Cosa insegna un “austriaco” al “neoclassico”?
Insegna il concetto di “ordine spontaneo”, insegna il ruolo delle tradizioni, delle virtù, della biologia e dei metodi empirici. Insegna che oltre alla razionalità classica esiste una razionalità evolutiva. Guarda solo alle problematiche relative all’ equilibrio generale: il “neoclassico” arriva a dire che un equilibrio ottimale esiste ma solo con l’ apporto “austriaco” si giunge ad affermare che puo' essere raggiunto (vedi sotto).
Cosa insegna il “neoclassico” all’ “austriaco”?
Primo, che il suo approccio non difende il libero mercato come molti austriaci vorrebbero ma solo una stabilità regolativa purchessia intorno alla quale far sviluppare un libero processo evolutivo della comunità. Secondo, che ci sono alcuni percorsi adattivi più ostici di altri e le istituzioni possono servire per indirizzare la società verso i secondi.
Letture:
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Ricordate la critica di Sombard?: "il capitalismo ha una velocità innaturale e sgancia l' economia dalla morale". Ebbene, negli ultimi anni è stata riecheggiata dai molti che invocavano una decrescita.
Hayek consente di rispondere alla critica di Sombard continuando a perorare il mercato: è il capitalismo artificioso che sgancia morale e mercato. Il mercato come ordine spontaneo mantiene i ritmi dell' evoluzione e la connessione tra economia e morale. Sopportare i temporanei fallimenti del mercato è la "decrescita migliore" che si possa realizzare. Se il liberalismo diventa libertarismo, rallenta il turbocapitalismo riconducendolo a misura d' uomo.
Hayek consente di rispondere alla critica di Sombard continuando a perorare il mercato: è il capitalismo artificioso che sgancia morale e mercato. Il mercato come ordine spontaneo mantiene i ritmi dell' evoluzione e la connessione tra economia e morale. Sopportare i temporanei fallimenti del mercato è la "decrescita migliore" che si possa realizzare. Se il liberalismo diventa libertarismo, rallenta il turbocapitalismo riconducendolo a misura d' uomo.
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Buchanan ci dice che l' alternativa ai fallimenti di mercato sono i fallimenti di stato. Ecco allora che rientra in gioco Vienna e le sue ragioni diventano decisive per optare a favore del mercato.
Coase ci dice che alcuni percorsi presentano meno ostacoli per raggiungere l' ottimo. Ecco allora che l' evoluzionismo hayekiano puo' essere temperato dal riformismo chiacagoano: alcuni ostacoli sono insormontabili senza riformismo istituzionale. La storia, per esempio, ci ha dimostrato che lo stato alcune volte è preferibile alla libertà, almeno laddove quest' ultima conduce al familismo e al tribalismo.
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Ecco un buon modo per riconciliarsi: i “neoclassici” si occupino di “statica”, gli “austriaci" di “dinamica”.
I “neoclassici” si occupino d’ individuare i punti di arrivo, gli “austriaci” del modo tramite cui arrivarci.
L’ esempio preclaro riguarda l’ economia del benessere e l’ equilibrio generale: Walras e poi Arrow Debreu stabiliscono con metodi neoclassici che in in un sistema di mercato a libera concorrenza esiste un equilibrio efficiente.
James Buchanan si occupa di dimostrare come un governo fallisce nel perseguire l' ottimo paretiano.
Ma oltre a questo punto, i neoclassici non possono spingersi.
Ci vuole Hayek per dimostrare come un libero mercato giunge spontaneamente all' ottimo.
E’ chiaro che Hayek deve adottare una razionalità differente, diciamo che la sua razionalità del suo operatore è di tipo bayesiano.
I modelli dinamici - o evolutivi - sono poi molto complessi, al punto da non poter essere risolti analiticamente poiché in essi muta gradualmente anche il paradigma della scelta adottato dall' agente, per formalizzarli occorrono delle simulazioni al pc. Tutto cio’ ha penalizzato gli “austriaci” nel dibattito. Inoltre, le soluzioni "austriache" sono di lungo periodo, il che non è certo l' ideale per irrompere nel dibattito cronachistico della politica.
L’ equilibrio di Gintis (2011), con confutazione di scarf, raggiunto con razionalità bayesiana: http://www.umass.edu/preferen/gintis/markovexchange.pdf
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A Chicago piace il mercato: è il miglior modo per sviluppare incentivi.
Piace pure a Vienna perchè fa emergere informazioni altrimenti destinate a restare sepolte.
Chicago riconosce che il mercato puo' fallire nella produzione di beni pubblici. In questo caso bisogna intervenire.
A Vienna questi interventi dispiacciono: verrebbe sabotato irreparabilmente quel prezioso crogiolo informativo costituito dal sistema dei prezzi. L' evoluzione nel giusto senso non si produrrebbe.
