venerdì 6 agosto 2010
giovedì 5 agosto 2010
C' è Ulisse, ma c' è anche Gianburrasca
Gianburrasca stasera vuole ardentemente partecipare ad una festa, per quanto domani lo aspetti un esame cruciale. Sa anche che in futuro il suo desiderio di spassarsela sarà oscurato da quello di ottenere il diploma.
Ulisse decide di evitare le sirene mettendosi i tappi di cera nelle orecchie ed esentando l' equipaggio dall' obbedienza.
Gianburrasca decide di stare a casa a studiare.
Sono due storie plausibili? A me sembra di sì. Non mi scandalizzerei se qualcuno me le raccontasse.
Eppure qualcuno si scandalizza, parlo di chi crede che noi siamo motivati solo dal desiderio.
Costoro trovano irrazionale la storia di Gianburrasca: se nel momento della decisione si desidera fare X, si farà X.
Infatti Ulisse, nel momento in cui architetta il suo piano, desidera tornare in patria e architetta un piano per conseguire il suo obiettivo.
Gianburrasca desidera invece andare alla festa. E' sconcertante che al termine di un semplice calcolo, decida di rinunciarvi.
Evidentemente, per quanto molti lo neghino, anche la ragione puo' motivare.
Inconvenienti del fanatismo
"... Io mi reputo relativista (forse). Son talmente intriso di relativismo, da non reputare neppure sicuro d’essere io a scriverti in questo momento...".
Mi ha fatto venire in mente un passaggio del buon Chesterton che infilza con grazia questa fauna:
"... intorno al Cristianesimo si assiste oggi ad un fenomeno curioso; la volontà dei suoi neminci di combatterlo con tutte le armi possibili, comprese quelle spade che tagliano le loro stesse dita, o quei tizzoni ardenti che bruciano le loro case. Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell' umanità e finiscono per gettare via sia l' umanità che la libertà, pur di combattere la Chiesa. Conosco un uomo così accanito nel dimostrare che non avrà nessuna vita personale dopo la morte da ridursi ad affermare di non averne neppure ora. Al fine di provare che non puo' andare in Cielo finisce per provare che non puo' andare neppure a Rogoredo. Ho conosciuto persone che protestavano contro l' educazione religiosa adducendo argomenti contrari a qualsiasi educazione, dicendo che la mente dei bambini deve crescere libera o che i vecchi non devono insegnare ai giovani. Ho conosciuto persone che dimostravano che non vi puo' essere un giudizio divino dimostrando come corollario che non vi puo' essere nemmeno alcun giudizio umano, nemmeno sulle questioni più pratiche. Pur di mettere a fuoco la Chiesa, costoro hanno dato alle fiamme il loro stesso grano, pur di sfasciarla hanno sfasciato i loro stessi arnesi, Noi non ammiriamo nè scusiamo il fanatico che distrugge questo mondo per amore dell' altro. Ma che dire del fanatico che distrugge questo mondo in odio all' altro?..."
mercoledì 4 agosto 2010
Proibire la corrida?
Ma è davvero così? Vediamo di approfondire, magari cominciando a dire che ci sono vari tipi di utilitarismo.
innanzitutto noto che l’ alternativa proibire/consentire non è mai simmetrica come sembrerebbe: se si proibisce la quantità dei tori ammazzati è ZERO, punto e basta. La soluzione caldeggiata dai proibizionisti è in effetti una soluzione grezza.
La soluzione anti-proibizionista è molto meno grezza: il numero dei tori ammazzati varia a seconda della felicità dei soggetti (umani). Si paga per partecipare alla corrida. E si puo’ pagare anche per boicottarla. Un penny, un voto.
Certo, bisogna accettare che l’ infelicità dei tori si rifletta e venga pesata dall’ infelicità degli animalisti, quelli che pagano per risparmiare i tori. Personalmente accetto questa ipotesi che per molti è invece problematica.
Gli animalisti non vogliono la corrida?: se la comprino. Gli hemigwayani ne vanno matti?: se la comprino.
Per sfuggire alla grettezza l’ esito dovrebbe soppesare le offerte, ma la premessa è l’ anti-proibizionismo
martedì 3 agosto 2010
La scelta
Il materialista crede che la Scienza finirà, o che comunque potrebbe finire: esiste un algoritmo complessissimo ed ignoto che spiegherebbe tutto senza ricorrere ad entità sovraumane. Il credente pensa invece che la Scienza sia una ricerca continua: solo una mente dalle capacità infinite (ovvero sovraumane) conosce tutto e la esaurisce.
Per quanto ne sappiamo entrambi potrebbero avere ragione. E allora, chi privilegiamo?Poniamoci la domanda fatidica: quale tra queste due visioni è la più semplice?
Prendiamo a titolo d' esempio queste due affermazioni.
1) "Conosco (o potrei conoscere) X" (dove X è l' algoritmo complessissimo di cui sopra)
2) "Conosce tutto"
1 è affermazione più complessa di 2. X è già di per sè un concetto estremamente complesso. "Tutto" e "infinito", per contro, sono concetti molto semplici, comprensibili anche dai bambini.
Per le stesse ragioni per cui a Tolomeo preferisco Copernico, faccio prevalere la Fede sul Materialismo.
Richard Swineburne
A me il professore convince.
Sinceri democratici
G. K. Chercheston
Libertà e tradizione. La libertà come valore, la tradizione come frutto della libertà passata. Si puo' essere sinceri democratici senza avere il culto della tradizione? A lume di logica sembrerebbe problematico.
Suicidio del pensiero
G. K. Chesterton
Le solite cose... ma dette con la classe di un maestro.
Già declina pur nel fiore
Perorando la Torre d’ Avorio
Stillava sangue quel giornale. Lo presi, lo apersi e capii.
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:
"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."
Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali.
lunedì 2 agosto 2010
Problemi con la Trinità?
C.S. Lewis
Volendo approfondire la dottrina cattolica e non sentendosi all' altezza di abbordare la teologia più sofisticata, non restano che gli autori inglesi (Lewis, Chesterton, Belloc...).
Essere cattolici in Inghilterra significava portare a spasso lo stigma del ribelle, significava vivere fuori dal recinto e avere tutti contro. Tutto cio' sviluppava i muscoli della fede. L' unica via d' uscita praticabile infatti consisteva nel forgiare un linguaggio rigoroso (alla lunga mai contraddittorio) e facilmente comprensibile (la comprensione crea interazione ed evita l' isolamento). Anche per questo la sparuta bandella di Cattolici summenzionati era al centro della vita polemica e culturale di quel paese.
Dedicato a...
C.S. Lewis
Dedicherei il pensierino ad Odifreddi, l' unico teologo (naturalmente improvvisatosi tale sui due piedi) che se nei testi legge "... si assise alla destra del Padre..." pensa davvero che il Padre abbia una destra e una sinistra, anzi, pensa che il Padre abbia uno sgabello a destra e uno sgabello a sinistra... e magari cerca pure di avvistare gli sgabelli con il telescopio. Poi, quando non li vede, dice che l' umanità è un branco di cretini, tranne lui e qualche suo amico che gira sempre con il telescopio sotto braccio. Il tutto con la serenità che sa mantenere chi non è mai sfiorato dal dubbio.
venerdì 30 luglio 2010
Vivivivi? Gangangangang!
A lungo, molto a lungo mi fissò l'ochetta, e quando io feci un movimento e pronunciai una parolina, quel minuscolo essere improvvisamente allentò la tensione e *mi salutò*: col collo ben teso e la nuca appiattita, pronunciò rapidamente il verso con cui le oche selvatiche esprimono i loro stati d'animo, e che nei piccoli suona come un tenero, fervido pigolio.
Fin qui tutto bene. Lorenz ha già un piano: affiderà le ochette, e questa in particolare, all'oca domestica che si è piazzata nella cuccia del cane sfrattato, poraccio.
Infilai la mano sotto il ventre tiepido e morbido della vecchia e vi sistemai ben bene la piccina, convinto di aver assolto il mio compito.
