ARTISTA: e voilà, ti piace la mia ultima opera?
ARTIGIANO: splendida, ma si puo’ migliorare.
ARTISTA: migliorare? E come?
ARTIGIANO: con un’ altrettanto splendida cornice che la esalti. Ci penso io.
ARTISTA: forse non hai tutti i torti, sono nelle tue mani.
Un mese dopo.
ARTISTA: la sai la novità? Ho bruciato tutto, l’ opera che ti avevo mostrato non esiste più. Sono ripartito da zero e questo è il mio nuovo parto.
ARTIGIANO: eccellente… certo che la cornice progettata per l’ opera precedente è inservibile, dovrò predisporne un’ altra. Pazienza.
ARTISTA: e come darti torto! Sai che ti dico? Sento già nuovi “stimoli”, ho l’ impressione che presto servirà una nuova cornice. Anzi, ho l’ impressione che se ti occuperai delle mie creazioni il lavoro non ti mancherà mai.
ARTIGIANO. Bene! Sono qui apposta.
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Justin Barrett – Cognitive science, religion and theology: from human mind to divine mind
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Come pensare al rapporto fede/scienza?
Bè, molti vedono lo scienziato nei panni dell’ ARTISTA e il teologo nei panni dell’ ARTIGIANO: la scienza procede autonoma e la teologia la insegue per fornirle di volta in volta la giusta cornice.
In parte è senz’ altro così ma spesso il rapporto è più diretto: la fede parla direttamente della scienza e la giudica come attività umana. Oppure, e qui ci occupiamo proprio di questo, la scienza ci parla direttamente della fede cercando di spiegarla in quanto fenomeno umano.
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Ci sono scienziati che indagano sul perché siamo religiosi, sul perché seguiamo certi riti, sul perché condividiamo certe credenze con gli altri, eccetera.
Il solo porsi queste domande da una posizione estranea alla teologia desta il sospetto di molti, ma si tratta di sospetti infondati, dettati per lo più dall’ ignoranza.
… le scienze cognitive ci spiegano come pensiamo, come formiamo le nostre credenze e come diamo senso alle cose. Mi sembra che le scoperte in questo campo possano riguardare da vicino gli interessi dei teologi…
Ascoltare cosa ha da dire un “cognitivista” sull’ esperienza religiosa è molto edificante. Spero che i preti lo facciano sempre più spesso, le dritte dello scienziato migliorano la qualità della nostra fede:
… le connessioni tra cognitivismo e teologia sono molte e sono forti…
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Aristotele lo aveva anticipato e la scienza contemporanea lo ripete, gli uomini hanno un tratto distintivo ben preciso: pensano.
… in realtà bisognerebbe dire che riflettono…
Che differenza c’ è?
… riflettere implica pensare al proprio pensiero e a quello altrui… prendere decisioni in base agli stati mentali che esistono in noi e che ipotizziamo possano esistere nelle altre persone…
Gli animali sembra proprio non facciano niente del genere: se pensano, pensano quello a quello che vedono (o ascoltano o sentono…). Una differenza non da poco.
Ma del “pensiero” non si occupano i neuroscienziati? Come distinguerli dai cognitivisti?:
… se mi chiedo come mai mia figlia mi ha fatto trovare un fiore sul cuscino dopo che quella serata turbolenta è perché desidero capire le ragioni profonde del suo gesto… un neuroscienziato avrebbe di sicuro la risposta pronta (lo so perché è sempre la stessa): è il suo cervello che glielo ha fatto fare… ma rispondere indicando un’ area fisica (del cervello) che ha subito certe mutazioni è una risposta per molti insoddisfacente… un po’ come se chiedessi: “come funziona il governo degli USA?” e voi rispondeste dicendo che il governo USA si trova a Washington… E’ molto importante sapere che il governo USA si trova a Washington ma saperlo non esaudisce la mia richiesta…
Le neuroscienze si occupano dell’ hardware, i cognitivisti del software. Se il monitor del pc mi mostra un errore, chiedo spiegazioni all’ esperto ma resto deluso se l’ esperto comincia a elucubrare intorno ai semiconduttori e al silicio, sono più interessato al comando che mi consente di uscire dall’ impasse e a come evitare di ripiombarci.
… le scienze cognitive si occupano della mente delle persone e stanno un po’ a cavallo tra psicologia e computer science… con una spruzzatina di linguistica, neuroscienze… antropologia e… teologia!