Per Chicago l' Uomo è tutto sommato prevedibile: il problema è quello di motivarlo spingendolo all' efficienza.
Vienna vede nell' uomo un mistero sempre pronto ad innovare cambiando tutto, anche la sua testa.
A Chicago piacciono i numeri e la matematica: qualche statistica è meglio che niente per dichiarare su basi di fatto inefficiente un mercato e far scattare l' intervento governativo.
A Vienna i numeri non servono: di interventi non ne vuole sapere, i mercati non falliscono e l' Uomo è troppo imprevedibile per essere ingabbiato in un' equazione. Come "modellizzare" una realtà in cui tutto evolve, compresi i metodi per scegliere?
Chicago è pragmatica, i fatti cambiano i suoi giudizi: un mercato efficiente nel secolo scorso puo' anche rivelarsi inefficiente oggi.
Vienna è più costante nel suo giudizio: perché cambiare idea quando cambierà la realtà e la testa degli uomini? Gli austriaci chiedono di aspettare e mantenere la calma, la verità emergerà e le previsioni giungeranno a compimento. Anche per questo la sua visione può essere agevolmente trasformata da economica a filosofica.
Non accetto richieste su chi buttare dalla torre, non saprei rispondere. Innanzitutto perchè le due visioni non sono poi così distanti e una conciliazione è possibile.
Ma poi, come potrei rinunciare al realismo di Chicago, ai suoi argomenti che consentono di intervenire con pertinenza nel dibattito contemporaneo? D' altro canto: come potrei mettere da parte la ben più ricca antropologia viennese, le sue intuizioni sulla razionalità limitata, la sua lotta culturale contro l' abuso delle conoscenze e i suoi input etico-filosofici?
Chicago e Vienna possono riconciliarsi grazie a Buchanan, ovvero alla scuola di Public Choice: se il mercato fallisce (Chicago), anche il governo fallisce (Buchanan), e allora meglio puntare sul mercato per i motivi ben evidenziati dagli austriaci!
Chiudo con una curiosità. In questi anni il liberalismo è sotto assalto, specie quello chicagoano. Lo difendo volentieri ma resto spiazzato quando le accuse, portate da autentici nemici del mercato, echeggiano quelle che i viennesi, veraci amici del mercato, rinfacciano di solito ai loro cugini.
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La libertà puo' essere difesa perché genera buoni incentivi (chicagoani) o perché consente di affrontare al meglio la complessità (austriaci). Gli psicologi ridimensionano il rilievo degli incentivi e i tecnocrati di Big Data sperano di risolvere anche i problemi più complessi con il calcolatore. Sono loro che svuotano di senso il concetto di libertà.
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I libertari lodano il libero mercato attribuendogli un doppio merito.
Se i comportamenti sono indotti dagli Incentivi e dalla Cultura, questa istituzione è in grado di agire in modo virtuoso su entrambe le variabili.
Anzi, il discrimine più eloquente per individuare le due principali scuole liberiste consiste proprio nel ricondurle al fulcro che eleggono come decisivo.
Il "viennese" (sponda hayekiana) punta sulla cultura, il "chicagoano" sugli incentivi.
I due approcci naturalmente sono interconnessi: la costante presenza di un incentivo di gruppo, alla lunga, produce "cultura". Un modo credibile per strutturare gli incentivi non puo' prescindere dalla "cultura" già presente. Lo si vede bene nell' economia dello sviluppo. Oggi c' è anch chi parla espressamente di "biologia dei popoli". Una manna per l' approccio austriaco.
Chicago ci avverte della presenza di soluzioni ottimali, restano pur sempre un obiettivo. Vienna ci avvisa che non tutto puo' essere progettato: esiste una cultura che reagisce alle istituzioni, il gradualismo si rende necessario.
Vienna ci garantisce la sopravvivenza delle società di mercato, Chicago garantisce i modi per costruirla al meglio.
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Un ponte tra Vienna e Chicago. Vediamo se si riesce a costruirlo sul filo di qualche osservazione snocciolata in ordine sparso.
- La critica che Caplan rivolge a Rothbard e Mises non mi sembra tacitata dalle risposte che ha ricevuto.
- Caplan lascia in disparte Hayek. Evidentemente è su di lui che va costruito il primo pilastro del ponte.
- Come riconciliare Hayek con l' Homo Economicus di Chicago?
- Innanzitutto incorporando la razionalità limitata dell' agente haykiano nelle sue preferenze. In un mondo complesso l' uomo fa appello alle sue preferenze, ed esse sono spesso autoreferenziali (mi piace avere certe preferenze, mi piace essere irrazionale...).
- Poi introducendo forme di evoluzione delle preferenze.
