venerdì 16 marzo 2012

La migrazione degli zombi

cinecluMi piacciono gli zombi ma aborro i film horror. Che fare?

Clemens Behr

Niente paura, da qualche decennio i morti viventi stanno evacuando dalle storie truculente: esiste un filone di film d’ autore tutt’ altro che horror, ma non per questo meno zeppo di “zombi”.

Pensando a una possibile genealogia mi viene da fare i nomi di Kaurismaki e Jarmush (qualcuno c’ infila i Coen). L’ umanità che popola le storie del primo, appena fuoriuscita dal frigorifero sovietico, osserva col ghiacciolo che pende dal naso un mondo che hanno sognato a lungo e che ora sfreccia loro accanto senza degnarli di uno sguardo. Quella del secondo, anziché uscire, entra invece in un esilio letargico trovando un certo sollievo nell’ anticipare il proprio trapasso verso dimensioni più… “anaffettive”.

Oggi alla sparuta pattuglia si unisce il nostrano Sorrentino.

Qui Cheyenne, lo zombi, vince una partita a ping pong in una scena epocale (l’ epoca è quella del “banale memorabile”). Nulla da invidiare alle gag dei portieri scemi di Mistery Train.

Qui lo zombi fatto e finito canta con un aspirante zombi:

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Da un po’ di tempo la “pattuglia” ha cominciato a prediligere il “lieto fine”. Anche Cheyenne si “scongela” grazie a una feroce vendetta che noi mammiferi a sangue caldo non capiremo mai fino in fondo (fa camminare nudo nella neve un innocuo vecchietto a suo tempo kapò ad Auschwitz):

Definitivamente “scongelato” puo’ salvare altre anime che aveva contribuito a imprigionare tra i ghiacci:

… lei è la mamma in perenne attesa del figlio che da bravo adolescente dark si era suicidato anni fa coerente con la filosofia “zombificante” dei suoi idoli…

Non so ben dire se questi film possano essere definiti “belli”, probabilmente non piacciono a tutti, di sicuro li sento come i “miei film”, una categoria estetica molto particolare il cui valore non sarei in grado di stimare.

… la storia di Cheyenne non è biografica, ma chi non ha pensato per un attimo a Robert Smith?… Tra gli ultra quarantenni ben pochi, credo…

mercoledì 14 marzo 2012

L’ evasione redentrice

Ti è piaciuto il cappuccino?

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Hai chiesto lo scontrino da bravo bambino?

Aspetta, prima di tornare indietro a chiederlo ti racconto una storia che ci tocca tutti direttamente.

E’ la storia dell’ evasione fiscale in Italia negli ultimi quindici anni. Te la racconto perché 1. scommetto che non la sai e 2. è meglio di una barzelletta.

L’ Italia degli ultimi 15 anni fornisce l’ esperimento naturale migliore per sostenere la tesi di un’ evasione fiscale che “salva”; mi spiego: l’ autoriduzione delle imposte, almeno per una parte del paese, è stata la chiave dello sviluppo in assenza di riforme. Anzi, dell’ unica riforma che, fuor di retorica, conta: l’ abbassamento delle tasse.

Nel giro di pochi anni – fra il 1985 e il 2003 – le imprese del Centro-Nord… si trovano sulle spalle una pressione fiscale che non riescono più a reggere. E non riescono più a reggerla per due motivi distinti: primo, perché l’Italia… rinuncia alle svalutazioni competitive; secondo, perché l’economia del Centro-Nord è in gran parte regolare, o «emersa», e non può quindi ricorrere all’evasione fiscale per parare il colpo dell’aumento delle tasse.


È curioso come quasi nessuno, negli anni della seconda Repubblica, abbia notato che il rallentamento della crescita dell’Italia, in virtù del quale il Paese nel suo insieme ha cominciato a correre meno degli altri Paesi europei, è coinciso con il sorpasso del Sud nei confronti del Nord: nel passaggio fra prima e seconda Repubblica le regioni del Sud hanno cominciato a crescere più rapidamente di quelle del Nord.

… se guardiamo al reddito per abitante, al tasso di disoccupazione, ai livelli di apprendimento degli studenti, all’occupazione femminile, effettivamente il Nord (a differenza del Sud) se la cava più che bene nel confronto con i maggiori Paesi europei. Ma c’è un punto fondamentale su cui, contrariamente a quanto si crede, il Nord non è affatto in vantaggio sul Sud. Questo
punto è la crescita: dal 1995 a oggi, il prodotto interno lordo (Pil) del Nord non è cresciuto più di quello del Sud, e in termini pro capite è cresciuto decisamente di meno …

Se il Sud cresce più del Nord nonostante tutti gli handicap che lo affliggono, vuol dire che – accanto a questi handicap – ci devono essere anche alcuni vantaggi. E questi vantaggi devono essere così importanti da compensare i moltissimi handicap di cui il Sud soffre; più esattamente, devono avere un impatto (positivo) ancora maggiore di quello (negativo) dei fattori frenanti di cui il Sud è costellato.

Ma quale può essere questa forza misteriosa che spinge il Sud ma non il Nord? La forza misteriosa che stiamo cercando di identificare non è altro che la pressione fiscale sui
produttori.  Questo, a mio parere, è
il solo terreno su cui il Sud gode di un vantaggio
enorme rispetto al resto del Paese, e in particolare nei confronti del Nord. Non tanto a causa di agevolazioni e sgravi, quanto semplicemente per la diversa propensione a pagare le tasse… la graduatoria è sempre la stessa a prescindere dall’ indicatore prescelto: l’intensità dell’evasione fiscale è massima nel Mezzogiorno (intorno al 55% secondo le mie stime), intermedia nel Centro (27%), minima nel Nord (19%).

È come se, di fronte all’incapacità di tutti i governi, di destra e di sinistra, di ridurre in modo apprezzabile le aliquote fiscali che gravano su lavoratori e imprese, una parte del Paese se le fosse autoridotte senza aspettare alcuna riforma. Curioso e sconcertante: la secessione fiscale, che Bossi minaccia da vent’anni di praticare in Padania, è già in atto da molti decenni nelle regioni del Sud.


 Per anni ci siamo raccontati che la crescita è frenata da fattori come la mancanza di infrastrutture, il costo del denaro, la lentezza della giustizia civile, la criminalità organizzata, l’inefficienza della pubblica amministrazione, la bassa qualità delle istituzioni scolastiche. Per anni abbiamo ripetuto che tutti questi handicap sono tipicamente concentrati nel Mezzogiorno. Ma ora scopriamo che, nonostante tutti questi fattori che indubbiamente ostacolano la crescita, il Sud cresce più del Nord. Com’è possibile? Se è vero che il Nord è più attrezzato del Sud per crescere, come mai da 15 anni cresce di meno?


L’aumento delle aliquote nominali ha riguardato tutta l’Italia, ma – grazie al peso dell’economia sommersa – il Sud è riuscito a limitare l’impatto della maggiore pressione fiscale, mentre il Nord, proprio perché la sua economia è in gran parte emersa, non è riuscito ad autoridursi le tasse mediante l’evasione fiscale. L’evidenza econometrica che supporta questa interpretazione è piuttosto robusta… i territori in cui l’evasione è più intensa crescono di più, i territori in cui l’evasione è minore crescono di meno.

La correlazione fra tasso di evasione e crescita è…statisticamente significativa in Italia. Si potrebbe pensare, naturalmente, che si tratti di correlazioni spurie, ma esse resistono all’introduzione di ogni plausibile variabile di controllo, compreso il livello iniziale del reddito
pro capite (che dovrebbe «spingere» i territori meno sviluppati) e vari indicatori di inefficienza della pubblica amministrazione.

Il fatto è che nessun Paese sviluppato ha una pressione fiscale sui produttori alta come la nostra…

Oggi in Italia ci sono aziende in crisi che starebbero tranquillamente sul mercato se il nostro Ttr (Total Tax Rate) fosse quello dei Paesi scandinavi, e simmetricamente ci sono floride aziende scandinave che uscirebbero dal mercato se le aliquote fossero quelle dell’Italia.

