sabato 9 ottobre 2010
Stillava sangue
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:
"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."
Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali
venerdì 8 ottobre 2010
Guardia e ladri in poltrona
Anyone who owns a laptop computer can now fight crime from the safety of their home and win cash prizes for catching thieves red-handed, under a new British monitoring scheme that went live this week.
The service works by employing an army of registered armchair snoopers who watch hours of CCTV footage from cameras in stores and high street venues across the country.
Viewers can win up to 1,000 pounds ($1,600) in cash a month from Devon-based firm Internet Eyes, which distributes the streaming footage, when offenders are caught in the act.
Malcontento e opposizione tra i sindacati delle Forze dell' Ordine.
http://www.reuters.com/article/idUSTRE6943YJ20101005
Benedetto il Benedetto
L’iniziativa legislativa sarà illustrata dallo stesso vice-capogruppo di Futuro e Libertà per l’Italia il prossimo mercoledì 13 ottobre, in occasione della presentazione di una Bozza di Libertiamo intitolata “Privatizzare la Rai. Conviene, è giusto, si può.”
L’incontro, al quale prenderanno parte, con Della Vedova e gli autori dello studio, anche gli onorevoli Italo Bocchino e Luca Barbareschi, si terrà alle ore 11 presso l’hotel Nazionale, in piazza Montecitorio, a Roma
Un utopia? Forse.
Ma fa niente, in questo caso per me fa la differenza anche solo il dirlo a chiare lettere. E chi altro è tanto chiaro?
Humanomist
E' questa una spiegazione legittima?
Secondo lo splendido transenssuale Dreidre McCloskey, sì.
Le cause materiali non sono tutto e nelle dinamiche storiche s' insinua spesso un "ghost in the machine".
... We humanomists believe that humans are motivated by more than incentives...
Qui anticipa le sue conclusioni dettagliate nei due volumi in uscita che mettono a tema la Rivoluzione Industriale
A big change in the common opinion about markets and innovation, I claim, caused the Industrial Revolution, and then the modern world. The change occurred during the seventeenth and eighteenth centuries in northwestern Europe. More or less suddenly the Dutch and British and then the Americans and the French began talking about the middle class, high or low — the “bourgeoisie” — as though it were dignified and free. The result was modern economic growth... The outcome has falsified the old prediction from the left that markets and innovation would make the working class miserable, or from the right that the material gains from industrialization would be offset by moral corruption... The usual and materialist economic histories do not seem to work. Bourgeois dignity and liberty might... The correct explanation is ideas... The book tests the traditional stories against the actually-happened, setting aside the stories that in light of the recent findings of scientific history don’t seem to work very well. A surprisingly large number of the stories don’t. Not Karl Marx and his classes. Not Max Weber and his Protestants. Not Fernand Braudel and his Mafia-style capitalists. Not Douglass North and his institutions. Not the mathematical theories of endogenous growth and its capital accumulation. Not the left-wing’s theory of working-class struggle, or the right-wing’s theory of spiritual decline.
Yet the conclusion is in the end positive. As the political scientist John Mueller put it, capitalism — or as I prefer to call it, “innovation” — is like Ralph’s Grocery in Garrison Keillor’s self-effacing little Minnesota town of Lake Wobegon: “pretty good.”[2] Something that’s pretty good, after all, is pretty good. Not perfect, not a utopia, but probably worth keeping in view of the worse alternatives so easily fallen into. Innovation backed by liberal economic ideas has made billions of poor people pretty well off, without hurting other people.[3] By now the pretty good innovation has helped quite a few people even in China and India. Let’s keep it.