Seee, macché. Non funziona così.
(...) Pochi minuti, durante i quali meditavo soddisfatto davanti al nido dell'oca, quando risuonò da sotto la biancona un flebile pigolio interrogativo: 'vivivivivi?'. In tono pratico e tranquillizzante la vecchia oca rispose con lo stesso verso, solo espresso nella sua tonalità: 'gangangangang'. Ma invece di tranquillizzarsi come avrebbe fatto ogni ochetta ragionevole, la mia rapidamente sbucò fuori da sotto le tiepide piume, guardò su con un solo occhio verso il viso della madre adottiva e poi si allontanò singhiozzando: 'fip... fip... fip... '.
Lorenz ci riprova, la ficca di nuovo sotto la biancona, ma niente: 'fip...fip...fip...' L'ochetta Martina non molla. Una 'madre' ce l'ha già, e non è la biancona. Lorenz si arrende.
Posai la cestina con la culla riscaldata proprio in un angolo della camera e mi infilai anch'io sotto le coperte. Proprio nell'attimo in cui stavo per addormentarmi udii Martina emettere, già tutta assonnata, ancora un sommessso 'virrrr'. Io non mi mossi, ma poco dopo risuonò più forte, come in tono interrogativo, quel richiamo 'vivivivi?' che Selma Lagerloef nella sua stupenda storia del piccolo Nils Holgerson, che ha avuto su di me tanta influenza quand'ero bambino, traduce con geniale, penetrante intuizione nella frase: 'io sono qui, tu dove sei?'. 'Vivivivi?: io sono qui, tu dove sei?'. Io continuai a non rispondere, rannicchiandomi sempre più tra le coltri, e sperando intensamente che la piccola si sarebbe addormentata. Macchè! Ecco di nuovo il suo 'vivivivivi?', ma ora con una mincciosa componente tratta dal lamento dell'abbandono: un 'io sono qui, tu dove sei?' pronunciato con il viso atteggiato al pianto, con gli angoli della bocca abbassati e il labbro inferiore voltato in fuori; cioè, presso le oche, con il collo tutto ritto e le piume del capo arruffate. E un istante dopo ecco uno scoppio di striduli e insistenti 'fip... fip... '. Dovetti uscire dal letto e affacciarmi sul cestino; Martina mi accolse beata salutandomi con un 'vivivivivi'. Non voleva più smettere, tanto era il sollievo di non sentirsi più sola nella notte. La posi dolcemente sotto la coperta termostatica: 'virrrr, virrrr'. Si addormentò subito, deliberatamente, e io feci lo stesso. Ma non era passata neppure un'ora (erano circa le dieci e mezzo), quando di nuovo risuonò il 'vivivivivi' interrogativo, e si ripetè la sequenza di cui sopra. E poi di nuovo alle dodici meno un quarto, e all'una. Alle tre meno un quarto mi levai e decisi di cambiare radicalmente la disposizione degli elementi nell'esperimento. Presi la culla e me la posi a portata di mano presso la testata del letto. Quando, secondo le previsioni, alle tre e mezzo si fece sentire il solito interrogativo 'io sono qui, tu dove sei?', io risposi nel mio stentato linguaggio di oca selvatica con un 'gangangangang' e diedi qualche colpetto alla coperta termostatica. 'Virrrr,' rispose Martina 'io sto già dormendo, buonanotte'. Presto imparai a dire 'gangangangang' senza neppure svegliarmi, e credo che ancor oggi risponderei così se, nel profondo del sonno, udissi qualcuno sussurrarmi sommessamente 'vivivivivi?'.
da L'anello di Re Salomone, di Konrad Lorenz (1949)
giovedì 29 luglio 2010
Il costo della scelta
E questo costo forse ci dice qualcosa anche sul ciclo economico: http://econlog.econlib.org/archives/2010/07/the_recalculati_2.html
Ma scegliere ci rende felici: Life goals and choices have as much or more impact on life satisfaction than variables routinely described as important in previous research, including extroversion and being married or partnered. http://www.bigquestionsonline.com/blogs/heather-wax/goals-religion-and-personal-choices-can-affect-long-term-happiness
sabato 24 luglio 2010
Due buone ragioni
Questi autori si definiscono spesso come "matematici", ma la cosa andrebbe controllata.
Prendiamo Paulos, pur insegnando matematica non lo si puo' certo definire un "matematico": ha pubblicato pochissimo (due lavori), con scarsi riscontri e in ambiti diversi da quello matematico.
La sua attività principale consiste nella cura di testi anti-religiosi e nella partecipazione a dibattiti televisivi.
Il caso di Odifreddi non si differenzia granchè.
Ambrosetti prosegue spiegando quando una persona puo' definirsi "matematico": un laureato che insegna al Liceo o all' Università è fuori dal consesso. almeno quanto un laureato in economia che lavora in banca non puo' essere considerato un "economista".
Bisogna invece partecipare attivamente e con risultati di sostanza alla ricerca matematica. Non basta qualche lavoro estemporaneo.
Infine Ambrosetti spiega perchè le dimostrazioni matematiche hanno poco a che vedere con l' esistenza o l' inesistenza di Dio: ogni dimostrazione implica assiomi indimostrati e dipende da quelli. ma ci sono anche ipotesi e definizioni a complicare la faccenda.
Se non siamo tutti atei o tutti credenti non è certo a causa dell' irrazionalità dilagante, manca un accordo unanime su assiomi, ipotesi e definizioni. Per evitare di essere stucchevoli, meglio lasciar perdere le "dimostrazioni".
Da ultimo Ambrosetti spiega perchè il suo lavoro di matematico (vero) lo ha avvicinato alla fede.
I motivi sono essenzialmente due.
1. la ricerca matematica ci fa toccare con mano la finitezza delle nostre conoscenze: solo la mente divina possiede la conoscenza infinita.
2. la ricerca matematica ci fa toccare con mano la non arbitrarietà della nostra conoscenza: solo un Dio puo' star dietro e condividere un significato tanto forte.
Non si tratta di dimostrazioni matematiche, è vero, ma sono comunque DUE BUONE RAGIONI per cui un matematico puo' sentirsi chiamato verso la fede.
Antonio Ambrosetti, Giovanni Prodi, Ennio De Giorgi - e mi fermo qui - sono forse le nostre menti matematiche più creative ed hanno seguito proprio quel richiamo.
Tutto cio' è rassicurante.
Antonio Ambrosetti - la matematica e l' esistenza di Dio - Lindau
venerdì 23 luglio 2010
Il creazionista giuridico
Chi si oppone alla legge puo' farlo solo in nome dell' etica.
Cosa è in grado di provare l' infondatezza di questa posizione?
Innanzitutto il fatto che esistono fior di diritti senza governi.
Recentemente leggevo Moby Dick, in particolare le pagine in cui Melville si dilunga sul diritto che regola la caccia alle balene.
Non esisteva un "governo" dei balenieri, eppure esisteva un diritto. Il diritto che tanto appassiona lo scrittore si era sedimentato nella pratica concreta dell' esecizio di quella professione.
E non parliamo certo di "norme etiche": parliamo del diritto ad inseguire la balena per 8 miglia che acquisisce chi scaglia il primo arpione che attinge la bestia.
Si possono fare decine di esempi simili al diritto dei balenieri. Decisamente troppi per non considerare tutto cio' un' "overwhelming evidence" contro l' ipotesi del creazionista giuridico.
Per il creazionista giuridico non puo' esister un ordine giuridico senza un dio. Pardon, senza un legislatore che tenga tutto sotto controllo dall' alto.
Il creazionista giuridico non riesce a concepire che l' evolouzione relazionale tra i soggetti è in grado di produrre ordini sofisticati. Eppure disponiamo ormai di una lunga serie di esemplificazioni concrete. Quella che in passato poteva essere considerata un' ipotesi, oggi è poco più che una superstizione.