Il Ttr dell’Italia è pari al 68.6%, quello della Svezia è più basso di 14 punti, quello della Finlandia di 24, quello della Norvegia di 27, quello della Danimarca addirittura di 40 (29.2%).

La politica ha tutto l’interesse a occultare il ruolo frenante delle tasse, perché non ha il coraggio di ridurle. Le cosiddette forze sociali, d’altro canto, hanno tutto l’interesse a concentrare l’attenzione sugli altri fattori che limitano la crescita, perché ogni singolo fattore di handicap reclama più risorse pubbliche per i soggetti che lo controllano o se ne fanno paladini. Il risultato è che la spesa non diminuisce, la pressione fiscale resta quella che è, il Paese – sia pure molto lentamente, per fortuna – sprofonda nel sottosviluppo…

Hai ascoltato con discernimento? Bene, allora adesso decidi tu cosa fare con il tuo scontrino.

lunedì 12 marzo 2012

Prime merendine

Lezioni dal cortile

Prima precisazione (sul tipo di lezioni): lezioni etiche.

Seconda precisazione (sul tipo di cortile): il cortile in cui giocano i bambini.

Si impara molto scendendo in cortile a far giocare i bimbi, soprattutto in materia di tasse e “tassazione dei ricchi”.

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I fatti sono immaginati, le storie inventate, i personaggi sognati, ma i modi di pensare, quelli sono autentici.


I am blessed with a child so precocious that at age five, when she was watching television and heard newly elected President announce his intention to increase the income tax, she immediately burst into tears. There never was a prouder father.

The tax package came wrapped in the usual rhetoric: “The rich have too much and the poor have too little”; “They have more than they deserve,” “It’s only fair,” and so forth, ad tedium.


From the fact that politicians supply such rhetoric, I infer that there are voters who demand it. Probably that’s because it helps them feel less guilty about living by the sweat of their neighbors’ brows. Better to pretend your neighbor deserves to be exploited than to admit you’ are just being acquisitive.


The key word here, though, is “pretend.” The fact of the matter is that nobody really believes the rhetoric of redistribution. You can use that rhetoric to fool some of the
people some of the time, and they might appreciate being fooled. But nobody believes it all of the time, and deep down nobody believes it even some of the time. Nobody even comes close to believing it deep down.


How do I know this? I know it because I have a daughter, and I take my daughter to the playground, and I listen to what the other parents tell their children. In my considerable
experience,
I have never, ever, heard a parent say to a child that it’s okay to take toys away from other children who have more toys than you do. Nor have I ever heard a parent tell a child that if one kid has more toys than the others, then it’s okay for those others to form a “government” and vote to take those toys away.


We do, of course, encourage sharing, and we try to make our children feel ashamed when they are very selfish. But at the same time, we tell them that if another child is being selfish, you must cope with that in some way short of forcible expropriation…

These are not morally complex issues, no matter how much we try to pretend otherwise. Politicians and commentators make their livings by encouraging that pretense, but when we talk to our children the pretense falls away. No adult has any difficulty distinguishing between
good and bad behavior on the playground.

The lessons we teach our children reveal the truth that is in our hearts. If you want to know what a politician or a commentator really believes, look not to his speeches or his columns, but to the advice he gives his children. If you want to know whether a politician is behaving well or badly, ask how his behavior would be received in your family room.

sabato 10 marzo 2012

Pollini scolpisce Beethoven

Così, a mani nude: con vigorose quanto peritose ditate…

Altri rivolgono i loro scalpelli alla letteratura…

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venerdì 9 marzo 2012

Estetica, vecchie discussioni

    • Davide Curioni E' uno scherzo, vero? Tonica, sottodominante, dominante, dall'inizio alla fine. Tre accordi. Più una coda di rumore. Spazzatura.

      3 maggio alle ore 8.47 · Mi piace

    • Riccardo Mariani Ancora uno sforzo! Ascolta meglio e sentirai il lavoro sui microtoni e la mano di Steve Reich, quello dei Tehillim.

      3 maggio alle ore 9.38 · Mi piace

    • Davide Curioni Il "lavoro" sui microtoni si sente, è ripetuto pari pari dall'inizio alla fine. Le melodie restano al 100% sulla scala cromatica. Roba da superdilettanti.

      3 maggio alle ore 11.28 · Mi piace

    • Riccardo Mariani

      Invece c' è un' evoluzione costante dall' inizio alla fine, mai una ripresa pedissequa, secondo la poetica di Reich. Insomma, ci sono 132 parametri in base ai quali giudicare. Tu prendi i soliti 2 e sentenzi. Mica si possono sfornare fughe a quattro voci nei secoli dei secoli, c' è anche altro. Ma soprattutto c’ è il "genere"…. ogni genere ha le sue leggi: il giallista non puo' trasgredire più di tanto, così come non puo' farlo l’ autore di pop song. Una pop song complicata è una pop song sbagliata. Come si fa a non essere banali restando scheletrici? E' questo il problema. Ci si lega le mani dopodiché si esercita la propria creatività. Altrimenti ce n' è per tutti: dovremmo pensare a Bach, per esempio, e molti lo hanno fatto, come a un coatto della legge tonale, o ad una ricerca timbrica sconsolatamente povera. Ma non è così: semplicemente opera in un tempo e all' interno di una griglia di regole con cui ha scelto di legarsi le mani. Va giudicato per come si districa dai vincoli auto imposti.

      3 maggio alle ore 17.53 · Mi piace

    • Davide Curioni

      Chi avesse pensato questo di Bach, ma anche solo lontanamente adombrato l'ombra, significherebbe che di tonalità - anzi, di musica e della sua storia - non capisce una mazza. Il minimalismo di Reich musicalmente lo trovo sterile, noioso, inutile, fastidioso, incomunicante, infantile, antimusicale, innaturale, antifisiologico tanto per dire le prime cose che mi vengono in mente. Esistono alternative alle fughe a 4 voci (o a tante altre voci), e ci sono modi di scrivere le fughe a 4 voci estremamente lontani da Bach. Ma musicali, e scritti da musicisti.

      3 maggio alle ore 19.10 tramite cellulare · Mi piace

    • Davide Curioni Anche l'idea di autoimporsi limiti e dirstricarvicisi, va bene per gli allenamenti dei Marines. O per gli studi di tecnica. Ma il vero musicista (e ce ne sono stati tanti!) riesce a scrivere musica anche quando scrive studi.

      3 maggio alle ore 19.12 tramite cellulare · Mi piace

    • Riccardo Mariani

      Ok ma di questo passo mi verrai a dire che le casette di Cezanne o i pupazzi di Klee li sai disegnare anche tu.
      Io comunque mi sono fatto un’ idea in merito, prendiamo i contenuti messi a tema nella canzone (si tratta in fondo di argomenti che sviluppano da sempre le avanguardie):
      1. il tema dell’ IMMATURITA’ (nume storico Witold Gombrowitz), denunciato dal titolo, dalla strumentazione vintage (un synth primissima generazione usato senza filtri), dalla natura puerile delle strutture che si assommano via via come dai timbri particolarmente acerbi e spogli.
      2. il tema della produzione MECCANICA dell’ opera (nume storico Andy Wharol), denunciato dalla procedimento modulare e dalle dinamiche surgelate e impersonali.
      Ecco, io giudico se il messaggio passa; tu, forse inconsapevolmente, giudichi se il messaggio sia legittimo. In questo senso, secondo me, l’ ingenuità è nell’ orecchio più che nella musica.

