I ciellini hanno un certo buongusto artistico, non c' è che dire, a Pasqua e Natale distribuiscono il cosidetto "volantone", un piccolo poster dove ad alcune preghiere si affianca la riproduzione di un quadro. Questo Natale è stata la volta del loro beniamino, William Congdon.
Mi meraviglia sempre scoprire come anche la mente più semplice ed inesperta sia pronta ad accettare il "rumore" nella pittura (e in Congdon ce n' è molto) mentre si confonde ritraendosi in un panico mascherato da rabbie quando lo incontra nella musica.
Forse l' arte in senso stretto, almeno nella storia, è sempre un passo avanti alla musica e ne anticipa le tendenze. Cio' che la sensibilità comune ormai accetta nella prima, si attarda a rifiutare nella seconda.
Se questo è vero, basta osservare l' opera dei grandi artisti contemporanei per scrutare obliquamente i destini dell' amata musica. Vediamo allora qual è l' insegnamento dei Maestri riconosciuti (nei manuali e nelle case d' asta) di oggi.
Marcel Duchamp. L' arte è "tecnica zero". Se trovate faticoso "crearearte", non impensieritevi, vi basterà battezzare l' arte che già esiste in natura. Restauro e filologia poi sono davvero attività insensate in campo artistico. Dirò di più, un' opera danneggiata quasi sempre migliora.
Lucio Fontana. L' arte è pre-vandalismo. Fate a pezzi e deturpate la vostra opera prima che qualcuno vi rubi questa gioia.
Jackson Pollock. L' arte è tentennamento da rabdomanti. Come il passo incerto del cercatore di funghi dimentico della moglie e del tempo.
Andy Wahrol. L' arte è uno spasso, specie se avete avuto la raffinatezza di involgarire i vostri gusti. Il passato crea rimpianti e malinconie, il futuro paure, dedicatevi al godimento presente cercando rassicurazioni in colori vivaci, forme elementari e superfici levigate.
Lucien Freud. L' arte puzza. Per fortuna la puzza si puo' dipingere.
Mappelthorpe. L' arte è contrazione e spasmo del corpo messo a nudo. Una pacchia per l' artista, ovvero lo spudorato per eccellenza.
Richard Prince. L' arte è furto. Quindi, quel che conta è rubarla e riciclarla in massa.
Robert Rauchenberg. L' arte è un amabile cialtronaggine. Qualità che abbonda nella medietà (abitazione media dell' uomo medio tra i medi).
Joseph Beuyes. L' arte è politica fanfarona; fate quindi politica in modo artistico. Per realizzare le vostre "sculture sociali" puntate soprattutto sul narcisismo (vostro) e sul disgusto (altrui). Un esempio di poitico/artista? Pannella. Un esempio di artista/politico? Beuyes, naturalmente.
Christo. L' arte è contrassegno, non si realizza in studio ma passeggiando ansiosi come tanti cagnolini marcatori dalla vescica rigonfia.
Matthew Barney. L' arte è ingenuità. Per regredire a questo stadio: non studiate, dimenticate, svuotatevi (magari guardando la tv per ore o litigando con la moglie)... e poi fate quel che vi viene in mente senza complessi di sorta.
Damien Hirst. L' arte parla sempre della morte. La morte puo' essere colorata come un quadro dove alla pittura sono frammisti i cadaverini di farfalle che sbatacchiano ancora le alette screziate. A volte invece la morte è nera e ronza, come nei quadri con mille mosche appiccicate, purchè siano uccise o stordite di fresco dal genio in persona a mani nude.
Jeff Koons. L' arte è estasi e non esiste estasi più rapinosa che quella consumistica.
Murakami. L' arte è piatta come un manga, il "giovane segaiolo" lettore compulsivo di fumetti è il tipo umano più adatto per capirla.
Maurizio Cattelan. L' arte è pubblicità. All' opera bastano una decina di minuti, inutile sprecarci altro tempo. Anche considerato il fatto che intorno ad essa ferve il vero lavoro, e non è poco.
Anish Kapoor. L' arte è quantità. Se un fagiolo non vi dice niente, costruitene uno d' amianto alto 25 metri, vedrete che vi dirà subito "qualcosa". Con i buchi funziona uguale.
Gerhard Richter. L' arte è anonimia. Annebbiate tutto, sfocate tutto... che tutto sia uguale a tutto e irriconoscibile. Poi ripetete l' operazione unendovi di nuovo al tutto di cui sopra.
Robert Ryman. L' arte è bullismo. Individuate il più stupido e prendetelo in giro. Di solito il più stupido è colui che viene al museo per guardare; recapitategli questo messaggio in forma artistica: "ho dipinto un quadro tutto bianco e sono diventato miliardario, potevi farlo anche tu se non fossi lo stupido che sei, incapace per natura di pensare la cosa giusta al momento giusto..."
Keith Haring. L' arte è un alfabeto illeggibile. Basta il gesto della scrittura. Nient' altro interessa, tanto meno la lettura.
Jean Michel Basquiat. L' arte è scarabocchio. Se spaccate la faccia a chi ha da ridire, vedrete che su questa tesi troverete una rassicurante convergenza. Di facce ne bastano un paio per ottenere l' obiettivo.
Enzo Cucchi. L' arte è accrocchio dell' etereogeneo. In qualche modo starà insieme, inutile preoccuparsi come. Chi vuole preoccupazioni faccia piuttosto l' impiegato.
Daniel Spoerri. L' arte è un' abbuffata. Quindi invitate gli amici, mangiate e ... Dopo cena, quando gli altri sono di là per l' amaro, vi toccherà perdere una decina di minuti per scocciare avanzi, molliche e posate nella posizione dell' abbandono (meglio che lavorare, comunque). Poi chiamate il vostro agente, si occuperà lui di contattare i musei per l' esposizione. Voi sarete liberi di unirvi alla compagnia per proseguire i divertimenti.
Imparata la lezione? E allora sotto, musicisti. Tocca a voi.
Meditazioni a latere della lettura del libro di Francesco Bonami: "Lo potevo fare anch' io".
mercoledì 29 dicembre 2010
martedì 28 dicembre 2010
L' arte di non criticare il brutto
Lo dico senza remore, a volte non ne posso più del cosiddetto "pensiero critico"".
Il "pensiero critico" è quella cosa per cui l' "intellettuale", a partire dagli anni sessanta, ha praticamente già finito di parlare prima ancora di aprire bocca.
Tanto si sa come la pensa: è critico!
Criticissimo. E' "critico" su tutto e a prescindere. La "critica" per lui è un dovere.
Il "reale" gli fa schifo e lui procede alternando scoramenti a vanterie. Se alle elezioni vince la Destra si dispera e minaccia di "scappare all' estero", se vince la Sinistra si dispera perchè... "tanto sono tutti uguali".
La sua presenza infarcisce i giornali da decenni, straborda dai televisori, stipa la rete in tutti i suoi anfratti.
Parla al modo dei cani sciolti mentre marcia al passo con il regimento più esteso ed inquadrato che esista.
Da diversi decenni è prassi stroncare la "realtà", fosse anche quella dell' eden. Se critichi il reale, vai sul velluto; se intoni un guaito originale, parte la beatificazione. Se insceni scalmane ispirate, il pubblico si spellerà le mani.
Il lascito più fastidioso del "pensiero critico" sta nel fatto che uno non sa più come pensare le bruttura del mondo senza sentirsi intruppato.
La ruga del tempo deturpa effimere bellezze e noi dobbiamo cercare di riferire l' evento in modi sempre più originali per smarcarci dal "pensiero critico". Come procedere?
tornano utili le gesta dei Grandi Maestri riusciti in passato nell' improba impresa. In Italia ne abbiamo una serie che va da Gozzano fino a Luigi Ghirri.
In Ghirri il brutto vira nel modesto. E' qualcosa di amichevole e familiare, il sopraciglio dell' osservatore non si aggrotta schifato ma si distende affettuoso.
Siamo invitati al soccorso e alla cura più che alla liquidazione e ai falò. Il "reale" è afflitto da un' incuria spontanea che irradia patetismo.
La stessa che notiamo sul comodino del genitore, magari la mattina sorpreso a dormire per sempre: che brutto libro stavi leggendo mamma, ti sei arenata a questa anonima pagina... peccato non averlo finito, magari eri svogliatamente curiosa dell' epilogo. Tutte quelle cremine scadenti con il tubetto mezzo spremuto...
Ghirri non fotografa gli oggetti ma le impronte digitali di chi li ha toccati, le impronte oculari di chi li ha visti.
Chi li ha toccati e visti con tenera ignoranza, li ha messi in salvo dal triviale, e all' artista piace documentare questa singolare impresa.
Luigi Ghirri - Lezioni di fotografia.
Il "pensiero critico" è quella cosa per cui l' "intellettuale", a partire dagli anni sessanta, ha praticamente già finito di parlare prima ancora di aprire bocca.
Tanto si sa come la pensa: è critico!
Criticissimo. E' "critico" su tutto e a prescindere. La "critica" per lui è un dovere.
Il "reale" gli fa schifo e lui procede alternando scoramenti a vanterie. Se alle elezioni vince la Destra si dispera e minaccia di "scappare all' estero", se vince la Sinistra si dispera perchè... "tanto sono tutti uguali".
La sua presenza infarcisce i giornali da decenni, straborda dai televisori, stipa la rete in tutti i suoi anfratti.
Parla al modo dei cani sciolti mentre marcia al passo con il regimento più esteso ed inquadrato che esista.
Da diversi decenni è prassi stroncare la "realtà", fosse anche quella dell' eden. Se critichi il reale, vai sul velluto; se intoni un guaito originale, parte la beatificazione. Se insceni scalmane ispirate, il pubblico si spellerà le mani.
Il lascito più fastidioso del "pensiero critico" sta nel fatto che uno non sa più come pensare le bruttura del mondo senza sentirsi intruppato.
La ruga del tempo deturpa effimere bellezze e noi dobbiamo cercare di riferire l' evento in modi sempre più originali per smarcarci dal "pensiero critico". Come procedere?
tornano utili le gesta dei Grandi Maestri riusciti in passato nell' improba impresa. In Italia ne abbiamo una serie che va da Gozzano fino a Luigi Ghirri.
In Ghirri il brutto vira nel modesto. E' qualcosa di amichevole e familiare, il sopraciglio dell' osservatore non si aggrotta schifato ma si distende affettuoso.
Siamo invitati al soccorso e alla cura più che alla liquidazione e ai falò. Il "reale" è afflitto da un' incuria spontanea che irradia patetismo.
La stessa che notiamo sul comodino del genitore, magari la mattina sorpreso a dormire per sempre: che brutto libro stavi leggendo mamma, ti sei arenata a questa anonima pagina... peccato non averlo finito, magari eri svogliatamente curiosa dell' epilogo. Tutte quelle cremine scadenti con il tubetto mezzo spremuto...
Ghirri non fotografa gli oggetti ma le impronte digitali di chi li ha toccati, le impronte oculari di chi li ha visti.
Chi li ha toccati e visti con tenera ignoranza, li ha messi in salvo dal triviale, e all' artista piace documentare questa singolare impresa.
Luigi Ghirri - Lezioni di fotografia.
Eresie ineludibili
Oggi in treno, ascoltando la rassegna stampa di Prima Pagina, ho assistito alle reazioni piccate, in primis quella del conduttore, che hanno fatto seguito alla lettura di un articolo di Stefano Zecchi.
Di solito agli studenti che manifestano si dice: "andate a studiare". Zecchi ha invece osato dire: "andate a lavorare".
La discussione è aperta. Purchè ci si pongano le domande giuste senza girarsi dall' altra parte stizziti.
Per esempio, per quanto riguarda l' istruzione:
"... have you ever noticed that colleges don’t teach a lot of job skills?...”
Per esempio, per quanto riguarda la qualità dell' istruzione:
"... the best evidence is that it is almost impossible to make a long-term difference in education, then the statistical evidence on teacher quality is bound to be highly unreliable. What appears to be teacher quality is likely to be random variation..."
add: la versione di Rojas (nei commenti):
1. There really are individual teachers who are measurably better than others.
2. Easily measured attributes (e.g., credentials, gender, age, seniority, etc) usually do not correlate with effective teaching (i.e., test score improvement).
... teaching is mainly about coaching and connecting with students...
Di solito agli studenti che manifestano si dice: "andate a studiare". Zecchi ha invece osato dire: "andate a lavorare".
La discussione è aperta. Purchè ci si pongano le domande giuste senza girarsi dall' altra parte stizziti.
Per esempio, per quanto riguarda l' istruzione:
"... have you ever noticed that colleges don’t teach a lot of job skills?...”
Per esempio, per quanto riguarda la qualità dell' istruzione:
"... the best evidence is that it is almost impossible to make a long-term difference in education, then the statistical evidence on teacher quality is bound to be highly unreliable. What appears to be teacher quality is likely to be random variation..."
add: la versione di Rojas (nei commenti):
1. There really are individual teachers who are measurably better than others.
2. Easily measured attributes (e.g., credentials, gender, age, seniority, etc) usually do not correlate with effective teaching (i.e., test score improvement).
... teaching is mainly about coaching and connecting with students...
lunedì 27 dicembre 2010
Il Profeta
Condannato a sei anni di carcere, il diciannovenne Malik El Djebena non sa né leggere né scrivere. In prigione, Malik sembra più giovane e fragile rispetto agli altri detenuti. Preso di mira dal leader della gang corsa, che spadroneggia nel carcere, Malik è costretto a svolgere numerose "missioni", che rafforzeranno il suo animo e che gli faranno meritare la fiducia del boss. Malik è una persona molto audace e non esiterà a mettere a punto un suo piano segreto
Un film inquietante, innanzitutto per come descrive l' humus che contribuisce alla gemmazione di una mente criminale.
Gli ingredienti essenziali sembrano essere tre:
1) Istruzione.
2) Multietnicità.
3) Pene alternative al carcere.
Allorchè Malik accede ai tre elementi, il più è fatto.
Con un minimo di 1, 2 e 3, il diavolo si mostra in grado di fare anche i coperchi.
Tuto cio' che dovrebbe essere fuoriero di nuova edificazione concima in realtà un fantasmagorico fiore del male.
E' grazie a questo mix che la dispendiosa e disordinata barbarie...
... puo' trasformarsi in vera macchina di morte.
Eppure la storia è attraversata da una luce, parla stentorea anche la voce dell' Angelo, quella che invita alla salvezza.
Ma da dove viene?
Sembra di capire che venga dal pensiero delle cose ultime. La meditazione sulla morte nobilita e redime.
Purchè sia meditazione condotta all' interno di una relazione intima.
Le parole di Abdul a Malik: "cosa lascerò alla mia famiglia ora che un cancro mi sta portando via?", sembrano spingere la coppia al grande colpo. In realtà penso che quelle parole seminino dell' altro in Malik e lo spingano alla decisione cruciale.
Una segnalazione dalla quale non posso esimermi: nei panni del boss corso, Niels Arestrup è all' altezza del Padrino Marlon Brando.
Un film inquietante, innanzitutto per come descrive l' humus che contribuisce alla gemmazione di una mente criminale.
Gli ingredienti essenziali sembrano essere tre:
1) Istruzione.
2) Multietnicità.
3) Pene alternative al carcere.
Allorchè Malik accede ai tre elementi, il più è fatto.
