lunedì 22 settembre 2008
Catholic Truths on Economics
Ragaaazziiii!!!!!
Ma c' è solo l' audience a difendere l' insistenza con cui i reality vengono riproposti ormai da diversi anni? E' quello l' unico scudo da opporre alla critica insistente di guardonismo? Naturalmente no, c' è anche il solito Steve Johnson!
In passato, partecipando al forum di fahre, io stesso tentai una pasticciata difesa dei reality, mi conforta rivedere quelle idee integrate, ordinate e esposte con competenza.
In effetti, quando il genere era in piena emersione devo ammettere di aver contribuito a rinfoltire la platea, parlo in particolare delle prime edizioni del Grande Fratello a cui aggiungo qualcosa dell' Isola. Ora ammetto di essermi abbastanza stufato.
Una volta tanto, quindi, anch' io posso parlare per esperienza: molti credono che il pubblico si accalchi davanti ad un reality perchè ama lo spettacolo pruriginoso di altre persone che vengono umiliate alla TV. Sebbene a volte tutto cio' sia vero, la cosa riguarda lo spettatore occasionale ed è fuori strada chi si ferma qui, il richiamo reale è molto più sofisticato.
Innanzitutto allo spettatore interessa chi vince e come vince. Il reality assomiglia più allo sport o ai videogame che al documentario, su questo SJ dice parole definitive. Chi gareggia conosce sul campo i suoi avversarri, li scopre man mano e gradualmente appronta e corregge le sue tattiche. L' imprevisto regna, le regole mutano. Tutto cio' ricorda il videogioco molto più dei programmi di Mike dove le regole invece sono chiare e fisse fin da principio.
Il piacere non perviene dallo spiare l' intimità di qualcuno (la noia irromperebbe subito), deriva piuttosto dal constatare come si orienta un essere umano posto in un ambiente complesso - ovvero con il gomito di parecchi suoi simili infilato nei fianchi - un ambiente in cui non esistono strategie pre-stabilite da seguire.
I partecipanti sono impegnati in un corpo a corpo con i compagni e l' impegno stuzzica di continuo la loro "intelligenza sociale". Con la fortuna, è questo genere di intelligenza che conduce alla vittoria; non basta o non è necessario padroneggiare particolari competenze.
Il cognitivista SJ conosce bene quest' arma vincente, a noi profani ce la presenta come: "l' intelligenza del microsecondo". Consiste nel modulare con prontezza il proprio comportamento sulla base di un' occhiata rilevatrice ricevuta da Z, di una ruga incredula che compare sulla fronte di X, del cipiglio rapidamente cancellatosi dal volto di Y. In società, è noto, ci esprimiamo prevalentemente con i linguaggi non verbali dell' espressione facciale, è un codice che ha i suoi analfabeti e i suoi virtuosi e spesso le graduatorie non rispecchiano affatto quelle stilate avendo come punto di riferimento la parola neutra.
Ebbene, il reality è una selva di segni emotivi che il concorrente è chiamato ad attraversare tra i commenti dello spettatore che si mette nei suoi panni e fa le sue congetture confrontandole con chi sta attorno a lui. Un reality è una vera palestra per l' intelligenza emotiva. Una palestra molto più attrezzata di Canzonissima, o di Fantastico 3, o di Pronto Raffaella, o di Tin Tin Tin - sì, perchè, vista la platea, è con questi programmi che il confronto va fatto per convalidare la Curva del Dormiglione, ovvero la tesi per cui i nostri intrattenimento sono sempre più sofisticati.
SJ raffina queste idee e le infarcisce con esempi concreti, non affronta nemmeno l' obiezione che molti muovono: ma è tutto falso! Anch' io, da spettatore penso abbastanza smaliziato, sono portato a ridimensionare questo argomento che altrimenti sarebbe fatale. Nei concorrenti la componente emotiva certificata prevale, per quanto siano consapevoli di dove si trovino e perchè. In loro la quantità di "autentico" è più che sufficiente per consentire al gioco di girare. Al punto che la cosa più irritante è proprio il collegamento tra il campo di gare e lo Studio, un momento in cui si tocca con mano il contrasto tra luci della ribalta e polveri della strada. Ricordo momenti di TV memorabili in cui da studio si cercava di pompare la souspence per l' annuncio di una "eliminazione", mentre dalla "casa" arrivavano continuamente involontari segnali sabotatori e anti-climax poichè i concorrenti "scazzatissimi" ridacchiavano già conoscendo l' esito della faccenda.
Ho provato forti repulsioni per lo "studio", non c' è presentatrice del GF che io a fine stagione non sia arrivato ad odiare, quell' artefatto "ragazziiii!!!" mi procura ancora emicranie esplosive e rabbie incontrollate, probabilmente questa idiosincrasia ha contribuito ad allontanarmi. Cio' non mi impedisce di pronunciare il mio "grazie" al pizzaiolo Salvo così come in passato lo rivolsi ad Hanna e Barbera.
sabato 20 settembre 2008
Parti difficili
Nella crociata anti-liberale i conti non tornano (ancora)
Furono quelli anni cruciali in cui Reagan e Thatcher riconciliarono i liberali sfiduciati con la democrazia.