The Big Economic Story of our times has not been the Great Recession of 2007–2009, unpleasant though it was. And the important moral is not the one that was drawn in the journals of opinion during 2009 — about how very rotten the Great Recession shows economics to be, and especially an economics of free markets. Failure to predict recessions is not what is wrong with economics, whether free-market economics or not. Such prediction is anyway impossible: if economists were so smart as to be able to predict recessions they would be rich. They’re not.[4] No science can predict its own future, which is what predicting business cycles entails. Economists are among the molecules their theory of cycles is supposed to predict. No can do — not in a society in which the molecules are watching and arbitraging. The important flaw in economics, I argue here, is not its mathematical and necessarily mistaken theory of future business cycles, but its materialist and unnecessarily mistaken theory of past growth. The Big Economic Story of our own times is that the Chinese in 1978 and then the Indians in 1991 adopted liberal ideas in the economy, and came to attribute a dignity and a liberty to the bourgeoisie formerly denied. And then China and India exploded in economic growth. The important moral, therefore, is that in achieving a pretty good life for the mass of humankind, and a chance at a fully human existence, ideas have mattered more than the usual material causes. As the economic historian Joel Mokyr put it recently in the opening sentence of one of his luminous books, “economic change in all periods depends, more than most economists think, on what people believe.” Left and right tend to dismiss the other’s ideology as “faith.” The usage devalues faith, a noble virtue required for physics as much as for philosophy, and not necessarily irrational... Yet innovation, even in a proper system of the virtues, has continued to be scorned by many of our opinion makers now for a century and a half, from Thomas Carlyle to Naomi Klei... We will need to abandon the materialist premise that reshuffling and efficiency, or an exploitation of the poor, made the modern world. And we will need to make a new science of history and the economy, a humanistic one that acknowledges number and word, interest and rhetoric, behavior and meaning.
Il materialista Gregory Clark concede che gli incentivi spiegano ben poco:
Economics pulls in neophytes with a grand and exciting vision of the world: people are highly responsive to incentives, differences in incentives explain all major variations in wealth and poverty across societies, and easy institutional changes will create the incentives to launch a brave new world. This is the buzz that animates Freakonomics, the book, and now the movie. This is the vision that led Roland Fryer, Professor of Economics at Harvard University, to offer students in the New York, Chicago, and Washington, DC school systems “cash for grades.”
Deirdre McCloskey earlier in her career did stellar work advancing this program in economics — her virtuoso writings recruited me to the study of the history of economies. But having over many years considered the general problem of economic growth, and the specific puzzle of the timing and location of the Industrial Revolution, McCloskey has come to a stunning epiphany. This is that incentives explain very little of the huge gaps in wealth across the world. Growth is a cultural production, a society wide embrace of “bourgeois virtues.” Specifically, she claims, growth came because the activities of marketing, profiting, and innovating have become in our society uniquely respected, admired and praised. The rise of the Bourgeois Virtues has created societies such as those of Northern Europe, so primed for growth that even though the grabbing hand of the state is on every shoulder, people continue to produce and innovate.
I fully agree with McCloskey about the surprisingly poor ability of incentives alone to account for growth. In order to hold on to the central idea that the 10,000-year delay in the Industrial Revolution from the first appearance of settled agriculture was created by a lack of incentives, economists have to maintain the collective fiction that all societies before 1800 were run along the lines of Kim Jong-Il’s North Korea. Yet, in case after case, we find, deep in the 10,000 years of economic stagnation, fully incentivized market societies.
Go to any village in Suffolk in England in the years of the Poll Tax, 1377-81 and you will find in the tax lists an abundance of traders, craftsmen, and merchants.[1] Go to the records of Oxford University in 1500 and you will find the descendants of those traders and craftsmen, revealed by surnames such as Smith and Baker, had become within a few hundred years nearly fully incorporated into the elites of medieval society. Go to Paris in 1300 and you will find living cheek by jowl with the locals Scots, English, Italians, Flemish, and Jews. Medieval cities were hives of enterprise and industry, taxed lightly by kings fearing to kill the golden goose. London, among others, was almost as polyglot in 1300 as it is today...
tutto disponibile su Cato unbound
Recensione al Vangelo del 10.10.2010
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Altre letture.
Questa settimana è al centro il tema dell' "accoglienza". Mi viene in mente lo spinoso problema dell' immigrazione.
Una premessa: se la Chiesa avesse accolto tutto e tutti, non sarebbe durata due millenni ma un paio d' anni. La vulgata fondamentalista sul tema dell' accoglienza è piuttosto misticheggiante, se non pericolosa.