Un testo che esprime al meglio questi concetti è il classico di Bruno Leoni: "La libertà e la legge". Purtroppo per molti anni da noi il creazionista Bobbio ha oscurato l' evoluzionista Leoni.
Vorrei solo aggiungere una cosa.
A volte mi capita di auspicare che una certa legge giuridica possa venir trasgredita, anche se so in anticipo che cio' condurrà Tizio alla rovina.
Facciamo un esempio che ci capiamo meglio: auspico che l' uso della droga sia liberalizzato anche se so che in questo modo Tizio si distruggerà.
Francamente non penso che questo mio auspicio abbia natura etica, al contrario. Eppure sono pronto alla disobbedienza civile per perorare quella causa. Ma a cosa mi appello se non mi appello all' etica?
giovedì 22 luglio 2010
Come uccide l' italiano?
Occorre mandare segnali a destra e a manca, la colpevolezza della vittima è secondaria.
Per passione.
Occorre sfogare l' odio che inietta il sangue negli occhi, e che vada in malora il test kantiano dell' universalità.
Per disperazione.
Compromesso il valore supremo (la Famiglia), tutto è perduto e muoia sansone con i filistei.
Ma dove trovare un' adeguata illustrazione degli omicidi italian style?
Come vertice propongo "Fratelli" di Abel Ferrara.
mercoledì 21 luglio 2010
L' antimiracolo di Lourdes
E' Dio ad essere muto o è il credente ad essere sordo?
Di certo tra i due, in questo lugubre film, la comunicazione sembra irrimediabilmente compromessa.
Se il black out di cui sopra fosse una presa d' atto, le simpatie dell' ateo sarebbero giustificate; se fosse un monito, ad essere giustificato è l' omaggio reso dai credenti che hanno premiato il film (pur senza colpi d' ala, resta dignitoso).
Ma forse non siamo di fronte ad un Dio muto: il miracolo c' è.
Forse non siamo noi credenti ad avere i sensi ottusi: il miracolo lo vediamo eccome.
Dio è pronto a rispondere, noi abbiamo orecchie per ascoltarlo...
... Purtroppo non abbiamo più bocche e cuore con la voglia giusta di "chiedere". La nostra ambizione di felicità si è debilitata e non va oltre Al Bano e& Romina.
I prodigi dell' Altissimo ci interessano relativamente: lui ci risolleva dalle carrozzelle... e noi ci ricadiamo pesantemente dentro, è troppo comodo farci spingere, è troppo comodo spingere.
martedì 20 luglio 2010
Perchè sono diventato anti-meritocratico
Intendono "Meritocrazia".
C' è uno che non c' entra niente con te, chiamiamolo "burocrate", che ti "misura ufficialmente" e ti dice quanto vali. Quello è il tuo valore e nessuno deve metterci becco.
In un mondo del genere vige il Metodo Unico e le maiuscole abbondano: il burocrate deve essere chiamato Burocrate, la misurazione si scrive Misurazione; l' ufficiale è Ufficiale e il valore deve essere pensato come Valore.
Preferisco essere valutato dalle persone che mi vedono all' opera e per cui faccio qualcosa. Sarà una valutazione con la minuscola, varrà solo per quelle persone, ma io mi fido di più.
Al "Valore" preferisco il "valore", ma soprattutto al mondo che sta intorno al "Valore" preferisco il mondo che sta intorno al "valore".
Il pensiero di Dio "serve" anche a questo, serve a dire al "burocrate" che non abbiamo bisogno quaggiù di gente dedita alla costruzione della maiuscole.
link
Come capire se non si capisce l' economia
Di solito non si offre oltre il 50%, sebbene un' offerta di quel tipo sarebbe prontamente accettata. Considerando solo le offerte realistiche, le persone accettano per ripartizioni pari al 50% o di poco inferiori, altrimenti declinano e perdono tutto.
Il giochino è noto come "the ultimate game" e molti lo considerano come una prova sperimentale in grado di confutare la razionalità umana. L' uomo non sarebbe davvero come lo dipingono gli economisti.
Non mi interessa tanto l' ultimate game, quanto chi conclude come ho detto. Si tratta di un modo molto diffuso di equivocare il lavoro degli economisti.
Secondo chi interpreta come ho detto gli esiti sperimentali dell' "ultimate game", se raccolgo un euro da terra e lo restituisco al legittimo proprietario che se l' era perso, io sarei una persona "irrazionale".
L' attacco ai diritti
In genere si tratta di gente dedita ad inventarsi un "diritto" al giorno.
Ieri il ministro Brambilla si è inventato il "diritto alle vacanze" per tutti.
[sito dedicato al buono vacanze]
lunedì 19 luglio 2010
Chi proibisce di più?
Per un libertario la tabella qui sopra è in qualche modo indicativa?
Non penso proprio, l' unica cosa che conta è il gradi di laicità che ciascuna religione è disposta a tollerare.
Tenuto conto del parametro fondamentale le cose potrebbero ribaltarsi.
Storia d' Italia
Limitiamoci alla storia dagli anni sessanta.
Limitiamoci ad una storia con un solo "cattivone" (il centro-sinistra).
Limitiamoci alla storia che più riesco a condividere.
Ecco, con tutti questi limiti, la migliore che riesco ad immaginare è all' incirca così.
Le puttane della lettura
Non si capisce bene: non sembra che chi legge un libro a pagamento abbia un profitto superiore rispetto a chi lo legge gratis.
Però chi è pagato è più probabile che legga rispetto a chi lo deve fare gratis.
link
sabato 17 luglio 2010
La Classe
Dapprima si additava la competitività: lo strss ambientale che crea finisce per macinare i ragazzi.
Ma questa accusa non ha retto a lungo, aveva i piedi d' argilla.
Si è passati a qualcosa di più calibrato: il programma mostra l' allievo in perenne conflitto con l' insegnante. Le due
figure non ricoprono con chiarezza il ruolo canonico, questo puo' confondere e spiazzare il ragazzo che guarda ed assimila.
Però anche un film quotato come "La Classe" mostra allievi che si mettono sullo stesso piano dell' insegnante ed entrano in perenne conflitto con lui.
Come distinguere allora l' "autentico" dalla "spazzatura". Cos' è che "edifica" e cos' è che "mortifica"?
Non sarà mica solo un affare di "movimenti di macchina", spero?
La forma è davvero tutto? E se la forma non è tutto, aiutatemi a distinguere la sostanza.
Faccio la mia ipotesi: mentre nel film la selvaggia vis polemica viene da fuori e "La Classe" è un ambiente dove si cerca di arginarla/ordinarla/indirizzarla, nel programma TV si ha l' impressione che l' insolenza sia un prodotto endogenamente crato.
Ma una differenza qualitativa tanto abissale puo' fondarsi solo su "impressioni" tanto fuggevoli?
Nel frattempo propongo un passaggio su argomenti noti: la misurazione delle competenze.
venerdì 16 luglio 2010
La pecora verde
Sine die
Non riesco francamente ad immaginare un settantenne alle prese con DJ, eppure, tanto per fare esempi, 40 anni fa non era certo concepibile un 50 enne concentrato su Pink Floyd o Jimi Hendrix, invece oggi è la norma più normale.
Ma senza andare tanto lontano, se vent' anni fa mi avessero fatto scommettere su quale musica avrei ascoltato vent' anni dopo, la chitarra anarco-punk di Andy Moor avrebbe goduto di una posta molto vicina allo zero.
E invece eccomi qua con il loro disco, Moor+Dj Rapture. Certa musica, per quanto brutale e avida di presente da deturpare, non ha scadenza, purchè si esponga senza paura a tutti gli influssi ancorandosi saldamente alla tradizione.
Oh, povera Holly, che brutta fine ha i fatto... lascia che versi una lacrima per te.
giovedì 15 luglio 2010
All' inferno fa davvero così caldo?
Signori della Guerra, Corti islamiche, crimini, violenza... Ogni tanto il telegiornale ne parla.
