la marghe compie 2 anni from broncobilly on Vimeo.
venerdì 27 luglio 2012
giovedì 26 luglio 2012
Incubo
INCUBO N. 1: Godzilla scende sulla terra e annuncia: cara Umanità, tra poco lancerò questa moneta, se uscirà testa ti estinguo all’ istante, se uscirà croce me ne vado così come sono arrivato.
INCUBO N. 2: Godzilla scende sulla terra e annuncia: cara umanità, per ognuno dei tuoi membri lancerò una moneta: se esce testa macellerò il prescelto, se esce croce lo lascerò vivere. Dopo il settemiliardesimo lancio me ne andrò lasciandovi a piangere i vostri morti.
INCUBO N. 3: Godzilla scende sulla terra e in un incontro a quattr’ occhi ti descrive gli scenari dell’ INCUBO N. 1 e dell’ INCUBO N. 2. Poi annuncia: tra i due ti concedo graziosamente la libertà di scegliere quello che più ti aggrada, dopodiché procederò a realizzarlo.
Probabilmente il “moralista verde” (*) Michele Serra sceglierebbe l’ INCUBO N. 1, ricordo ancora come giustificò la recensione positiva del film “Galline in fuga”: “è un film edificante poiché ci insegna che o ci salviamo tutti o non si salva nessuno”.
Io, invece, propendo per l’ INCUBO N. 2, non so neanche bene il motivo.
Certo che in questi casi le risposte “immotivate” sono le migliori poiché, probabilmente, sottendono una professione morale sincera: i valori dichiarati “a nostra insaputa” sono i più autentici, diffidate dei “valori” che la gente sbandiera o si appunta al petto come medaglie.
Se poi penso più razionalmente alla faccenda mi vengono in mente solo due motivazioni degne di nota.
Motivo per scegliere l’ INCUBO N. 1: le vite perse in “1” sono qualitativamente pari alle vite perse in “2” ma le vite salvate in “2” sono “mezze vite” visto che ciascuno dei sopravvissuti vedrà, in media, perire in modo orribile la metà dei suoi cari. Ricordo che una motivazione del genere fu alla base di una controversa (figuriamoci!) “apologia del genocidio”.
Motivo per scegliere l’ INCUBO N. 2: in “2”, oltre a garantire una quota di sopravvissuti si salvano anche le generazioni future. Qui bisogna aggiungere che per molti le generazioni future non vantano alcun diritto nei nostri confronti (non esistono!). Ma se fosse davvero così che senso avrebbero tanti buoni e sensati propositi volti a “salvare il pianeta”? Un quadrato “moralista verde” (**) non mancherebbe di optare per “2”.
(*) “verde” nel senso di “specializzato in questioni di invidia”.
(**) “verde” nel senso di “specializzato in questioni ambientali”.
martedì 24 luglio 2012
Brutture presentabili
Colours (Donovan/Van Dyke Parks)
… quando perfino Donovan puo’ essere “coverizzato” meravigliosamente…
… tra il bullismo dei fiati e il vittimismo delle tastiere…
Les collines d'Anacapri (claude debussy)
… quando l’ esotismo siamo noi…
Warholian Wigs (Dirty Projectors )
… ci sono quadri che migliorano se guardati con gli occhiali sporchi…
… il femminicidio più famoso della storia del rock trasformato in mascolinicidio…
… a qualcuno piace fritto…
Award The Squadett (Henry Threadgill )
… e pensare che una volta sti jazzisti erano debolucci sulla parte scritta…
Penelope Home (Sarah Kirkland Sniider)
… canzoni avvolgenti come plaid…
Let X = X It Tango (Laurie Anderson )
… aperitivo con l' androide…
… con tanto di uccellini (che fa molto “idillio”)…
Momentary Expanse (Tristan Perich )
… voglio un mondo senza swing…
Le Banquet Celeste+ Poland (Olivier Messiaen/M...)
… saliamo insieme la scala di Elia…
… dichiarazione d’ amore (di un robot)…
*******************************************************
http://www.goear.com/playlist/ac9d472/bulli/
***************
Dentro:
… pietre che rotolano sul posto…
… brutture presentabili…
… fotografie mediterranee…
… mondi in miniatura…
… gioie domestiche…
… minacce fino a ieri impensabili…
… la giusta leva per sollevare il mondo…
… dichiarazioni d’ amore truculente…
… dichiarazioni d’ amore elettrizzanti…
… memorie di una palla domestica fatta dalla mamma e presa a calci per una vita…
… giochi pericolosi con l’ azoto liquido…
… ambientalismo insostenibile…
… arte in saldo…
venerdì 20 luglio 2012
Oggi parliamo d’ arte
Partiamo con tre domandine da nulla:
A. Cos’ è l’ arte?
B. Cosa distingue un oggetto artistico da un oggetto non artistico?
C. Cosa distingue l’ opera di valore?
Nel 1746 Charles Batteux rispondeva diligentemente:
… l’ arte è una presenza piacevole che imita la natura…
Di acqua ne è passata sotto i ponti e simili affermazioni suonano superate, cosicché le questioni tornano impellenti.