Con un minimo di 1, 2 e 3, il diavolo si mostra in grado di fare anche i coperchi.
Tuto cio' che dovrebbe essere fuoriero di nuova edificazione concima in realtà un fantasmagorico fiore del male.
E' grazie a questo mix che la dispendiosa e disordinata barbarie...
... puo' trasformarsi in vera macchina di morte.
Eppure la storia è attraversata da una luce, parla stentorea anche la voce dell' Angelo, quella che invita alla salvezza.
Ma da dove viene?
Sembra di capire che venga dal pensiero delle cose ultime. La meditazione sulla morte nobilita e redime.
Purchè sia meditazione condotta all' interno di una relazione intima.
Le parole di Abdul a Malik: "cosa lascerò alla mia famiglia ora che un cancro mi sta portando via?", sembrano spingere la coppia al grande colpo. In realtà penso che quelle parole seminino dell' altro in Malik e lo spingano alla decisione cruciale.
Una segnalazione dalla quale non posso esimermi: nei panni del boss corso, Niels Arestrup è all' altezza del Padrino Marlon Brando.
Gengis Khan
Ci sono molti modi per rendere conto delle relazioni tra uomini e donne nel corso della storia senza ricorrere all' implausibile concetto di "patriarcato" come ad altri ferri vecchi del femminismo più retrivo e dogmatico.
Pochi dubitano che l' evoluzione abbia modellato una differenza profonda tra uomo e donna, eppure pochi rischiano di far danni come colore che, pretendendo di averla individuata (o negata) cercano poi di costruirci sopra il modello di società più confacente.
Alternativa: dare pari diritti a tutti e lasciare che la società fiorisca non programmata.
Detto questo, anch' io ho una mia idea sul tema, mi baso innazitutto su due fatti.
FATTO 1: nella nostra società gli uomini (maschi) sono al "top". Ma anche al "bottom": fatevi un giro tra carcerati e barboni, quasi solo uomini. Non parliamo poi delle vittime sul lavoro o in guerra.
FATTO 2: Che percentuale dei nostri antenati è costituita da donne? E che percentuale è costituita da uomini? Risposta abbastanza sorprendente: 80% e 40%! Gengis Khan ebbe un migliaio di figli e qualsiasi uomo potrebbe eguagliarlo. Una donna non va oltre la dozzina. Difficilmente una donna resta senza figli con tanti uomini assatanati in giro. Molto facilmente un uomo sfigato resta senza figli visto che in giro ci sono solo donne esigenti.
CONGETTURA 1: Il FATTO 2 spiega perchè sia l' uomo il soggetto deputato ad intraprendere attività rischiose e su vasta scala: ha la possibilità di inseminare mezzo mondo e, contemporaneamente, di rimanere a secco se giudicato uno sfigato. La donna si è specializzata invece nell' intimità e nel nucleo ristretto: i suoi figli lei li avrà, quel che deve garantirsi è la protezione. Questo spiega anche perchè l' uomo è più impegnato nelle vaste reti relazionali anonime mentre la donna dà il suo meglio nelle ridotte reti relazionali affettive. Il FATTO 1 conferma del resto la congettura: più rischio, più polarizzazione.
CONGETTURA 2: la differenza uomo/donna risiede più nelle motivazioni che nelle abilità, cio' non toglie che sia una differenza profonda.
Prendiamo la musica: nella storia della musica impressiona la rarità di talenti femminili. Ci hanno spiegato che gioca un ruolo l' ambito sociale tutto dedito a scoraggiare la donna. Eppure, questa spiegazione non si accorda con una quantità di fatti. Esempio: nel XIX secolo le donne suonavano il piano molto più degli uomini senza aver dato un grande contributo creativo; nel frattempo uomini neri afro americani inventavano il blues e il jazz, generi che rivoluzieranno l' ascolto della musica. Possiamo girarla come vogliamo ma questi uomini, spesso schiavi o ex schiavi, partivano senz' altro da posizioni più svantaggiate.
CONCLUSIONE: la Cultura di una società puo' essere vista come una strategia tramite la quale uomini e donne stanno insieme in modo efficiente, in modo tale cioè che 1+1 faccia più di 2. E i benefici "sistemici" sono tanto più generosi quanto più il "sistema" è allargato. Ma man mano che il gruppo si espande, le competenze dell' uomo, come abbiamo visto, hanno il sopravvento. E' per questo che le società dove "conoscenza", "benessere" e "potere" hanno un ruolo centrale, probabilmente avranno uomini ai loro vertici. Sono infatti "sistemi" tesi ad esaltare comoponenti che dal punto di vista evolutivo ricadono nella sfera di competenza maschile.
Questo paradigma mi sembra il più convincente ed inlinea con i fatti. Lo traggo per lo più da Roy Beaumeister che l' ha messo a punto in modo chiaro (qui una sintesi)
Io ne venni a conoscenza seguendo il buon David Friedman, nell' occasione si chiedeva chi tra destra e sinistra frapponesse i maggiori ostacoli all' insegnamento dell' evoluzionismo nelle scuole:
"And the religious right has been the chief force against teaching evolution."
(Quoted from Barbara Forrest, a Southeastern Lousiana University philosophy professor and prominent critic of creationist science.)
It's a widespread view, but true in only a narrow sense. People who say they are against teaching the theory of evolution are very likely to be Christian fundamentalists. But people who are against taking seriously the implications of evolution, strongly enough to want to attack those who disagree, including those who teach those implications, are quite likely to be on the left.
Consider the most striking case, the question of whether there are differences between men and women with regard to the distribution of intellectual abilities or behavioral patterns. That no such differences exist, or if that if they exist they are insignificant, is a matter of faith for many on the left. The faith is so strongly held that when the president of Harvard, himself a prominent academic, merely raised the possibility that one reason why there were fewer women than men in certain fields might be such differences, he was ferociously attacked and eventually driven to resign.
http://daviddfriedman.blogspot.com/2008/08/who-is-against-evolution.html
Pochi dubitano che l' evoluzione abbia modellato una differenza profonda tra uomo e donna, eppure pochi rischiano di far danni come colore che, pretendendo di averla individuata (o negata) cercano poi di costruirci sopra il modello di società più confacente.
Alternativa: dare pari diritti a tutti e lasciare che la società fiorisca non programmata.
Detto questo, anch' io ho una mia idea sul tema, mi baso innazitutto su due fatti.
FATTO 1: nella nostra società gli uomini (maschi) sono al "top". Ma anche al "bottom": fatevi un giro tra carcerati e barboni, quasi solo uomini. Non parliamo poi delle vittime sul lavoro o in guerra.
FATTO 2: Che percentuale dei nostri antenati è costituita da donne? E che percentuale è costituita da uomini? Risposta abbastanza sorprendente: 80% e 40%! Gengis Khan ebbe un migliaio di figli e qualsiasi uomo potrebbe eguagliarlo. Una donna non va oltre la dozzina. Difficilmente una donna resta senza figli con tanti uomini assatanati in giro. Molto facilmente un uomo sfigato resta senza figli visto che in giro ci sono solo donne esigenti.
CONGETTURA 1: Il FATTO 2 spiega perchè sia l' uomo il soggetto deputato ad intraprendere attività rischiose e su vasta scala: ha la possibilità di inseminare mezzo mondo e, contemporaneamente, di rimanere a secco se giudicato uno sfigato. La donna si è specializzata invece nell' intimità e nel nucleo ristretto: i suoi figli lei li avrà, quel che deve garantirsi è la protezione. Questo spiega anche perchè l' uomo è più impegnato nelle vaste reti relazionali anonime mentre la donna dà il suo meglio nelle ridotte reti relazionali affettive. Il FATTO 1 conferma del resto la congettura: più rischio, più polarizzazione.
CONGETTURA 2: la differenza uomo/donna risiede più nelle motivazioni che nelle abilità, cio' non toglie che sia una differenza profonda.
Prendiamo la musica: nella storia della musica impressiona la rarità di talenti femminili. Ci hanno spiegato che gioca un ruolo l' ambito sociale tutto dedito a scoraggiare la donna. Eppure, questa spiegazione non si accorda con una quantità di fatti. Esempio: nel XIX secolo le donne suonavano il piano molto più degli uomini senza aver dato un grande contributo creativo; nel frattempo uomini neri afro americani inventavano il blues e il jazz, generi che rivoluzieranno l' ascolto della musica. Possiamo girarla come vogliamo ma questi uomini, spesso schiavi o ex schiavi, partivano senz' altro da posizioni più svantaggiate.
CONCLUSIONE: la Cultura di una società puo' essere vista come una strategia tramite la quale uomini e donne stanno insieme in modo efficiente, in modo tale cioè che 1+1 faccia più di 2. E i benefici "sistemici" sono tanto più generosi quanto più il "sistema" è allargato. Ma man mano che il gruppo si espande, le competenze dell' uomo, come abbiamo visto, hanno il sopravvento. E' per questo che le società dove "conoscenza", "benessere" e "potere" hanno un ruolo centrale, probabilmente avranno uomini ai loro vertici. Sono infatti "sistemi" tesi ad esaltare comoponenti che dal punto di vista evolutivo ricadono nella sfera di competenza maschile.
Questo paradigma mi sembra il più convincente ed inlinea con i fatti. Lo traggo per lo più da Roy Beaumeister che l' ha messo a punto in modo chiaro (qui una sintesi)
Io ne venni a conoscenza seguendo il buon David Friedman, nell' occasione si chiedeva chi tra destra e sinistra frapponesse i maggiori ostacoli all' insegnamento dell' evoluzionismo nelle scuole:
"And the religious right has been the chief force against teaching evolution."
(Quoted from Barbara Forrest, a Southeastern Lousiana University philosophy professor and prominent critic of creationist science.)
It's a widespread view, but true in only a narrow sense. People who say they are against teaching the theory of evolution are very likely to be Christian fundamentalists. But people who are against taking seriously the implications of evolution, strongly enough to want to attack those who disagree, including those who teach those implications, are quite likely to be on the left.
Consider the most striking case, the question of whether there are differences between men and women with regard to the distribution of intellectual abilities or behavioral patterns. That no such differences exist, or if that if they exist they are insignificant, is a matter of faith for many on the left. The faith is so strongly held that when the president of Harvard, himself a prominent academic, merely raised the possibility that one reason why there were fewer women than men in certain fields might be such differences, he was ferociously attacked and eventually driven to resign.
http://daviddfriedman.blogspot.com/2008/08/who-is-against-evolution.html
venerdì 24 dicembre 2010
Tempo di rigurgiti
Etichette:
a girl called eddy,
cucchi,
eugenio colombo,
fotz-turner-carrothers,
jane white,
john lenon,
johnston,
magical orchestra,
Michel Godard,
playlist del venerdì,
Vacchi
Quando sanguina veramente un cuore?
Tutto scorre - Vasilij Grossman
Ogni grande scrittore manca l' appuntamento con la realtà tradito dalla mania di guardare le cose troppo da vicino.
Non fidatevi di lui quando sembra in vena di noiose sintesi, quando tira le somme, quando fa resoconti. Seguitelo invece nelle autopsie, quando rovista, quando ispeziona.
Il microscopio di Vassilij Grossman scruta il dolore dell' uomo riproducendone con perizia le configurazioni molecolari.
Visse al tempo dei lager sovietici e la materia prima non gli manca.
La nostra epoca consumistica è invece ossessionata dai record, cosicchè diventa urgente sapere quale spina attinge più a fondo le carni dei Giobbe della terra.
Sappiamo bene che il terreno è infido, l' "hedonic adaptation" gioca brutti scherzi e i bambini africani che scorazzano felici per le discariche non sono un' invenzione.
Vasilij, nel panorama letterario, diventa a questo punto referente decisivo.
E lui non ha dubbi nell' indicarci il singolare orrore della "traduzione al campo".
La sciagura sta nel fatto che, nel vagone, si è attenuato l' instupidimento in cui lo spirito si rinchiude come un bozzolo durante i primi mesi trascorsi in prigione. Quando il mondo casca sulla testa, un casco di ebetudine ci preserva alla grande.
Se nel maledetto vagone viene a mancare l' intontimento, nemmeno sopraggiunge la vaga smemoratezza dei lager: lì sì che c' è solo il cuore che sanguina.
Ci stiamo avvicinando alla vetta.
L' apice si raggiunge quando per un attimo veniamo assaliti da preoccupazioni ormai infondate: "e se la Marghe bagna le mutandine?"
Ma la Marghe te l' hanno portata via, cara mammina, e non la rivedrai mai più!
Siamo proprio in cima alla Top Ten, direi.
Ogni grande scrittore manca l' appuntamento con la realtà tradito dalla mania di guardare le cose troppo da vicino.
Non fidatevi di lui quando sembra in vena di noiose sintesi, quando tira le somme, quando fa resoconti. Seguitelo invece nelle autopsie, quando rovista, quando ispeziona.
Il microscopio di Vassilij Grossman scruta il dolore dell' uomo riproducendone con perizia le configurazioni molecolari.
Visse al tempo dei lager sovietici e la materia prima non gli manca.
La nostra epoca consumistica è invece ossessionata dai record, cosicchè diventa urgente sapere quale spina attinge più a fondo le carni dei Giobbe della terra.
Sappiamo bene che il terreno è infido, l' "hedonic adaptation" gioca brutti scherzi e i bambini africani che scorazzano felici per le discariche non sono un' invenzione.
Vasilij, nel panorama letterario, diventa a questo punto referente decisivo.
E lui non ha dubbi nell' indicarci il singolare orrore della "traduzione al campo".
La sciagura sta nel fatto che, nel vagone, si è attenuato l' instupidimento in cui lo spirito si rinchiude come un bozzolo durante i primi mesi trascorsi in prigione. Quando il mondo casca sulla testa, un casco di ebetudine ci preserva alla grande.
Se nel maledetto vagone viene a mancare l' intontimento, nemmeno sopraggiunge la vaga smemoratezza dei lager: lì sì che c' è solo il cuore che sanguina.
Ci stiamo avvicinando alla vetta.
L' apice si raggiunge quando per un attimo veniamo assaliti da preoccupazioni ormai infondate: "e se la Marghe bagna le mutandine?"
Ma la Marghe te l' hanno portata via, cara mammina, e non la rivedrai mai più!
Siamo proprio in cima alla Top Ten, direi.
Utilità del latino a scuola
se c' è non si vede mica tanto...
http://econlog.econlib.org/archives/2011/01/the_case_agains_5.html
http://econlog.econlib.org/archives/2011/01/the_case_agains_5.html
giovedì 23 dicembre 2010
La dimenticanza è un giudizio
Tutto scorre - Vasilij Grossman -
Quando intuisco che il capitoletto d' occasione s' incentra sulla figura di Ivan Grigorievic, io accelero d' istinto una lettura che per me si fa faticosa. Il rigo si mette in salita e prima si scollina meglio è. Quel che va perso non riesco a rimpiangerlo.
Ivan è reduce dai lager sovietici, la sua condizione e i suoi pensieri inducono al "ricordo" straziante della Storia.
Ma io ho la sventura di vivere tempi tristi, tempi in cui il Ministro di turno istituisce ogni giorno un "Giorno della Memoria" diverso conferendo così un certo fascino all' oblio.
E intanto Grigorevic viene accompagnato nelle scuole a raccontare le sue peripezie d' internato e finisce inevitabilmente per puzzare di scuola oltre che di baracca.