Quel che non ci dice è che in Somalia si sta meglio rispetto a quando c' era il governo, e meglio anche rispetto a parecchi Stati governati che erano nelle medesime condizioni di partenza.
Il TG non lo dice, ma il Ben Powell versione 2006 lo diceva chiaramente:
Although Somalia is still poor, the ordered anarchy that has existed since the mid–1990s has actually translated into improved living standards
E lo ribadisce nel 2010 in formato podcast.
P.S. epitome del tutto è il passaggio sulle telecomunicazioni: l' esistenza di numerose zone off limits ha sviluppato una tecnologia wireless che non ha pari nel continente africano.
martedì 13 luglio 2010
Elogio del Senso Comune
Tanto per cominciare gli scozzesi sono simpatici: parlano come fossero al bar e complicano le cose solo quando non ne possono fare a meno.
I tedeschi, ovvero i loro dirimpettai, sono professori che parlano a professori usando il gergo dei professori.
Il senso comune è quella facoltà della ragione per cui noi abbiamo accesso diretto ad alcuni dati della realtà. Vogliamo chiamarli dogmi?
Thomas Reid era ossessionato dall' ossessione dei filosofi di "dimostrare". Non riusciva a spiegarsela, ma perchè non la lasciavano ai matematici?
In particolare notava come i filosofi s' incaponiscono spesso a dimostrare l' ovvio, e questo quando andava bene, perchè molti erano animati dal sacro fuoco di voler dimostrare l' assurdo.
E' il senso comune a farci dire che se una cosa ovvia è ovvia e da lì che bisogna partire senza tante dimostrazioni a supporto. Ma ecco le sue parole:
When we attempt to prove, by direct argument, what is really self-evident,
the reasoning will always be inconclusive; for it will either take for
granted the thing to be proved, or something not more evident; and so,
instead of giving strength to the conclusion, will rather tempt those to
doubt of it who never did before.
Chi non coglie il punto presto o tardi fa la fine di Hume e finisce cotto nella padella dello scetticismo. In alternativa fa la fine di Kant, che nel disperato e lodevole tentativo di salvare baracca e burattini mette in piedi un enorme sistema filosofico zeppo di contraddizioni.
La filosofia del senso comune è una buona alternativa sia a Hume che a Kant, sia all' empirismo che all' idealismo. Ve la vendo volentieri. Comprate?
Reid è stato molto criticato, c' è chi ha fatto notare come l' opera della scienza sia una continua guerra al senso comune.
Penso che una critica del genere vada a vuoto poichè l' attività scientifica deve pur sempre partire da dati di senso comune, ovvero dogmi.
Qualcuno sostiene che se ci mettessimo nelle mani di Reid la terra sarebbe ancora piatta.
Ma perchè? Il fatto che la terra sia rotonda è perfettamente compatibile con il fatto che la vediamo piatta. Il senso comune ci porta ad affermare che la vediamo piatta, nulla di più.
Oso dire che se un essere venisse precipitato sulla terra all' improvviso e non ammettesse la sua "piattitudine", forse non avrebbe nemmeno le facoltà cognitive per scoprire domani che è (quasi) sferica.
L' empirista crede solo a quello che vede per cui se Giovanni butta Giorgio sotto il treno non potrà mai affermare che Giovanni è la causa della morte di Giorgio, questo per il semplice fatto che la "Causa" è un fenomeno invisibile.
Forti del senso comune superiamo con un saltello il crepaccio dove s' inabissa l' empirista.
Il senso comune ha come nemico solo se stesso: si sente minacciato solo quando entra in conflitto con un altro dato ancora più basilare del senso comune. Ecco allora che diventa legittimo rivedere le sue indicazioni.
La filosofia del senso comune ha un punto debole: come ci accorgiamo degli errori?
Alcuni trucchetti ci sono, ma l' obiezione di fondo resta.
La trovo comunque innocua: con un po' di rischio la vita diventa anche più bella! Se poi l' alternativa è quella di consegnarsi ad uno scetticismo ancor più arido ed improbabile.
Penso tutto sommato che Thomas Reid sia una buona guida per chi vuol fare escursioni sicure negli impervi territori della filosofia. Tra quei deserti e quelle foreste ci si perde puntualmente, se poi ci mettete le mille arguzie di professori annoiati che si divertono a confondervi... Ma voi fate un fischio, l' agile Reid arriva con il suo ufficietto portatile e in quattro e quattr' otto vi ricalcola le coordinate consenstendovi di procedere spediti.
... l' ufficio portatile di Thomas Reid
lunedì 12 luglio 2010
Land of Kush
Il canone che sono chiamate a chiosare ha sempre l' aria di essere troppo rigido: un ritmo martellante che precipita presto in un' antivitalistica ipnosi, in una scabra parola che domanda solo obbedienza.
E' dura guidare un popolo nel deserto, l' unico comando che dà frutto richiede una spoglia semplicità al limite del crudele. E il deserto della metropoli non è molto diverso dagli scatoloni di sabbia che conosciamo.
Ma ecco che nei momenti più creativi la varietà dei commenti si muta in un' insospettata infiorescenza: vederla stagliarsi sulle dune è uno spettacolo. Il verbo desertico viene vivificato dalla frescura di un' oasi.
Un disco che comunque non riesco a promuovere.
LAND OF KUSH - Monogamy - Constellation 2010 -
Per percussioni ed orchestra
Il percussionista Martin Breinschmid esegue un pezzo del compositore Leroy Anderson (1908-1975): "Il dattilografo".
sabato 10 luglio 2010
Bambini fra le note
Il bambino campagnolo di Kodaly ha tutti gli oggetti legati al naso da un filo invisibile: ora guarda un falco veleggiare sui pollai. Ancora non si capacita di esser capitato dentro un mondo tridimensionale.
L' ingegnoso bambino di Mendelssohn smonta i giochi, separa le viti dai bulloni e conduce con lo scrupolo di un adulto le sue indagini...
Il bambino idolatrato del Klimperei vive sprofondato nei suoi giocattoli pensando che non esista altro, gioca solo in casa con il pigiama... sarà facile ingannarlo.
Il bambino vanitoso di Schumann gira come un galletto impettito per il cortile sperando che si noti la marsina nuova di zecca.
Robert Schumann - 12 Piano Pieces for Little and Big Children, Op. 85 - Jörg Demus (Piano), Norman Shetler (Piano) - Demusica
Ziltan Kodaly - 7. Children's, youth and female choruses - Cantemus, Dénes Szabó - Hungaroton Classic
Alfredo Casella - 11 pezzi infantili, Op. 35 - Sandro Ivo Bartoli (Piano) - ASV
Felix Mendelssohn - Kinderstücke for Piano Op. 72 - Benjamin Frith - Naxos
Klimperei - 25 songs looking for ears - acidsoxx
venerdì 9 luglio 2010
Il fisco ideale in due mosse
Primo, l' imposta cardine dovrebbe essere sui consumi, cio' garantisce equità ed efficienza: comprime l' odioso arbitrio delle aliquote progressive e non colpisce la voglia di investire.
Purchè ci si ricordi sempre che IGE o IVA non sono imposte sui consumi.
Secondo, per ridurre l' incivile spionaggio fiscale (vera piaga del mondo moderno) ci si affidi a tributi indiretti. Il reddito sarebbe derivato presuntivamente da stime ed indici.
Oggi già esiste un redditometro (tiene conto di casa, auto, assicurazioni...) che viene calcolato a nostra insaputa. Ma si possono introdurre nuovi indici sempre più sofisticati: statura, IQ... purchè lo si faccia senza disturbare il contribuente.
Praticamente ho già finito.
Ricordo solo che i Consumi, ovvero l' imponibile, sono dati da Reddito meno Investimenti. Il Reddito è presuntivo e gli investimenti effettuati nell' anno devono essere documentati dal contribuente.
Accenno solo ad una conseguenza della riforma: sparirebbero d' incanto commercialisti, tributaristi e Agenzia delle Entrate. Basterebbero pochi catasti e un pugno di burocrati.