A questo genere di interrogativi, il profano reagisce sempre allo stesso modo: lo so, ma se ci penso non lo so più.
Brutto segnale: le difficoltà più aspre si presentano sempre in questa forma! Al punto che non manca mai chi rinuncia a dipanare la matassa, e magari accompagna il suo disimpegno citando il protettore (suo malgrado) dei “pigroni intellettuali”, San Wittgenstein: cio’ di cui non si puo’ parlare, si deve tacere.
Per costoro le “domande di senso” dovrebbero essere accantonate. In effetti c’ è da chiedersi se siano importanti e se in merito non ci sia un modo soddisfacente per barcamenarsi tra “bolle parolaie” e “pigrizia intellettuale”.
Di sicuro tacere e girarsi dall’ altra parte non produce l’ inconveniente temuto da molti: il mondo non soffrirà certo di penuria d’ opere d’ arte per il semplice fatto che non sappiamo cosa sia l’ arte; così come lo scienziato si puo’ disinteressare al senso ultimo del suo lavoro (e spesso è auspicabile che lo faccia), lo stesso dicasi per l’ artista; Barnett Newman lo aveva capito:
… L’ estetica sta agli artisti come l’ornitologia sta agli uccelli…
Ma perché questo pessimismo quando c’ è un motivo potente per non gettare la spugna? Oltretutto un motivo semplice: il lavoro è già stato fatto, esiste sul punto un solido consenso tra gli esperti.
Vediamolo:
A. L’ arte non “esprime”, non “imita” ma “rappresenta”.
B. L’ oggetto d’ arte non ha peculiarità “formali” o “percettive” ma solo “contestuali”: è il contesto che conferisce statuto d’ arte a un prodotto.
C. Il valore di un’ opera si calcola soppesando le influenze effettive e potenziali sprigionate dall’ opera in relazione alle intenzioni dell’ artista e degli esperti che agiscono in quel contesto.
E vediamo anche il “precipitato” di queste risposte:
1. risolto brillantemente il problema: “ma questo lo sa fare anche mia figlia”;
2. risolto il problema dello “sgradevole” nell’ arte;
3. risolto il problema della comparazione tra generi;
4. risolto il problema di definire l’ arte evitando di mettere da parte interi secoli di storia dell’ arte;
5. cio’ che costituisce “opera d’ arte” puo’ essere formalmente e percettivamente indiscernibile da cio’ che non è tale;
6. giudicare opere nate con prospettive ideologiche e sfondi culturali differenti applicando il medesimo criterio di giudizio conduce a gravi travisamenti;
7. approntato solido baluardo per sbarrare la strada a formalismo, strutturalismo, decostruzionismo e ogni altra “deriva relativista” dell’ analisi estetica;
8. se il contesto è decisivo, concentrarsi su pochi artisti ottunde il giudizio poiché il giudizio è essenzialmente un confronto ampio tra opere e artisti in rete tra loro (predecessori, coevi, epigoni);
9. nella costruzione di una sapienza critica il “tempo dedicato” all’ opera vince sulla mera “analisi formale”: poiché l’ analisi formale dell’ opera non è in grado di produrre un giudizio estetico attendibile, diventa centrale l’ alternativa a questo approccio: frequentare intensamente e a lungo l’ opera immergersi in essa per entrare in contatto con le molte variabili ambientali che la influenzano e che lei influenza.
10. l’ arte di valore assume e ricrea un ethos nella popolazione e nelle élites ad essa contestuali.
11. un ruolo decisivo è giocato dall’ esperto, ovvero da colui che 1. dedica tempo e attenzione nel tentativo di collocare l’ oggetto artistico nel suo contesto e 2. costituisce a sua volta il contesto privilegiato in cui si colloca l’ opera;
12. un giudizio improntato al gusto (bello! brutto!) non è mai un giudizio estetico fondato;
13. perfino l’ ossessione biografica di diana è riabilitata; sul punto sono dunque chiamato a rivedere le mie posizioni, lo faccio con piacere;
…
Si potrebbe proseguire con l’ elenco, oppure si potrebbe passare alla pratica con qualche “provocazione” specifica: che peso dare al fatto che Bach sia stato dimenticato per secoli, o al fatto che Brahms abbia tanto insistito su una forma rivelatasi storicamente perdente come la sonata, o al fatto che… Ma non mettiamo troppa carne al fuoco.
Non facciamolo anche perché resta un’ altra imbarazzante questione a cui rispondere.