      3 maggio alle ore 22.26 · Mi piace

    • Davide Curioni

      Sì, ok, mettici pure tutti i temi che vuoi. Raccontasse anche l'intera storia della Creazione (ma credo che dovremmo basarci sul titolo, si parla di automobili), il punto è: chissenefrega? Mi interessa sapere che il brano racconta di meccanica (e migliaia di pezzi del '900 lo fanno)? Oppure mi interessa il contenuto musicale? Ora, il contenuto è BRUTTO sotto mille aspetti. Tecnicamente, timbricamente, armonicamente, ritmicamente. È melodicamente poverissimo. I giochini che ci sono dentro non riescono ad appassionare perché non c'è sviluppo, non più almeno di quanto potrebbe contenere una canzonetta di Giorgio Moroder. Ma poi, perché ti ostini a definirlo pop? O canzone? Cos'ha di pop? Cos'ha della canzone?

      3 maggio alle ore 22.48 tramite cellulare · Mi piace

    • Riccardo Mariani

      Se ti disinteressi al contenuto, come puoi mai giudicare se è espresso correttamente? Per giudicare la correttezza di un messaggio bisogna sapere anche a cosa si riferisce. "Farfalla" è una parola bellissima ma non va bene se voglio indicare un elefante. A me sembra che tu dia per scontato a priori quale debba essere il contenuto legittimo di un’ opera e, di conseguenza, ti aspetti certe soluzioni formali. Quando non le trovi sei deluso. Ma non tutto ci comunica quel che vorresti sentire. Per comunicare l’ “immaturità ottusa” di "Gombro" e i paradisi sintetici in cui ci precipita, sono d’ obbligo certe soluzioni “sbagliate” altrove. Insomma, non si puo’ rifiutare la modernità e pretendere di giudicare il moderno. Lo si rifiuta in quanto pericoloso e basta. Mi viene in mente la Norma Rangeri del Manifesto: una critica televisiva che odia la TV.

      4 maggio alle ore 9.38 · Mi piace

    • Davide Curioni

      Il fatto è che se voglio sentir parlare di farfalle, mi rivolgerò ad un entomologo. Se mi rivolgo ad un artista, voglio arte. Allora, le farfalle possono essere un pretesto, non l'unico contenuto del messaggio artistico. Perché il contenuto della musica è qualcosa di definito solo in senso strettamente musicale. Questo lo capisce Schumann (ascolta come parla di "farfalle" l'op. 2), ma sfugge ad alcuni artisti contemporanei. Abbiamo già fatto questa discussione in passato, senza cavarne un ragno dal buco.
      Questo non fa della musica qualcosa di autoreferenziale, un "cruciverbone" come pensi tu. C'è musica adatta per molti contesti, dall'intrattenimento domestico alla sala da concerto, dalla colonna sonora di film alla musica liturgica.
      Pensa al War Requiem di Britten. Pensa alla pavana per la bambina morta di Ravel. Parlano delle cose più brutte del mondo. Eppure sono musica, grande musica, musica sublime, e non cadono nell'errore di scrivere brutta musica solo perché parlano di cose brutte.
      La modernità per certi artisti è brutta? Trovino un modo bello per dirlo. E c'è chi riesce a farlo. Non so se hai seguito gli ultimi video che ho messo su fb di musica corale.

      4 maggio alle ore 9.56 · Mi piace

    • Davide Curioni Riporto un esempio di musica contemporanea scritta da qualcuno che capisce qualcosa di musica.
      http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3D04_k9VN7fpc&h=8AQH-TZqq

       

      Missa brevis - Jonathan Harvey; Choir of Westminster Abbey

      Jonathan Harvey (b. 1939) : Missa brevis 1 Kyrie 2 Gloria 3 Sanctus / Benedictus...Visualizza altro

      4 maggio alle ore 9.58 · Mi piace ·

    • Riccardo Mariani

      Vedi che alla fine della fiera sei costretto a rintanarti su posizioni meramente formaliste che invece, dal punto di vista teorico, non puoi accogliere?
      Soccorre il monito di Federico Zeri in epigrafe alla quinta conversazione riportata nel libro “Conversazioni sull’ arte”:
      “… non è possibile applicare a opere che appartengono a civiltà diverse, nate in diverse prospettive ideologiche, con diversi sfondi culturali e sociali e eseguite con tecniche diverse, un unico criterio di lettura, se non a rischio di gravi travisamenti che vanificano la lettura stessa cacciandoci in un vicolo cieco…”
      Secondo me tu non rifiuti la musica, che nemmeno conosci, rifiuti la “prospettiva ideologica”… , lo “sfondo culturale” della modernità. Un’ ideologia che ci chiede di esprimere, tra le altre cose, il lato demenziale del soggetto immaturo e la fissità instupidita del meccanismo industriale. E’ da qui che nasce il “grave travisamento” di cui sopra.

      20 ore fa · Mi piace

    • Davide Curioni

      Formalismo? Ma dobbiamo ripetere all'infinito le stesse discussioni? L'arte non è solo forma, ma senza forma non c'è arte. Per giudicare la musica servono le orecchie e serve il cervello. Dello "sfondo culturale" della modernità e della "prospettiva ideologica" m'importa assai. Lascio questa roba a chi ha più tempo da perdere. Quello che m'importa è il risultato finale, che se è brutto semplicemente non è arte, è gioco per masochisti. Anche rendere immaturità ed instupidità in modo immaturo e stupido mi sembra assai inutile. Di perditempo è pieno il mondo, e costoro continuino pure ad ammirare compiaciuti le mostruosità ed il dilettantismo naif da strapazzo.
      PS: c'è moltissima musica che non conosco, è verissimo. Scopro autori sconosciuti ogni settimana (l'ultima scoperta è Jeanne Demessieux, grandissima; settimana scorsa ho messo le mani su Kenneth Leighton; il prossimo in attesa di esplorazione è Dynam-Vicotr Fumet), e constato sempre di più che al setaccio della storia anche il '900 lascera grandi cose, che purtroppo oggi non sono ancora emerse dal liquame generale. Mentre autori osannati dalla critica sono inesorabilmente destinati a lasciare traccia solo sui libri di storia dell'arte. Se pensi che il mio rifiuto sia a priori, ti sbagli di grosso.

      3 ore fa · Mi piace

    • Riccardo Mariani “… Formalismo? Ma dobbiamo ripetere all'infinito le stesse discussioni? L'arte non è solo forma, ma senza forma non c'è arte…”
      Se sbatti sempre contro lo stesso muro ti ritroverai di fronte sempre lo stesso muro.
      Esistono linguaggi musicali molto differenti, ognuno si adatta allo sfondo culturale in cui vive e a cio' che vuole comunicare. Non dico con questo che tutta la musica moderna ti sia preclusa, è che, secondo me, tu vorresti veder comunicate solo i grandi messaggi del passato (per questo Arvo Part. per esempio, va ancora bene). E se te lo faccio notare, rispondi dicendo che la musica in sé non deve comunicare proprio nulla (formalismo). E’ ovvio: se esistesse un contenuto, anche il giudizio sulla forma non potrebbe prescinderne! Non puoi giudicare la forma indipendentemente dal contenuto visto che la prima sarebbe solo un mero strumento per esprimere il secondo.
      Prova del nove: indicami cinque nomi di musicisti contemporanei che apprezzi ritenendoli di grande valore e che esprimono in modo vivido l’ immaturità ottundente e patetica del mondo giovanilistico. Musicisti che siano, che ne so, l’ equivalente dei fumettoni giganteschi di Roy Lichtenstein nel mondo dell’ arte..
      Mmmmm… sarebbe come chiedere a Norma Rangeri di nominare 5 programmi di TV mediaset che apprezza: per lei la TV (specie mediaset) aliena le menti, non esistono dunque per definizione programmi apprezzabili. E infatti NR è un' ideologa, mica una critica di TV.
      Tu, molto semplicemente, non ritieni legittimo che ci si possa dedicare a certi temi, ti disinteressi a priori alle modalità messe in campo per esprimerli artisticamente.