Le imprese nemmeno sarebbero tenute ad un bilancio fiscale.
C' è poi la questione delle aliquote: per non ricadere in pratiche estorsive direi che non si puo' andare oltre il 10% sul reddito. Penso che tutti pagherebbero volentieri lasciando la mancia.
Utopia? No, solo doverosa segnaletica per chi è in cammino e non sa che direzione prendere.
giovedì 8 luglio 2010
Rimetti a noi i nostri debiti
In epoca adulta, invece, a palleggiare sono io, nella frescura di un treno pendolari. Guardo Magnolia e tento di scoprire il filo rosso che lega tutte le storie.
Tento di non farmi sviare dall' esordio programmatico della pellicola: non penso proprio che ci si limiti ad esporre i ricami del caso, per quanto spettacolari essi siano. Con il caso ci dobbiamo fare i conti, ok, ma non puo' esser tutto lì.
Tento di non farmi sviare dall' ovvio: sono tutte relazioni avariate tra padri e figli. Ma non puo' essere solo un catalogo di brutture.
Tento di non farmi sviare dalla Saretta: solo la lealtà conta e risolve. Non posso uniformarmi passivamente ad un' idea per quanto brillante.
Tento di non farmi sviare neanche da me stesso e dalla vocina nel film che dice "tu ti dimentichi del passato ma lui non si dimentica di te": cerco di spiegarmi.
Il film dura tre ore, per almeno due ore lo studi, ma poi devi concludere e verificare.
Io pensavo di averlo in pugno, avevo concluso che fosse un film sull' Anima.
Cos' è l' anima? Oggi mi alzo e so con certezza che sono la stessa persona di ieri, questa continuità esiste grazie all' Anima.
Chi rinnega la sua anima la paga cara, non creda.
Chi fa a fette la sua vita, e impacchetta le fette più sgradevoli credendo di farle sparire occultandole sotto il tappeto, non s' illuda, il passato torna alla guida di un bulldozer.
Ho guardato tanti film western e queste cose le so bene.
Una sostanza del genere godeva poi anche del supporto formale: tante storie tagliate a fette ed isolate, con l' arte registica in grado di farle interagire in una polifonia: ora la fuga si stringe (una sola immagine per racconto), ed ora si allarga (intere sequenze). Una musicalità avvolgente al punto di trasformare quell' insieme eteroclito in un tutt' uno, al punto da conferire un' Anima all' intero film.
Ma c' era pur sempre Stanley a non far quadrare i conti: un bambinetto, uno che non aveva "pezzi di vita" buttati che tornavano nella notte come zombi a visitarlo. Al limite, quei "pezzi di vita" se li stava vivendo proprio ora nella brutta storia che lo riguardava.
Stanley era una tessera che non entrava nel puzzle. Dicevo, fa niente, c' è sempre una tessera mal sagomata.
Ma poi vennero le rane. Così come Altman fece venire la scossa di terremoto, qui vennero le rane.
Vennero le rane a farmi cambiare idea, a farmela cambiare in senso quasi opposto: dopo le "rane" mi sono convinto che il passato non è tutto, che lo si puo' annullare o perlomeno ridimensionare.
Insomma, si puo' ricominciare.
A me, in piccolo, è successo: mentre litigo con un amico comincia a grandinare, ma parlo di chicci grandi così. Guardo la grandine, poi ci guardiamo per tornare a quella grandine pazzesca. Alla fine di quello strano fenomeno atmosferico, chissà perchè, non ho più voglia di litigare, sono tutto rilassato e pure il mio "nemico". Bene, sta smettendo, devo andare, alla prossima.
A volte una risata vale quanto grandine e rane. Dovete incontrare quel tale con cui avete da sempre rapporti molto tesi, ma nel corso dell' incontro a base di frecciatine succede qualcosa - lui inciampa buffamente, oppure alla tele danno un film di Toto' e una battuta surreale s' insinua tra voi - fate insieme una crassa risata del tutto casuale, la fate insieme e dopo sentite che non puo' e non deve essere più come prima.
A volte sono i micro-traumi a congiungere ancor più di una risata. Quando facevo l' istruttore militare dovevo andare alle quattro del mattino nelle camerate a dare un' immotivata sveglia con un paio di petardi. Era un trauma per tutti. Quel micro-trauma insensato vissuto insieme serviva per unire la truppa, per livellarla, per creare cameratismo. E funzionava di brutto. Cos' è un raudo sotto il letto alle quattro del mattino? Lo sappiamo solo io e il mio vicino di branda, c' intendiamo con un' occhiata e non riusciamo a dire niente in merito, tu non potrai mai saperlo.
Con le rane interpretate così si giustifica persino un difetto del film: la recitazione sovraeccitata, direi quasi "mucciniana". Serve per far esplodere meglio la bomba distrattiva dello straordinario, nonchè a diffondere la rilassatezza che ne è la conseguente radiazione.
Padre e figlio si confrontano senza considerarsi, chiusi nei propri dolori ed ostili come sempre. Cade la prima rana e già la linea del sopracciglio paterno muta leggermente, non ha più la stessa ostinata curvatura, quella curvatura che per i due era di dovere stando al reciproco cospetto; ora invece cambia, si addolcisce, forse si puo'...
Le rane sono il segnale: ora! Ora è il momento buono, il momento buono per cominciare o per ricominciare, approfittane, fallo, i tuoi debiti sono rimessi.
Un momento buono che grazie alla misericordia di chissà chi arriva sempre, anche in punto di morte.
La dinamica dei bilanci pubblici
Charles Adams
Da un punto di vista statico Adams è inappuntabile, ma da un punto di vista dinamico?
Anche.
Questo per la buona ragione che qualsiasi aumento di entrate viene inevitabilmente speso dalla politica, persino prima che si sia realizzato. Volete qualche esempio?
Se siamo arrivati a far spendere dal burocrate il 50% delle ricchezze prodotte quando un tempo non si azzardava oltre la soglia del 10%, un motivo ci sarà. Magari la retorica della "lotta all' evasione" un ruolo nello sfacelo ce l' ha.
mercoledì 7 luglio 2010
Alla ricerca del nulla
Certo che ascoltando Frati, rettore alla Sapienza, la tesi accresce la sua credibilità:
"Il 30% dei ricercatori a Giurisprudenza non ha prodotto nulla nell’ambito della ricerca scientifica, e in generale alla Sapienza il 10% dei ricercatori non ha prodotto nulla in 10 anni... Queste persone vanno cacciate dall’Università"
Fasciodemocrazia
ma sentite questa.
Scrive Bartolomeo Di Monaco:
Lo confesso: a vederlo e a sentirlo parlare, quel Luca Palamara, il presidente cioè dell’Anm, dà una sensazione sgradevole. Ha una espressione troppo furba per potergli credere. Dovessi stipulare un accordo con lui, mi farei assistere (avendone i mezzi, e non li ho) dai migliori specialisti internazionali. E non sarei sicuro lo stesso...
Insomma, Di Monaco ci rende noto che secondo lui Palamara ha una faccia "da furbetto".
Palamara querela chiedendo 100.000 euro di risarcimento e facendo chiudere il sito.
A quanto pare Di Monaco non puo' pensare che Palamaro abbia la faccia da furbetto.
Pensare certe cose è reato. Riferire il proprio pensiero è un crimine diffamatorio, come se il pensiero di Tizio appartenesse a Caio.
Io, povero ingenuo, credevo che la diffamazione si configurasse come una truffa. No! E' una vero e proprio limite alla libertà di pensiero. Una delle tante continuità tra democrazia e fascismo.
martedì 6 luglio 2010
Il GT del quanrto secolo
Ci fanno sentire nelle mani dell' invasore?
Alzeremo dunque le barricate contro questa musica, simbolo della subdola colonizzazione canora?