All' arte di ricordare antepongo l' arte di dimenticare, e Vasilij Grossman in questo libro non trascura certo le mie esigenze, mi fa provvidenzialmente conoscere Nikolaij Andreevic.
E' stata la filosofa Hanna Arendt ad introdurre il concetto di "male banale" attirando l' attenzione di noi osservatori ciechi sull' integerrimo Adolf Eichmann. Ma è Vasilij Grossman ad aver spiegato compiutamente come funziona il marchingegno grazie all' incontro procurato con il delatore Nikolaij Andreevic.
A persone del genere dimenticare serve per assolversi e vivere, e dimenticare diventa così un' arte sopraffina. Il microscopio di Grossman comincia così a rimandare immagini interessanti.
Dunque, per assolversi senza perdere la faccia, la mossa decisiva consiste innanzitutto nell' incolparsi.
Il delatore Nikolaij elenca i capi d' accusa contro se stesso senza risparmiarsi, s' incolpa con scrupolo, a distanza di anni addita la sua condiscendenza verso il Potere e torna ad incolparsi; l' "esame di coscienza" diventa ben presto la sua specialità.
Detto questo, un esame di coscienza non sarebbe completo se non ricordassimo a noi stessi che "viviamo in un mondo complesso" dai nessi causali imperscrutabili. Non ci vuole molto a sentire nei precordi questa verità, ce la dicono e ce la ridicono persone sulla cui "bontà" nessuno dubiterebbe, e men che meno si dubita della loro competenza.
Poi dobbiamo constatare e compiangere la nostra debolezza di creature terrene. Non ci vuole molto: scienziati, teologi e filosofi accorreranno solerti in nostro soccorso.
Bene, detto questo il verdetto... beh, il verdetto... il verdetto non si puo' ancora pronunciare, bisogna tener conto di tutto, bisogna soppesare, ascoltare altri testimoni...
L' udienza è rinviata! Rinviata al prossimo esame di coscienza!
E questo rinvio è decisivo per far lavorare il nostro miglior alleato: il tempo.
Un tempo che scorre erodendo anche la colpa più bieca, la quale tornerà nei doviziosi "esami di coscienza" sempre più amorfa, sempre più pallida, sempre più inframezzata da attenuanti; fino a formare unicamente oggetto di speculazione teorica. Fino a sparire.
***
Una sentenza bisogna però emetterla, almeno sul libro.
Mi è piaciuto? Abbastanza per terminarlo. Non abbastanza per convincermi ad affrontare quel minaccioso parallelepipedo rettangolo che è "Vita e destino".
Quando intuisco che il capitoletto d' occasione s' incentra sulla figura di Ivan Grigorievic, io accelero d' istinto una lettura che per me si fa faticosa. Il rigo si mette in salita e prima si scollina meglio è. Quel che va perso non riesco a rimpiangerlo.
Ivan è reduce dai lager sovietici, la sua condizione e i suoi pensieri inducono al "ricordo" straziante della Storia.
Ma io ho la sventura di vivere tempi tristi, tempi in cui il Ministro di turno istituisce ogni giorno un "Giorno della Memoria" diverso conferendo così un certo fascino all' oblio.
E intanto Grigorevic viene accompagnato nelle scuole a raccontare le sue peripezie d' internato e finisce inevitabilmente per puzzare di scuola oltre che di baracca.
All' arte di ricordare antepongo l' arte di dimenticare, e Vasilij Grossman in questo libro non trascura certo le mie esigenze, mi fa provvidenzialmente conoscere Nikolaij Andreevic.
E' stata la filosofa Hanna Arendt ad introdurre il concetto di "male banale" attirando l' attenzione di noi osservatori ciechi sull' integerrimo Adolf Eichmann. Ma è Vasilij Grossman ad aver spiegato compiutamente come funziona il marchingegno grazie all' incontro procurato con il delatore Nikolaij Andreevic.
A persone del genere dimenticare serve per assolversi e vivere, e dimenticare diventa così un' arte sopraffina. Il microscopio di Grossman comincia così a rimandare immagini interessanti.
Dunque, per assolversi senza perdere la faccia, la mossa decisiva consiste innanzitutto nell' incolparsi.
Il delatore Nikolaij elenca i capi d' accusa contro se stesso senza risparmiarsi, s' incolpa con scrupolo, a distanza di anni addita la sua condiscendenza verso il Potere e torna ad incolparsi; l' "esame di coscienza" diventa ben presto la sua specialità.
Detto questo, un esame di coscienza non sarebbe completo se non ricordassimo a noi stessi che "viviamo in un mondo complesso" dai nessi causali imperscrutabili. Non ci vuole molto a sentire nei precordi questa verità, ce la dicono e ce la ridicono persone sulla cui "bontà" nessuno dubiterebbe, e men che meno si dubita della loro competenza.
Poi dobbiamo constatare e compiangere la nostra debolezza di creature terrene. Non ci vuole molto: scienziati, teologi e filosofi accorreranno solerti in nostro soccorso.
Bene, detto questo il verdetto... beh, il verdetto... il verdetto non si puo' ancora pronunciare, bisogna tener conto di tutto, bisogna soppesare, ascoltare altri testimoni...
L' udienza è rinviata! Rinviata al prossimo esame di coscienza!
E questo rinvio è decisivo per far lavorare il nostro miglior alleato: il tempo.
Un tempo che scorre erodendo anche la colpa più bieca, la quale tornerà nei doviziosi "esami di coscienza" sempre più amorfa, sempre più pallida, sempre più inframezzata da attenuanti; fino a formare unicamente oggetto di speculazione teorica. Fino a sparire.
***
Una sentenza bisogna però emetterla, almeno sul libro.
Mi è piaciuto? Abbastanza per terminarlo. Non abbastanza per convincermi ad affrontare quel minaccioso parallelepipedo rettangolo che è "Vita e destino".
mercoledì 22 dicembre 2010
Via dalla Felicità
Il vecchio rimpiange i tempi andati, allora era più felice e non fatico a capirlo: era anche più giovane.
Ma anche il ragazzo immigrato rimpiange il suo paese, laggiù era più appagato: meno pressioni, meno fretta, tanti amici e una famiglia accogliente. Certo, meno risorse, ma anche più felicità, lo dice lui.
Io lo prendo sul serio questo ragazzo, credo davvero che fosse più felice e mi chiedo: "perchè non torni"?
La domanda è sensata, visto che le "risorse" sono funzionali alla "felicità".
Ma lui non sa rispondermi, sta di fatto che "tornare alla felicità" è fuori discussione.
Lui non mi risponde, mi risponde però la novella di Russ Roberts: "The Price of Everything", e lo fa in modo brillante, oserei dire commovente.
Noi siamo abituati a pensare che la "felicità" sia tutto. In questo senso è l' ideologia utilitarista che ci scorre nelle vene.
Quando critichiamo gli studi sulla felicità si finisce sempre per recriminare su quanto poco sia catturabile dai numeri questo sentimento. Ma c' è una critica ancora più puntuta: questo sentimento non esaurisce la realizzazione umana, c' è anche la Speranza.
Se chiedete ad una persona "speranzosa" quanto è felice, probabilmente nicchierà, come puo' esserlo finchè non raggiunge l' oggetto dei suoi desideri?
Eppure "lo speranzoso" non dismetterà il suo sogno per dirigersi laddove sa di trovar garanzie di felicità, ed è giusto che sia così. Dobbiamo concludere che la nostra anima si realizza nella "speranza" prima ancora che nell' immota "felicità".
Gli immigrati ci danno una grande lezione: scappano dalla Felicità per andare verso la Speranza.
Teniamone conto, specie quando prepariamo il mondo che accoglierà i nostri ragazzi. Tremebondi pensiamo di tutelarli garantendo loro un minimo di felicità, a costo di ridurre la società ad una palude. Ma forse non è di questo che hanno bisogno.
Ma anche il ragazzo immigrato rimpiange il suo paese, laggiù era più appagato: meno pressioni, meno fretta, tanti amici e una famiglia accogliente. Certo, meno risorse, ma anche più felicità, lo dice lui.
Io lo prendo sul serio questo ragazzo, credo davvero che fosse più felice e mi chiedo: "perchè non torni"?
La domanda è sensata, visto che le "risorse" sono funzionali alla "felicità".
Ma lui non sa rispondermi, sta di fatto che "tornare alla felicità" è fuori discussione.
Lui non mi risponde, mi risponde però la novella di Russ Roberts: "The Price of Everything", e lo fa in modo brillante, oserei dire commovente.
Noi siamo abituati a pensare che la "felicità" sia tutto. In questo senso è l' ideologia utilitarista che ci scorre nelle vene.
Quando critichiamo gli studi sulla felicità si finisce sempre per recriminare su quanto poco sia catturabile dai numeri questo sentimento. Ma c' è una critica ancora più puntuta: questo sentimento non esaurisce la realizzazione umana, c' è anche la Speranza.
Se chiedete ad una persona "speranzosa" quanto è felice, probabilmente nicchierà, come puo' esserlo finchè non raggiunge l' oggetto dei suoi desideri?
Eppure "lo speranzoso" non dismetterà il suo sogno per dirigersi laddove sa di trovar garanzie di felicità, ed è giusto che sia così. Dobbiamo concludere che la nostra anima si realizza nella "speranza" prima ancora che nell' immota "felicità".
Gli immigrati ci danno una grande lezione: scappano dalla Felicità per andare verso la Speranza.
Teniamone conto, specie quando prepariamo il mondo che accoglierà i nostri ragazzi. Tremebondi pensiamo di tutelarli garantendo loro un minimo di felicità, a costo di ridurre la società ad una palude. Ma forse non è di questo che hanno bisogno.
Statistical perils
Viviamo circondati da studi statistici. Cerchiamo di capirli un po' meglio, almeno sull' essenziale.
... When we use a significance level, or alpha, of .05, we are saying that there is a chance of 1 out of 20 that our study will not replicate...
... and what does fail to replicate mean? It does not mean that next time you fail to find a result that is significant at the .05 level. It does not mean that next time you fail to find an effect of X and instead only find an effect of half of X. It means that you fail to find any effect at all! If you find any effect at all, then in the ordinary way these methods are used, you have replicated your original study...
http://econlog.econlib.org/archives/2010/12/statistical_per.html
... When we use a significance level, or alpha, of .05, we are saying that there is a chance of 1 out of 20 that our study will not replicate...
... and what does fail to replicate mean? It does not mean that next time you fail to find a result that is significant at the .05 level. It does not mean that next time you fail to find an effect of X and instead only find an effect of half of X. It means that you fail to find any effect at all! If you find any effect at all, then in the ordinary way these methods are used, you have replicated your original study...
http://econlog.econlib.org/archives/2010/12/statistical_per.html
Segnali di bullismo sul Mississippi
Se passando da St. Petersburg ti capitasse di imbatterti in Tom, non mancherai di riconoscerlo per il suo tipico modo di presentarsi.
Si mette davanti a te e ti fa: "Posso dartene un fracco se voglio".
In alternativa segna con l' alluce una linea in terra e ti guarda con sufficienza.
Poi riprende: "ti sfido a superarla, fallo e ti riempio di botte. Mi sa che sei solo un coniglio che non accetta le sfide".
***
Tom se ne sbatte delle punizioni.
Certo, zia Polly minaccia le frustate ed è un' educatrice che conosce bene quanto risparmiare la verga sia la rovina dei bambini.
Ma poi si limita ad un buffetto in testa con il ditale. Capirai.
E' anche vero che le sue parole a volte sono terribili.
E allora? Le parole non fanno male!
***
Tom sembra avere una filosofia innata che lo scorta ovunque vada.
Ecco il ritornello: le tristezze che porta con sè un guaio procurato vengono presto dimenticate se ci si impegna a fondo nel pianificare la successiva impresa teppistica.
***
Tom, nonostante la giovane età, ha una notevole esperienza di "lavori socialmente utili".
In particolare è un habituè dei lavori forzati del Sabato Mattina.
Staccionate da verniciare e roba del genere. Piuttosto deprimente in effetti.
Ma è un inconveniente solo all' apparenza.
In fondo evadere non è poi così difficile, basta turlupinare il solito negro che passa gettandogli un paio di bilie.
***
E' sempre bello vessare i nostri coetanei bietoloni che girano per il paese a frotte.
Questo perlomeno è cio' che pensa Tom.
Forse è proprio a tale convinzione che deve la sua serenità d' animo e la sua spavalderia.
Sa che se una pena lo grava, c' è sempre in giro un fessacchiotto a cui è possibile trasferirla.
Per lui questa è una rassicurante legge di natura.
***
Se c' è da spaccare la faccia a un antipatico, Tom ci sta sempre. Si tratta di una pratica elettrizzante.
Ma Tom ha imparato anche un' altra lezione: quella per cui un Capo raramente deve abbassarsi a farlo in prima persona.
E' roba da pesci piccoli. E' roba che puo' essere demandata ai mocciosi.
Ora che è maturato, la sua ambizione è un' altra: stare sul poggio a vedere la sua ganga menar le mani e, nel frattempo, dirigere le operazioni da lassù con il minimo dispendio di energie.
In realtà la banda non c' è ancora anche se Tom ha già fissato l' altisonante parola d' ordine traendola dai suoi libri (di pirateria) prediletti: SANGUE.
***
Sid, il fratello, è un tipo tranquillo che vuole bene a Tom. Più di quanto Tom sospetti.
Forse è per questo che mette al corrente zia Polly quando Tom esagera.
Per reagire a tale fatto increscioso Tom conosce una sola contromisura: lo pesta.
Tutto sommato sembra che come deterrente questa strategia funzioni abbastanza bene.
***
Ormai non è più possibile negare l' evidenza: Tom ruba. Prima rubacchiava, ma adesso ruba proprio come una gazza.
Ruba mele, gatti morti e ranocchi vivi, bilie, berretti, cosce di pollo, code di lecertola, vesciche (direttamente dal macello)...non finirebbe mai di rubare se fosse per lui.
Sa bene quali siano i momenti migliori per perpetrare il misfatto.
Esempio, quando zia Polly, ispirata e con gli occhi socchiusi, si infervora nel rivolgergli un predicozzo edificante con tanto di fiorite citazioni dalle Scritture...ecco allora che, all' apogeo del phatos, il degenere allunga una mano di velluto e gratta una frittella.
Poi scende in strada soddisfatto a succhiarsi la leccornia che, come si sa, è sempre più saporita se ottenuta con la frode.
***
Tom forse c' ha la donna. E' una melliflua pupa bionda con le trecce che a guardarla mette tenerezza. Una che lo chiama Thomas anche di fronte ai suoi amici. Di solito lo chiamano Thomas solo prima delle cinghiate.
Tom le ha fatto una corte strana quanto serrata a suon di infantili acrobazie ginniche alternate con altre esibizioni grottesche e assurdi pavoneggiamenti.
Poi si è dedicato alle smorfie, a sputare lontanissimo, a fare rutti articolati e a scappellottare altri ragazzi in sua presenza. Mai viste tante scempiaggini tutte insieme.
Cio' non toglie che Tom e Becky siano una coppia all' altezza di Paolo e Francesca, o Werther e Carlotta.
Quando Tom la vede che arriva diventa rosso e imbranato. La salivazione si inceppa, comincia a cincischiare ed è pervaso da un adorante timore reverenziale. Un po' come tutti quelli che devono passare in un "amen" dalle botte alle carezze.