      3 minuti fa · Mi piace

giovedì 8 marzo 2012

La tassa di Dio

Come si regge la Gerusalemme dei cieli?
Non lo so, quello che so è che per costruire una comunità perfetta bisogna escogitare una tassa perfetta.
Chris Buzelli
Ma la “tassa perfetta” (equa ed efficiente) ha un difetto non da poco: è necessariamente razzista, sessista e discriminatoria.
Non ci credete?
Partiamo dall’ “equità”: è giusto colpire chi lavora sodo e premiare i lazzaroni che se la spassano tutto il giorno?
Noooo… rispondiamo tutti in coro: questo perché non troviamo giusto colpire o premiare le scelte delle persone in generale: se uno vuol bighellonare per i prati tutto il santo giorno, fatti suoi. Al limite qualcuno è tentato dall’ idea di prendere ai fortunati per dare agli sfortunati: la fortuna non è una scelta!
In questo senso puo’ essere giusto prendere da chi ha dei talenti innati per dare a chi non ne ha.
La forza di questo criterio è che funziona anche in termini di efficienza, anzi…
Efficiency demands it because a tax on ability is the clearest path around those disincentive effects we’re trying to avoid. Taxing work makes people work less, but taxing intelligence doesn’t make people dumber. (It might make them try to act dumber but that’s not exactly the same thing.)
Quindi? Bè, semplice:
We should tax not actual earnings, but potential earnings. In other words, we should tax not effort, but ability. This one is doubly imperative; both efficiency and fairness demand it.
Una volta fissati i principi, bisogna procedere il più pragmaticamente possibile:
Ideally we’d redistribute on the basis of traits like intelligence, but that won’t work because it’s too easy to fake a low I.Q. test score. So we retreat to redistribution on the basis of traits like race, sex, and height.
Se un sistema del genere ci ripugna è solo perché ogni meccanismo redistributivo è ripugnante di per sé e lo accettiamo solo se ci viene presentato in forme travisate.
Basta qualche analogia per rinforzare la conclusione:
If it is intrinsically fair to subsidize with cash those who are born without the skills to earn a decent
income, is it also intrinsically fair to subsidize with sex those who are born without the skills to attract desirable partners?
E magari:
… It is “fair” that productive individuals are taxed to support the welfare system, because without welfare those same productive individuals would be more often victimized by theft… and then… It is “fair” that attractive people should be coerced into granting occasional sexual favors, because without such a system, those same attractive people would be more often victimized by rape…
La cosa migliore, a questo punto, è ammettere che la fortuna alla lotteria della vita non è una colpa da punire, così come la sfortuna non è un merito da compensare. Ma questa ammissione segna la fine di ogni tassa redistributiva e molti preferiscono turarsi il naso, coprirsi gli occhi, smettere di ragionare, pur di procedere ugualmente all’ esproprio.

martedì 6 marzo 2012

Incubo verde

Le tenere menti dei nostri bimbi vengono esposte tutti i giorni a una duplice minaccia, due "incubi verdi": il pedofilo al parchetto e la maestra fissata con l’ ambiente.
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Poiché il secondo esemplare è più numeroso e scorrazza indisturbato ancora oggi (2012) libero di interferire nell' educazione dei più vulnerabili, ogni sana crociata contro le molestie all’ infanzia dovrebbe accordargli la precedenza.
The cult of environmentalism demands that children abandon all independent thought about the nature of rights and obligations, replacing it with mindless subservience to the value judgments of their teachers.
It wouldn’t be difficult for teachers to address environmental issues in a refreshingly different way—as invitations to critical thought. I believe, for example, that my child is old enough to think sensibly about the issue of whether to leave the water running while she brushes her teeth.
When she lets water run down the drain, she denies other people the use of that water. The value of that use, to a very good approximation, is measured by the price of the water. Cayley, now aged nine, is capable—with a little assistance in the form of leading questions—of estimating how much water escapes during a toothbrushing session, the value of that water, and whether that value is or is not high enough to justify the effort of turning the faucets off and on. That’s a good exercise in estimation and a good exercise in arithmetic. It’s also a great way for her to discover the true miracle of the marketplace: As long as Cayley cares about her own family’s water bill, she will automatically account for the interests of everyone else who might be interested in using that water.
But Cayley’s teachers have not wanted her to think clearly about such issues, perhaps out of fear that clear thought can become a habit, and habitual clear thinkers are
not good candidates for subservience. Instead, those teachers have pronounced from on high that because water is valuable to others, we should be exceptionally frugal with it. In an inquisitive child, this raises the question: With exactly which valuable resources are we obligated to be
exceptionally frugal? A child who is observant as well as inquisitive will quickly recognize that “all valuable resources” is not the teacher’s preferred answer. For example, teachers rarely argue that “because building supplies are valuable to others, we ought to build fewer schools”; even more rarely do they argue that “because skilled workers are valuable in industry, we ought to have
fewer teachers.”
Where is the pattern, then? What general rule compels us to conserve water but not to conserve on resources devoted to education? The blunt truth is that there is no
pattern, and the general rule is simply this: Only the teacher can tell you which resources should be conserved. The whole exercise is not about toothbrushing; it is about authority…
My daughter has been taught that all endangered species should be preserved, but she’s also been taught that the AIDS virus should be eradicated. When Cayley’s third grade teacher required her to write a report on the endangered species of her choice, I encouraged her to choose the AIDS virus. (I was unsuccessful.) The AIDS virus is probably only one of many species that are not yet as endangered as they ought to be…
… That’s why American junior high school kids can tell you exactly how fast the Amazon rain forest is shrinking, but have absolutely no framework for thinking about whether it’s shrinking too fast or not fast enough. It’s easy for a teacher to write a number on a blackboard (the rain forest is shrinking by such-and-such a number of square miles per year) and demand that students memorize that mere fact, unilluminated by any theory. It’s much harder to get students to think…