In realtà, in passato Mediolanum le barricate le alzò con successo, ma non contro quella musica, bensì grazie ad una musica chiaramente imparentata con quella: il nemico da respingere veniva da nord, era l' arianesimo, e la medicina musicale per alzare il morale alla truppa (la folla resistente stipata nelle Basiliche) era genitrice di quella che esce dai GT.
Alla testa di Milano, il milanese più degno di sempre, parlo del tedesco Ambrogio. E a riferire le eroiche gesta del crucco, un altro grande amico di Milano, l' africano Agostino (mia mamma non ci crede ancora che era africano... "ma va là...").
Le ridondanti melodie orientali che veleggiavano nelle volte ambrosiane, anche se ascoltate senza l' ausilio di un Gt che sgasa, rimangono inequivocabili. Esempio:
La vera colonizzazione musicale venne più tardi, da "Roma", con lo splendido gregoriano come grimardello.
Ensemble Organum, Marcel Pérès - Chants de l' eglise milanaise - Harmonia Mundi.
Fatherhood 101
A proposito di padri geniali tirocinanti...
Nathaniel Hawthorne, Venti giorni con Julian (Adelphi 2004), 8 euro
Il 28 luglio 1851 Sophia, la moglie di Nathaniel Hawthorne, parte con le due figlie Una e Rose per far visita ai suoi genitori, lasciando a casa il marito e il figlio Julian di cinque anni, da soli. In quei venti giorni Hawthorne tiene un diario delle sue giornate con Julian. Il bagno la mattina, la pettinatura dei ricci, le passeggiate in campagna.
Il modo migliore per farsi un'idea o un'impressione vivida di un paesaggio è quello di sedervisi dinanzi e mettersi a leggere, o immergersi nei propri pensieri; così poi, quando gli occhi vengono attratti dal paesaggio, si ha la sensazione di cogliere la Natura alla sprovvista, vedendola prima che abbia il tempo di mutare aspetto. L'effetto non dura che un istante, e svanisce non appena se ne diviene consapevoli; ma, per quell'attimo, è reale. (...) Il mistero è svelato, e l'istante dopo ridiventa un mistero.
- Antonio Spadaro, "Civiltà cattolica” (gennaio 2010) qui
Regalmente ridicoli
Non è passato molto tempo da quando il mondo occidentale si chiedeva se i giapponesi non fossero davvero la razza superiore che affermavano di essere quando, nella guerra del Pacifico, misero in gionocchio gli USA, la Francia, la Gran Bretagna e i Paesi Bassi. Anche se alla fine vennero sconfitti, la ferocia combattiva dei loro guerrieri era sbalordiva.
Senza pronunciare alcun comando, li comandava un omino chiuso in un palazzo e quasi mai uscito da lì, si trattava dell' incarnazione di Dio in terra: l' Imperatore.
Grazie a dei nati-vecchi come Kaspar Hauser o il Ragazzo Selvaggio, riusciamo a proiettarci alle scaturigini della grammatica, laddove il linguaggio sgorga per la prima volta da non si sa cosa.
Anche questo imperatore è un bambino anziano mai veramente uscito dall' incubatrice del Palazzo Reale. Ad impedrgli di nascere, a tenerlo barricato lì dentro, è il ferreo cerimoniale: ha visto quasi solo zucche inchinate che hanno visto quasi solo il pavimento di Corte.
Ma come passa il suo tempo il dio?
Lo passa acculturandosi, una cultura fiorita nel vuoto pneumatico dell' inesperienza.
Di fronte a questo Dio fattosi carne ci sentiamo come di fronte al campionissimo di Genius, il gioco a quiz per bambini: ammirazione e sfiducia si alternano in noi. Un Gesù bambino coltissimo e mai veramente nato.
Se Dio è tutto, il resto è nulla. Il genocidio di Hiroshima puo' convivere con l' accurata indagine sulle abitudini della Dorilla Convex, abitatrice di corsi d' acqua salmastri nell' alto Giappone.
L' Uomo Dio si reca all' ambasciata dei vincitori per trattare la pace, il breve tragitto in auto percorrendo la Tokio bombardata lo riconosco: è quello del Budda che lascia per la prima volta il suo palazzo per scoprire il male guardando dal finestrino.
Ma il dio nipponico scopre anche i sigari offerti da Mac Arthur e li fuma con la voluttà del ragazzino di terza media che si occulta nei gabinetti.
Gesù scendeva in strada e guardava in faccia i figli di suo padre, anche per questo vestiva alla moda con abiti ricercati che destavano l' ammirazione dei suoi contemporanei; il cristo re dei giapponesi, invece, veste all' occidentale ma con vent' anni di ritardo sulla moda.
Il suo aspetto è ridicolo e regale, risolini ed inchini si alternano al suo passaggio.
Privato della scorta, ridicolmente e regalmente, con l' espressione di Giovanna D' Arco e l' incedere di Charlot, tenta di prendere la porta giusta, quella che lo sottragga alla barbarie di una discussione pratica e lo riconduca al cospetto della Luce di suo Padre, il Sole.
[Peccato, ho cercato a lungo di estrapolare e mettere qua questa scena emblematica di tutto il film, ma il mio dvd deve essere difettoso]
Il film è pesante e non ripaga tutta la fatica. A questo punto preferisco il Sokutov vero, quello ancora più pesante ma che regala rari squarci di spiritualità cinematografica.
Richiesta di chiarimento: ma perchè l' imperatore atteggia continuamente la bocca a quel modo? Boh.
lunedì 5 luglio 2010
Ravasi su scienza e fede
...la scienza si dedica ai fatti, ai dati, al «come»; la metafisica e la religione si consacrano ai valori, ai significati ultimi, al «perché»
ma - come ha osservato acutamente Michael Heller - esistono alcuni tipi di asserzioni che si lasciano trasferire dal campo delle scienze sperimentali a quello filosofico e viceversa senza confondere i livelli, anzi, con esiti fecondi (si pensi al contributo che la filosofia ha offerto alla scienza riguardo alle categorie «tempo» e «spazio»). È così che ha preso vigore, accanto alla sempre valida «teoria dei due livelli», una sussidiaria «teoria del dialogo» propugnata da Józef Tischner che fa leva sul fatto che ogni uomo è dotato di una coscienza e, quindi, ogni ricerca sulla vita umana e sul rapporto con l' universo esige una pluralità armonica di itinerari e di esiti...
Voltiamo pagina e passiamo all' arte, chi non nota il parallelismo?
"...X si dedica ai fatti, ai dati, al «come»; Y si consacra ai valori, ai significati, al «perché»..."
Chi è tenuto a rispondere ai "come" non deve sentirsi sminuito, così come chi affronta i "perchè" non esageri con le invasioni di campo, denuncerebbe un certo dilettantismo.
Dogmatico è bello
Propongo qualche dogma sperando che possa interessare.
1. Il mondo fisico esiste.
2. La mente che ho in testa esiste. E non sono l' unico con una dotazione del genere.
3. La mia mente, nonostante le influenze che subisce, è libera di scegliere, almeno un po'.
4. Esistono dei comandi morali, chiamiamoli "principi", che la mia mente afferra.
Il punto quattro a molti, specie ai relativisti, sembra problematico.
Sebbene in sè non richieda di fare enunciazioni, mi viene in mente qualcosa tipo: 1) è sbagliato torturare ed uccidere un innocente; oppure 2) evita di stuprare una donna per il solo gusto di farlo, anche se sei ragionevolmente sicuro che la cosa non avrà per te conseguenze spiacevoli.
Ecco, per quanto si studi, si calcoli, si scopra e si pubblichi, penso proprio che nulla sia in grado di scalfire le verità di cui sopra. Cio' fa di me un dogmatico, spero di buon senso.
Vi piacciono i dogmi con cui costruisco il mio cordone sanitario? Vi sembra che facciano di me una persona troppo "rigida"? Siete più propensi a togliere dogmi o ad aggiungerne?
Ho lasciato da parte la faccenda religiosa perchè non fa altro che alzare polveroni dove tutte le vacche diventano grigie.