Già, anche teologia: chi si occupa di “come è costruita” la nostra testa si occupa anche delle idee innate, quelle che pensiamo con più naturalezza. La cosa è “teologicamente” rilevante, vedrete.
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La nostra mente ha dei limiti…
… altrimenti leggeremmo un libro di mille pagine in mezzora…
Li arginiamo ricorrendo alle cosiddette credenze inconsce o “irriflesse”.
A ogni nostra azione è sottesa una credenza ma quasi sempre questa credenza è “irriflessa”:
… poiché possediamo una memoria limitata la mente sopperisce compattando le informazioni in credenze spontanee e all’ apparenza ingiustificate…
L’ 80% delle nostre credenze deriva per esempio da testimonianze non verificate di terzi, è così anche in ambito scientifico.
… per noi il principio di credulità è qualcosa di innato: crediamo agli altri a meno di possedere valide ragioni per non farlo…
Una cosa è certa: questo modo di procedere della mente la conduce a compiere una marea di errori.
… anche le credenze frutto di riflessione sono spesso errate… per il semplice fatto che sono pur sempre fondate su credenze irriflesse…
La credenza istintiva fa da default alla credenza meditata, la seconda si innesca sulla prima e non c’ è modo di svincolarle:
… l’ intuito ci tradisce spesso, lo si ripete in continuazione ed è vero… non si ripete abbastanza che non abbiamo a disposizione altro che l’ intuito per fondare la nostra conoscenza…
Esistono alcune forme di intuito universali, tutti noi le possediamo.
L’ uomo è un animale “avido di senso”, chiede sempre “perché?”…
… e siccome le cose da conoscere sono tante… troppe… si cumulano una serie impressionante di credenze irriflesse che sopperiscono alla capienza mnemonica…
Per scoprire i meccanismi fondamentali della mente la cosa migliore è guardare ai bambini:
… se il corpo delle credenze del mondo adulto è molto variegato, per i bambini le cose stanno diversamente…
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Anche i bambini sono “avidi di senso”; i bambini sono dei “ricercatori naturali”, ce lo ha spiegato con dovizia di particolari Alison Gopnik (ht diana), ma fermarsi a questa conclusione sarebbe sbagliato, bisogna aggiungere che la loro ricerca segue direzioni ben precise.
Innanzitutto i bambini posseggono un’ ontologia intuitiva:
… tutti i bimbi concettualizzano spazio e oggetti… successivamente distinguono gli oggetti inanimati (statici) da quelli vitali (che crescono)… tra gli oggetti vitali distinguono quelli animati (che mostrano movimenti autonomi) e tra questi ultimi quelli che pensano (che mostrano di avere rappresentazioni mentali al loro interno)…
I bambini sono “essenzialisti”:
… intuiscono che le proprietà visibili di un oggetto derivano tutte da un’ unica proprietà invisibile…
Ci sono per loro idee controintuitive:
… le idee controintuitive sono quelle che mescolano le categorie dell’ ontologia intuitiva: un sasso che cresce, un albero che parla…
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Anche l’ idea di Dio è controintuitiva.
Ma allora l’ insegnamento religioso richiede forzature?
Le scienze cognitive ci mostrano che è vero il contrario: il bambino non possiede l’ idea di dio ma possiede tutte le categorie per adottarla senza troppe difficoltà.
D’ altronde ne occorrono poche, giusto le fondamentali. Dio è un concetto “modestamente” controintuitivo per il bambino.
Potremmo dire che si adatta bene al suo equipaggiamento cognitivo.
Una cosa è certa: come “teoria del tutto” è senz’ altro la più semplice (vedremo meglio in che senso).
Ma un bambino riesce a concepire l’ infinito? L’ onniscienza, l’ onnipotenza eccetera?
… in buona parte sì… tanto è vero che apprezza molto i supereroi… e Dio non è altro che un super-supereroe…
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Poiché anche il bambino è avido di senso, è buona cosa indagare le strategie migliori per aiutarlo nella sua ricerca.
Una tra tutte s’ impone: chiamiamola pure “funzionalismo”.
Il bambino chede: perché c’ è “questo”? Risposta: perché serve a fare “questo”. Il bambino è soddisfatto.
… per un bambino è importante sapere che un oggetto serve a qualcosa di specifico, avere questa informazione appaga la sua sete di senso…
In particolare il bambino è soddisfatto della spiegazione di “qualcosa” quando viene a sapere che quel “qualcosa” serve a “qualcuno”.
