… mangia tutto… pulisci bene il piatto… che altrimenti i bambini poveri che non hanno nemmeno quello piangono…
Potrebbe dirlo mia nonna come Papa Francesco, anacoluto compreso. E compresa anche l’ assenza di alate metafore.
La semplicità del nostro nuovo “Papa-bungiorno/buonasera” è disarmante e non sembra affatto uno stratagemma per parlare alle masse.
Se dice “povero” intende povero, non lo si puo’ equivocare.
Ieri al “gruppetto” ciellino dovevamo leggere e commentare il discorso tenuto dal Santo Padre in occasione della veglia pentecostale con i movimenti, le comunità, le associazioni e le aggregazioni laicali.
Si partiva da una domanda precisa rivolta a Bergoglio:
… vorrei chiederle, Padre Santo, come io e tutti noi possiamo vivere una Chiesa povera e per i poveri. In che modo l’uomo sofferente è una domanda per la nostra fede? Noi tutti, come movimenti, associazioni quale contributo concreto ed efficace possiamo dare…
Nella sua risposta il Papa lanciava un monito:
… in questo siate furbi, perché il diavolo ci inganna, perché nell’ aiutare i poveri c’è il pericolo dell’efficientismo.Una cosa è predicare Gesù, un’altra cosa è l’efficacia, essere efficienti… non pensate d un’ efficacia soltanto mondana…
Ma rinunciare all’ efficienza non è poi così facile visto che ci viene chiesto in questo modo di sacrificare materialmente delle vite umane.
E scusate la franchezza, scusate cioè se evito ogni forma di ipocrisia, ma è proprio Papa Francesco, nella sua recente predica a Santa Marta, ad esortarci verso questo linguaggio schietto.
Il Papa, proprio come mia nonna, non sembra molto sensibile alla “vita statistica” dei poveri, per lui conta soprattutto il povero in carne ed ossa che puoi guardare negli occhi.
Eppure la vita statistica del povero che sacrifichiamo vale quanto la vita del povero che ci sta di fronte, è solo un po’ più lontana.
In altri termini, la vita di un uomo lontano (nel tempo e/o nello spazio) vale quanto quella di un uomo vicino.
O no?
Ma vediamo in cosa consiste cio’ che siamo invitati ad evitare, ovvero l’ “aiuto efficiente”.
Come essere generosi usando la testa?
La ricetta è lunga e sorprendente, ecco i primi tre punti da mandare a memoria:
1. Affidarsi a professionisti.
Il motivo è semplice: un professionista fa meglio di un dilettante.
Chi lavora in banca faccia allora gli straordinari nel lavoro in cui è un professionista e doni l’ equivalente a professionisti che interverranno poi sul campo.
Vi sembra che Papa Francesco possa rinunciare al volontariato? No, non puo’ farlo e pur di non rinunciarvi è disposto a sacrificare delle vite umane, purché siano vite lontane e di cui non sappiamo nulla.
Ora ha più senso il suo: “guardatevi dall’ efficienza”.
2. Rimandare l’ aiuto.
Hai un dono da fare? Non farlo ora, rimanda. Rimanda il più possibile. Rimanda alla tua morte o, se la contrattualistica vigente lo permette e lo rende sicuro, anche dopo. Ora monetizza il tuo dono e investilo in un fondo a interesse composto da liquidarsi il più tardi possibile in favore dei beneficiari da te designati.
Se doni 100 euro oggi, salverai una famiglia povera. Magari il tuo dono genererà altra ricchezza per cui, a conti fatti, il tuo dono effettivo sarà di 100 più la ricchezza generata successivamente grazie all’ impiego di quella somma. Esiste un modo abbastanza sicuro per calcolare la ricchezza generata dal tuo dono: guardare agli incrementi di PIL del paese in cui hai donato. Nel nostro caso se si sbaglia si sbaglia per eccesso.
In alternativa, puoi depositare 100 euro in un fondo vincolato a interesse composto. In questo caso donerai più tardi i tuoi 100 euro ma ad essi si assommeranno gli interessi maturati.
E la differenza qual è?
Bè, ammesso che le famiglie bisognose non manchino neanche in futuro, i 100 euro donati oggi valgono i 100 euro donati domani: una famiglia bisognosa oggi non vale più di una famiglia bisognosa che vivrà in un futuro indeterminato. Per scegliere razionalmente dobbiamo concentrarci allora sulla differenza tra tasso di crescita del PIL e tasso d’ interesse.
Ebbene, da 3.000 anni il tasso reale d’ interesse a medio/lungo termine è sempre stato più elevato del tasso di crescita del PIL. Una tendenza stabile che non sembra proprio attenuarsi.
Benjamin Franklin ha fatto sue queste elementari osservazioni ma Papa Francesco puo’ accettare forse di sacrificare una famiglia oggi in favore di dieci famiglie che vivranno in un futuro indeterminato? Certamente no, sacrificherà le seconde.
Ora ha ancora più senso il suo: “guardatevi dall’ efficientismo”.
3) Concentrati su una sola causa.
Il motivo? se ritieni che una “causa” sia più importante delle altre, perché dedicarsi a quelle che tu stesso hai battezzato come meno urgenti sottraendo così energie laddove sono più preziose? Non c’ è ragione di farlo, a meno che il tuo intervento nella causa principale si riveli risolutivo, del che è lecito dubitare.
Se n’ era già discusso: link.
Ma come potrebbe Papa Francesco disinteressarsi,per esempio, del povero che incontra per strada o che gli bussa alla porta al solo fine di concentrarsi su un’ unica causa?
Ora mi sembra proprio che il suo “guardatevi dall’ efficientismo” puo’ essere compreso e abbracciato davvero da tutti, anche dall’ ateo più corazzato.
Ma perché la rinuncia all’ efficientismo non puo' certo dirsi una prerogativa del Papa?
Forse nessuno usa la testa in questi affari. Non solo, troviamo riprovevole farlo.
Potrebbe essere un sintomo che non siamo veramente interessati alla causa.
Oppure che siamo vittime di quella sindrome ben nota agli psicologi: il contatto fisico con realtà spiacevoli (o piacevoli) ci fa perdere la bussola.
Forse qualcuno pensa che le “buone intenzioni” siano sufficienti, sul resto non vale la pena di perderci troppo tempo.
Forse agiamo sotto la pressione sociale, cosicché ci interessa rendere visibile il nostro gesto più che renderlo efficace: è uno dei motivi per cui durante la messa si passa con i cestini a raccogliere le offerte quando la Chiesa è già disseminata di cassette per le offerte.
Oppure il nostro obiettivo recondito non è “aiutare gli altri” ma fare qualcosa per noi stessi o per la madre Chiesa. Lo abbiamo già visto sondando il mistero del volontariato.
L’ ateo scelga per sé la ragione che crede, noi cristiani scegliamo senz’ altro l’ ultima: l’ annuncio della parola ai poveri viene prima dell’ aiuto che ad essi è dovuto e vale la vita statistica di molti di loro:
… Noi non siamo una ONG, e quando la Chiesa diventa una ONG perde il sale…
Ricordiamoci però delle vite sacrificate in nome dell’ evangelizzazione, che è poi la premessa alla “vita vera”. Ricordiamoci di quelle anime (statistiche) nelle nostre preghiere e consideriamole alla stregua delle anime dei martiri cistiani.
P.S. le foto ritraggono scene di vita dei barboni americani.