venerdì 2 marzo 2012

Nessun pasto è gratis

La “sindrome europea” secondo Charles Murray:
L’ Europa ci prova che laddove i valori della famiglia, del lavoro, della comunità, della fede sono molto più deboli che da noi, la vita puo’ essere ugualmente piacevole. Colgo sempre al volo l’ occasione di fare una scappatina a Stoccolma o a Parigi, quando mi capita. Laggiù le persone non sembrano certo gemere sotto il gioco dell’ oppressore. Al contrario, ci sono molte cose pregevoli che caratterizzano la vita di tutti i giorni, sono posti notevoli da visitare, eppure, proprio in quei paesi, si sono radicate delle concezioni di vita che io reputo problematiche. Sembra che le cose siano viste all’ incirca così: lo scopo della vita è quello di trascorrere nel modo più piacevole possibile il tempo che va dalla nascita alla morte del cittadino e lo scopo dei governi consiste nell’ agevolare questa missione. Propongo di chiamare questo atteggiamento “Sindrome Europea”.
La settimana corta lavorativa, le frequenti vacanze, non sono che un sintomo della sindrome. L’ idea che una persona si realizzi nel suo lavoro va lentamente svanendo rimpiazzata dall’ idea che il lavoro è un male necessario che interferisce con il godimento e i piaceri del tempo libero. Doversi impegnare alla ricerca di un lavoro o correre il rischio di perdere quello che si ha venendo licenziati, sono viste come terribili forme di oppressione. Il precipitoso crollo dei matrimonio, molto più accentuato che da noi, è un altro sintomo. Cosa resta di un impegno per la vita quando lo Stato agisce da coniuge surrogato allorché si tratta di “saldare i conti”? Il declino della fertilità ben al di sotto dei tassi di sostituzione, è un altro sintomo. I bambini sono visti come un carico sulle spalle dei genitori che lo Stato è chiamato ad alleggerire, per non parlare dei limiti che impongono ai piaceri e al tempo libero di chi è in qualche modo coinvolto nella loro cura. La secolarizzazione galoppante è l’ ennesimo sintomo. Le persone sono viste come una collezione di processi chimici attivi destinati prima o poi a disattivarsi. Se le cose stanno veramente così, affermare che lo scopo della vita consiste nel trascorrerla nel modo più piacevole possibile, è una posizione del tutto ragionevole.
L’ alternativa alla sindrome europea consiste nel dire che la nostra vita ha anche un significato trascendente e possiamo usarla per fare cose importanti – auto governarci, crescere una famiglia, essere amici di chi ci sta intorno, imparare un mestiere e farlo nel miglior modo possibile. I padri fondatori del “progetto americano” avevano in testa qualcosa di simile quando parlavano di “ricerca della felicità”…
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Premessa a tutto è l’ analisi sulle fonti della felicità umana…
… le persone hanno bisogno di autostima, ma l’ autostima la si guadagna sul campo – non si puo’ avere stima di se stessi se non si ha per lo meno la sensazione di essersela guadagnata sul campo – e l’ unico modo di guadagnarsi qualcosa consiste nell’ impegnarsi in un’ impresa che puo’ anche fallire…
… le persone hanno bisogno poi di relazioni intime con i loro simili, ma relazioni che siano ricche e soddisfacenti devono avere un contenuto sostanziale, e questo contenuto esiste solo ci impegniamo in comportamenti che hanno conseguenze, magari anche spiacevoli, di cui ci sentiamo comunque responsabili…
… la responsabilità per le nostre azioni non è solo una conseguenza della libertà, è anche il suo premio…
… la grande soddisfazione che abbiamo nel crescere un bambino deriva dal fatto di assolvere cio’ che riteniamo una nostra fondamentale responsabilità… se siete un padre disimpegnato che non contribuisce all’ opera educativa o una ricca madre che ha girato gran parte dei compiti più duri a terzi, le soddisfazioni per l’ impresa scemano… e lo stesso vale se siete un genitore povero che si affida mani e piedi a un welfare avanzato…
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Ma quali sono gli assunti filosofici del welfare state e del suo cuginetto, il “politically correct”?
… gli avvocati del welfare ritengono che non esista una natura umana, o che comunque la si possa cambiare… l’ espressione più pura di questo atteggiamento “plastico” la ritroviamo nel marxismo e nel mito dell’ “uomo nuovo”… i socialdemocratici del ventesimo secolo ebbero un’ agenda meno radicale, ma in fondo continuano a condividere questa credenza…
… una prima conseguenza consiste nel credere che l’ “uomo nuovo” non trarrà vantaggi indebiti dagli aiuti che il welfare mette a disposizione… per esempio, generosi sussidi alla disoccupazione non influenzeranno la tenacia con cui una persona conserva il suo lavoro o quella con cui il disoccupato ne cerca un altro…
… l’ affermarsi del welfare state nel ventesimo secolo è andato in parallelo con l’ affermarsi di altre credenze intorno alla natura dell’ Homo sapiens… innanzitutto si è ritenuto che gli uomini fossero fondamentalmente uguali per quel che concerne i caratteri, le abilità e le inclinazioni di fondo: l’ idea che ogni bimbo dovrebbe aspirare alla laurea riflette la visione ottimistica che ogni bambino ha in sé le potenzialità sufficienti all’ impresa se solo ne avesse la concreta opportunità… ma questo concetto di eguaglianza si applica anche ai gruppi di persone: in una società giusta, si dice, gruppi differenti di persone – uomini e donne, bianchi e neri, omosessuali ed eterosessuali, bambini ricchi e bambini poveri – avranno, distribuiti in modo perfettamente uniforme tra i gruppi, gli stessi “esiti vitali”: lo stesso reddito medio, lo stesso livello di istruzione, la stessa probabilità di diventare CEO in una grande impresa, la stessa probabilità di diventare professore di matematica in un college prestigioso, la stessa probabilità di diventare attori famosi, eccetera. Quando cio’ non succede, bisogna rintracciare l’ ingiustizia sociale che sta alla radice del malfunzionamento. L’ idea che non possono esistere differenze tra gruppi diversi di persone ha giustificato una mole impressionante di regolamentazione e burocratizzazione che ha riguardato tutti gli ambiti del vivere civile. Tutto cio’ che associano all’ espressione “politically correct” si riallaccia in qualche modo a questa premessa…
… la seconda credenza sottesa al welfare state ritiene che le persone, specie coloro che “stanno sotto”, non sono realmente responsabili della loro condizione. Chi ha successo non lo merita, esattamente come chi vive nella mediocrità… e se costoro stanno dove stanno cio’ si deve al fatto che sono nati nella famiglia dove sono nati… quando poi le cose non possono essere spiegate in questo modo, ecco entrare in scena la fortuna…
Il peggior nemico di questa visione è la scienza. Nel corso dei prossimi 10/20 anni, penso che la scienza darà ulteriori contributi per screditare le premesse fondamentali su cui poggia il welfare state… le soluzioni proposte dai politici dipenderanno sempre più largamente dalle scoperte della genetica e delle neuroscienza…
… faccio solo un esempio affinché le cose siano chiare: la scienza già ci dice che uomini e donne rispondono molto diversamente alla presenza di un bambino, e questo per ragioni che non hanno nulla a che vedere con l’ ambiente in cui sono cresciuti… la cosa non sorprende nessuno ma è importante per contrastare la visione per cui in un mondo “non sessista” uomini e donne hanno la medesima inclinazione alla cura dei bimbi, e quindi anche la colossale burocrazia necessaria messa in piedi per realizzare il fantomatico “mondo non sessista”. Penso proprio che lo smantellamento del welfare, oltre a problemi di sostenibilità finanziaria, dipenderà anche da processi come quello appena descritto…
… altro esempio… penso che prossimamente assisteremo a forme di consenso scientifico di questo tipo: ci sono ragioni genetiche radicate nei processi evolutivi tali per cui un bimbo che abita un quartiere senza padri sposati tenderà a crescere senza aver introiettato quelle norme sociali di comportamento che più lo salvaguardano dal crimine e che più gli consentono di mantenere il proprio lavoro… tutto cio’ spiega perché gli abusi sui bambini si concentrano nelle famiglie in cui il maschio presente non è il marito e padre naturale dei bambini stessi… cio’ spiegherebbe inoltre anche perché i tentativi di “compensare” l’ assenza del padre biologico sposato non funzionano e non funzioneranno mai…
… ci sono donne meravigliose che crescono da sole bimbi meravigliosi, in molti sistemi socialdemocratici – come quelli europei – si fa un lavoro pregevole, almeno nelle intenzioni, per compensare le storture presenti. Tutto vero.. Tutto vero purché la si smetta d’ inscenare la finzione per cui la famiglia tradizionale è giusto un modello tra i tanti… la scienza ci dice e ci dirà con sempre maggior chiarezza che la “famiglia tradizionale” assolve a compiti fondamentali nel far fiorire la natura umana… e le politiche sociali dovranno tenerne sempre più conto…
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martedì 28 febbraio 2012