Come elaborare dunque il messaggio per estrarne un succo libertario che sia anche razionale e di buon senso?
Forse Dio ci parla raccomandandoci una strategia di vita improntata al tit for tat: fai in modo che il tuo primo approccio verso chiunque sia di accoglienza, resta in prima battuta sempre aperto all' altro, dài a tutti un' opportunità, e magari anche una seconda.
Mi sento di accettare questa lezione, ben sapendo che quanto più sarà perentoria la reazione al tradimento, tanto più la fiducia accordata in partenza potrà essere limpida e scevra da ogni pregiudizio.
Super Mario
La cosa, considerato anche il fresco Nobel, potrebbe far tremar le vene ai polsi di molti, invece:
"... difendo il capitalismo come sistema più efficiente e corretto rispetto al socialismo, come il modo migliore per salvaguardare la libertà delle persone. Vedo nella libera impresa il traino dello sviluppo, vedo nella "cultura del successo" un buon antidoto contro la "cultura del risentimento" e contro lo Stato invadente tanto caro ai pensatori che più combatto: marxisti e conservatori..."
Qualcuno puo' pensare che ne esca malconcia la teoria per cui il grande artista è sempre in affanno quando chiamato a farsi un quadro della società che lo accoglie.
Ma forse non è così, in fondo l' unico romanzo che ho preso in mano del buon Mario l' ho poi abbandonato in preda alla noia. Dopodichè tra noi non c' è stato più niente.
P.S. mi sia qui consentito ricordare, accanto a Super Mario, suo figlio Alvaro, una delle menti più brillanti del disgraziato continente latinoamericano.
giovedì 7 ottobre 2010
Limitarsi ai test in entrata
I test somministrati agli studenti delle scuole possono essere invalidi e/o inaffidabili.
Attenzione a non confondere, faccio solo due esempi per chiarirmi.
Quando pesavamo la Marghe avevamo una bilancia che indicava delle cifre sballate (invalide), non avevamo nessuna idea di quanto pesasse realmente la cucciolotta. Ma questo non ci importava, sapevamo infatti che la bilancia era affidabile e i vari pesi riscontrati nel tempo erano confrontabili. Era sufficiente.
Chissà cosa misura il QI. Di sicuro è affidabile. In altri termini: il QI misura qualcosa di preciso, non si sa se sia l’ intelligenza di una persona ma è comunque qualcosa di ben identificato.
Morale: un test inaffidabile è anche invalido ma non viceversa.
Un test invalido non misura l’ oggetto corretto. Un test inaffidabile commette degli errori di misura.
Ma i test possono essere soggetti ad altre distorsioni (bias). Se il candidato si emoziona rende meno, per esempio. Una preparazione mirata ai test è truffaldina in certi contesti.. Per non parlare dell’ “aiutino” che puo’ provenire da un “somministratore interessato”..
Anche elaborare una “scala” che dia rappresentazione fedele dei risultati ottenuti è pressoché impossibile.
Daniel Koretz è l’ uomo migliore per sviscerare al meglio le quattro difficoltà.
Io mi son fatto l’ idea che i test debbano essere impiegati all’ inizio piuttosto che alla fine del “trattamento” scolastico. Ma tale dovrebbe essere l’ uso di ogni esame. Il giudizio finale lo dà solo l’ ambiente destinato ad ospitare l’ “educato”.
Daniel Koretz – Measuring up – Harvard press
Giochi di parole sulla pelle dei poveri
Con i numeri spesso si esagera. I governi si autoelogianoLuca Ricolfi - Illusioni italiche
parlando del recupero di evasione fiscale, la Polizia elenca con orgoglio la
refurtiva sequestrata... ma a volte i motivi delle esagerazioni sono meno palesi.