Mi piace esplicitare chiaramente i miei dogmi, anche perchè non credo molto nella distinzione dogmatici/non dogmatici; trovo più plausibile quella tra dogmatici dichiarati e dogmatici non dichiarati.
Tatè Nsonsgan Trio
Incubi conradiani e altre sudaticcie sgradevolezze sono messe al bando da chi, vivendo in quel calderone, ha imparato presto l' arte del fresco e della sua conversazione.
Scordatevi il negro scheletrico che nella polvere, facendo scintillare i suoi dentoni, pizzica sempre la stessa corda.
Una volta segati i denti al leone resta l' ombra della verzura tra Cocchi e Ananassi.
Abbiamo abbandonato nobili musiche perchè, esorcizzando la sporcizia, finivano inevitabilmente per suonare truffaldine: il mondo non è così.
Possiamo ora tornare ad un mondo pre-conradiano? Possiamo riabilitare l' Ordine e l' Armonia?
Sì, ma solo nella forma del coffe break (intermezzo tra apocalissi), solo come ultima sigaretta del condannato (soglia sull' apocalisse), solo come puerile reminiscenza su cui autocommiserarsi (fuga mentale dall' apocalisse), solo come scambio di curiose collanine (collezionismo onanistico per non pensare all' apocalisse)... tutti sport da svolgersi nel flusso delle aeree condizionate.
Una musica facile dunque, buona per video, aperitivi... e anche per l' ascolto.
Tatè Nsongan: guitar, percussion, vox.
Lamberto Curtoni: cello.
Cheickh Fall: kora, percussion, vox
wow, finalmente disponibili a 10 euro l' una le collanine con i pianeti
La Nobildonna e il Duca
Morale: la faute a Voltaire!
E' proprio vero, solo un inglese coglie ed esprime al meglio la scelleratezza dei lumi e della Rivoluzione Francese.
Il motivo è semplice: il popolo inglese si è modernizzato e ha esportato nel mondo la modernità.
[... Noi, in fondo, oggi viviamo nel mondo (democrazia + libero mercato) inventato dall' inghilterra...]
E ha fatto tutto cio' nel culto della Tradizione.
I Francesi hanno scelto un' altra via, la via di Voltaire e Bartali: "... è tutto sbagliato, è tutto da rifare...".
Il ribrezzo per quei metodi è stato espresso una volta per tutte da Edmund Burke.
E anche da Grace Elliott, vera eroina del film.
La tempra di Rossella Ohara rediviva: al posto di Atlanta, Parigi.
Una Parigi ricostruita in studio proprio come Atlanta. Fondali inerti che vengono vivificati dai meravigliosi dialoghi di Rohmer.
Solo tre personaggi: il popolo/suburra, il rivoluzionario/invasato e poi, solo di fronte allo sfacelo, l' Uomo.
Ovvero il Nobile, colui che avrebbe voluto/dovuto reggere i fili di una transizione sfuggita di mano.
Grace, al contrario di Rossella, forse non riceve l' iniziazione dai tragici eventi ma, esattamente come lei è Nobildonna che sa conversare, intuire, pensare, trovare le parole... Ma sopratutto non sa trattenere a lungo le emozioni, la maschera costruita per i salotti nobiliari non agisce su di lei in modo perverso. Forse anche per questo sa mantenere la sua dignità nell' umiliante confronto con i "rappresentanti della Ragione", ovvero la suburra invasata.
sabato 3 luglio 2010
Il pitone ci sperava
Piiistaa, Miriam, fammi strada. Voglio raccontarti di un personaggio non meno infido del tuo Giuda.
Eh già, non posso astenermi. Quando nel forum Augias viene tirato in ballo, sento che devo dire la mia, che esimermi sarebbe un tradimento, che devo dare sfogo alla passione che mi lega inesorabilmente al buon vecchio Pitone. [E' così che lo chiamano tutte le maestranze RAI...arriva er Pitone]...
Ogni volta che lo vedo in TV, lui mi fa l' occhiolino, io aggrotto la fronte in modo interrogativo, e lui me ne fa un altro. Le sue performances sono tutte una sequela di strizzatine d' occhio, alla fine se ne contano a decine, quasi tutte incomprensibili a chi si è acculturato frettolosamente.
Il fatto è che il Pitone, non c' è che dire, è gentile, educato, pettinato (più o meno), signorile, a modo, garbato, cortese...
...ma, sopratutto, è subdolo.
Subdolo come...non saprei dire...subdolo come un Pitone, ecco. Un Pitone reticolato. [ma lo sai che questi macchinisti rai sono proprio delle lenze?]
Nella sua "striscia" quotidiana dell' una, il lubrico Pitone mette in scena ogni giorno la quintessenza della doppiezza.
Sempre alle prese con un' allusione, con una risatina d' intesa verso la parrocchietta degli spettatori selezionati, con l' arte del non-detto, con un accenno subito abbandonato ostentando finto pudore, con un occulto riferimento che non si capisce ma poi si capisce, con l' ammiccamento complice, con segnali criptici che fanno tanto "mafia", con un gesuitismo da cortigiano untuoso...
Beneficiati della sua gradevole compagnia, non smettiamo mai di sorridere, anzi, ridiamo sussultando leggermente, senza mai perdere in attendibilità, dando contenuto sfogo al nostro elegante e silenzioso buonumore.
Poi ridiamo ancora e, quando sembra finita, ridiamo ancora un po' per atterrare meglio nel mondo delle cose serie. Come siamo fighi.
Ridacchiamo composti e con la tranquillità d' animo di chi puo' farlo "alle spalle", evitando quell' increscioso fastidio che è l' obiezione.
Poi, tutto d' un tratto, quando l' allusione è troppo scoperta, ecco che sul proscenio della recita pitica, esce il falso pompiere che alberga in lui: "...no...no...ma cosa avete capito?...non volevo certo dire quello..." e giù una sghignazzatina affinchè sia chiaro che...voleva proprio dire quello.
Siccome il Pitone non puo' pontificare tutto il tempo, allora invita ospiti che riferiscano fedelmente il suo pensiero. Poichè è un gentleman e aborre la telerissa, invita solo quelli, da sempre.
Dobbiamo capirlo: è talmente dozzinale entrare in contatto con la controparte. Non trovate? Poi magari ti tocca anche interrompere la tua rilassante risatina per fornire un chiarimento. Alla lunga la controparte fa venire l' ulcera, il Pitone non ha tutti i torti quando agisce all' insegna di questo motto...
... le frustrazioni lo prosternano, povero Pitone. In fondo vorrebbe solo parlare di bassa politicuzza partecipando alle zuffe da bar come un pirla qualsiasi, la sua intima natura è quella ("pirla qualsiasi"). Ma, purtroppo, l' altissima considerazione che ha di sè lo costringe a simulare dimestichezza con la cultura più raffinata, ad occuparsi solo di cibo per la mente rinchiudendosi in quell' angusto e frigido recinto.
Ecco che allora, nel tempo, l' evoluzione darwiniana del suo enorme cerebro, gli ha regalato la splendida ambiguità che lo abilità a molti giochi di prestigio. Per esempio, quello di affrontare ed esaurire tre argomenti in un solo discorso.
E' un magnifico lanciatore di freccette (avvelenate), i suoi nano-strali partono da tutte le direzioni per arrivare in un unico punto: la schiena del nemico.
Schiena? Sì, schiena. Si è forse mai visto un subdolo che non fosse anche vigliacco? E il Pitone è il subdolo per eccellenza della TV italiana.
'Sto nemico, essendo antipatico al Pitone, si trasforma quasi subito in un "nemico pubblico", e, nel volgere di poco, nel "nemico della civiltà", alla fine della fiera è diventato il "nemico dell' umanità". Un capolavoro che non dura più di venti minuti rai.