Finchè si sblocca e ricomincia con naturalezza a fare lo scemo e a spararla grossa.
Puo' darsi che un' inconsapevole parola di lei lo intristisca per l' intera giornata.
Quand' è così non è da escludere che Tom metta su un muso misterioso ai più e si apparti in un angolino per piangere un po' in santa pace.
Come i mafiosi al MET, quando dal loro palchetto contemplano Cavalleria Rusticana.
***
Se proprio non c' è niente da fare si possono pur sempre molestare gli animali.
A quest' ultima risorsa Tom ricorre spesso e volentieri, specie nelle lunghe giornate estive dove ha a disposizione moltissimo di quel tempo particolare che non è denaro.
Ha una vera passione per i gatti morti (specie se irrigiditi), che, oltretutto, seguendo alcuni raccapriccianti protocolli, sembra che mandino via i porri.
Sui gatti vivi invece si possono sperimentare nuovi intrugli medicinali. Il gatto di casa Sawyer, perlomeno, è schiattato in seguito a esperimenti del genere, non dopo essersi esibito in una tarantola frenetica che ha devastato il salotto di casa.
Ma ci sono anche ranocchi da infilzare (occhio alle verruche però), code di lucertola da collezionare e nidi da esplorare (con grave nocumento degli occupanti).
Le mosche sono in salvo solo in Chiesa e durante la Predica, momento in cui la palpebra del Nostro si appesantisce rendendolo incapace di seguire l’ istinto.
Memorabile l' impudenza di una nera temeraria che, proprio in quei momenti, atterrò sulla spalliera davanti a Tom cominciando a stropicciarsi la testa sfregandosela così vigorosamente da dare l' impressione che la testa stessa fosse sul punto di staccarsi dall' esile filamento del collo. Procedeva tranquilla e irridente nella toletta, come se fosse consapevole della sua immunità.
Ma poi la Predica terminò e la sfrontata avrebbe visto affogata nel sangue tanta arroganza se...
Una passione inspiegabile è riservata alle zecche. Sollecitate dallo spillone sembra che corrano velocissime. Tom ne ha una niente male. Alcuni dicono che è piccola, ma si fa presto a criticare una zecca quando non se ne possiede.
Arrivo a dire che in cambio di una zecca Tom sarebbe disposto anche a rinunciare al suo topo morto (hai presente quei topi morti che si legano allo spago per farli girare intorno alla testa? Figata!). Per regolarsi meglio si consideri che un topo morto (freschissimo) è stato il regalo di fidanzamento che ha completamente travolto le difese di Becky.
Non se ne parla invece se in cambio gli si chiede il suo "tesoro", ovvero: un grosso scarafaggio nero con pinze formidabili che Tom porta sempre con sè.
Infilato tra le natiche dei barboncini di passaggio li trasforma in comete pelose che orbitano guaendo intorno all' abitato.
***
Tom ha imparato presto e bene come "restare a galla". Regola numero uno: fuggire le proprie responsabilità.
Simula et dissimula. Gran parte delle giornate di Tom sono dedicate a queste arti gesuitiche.
Purtroppo un bambino ha poche "responsabilità", quindi non puo' coltivare con metodo la pratica che consiste nell' eluderle.
Se si cerca con il lanternino qualcosa però si trova. Per es. la scuola.
Simulare malattie è altamente indicato per marinare la scuola.
Tom sa simulare molto bene i mal di pancia, il mal di denti e il mal di testa. La sua specialità, però, è costituita da non meglio precisati dolori alle dita. Lo stesso Tom, oggi come oggi, dubita che siano completamente sane.
Tom è un artista nel gemere. Sa anche farsi sentire molto chiaramente da tutti quando decide di soffocare un gemito per non disturbare il prossimo.
Dopo tutta l' esperienza cumulata, Tom ora conosce alla perfezione qual è il trucco migliore per sgravarsi da ogni responsabilità: avere buone intenzioni.
Con un salvacondotto del genere potresti anche dare fuoco al paese e gli stolti ancora parlerebbero di te con deferenza.
***
Tom pensa che che se hai veramente qualcosa di importante da dire, allora devi dirlo infilandoci una bestemmia.
Le cose importanti non possono essere comunicate senza almeno un' oscenità, si perde in chiarezza.
Per questo soffre di un' invidia verde nei confronti di Huck. Lui puo' imprecare a tutto spiano anche in casa!
Tom sente molto questa condizione di inferiorità e ce la mette tutta per compensarla intavolando, appena puo', rumorosi turpiloqui per strada insieme ai suoi amici.
***
Randellare gli ingenui è una missione che Tom ha preso molto sul serio. E, si sa, tra i bambini ci sono molti ingenui.
Ancora più emozionante è fare in modo che le legnate al fesso vengano impartite da una mano terza. Magari dal genitore stesso.
Per questo che Tom dedica particolari cure ad una delle sue attività preferite: fare la spia.
Fare la spia dà molte soddisfazioni, e chi lo negherebbe. Ma c' è qualcosa che promette gioie più durature: l' arte del ricatto.
Quando a Tom si presenta l' occasione di ordire un ricatto, quando i provvidenziali fatti mettono saldamente nelle sue mani le sorti di un debole, allora gli si illuminano gli occhi da predatore, entra in estasi e il cuore trabocca di esultanze sconosciute.
C' è da giurare che strizzerà il pivello fino a succhiargli anche il midollo, con grande spasso del lettore, almeno di quello sadico.
***
Ma il momento che Tom attende con più letizia è sempre lo stesso. Il tipico momento in cui il bullo ascende al settimo cielo.
Si presenta raramente ma a volte si presenta.
E' quello in cui viene punito ingiustamente.
Dopo aver sopportato taciturno e con particolare fermezza l' immeritato castigo, Tom assapora ogni istante in cui l' inesorabile Verità emerge implacabile.
Quando le cose sono ormai chiare attende trepidando la compassione consolatrice di zia Polly.
Tom si mette volentieri in un angolo facendo il broncio e ingigantendo le proprie disgrazie.
Sa che zia Polly dentro soffre, anche se non dà segnali esteriori e va dicendo in giro che "una sberla a Tom non è mai sprecata".
In quei momenti Tom dà la stura ai sogni, si vede a letto malato, anzi, in agonia, con la zia Polly che implora una parola di perdono.
Ma lui si gira dall' altra parte negandogliela.
Seguono funerali zuppi di lacrime, pianti a squarciagola e mea culpa di tutti i presenti.
Queste lugubri fantasie in realtà lo rinfrancano. Ora Tom è pronto per tornare in strada a sfasciare qualcosa.
***
Quel Pinocchio a stelle e strice di un Tom è un bullo molto particolare. Non sembra percorso da rabbie corrosive come il generico bullo.
Anzi, tra un casino e l' altro, bisogna ammettere che il suo cuore è leggero e colmo di piacevoli aspettative.
Inoltre, in quel cuore, c' è sempre spazio per almeno una canzone da fischiare al modo dei negri, con la lingua arrotolata sotto il palato.
***
Questo mark Twain...! Per ovvie esigenze non spinse il pedale fino in fondo. Cio' non mi leva il dubbio che, a volte, abbia voluto parlarci di un tipo inquietante, il Cattivo Felice.
Si mette davanti a te e ti fa: "Posso dartene un fracco se voglio".
In alternativa segna con l' alluce una linea in terra e ti guarda con sufficienza.
Poi riprende: "ti sfido a superarla, fallo e ti riempio di botte. Mi sa che sei solo un coniglio che non accetta le sfide".
***
Tom se ne sbatte delle punizioni.
Certo, zia Polly minaccia le frustate ed è un' educatrice che conosce bene quanto risparmiare la verga sia la rovina dei bambini.
Ma poi si limita ad un buffetto in testa con il ditale. Capirai.
E' anche vero che le sue parole a volte sono terribili.
E allora? Le parole non fanno male!
***
Tom sembra avere una filosofia innata che lo scorta ovunque vada.
Ecco il ritornello: le tristezze che porta con sè un guaio procurato vengono presto dimenticate se ci si impegna a fondo nel pianificare la successiva impresa teppistica.
***
Tom, nonostante la giovane età, ha una notevole esperienza di "lavori socialmente utili".
In particolare è un habituè dei lavori forzati del Sabato Mattina.
Staccionate da verniciare e roba del genere. Piuttosto deprimente in effetti.
Ma è un inconveniente solo all' apparenza.
In fondo evadere non è poi così difficile, basta turlupinare il solito negro che passa gettandogli un paio di bilie.
***
E' sempre bello vessare i nostri coetanei bietoloni che girano per il paese a frotte.
Questo perlomeno è cio' che pensa Tom.
Forse è proprio a tale convinzione che deve la sua serenità d' animo e la sua spavalderia.
Sa che se una pena lo grava, c' è sempre in giro un fessacchiotto a cui è possibile trasferirla.
Per lui questa è una rassicurante legge di natura.
***
Se c' è da spaccare la faccia a un antipatico, Tom ci sta sempre. Si tratta di una pratica elettrizzante.
Ma Tom ha imparato anche un' altra lezione: quella per cui un Capo raramente deve abbassarsi a farlo in prima persona.
E' roba da pesci piccoli. E' roba che puo' essere demandata ai mocciosi.
Ora che è maturato, la sua ambizione è un' altra: stare sul poggio a vedere la sua ganga menar le mani e, nel frattempo, dirigere le operazioni da lassù con il minimo dispendio di energie.
In realtà la banda non c' è ancora anche se Tom ha già fissato l' altisonante parola d' ordine traendola dai suoi libri (di pirateria) prediletti: SANGUE.
***
Sid, il fratello, è un tipo tranquillo che vuole bene a Tom. Più di quanto Tom sospetti.
Forse è per questo che mette al corrente zia Polly quando Tom esagera.
Per reagire a tale fatto increscioso Tom conosce una sola contromisura: lo pesta.
Tutto sommato sembra che come deterrente questa strategia funzioni abbastanza bene.
***
Ormai non è più possibile negare l' evidenza: Tom ruba. Prima rubacchiava, ma adesso ruba proprio come una gazza.
Ruba mele, gatti morti e ranocchi vivi, bilie, berretti, cosce di pollo, code di lecertola, vesciche (direttamente dal macello)...non finirebbe mai di rubare se fosse per lui.
Sa bene quali siano i momenti migliori per perpetrare il misfatto.
Esempio, quando zia Polly, ispirata e con gli occhi socchiusi, si infervora nel rivolgergli un predicozzo edificante con tanto di fiorite citazioni dalle Scritture...ecco allora che, all' apogeo del phatos, il degenere allunga una mano di velluto e gratta una frittella.
Poi scende in strada soddisfatto a succhiarsi la leccornia che, come si sa, è sempre più saporita se ottenuta con la frode.
***
Tom forse c' ha la donna. E' una melliflua pupa bionda con le trecce che a guardarla mette tenerezza. Una che lo chiama Thomas anche di fronte ai suoi amici. Di solito lo chiamano Thomas solo prima delle cinghiate.
Tom le ha fatto una corte strana quanto serrata a suon di infantili acrobazie ginniche alternate con altre esibizioni grottesche e assurdi pavoneggiamenti.
Poi si è dedicato alle smorfie, a sputare lontanissimo, a fare rutti articolati e a scappellottare altri ragazzi in sua presenza. Mai viste tante scempiaggini tutte insieme.
Cio' non toglie che Tom e Becky siano una coppia all' altezza di Paolo e Francesca, o Werther e Carlotta.
Quando Tom la vede che arriva diventa rosso e imbranato. La salivazione si inceppa, comincia a cincischiare ed è pervaso da un adorante timore reverenziale. Un po' come tutti quelli che devono passare in un "amen" dalle botte alle carezze.
Finchè si sblocca e ricomincia con naturalezza a fare lo scemo e a spararla grossa.
Puo' darsi che un' inconsapevole parola di lei lo intristisca per l' intera giornata.
Quand' è così non è da escludere che Tom metta su un muso misterioso ai più e si apparti in un angolino per piangere un po' in santa pace.
Come i mafiosi al MET, quando dal loro palchetto contemplano Cavalleria Rusticana.
***
Se proprio non c' è niente da fare si possono pur sempre molestare gli animali.
A quest' ultima risorsa Tom ricorre spesso e volentieri, specie nelle lunghe giornate estive dove ha a disposizione moltissimo di quel tempo particolare che non è denaro.
Ha una vera passione per i gatti morti (specie se irrigiditi), che, oltretutto, seguendo alcuni raccapriccianti protocolli, sembra che mandino via i porri.
Sui gatti vivi invece si possono sperimentare nuovi intrugli medicinali. Il gatto di casa Sawyer, perlomeno, è schiattato in seguito a esperimenti del genere, non dopo essersi esibito in una tarantola frenetica che ha devastato il salotto di casa.
Ma ci sono anche ranocchi da infilzare (occhio alle verruche però), code di lucertola da collezionare e nidi da esplorare (con grave nocumento degli occupanti).
Le mosche sono in salvo solo in Chiesa e durante la Predica, momento in cui la palpebra del Nostro si appesantisce rendendolo incapace di seguire l’ istinto.
Memorabile l' impudenza di una nera temeraria che, proprio in quei momenti, atterrò sulla spalliera davanti a Tom cominciando a stropicciarsi la testa sfregandosela così vigorosamente da dare l' impressione che la testa stessa fosse sul punto di staccarsi dall' esile filamento del collo. Procedeva tranquilla e irridente nella toletta, come se fosse consapevole della sua immunità.
Ma poi la Predica terminò e la sfrontata avrebbe visto affogata nel sangue tanta arroganza se...
Una passione inspiegabile è riservata alle zecche. Sollecitate dallo spillone sembra che corrano velocissime. Tom ne ha una niente male. Alcuni dicono che è piccola, ma si fa presto a criticare una zecca quando non se ne possiede.
Arrivo a dire che in cambio di una zecca Tom sarebbe disposto anche a rinunciare al suo topo morto (hai presente quei topi morti che si legano allo spago per farli girare intorno alla testa? Figata!). Per regolarsi meglio si consideri che un topo morto (freschissimo) è stato il regalo di fidanzamento che ha completamente travolto le difese di Becky.
Non se ne parla invece se in cambio gli si chiede il suo "tesoro", ovvero: un grosso scarafaggio nero con pinze formidabili che Tom porta sempre con sè.
Infilato tra le natiche dei barboncini di passaggio li trasforma in comete pelose che orbitano guaendo intorno all' abitato.
***
Tom ha imparato presto e bene come "restare a galla". Regola numero uno: fuggire le proprie responsabilità.
Simula et dissimula. Gran parte delle giornate di Tom sono dedicate a queste arti gesuitiche.
Purtroppo un bambino ha poche "responsabilità", quindi non puo' coltivare con metodo la pratica che consiste nell' eluderle.
Se si cerca con il lanternino qualcosa però si trova. Per es. la scuola.
Simulare malattie è altamente indicato per marinare la scuola.
Tom sa simulare molto bene i mal di pancia, il mal di denti e il mal di testa. La sua specialità, però, è costituita da non meglio precisati dolori alle dita. Lo stesso Tom, oggi come oggi, dubita che siano completamente sane.
Tom è un artista nel gemere. Sa anche farsi sentire molto chiaramente da tutti quando decide di soffocare un gemito per non disturbare il prossimo.