D. A cosa serve l’ arte?
Qui tendiamo a scantonare, abbiamo l’ impressione di “perdere” qualcosa di prezioso guardandola troppo da vicino. Il modo più goffo di scantonare consiste nel sostenere che l’ arte non è mai servita a nulla (l’ art pour l’ art).
La musica, per esempio, a cosa serviva?
Le funzioni originarie ipotizzate sono tante: sottofondo, evasione, autodisciplina, memoria, riflessione, creazione di legame sociale…
Il guaio è che qualsiasi funzione si ipotizzi ci si chiede se non esistesse un modo più “economico” per assolverla.
Esempio: la funzione che raccoglie più consensi tra gli studiosi è quella relativa al “social bonding”: ma non bastava un “giuramento” o qualcosa del genere per legarsi al gruppo? Dovevamo proprio imbarcarci in un simile dispendio di energie? Dovevamo proprio mettere in piedi “rituali” tanto complicati?
Possibile risposta: tutti sappiamo mentire con le parole, pochi lo sanno fare con le emozioni.
Insomma, la musica nascerebbe – non esistevano ancora le intercettazioni e altri metodi sofisticati d’ indagine - come assicurazione sociale contro simulatori, opportunisti e infiltrati. La musica come primitiva “macchina della verità”, la musica come regno della sincerità. Certo che se a contare è la sincerità, capiamo meglio perché un linguaggio del genere sia disposto a sacrificare la precisione.
lunedì 16 luglio 2012
Oggi parliamo di sesso
C’ è chi sostiene che la diffusione di pornografia calmieri la violenza sessuale, francamente non saprei fino a che punto simili correlazioni siano fondate. Di sicuro, quand’ anche la fruizione di pornografia mitigasse la pratica dello stupro, sarebbe comunque una soluzione “ripugnante”, almeno per molti.
La pornografia ci imbarazza, perché? Vediamo se puo’ aiutarci a capirne i motivi il contributo di una femminista eretica come Wendy McElroy:
… la pornografia è sesso più mercato, quale delle due cose non vi va bene?…
Vediamo allora separatamentente le due “cose”.
MERCATO: dietro uno scambio ci sono sempre motivazioni egoistiche e il sesso mal si coniuga con l’ egoismo.
C’ è chi ci crede ma io, francamente, non ne sono convinto.
E’ difficile pensare che un uomo non “coniughi” le due cose ma anche per le donne probabilmente vale la stessa cosa, soprattutto quando le ricerche più attendibili in tema ordinano così le motivazioni per cui una donna si concede:
1. voglia di concretizzare un’ attrazione;
2. voglia di sperimentare un piacere fisico;
3. voglia di sentirsi bene;
4. voglia di dimostrare il proprio affetto a una persona;
5. voglia di esprimere il proprio amore a una persona;
6. voglia di dare sfogo a una fascinazione;
7. voglia di dare sfogo a un’ eccitazione;
8. voglia di divertirsi;
9. voglia di concretizzare un amore;
10. impossibilità di trattenersi;
11. voglia di compiacere il proprio compagno;
12. voglia di intimità;
13. voglia di un piacere puro;
14. voglia di avere un orgasmo;
15. voglia di avventura;
…
E mi fermo qui. Sono motivazioni vere? Di sicuro sono esibite, e quindi di esse non ci si vergogna. Ebbene, a essere generosi solo la motivazione all’ undicesimo posto (e forse quella al nono) lascia trapelare una qualche forma di altruismo.
SESSO: il sesso disgiunto dall’ amore per noi è tabù.
Chi è disposto a crederlo nel 2012? Scommetto che molti, almeno a parole, lo negherebbero con forza.
Oltretutto, è una tesi ben strana vista la “tradizione” che ci ha partorito: bonobo e scimpanzé vivono in promiscuità dedicando gran parte della loro giornata al sesso; probabilmente, lo stesso dicasi per il nostro antenato, l’ uomo cacciatore/raccoglitore. In un certo senso i capelloni della comune anni sessanta erano molto più fedeli alle tradizioni rispetto al gentleman vittoriano tutto impegnato a rispettare e onorare quella “moda recente” (meno di 10000 anni) che sono i vincoli di fedeltà.
Tale “moda neolitica” nei millenni più vicini a noi ha ricevuto l’ avallo e l’ impulso della Chiesa Cristiana, sempre protesa a salvare l’ anima dei fedeli e a tutelare la condizione femminile.
