giovedì 2 maggio 2013

L’ universo al polso

Da che mondo e mondo gli apologeti della religione hanno sempre creduto di avere un asso nella manica da giocare nella partita sull’ esistenza di Dio: l’ argomento (o analogia) dell’ orologio.
Da Cartesio a Boyle, giù giù fino a Paley, si custodiva l’ “arma segreta” con mal represso compiacimento per poi utilizzarla al momento opportuno.
La storiella era sceneggiata all’ incirca così: se rinvenite nel bosco un orologio, cosa vi viene fatto di pensare? Che qualcuno l’ abbia perduto o abbandonato, ovvio. E questo qualcuno dove se l’ era procacciato? Presso il proprietario precedente. E in cima alla catena dei proprietari chi ci sta? Ma è chiaro, il costruttore, colui che ha progettato l’ oggetto e lo ha assemblato grazie alle sue competenze.
Se c’ è un orologio da qualche parte ci sarà anche il suo costruttore, è una necessità. Non puo’ certo essersi assemblato spontaneamente grazie alle forze casuali della natura, un colpo di vento qui e un colpo di vento là. Seee!
E visto che assomiglia tanto a un orologio, lo stesso dicasi per il cosmo: non puo’ esistere senza un architetto che si sia incaricato di progettarlo e costruirlo. Il caso è impotente di fronte a simili prodigi.
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Ma siamo proprio sicuri che il caso non possa fare niente del genere?
In verità lo studio dell’ evoluzione ci ha mostrato che il caso fa miracoli. A lasciarlo lavorare non è da meno dell’ architetto più ingegnoso, e la scoperta ha ringalluzzito gli atei.
L’ argomento dell’ orologio è caduto in disgrazia massacrato dagli assalti ferini di Richard Dawkins e della sua orda.
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I sostenitori del Disegno Intelligente insinuano dubbi facendo notare che in natura esistono orologi particolarmente complicati.
Diciamolo francamente, non mi sembra un’ obiezione di grande rilievo.
In fondo, se il caso fabbrica orologi di media complessità, forse ne fabbrica anche di più complicati. Una volta accettata la prima affermazione come un dato di fatto faccio fatica a respingere in modo convinto la seconda.
La concorrenza dell’ Orologiaio sembra spiazzata una volta per tutte.
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Ma ecco tutto d' un tratto verificarsi un colpo di scena: gli orologi non si rinvengono solo nei boschi dietro casa!
John Leslie nel suo libro Universes ci ha fatto notare che sono stati rinvenuti anche nei primi stadi del nostro universo.
Molti sono stati rinvenuti addirittura all’ inizio!
Per gli atei ringalluzziti la cosa è piuttosto imbarazzante perché nei primi stadi dell’ universo l’ evoluzione opera con difficoltà e all’ inizio dell’ universo non opera proprio per niente. Occorrono diverse ipotesi ad hoc per risistemare le cose nel senso desiderato da loro.
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John Leslie, come dicevamo, è il filosofo che ha pensato più a fondo questo fenomeno, vale la pena di ascoltarlo.
… il nostro universo contiene tracce di vita … ammettiamo che questo fatto sia altamente improbabile, evidentemente le condizioni di partenza che lo hanno reso possibile sono del tutto particolari e richiedono una spiegazione…
E poiché parliamo di “condizioni iniziali” dell’ universo, l’ evoluzione non spiega nulla.
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JL si dedica dapprima ad una rassegna delle teorie scientifiche più solide per mostrarci come il nostro universo di fatto sia altamente improbabile. L’ ipotesi che ha formulato inizialmente solo per amor di discussione non è affatto peregrina, anzi, è la più accreditata. Pensando al cosmo, basterebbero infatti piccoli cambiamenti nelle condizioni di partenza per ottenere qualcosa di completamente diverso.
La forza nucleare debole, la forza nucleare forte, la massa delle particelle, l’ elettromagnetismo… sono fenomeni tarati in modo molto particolare e se solo questa taratura differisse leggermente la vita sarebbe impensabile.
La scienza sembra dunque dirci che il nostro universo è altamente improbabile, esiste un consenso ragguardevole sul punto.
