MIGLIORA IL TUO ALTRUISMO.
Ci sono tanti modi per essere buoni e beneficiare l’umanità, ci si puo’ per esempio dar da fare per scoprire una cura del cancro o un modo di produrre energia pulita, in alternativa si puo’ condividere la nostra fortuna con gli altri. La cosa positiva è che comunque noi “vogliamo” essere buoni, almeno a parole l’intento di “dare” appartiene a tutti… a tutti tranne che agli economisti, di solito visti come gretti ed egoisti. Concetti come quello di PIL o espressioni come “massimizzare i profitti” non godono di una buona reputazione. C’è anche chi - Joel Waldfogel – se l’è presa con il Natale e i suoi sprechi occulti: solo negli USA l’economia perderebbe ogni Natale 4 miliardi di dollari. Come se non bastasse nei laboratori sperimentali degli psicologi si registra il maggior egoismo di chi studia l’economia. Alla domanda: “cosa economizza un economista?”, D.H. Robertson rispondeva sarcastico: “l’ammmmore”.
Ma questa diffidenza sull’ animo degli economisti è mal riposta, se danno tanta importanza all’egoismo è solo perché in questo modo è più facile creare dei modelli, solo una questione metodologica e nulla più quindi. La loro opera, al contrario, puo’ aiutarci ad essere degli altruisti migliori, degli altruisti che, almeno quando decidono di donare, pensano realmente al bene degli altri anziché al proprio, che pensando a “fare del bene” anziché a “sentirsi bene”. Nessuno meglio di un economista puo’ spiegarci, per esempio, come fare l’elemosina.
Alcuni critici sono fissati sul fatto che l’elemosina crei “dipendenza”, tuttavia questo è un problema secondario: nel mondo ricco un euro vale pochissimo mentre nel mondo povero vale tantissimo, in casi del genere donare comporterebbe comunque un piccolo sforzo contro il grande beneficio che produrrebbe. Il dono continuato, e quindi anche la dipendenza da elemosine, non rappresenta di per sé qualcosa di preoccupante. L’economista però ci fa notare che il mercato dell’elemosina è estremamente concorrenziale, tutti possono entrarvi liberamente da un giorno all’altro senza licenze né autorizzazioni, cio’ significa che non appena si crea una rendita viene subito “esaurita” dai nuovi ingressi. Tradotto: dando a chi chiede – ovvero a chi partecipa attivamente all’economia dell’elemosina - si rischia di fornire un sollievo effimero oggi al costo di una pena maggiore domani: elemosinare è infatti un lavoro già molto duro, se poi diventa redditizio la concorrenza sarà presto ancora più spietata, la gente ingolosita, tanto per dire, si farà mutilare pur d’imporsi (fino a poco tempo fa in India molti chirurghi denunciavano la forte domanda di mutilazioni artificiali) . Meglio allora dare a chi non chiede, a chi non se l'aspetta, a chi non partecipa attivamente al mercato delle elemosine. Ciò comporta però due difficoltà per la persona generosa: primo, bisogna aver cuore di negare a chi chiede; secondo, bisogna attivarsi e cercare i bisognosi che non chiedono. Non è facile, nella mia città ho in mente qualche vecchietta trasandata che gira con aria smarrita per il centro ma, personalmente, trovo più sicuro dare a chi dorme per strada, in questi casi basta mettere tra i cartoni la banconota e riservare così al barbone di turno un piacevole risveglio (una tantum).