E' difficile sentire la Chiesa dire che i poveri stanno diminuendo; o sentire la
Fao dire che le persone scarsamente alimentate stanno calando; o l' Oms
minimizzare i rischi di una pandemia; o l' IPCC rassicurarci sul riscaldamento
climatico... Perchè la Caritas, nella conferenza stampa dell' 11.2.2010,
preferisce denunciare l' esistenza di 8 milioni di poveri piuttosto che dire le
cose come stanno, ovvero che i poveri in Italia non superano i 3 milioni? Una
risposta molto semplice è che le grandi istituzioni benefiche vivono di sussidi;
se vuoi massimizzare i sussidi devi convincere governi e privati dell' urgenza
del problema, amplificare le cifre è innanzitutto una strategia di fund raising.
Una seconda risposta è che spesso chi si sente paladino di una giusta causa
pensa che ingigantirne le dimensioni aiuti a sensibilizzare l' opinione pubblica
suscitando indignazione e rivolta morale... ma questo modo di procedere è molto
rischioso: innanzitutto altera le priorità in campo (le cause nobilissime
abbondano), poi perchè, proprio per "cambiare il mondo", sarebbe meglio darne
una rappresentazione fedele... da ultimo: non è che questa "bolla" del male
anzichè instillare una "rivolta morale" finisce per procurare
rassegnazione?
Mi raccomando, non pensiate che distorsioni numeriche in tema di povertà si presentino nella candida veste della "bugia".
Il demonio è più sofisticato e in questi casi diventa decisiva la perversione del linguaggio.
Il postgiudizio
Luca Ricolfi - Illusioni italiche -
mercoledì 6 ottobre 2010
Felici nella fede
Forse solo il suicidio smaschera le molte ipocrisie, per questo mi sembra giusto dare la precedenza agli studi che se ne occupano.
Sembra che la religiosità (monoteista) delle persone le difenda effettivamente da quella disperazione che conduce al suicidio.
http://epiphenom.fieldofscience.com/2010/10/suicide-age-and-poison.html
http://epiphenom.fieldofscience.com/2010/10/religion-and-suicide-patchy-global.html
martedì 5 ottobre 2010
Kant e Darwin
Sean Greenberg
Perchè Giuliano Ferrara non riesce a starmi antipatico
... e lo dice chiaramente, per esempio in questo editoriale:
"...tutti sanno che le migliori idee dopo il New Deal sono venute dalla destra liberista e libertaria, che si tratti di tasse, libero commercio, promozione dei consumi, analisi sociale, filosofia dell’autonomia individuale, della responsabilità e della libertà del cittadino...»
lunedì 4 ottobre 2010
Recensione al Vangelo del 3-10-2010
La mia non potrà mai essere una riflessione volta ad enfatizzare i valori evangelici nel quadro dell' Ortodossia, chi vuole ascoltare qualcosa del genere è giusto che vada a Messa.
Mi interessa piuttosto una breve analisi che consenta di vedere come una Voce tanto antica come quella delle Sacre Scritture sia in grado di stimolare anche l' intelligenza contemporanea e secolarizzata, a patto che quest' ultima sia disposta all' ascolto evitando la fuga nella caricatura.
Mi atterrò al rito ambrosiano, qui avete a disposizione la Parola di Domenica 3 Ottobre, val la pena di leggerla poichè in seguito ho intenzione di chiosare proprio quel testo.
Il Vangelo talvolta esprime messaggi dalla radicalità sconcertante, questo che abbiamo davanti è proprio un caso esemplare. Chiunque ascolta le parole di Luca reagisce d' istinto con un "ma non esagerari per favore!...".
A conferma che non siamo di fronte ad iperboli, il Celebrante ha ribadito che quelle parole che sembrano così sprezzanti nei confronti di ogni buon senso vadano intese alla lettera. Ha aggiunto, bontà sua, che nessuno di noi sarà mai all' altezza di osservare in simile comando, a meno che non sia assistito dalla Grazia.
In questo senso il Don che predicava coglie nel Vangelo una radicalità ancor più spinta di quella che ero pronto a concedere.
Secondo me, infatti, esistono non poche persone in grado di altruismi tanto estremi. Esistono eccome.
Forse nel loro caso la Grazia nemmeno è necessaria. Forse neanche il cattolicesimo è necessario per sviluppare un amore tanto ardente verso il prossimo (nemico compreso). Il comando dell' amore, poi, è comune a molte forme di spiritualità, anche anteriori al cristianesimo.