Il binomio “matrimonio d’ amore” e “sesso amoroso” è infatti il grande dono elargito dalla Chiesa Cristiana alla donna: vincolare il sesso maritale all’ amore significava rendere tabù ogni forma di contrattualizzazione dei rapporti intimi, cio’ ha per conseguenza che la donna possa negarsi anche all’ ultimo istante. Naturalmente dò per scontato cio’ che viene confermato al bar come nelle Ivory Tower, e cioè che nel 90% dei casi è l’ uomo a cercare sesso o a lamentare poco sesso nel matrimonio. Questa possibilità di recedere arbitrariamente è una formidabile arma contrattuale all’ interno di un matrimonio poiché consente di far fronte via via a esigenze impreviste e imprevedibili: oggi la moglie vuole che il marito stia più in casa con i figli? Ecco che segnala la sua esigenza a letto standosene nel suo angolino mugugnando. Domani lei si sente soffocata dalla presenza continua del marito e auspica che lui le conceda più spazi? Ecco spuntare dispettosi mal di testa proprio sul più bello. Insomma, se la frequenza dei rapporti fosse fissata a priori (contrattualizzazione) questi trucchetti non sarebbero disponibili con grave nocumento per la sposa. Ma una simile ipotesi è inconcepibile una volta che la connessione sesso/amore viene consacrato dal tabù.
Conclusione: poiché un sentimento di tutela della donna nel matrimonio è ancora molto avvertito, non c’ è motivo di ritenere che un tabù inteso proprio a realizzare quell’ obiettivo si sia realmente indebolito nelle coscienze.
Per quanto si voglia apparire spregiudicati, penso che una simile sacralità sia avvertita ancora da molti, da qui la risposta a Wendy: è la parola “sesso” che imbarazza da morire chi non riesce a stare indifferente rispetto alla pornografia e ad accettarla come la normale rappresentazione di un’ attività umana.
martedì 10 luglio 2012
Storie lasche & Storie tese
A Cogne muore un bambino in circostanze tragiche? Ecco rispuntare nell’ inconscio collettivo i drammi euripidei con tanto di faretti scenografici orientati su Medea.
A Perugia si compie un assassinio tra giovani studenti? Ecco evocata la piccola strega venuta da un paese lontano a portare scompiglio nella sonnecchiante città.
Ad Arcore si danno feste pepate? Ecco saettare la lingua bifida del Drago divoratore di Vergini.
Al Sofitel di NY il capo del FMI disturba la cameriera di colore? Ecco che il rapace Capitale si avventa sull’ inerme Terzo Mondo.
Era tutta una balla? Ecco partire la sguaiata rivendicazione di diritti in favore del “socialmente subordinato”. [… ma quale diritto, in questo caso? Mah, in fondo è di secondaria importanza, un diritto lo si inventa sempre in questi casi… direi che il “diritto alla definizione retrospettiva di stupro indipendentemente dal consenso preventivo” puo’ andar bene, è previsto anche nei gender sudies…]
Qualsiasi cosa succeda, l’ importante è rappresentarla facendola entrare a forza in quelle “storie” che seducono l’ immaginario. I paradigmi non sono poi molti, giusto una decina. Scarsità, uguale semplicità, uguale attenzione delle masse assicurata.
Ma cosa c’ è che non va in quelle “narrazioni”? Nulla, c’ è piuttosto qualcosa che non va nel credere di decifrare il mondo mediante una “narrazione”.
Ogni giorno ciascuno di noi prende un sacco di granchi e la sterminata letteratura sulle lacune cognitive si incarica di spiegarci il perché e il per come: ormai c’ è un bias per tutti i gusti, ma forse, stranamente, manca il bias di tutti i bias: pensiamo che raccontare una “storia” aiuti a decriptare la realtà.
Non che manchino i caveat in merito a questo modo di procedere: c’ è chi s’ impegna a tempo pieno nel mettere il malvezzo alla berlina (vedi qui, quo e qua) ma si tratta di denunce “rimbalzate” sempre con la medesima contro obiezione: solo una “narrazione corretta” puo’ rimpiazzare una “narrazione scorretta”; in fondo la “narrazione” resta l’ unico strumento conoscitivo a nostra disposizione.
Argomento non peregrino, il discorso sulle alternative alla narrazione è cruciale e non sempre chiaro. Ecco allora i due cardini del resoconto anti-narrativo:
1. resoconto fondato sui costi opportunità – Il Mondo è pieno di realtà invisibili – chiamiamoli controfattuali - che, se raccontate, distruggerebbero il phatos della narrazione più avvincente. Eppure si tratta di realtà cruciali per capire come gira il fumo nel mondo in cui viviamo. Ogni nostra ammirevole decisione libera una miriade di silenziose contro-storie che riguardano i costi occulti, così come ogni comportamento abominevole è salvifico per molti che non vedranno mai narrata la loro vicenda. Immaginatevi se Dickens avesse raccontato le sue splendide fiabe “moderne” facendo i conti con la realtà invisibile (storia tesa n. 1):
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=NxBzKkWo0mo]
2. resoconto fondato sulla serendipity – Una buona storia ha bisogno di mettere in primo piano l’ “intenzione” di protagonisti, deuteragonisti e antagonisti. Eppure, un racconto attendibile della realtà è quasi sempre un racconto in cui l’ intenzione della gente ha poco spazio. Ora, la figura dell’ “eroe per caso” puo’ anche presentarsi saltuariamente, ma v’ immaginate che noia se fosse la norma? La regola è talmente ferrea che fatico a trovare eccezioni. Mi viene in mente giusto il Manzoni dell’ assalto ai forni: il suo resoconto letterario sembra coniugare l’ arte con le leggi del reale come le apprende un pensiero rigoroso (storia tesa n .2):
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=h9QEkw6_O6w]
venerdì 6 luglio 2012
Apocalisse
giovedì 5 luglio 2012
martedì 3 luglio 2012
Genesi
Robin Hanson ha deciso e i contratti sottoscritti giacciono ora al sicuro nella cassaforte del notaio: una volta morto si farà spiccare chirurgicamente la testa dal fresco cadavere in modo da preservarla surgelata in azoto liquido.