E' un nemico decisamente indifendibile. Di solito trattasi di un orribile e immorale cafone che manca un congiuntivo su due. Il suo nome non verrà mai pronunciato. Le sottili e moderate labbra del Pitone non hanno mai accolto il nome di uno solo dei nemici trafitti proditoriamente.
***
Ma non sono tutte rose e fiori, cara Miriam, ultimamente anche il Pitone ha avuto i suoi grattacapi.
Eh sì, lui ci sperava...ci spera sempre, ma questa volta sembrava proprio l' occasione buona e c' ha sperato ancora di più.
E' il sogno di tutti gli intellettuali zoppicanti: vendicare la loro mediocrità imboccando l' unica via che puo' condurli alla fama, alla gloria, a rimanere scolpiti nell' immaginario collettivo. E qual è questa Via? Semplice: una bella censura clericale. E' roba esplosiva questa, è roba che ti eterna nei secoli un giordanobruno qualsiasi.
E il Pitone ci sperava, caspita se ci sperava, con 'sto libro su Gesù poi! Ma i Censori si rivelavano dei veri maleducati, si facevano attendere come dame di alto lignaggio, e la tanto attesa censura tardava in modo sfacciato.
Così, in un momento di panico, se l' è inventata.
Mica scemo il Pitone.
D' altronde si sa come vanno queste cose, se il processo non dovesse disgraziatamente arrivare, te lo puoi sempre architettare per conto tuo. Sì, certo, bisogna essere un po' subdoli per farlo. E allora? Che problema c'è? Manca forse la materia prima?
"IO PROCESSATO DALLA CHIESA PER IL MIO LIBRO"
Questo titolo campeggiava sopra l' articolo in cui il Pitone denunciava tra l' orgoglioso, l' indignato e l' affranto, di essere rimasto vittima di una "dotta reprimenda".
Il Torquemada di turno si chiamava Romano Penna (noto studioso di esegesi neotestamentaria). Il meschino processo si era tenuto nell' inquietante Università Lateranense. Le fascine per il rogo sarebbero state accatastate in luogo ancora da precisare, si spera Campo dei Fiori. Sempre lì l' erezione della Statua...
Nell' articolo il morituro non si asteneva dal riportare le crudeli parole con cui era stata pronunciata l' abominevole senenza: "...non si puo' parlare di Gesù se si prescinde dalla fede...".
Pur lambito dlla fiamma mondatrice, il Pitone riusciva a mantenere in nervi saldi per dilungarsi a spiegare per filo e per segno il perchè "Gesù sia compreso meglio a prescindere dalla fede".
Ma...guardiamoci un po' nelle palle degli occhi, e diciamocelo: è fatta...ecchissenefrega di come si comprende Gesù e di tutto il resto...
Il primo a disinteressarsi della faccenda speculativa è il Pitone stesso, chissà che non convinca qualcuno e debba così rinunciare al suo Bronzo e ai Libri di Storia. Non sia mai, meglio concentrarsi sul lato scandalistico.
***
Ah, dimenticavo di dire: un breve accertamento è stato sufficiente per scoprire che "Il Processo del secolo" si era tenuto all' insaputa dei Giudici e di tutte le parti coinvolte, eccezion fatta del Pitone.
Purtroppo alcuni dettagli insignificanti potrebbero mettere in pericolo la ricostruzione del "martire": sembra che nella sua conferenza, Romano Penna non lo abbia degnato di alcuna "reprimenda". A questa notizia lo sconcerto è piombato tra gli eretici più ortodossi.
Il prof. Sergio Lanza, organizzatore della "Lectio", ha confermato che il Pitone era presente tra il pubblico - fu notato poichè, ligio ad un dovere di irriverenza, si alzò prima per andarsene - ma che il suo Saggio non è stato valutato in alcun modo nel corso dell' incontro.
Ormai per gli ingenui è tutto chiaro, il Pitone ha travisato un passaggio del Professore, il quale non voleva certo impedire lo studio di Gesù ai non credenti (e me pareva).
Figuriamoci, si era limitato a dire: "Poichè le uniche fonti su Gesù provengono dalle comunità dei credenti, bisogna analizzarle senza prescindere dalla fede che permea queste comunità". Sono banalità talmente banali che di solito vengono pronunciate ad una platea dormiente.
***
Calma però, forse c' è altro materiale, forse non si è trattato di foga eccessiva nel difendersi da accuse fantasma, il Telefono Giallo è rovente, qualcosa si muove nei sotterranei del Vaticano.
Andiamo un po' più a fondo, il popolo bue ceda la mano ai sottili indagatori dell' illuminismo più avanzato.
Detto fatto. Nuovi elementi sembrano emergere e un' ulteriore inquietante ipotesi viene messa sul tappeto, ora ve la sussurro ma, mi raccomando, acqua in bocca: sembra che il Prof. Penna nello svolgere la sua apparentemente innocua conferenza, vedendo in sala il Pitone e sapendolo esperto del "ramo", gli abbia fatto nientemeno che...l' occhiolino. Cosa ci sarà sotto? Paura eh?
... fine prima puntata...
Total Eclipse of the Heart
Ricordo ancora un tempo lontano quando le canzoni venivano cantate, prima dell' invenzione dei microfoni.
Ora il segreto consiste nel farle "trapelare". Non più cantarle ma pensarle a voce alta.
Con apparecchi sofisticati si tenta di registrare il cantante quando le ripensa, magari sotto la doccia, magari mentre si rade.
In realtà il cantante vecchio stile non serve neanche più, si puo' rottamare o lasciare che di lui se ne occupi la TV, grazie tante e arrivederci.
Serve chi quelle canzoni le sappia pensare con forza, in modo che l' elettrocefalogramma lasci anche una traccia acustica o qualcosa del genere.
Non è facile pensare a fondo una canzone, magari banale.
Se dominate la giusta tecnologia, se rinforzate il pensiero della canzone abbinandolo ad un amore (facile con un classico come total eclipse), forse potete provarci anche voi.
In gergo si chiama: Loving Massacre.
RASHIM (Austria) - SUNS SHADOWS - MOSZ
Martin Brandlmayr: marimba e bass
Howe Gelb: piano
venerdì 2 luglio 2010
Quinta traccia: il piacere
Da ciellina sosteneva che il cattolico deve evitare il moralismo: essere cattolico è un piacere, e il cattolicesimo andrebbe proposto come soluzione pragmatica prima ancora che come soluzione etica in senso tradizionale. Sii cattolico fino in fondo e sarai felice.
Figuriamoci, sfondi una porta aperta ma...
Figuriamoci, la statistica conferma uno solido legame tra religiosità e felicità, però...
Però meglio andarci piano, l' Etica non puo' arrivare al punto di coincidere con l' Economia.
I motivi li sappiamo.
Mettere il piacere al centro e ragionare sempre e solo in termini pragmatisti porta a conclusioni ripugnanti: Hanson ritiene che il problema della Shoah consista nel fatto che i nazisti non erano abbastanza numerosi! E in quanto utilitarista ha perfettamente ragione!
Ma quanti nazisti servivano per fare della shoah una soluzione pragmatica? Nebbia.
Ecco, cara Sara, il pragmatismo si affida al "calcolo del piacere prodotto" ma un simile calcolo ci lascia spesso nella nebbia. L' etica resta pur sempre un faro in quella nebbia.
Anch' io credo che il precetto etico mi condurrà alla felicità. Ma è un puro atto di fede, non ha niente a che fare con calcoli di alcun tipo.
P.S. so bene in fondo che Sara ragionava "al margine", ovvero non perorava una verità ma una tendenza. Non: "la chiesa deve essere un' azienda" ma "la chiesa deve essere più azienda".
P.S. per chiesa-azienda intendo la chiesa che non vende precetti morali ma ricette di felicità.
Alcolisti Anonimi
Difficile dirlo, certo che quando non è volontaria...
"... A 1999 meta-analysis of 21 existing studies, for example, concluded that AA members actually fared worse than drinkers who received no treatment at all. The authors acknowledged, however, that many of the subjects were coerced into attending AA by court order..."
link