Que sera, sera… ovvero: umiltà, coraggio e saggezza SAGGIO

When I was just a little girl
I asked my mother, what will I be
Will I be pretty, will I be rich
Here's what she said to me.
Que Sera, Sera,
Whatever will be, will be
The future's not ours, to see
Que Sera, Sera
What will be, will be.
Doris Day
Bryan Caplan – Selfish reason to have more kids
Nel 1992 Gary Becker vinse il suo bravo premio Nobel, aveva fatto una scoperta illuminante: “l’ economia è ovunque”.
Mica solo in borsa o al Ministero delle Finanze, ovunque: ecco allora che inciampi nella logica economica tra le bande criminali, nelle pratiche razziste, in quelle discriminatorie, nei processi in tribunale, nelle comunità terapeutiche, nelle strategie di disintossicazione, nel mondo delle diete e della cartomanzia, nei metodi di studio, nelle scelte legate alla carriera come in quelle amorose… ma soprattutto, ed eccoci a noi, nella famiglia.
Bryan Caplan è un fan di GB, ricorda con emozione il giorno in cui lo incrociò in mensa alla Chicago University, annovera il Nobel a lui assegnato tra i più significativi del secolo e considera seminale il suo lavoro, ma soprattutto lo ringrazia tutti i giorni per aver evitato a un giovane e brillante economista come lui di doversi occupare di cose mortalmente noiose come i tassi d’ interesse, l' indicizzazione dei salari e i derivati di borsa. Eppure, tutta la gratitudine del mondo non lo ha distolto da una convinzione radicata: le conclusioni del mitico “chicagoano” sulle dinamiche familiari di questo secolo non reggono, non reggono proprio per niente.
La genia dei “beckeriani” si era messa in mente di spiegare il calo della fertilità in Occidente in termini di “egoismo razionale”. Le loro ipotesi, per quanto debolucce, sono comunque da prendere sul serio, passiamole allora in rassegna:
- innanzitutto ci si concentrò sulla condizione femminile: ora che per le donne lavorare rende molto di più, rinunciare a un’ ora di lavoro – e un figlio impone rinunce massicce - è particolarmente oneroso. Caplan non è convinto, c’ è anche il rovescio della medaglia: in un mondo con più opportunità di lucro per la donna diventa conveniente lavorare di meno, guadagnare di più e avere più figli;
- con la fine della famiglia patriarcale il potere contrattuale delle donne è diventato più forte. Caplan scuote il capoccione: l’ osservazione sarebbe pertinente se le donne oggi volessero “meno figli” rispetto agli uomini, si dà il caso che semmai è vero il contrario;
- secondo alcuni i contraccettivi spiegano tutto. Tra costoro non c’ è certo Caplan: i contraccettivi erano già pienamente disponibili prima del baby boom, come la mettiamo?;
- c’ è chi ritiene che un tempo i figli supportassero la vecchiaia, con il welfare questo servigio si rende superfluo. Caplan brontola: peccato che nella sostanza non sia mai andata veramente così, i flussi di cassa, per quanto la cosa sorprenda i più, sono sempre stati a senso unico: dai vecchi ai giovani.
I beckeriani hanno sia ispirato che deluso Caplan: oggi siamo più ricchi, possiamo permetterci molti più figli, oggi la tecnologia ci supporta al meglio - pensate per un attimo al tormento di vostra nonna intenta a lavare a mano i pannolini –, siamo anche più longevi per goderci i nipotini… possibile che simili contrappesi non siano stati presi minimamente in considerazione?
Quando gli scenari fondati sull’ egoismo razionale vacillano, esistono solo tre valide alternative per spiegare il comportamento umano: valori, invidia ed errori.
1. valori: assistiamo da decenni a una loro metamorfosi, il matrimonio non è più un traguardo ambito e mettere al mondo un’ anima non è più né un dovere né una realizzazione personale (per molti non è più nemmeno un’ anima cio’ che si mette al mondo!);
2. invidia: l’ invidia sociale ci impone carichi di cura inutilmente gravosi; oggi anche un genitore mediocre sarebbe considerato “ottimo” secondo gli standard di ieri, ma quel che conta per l’ invidioso è il confronto col vicino o il collega, chi se ne importa di “ieri” e dei livelli presi in assoluto: si vuole essere considerati “ottimi” secondo gli standard relativi. Perché mettere al mondo un secondo figlio se diventa molto faticoso garantirgli uno stile di vita almeno pari a quello dei compagni di scuola?
3. bias: i genitori di oggi vorrebbero essere lungimiranti, prima di mettere al mondo un figlio ci ponzano e ci riponzano all’ infinito, calcolatrice alla mano. Diciamola così: secondo Caplan il miope ha molti figli, il “lungimirante carico di bias” ne ha pochi e il “lungimirante accurato” torna a volerne molti. Noi siamo passati dalla miopia alla lungimiranza superficiale, ora dobbiamo accingerci al secondo balzo, e il libro ci spiega come.
Ecco allora le tesi del volume concentrate in pochi righi:
1. I genitori possono migliorare di molto la qualità della loro vita senza danneggiare quella dei pargoli, questo perché il “fattore genetico” conta molto più di quel che si è soliti pensare, e cio’ induce molti errori di valutazione.
2. I genitori vivono spesso in uno stato d’ ansia ingiustificato: i nostri ragazzi non sono mai stati tanto al sicuro come oggi.
3. Egoismo e altruismo puntano nella stessa direzione: i genitori che hanno un figlio in più migliorano sia il loro stato che quello del pianeta.
Scusate se liquido la terza tesi con una citazione per passare poi ad altro:
… ci sono due visioni dell’ umanità… nella prima le persone sono stomaci che camminano… più persone significa più stomaci che digeriscono, e quindi meno cibo per gli altri… nella seconda visione la persona è un cervello che produce idee… più persone significa nella sostanza più idee… più idee per me, più idee per tutti…
Veniamo dunque al cuore del libro, quando nasce il tuo primo figlio, gli amici al bar fanno a gara per avvertirti che “la tua vita cambierà”, però te lo dicono con un risolino sarcastico: non dargli retta, la gente è superficiale, specie al bar; i bambini sono molto più simpatici e meno impegnativi di quel che si crede.
Aggiungo subito un’ avvertenza, però: se avete intenzione di indossare i panni del Genitore Tipo del Terzo Millennio (GTTM), il risolino degli amici è più che giustificato. Il GTTM è specializzato nel trasformare la presenza di un bimbo in un onere gravoso. Per fortuna esiste una preziosa alternativa: il GR (Genitore Razionale). Per avere un’ idea di cosa sia basta tirare indietro le lancette dell’ orologio e pensare ad esempio a vostro padre che, quando chiedevate un passaggio per la festa, rispondeva con osservazioni inoppugnabili: “non sono mica il tuo autista”. Mio padre non era particolarmente razionale, ma a volte basta avere molti figli per diventarlo in fretta.
Di seguito, un po’ alla rinfusa, alcune buone notizie per genitori in cerca di relax.
SONNO. Ci sono alcuni genitori che girano per anni come zombi. Forse non è mai esistito un problema tanto impellente dalla soluzione tanto lineare. Togliamo i neonati e i casi patologici, la fonte della tortura è sempre l’ overparenting: basta un metodo Ferber qualsiasi per appianare in pochi giorni ogni cosa: avrete notti di sogno, pisolini diurni compresi.
ATTIVITA’. L’ ingenuo pensa che incentivare le attività del figlio garantisca un break al genitore. Tutte palle, non si tratta di pause ricreanti ma di concitati pit stop da formula uno: lo accompagnerete in capo al mondo, farete un nervoso e inconcludente giretto nei dintorni per poi tornare a riprenderlo e trascinarlo altrove. Morale: un genitore felice deve affrettarsi ad abbandonare alla svelta tutte le attività extra sgradite al figlio (e sono molte), ci guadagneranno entrambi.
VACANZE. Sono un incubo per molti genitori: perché pagare migliaia di euro per la peggiore settimana dell’ anno, quella in cui continueremo a ripetere mentalmente e a voce alte: “questa è la prima e l’ ultima volta!”? Tanto per cominciare, i bambini non sono fan dei lunghi viaggi in auto, oltretutto per loro un posto vale l’ altro, basta che si giochi e ci si diverta; privilegiare località vicine è scelta oculata, anche se la cosa migliore in assoluto sarebbe sostituire la vacation con la staycation: quanti posti che non abbiamo mai visto sono raggiungibili in giornata (BC è nato a Los Angeles senza mai aver messo piede a Hollywood!).