Dopo tutta l' esperienza cumulata, Tom ora conosce alla perfezione qual è il trucco migliore per sgravarsi da ogni responsabilità: avere buone intenzioni.
Con un salvacondotto del genere potresti anche dare fuoco al paese e gli stolti ancora parlerebbero di te con deferenza.
***
Tom pensa che che se hai veramente qualcosa di importante da dire, allora devi dirlo infilandoci una bestemmia.
Le cose importanti non possono essere comunicate senza almeno un' oscenità, si perde in chiarezza.
Per questo soffre di un' invidia verde nei confronti di Huck. Lui puo' imprecare a tutto spiano anche in casa!
Tom sente molto questa condizione di inferiorità e ce la mette tutta per compensarla intavolando, appena puo', rumorosi turpiloqui per strada insieme ai suoi amici.
***
Randellare gli ingenui è una missione che Tom ha preso molto sul serio. E, si sa, tra i bambini ci sono molti ingenui.
Ancora più emozionante è fare in modo che le legnate al fesso vengano impartite da una mano terza. Magari dal genitore stesso.
Per questo che Tom dedica particolari cure ad una delle sue attività preferite: fare la spia.
Fare la spia dà molte soddisfazioni, e chi lo negherebbe. Ma c' è qualcosa che promette gioie più durature: l' arte del ricatto.
Quando a Tom si presenta l' occasione di ordire un ricatto, quando i provvidenziali fatti mettono saldamente nelle sue mani le sorti di un debole, allora gli si illuminano gli occhi da predatore, entra in estasi e il cuore trabocca di esultanze sconosciute.
C' è da giurare che strizzerà il pivello fino a succhiargli anche il midollo, con grande spasso del lettore, almeno di quello sadico.
***
Ma il momento che Tom attende con più letizia è sempre lo stesso. Il tipico momento in cui il bullo ascende al settimo cielo.
Si presenta raramente ma a volte si presenta.
E' quello in cui viene punito ingiustamente.
Dopo aver sopportato taciturno e con particolare fermezza l' immeritato castigo, Tom assapora ogni istante in cui l' inesorabile Verità emerge implacabile.
Quando le cose sono ormai chiare attende trepidando la compassione consolatrice di zia Polly.
Tom si mette volentieri in un angolo facendo il broncio e ingigantendo le proprie disgrazie.
Sa che zia Polly dentro soffre, anche se non dà segnali esteriori e va dicendo in giro che "una sberla a Tom non è mai sprecata".
In quei momenti Tom dà la stura ai sogni, si vede a letto malato, anzi, in agonia, con la zia Polly che implora una parola di perdono.
Ma lui si gira dall' altra parte negandogliela.
Seguono funerali zuppi di lacrime, pianti a squarciagola e mea culpa di tutti i presenti.
Queste lugubri fantasie in realtà lo rinfrancano. Ora Tom è pronto per tornare in strada a sfasciare qualcosa.
***
Quel Pinocchio a stelle e strice di un Tom è un bullo molto particolare. Non sembra percorso da rabbie corrosive come il generico bullo.
Anzi, tra un casino e l' altro, bisogna ammettere che il suo cuore è leggero e colmo di piacevoli aspettative.
Inoltre, in quel cuore, c' è sempre spazio per almeno una canzone da fischiare al modo dei negri, con la lingua arrotolata sotto il palato.
***
Questo mark Twain...! Per ovvie esigenze non spinse il pedale fino in fondo. Cio' non mi leva il dubbio che, a volte, abbia voluto parlarci di un tipo inquietante, il Cattivo Felice.
La Costituzione italiana, un monumento che pende e casca pure
Art. 1, comma 1. FONDATA SUL LAVORO. La nostra C. ha una concezione a dir poco distorta del lavoro su cui pretende di fondare la convivenza dei cittadini. Basta andare all’ art.4 per constatare che lo ritiene un diritto (!?). Uno Stato non puo’ riconoscere un diritto al lavoro senza poi garantirlo attivamente dando lavoro a tutti ed è aberrante pensare che uno Stato sia tenuto ha dare lavoro a chiunque. Non è un caso se questo principio sia stato completamente negletto. Un principio stupido non viene negletto per inettitudine ma perché di fronte alla stupidità si paralizza anche l' uomo di buona volontà. Peggio che andar di notte se andiamo al comma 2 dell’ art 4. Il lavoro diventa addirittura un dovere. Come se noi nascessimo già assunti dalla Repubblica e con l’ obbligo di lavorare proficuamente per il suo progresso. Sulla base della nostra C. Potremmo intentare a Socrate un processo per vagabondaggio. D' altronde ogni dittatura persegue il "parassitismo", alcuni codici penali puniscono perfino l’ accidia.
Art.1, comma 2. SOVRANITA’ DEL POPOLO. Una volta definita la Rep. Come democratica è un puro pleonasma insistere sulla sovranità del popolo.
Art.2, comma 1. A parte la declamazione enfatica, rappresenta uno dei tanti pasticciati compromessi presenti in costituzione. Una volta proclamato il riconoscimento dei diritti della persona subito questi diritti vengono limitati da doveri inderogabili. La formula “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” nasconde un duro colpo per i diritti. Il bene non può essere imposto per legge. Il compito di una C. È di impedire il male.
Art.2, comma unico. Basta scorrere la nostra C. Per vedere che non tutela alcun diritto della persona. La formula paradigmatica (Sì, ma...) che utilizza è la seguente: “La Rep. Riconosce il diritto di...Il diritto di cui sopra può essere limitato solo attraverso la legge da promulgare a maggioranza semplice”[cd. riserva di legge]. Il legislatore può dunque violare qualsiasi diritto dell’ uomo visto che la nostra C. Non offre alcun riparo. La nostra C. Rientra tra le cosiddette costituzioni “partecipative”: al cittadino è imposto uno scambio, rinuncia ai suoi diritti ma può partecipare al voto che li limiterà.
Art. 2, comma unico. Il solidarismo a cui rimandavano i nostri costituenti era sia quello socialista che quello cattolico. Entrambi possono trovare applicazione solo tramite una violazione dei diritti individuali. Es. “il povero ha un diritto di citazione sul superfluo degli altri...”(Mounier). E’ la via al socialismo.
Art.2, comma unico. L’ art. 2 viola anche i doveri di uguaglianza (art.3, primo comma). Ai nostri doveri che derivano da un corrispondente diritto del nostro prossimo si aggiungono dei generici doveri di solidarietà politica, sociale, economica...cosmica.
Art.3, comma 2. L’ ottimo comma 1 è contraddetto e vanificato dal comma 2. I cottadini non sono più “uguali” (o “creati uguali” come nella formula di Jefferson) ma “resi uguali” dall’ uomo di potere. Questo comma è il vaso di pandora del nostro ordinamento, consente all’ uomo di potere di trattare in maniera differente i suoi sudditi. Qui trovano giustificazione tutti i privilegi accordati. Questo comma è il germe che avvelena una società libera.
Art. 4, comma 1 e 2. Vedi art.1.
Art. 5, comma unico. Nella sua vecchia formulazione indicava un buon obiettivo. Si limitava a trattare un corollario senza citare il principio cardine di ogni decentramento, ovvero il principio di sussidiarietà. Tralascio le discussioni sul nuovo art.5 minato dall’ introduzione di un concetto come quello di interesse nazionale.
Art. 6, comma unico. La norma è ridondante se l’ art. 2 ha un senso. Principi inutili come questo hanno la sola funzione di depotenziare l’ art. 2 e la tutela che offre ai diritti.
Art. 7, commi 1 e 2. Mentre l’ art. 8 assivura parità di trattamento a tutte le confessioni religiose, l’ art. 8 istituisce un privilegio e una disparità.
Art. 9, commi 1 e 2. Finalmente l’ uomo di potere non ha più alcun limite alla sua azione. Non è un caso se mille interessi sono stati coltivati tramite questo principio che non ha certo frenato lo scempio del territorio della Repubblica.
Art. 11, comma unico. L’ articolo è inefficace, la distinzione tra guerra difensiva e offensiva talvolta è un capello che nessuno può spaccare. Così la nazione ha potuto tranquillamente partecipar4e a molte guerre offensive. Le vie per limitare l’ uso delle forze belliche sono altre (vedi es. i precetti della cost. Elvetica intorno all’ organizzazione militare della nazione).
Art. 12, comma unico. Articolo dagli aspetti umoristici. Come considerare i colori della bandiera come un principio fondamentale senza cadere nel ridicolo?
Art.1, comma 2. SOVRANITA’ DEL POPOLO. Una volta definita la Rep. Come democratica è un puro pleonasma insistere sulla sovranità del popolo.
Art.2, comma 1. A parte la declamazione enfatica, rappresenta uno dei tanti pasticciati compromessi presenti in costituzione. Una volta proclamato il riconoscimento dei diritti della persona subito questi diritti vengono limitati da doveri inderogabili. La formula “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” nasconde un duro colpo per i diritti. Il bene non può essere imposto per legge. Il compito di una C. È di impedire il male.
Art.2, comma unico. Basta scorrere la nostra C. Per vedere che non tutela alcun diritto della persona. La formula paradigmatica (Sì, ma...) che utilizza è la seguente: “La Rep. Riconosce il diritto di...Il diritto di cui sopra può essere limitato solo attraverso la legge da promulgare a maggioranza semplice”[cd. riserva di legge]. Il legislatore può dunque violare qualsiasi diritto dell’ uomo visto che la nostra C. Non offre alcun riparo. La nostra C. Rientra tra le cosiddette costituzioni “partecipative”: al cittadino è imposto uno scambio, rinuncia ai suoi diritti ma può partecipare al voto che li limiterà.
Art. 2, comma unico. Il solidarismo a cui rimandavano i nostri costituenti era sia quello socialista che quello cattolico. Entrambi possono trovare applicazione solo tramite una violazione dei diritti individuali. Es. “il povero ha un diritto di citazione sul superfluo degli altri...”(Mounier). E’ la via al socialismo.
Art.2, comma unico. L’ art. 2 viola anche i doveri di uguaglianza (art.3, primo comma). Ai nostri doveri che derivano da un corrispondente diritto del nostro prossimo si aggiungono dei generici doveri di solidarietà politica, sociale, economica...cosmica.
Art.3, comma 2. L’ ottimo comma 1 è contraddetto e vanificato dal comma 2. I cottadini non sono più “uguali” (o “creati uguali” come nella formula di Jefferson) ma “resi uguali” dall’ uomo di potere. Questo comma è il vaso di pandora del nostro ordinamento, consente all’ uomo di potere di trattare in maniera differente i suoi sudditi. Qui trovano giustificazione tutti i privilegi accordati. Questo comma è il germe che avvelena una società libera.
Art. 4, comma 1 e 2. Vedi art.1.
Art. 5, comma unico. Nella sua vecchia formulazione indicava un buon obiettivo. Si limitava a trattare un corollario senza citare il principio cardine di ogni decentramento, ovvero il principio di sussidiarietà. Tralascio le discussioni sul nuovo art.5 minato dall’ introduzione di un concetto come quello di interesse nazionale.
Art. 6, comma unico. La norma è ridondante se l’ art. 2 ha un senso. Principi inutili come questo hanno la sola funzione di depotenziare l’ art. 2 e la tutela che offre ai diritti.
Art. 7, commi 1 e 2. Mentre l’ art. 8 assivura parità di trattamento a tutte le confessioni religiose, l’ art. 8 istituisce un privilegio e una disparità.
Art. 9, commi 1 e 2. Finalmente l’ uomo di potere non ha più alcun limite alla sua azione. Non è un caso se mille interessi sono stati coltivati tramite questo principio che non ha certo frenato lo scempio del territorio della Repubblica.
Art. 11, comma unico. L’ articolo è inefficace, la distinzione tra guerra difensiva e offensiva talvolta è un capello che nessuno può spaccare. Così la nazione ha potuto tranquillamente partecipar4e a molte guerre offensive. Le vie per limitare l’ uso delle forze belliche sono altre (vedi es. i precetti della cost. Elvetica intorno all’ organizzazione militare della nazione).
Art. 12, comma unico. Articolo dagli aspetti umoristici. Come considerare i colori della bandiera come un principio fondamentale senza cadere nel ridicolo?
Puo' la vita morale sopravvivere alla democrazia?
A volte mi lamento di quanto i commentatori della politica italiana indulgano al moralismo. Altre volte sento però l' inanità di questa recriminazione: ormai la politica ha invaso il fortino della morale irrompendo attraverso la breccia del welfare state; viviamo in uno Stato Etico a tutti gli effetti, con che coraggio posso rimproverare a chi parla di politica di sconfinare nell' etica?
"... la mia preoccupazione per le democrazie contemporane è forte... comincio con l' osservare che mentre un governo democratico dovrebbe consentire ai governati di tenere sotto controllo i governanti, in realtà oggi accade per lo più l' inverso, sono i governanti che riversano sui governati la loro occhiuta sorveglianza... la maggior parte dei governi occidentali è scontenta se fumo o se mangio cibi grassi o se bevo superalcolici e non manca di farmi sentire la sua disapprovazione attraverso chiassose campagne pubbliche... A quanto pare prendiamo in prestito troppo denaro e molti di noi sono cattivi genitori, il governo ce lo fa presente di continuo... Qualche Ministro tra poco ci consiglierà amabilmente di leggere una fiaba al nostro bimbo che si addormenta... Ancora, a quanto pare molti di noi non familiarizzano abbastanza con le altre etnie e questo dispiace ai governi i quali pensano che dovremmo farlo essendo la diversità un valore... Insomma, il politico dovrebbe rappresentarmi e invece sembra che si sia trasformato in un genitore che, avendo grandi progetti per il figlio, lo spinge incessantemente al "miglioramento" personale... Giocare d' azzardo e avere scarsa cura dei figli sono senz' altro condotte riprovevoli, ma andrebbe ricordato che sono "vizi". Il vizioso pagherà per le sue debolezze e si migliorerà: la vita è una maestra migliore dei politici... Nazionalizzare la vita morale di una persona è un passo rischioso, a volte verso il totalitarismo... Inoltre, saremmo più indulgenti se nelle vesti di "grillo parlante" ci fosse un Gigante della Morale; al contrario, la stima che il governato riserva al politico è decisamente in declino... Più il governato disprezza il politico, più gli chiede di decidere per lui, come risolvereil rompicapo? Per risolvere l' acrostico introdurrò il concetto di "mente servile"... Socrate pensava che l' elemento formativo della vita umana fosse la riflessione su cio' che si deve e cio' che non si deve fare... Il problema più evidente della democrazia contemporanea è che lo Stato previene sistematicament questa riflessione "spiazzandola", come direbbe un economista... Può la vita morale sopravvivere alla democrazia? E' la domanda che mi pongo in questo libro... Anche la felicità, se uno ci fa caso, è messa a rischio dallo Stato Etico: nel deliberare e nell' eseguire cio' che abbiamo deciso scopriamo a noi e al mondo chi siamo. Nella misura in cui veniamo espropriati di questa funzione c' è il rischio che appassisca in noi quell' elemento umano che ci rende individui dinamici e speranzosi, c' è il rischio che la nostra mente diventi sempre più una "mente servile"... Il vaccino al servilismo è, come la tradizione occidentale sa bene, l' individualismo, che non significa egoismo o narcisismo ma "mettere al centro la responsabilità individuale"... La condizione strutturale che crea "menti servili" deriva soprattutto da cio' che è noto come "welfare-dependency", ma anche da quella ragnatela di regolamentazioni fatta per proteggere l' auto-stima della parte "debole", una precettistica contorta che sortisce come effetto principale quello di "educare ad essere vittime" e che fa dilagare quella che è stata icasticamente definita "cultura del piagnisteo"... Ulteriore elemento di corruzione morale è il fatto che se A offende B, il responsabile spesso è C! (sintomatico il caso delle offese tra lavoratori fatte scontare al datore di lavoro che non ha creato un "ambiente armonioso")... Per svolgere questo ruolo di supplente e di guida etica, lo Stato drena una gran quantità di risorse ai cittadini, lasciando loro liberi di affrontare solo le decisioni più triviali... Ma l' abitudine a vivere sotto tutela a lungo andare erode anche la scorza morale più coriacea..."