Deborah Kelman parla di teleologia promiscua:
… chiedendo a un bimbo perché quella roccia è a punta probabilmente ipotizzerà che è così affinché gli uccelli non si posino alla sommità… o altre spiegazioni del genere…
Tra i bambini si sviluppano molti dibattiti filosofici:
… in genere si tratta di stabilire per cosa è fatto un certo oggetto…
I bambini sono avidi di “risposte teleologiche” e ne offrono a loro volta.
… in età prescolare i bambini sono inclini a vedere il mondo come avente uno scopo e a vedere un essere intenzionale dietro a tutto…
Diciamo che i bambini sono dei complottisti nati (così come i complottisti nati sono dei bambinoni).
… persino gli scienziati se costretti a pensare in fretta mostrano bias in favore di spiegazioni teleologiche, salvo correggersi quando possono pensare con calma…
Francis Crick:
… gli evoluzionisti devono costantemente tenere a mente che il mondo non è progettato ma si è evoluto… capisco che si tratta di una forzatura per la nostra mente ma è una forzatura decisiva per la comprensione del reale…
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Ai bambini piacciono le storie. Soprattutto le storie con le persone (o con animali antropomorfizzati).
Anche per noi è così, in genere preferiamo le storie in cui delle menti interagiscono:
… la cognizione naturale ci dice che le persone hanno un corpo, una forza vitale (spirito)… una propria specificità (anima) e una coscienza che le rende moralmente responsabili (mente)… con questo materiale è possibile costruire storie affascinanti…
Si tratta di credenze naturali, irriflesse. Ed è certo che senza questi ingredienti sarebbe difficile concepire anche solo Biancaneve.
I bambini sono molto sensibili al fattore mentale:
… ancora prima di parlare… selezionano lo sguardo del genitore, la sua faccia… imitano alcune espressioni di base… vocalizzano in loro presenza… rivolgono i loro occhi nella direzione in cui li rivolge il genitore… al di là delle forme non tutto è uguale… il viso del genitore non è un cespuglio, non è nemmeno il braccio del genitore… è la sede di una mente…
I bambini sono dei “dualisti” istintivi. Presto cominciano a fare cose che un animale forse non ha mai fatto e non farà mai, per esempio:
… Nicola vorrebbe che Giovanni pensi di essere antipatico ad Anna…
Nicola sarà anche un bastardino, però concepisce pensieri “autentici”. Pensieri che hanno per oggetto gli stati mentali altrui. Probabilmente già si mette “nei panni” degli altri.
Aggiungiamoci una precoce intuizione morale:
… pensare a merito e colpa significa pensare alla mente umana…
La cosa è teologicamente rilevante:
… poiché dio è un puro agente intenzionale che giudica le nostre colpe, difficilmente puo’ essere concepito da chi non è in grado di concepire un concetto come la mente altrui…
Il perché della rilevanza lo capiremo meglio dopo.
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Ogni comunità umana ha da sempre concepito un concetto come quello di Dio, da quanto detto la cosa è tutt’ altro che singolare. E’ un concetto grazie al quale la vita di molti trova un suo senso. Questa è una prova a favore dell’ esistenza di Dio?
Mmmmm:
… l’ ubiquità di Dio nelle culture umane non puo’ indicare il fatto che esiste… anche i quark esistono ma non sono concetti tanto diffusi…
La cosa migliore sta nel cambiare la domanda:
… perchè tutte le comunità umane credono nell’ esistenza dello spazio tridimensionale?…
Forse perché la nostra mente è costruita per pensare in un certo modo.
Ma perché allora l’ ubiquità di Dio?
… lo abbiamo visto con i bambini… l’ uomo è avido di senso e preferisce gli venga servito nella forma di agente intenzionale che sta dietro le cose progettando un piano… è l’ identikit di Dio, almeno quando la cosa a cui dare un senso è l’ universo…
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Possiamo fidarci delle nostre facoltà cognitive primarie?
… per molti il fatto di ricorrere a credenze irriflesse è sintomo di errore…
In effetti le credenze irriflesse ci conducono spesso in errore. Ma allora perché esistono?
… la credenza irriflessa non è sintomo di errore ma una modalità per gestire gli errori… alcuni errori sono meglio di altri… “better safe than sorry”…
Sembra che il nostro cervello stipuli in automatico una specie di scommessa pascaliana, una pratica che ci sembrava tanto astratta e lontana è invece così intima e vicina.