Il consenso scema quando si passa alle spiegazioni del fenomeno.
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Prima spiegazione: trattasi di straordinaria coincidenza. Amen.
E’ un po’ come dire che non ci interessa spiegare alcunché. Oppure che la cosa è inspiegabile ed è inutile perderci tempo.
E’ vero, si pensa, la vita andrebbe spiegata ma Darwin ci basta, quel che non rientra nel suo paradigma è inspiegabile per definizione. Lo sostengono molti darwinisti più realisti del re.
Per costoro non ha senso dire cose del tipo “le condizioni iniziali sono improbabili” perché le probabilità si applicano solo a fenomeni osservabili.
Questo modo di ragionare è fallace: implica che se il mondo fosse stato creato da un demone mediante il lancio di dadi la cosa non potrebbe essere descritta probabilisticamente, il che è assurdo.
Inoltre oggi sappiamo, anche grazie al matematico italiano Bruno De Finetti, che  le fondamenta del calcolo probabilistico sono soggettive. Quindi, o si ha il coraggio di espellerlo dall’ alveo della razionalità o lo si accetta per quello che è.
Seconda spiegazione: si osserva sarcasticamente che è un po’ come essere chiamati a spiegare la “meravigliosa coincidenza” per cui il fiume passa esattamente sotto tutti i ponti. Basta “pensare al contrario” e tutti i misteri si rivelano puerili.
Mmmmm. L’ analogia non sembra calzante. Sarà anche una spiegazione a molti “falsi problemi” ma non sembra proprio la spiegazione al “nostro problema”.
Scoprire che i ponti sono costruiti ad hoc sul fiume, in cosa si traduce nel nostro caso? Forse nella scoperta che l’ universo è quello che è per il fatto stesso che in esso esiste la vita? Ma che senso ha?
Qualsiasi forma di vita in qualsiasi universo immaginario sembra altamente improbabile, chi racconta storielle sarcastiche che invitano a “pensare al contrario” sembra non afferrare il punto decisivo.
Terza spiegazione: un Dio buono ha “sintonizzato” l’ universo in modo che in esso emergesse la vita.
Andiamo un po’ meglio, a molti non piacerà ma per lo meno è una spiegazione e sembra adatta al problema per come ci viene formalmente  posto.
Quarta spiegazione: esistono molti universi. In un caso del genere è chiaro che quanti più universi esistono, tanto meno improbabile diventa il fatto che esista un universo che contiene la vita e quindi l’ uomo.
Anche questa è una spiegazione. Altrettanto indimostrata ma pur sempre una spiegazione formalmente corretta.
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Giovanni: se l’ universo non contenesse segni di vita nessuno potrebbe osservarlo e non ci sarebbe alcunché da spiegare. Cio’ dimostra che non c’ è nulla da spiegare.
John Leslie: parli come se ci fosse un nesso causale tra l’ esistenza dell’ osservatore e l’ esistenza dell’ universo ma così non è. E’ vero invece il contrario.
Giovanni: forse non mi sono spiegato, intendevo dire che se non ci fossi stato tu ad osservare l’ universo ci sarebbe stato un altro a dire “che coincidenza meravigliosa!”. E se non ci fosse stato lui ci sarebbe comunque stato un altro ancora. Insomma, la “coincidenza meravigliosa” è un’ illusione. Fammi fare un’ altra analogia: il fatto che chi vince la lotteria abbia una fortuna sfacciata non significa che se qualcuno vince siamo di fronte a una “coincidenza meravigliosa”.
Leslie: calma, la coincidenza meravigliosa non riguarda il fatto che oggi io sia qui ad osservare l’ universo ma il fatto che esista un osservatore qualsiasi in grado di farlo. La coincidenza meravigliosa non riguarda il fatto che esista il nostro universo ma che esista un universo come il nostro, ovvero un universo qualsiasi che ospiti la vita. A vincere la lotteria non è stato il nostro universo specifico ma l’ insieme degli universi “life-containing”. Come te lo spieghi? Puro caso?
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Qualora il nostro universo fosse altamente improbabile restano in campo solo l’ ipotesi di Dio e quella dei “molti universi”.