Kenneth Minogue - The Servile Mind - 2010 (la maldestra traduzione è mia)
Mi appresto a leggere le 350 pagine in cui il luminare sciorina con cura i "danni etici" prodotti dalla democrazia moderna e dai governi sempre più ipertrofici che sforna.
Mi interessa anche lo studio delle dinamiche attraverso cui una società ricca possa alla lunga produrre "disperazione" attraverso l' esproprio di funzioni ritenute importanti per la formazione di un carattere. Chi non coglie un nesso con le recenti esagitate proteste studentesche? Sono manifestazioni di una "disperazione" a lungo pronosticata che piano piano comincia finalmente ad emergere.
"... la mia preoccupazione per le democrazie contemporane è forte... comincio con l' osservare che mentre un governo democratico dovrebbe consentire ai governati di tenere sotto controllo i governanti, in realtà oggi accade per lo più l' inverso, sono i governanti che riversano sui governati la loro occhiuta sorveglianza... la maggior parte dei governi occidentali è scontenta se fumo o se mangio cibi grassi o se bevo superalcolici e non manca di farmi sentire la sua disapprovazione attraverso chiassose campagne pubbliche... A quanto pare prendiamo in prestito troppo denaro e molti di noi sono cattivi genitori, il governo ce lo fa presente di continuo... Qualche Ministro tra poco ci consiglierà amabilmente di leggere una fiaba al nostro bimbo che si addormenta... Ancora, a quanto pare molti di noi non familiarizzano abbastanza con le altre etnie e questo dispiace ai governi i quali pensano che dovremmo farlo essendo la diversità un valore... Insomma, il politico dovrebbe rappresentarmi e invece sembra che si sia trasformato in un genitore che, avendo grandi progetti per il figlio, lo spinge incessantemente al "miglioramento" personale... Giocare d' azzardo e avere scarsa cura dei figli sono senz' altro condotte riprovevoli, ma andrebbe ricordato che sono "vizi". Il vizioso pagherà per le sue debolezze e si migliorerà: la vita è una maestra migliore dei politici... Nazionalizzare la vita morale di una persona è un passo rischioso, a volte verso il totalitarismo... Inoltre, saremmo più indulgenti se nelle vesti di "grillo parlante" ci fosse un Gigante della Morale; al contrario, la stima che il governato riserva al politico è decisamente in declino... Più il governato disprezza il politico, più gli chiede di decidere per lui, come risolvereil rompicapo? Per risolvere l' acrostico introdurrò il concetto di "mente servile"... Socrate pensava che l' elemento formativo della vita umana fosse la riflessione su cio' che si deve e cio' che non si deve fare... Il problema più evidente della democrazia contemporanea è che lo Stato previene sistematicament questa riflessione "spiazzandola", come direbbe un economista... Può la vita morale sopravvivere alla democrazia? E' la domanda che mi pongo in questo libro... Anche la felicità, se uno ci fa caso, è messa a rischio dallo Stato Etico: nel deliberare e nell' eseguire cio' che abbiamo deciso scopriamo a noi e al mondo chi siamo. Nella misura in cui veniamo espropriati di questa funzione c' è il rischio che appassisca in noi quell' elemento umano che ci rende individui dinamici e speranzosi, c' è il rischio che la nostra mente diventi sempre più una "mente servile"... Il vaccino al servilismo è, come la tradizione occidentale sa bene, l' individualismo, che non significa egoismo o narcisismo ma "mettere al centro la responsabilità individuale"... La condizione strutturale che crea "menti servili" deriva soprattutto da cio' che è noto come "welfare-dependency", ma anche da quella ragnatela di regolamentazioni fatta per proteggere l' auto-stima della parte "debole", una precettistica contorta che sortisce come effetto principale quello di "educare ad essere vittime" e che fa dilagare quella che è stata icasticamente definita "cultura del piagnisteo"... Ulteriore elemento di corruzione morale è il fatto che se A offende B, il responsabile spesso è C! (sintomatico il caso delle offese tra lavoratori fatte scontare al datore di lavoro che non ha creato un "ambiente armonioso")... Per svolgere questo ruolo di supplente e di guida etica, lo Stato drena una gran quantità di risorse ai cittadini, lasciando loro liberi di affrontare solo le decisioni più triviali... Ma l' abitudine a vivere sotto tutela a lungo andare erode anche la scorza morale più coriacea..."
Kenneth Minogue - The Servile Mind - 2010 (la maldestra traduzione è mia)
Mi appresto a leggere le 350 pagine in cui il luminare sciorina con cura i "danni etici" prodotti dalla democrazia moderna e dai governi sempre più ipertrofici che sforna.
Mi interessa anche lo studio delle dinamiche attraverso cui una società ricca possa alla lunga produrre "disperazione" attraverso l' esproprio di funzioni ritenute importanti per la formazione di un carattere. Chi non coglie un nesso con le recenti esagitate proteste studentesche? Sono manifestazioni di una "disperazione" a lungo pronosticata che piano piano comincia finalmente ad emergere.
Proust col trucco
Premessa: la "Recherche" è un capolavoro, e se non ti piace la colpa è tua. Quindi vedi di darti da fare.
***
Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta.
Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi.
Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo.
Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo.
Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia.
Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini.
Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio.
Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi.
Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il cadavere della loro disciplina volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto?
Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa.
Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata nelle quadrerie italiane.
Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie.
Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica.
Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano.
Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio.
Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata.
***
Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore.
Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie.
Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore?
Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli.
***
Ora provo a farne un autore di "fantascienza".
Le sue storie sarebbero ambientate in un "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani.
Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata.
E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità.
E' pure vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza).
E' ancora vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo.
Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo.
L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario.
Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. leggi il seguito per capire se racconto balle.
Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna.
Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo?
Facile, Proust.
E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)?
Risposta: io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo.
La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua.
***
In questo momento sto provando a buttarla sullo stile.
Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...".
Ma lo stile da solo puo' mai bastare?
Non è questo forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore?
Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla?
Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra.
Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale?
***
Ora mi viene un' idea.
Chi più dei personaggi proustiani potrebbero togliermi dalle canne?
Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazione con essa?
Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro.
Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale.
Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose domande si assembrerebbero al mio labbro, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani.
Sì, ma...
Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann.
Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali.
E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone!
Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema.
Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore.
E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann.
Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata.
Abbandono tutto e resto con la mia noia.
***
Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa?
Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia.
Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti.
Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, l' uomo in ammollo, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions a bordo della Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice.
Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...?
Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga?
E quando non colgo...mi annoio.
***
Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro.
Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi...
E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia.
***
Proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate.
Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino - e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm.
Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra.
E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse.
No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo.
E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto!
***
Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso.
Ma pensare a Proust è stato divertente.
Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente.
Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative.
C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo.
Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione.
Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia...
...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. Ma per stanarla bisogna passare in rassegna l' "ovunque", e sai che palle. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo.
Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile.
Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto.
***
Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta.
Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi.
Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo.
Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo.
Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia.
Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini.
Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio.
Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi.
Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il cadavere della loro disciplina volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto?
Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa.
Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata nelle quadrerie italiane.
Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie.
Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica.
Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano.
Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio.
Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata.
***
Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore.
Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie.
Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore?
Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli.
***
Ora provo a farne un autore di "fantascienza".
Le sue storie sarebbero ambientate in un "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani.
Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata.
E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità.
E' pure vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza).
E' ancora vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo.
Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo.
L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario.
Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. leggi il seguito per capire se racconto balle.
Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna.
Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo?
Facile, Proust.
E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)?
Risposta: io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo.
La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua.
***
In questo momento sto provando a buttarla sullo stile.
Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...".
Ma lo stile da solo puo' mai bastare?
Non è questo forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore?
Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla?
Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra.
Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale?
***
Ora mi viene un' idea.
Chi più dei personaggi proustiani potrebbero togliermi dalle canne?
Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazione con essa?
Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro.
Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale.
Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose domande si assembrerebbero al mio labbro, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani.
Sì, ma...
Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann.
Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali.
E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone!
Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema.
Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore.
E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann.
Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata.
Abbandono tutto e resto con la mia noia.
***
Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa?
Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia.
Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti.
Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, l' uomo in ammollo, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions a bordo della Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice.
Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...?
Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga?
E quando non colgo...mi annoio.
***
Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro.
Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi...
E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia.
***
Proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate.
Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino - e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm.
Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra.
E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse.
No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo.
E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto!
***
Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso.
Ma pensare a Proust è stato divertente.
Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente.
Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative.
C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo.
Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione.
Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia...
...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. Ma per stanarla bisogna passare in rassegna l' "ovunque", e sai che palle. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo.
Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile.
Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto.
martedì 21 dicembre 2010
L' affare della destra
Quando discuto con i miei di simpatie destrorsa sul diritto di cittadinanza da concedere eventualmente agli immigrati, tutti si ritraggono inorriditi: vuoi formare un esercito di pezzenti capaci solo di accumulare voti a sinistra?
Macchè voti a sinistra! Questo è solo un pregiudizio duro a morire.
Asiatici ed europei pendono stabilmente a destra; solo nord-africani e sudamericani guardano in prevalenza a sinistra.
E si puo' andare anche oltre se si analizza il motivo, del resto intuibile, di questo flirt tra destra ed immigrati:
... se i partiti conservatori propongono una gestione dell' immigrazione realistica, umanitaria e ragionevole, diventano rapidamente attraenti per un gran numero di immigrati. Perché molti dei valori tradizionali della destra sono gli stessi che hanno spinto gli immigrati a lasciare il loro Paese, come la forza della famiglia, o il mito dell' uomo che "si è fatto da solo"...
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/06/Extracomunitari_solo_Sinistra_non_Affatto_co_9_101206017.shtml
Macchè voti a sinistra! Questo è solo un pregiudizio duro a morire.
Asiatici ed europei pendono stabilmente a destra; solo nord-africani e sudamericani guardano in prevalenza a sinistra.
E si puo' andare anche oltre se si analizza il motivo, del resto intuibile, di questo flirt tra destra ed immigrati:
... se i partiti conservatori propongono una gestione dell' immigrazione realistica, umanitaria e ragionevole, diventano rapidamente attraenti per un gran numero di immigrati. Perché molti dei valori tradizionali della destra sono gli stessi che hanno spinto gli immigrati a lasciare il loro Paese, come la forza della famiglia, o il mito dell' uomo che "si è fatto da solo"...
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/06/Extracomunitari_solo_Sinistra_non_Affatto_co_9_101206017.shtml
Giornalismo d' inchiesta
Diciamolo, da noi esiste un po' il mito del "giornalismo d' inchiesta" americano, è una pratica benemerita finchè non strizza l' occhio al "complottismo", altra mania mai sopita dalle nostre parti.
Recentemente, il format preferito dai cultori del genere è stato la docu-fiction.
Il problema maggiore con la docu-fiction è che non si capisce mai bene cosa sia "docu" e cosa sia "fiction".
Prendiamo il nostro amico Michael Moore, campione simultaneo di inchieste e "complottismo".
Ricordate il bisturi tagliente con il quale ispezionava lo stato della sanità americana? Il punto di forza era l' imbarazzante confronto con gli splendori cubani.
Ma...
Che figuraccia per Michael Moore. E per colpa di suoi due amici, poi: Fidel Castro, il dittatore davanti al quale il regista usa prosternarsi con reciproca soddisfazione, e Julian Assange, per la cui libertà Moore sta firmando, ironia della sorte, appelli e petizioni. Che figuraccia, perché da uno dei cablo intercettati e resi pubblici da WikiLeaks, si apprende che il regime castrista aveva vietato negli anni scorsi nei cinema dell' Avana la proiezione di Sicko, il film con cui Michael Moore voleva dimostrare che la sanità socialista cubana era di gran lunga migliore di quella capitalistica «amerikana». La solita denuncia delle malefatte dell' imperialismo yankee e la solita glorificazione della tirannia castrista, descritta come un paradiso sanitario in lotta perenne contro il mostro di Washington. Ma come, se era un panegirico perché allora i burocrati cubani ne hanno vietato la diffusione? Se era una mediocre operazione di servilismo filo-castrista, molto frequente nel cinema americano (da Oliver Stone a Sean Penn), perché mai i censori comunisti dell' Avana si sono premurati di proibirlo? La spiegazione, messa in evidenza dai dispacci resi pubblici da Assange, ha del paradossale. Ma è vera. Si è appreso infatti che Moore, a dimostrazione dell' eccellenza della sanità cubana, ha girato il suo filmetto nelle cliniche esclusivamente riservate ai papaveri del Partito, alla cricca al potere che nei Paesi del socialismo reale viene comunemente definita nomenclatura. I grandi ospedali descritti da Moore erano i luoghi del privilegio da cui erano esclusi tutti gli altri poveri cubani. Ecco la ragione del divieto: la popolazione cubana, vedendo le scene riprese da Moore per fare un favore al regime, si sarebbe molto inalberata nel constatare le condizioni dorate della nomenclatura. Meglio proibire. Meglio censurare. Per Moore una figuraccia. Tutta una vita a mostrarsi coraggioso e indipendente, ed è bastato un cablo a dimostrare di che pasta è veramente fatto il vendicatore dei torti americani e il cantore delle dittature: all' Avana sì, ma solo con i dollari. E le bugie.
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/21/Servilismo_diventa_Trappola_Michael_Moore_co_9_101221049.shtml
Peccato che questi "ma" arrivano solo dopo anni, quando ormai il "dibattito" è morto e sepolto e il nostro eroe si è già lanciato verso nuove imprese demistificatorie.
Con certa gente i "ma" arrivano tardi... "ma" sempre.
Recentemente, il format preferito dai cultori del genere è stato la docu-fiction.
Il problema maggiore con la docu-fiction è che non si capisce mai bene cosa sia "docu" e cosa sia "fiction".
Prendiamo il nostro amico Michael Moore, campione simultaneo di inchieste e "complottismo".
Ricordate il bisturi tagliente con il quale ispezionava lo stato della sanità americana? Il punto di forza era l' imbarazzante confronto con gli splendori cubani.
Ma...
