sabato 14 agosto 2010

La questione di Dio

Ho postato tanto in merito ma alla fine cosa abbiamo concluso? Vediamo di fare il punto.

Innanzitutto vorrei dire che sulla questione di Dio intendo giudicare come su ogni altra questione, impegnando le medesime facoltà mentali che metto in campo per scegliere le pere all' Esselunga.

In altre parole, anche qui possiamo ridurre tutto ad un affare di probabilità, esattamente come tutte le questioni, comprese quelle scientifiche.

E' il reverendo Bayes che ci insegna a maneggiare con rigore questo genere di faccende.

Diffidate degli altri, in particolare dei "frequentisti", è gente che propaganda metodiche semplificate partendo dall' assunto che la probabilità sia una misura oggettiva (casi vincenticasi possibili).

E' una via scorretta ma più semplice, utile ma falsa.

Il bayesiano doc sa bene invece che ogni calcolo probabilistico deve rifarsi ad una probabilità a priori, che nelle questioni complesse è sempre soggettiva. La scommessa è il paradigma di cui si serve per illustrare al meglio il concetto di probabilità.

Far cadere la maschera al "frequentista" non è poi così difficile, mi permetto di riproporre il solito caso, è troppo eloquente per rinunciarvi.

Se un test medico ha un falso positivo del 5% e voi risultate positivi, quale sarà la probabilità di essere malati?

Per un frequentista la risposta è semplice: 95%.

Ma è anche una risposta falsa proprio perchè non tiene conto della probabilità a priori, ovvero della percentuale di malati che conta la popolazione.

L' errore non è da poco: se ritengo che solo l' 1% della popolazione sia malato, il test mi dice in realtà che sono malato con una probabilità del 10%.

Frequentisti: 95% (sbagliato), bayesiani 10% (corretto). Capita la differenza?

Solo il bayesiano "spiega" la scienza, in particolare spiega la presenza di disaccordi, di posizioni alternative, di discussioni, di avvicinamenti. Un frequentista rischia di concepire una scienza robotizzata: si contano le frequenze e fine, nessun disaccordo, nessuna soggettività.

Nella scienza non esistono nè test infallibili, nè esperimenti criciali, ecco allora che diventa decisiva una probabilità soggettiva come quella a priori.

La questione di Dio è simile.

Persino se ammettessimo l' esistenza di test in grado di darci un qualche responso sull' esistenza di Dio, rimarrebbe cruciale l' aspetto soggettivo della faccenda, la probabilità a priori.

Il test potrebbe persino dirci con una probabilità del 95% che Dio non esiste, ma la probabilità su cui l' uomo razionale fa la sua scelta è un' altra e tiene conto della probabilità a priori, ovvero la probabilità soggettiva che il buon senso assegna all' esistenza di Dio.

Se i numeri fossero quelli dell' esempio precedente dovremmo concludere che Dio esiste con una probabilità del 90%!

Insomma, il buon senso ha un ruolo chiave sia nella scienze dove le occasioni di sperimentazioni sono rare e imprecise (le scienze umane, per esempio) sia nella questione di Dio, dove test attendibili probabilmente non esistono nemmeno e non esisteranno mai.

Dicevo per inciso che la probabilità soggettiva si forma con il buon senso, il che è vero. Faccio presente che il buon senso attinge pur sempre alla ragione.

Ora parlo per me.

Il mio buon senso mi dice che Dio esiste, potrei tentare di spiegarlo in modo semplice o in modo più sofisticato ma è proprio così che mi parla.

Forse Davide ha ragione quando contesta il termine "dimostrazione", si tratta comunque di qualcosa a cui la ragione non puo' che essere sensibile.