Per quanto tempo? Un secolo? Due, tre? Finché non sarà possibile “uploadare” i dati e le funzioni neuronali del suo cervello su una macchina adeguata. Quella macchina non sarà altro che il nuovo corpo di RH redivivo visto che “penserà”, “gioirà”, “soffrirà”… esattamente come avrebbe fatto lui.
Qualche mese fa il NYT si è occupato della vicenda puntando i fari sul lato pettegolo, ovvero il matrimonio mandato in crisi dalla decisione di cui sopra. Altri (pochi) sono entrati nel merito della complicata questione tecnica contestando la probabilità che qualcosa del genere possa mai avvenire. C’ è poi dietro una questione filosofica interessante quanto impervia. Gli spunti, a essere onesti, non mancano, ma in genere la reazione tipo dell’ uomo della strada è di segno ben diverso, qualcosa tra lo sdegnato e l’ ironico: non riusciamo proprio ad associare un uomo a un corpo tanto strano e questa difficoltà si tramuta spesso in rabbia e condanna. Una specie di paura dell’ ignoto, una xenofobia dovuta al tempo più che allo spazio.
Purtroppo ho verificato che anche in ambienti cattolici si oppone una certa idiosincrasia: non si riesce a discutere pacatamente la faccenda; eppure, lo confesso, nutrivo speranze in qualcosa di diverso: se la difficoltà risiede nell’ “immaginazione” intorno ai corpi, mi chiedo a questo punto come un cattolico pensi ai corpi stra-passati di Adamo ed Eva. Probabilmente, ammettiamolo, erano molto più stravaganti e “impensabili” del corpo stra-futuro di RH. Ecco su cosa si fondava la mia speranza: se c’ è qualcuno che in materia non difetta di “immaginazione”, costui dovrebbe essere il cattolico.
mercoledì 27 giugno 2012
Sono aperte le iscrizioni a giurisprudenza, affrettatevi!
http://www.thebigquestions.com/2010/11/09/law-school-admissions-test/
http://www.thebigquestions.com/2010/11/10/reasonable-doubts/
http://www.thebigquestions.com/2010/11/11/reasoning-about-whats-reasonable/
http://www.thebigquestions.com/2010/11/12/blinded-justice/
http://daviddfriedman.blogspot.it/2012/11/solving-patent-problemand-much-else.html
http://www.guardian.co.uk/law/2011/oct/02/formula-justice-bayes-theorem-miscarriage
venerdì 22 giugno 2012
giovedì 21 giugno 2012
Esercizi spirituali per giovani lavoratori – Rimini, maggio 2012
… la realtà è sempre positiva…
mercoledì 20 giugno 2012
Famolo strano
… il profumo delle pattumiere ben riciclate…
… dove ci si lecca le ferite dopo la guerriglia nel ghetto…
… ogni sua schitarrata racconta una corsa di cavalli, il Grand Prix del Kentucky vinto dal mitico “Affirmed”, che si ruppe entrambe le anche superata la linea d’ arrivo. Fu abbattuto poche ore dopo…
Epic High School (Love Like Delorean...)
… finalmente sintetizzata in laboratorio la pillola della felicità…
Quadri di un'esposizione - estratto (Mussorgskij )
… questi russi, ogni volta che “varcano una soglia” o “entrano in città”, fanno sempre una gran caciara con trombe e campane…
Rickety Ol’ Rollercoaster (LEWIS FLOYD HENRY)
… a metà di un ascolto cerco sempre d' infilare qualcosa un po’ blusey (qualcosa tra Dylan e i Rolling, per esempio)…
Filastine And The Cathedral Of Junk (Filastine And The ...)
… le improvvisazioni elettroniche sono un po’ come il buon senso dei computer…
insecurity expert (ZEA & XAVIER CHARL...)
… baciamo l’ ancia (del mignolo), comandante…
Signed Curtain (John Wesley Hardin...)