Che figuraccia per Michael Moore. E per colpa di suoi due amici, poi: Fidel Castro, il dittatore davanti al quale il regista usa prosternarsi con reciproca soddisfazione, e Julian Assange, per la cui libertà Moore sta firmando, ironia della sorte, appelli e petizioni. Che figuraccia, perché da uno dei cablo intercettati e resi pubblici da WikiLeaks, si apprende che il regime castrista aveva vietato negli anni scorsi nei cinema dell' Avana la proiezione di Sicko, il film con cui Michael Moore voleva dimostrare che la sanità socialista cubana era di gran lunga migliore di quella capitalistica «amerikana». La solita denuncia delle malefatte dell' imperialismo yankee e la solita glorificazione della tirannia castrista, descritta come un paradiso sanitario in lotta perenne contro il mostro di Washington. Ma come, se era un panegirico perché allora i burocrati cubani ne hanno vietato la diffusione? Se era una mediocre operazione di servilismo filo-castrista, molto frequente nel cinema americano (da Oliver Stone a Sean Penn), perché mai i censori comunisti dell' Avana si sono premurati di proibirlo? La spiegazione, messa in evidenza dai dispacci resi pubblici da Assange, ha del paradossale. Ma è vera. Si è appreso infatti che Moore, a dimostrazione dell' eccellenza della sanità cubana, ha girato il suo filmetto nelle cliniche esclusivamente riservate ai papaveri del Partito, alla cricca al potere che nei Paesi del socialismo reale viene comunemente definita nomenclatura. I grandi ospedali descritti da Moore erano i luoghi del privilegio da cui erano esclusi tutti gli altri poveri cubani. Ecco la ragione del divieto: la popolazione cubana, vedendo le scene riprese da Moore per fare un favore al regime, si sarebbe molto inalberata nel constatare le condizioni dorate della nomenclatura. Meglio proibire. Meglio censurare. Per Moore una figuraccia. Tutta una vita a mostrarsi coraggioso e indipendente, ed è bastato un cablo a dimostrare di che pasta è veramente fatto il vendicatore dei torti americani e il cantore delle dittature: all' Avana sì, ma solo con i dollari. E le bugie.
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/21/Servilismo_diventa_Trappola_Michael_Moore_co_9_101221049.shtml
Peccato che questi "ma" arrivano solo dopo anni, quando ormai il "dibattito" è morto e sepolto e il nostro eroe si è già lanciato verso nuove imprese demistificatorie.
Con certa gente i "ma" arrivano tardi... "ma" sempre.
Spiegare tutto? Facile!
L' evoluzionsmo puo' spiegare la musica, la bellezza, la letteratura?
Sì, perchè l' evoluzionismo, ricorrendo a spiegazioni banali, puo' spiegare tutto. Forse per quello esalta tanto noi dilettanti:
And the explanations really are as absurd... precisely because they are looking to explain something that they have not defined. Until you define what music is, and how it differs from pitched sound, for example, you will not know what question you are asking, when you inquire into its origins. Until you recognize that the human sense of beauty is a completely different thing from the peahen’s sexual attraction, you won’t know what, if anything, is proved by the sparse similarities...
Worse, the whole “adaptation” approach to human phenomena is topsy-turvy. It involves a mechanical application, case by case, of the theory of natural selection, as supplemented by modern genetics. It tells us that, if a trait is widespread across our species, then it has been “selected for.” But this means only that the trait is not maladaptive, that it is not something that would disappear under evolutionary pressure. And that is a trivial observation. Everything that exists could be said to be not dysfunctional. That tells us nothing about how the thing in question came to exist. Nor does it tell us anything about its meaning or significance for us.
Consider mathematics. There is no doubt that this is not maladaptive. A creature with mathematical competence is not likely to suffer from this trait in such a way as to impair its reproductive chances. Does this mean that we have at last got a theory of mathematics — a theory of what it is, why it exists, and what it means for us?...
Sì, perchè l' evoluzionismo, ricorrendo a spiegazioni banali, puo' spiegare tutto. Forse per quello esalta tanto noi dilettanti:
And the explanations really are as absurd... precisely because they are looking to explain something that they have not defined. Until you define what music is, and how it differs from pitched sound, for example, you will not know what question you are asking, when you inquire into its origins. Until you recognize that the human sense of beauty is a completely different thing from the peahen’s sexual attraction, you won’t know what, if anything, is proved by the sparse similarities...
Worse, the whole “adaptation” approach to human phenomena is topsy-turvy. It involves a mechanical application, case by case, of the theory of natural selection, as supplemented by modern genetics. It tells us that, if a trait is widespread across our species, then it has been “selected for.” But this means only that the trait is not maladaptive, that it is not something that would disappear under evolutionary pressure. And that is a trivial observation. Everything that exists could be said to be not dysfunctional. That tells us nothing about how the thing in question came to exist. Nor does it tell us anything about its meaning or significance for us.
Consider mathematics. There is no doubt that this is not maladaptive. A creature with mathematical competence is not likely to suffer from this trait in such a way as to impair its reproductive chances. Does this mean that we have at last got a theory of mathematics — a theory of what it is, why it exists, and what it means for us?...
Cos' è il sesso?
Ci sono varie concezioni in merito, per capire da che parte state potrebbe essere utile sottoporsi ad un esperimento mentale.
Considerate una donna che "faccia l' amore" (o "faccia sesso") con un uomo che si finge suo marito - mentre magari è... suo padre. Domanda: possiamo considerarla vittima di uno stupro?
Se il sesso fosse, come diceva Freud, "qualcosa" che riguarda i genitali, è difficile giungere ad una conclusione affermativa. Al limite si tratta di un semplice inganno.
Limitando l' analisi alle "sensazioni", la donna ha accettato quel che provava, magari lo ha fatto anche in modo entusiastico. D' altronde, possiamo benissimo supporre che l' uomo fosse disposto a fermarsi di fronte alla minima resistenza.
Se invece siete orientati a considerare tutto cio' alla stregua di uno stupro, allora per voi contano molto le "intenzioni", ovvero l' elemento immateriale del sesso. Vogliamo chiamarlo " elemento spirituale" o l' espressione suona troppo desueta?
Oggi (in reltà dai tempi di Freud) siamo tutti allegramente imbarcati sulla nave "materialista", ma forse non ci rendiamo bene conto fino in fondo di cosa cio' implichi.
Una cosa è certa, se siete per l' ipotesi-stupro, cercate perlomeno di limitare l' uso della locuzione "fare sesso".
Considerate una donna che "faccia l' amore" (o "faccia sesso") con un uomo che si finge suo marito - mentre magari è... suo padre. Domanda: possiamo considerarla vittima di uno stupro?
Se il sesso fosse, come diceva Freud, "qualcosa" che riguarda i genitali, è difficile giungere ad una conclusione affermativa. Al limite si tratta di un semplice inganno.
Limitando l' analisi alle "sensazioni", la donna ha accettato quel che provava, magari lo ha fatto anche in modo entusiastico. D' altronde, possiamo benissimo supporre che l' uomo fosse disposto a fermarsi di fronte alla minima resistenza.
Se invece siete orientati a considerare tutto cio' alla stregua di uno stupro, allora per voi contano molto le "intenzioni", ovvero l' elemento immateriale del sesso. Vogliamo chiamarlo " elemento spirituale" o l' espressione suona troppo desueta?
Oggi (in reltà dai tempi di Freud) siamo tutti allegramente imbarcati sulla nave "materialista", ma forse non ci rendiamo bene conto fino in fondo di cosa cio' implichi.
Una cosa è certa, se siete per l' ipotesi-stupro, cercate perlomeno di limitare l' uso della locuzione "fare sesso".
lunedì 20 dicembre 2010
L' immaginifico fascista
L' Immaginifico Fascista.
***intro***
In tema di libri, l' ultimo stimolante solletico sotto l' ascella non me l' ha elargito Fahre, bensì Damasco.
In una recente trasmissione lo scrittore D' Alessandro è riuscito nella facile e meritoria impresa di liberare via etere il carisma di Mr. Pound.
Le sapide chiose, unite alla solenne lettura del Canto 45 (o "Canto dell' Usura"), hanno compiuto il mini-miracolo radiofonico.
In tutto il Belpaese, e anche nella mia casetta rossa, ha vibrato l' inconfondibile voce effondendo ovunque il suo classico timbro tonante ed ancestrale.
E' la voce del tamburo suonato dalla tribù che ci scotennerà. Niente pastette con quell' Essere che mugghia da una grotta posta al centro della terra.
***volo***
Con il pullulare di narratori dal rigo sfumato e tremebondo - un rigo serpentello che si aggira circospetto nel bianco deserto della pagina, sempre dedito alle retromarce, sempre pronto a ricavare ovunque uscite di sicurezza - è una boccata d' aria fresca vedere all' opera chi, quella stessa pagina, la schiavizza asservendola all' alto proclama di cui è degno ambasciatore.
L' incedere assertivo è quello di un bulldozer che appiattisce le incertezze e schianta le titubanze della cognizione moderna (la stessa che ha partorito ed è ora vittima di "Usura").
Queste bordate che annichiliscono il perplesso ci arrivano da epoche remote, fuori dalla storia.
Una parola ferma, scolpita, deliricizzata. Che è lì da sempre ma che ci rende l' alto onore di opacizzarsi di fronte a noi.
La sua solitudine la nobilita, non è appendice di alcun pensiero.
Purchè arginata, anche la sua incomprensibilità e l' arcano riferimento sono funzionali all' effetto complessivo. Ti svuota lo stomaco, come un decollo problematico del Jumbo, come quando manchi un gradino in sogno.
***cronaca***
Dopo il primo quarto d' ora di trasmissione il drago già emetteva la sua iridescente sfiammata.
E' stato allora che sono scattati tutti insieme gli allarmi di Via Asiago.
Il povero D'Alessandro, colto da un eccesso di zelo, ha cominciato ad ammonire, ad avvisare, ad intimare, ad avvertire urbi et orbi: andava operata un' immediata, imperativa e radicale scissione tra l' inarrivabile Poeta e il fiero Nazifascista.
E non parlo di un fascistello che si limitò a firmare qualche circolare di troppo tanto per non mettere a repentaglio lo stipendio del 27. No. Parlo dell' entusiasta ideologo e del tardivo aderente.
Tardivo: quando ormai la maschera del mostro era giù calata da molto e il peggio del peggio era già alla luce ben in vista.
Secondo D' Alessandro la "scissione" è possibile.
A dire del conduttore infatti, dimenticarsi completamente della nefanda esistenza di questo orco non inficierebbe in alcun modo la lettura della sua opera.
D' altronde il concetto di "Usura" puo' essere ricondotto al concetto più tranquillizzante di "Sfruttamento dell' Uomo sull' Uomo", di "Dominio dell' Economia sulla Bellezza".
Il contrario dell' "Usura" è quella Libertà creativa attraverso cui ogni spirito umano si compie appieno rompendo le catene del bisogno ed entrando in magica armonia con la natura.
Esistono forse concettualizzazioni più domestiche e innocue?
Il canto 45, di conseguenza, non sarebbe altro che l' espressione vivida di queste nozioni, fatta in uno stile fino ad allora inaudito.
Sarà...
***paradosso***
Ma, mi chiedo io: anche prendendo il messaggio poundiano così rielaborato...anzi, ancora di più se lo considero precisato come sopra, esiste forse contenuto migliore per un Canto Fazzista?
No. Le due cose si sposano a meraviglia assistendosi reciprocamente in un Matrimonio da sogno dove tutti vissero felici e contenti.
Se guardo al Poeta - l' occhio sbarrato intento a pronunciare parole definitive, la possente scultura del suo pennino, la voce pindarica così versata a dire l' apodittico, la postura marmorea e impettita - lo colloco con naturalezza su un balcone di Piazza Venezia che stia almeno dieci piani sopra quello del suo adorato Duce.
Dieci piani sopra, ma il condominio è quello.
***esempi***
Faccio qualche parallelo.
Se mai esiste una forma di "ispirazione" anche per il fruitore dell' opera d' arte, allora confesserò che il ricordo della fine di Hendrix mi corrobora un casino mentre resto esposto alle performances del chitarrista negro.
Il solo di Woodoo Chile mi teletrasporta in un cesso della Centrale dove un eroinomane è in preda ad orribili spasmi testoriani. Molto espressivo.
Ma per dare nitore ad un simile trip, bisogna che Jimi impugni sia la Stratocaster che la fedele Siringa.
Avanto con il prossimo: e perchè mai dovrei rinunciare a sorreggere la mia ammirazione per Majakovskij rifiutando di pensarlo come un selvaggio comunista in preda a deliri rivoluzionari?
Sento che questa rinuncia mi nuocerebbe e mi renderebbe meno ricettivo! Che mi farebbe notare perfino un certo suo semplicismo che fino ad oggi ho volutamente trascurato senza fatica.
Potrei continuare all' infinito, ma se non mi sono spiegato con i pochi ed eterogenei esempi già prodotti, non riuscirei mai a farlo.
***cadenza***
A volte ho l' impressione che Pound si sia dedicato alla meticolosa accumulazione di colpevolezze per far esplodere più fragorosamente il suo fragoroso petardo.
E chi siamo io e D'Alessandro per sabotargli questa sfolgorante ed efficace scenografia che il tapino ha pagato tanto cara?
***intro***
In tema di libri, l' ultimo stimolante solletico sotto l' ascella non me l' ha elargito Fahre, bensì Damasco.
In una recente trasmissione lo scrittore D' Alessandro è riuscito nella facile e meritoria impresa di liberare via etere il carisma di Mr. Pound.
Le sapide chiose, unite alla solenne lettura del Canto 45 (o "Canto dell' Usura"), hanno compiuto il mini-miracolo radiofonico.
In tutto il Belpaese, e anche nella mia casetta rossa, ha vibrato l' inconfondibile voce effondendo ovunque il suo classico timbro tonante ed ancestrale.
E' la voce del tamburo suonato dalla tribù che ci scotennerà. Niente pastette con quell' Essere che mugghia da una grotta posta al centro della terra.
***volo***
Con il pullulare di narratori dal rigo sfumato e tremebondo - un rigo serpentello che si aggira circospetto nel bianco deserto della pagina, sempre dedito alle retromarce, sempre pronto a ricavare ovunque uscite di sicurezza - è una boccata d' aria fresca vedere all' opera chi, quella stessa pagina, la schiavizza asservendola all' alto proclama di cui è degno ambasciatore.
L' incedere assertivo è quello di un bulldozer che appiattisce le incertezze e schianta le titubanze della cognizione moderna (la stessa che ha partorito ed è ora vittima di "Usura").
Queste bordate che annichiliscono il perplesso ci arrivano da epoche remote, fuori dalla storia.
Una parola ferma, scolpita, deliricizzata. Che è lì da sempre ma che ci rende l' alto onore di opacizzarsi di fronte a noi.
La sua solitudine la nobilita, non è appendice di alcun pensiero.
Purchè arginata, anche la sua incomprensibilità e l' arcano riferimento sono funzionali all' effetto complessivo. Ti svuota lo stomaco, come un decollo problematico del Jumbo, come quando manchi un gradino in sogno.
***cronaca***
Dopo il primo quarto d' ora di trasmissione il drago già emetteva la sua iridescente sfiammata.
E' stato allora che sono scattati tutti insieme gli allarmi di Via Asiago.
Il povero D'Alessandro, colto da un eccesso di zelo, ha cominciato ad ammonire, ad avvisare, ad intimare, ad avvertire urbi et orbi: andava operata un' immediata, imperativa e radicale scissione tra l' inarrivabile Poeta e il fiero Nazifascista.
E non parlo di un fascistello che si limitò a firmare qualche circolare di troppo tanto per non mettere a repentaglio lo stipendio del 27. No. Parlo dell' entusiasta ideologo e del tardivo aderente.