DISCIPLINA. Nel punire il genitore è solito dire: “lo faccio per il tuo bene”, oppure: “costa più a me che a te”. Il fatto è che il GTTM ha finito nel credere alla sua stessa “propaganda”! Le cose stanno assai diversamente: le regole facilitano la vita, la vita di tutti, innanzitutto quella dei genitori. Sceglietele in modo da centrare questo obiettivo, ma soprattutto rispettate la saggezza dei tempi che in materia parla chiaro: CCC: Chiarezza, Coerenza e Conseguenzialità. E non lamentatevi se la nonna mina i vostri sforzi: il bimbo sa distinguere. E non lamentatevi se per il piccolo la disciplina vale solo a casa: sapendo distinguere, è normale che sia così, consolatevi piuttosto pensando che in fondo è proprio in casa che la quiete e l’ ordine vi beneficiano di più. Se poi i vostri bimbi amano la Tv e i dolci, avete risolto anche il problema della terza “C”, quella relativa a premi e punizioni. La super tata ha sdoganato persino “l’ angolo dei cattivi”: non credevo ai miei occhi nel vedere le pesti più pesti accettare supinamente la messa all’ angolo: dieci minuti di “dolce umiliazione” risolvono intere giornate facendo lievitare la serenità di tutti.
CONTROLLO. Bambini più indipendenti, uguale meno ammorbanti controlli, sbrigatevi dunque a renderli tali. E non dimenticate che dopo una certa età è più pericoloso portare il bimbo al supermercato con voi che lasciarlo solo a casa. Avete ancora paura di qualcosa? Concentratevi: probabilmente è una fantasia perversa innescata dalla visione sviante del telegiornale. Se siete a corto di idee per rendere indipendente il pargolo potreste provarci circondandolo con tre o quattro fratellini, in alternativa digitate su Google “worst american mom”: uscirà il faccione di Lenore Skenazy, ci penserà lei a suggerirvi stratagemmi per eludere faticose e inutili supervisioni.
SICUREZZA. I nostri bambini non sono mai stati tanto al sicuro come oggi. Ci sono un mucchio di “buone notizie” circa le “cattive notizie”: le tragedie ascoltate alla TV istillano paure almeno tanto stupide quanto l’ entusiasmo che prende taluni nell’ udire che Tizio ha vinto il primo premio della lotteria. La vera notizia in merito è che malattie, incidenti, omicidi, suicidi, guerra, rapimenti… seguono pervicacemente un’ unica tendenza che predomina da decenni: quella verso il basso.
COME SEPPELLIRE UN PROBLEMA. Avete mai cambiato l’ olio alla macchina perdendo mezza giornata per poi scoprire che il benzinaio accanto fa tutto in dieci minuti per cinque euro? Ecco, coi bambini spesso funziona così: molti problemi spariscono all’ istante, basta “seppellirli” sotto un mucchietto di banconote, non esitate a ricorrervi, ne bastano davvero poche per scampare alle piaghe d’ Egitto: appaltare a terzi i lavori più noiosi è un problema solo per tirchi, autolesionisti e tutti coloro incapaci di trasformare i soldi in felicità: pranzi d’ asporto, baby sitter elettroniche e in carne e ossa, lavanderia, spese on line, nidi… dateci dentro, e chi più ne ha più ne metta.
IL MERCATO DELLE VACCHE. Se desiderate che vostro figlio assolva a un compito straordinario particolarmente oneroso fate in modo che per lui ne valga la pena: prima dell’ adolescenza non possiede sentimenti morali a cui fare appello, ma comprende benissimo lo scambio di favori: il significato di premi e ricompense è immediatamente disponibile anche alla sua mente: mercanteggiare in molti casi è una vera ancora di salvezza. A una certa età si puo’ ricorrere persino al denaro, perché no? Usare il denaro per essere buoni genitori non è solo fattibile, è già fatto: i genitori che lo usano coi figli sono mediamente genitori più sereni e soddisfatti.
STRESS DI SECONDA MANO. Pensate al vostro benessere, e se la cosa vi disturba, pensate che anche i bambini sono soggetti a molti stress, il principale è lo stress di risulta, ovvero lo stress dei genitori che si riflette su di loro. Quindi: rilassatevi al più presto, fatelo per loro!
ESPERIMENTI. Gli amici vi ripeteranno: “il primo figlio ti porta via il 99% del tempo libero, il secondo il restante 1%”; loro lo dicono per canzonarvi, ma voi concentratevi cogliendo la strepitosa buona nuova che nasconde questa presa in giro: il secondo figlio è incredibilmente meno oneroso del primo! In realtà non dedicheremo solo l’ 1% dei nostri sforzi al secondo figlio, molto più semplicemente dimezzeremo gli sforzi sul primo. Bene, non vi resta che considerare gli effetti (praticamente nulli) di questo “dimezzamento” e mordervi le dita per non averlo attuato prima. Se ancora titubate e volete approfondire, fate pure un terzo figlio e così via: man mano che si procede, la qualità del primogenito migliorerà. Chi non è curioso si limiti ad apprendere subito la lezione senza bisogno di esperimenti ed educhi l’ unico figlio come se ne avesse cinque.
GENI. Se c’ è una materia foriera di buone notizie per chi ama le famiglie numerose, questa è la psicologia evolutiva. Si è dedicata molto a districare il viluppo nature\nurture ponendo la sua lente su famiglie molto particolari: 1. quelle che adottano 2. quelle con gemelli (omozigoti e non), 3. quelle con gemelli adottati separatamente. Il fatto è che se sono alto nessuno penserà mai che cio’ è dovuto all’ educazione ricevuta, ma se sono scortese ecco che le cose cambiano. La psicologia evolutiva ci dice in sintesi che non c’ è ragione di farle cambiare poi così radicalmente, e questa è una grande notizia per chi non vuole sobbarcarsi sforzi inutili.
SALUTE. I genitori non incidono sulla speranza di vita dei loro figli, e nemmeno granché sulle loro condizioni di salute (dei genitori sciagurati in questo post non si parla). La loro azione avrà giusto un piccolo effetto su fumo, alcool e droghe.
INTELLIGENZA. Il genitore spia il suo pupillo mentre gioca coi compagni nella speranza di cogliere una superiorità intellettiva, e dopo aver fantasticato un po’, ritiene di avere in mano indizi concreti. Se l’ erede a scuola non è granché, lo si deve al fatto che si distrae di fronte al banale. E intanto, vai con video, libri, musei, e operazioncine per l’ “enachment”. La triste realtà è che i genitori possono ben poco nello stimolare l’ intelligenza dei figli, sul lungo periodo gli illusori successi ottenuti svaniranno.
FELICITA’. Se voglio vedere mio figlio felice gli compro un gelato, cosa c’ è di più facile? E poi con un simpaticone come me ci si diverte sempre. Non c’ è niente di più facile che fare del proprio figlio una persona felice. Sbagliato: la felicità, l’ infelicità e l’ autostima futura non dico siano come la statura ma quasi.
SUCCESSO. I bambini sono circondati da genitori che nei giorni pari li invitano a seguire i loro sogni e nei giorni dispari li esortano a non stare perennemente con la testa tra le nuvole. Sembra che tutti vogliano ardentemente il loro successo, non si limitano ad aiutarli nei compiti, pianificano loro la vita nei dettagli! Dietro una vita di successo si suppone ci sia lo slancio di una famiglia coesa e determinata. Ebbene, gli studi sui gemelli dicono praticamente che se non è vero il contrario poco ci manca.
CARATTERE. Il genitore illuminato e illuminista tenta di consolarsi: “se non posso fare di lui un genio, almeno ne farò una persona equilibrata e onesta”. Pia illusione: empatia e coscienziosità sono tratti della personalità piuttosto rigidi, figuriamoci che nemmeno i futuri comportamenti criminali sembrano dipendere dall’ educazione inoculata.
VALORI. Qui si comincia a ragionare. Il padre milanista ha quasi sempre un figlio che sarà milanista per tutta la vita, e essere milanisti – cheché se ne dica - non è certo scritto nei geni. Religione, ideologia e fede politica funzionano un po’ come il tifo: c’ è margine per operare (anche se si rischia di trasmettere l’ etichetta senza un’ adeguata passione).
AMORE FILIALE. Genitori amorevoli e rispettosi saranno sempre ricambiati, per quanti siano gli errori fatti in buona fede.
cristo benedicente
Cranach il vecchio; Gesù benedicente i bambini
Arrivati alla fine consentitemi solo tre codine.
La prima chiusa è un avvertimento: al mondo non esistono mica solo i genitori e i geni. Quindi, una volta ridimensionato il determinismo educativo, evitiamo di fantasticare sul determinismo genetico, sarebbe da stolti. I geni ci spiegano al massimo un 50%, e il resto? Ognuno ci metta quel che crede, io, per esempio, ci metto la libertà: se i genitori contano meno del previsto questo è perché i loro figli sono persone essenzialmente libere.
La seconda chiusa è la preghiera del genitore consapevole:
… Signore, dammi l’ umiltà per accettare cio’ che non posso cambiare, il coraggio per cambiare cio’ che posso cambiare e la saggezza per distinguere tra le due cose…