… gli anarcoidi Matching Mole omaggiati tra il serio e il faceto…
Composition 40(O) (Anthony Braxton )
… marcette verso il nulla…
***************************
QUI per ascoltare tutto.
**********************
… oggi parliamo di:
… giochetti d’ infanzia vietati ai minori…
… vandalismi fino a ieri impensabili…
… tecnologie obsolete…
… deproteinizzazione della dieta…
… ooooohps……..
… conformismi malsani…
… musica solida…
Miseria del noir italico
Scrivete un bel noir ambientato di provincia… ma che sia di “di denuncia”: si tratta di escogitare una trama ingarbugliata che da un qualunque fattaccio di cronaca o d’invenzione…conduca a diramazioni sempre più oscure, a reti di complicità sempre più eccellenti: congiure internazionali, misteri d’Italia, zone d’ombra tra affari e malaffare…
… scoppiettante, tutto mozziconi di frasi al presente indicativo e additamenti da narratore behaviourista. Per i dialoghi, rifarsi al tono di certe serie tv americane, anzi direttamente al doppiaggio italiano, creando uno slang-patacca su cui si avrà cura di innestare, qua e là, un po’ di crudezze dialettali, tanto per far capire che abbiamo letto Gadda e Pasolini…
… accostarsi al cuore nero della realtà, alle viscere di un Paese irredimibile, come d’altronde reciteranno diligentemente la quarta di copertina e, al traino, i recensori pigri. A quel punto, manca solo il critico pronto a giurare che il noir è il nuovo «racconto della realtà», ma quello si trova…
è un equivoco che va avanti da una sessantina d’anni, da quel 1944 in cui Raymond Chandler, padre nobile del giallo hard-boiled, pubblicò il saggio The Simple Art of Murder. Chandler elogiava Dashiell Hammett per avere strappato il delitto al «giardino di rose del vicario», dove lo teneva ostaggio Agatha Christie, e averlo restituito ai vicoli, in «un mondo in cui i gangster possono dominare le nazioni e poco manca che governino le città»… Chandler e i suoi molti eredi e imitatori, hanno spacciato per realismo crudo un manierismo stracotto: gangster al posto dei colonnelli, prostitute al posto delle baronesse, detective che invece di impomatarsi i baffi o coltivare orchidee si ubriacano di whisky nel loro ufficio-stamberga, solitari e sconfitti. E già, perché il giallo «realista», oltre che manierista, è anche mitologico: «Sulla strada dei criminali deve camminare un uomo che non è un criminale, né un vigliacco», scriveva Chandler, delineando il ritratto di un cavaliere errante dalla triste figura, un ruvido eroe da western trapiantato nella metropoli, un uomo in lotta con un mondo marcio che mena quasi vanto della propria sconfitta…
… «Il noir non è altro che letteratura della realtà»… si dice… qui l’equivoco si complica con l’idea che il genere abbia onerosi compiti extraletterari. Non deve solo interpretare il mondo, deve trasformarlo (la vecchia storia di Marx che capovolge Hegel). È una prosecuzione della lotta politica con altri mezzi, una «contro-narrazione» sovversiva: «Quello che mi interessava, infatti, era maneggiare la realtà (…) si tratta di una scelta letteraria che ci offre la possibilità di continuare a fare politica attraverso il racconto del Paese». Strumento di lotta o mero succedaneo, a beneficio di quei militanti degli anni Settanta… la fonte del crimine è tutta sociale e politica: «Alla malvagità dell’essere umano, svincolata da questi aspetti, ci credo poco…
… E però questo tipo di letteratura, che si vorrebbe immersa nella fornace della realtà, è intrappolata in una stanza degli specchi… Certo è che la figura letteraria dell’eroe sconfitto, che soccombe al Sistema o racimola trionfi derisori, sembra fatta apposta per sovrapporsi alle mitobiografie dei vecchi insorti e alle mistificazioni del romanticismo ribellistico, creando un vertiginoso gioco di illusioni ottiche… il marxista libertario Manchette disprezzava gli investigatori alla Poirot perché «non risolvono mai il delitto generale di questo mondo»… Il vecchio giallo era irrealistico in tutto ma serbava, per così dire, il realismo del peccato originale, la coscienza di un male che sopravvive a tutte le rivoluzioni: era figlio del pessimismo vero, quello dei moralisti classici. Soprattutto, non s’illudeva di «maneggiare la realtà». Sapeva di maneggiare un giocattolo, e anche in questo era più realista…
Dopo avermi levato le parole di bocca sul noir italiano, Guido Vitiello, della cui esistenza fino a ieri ero all’ oscuro, carica il cannone e lo punta contro la componente più arcaica della lobby femminista, la quale spinge per piazzare la figura più retriva della compagnia (Lorella Zanardo) nientemeno che in Rai.