Cosa ci dice allora di specifico il cristianesimo? Qual è il ruolo della Grazia che anche una mente secolarizzata deve giocoforza ammettere?
Mi siano consentiti un paio di rilievi utili per la conclusione che seguirà.
Quando vedo una persona che "perdona ed aiuta il suo peggior nemico" non posso ancora dire di essere di fronte ad un altruista. Sembra strano ma se ci pensate bene è proprio così.
Quando sono davanti a chi licenzia i suoi dipendenti non posso ancora dire di essere di fronte ad un egoista.
Nel primo caso potrei avere a che fare con un esibizionista per cui il "perdono" offre un allettante palcoscenico; per lui non si tratta di un sacrificio bensì di un godimento, in questo caso l' atto di perdono potrebbe essere ricercato come forma di un po' perversa di piacere e quindi di egoismo.
Nel secondo caso potrei trovarmi di fronte ad una persona riluttante nel dar corso alla sua decisione ma consapevole di farlo per il bene dell' azienda ed in ultima analisi della società.
Questi sono due casi particolari che danno solo un' idea di quello che ho in mente.
Ma quello che ho in mente puo' essere illustrato in una forma più generale.
Gli economisti ipotizzano nei loro modelli che l' Uomo sia un egoista razionale. Sono forse degli scettici realisti? No, optano per quella soluzione solo perchè garantisce un' analisi più potente.
Fateci caso, i loro modelli sono in grado di non escludere pratiche altruistiche. I comportamenti altruistici, infatti, possono SEMPRE essere spiegati in termini egoistici.
Fatemi un esempio di gesta generose e vi riformulerò la storiella in termini egoistici. Nulla di più facile, basta fare delle assunzioni ad hoc sull' interiorità del protagonista.
In altre parole: l' altruismo è un modo dell' interiorità e non ha molto a che vedere con le azioni messe in campo; se ci limitassimo a quelle nulla vieterebbe di interpretarle in termini egoistici.
Ma chi ha accesso all' interiorità più recondita del nostro animo? Chi puo' giudicare se una pratica è egoista o altruista? Nessuno, a volte nemmeno l' interessato: chissà quante volte dietro un "Buono" si nasconde un "Narciso"! Chissà quante volte il "Narciso" si crede un "Buono"! Basta rinunciare all' introspezione per ingannarsi.
Nessuno, dunque. Tradotto nel linguaggio del cristianesimo: nessuno tranne Dio.
Tutto cio' ci porta allo specifico del cristianesimo: fai il bene e non giudicare.
La Grazia è concessa all' uomo per fare il bene ma non esiste per lui una Grazia sufficiente che lo renda in grado di giudicare il prossimo.
Ecco un messaggio, questo sì, che è solamente e autenticamente cristiano.
Mi sembra infine di poter dire che il Vangelo che abbiamo letto è da interpretare molto più come un' ingiunzione all' animo che non un invito a specifiche azioni. In questo senso e solo in questo senso il Cristiano parla dicendo parole che nessuno ha mai detto prima.
***
Bene, qualcuno ha forse voglia di prendere la staffetta e di commentare la Parola di settimana prossima e reperibile al link sopra?
Università in subbuglio
Anche stamattina, un po' ovunque, Università in subbuglio.
Da dove partire per capirci qualcosa senza perdere troppo tempo? Avanzo una proposta.
Ma è poi vero che l' Italia mette poche risorse nella sua Università? La spesa per studente sembrerebbe appoggiare quasta recriminazione ma Roberto Perotti ha scritto un libro, - L' Università truccata - che piace tanto alla Destra ma che dovrebbe leggere anche la Sinistra, in cui si fa notare come, considerando solo gli studenti che frequentano, la spesa per singolo studente balza ai primi posti. Se poi vogliamo dare peso alla spesa per laureato, allora le cose peggiorano ulteriormente; notiamo infatti l' estrema improduttività dei fondi stanziati dal nostro paese nell' istruzione superiore. Qualcuno è autorizzato a trarre considerazioni paradossali: l' Italia spende poco per l' Università ma, se operasse oculatamente, dovrebbe spendere ancor meno per evitare di buttare risorse in un pozzo nero. Una conclusione più meditata ci porta a dire invece che l' Italia spende poco ma è bene che lo sforzo prioritario in questo campo sia innanzitutto quello di migliorare l' efficienza della spesa. Le lamentele dei Rettori hanno un senso ma nel nostro Paese non appaiono certo prioritarie prioritarie.