Reinhold Niebuhr

E infine, un giudizio: a mio parere il libro è abbastanza convincente… e siccome ideas have consequences…

giovedì 23 febbraio 2012

Dominante, tonica, sordina, eco… e poi Carolyn

Le musiche dapprima risuonano, poi imboccano la via della cadenza per spegnersi e limitarsi a echeggiare nell’ animo dell’ ascoltatore… ma non è finita lì… e dopo?…

… il dopo lo illustrano bene gli arpeggi invertebrati di Carolyn…

… sa farci sentire come si sentono i suoni quando sono destinati a non farsi più sentire, quando si appartano e vanno in pensione.

Opera meritoria, ma soprattutto consolatoria: per noi, e forse anche per loro. Poverini.

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Genealogia: Ran Blake.

Carolyn Hume Paul May – Come to nothing

mercoledì 22 febbraio 2012

Musica d’ atmosfera…

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… non nel senso che “crea un’ atmosfera…” ma piuttosto che osserva leggi atmosferiche…

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Qui il Bernacca del pentagramma ai suoi vertici…

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Iannis Xenakis - Oresteia

martedì 21 febbraio 2012

Preghiere all’ aria aperta

I ciellini non fanno altro che cantare tutto il santo giorno e Chieffo, militante della prima ora, è il bardo designato. Privilegiano una religiosità all’ aria aperta…

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… l’ umile e il bambino spiccano come figure di riferimento… lo stupore dei loro occhi è esemplare…

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sabato 18 febbraio 2012

Taja e medéga

Chirurgia dello sbrego per questo club di cerusici abituati al corpore vili

Organi, wurlitzer, moog synthesizer, mellotron, clavinet, pianoforti… sono il forcipe che afferra per le tempie il neonato cianotico ma dal radioso avvenire.

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Madeski/Shipp – Radical Reconstruction Surgery

Musiche appese a un filo

Augusto Esquivel 

un filo di Augusto Esquivel

 

1. … mangiatori di loto fanno lavorare le mascelle…   

2. … rimasugli di concerto grosso…

3. … lo sperone insanguinato…

4. … infiorescenze vocali nella notte newyorkese…

5. … ambienti concavi (con moquette)… Michel

6. … Chapter one… oggi la Sara spiega in classe… le musiche primitive

7. … indicatori della qualità della vita a San Paolo…

venerdì 17 febbraio 2012

Non si sevizia così un Paperino

L’ Italia ha prodotto almeno tre grandi film horror: il primo è cosmopolita, Profondo Rosso.

Gli altri due sono horror da campanile: c’ è quello padano e quello terrone.

A proposito di campanile: nell’ Italia anni settanta che andava laicizzandosi il pervertito è sempre il prete, ovvio. Spero quindi che nessuno consideri questo parole uno spoiler sorprendente.

Qui mi occupo del secondo film, quello “terrone”.

Ambientato sotto i ponti che percorrevamo ignari per andare in vacanza.

Sembra incredibile pensare che là sotto potesse esistere qualcosa che non fossero le discariche abusive. Scopriamo invece che abbondano oratori, streghe e fattucchiere.

Una storia avvincente, sembra di vedere De Martino allo storyboard.

Leggendaria la seduzione del bimbo. Su questa scena la mia generazione c’ ha lasciato una tonnellata di diottrie!

Nel dibattito post proiezione ferverà ila diatriba giuridica: ha senso incriminare per tentato omicidio chi si produce nel rituale voodoo della bambolina infilzata? Se sì, la giunonica Florinda Bolkan non la passerebbe liscia.

Certo che nel film, il sentimento perbenista, un tempo tenuto a freno dalla Santa Inquisizione, non bada ai sottili distinguo dei giureconsulti e provvede a una grezza giustizia.

Massacri del genere hanno folgorato Tarantino sulla strada di Damasco facendogli decidere quel che avrebbe fatto da grande.

 

… tanto poi ne faremo un altro…

… aggrappati piccolino, aggrappati forte… e non disperare: il mondo è pieno di placente…

… lui, all’ insaputa di lei, lo porta dall’ acquirente (“… tanto ne faremo un altro…”)

Trama: lui e lei sono giovani, belli e spiantati: vivono di espedienti, caldo o freddo, sempre all’ aperto; con l’ ottundente bordone del traffico parigino a far da ovatta nelle orecchie e a sbiadire il tipico grugnito francese della banlieu; quando ecco una “visita” inaspettata.

Povere donne, sempre la solita solfa… sembra che debba nascerti un bimbo, prepari il corredino e tutto, ed ecco che te ne nascono due… il secondo alto un metro e ottanta…

NMARGHERITA

Il film si chiude ancora con doglie, travaglio e (ri)nascita (del bietolone); speriamo bene… ma di questi tempi il “bene” e il “male” sono secondari,  “sperare” è già tanta roba… lo considero a tutti gli effetti un “… e vissero felici e contenti…” in salsa Dardenne.

 

F.lli Dardenne – L’ enfant

mercoledì 15 febbraio 2012

Qui pro quo

libertarians

… profondo malinconico lume…

Come bruciano placidi gli svedesi di Stanislav Aristov

… neanche la notte fatale alla fiammiferaia fu tanto siderale e fredda…

Stanislav Aristov

… giusto l’ arpeggiante scandaglio per abissi dell’ adagio beethoveniano commenta pertinente analogo sommovimento cardiovascolare…

lunedì 13 febbraio 2012

Bruno Frizzera e l’ impossibilità di capire

Ieri è morto Bruno Frizzera, presumo che stamane tutti gli uffici osserveranno un minuto di silenzio.

Questo è il mio telegrafico “coccodrillo”.

Viveva appartato, non partecipava a nessun convegno, disdegnava il dibattito dottrinario ed eludeva persino i giornali finanziari.

Aveva un buon motivo per farlo: aveva capito che non c’ era niente da capire.

I suoi manuali sono mitici: aveva capito che non c’ era niente da capire, che il nostro fisco è incomprensibile, incoerente, allergico ai principi e concentrato solo sul caso singolo, magari sulla sterile forma, in modo da spremere anche in assenza di danni erariali procurati.

In casi del genere le Teorie sull’ equità e sull’ efficienza, valgono meno di zero: non resta che una prassi vicina al gesuitismo causidico.

… finalmente comprensibili anche al profano alcune strofe dell’ inno ufficiale dei ragionieri…

E i suoi manuali erano proprio questo: bigini utilissimi con elencazioni sterminate di casi pratici e soluzione a latere. Poiché per confondere meglio le idee la normativa deve essere, oltre che vaga, proteiforme, le uscite dei bigini erano ormai a ritmo semestrale. Si tratta di libercoli che rivaleggiano per vivacità con l’ elenco telefonico, ma anche di bussole essenziali per sopravvivere in un mondo di emaciati zombi e vampiri assetati di sangue che spuntano da ogni dove senza criterio intelleggibile.

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