Tardivo: quando ormai la maschera del mostro era giù calata da molto e il peggio del peggio era già alla luce ben in vista.
Secondo D' Alessandro la "scissione" è possibile.
A dire del conduttore infatti, dimenticarsi completamente della nefanda esistenza di questo orco non inficierebbe in alcun modo la lettura della sua opera.
D' altronde il concetto di "Usura" puo' essere ricondotto al concetto più tranquillizzante di "Sfruttamento dell' Uomo sull' Uomo", di "Dominio dell' Economia sulla Bellezza".
Il contrario dell' "Usura" è quella Libertà creativa attraverso cui ogni spirito umano si compie appieno rompendo le catene del bisogno ed entrando in magica armonia con la natura.
Esistono forse concettualizzazioni più domestiche e innocue?
Il canto 45, di conseguenza, non sarebbe altro che l' espressione vivida di queste nozioni, fatta in uno stile fino ad allora inaudito.
Sarà...
***paradosso***
Ma, mi chiedo io: anche prendendo il messaggio poundiano così rielaborato...anzi, ancora di più se lo considero precisato come sopra, esiste forse contenuto migliore per un Canto Fazzista?
No. Le due cose si sposano a meraviglia assistendosi reciprocamente in un Matrimonio da sogno dove tutti vissero felici e contenti.
Se guardo al Poeta - l' occhio sbarrato intento a pronunciare parole definitive, la possente scultura del suo pennino, la voce pindarica così versata a dire l' apodittico, la postura marmorea e impettita - lo colloco con naturalezza su un balcone di Piazza Venezia che stia almeno dieci piani sopra quello del suo adorato Duce.
Dieci piani sopra, ma il condominio è quello.
***esempi***
Faccio qualche parallelo.
Se mai esiste una forma di "ispirazione" anche per il fruitore dell' opera d' arte, allora confesserò che il ricordo della fine di Hendrix mi corrobora un casino mentre resto esposto alle performances del chitarrista negro.
Il solo di Woodoo Chile mi teletrasporta in un cesso della Centrale dove un eroinomane è in preda ad orribili spasmi testoriani. Molto espressivo.
Ma per dare nitore ad un simile trip, bisogna che Jimi impugni sia la Stratocaster che la fedele Siringa.
Avanto con il prossimo: e perchè mai dovrei rinunciare a sorreggere la mia ammirazione per Majakovskij
Sento che questa rinuncia mi nuocerebbe e mi renderebbe meno ricettivo! Che mi farebbe notare perfino un certo suo semplicismo che fino ad oggi ho volutamente trascurato senza fatica.
Potrei continuare all' infinito, ma se non mi sono spiegato con i pochi ed eterogenei esempi già prodotti, non riuscirei mai a farlo.
***cadenza***
A volte ho l' impressione che Pound si sia dedicato alla meticolosa accumulazione di colpevolezze per far esplodere più fragorosamente il suo fragoroso petardo.
E chi siamo io e D'Alessandro per sabotargli questa sfolgorante ed efficace scenografia che il tapino ha pagato tanto cara?
Landsburg e Pratesi
Ricordate l' uscita di Fulco Pratesi?: sono ecologista e quindi mi lavo una volta ogni sette giorni.
Nel ragionamento "verde" c' è qualcosa che non va; il miglior modo di farlo capire senza dirlo esplicitamente l' ha escogitato il solito Landsbourg (cito da "fair play")
"My daughter Cayley's teachers have pronounced from on high that because water is valuable to others, we should be exceptionally frugal with it… Yet teachers rarely argue that “because building supplies are valuable to others, we ought to build fewer schools”; even more rarely do they argue that “because skilled workers are valuable in industry, we ought to have fewer teachers.”
Nel ragionamento "verde" c' è qualcosa che non va; il miglior modo di farlo capire senza dirlo esplicitamente l' ha escogitato il solito Landsbourg (cito da "fair play")
"My daughter Cayley's teachers have pronounced from on high that because water is valuable to others, we should be exceptionally frugal with it… Yet teachers rarely argue that “because building supplies are valuable to others, we ought to build fewer schools”; even more rarely do they argue that “because skilled workers are valuable in industry, we ought to have fewer teachers.”
venerdì 17 dicembre 2010
Arte invisibile
link
link
http://www.thesun.co.uk/sol/homepage/news/3256046/Taxpayers-cash-spent-on-invisible-art.html
Etichette:
Bach,
canadian brass band,
john lenon,
nico-,
orchestra trenet,
otello profazio,
plastic ono band,
playlist del venerdì,
quartetto benedetti mechelangeli,
Steve Beresford
Scuole private e test Invalsi e Pisa
Per non fare confusione: http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2010/12/13/SCUOLA-Le-paritarie-abbassano-il-livello-solo-un-idea-falsa-di-Repubblica/1/133355/
giovedì 16 dicembre 2010
Donne arruolate
In una recente intervista il filosofo conservatore Roger Scruton bollava come assurdo il concetto di "genere", i vecchi concetti legati alla "sessualità" tradizionale sono più che sufficienti per trattare certe faccende.
"Genere" è un concetto culturale mentre "sesso" un concetto biologico. Il "genere" si sceglie, il sesso no.
Ma qualcuno pensa davvero che Scruton abbia difficoltà a concepire influssi culturali legati al sesso? No, ovviamente.
E allora, perchè mai introdurre un nuovo termine ("genere") con allegati i cosiddetti "gender studies"?
Dietro la rinnovata terminologia c' è una tesi ben precisa: cio' che chiamiamo "influsso culturale" è, ed è sempre stato nella storia, l' inganno riuscito attraverso cui la "classe dei maschi" ha sottomesso e sfruttato la "classe delle femmine".
Parlo di "classe" non a caso, vista l' ascendenza marxista dei "gender studies" che guardano alla storia come ad una lotta (a somma zero) tra maschi e femmine traendo la loro strumentazione teorica da chi vi ha visto in precedenza una lotta continua tra tra padroni e proletari.
La donna che non ammette questo conflitto, molto semplicemente non puo' essere arruolata tra le "femministe".
L' alternativa liberale è infatti di considerare i differenti ruoli sociali che si presentano nella storia come una modalità condivisa di organizzare razionalmente la società sulla base delle differenze sessuali che di fatto esistono.
Per esempio, se la punizione in seguito ad adulterio è più severa per le donne, questo non è indice di vessazione ma riflette il danno maggiore che procura l' infedeltà femminile (mantenere per una vita un figlio non mio ha costi molto alti).
Altro esempio, il ruolo domestico della donna rifletteva sia le modalità della maternità, sia la qualità dei lavori esistenti, basati innanzitutto sulla forza fisica.
Nessuna congiura, quindi.
Ora, chi ritiene che la cultura passata sia stata perlopiù un inganno attraverso cui vessare la donna, ritiene anche che occorra combatterla ora con gli strumenti propri della cultura, ovvero "rettificando" le parole e costruendo un linguaggio "politically correct" che serva alla bisogna.
Per chi ritiene invece che la cultura passata rispecchi un sincero sforzo di organizzazione sociale, una battaglia del genere è assurda: saranno le mutate condizioni di fatto a mutare i ruoli e i comportamenti degli attori sociali.
"Genere" è un concetto culturale mentre "sesso" un concetto biologico. Il "genere" si sceglie, il sesso no.
Ma qualcuno pensa davvero che Scruton abbia difficoltà a concepire influssi culturali legati al sesso? No, ovviamente.
E allora, perchè mai introdurre un nuovo termine ("genere") con allegati i cosiddetti "gender studies"?
Dietro la rinnovata terminologia c' è una tesi ben precisa: cio' che chiamiamo "influsso culturale" è, ed è sempre stato nella storia, l' inganno riuscito attraverso cui la "classe dei maschi" ha sottomesso e sfruttato la "classe delle femmine".
Parlo di "classe" non a caso, vista l' ascendenza marxista dei "gender studies" che guardano alla storia come ad una lotta (a somma zero) tra maschi e femmine traendo la loro strumentazione teorica da chi vi ha visto in precedenza una lotta continua tra tra padroni e proletari.
La donna che non ammette questo conflitto, molto semplicemente non puo' essere arruolata tra le "femministe".
L' alternativa liberale è infatti di considerare i differenti ruoli sociali che si presentano nella storia come una modalità condivisa di organizzare razionalmente la società sulla base delle differenze sessuali che di fatto esistono.
Per esempio, se la punizione in seguito ad adulterio è più severa per le donne, questo non è indice di vessazione ma riflette il danno maggiore che procura l' infedeltà femminile (mantenere per una vita un figlio non mio ha costi molto alti).
Altro esempio, il ruolo domestico della donna rifletteva sia le modalità della maternità, sia la qualità dei lavori esistenti, basati innanzitutto sulla forza fisica.
Nessuna congiura, quindi.
Ora, chi ritiene che la cultura passata sia stata perlopiù un inganno attraverso cui vessare la donna, ritiene anche che occorra combatterla ora con gli strumenti propri della cultura, ovvero "rettificando" le parole e costruendo un linguaggio "politically correct" che serva alla bisogna.
Per chi ritiene invece che la cultura passata rispecchi un sincero sforzo di organizzazione sociale, una battaglia del genere è assurda: saranno le mutate condizioni di fatto a mutare i ruoli e i comportamenti degli attori sociali.
Svezia: non prendiamoci il peggio!
All' inizio degli anni novanta la Svezia era un paese sull' orlo del baratro, oggi la situazione è cambiata decisamente in meglio, che lezione possiamo trarne?
La ricetta della resurrezione svedese non andrebbe dispersa: basse tasse alle imprese, privatizzazioni (a cominciare dalle scuole) e deregolamentazione dei mercati.
Eppure, chissà perchè, quando si addita la Svezia a modello molti finiscono per ammirare la pesante zavorra che stava affondando il paese.
Per i dettagli cedo la parola ad Andreas Bergh: http://reason.tv/video/show/andreas-bergh-inteview.
Interessanti sono anche le considerazioni sull' origine della ricchezza svedese:
"The Nordic nation became rich between 1870 and 1970 when government was very small, but then began to stagnate as welfare state policies were implemented in the 1970s and 1980s"
Una cosa mi ha stupito:
Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford -- so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them... (http://dissectleft.blogspot.com/2005_09_04_dissectleft_archive.html#112601329474472881).
Un dato che sembra collimare con il concetto di "bureaugamia" introdotto da Christina Hoff Sommers: le donne che si consideravano "matenute" dal marito ora sono "mantenute" dallo Stato: dalla padella alla brace.
add: tra USA e Svezia c' è differenza nella distribuzione dei redditi ma non poi così tanta nella distribuzione della ricchezza.
La ricetta della resurrezione svedese non andrebbe dispersa: basse tasse alle imprese, privatizzazioni (a cominciare dalle scuole) e deregolamentazione dei mercati.
Eppure, chissà perchè, quando si addita la Svezia a modello molti finiscono per ammirare la pesante zavorra che stava affondando il paese.
Per i dettagli cedo la parola ad Andreas Bergh: http://reason.tv/video/show/andreas-bergh-inteview.
Interessanti sono anche le considerazioni sull' origine della ricchezza svedese:
"The Nordic nation became rich between 1870 and 1970 when government was very small, but then began to stagnate as welfare state policies were implemented in the 1970s and 1980s"
Una cosa mi ha stupito:
Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford -- so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them... (http://dissectleft.blogspot.com/2005_09_04_dissectleft_archive.html#112601329474472881).
Un dato che sembra collimare con il concetto di "bureaugamia" introdotto da Christina Hoff Sommers: le donne che si consideravano "matenute" dal marito ora sono "mantenute" dallo Stato: dalla padella alla brace.
add: tra USA e Svezia c' è differenza nella distribuzione dei redditi ma non poi così tanta nella distribuzione della ricchezza.
mercoledì 15 dicembre 2010
Meditazione libertaria sul Vangelo del 19 dicembre
Vangelo secondo Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
A Maria viene annunciata la futura miracolosa maternità.
Gran parte di questa esperienza si ripete in tutte le donne poichè tutte le maternità hanno in sè qualcosa di miracoloso: nel ventre prende forma un corpo ma si cala anche un' anima dalla provenienza misteriosa. Spiegare l' incarnazione di una libertà è impresa vana, su questo fronte la resa cognitiva e l' accettazione del miracolo non ha nulla di disonorevole.
Tuttavia, oggigiorno vegliare attivi su questo miracolo, un onere e un privilegio concesso dalla natura in primis alla donna, è considerato invece fonte di umiliazione e di assoggettamento tarpante.
La maternità incatena mentre "il lavoro nobilità", non sono in pochi coloro che, vittimizzandosi, gridano questo slogan dalla sinistra reminiscenza.
Madre e Lavoratrice, Maria ha svolto entrambi i compiti nobilitandoli anche quando erano umili. Sarebbe da stupidi sacrificare un ruolo sull' altare dell' altro.
Addendo: sia chiaro, non sono tra coloro i quali pensano che una donna si privi senza rimedio di una gamma di sensazioni e affetti per il fatto di non essere mamma. E lo dico per esperienza: io oggi sono padre, ed è una sensazione bellissima, ma millanterei se dicessi di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto. Penso che per le donne valga lo stesso: una vita interiore intensa ti porta ovunque. la Grazia è dappertutto e lo dimostra continuamente.
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
A Maria viene annunciata la futura miracolosa maternità.
Gran parte di questa esperienza si ripete in tutte le donne poichè tutte le maternità hanno in sè qualcosa di miracoloso: nel ventre prende forma un corpo ma si cala anche un' anima dalla provenienza misteriosa. Spiegare l' incarnazione di una libertà è impresa vana, su questo fronte la resa cognitiva e l' accettazione del miracolo non ha nulla di disonorevole.
Tuttavia, oggigiorno vegliare attivi su questo miracolo, un onere e un privilegio concesso dalla natura in primis alla donna, è considerato invece fonte di umiliazione e di assoggettamento tarpante.
La maternità incatena mentre "il lavoro nobilità", non sono in pochi coloro che, vittimizzandosi, gridano questo slogan dalla sinistra reminiscenza.
Madre e Lavoratrice, Maria ha svolto entrambi i compiti nobilitandoli anche quando erano umili. Sarebbe da stupidi sacrificare un ruolo sull' altare dell' altro.
Addendo: sia chiaro, non sono tra coloro i quali pensano che una donna si privi senza rimedio di una gamma di sensazioni e affetti per il fatto di non essere mamma. E lo dico per esperienza: io oggi sono padre, ed è una sensazione bellissima, ma millanterei se dicessi di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto. Penso che per le donne valga lo stesso: una vita interiore intensa ti porta ovunque. la Grazia è dappertutto e lo dimostra continuamente.
Eureka!
Cosa determina il successo di una persona nel mondo moderno?
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
lunedì 13 dicembre 2010
Sei idee di giustizia
Sono quelle in campo oggi. Innanzitutto un elenchino il più scheletrico possibile.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
Etichette:
destra libertaria,
destra/sinistra,
etica teorie della giustizia,
fisco teoria generale,
ideologia,
mankiw,
rawls,
Shapley,
utilitarismo controesempi,
utilitarismo etica
Teoria generale del fisco
Un' introduzione chiara e di sostanza.
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Shrek
Ho rivisto due volte l' inizio ma ancora mi sfugge l' essenziale.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
Iscriviti a:
Post (Atom)