Vabbé, togliamo pure il “nientemeno” e l’ aria ”scandalizzata”, visto che non esiste "segno dei tempi" più esemplare di questo, e se non accade oggi, accadrà sicuramente domani.
Ecco, era solo per dire che questo qui è uno da tenere d’ occhio. Fine.
martedì 19 giugno 2012
Cosa c’ è che non va nella pubblicità commerciale?
… molti su questo punto hanno le idee abbastanza chiare: la pubblicità ci fa agire come non vorremmo sospingendoci verso un consumismo materialista che devasta il pianeta…
Ma come tesse i suoi inganni questa moderna Circe? Semplice, ci “vende sogni” e identità.
E qui le cose cominciano a non quadrarmi… sogni e identità sono beni intangibili, ovvero a impatto ecologico pari a zero.
[… ipotizziamo un mondo dove l’ unico bene prodotto siano le borsette: se, grazie alla pubblicità, sono disposto a pagare una borsetta dieci volte il suo valore intrinseco per il solo fatto che “è di marca” e acquisto il “sogno” prima ancora che il bene materiale, cio’ significa che in un mondo senza pubblicità dove l’ unico bene di scambio sono le borsette, a parità di spesa, comprerei nove borsette con tutto quel che ne deriva in termini di “devastazione ambientale”……]
Gli ecologisti dovrebbero gioire e ringraziare, anziché vituperare…
…
Altra “subdola” strategia pubblicitaria consiste nel ricordare al consumatore cio’ che tralascerebbe se lasciato a se stesso…
Ora non ci resta che capire perché quando questa stessa funzione è svolta da innovatori e imprenditori parliamo della cosa in tono celebrativo anziché riprovevole…
Entra anche tu nel club degli “spalmatori”:
venerdì 15 giugno 2012
La curva di Laffer dei peccati
martedì 12 giugno 2012
Le ingiustizie della guerra giusta
Mi rendo conto che una figura del genere appare ossimorica visto che l’ immagine consueta del pacifista coincide con quella dell' indomito crociato votato a cadere sul campo pur di difendere la suo nobile causa.
… tra il 1945 e il 1950 l’ Europa è stata testimone del più massiccio episodio di “migrazione forzata”, e forse del più grande spostamento di masse umane nella storia dell’ uomo. Si aggira tra i 12 e i 14 milioni il numero di civili di lingua tedesca – per lo più donne, vecchi e ragazzi sotto i 16 anni – deportati a forza dai loro luoghi di nascita in Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Yugoslavia e Polonia dell’ est… questa massa enorme di persone fu poi lasciata tra le macerie di una Germania in fiamme dopo l’ occupazione alleata affinché si arrangiasse come meglio poteva… il numero di coloro che morirono di stenti in seguito a carestie, malattie, percosse ed esecuzioni non è noto, sebbene stime prudenti ci dicono che circa 500.000 persone persero la vita nel corso dell’ operazione…… cio’ che più disturba, tuttavia, è che a decine di migliaia perirono in seguito ai maltrattamenti subiti nella vasta rete di campi di concentramento dediti al lavoro forzato allestita dagli alleati in tutta l’ Europa sud orientale… molti dei quali, per esempio Auschwitz e Theresienstadt, non erano altro che vecchi campi nazisti mantenuti in attività ancora per anni dopo la guerra… Ironicamente, a qualche centinaio di chilometri da quei posti infami, i criminali nazisti sopravvissuti venivano portati davanti alla corte di Norimberga per essere processati con l’ accusa di “… deportazione e altri atti contrari all’ umanità commessi contro la popolazione civile…”, il tutto sotto l’ insegna della lotta contro “i crimini contro l’ umanità” … tutto cio’ suona beffardo visto che, secondo ogni parametro ragionevole di giudizio, dobbiamo considerare le “espulsioni” di cui ho detto come una delle più disastrose violazioni dei diritti umani della storia recente…… piccola ariana in campo di concentramento…… nonostante esistano ancora dei sopravvissuti ai crimini, nonostante siano stati commessi in tempo di pace e nel cuore del continente più popoloso del pianeta, rimane questo un episodio stranamente dimenticato da tutti (tranne che dai tedeschi)…… contraddicendo la retorica ufficiale la quale sostiene che la II guerra mondiale fu intrapresa per salvaguardare le popolazioni civili dalle operazioni belliche, inclusi i civili tedeschi, dobbiamo concludere che migliaia di ufficiali alleati, di burocrati e di tecnocrati collaborarono attivamente alla realizzazione di programmi che, quando posti in essere dai loro nemici, non si esitava a denunciare come contrari a tutti i principi di umanità…
venerdì 8 giugno 2012
Musica per il week end
Altri maverick:
… direttamente dal fan club…
In The Desert Bright Whites I Am The Ant... (Kishi Bashi
… canzoni o sinfonie tascabili?… in ogni caso anche questo qui è uno da tenere d’ occhio…
Misguided Angel (Cowboy Junkies )
… cercate una band ancora integra dopo 25 anni di carriera?… eccovi serviti…
Clearing, Dawn, Dance (Judd Greenstein)
… il doposcuola al conservatorio (estratto)…
…. entrata a gamba tesa…
… scusate se dico la mia: tanto fumo e poco arrosto…
… in un mare di elettricità…
Smoke Gets In Your Eyes (Kristin Slipp)
… con tanto di traettoria delle volute…
… ve lo ricordate il fidanzatino di Amelie?…
… Tonino Hardcore, Tonino Rock & Roll…
It Is Not About Love (SVEN KACIREK)
… percussionismi dinoccolati…
********************
PER ASCOLTARE TUTTO IN UNA VOLTA VAI QUI
*********************
dentro:
… cura per il dettaglio…
… divertimenti senili…
… dolci minacce…
… intimità repellenti…
… ruggiti controvento…
… sogni equini…
… religioni incasinate…
… salotti culturali…
martedì 5 giugno 2012
Verso la privatizzazione
http://econlog.econlib.org/archives/2010/09/austerity_for_l.html
Dono o fardello?