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E’ un peccato che i preti spesso ignorino le scienze. Probabilmente le scienze sono più compatibili con la fede che con le filosofie naturalistiche:
… Il lavoro di Alvin Plantinga dimostra che una scienza affidabile, ovvero prodotta da menti umane affidabili, è più compatibile con un evoluzionismo guidato da Dio che con un evoluzionismo cieco…
Comprendere il “fine tuning” o l’ “evoluzione convergente” rinvigorisce la fede. Ma anche comprendere come funziona la mente umana puo’ farlo.
Dopo aver rinvigorito l’ argomento teleologico, rinvigorisce anche quello cosmologico:
… perché l’ argomento cosmologico giri è necessario concepire l’ universo come un oggetto… per la nostra mente un’ operazione del genere risulta molto semplice…
Come dimostra il lavoro di Johan De Smedt e Helen De Cruz:
… il ragionamento causale che sta alla base dell’ argomento cosmologico è tutt’ altro che arbitrario… lo impieghiamo molto spesso e già nei bambini risulta essere, al fianco del funzionalismo teleologico, una strategia privilegiata per l’ acquisizione di senso…
A queste considerazioni basta poi applicare l’ epistemologia reidiana: ogni intuizione naturale deve essere considerata vera finché non è dimostrata falsa.
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Ma veniamo a quello che secondo me è l’ aspetto più rilevante dell’ intera faccenda.
Nelle dispute teologiche spesso si sente l’ ateo accusare la controparte: “provami la tua credenza” e di fronte al fallimento di costui si pensa di aver adempiuto brillantemente al proprio compito confutatorio.
… chi studia le credenze irriflesse spesso si limita a sottolineare gli svarioni a cui ci conducono… ma tutte le nostre credenze sono irriflesse o originano da credenze irriflesse… quindi ha poco senso insistere sulla fallacia di queste ultime…
Smantellare le credenze ingiustificate azzererebbe le nostre credenze.
Una posizione insostenibile a cui fa da argine l’ epistemologia reidiana:
… anziché abbracciare uno scetticismo radicale sarebbe preferibile adottare una posizione iniziale di fiducia nelle nostre facoltà cognitive…
Le nostre facoltà cognitive sono “innocenti finché non le dimostriamo colpevoli.
Con un colpo da maestro Reid fa fuori Hume.
Con un altro colpo da maestro il “rasoio di Reid” fa fuori il “rasoio di Ocham”. Per Ocham, a parità di potere esplicativo, il resoconto più semplice è quello che non moltiplica gli enti, per Reid è quello che meglio si attaglia alle nostre facoltà cognitive.
La semplicità di Occham è formale, quella di Reid è sostanzale. Posso dire che oggi siamo tutti reidiani? Spero di sì.
Se lo siamo diventa cruciale indagare sulle nostre facoltà cognitive naturali. Molte diatribe infinite troverebbero lì la loro soluzione. Non si tratterebbe più di stabilire chi ha ragione ma su chi grava l’ onere della prova.
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… per qualche ragione, quando si spiega il perché crediamo a qualcosa, si è tentati di concludere che quella credenza è falsa…
Esempio: perché la gente crede nell’ anima?
Perché possiede un meccanismo cognitivo che produce questa credenza irriflessa.
Ottima risposta, ma si corre subito a precisare che una risposta del genere nulla ci dice sulla verità della credenza.
… la conclusione più sensata è quella opposta: se il vostro sistema cognitivo produce spontaneamente certe credenze siete più che giustificati a crederle vere salvo prova contraria…
Altro dubbio spesso avanzato:
… poiché la fede deriva da un meccanismo cognitivo e non da un’ evidenza, allora il suo contenuto è inaffidabile…
Ma anche le “evidenze” sono tali grazie a un meccanismo cognitivo:
… la difficoltà dell’ obiezione sta nell’ assumere implicitamente cosa sia evidente e cosa conti come tale…
Altro dubbio:
… se il concetto di Dio è tanto naturale perché esistono tanti dei e tanto differenti tra loro…
Sarebbe sbagliato prendere a pretesto questa varietà per ritenere che la credenza in Dio non sia giustificata:
… se al passare di una macchina, Giovanni la ricorda verde, Mauro indaco e Mino glauco, non siamo autorizzati a concludere che la macchina non sia passata di lì…
Possiamo concludere dicendo che tra teisti e ateisti c’ è sempre guerra aperta, e anche quando le cose vanno meglio le conversioni sono poche.
Ma tra teisti e ateisti c’ è anche un’ asimmetria: poiché l’ ipotesi atea è più sofisticata, ovvero meno intuitiva, su di essa grava l’ onere della prova.