Luca Ricolfi - Illusioni italiche
Tassare i ricchi
Perchè, per quanto sia vero che un ricco puo' permettersi uno sforzo in più, probabilmente lavorerà meno.
E quando un ricco lavora un pochino meno, molto spesso una marea di poveri non lavora per niente.
http://www.nytimes.com/2010/10/10/business/economy/10view.html
Estremismo numerico
Con i numeri spesso si esagera. I governi si autoelogianoLuca Ricolfi - Illusioni italiche
parlando del recupero di evasione fiscale, la Polizia elenca con orgoglio la
refurtiva sequestrata... ma a volte i motivi delle esagerazioni sono meno palesi.
E' difficile sentire la Chiesa dire che i poveri stanno diminuendo; o sentire la
Fao dire che le persone scarsamente alimentate stanno calando; o l' Oms
minimizzare i rischi di una pandemia; o l' IPCC rassicurarci sul riscaldamento
climatico... Perchè la Caritas, nella conferenza stampa dell' 11.2.2010,
preferisce denunciare l' esistenza di 8 milioni di poveri piuttosto che dire le
cose come stanno, ovvero che i poveri in Italia non superano i 3 milioni? Una
risposta molto semplice è che le grandi istituzioni benefiche vivono di sussidi;
se vuoi massimizzare i sussidi devi convincere governi e privati dell' urgenza
del problema, amplificare le cifre è innanzitutto una strategia di fund raising.
Una seconda risposta è che spesso chi si sente paladino di una giusta causa
pensa che ingigantirne le dimensioni aiuti a sensibilizzare l' opinione pubblica
suscitando indignazione e rivolta morale... ma questo modo di procedere è molto
rischioso: innanzitutto altera le priorità in campo (le cause nobilissime
abbondano), poi perchè, proprio per "cambiare il mondo", sarebbe meglio darne
una rappresentazione fedele... da ultimo: non è che questa "bolla" del male
anzichè instillare una "rivolta morale" finisce per procurare
rassegnazione?
Mi raccomando, non pensiate che le rappresentazioni infedeli in tema di povertà si presentino nella candida veste di "bugie".
Il demonio è più sofisticato e in questi casi diventa decisiva la perversione del linguaggio.
domenica 3 ottobre 2010
Il “Che” colpito e affondato
Figo questo libro: Alvaro Vargas Llosa, The Che Guevara Mith and The Future of Liberty.
Per carità, solo 9 dollari, niente di impegnativo.
Ma è scritto con la verve tipica del vispissimo primogenito di Mario.
Uno che lubrifica meravigliosamente il discorso soggiogandoci a quella che altrimenti sarebbe solo una pallosa trasmissione di notizie documentate.
Forse qualcuno se lo ricorda alle prese con altri 4 baldi intellettuali nello scoppiettante volumetto "Manuale del Perfetto Idiota Latino Americano".
[incredibilmente tradotto anche in italiano da Bietti, forse perchè siamo un paese pieno di idioti Italo/Latino Americani].
****************
Il "Che" è stato un vero mito, lo sappiamo.
Alvaro si stupiva solo di come in molti lo coltivassero anche dopo la fase pre-adolescenziale.
Ammirazione che ha fatto del combattente "contro il capitalismo" una lucrosa "brand" del capitalismo.
La figura del Comandante viene tenuta d' occhio da quattro postazioni.
La prima inquadra la sua crudeltà (spesso inutile).
A quanto pare il Che in battaglia era una spietata "macchina di morte".
Tutti i momenti i suoi poveri e affaticati companeros erano impegnati in esecuzioni sommarie ordinate dal Capo.