John Leslie non si interessa molto alle caratteristiche del Dio da ipotizzare. Quello a cui pensa è semplicemente un Dio che sottomette l’ universo alle sue leggi e non è nemmeno necessario che lo crei dal nulla, potrebbe anche essere eterno, nulla cambierebbe.
Il Dio di Leslie è una pura forza ordinativa.
Ma perché un simile Dio fa quello che fa? Perché è buono: ecco un’ altra sua caratteristica. Evidentemente la vita è un bene. Chi è a disagio con queste categorie puo’ tranquillamente assumere che non sappiamo affatto perché il Dio di Leslie fa quello che fa.
Il Dio di Leslie assomiglia al tipico Dio neoplatonico. Un Dio minimale.
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Se un plotone di esecuzione vi spara e restate vivi perché tutte le pallottole vi hanno mancato, voi cosa pensate?
Pensate al caso?
Probabilmente no. Pensate piuttosto al fatto che vi abbiano risparmiato.
Ma potreste anche pensare che la vostra esecuzione ha avuto luogo miliardi di volte e voi state vivendo il caso specifico in cui tutti i cecchini vi hanno mancato. Tra miliardi e miliardi di casi esisterà necessariamente anche questo caso alquanto singolare. In fondo basta mettere miliardi e miliardi di scimmie davanti a una macchina da scrivere e un sonetto di Shakespeare prima o poi lo si ottiene.
Non è nemmeno necessario che esistano infiniti universi per neutralizzare l’ ipotesi teistica: più universi alternativi esistono, più il nostro universo diventa probabile e quindi spiegabile senza ricorrere alla figura di un Fine Tuner.
Qui è meglio ricordare quanto già si diceva: quando dico “molti universi” intendo “molti universi diversi dal nostro” e non “molti universi simili al nostro”, ovvero universi “life-containing”.
Espongo il concetto in altri termini: ammettiamo che sui protoni rinvenissimo il marchio “made by God”, dovendo escludere un’ incursione di marziani giocherelloni, la cosa potrebbe comunque essere spiegata in termini naturali da chi potesse dimostrare l’ esistenza di “molti universi simili al nostro”. Tuttavia, anche una dimostrazione del genere non basterebbe per escludere l’ esistenza di un Fine Tuner.
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Adesso, diciamocelo francamente, l’ ipotesi dei “molti universi” è un’ offesa alla semplicità. Perché mai dovremmo formularla?
Eppure è stata suggerita da parecchi filosofi aristotelici nel medioevo e anche da molti scienziati rispettabili: Einstein, Dirac, Eddington, Wheeler, Penrose, Barrow, Tipler…
Nonostante si siano cimentati tanti illustri cervelli, la visione dei “molti mondi” resta piuttosto oscura e proprio perché tale immune da attacchi dettagliati. Si puo’ tranquillamente concludere dicendo che la filosofia non ha fornito argomenti validi per supportare una simile ipotesi che resta bizzarra a dir poco.
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Vogliamo tirare le somme?
Intimoriti da Galileo e Darwin molti religiosi si affrettano a dire che la religione si fonda sulla fede e non sulla scienza. D’ altro canto molti filosofi si affrettano a dire che l’ argomento dell’ orologio è stato smontato per sempre. Leslie si smarca da questa schiera per affermare che così non è, le cose sono un po’ più complesse e l’ analogia dell’ Orologiaio, espulsa dalla porta, rientra dalla finestra.
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Ma dove si ferma l’ argomento di Leslie?
Innanzitutto l’ ipotesi di Dio resta in concorrenza alla pari con l’ ipotesi dei “molti mondi”. In fondo molti ritengono “bizzarra” anche l’ ipotesi di un Dio, anche se così consustanziale alla storia dell’ umanità.
Poi l’ universo descritto da JL potrebbe essere un universo di pupazzi privi di libero arbitrio.
Infine, sulla base di quanto detto finore, nulla puo’ essere detto sul fenomeno del male.
Nonostante questi limiti lo sforzo di Leslie resta ancora oggi uno dei più produttivi, vale la pena di ricordarlo.
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John Leslie – Universes