responsabilità", "causa", "numero" e molti altri. Difficile dire che siano concetti senza senso o che siano in qualche modo riducibili naturalisticamente, anche se proprio in questo consiste la tortuosa fede dei materialisti.
Andiamo avanti, perchè mai Dio non sarebbe definibile? E le trenta pagine che Richard Swinburne dedica alla definizione del concetto di Dio nel suo ormai classico "The existence of God"? E la definizione formale di chi, da Anselmo a Godel, si è impegnato nella dimostrazione dell' esistenza divina?
Il fatto che un concetto non sia definibile in modo completo non significa che sia insensato. Tutti i giorni maneggiamo concetti del genere senza considerarli insensati.
Ancora un passo, perchè mai non potremmo cogliere il senso di una parola come "eterno"?
D' accordo, non possiamo sperimentare con i sensi l' "eternità", ma, a riprova di quanto dicevamo, un limite del genere puo' allarmare giusto un materialista!
Per tutti gli altri un concetto come "infinito" è da noi bene o male compreso, in caso contrario molta matematica farneticherebbe.
Con Swinburne direi di più, si tratta di un concetto talmente familiare per la mente umana che, semplificando le spiegazioni fondate sul concetto di "Dio", finisce per renderle razionalmente preferibili rispetto alle spiegazioni concorrenti.
Veniamo ora alla parola "credo".
Per respingere l'accusa basterebbe notare come anche il non credente in molti frangenti usi questa parola proprio per esprimere qualcosa di vicino alla certezza.
Pensiamo a questa domanda: "vivo in un Matrix o in una realtà?". Noi, credenti o meno, non ci poniamo nemmeno l' interrogativo, diamo per scontata la risposta. Eppure è una risposta fondata sulla "credenza".
Altra domanda che potrei pormi: "tu hai una mente come ce l' ho io?": altra risposta scontata, altra "credenza".
E adesso la seconda accusa.
2. Ammesso che l' espressione "credo in Dio" abbia senso, molti credenti non sanno quel che dicono quando la pronunciano.
Su questo posso concordare, il credente oggi non è abituato a riflettere sulle basi razionali della sua fede, ma devo aggiungere che i cattolici, proprio in virtù di cio' che la loro fede domanda, sono anche i più attrezzati per rimediare all' inconveniente.
... continua...
Teoria generale del fisco
Un' introduzione chiara e di sostanza.
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
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