- Poi enfatizzando la distinzione tra breve e lungo periodo.
- Poi criticando con Buchanan le alternative al mercato.
- Infine dando centralità alla figura dell' innovatore.
- Hayek, e quindi la scuola austriaca, ha avuto il merito di affiancare al concetto di competizione quello di evoluzione. Cio' ci consente di vedere i "gusti" (anche e sopratutto quelli etici) come qualcosa di endogeno. Ecco il circolo: l' ambiente incide sul profilo etico e l' etica incide sulla ricchezza. La ricchezza, a sua volta, incide sull' ambiente circostante che tenderà ad uniformarsi ai modelli vincenti.
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Fischer Black è uno studioso che colma bene il gap tra neoclassici e austrici, lo fa proponendo il concetto di noise (derivato dalla finanza). L' informazione imperfetta è la causa del ciclo economico che ha sempre una causa reale e deriva da un mismatch tra tecnologia, gusti, educazione eccetera. C' è molto di austriaco, almeno in senso lato, in questo resoconto. Il suo articolo è facilmente reperibile in rete.
Le scienze di questo genere adottano un metodo scientifico giungendo a conclusioni approssimative.
Una conseguenza di tutto cio' è piuttosto frustrante: molto spesso il profano "prevede" meglio dello scienziato rigoroso (il rigore qui riguarda il metodo d'indagine seguito, non certo le conclusioni). Questo non giova certo allo status dello "scienziato impreciso".
Tuttavia, ci sono altre conseguenze galvanizzanti: lo "scienziato impreciso" è costretto a penetrare meglio la metodologia e l'epistemoloigia della sua ricerca. Cio' che in un ambito di scienze esatte è scontato al buon senso, in un ambito di scienze imprecise deve essere guadagnato sul campo. Lo scienziato impreciso deve quindi anche essere un po' filosofo, o per lo meno più ferrato nella materia.
C'è poi un'avvertenza che lo scienziato impreciso dovrebbe seguire: limitarsi a previsioni generali e generiche senza con questo declinare le scommesse.
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L'economia è una scienza? Possibile risposta: è una scienza imprecisa (come le scienze umane in genere).Le scienze di questo genere adottano un metodo scientifico giungendo a conclusioni approssimative.
Una conseguenza di tutto cio' è piuttosto frustrante: molto spesso il profano "prevede" meglio dello scienziato rigoroso (il rigore qui riguarda il metodo d'indagine seguito, non certo le conclusioni). Questo non giova certo allo status dello "scienziato impreciso".
Tuttavia, ci sono altre conseguenze galvanizzanti: lo "scienziato impreciso" è costretto a penetrare meglio la metodologia e l'epistemoloigia della sua ricerca. Cio' che in un ambito di scienze esatte è scontato al buon senso, in un ambito di scienze imprecise deve essere guadagnato sul campo. Lo scienziato impreciso deve quindi anche essere un po' filosofo, o per lo meno più ferrato nella materia.
C'è poi un'avvertenza che lo scienziato impreciso dovrebbe seguire: limitarsi a previsioni generali e generiche senza con questo declinare le scommesse.
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Bourgeois dignity di Dreidre McCloskey - contro North - Chicago e la Public Choice
- North: l economia applicata alla storia. Sulla scia di fogel
- Stregato dai costi di trans di coase
- Tesi north sulla riv ind: buone ist che comprimono i costi trans
- X uno come north tutto è incentivo: incent.ben indirizzati creano ricchezza
- X north l istituz esprime un vincolo a max u
- X altri l istituz esprime civiltá umanità cultura
- Spesso la miglior spiega rinvia ad un mutamento nei valori sociali
- Islam: incentivi o onore?
- Incentivi esteriori o interiori? Utile o identità? Utilità sui beni o sulle altre utilità? La cultura esiste?
- Religione x north: nn un modo x dare senso ma un altro modo x fare affari.
- L economicismo è a sua volta una religione che snobba la strada breve x allungare il percorso pEr di seguite i suoi rituali.
- Xchè le riforme sono tanto difficili? Perchè ci sono i valori culturali.
- Tesi: le istituzioni nn sono vincoli hanno a che fare con il senso e l identità
- Il crimine è fatto di incentivi? Il broken windows effect nn si spiega con l incentivo
- La prudenza è una virtù ma x l economista è l unica!
- Il semaforo: il rosso co fa fermare x nn fare incidenti. Ma xchè si è scelto il colore rosso?
- Chiamalo: animal spirit comittment o virtù
- Il regno della prudence only: chicago e public choice
- Il significato conta negli affari quanto l amore nel matrimonio.
- La libertà: un contratto o uno status?
- Per un antico nn si è liberi anche per una dipendenza potenziale (un simbolo più che un vincolo)
continua
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