Ma nelle boscaglie le cose si dissimulano e la realtà trasfigura nella leggenda.
Molto meglio osservare le attitudini naturali del Nostro quando assunse la direzione della prigione La Cabana (da allora nota come El Inferno).
La seconda prospettiva ci mostra lo "stalinista puritano" e le sue manie da stalinista puritano.
Proibito il gioco, il sesso, l' alcol...proibito tutto. Tranne la colletivizzazione compulsiva di ogni risorsa.
In altre parole veniamo a conoscenza di quanto il Che fosse vicino ai nemici che combatteva.
La sicumera ottusa con cui enunciava le sue utopie oggi fa correre un brivido a chi la ricorda.
Nessun dubbio nella sua mente circa l' esigenza di creare uno stato totalitario ed oppressivo. E' la Revolucion, baby (gli accenti metteteli voi).
Il legame con l' URSS fu voluto fortemente da lui.
Almeno finchè non si rivolse alla Cina apparendogli l' URSS un paese in cui andavano diffondendosi pericolose pratiche capitaliste
Fortunatamente a Cuba i ruoli di maggiore responsabilità furono assunti da Castro (un uomo essenzialmente opportunista, diversamente dal Che).
La Terza prospettiva ce lo fa vedere come cattivo capo in tempo di pace.
Sovrintendente a tutti i collassi cubani, ministro di tutte le carestie, la sua ignoranza nelle materie economiche è oggi diventata un proverbio (vivacemente alimentato tra frizzi e lazzi dai suoi autorevoli ex sottoposto).
La quarta prospettiva mi fa cadere braccia e calze. Anche il genio militare del Che viene questionato.
Mazzette per entrare a Santa Clara e solo fallimenti altrove (Nicaragua, Haiti, Panama, Bolivia, Congo...).
Laddove intervenne ricevette scarso aiuto dalle masse contadine disorientate e consentì, come era facile prevedere, alle dittature militari di rinsaldarsi e diventare più spietate abbandonando i barlumi di riforma intrapresi.
Scarsa consolazione, al Che viene riconosciuto un "coraggio disorganizzato", una passione semidilettantesca (il suo scritto "Guerilla Warfare" non è certo libro di testo nelle Accademie Militari) appena sufficiente a sfangarla contro l' esercito corrotto e demotivato di Batista.
Un pamphlet distruttivo che lascia solo cenere?
No, la chiusa è un commovente omaggio a Juan Bautista Alberdi, rivoluzionario vincente che non uccise mai una mosca e contribuì a fare dell' Argentina di fine 800 un paese che stracciò tutti i record.
Alvaro si mostra preoccupato per il suo amato continente Sudamenricano. Come è importante la giusta "mentalità" per uscire dalle ambasce nelle quali ora si trova!
Il messaggio è questo: finchè l' icona del Che campeggerà ed Alberdi sarà poco più che uno sconosciuto potremo aspettarci solo il populismo dei Chavez e dei Morales accompagnati nelle loro gesta dal trombone ammaccato suonato dai Galleano/Minà
sabato 2 ottobre 2010
Promozioni a casaccio
Da questo semplice fatto potete riconoscere immediatamente il principio che informa le politiche del personale in quell' organizzazione: promuovere ad un posto di più alta responsabilità chi ha fatto bene nel suo incarico precedente.
Come mai un principio tanto di buon senso sfocia in esiti così perversi?
Il fatto è che un' organizzazione del genere raggiunge il suo equilibrio solo allorchè i posti a disposizione sono ricoperti da incompetenti.
[si ipotizza che salendo nella carriera i nuovi posti occupati richiedano competenze almeno in parte differenti rispetto a quanto si faceva prima]
Corollario: promuovere a casaccio è più efficiente.
La cosa è stata dimostrata matematicamente a Catania (vedi anche qui), che si è così portata a casa il meritato IgNobel.
Il principio di fondo era già ampiamente noto.
D' altronde il dubbio sorge spontaneo, chi sa fare bene una cosa forse è meglio che continui a farla!