La sera di Sabato 2 giugno, grazie ai canali digitali di Telenova, ho potuto seguire il “festival delle testimonianze” che si è tenuto in quel di Bresso alla presenza di Papa BXVI in occasione dell’ incontro mondiale delle famiglie.
Devo confessare una certa delusione, non certo per le chiose papaline, quanto per il tenore delle testimonianze: praticamente una lamentela continua.
Siccome la cosa mi è rimasta qui, spero di levarmela con questo sfogo.
“… Santo Padre, le istituzioni non ci aiutano…”
“… Santo Padre ci sentiamo abbandonati a noi stessi…”
“… Santità, arrivo alla sera che ho messo a letto i figli e sono distrutta…”
“… Santo Padre, lo stress della vita contemporanea non ci lascia il tempo di vivere la nostra relazione…”
“… Santità, conciliare la famiglia con il lavoro diventa sempre più oneroso…”.
“… Santità, teniamo duro ma è molto dura… il mondo ci appare come ostile…”
Non si chiede di affrontare i leoni con il sorriso, ma anche questo assordante piagnisteo inscenato da cattolici con un tenore di vita pari a quello del Re Sole lascia quantomeno perplessi.
Ammetto che nei Salmi non manchino i miserere, ma si alternano sapientemente con lodi e ringraziamenti, dopodiché, come è risaputo, si finisce in gloria. Qui no! Qui il gemito era martellante fino alla chiusa finale, quella che prevede l’ invocazione del “quoziente familiare”, vero e unico esorcismo contro le forze demoniache della modernità.
L’ accattone all’ angolo, anziché festeggiare il Signore che gli si fa incontro, è indaffarato nell’ esibire le piaghe slabbrandole a dovere.
Forse anche il fedele subisce la mutazione in “sincero democratico” e la frignatina d’ ordinanza (alias rivendicazione) è ormai l’ unica modalità che conosce per esternare il proprio pensiero.
Il Papa, suo malgrado, viene così fatto apparire nel suo scranno come un bianco burocrate presso cui sollecitare la pratica.
Lo confesso, non si capiva bene se la famiglia fosse più una gioia o un’ occasione di martirio.
Per un attimo mi è sembrato di scorgere Ruotolo aggirarsi per le piazze e porgere i microfoni a operai disperati sull’ orlo del licenziamento.
Il “sindacalese” è ormai la nostra lingua madre, non ne conosciamo più altre: Vespa, Floris, Santoro, Lerner – i nuovi Maestri Manzi della TV - ci hanno rintronato a dovere; un tempo la Politica attingeva alla Teologia per forgiare il suo apparato concettule, oggi i ruoli si sono degradati e invertiti al contempo, cosicché il “teatrino della politica” diventa fonte d’ ispirazione per i discorsi di fede.
Intanto, nella mia mente, la famiglia si trasformava da navicella ideale per solcare le onde di un mondo periglioso, in rottame alla deriva che il mondo stesso è chiamato a rimorchiare pietosamente e rabberciare in qualche modo non si sa più bene neanche a quale scopo.
Da dono a fardello, insomma.
Il “povero di spirito” all’ ascolto si sarà chiesto se davvero non c’ è un modo alternativo per organizzarsi e sfuggire alle vessazioni denunciate così vividamente dai “testimoni”.
Il mio pensiero vola a chi è dubbioso nell’ intraprendere il grande passo del metter su famiglia. A questo punto, come minimo, considererà seriamente la possibilità di rinunciare: qualcosa di meglio a tanta sofferenza ci deve pur essere da qualche parte se è vero come è vero che questo resta pur sempre “il migliore dei mondi possibili”.