Ora i liberisti (e mi ci metto) tentano una sortita facendo notare come sul "mercato" operino istituzioni che di mercato non sono.
Naturalmente imputano proprio a queste istituzioni le maggiori colpe del crack. Indiziata numero uno è la FED con le sue politiche lassiste imperniate sul credito facile. Ma è "credito facile" artificioso o credito prodotto dalle libere forze di mercato sospinte da spiriti animaleschi?
Cerco di schematizzare elencando alcune tipiche politiche monetarie della banca centrale, dalla più accomodante alla più integerrima:
- keynesiani: manovrare i (saggio d' interesse) non è mai disdicevole, se serve a produrre sviluppo si proceda senza timore, ancorchè un keynesiano non-revisionato non possa credere a quest' ultima relazione;
- Inflation target; c' è una relazione tra i e p (inflazione). Si manovri il primo per tenere sotto controllo la seconda;
- friedmaniani; c' è una relazione tra M (base monetaria, banconote) e MV (aggregato monetario); con i si controlli M al fine di stabilizzare MV;
- austriaci rilassati (free bancking?): se proprio vogliamo mantenere una banca centrale, che si limiti a conservare M fissa rispecchiando un sistema di gold standard. Che poi equivale a non avercela nemmeno;
- austriaci incazzati: gold standard e riserva non frazionate, altrochè!
1 oggi è rifiutata da quasi tutti (a parole).
3 critica 2 poichè non crede che si possano sintonizzare i e p. Storicamente, i banchieri che si muovevano in questo senso hanno sempre agito male anche se di per sè l' obiettivo sarebbe accettabile.
2 critica 3 poichè la giudica superata: nel terzo millennio possediamo conoscenze e una "tecnologia monetaria" tale da poter stabilire con cura un fine tuning tra M e p.
3 critica 4 e 5 poichè la politica gold standard non è ottimale: favorendo la deflazione fa partire domanda speculativa di moneta sottraendo risorse agli investimenti. Inoltre il mercato della moneta, specie se deve confrontarsi con crisi sui mercati reali, ha dei costi di transazione che la presenza di una Banca Centrale in grado di variare M puo' aggirare.
4 e 5 criticano 3 poichè non credono nella politica. Oltre a cio' ci sono difficoltà oggettive nell' isolare V: i derivati fanno parte dell' aggregato monetario? Savona e Giannini si sono presi a legnate su questo punto. Cosa pensi 4 di 2 e 1 ve lo risparmio finchè i piccoli non sono andati a nanna.
4 critica 5 puntando sull' accusa ideologica di non credere veramente nelle forze di mercato.
5 critica 4 sulla base di argomenti legulei. Sotto sotto dà di gomito e fa presente che il '29 è stata la fine del liberalismo e non possiamo permettercene un altro.
Ma un libero mercato della moneta cosa sceglierebbe? Difficile dirlo, storicamente sembra aver scelto proprio 4. Nella scala del "rigore" siamo ben messi.
Eppure cio' che noi oggi chiamiamo "libero mercato" ha scelto, quando va bene, 2.
Alcuni vorrebbero vincere la battaglia ideologica senza nemmeno combatterla, chi invece ci dà dentro con serietà si accorgerebbe che molti conti non tornano.
Un altro criterio con cui formulare i giudizi consisterebbe nel trascurare le ipotesi ad hoc, finendo per dare peso alle previsioni fatte a tempo debito. Ma anche questa mossa è sterile, le cassandre popolavano entrambi i fronti (per favore, risparmiatemi noiosi linkaggi).
E se poi dalla golden rule sui tassi si passa alle regole di mercato e di governance, le cose non cambiano di molto e i piatti della bilancia ideologica non sono poi tanto squilibrati: la crisi attuale si è coagulata intorno a banche d' invesimento altamente regolate mentre ha lasciato indenni i poco controllati hedge fund (David Brooks sul NYT); Fannie e fraddie, saltate, sono inoltre tra le istituzioni più monitorate al mondo (Jonathan Kay sul FT).
P.S. Esempi di satbilizzazione tramite maggior mercato? Ecco una misura liberale ed equilibrante: esenzione fiscale per gli interessi attivi e non deducibilità per quelli passivi. Perchè tutto cio' è pro-market? Ma perchè l' imposta sul reddito (istituzione non di mercato) crea distorsioni nel rapporto consumo/risparmio favorendo il primo e sospingendo l' indebitamento.
... ma ora basta grattarsi la testa, allentiamo la tensione e dall' orgia di Wall Street passiamo alle più rilassate orge disneyane...
... per i particolari anatomici clicca sulla foto ( l' accettazione provvederà in automatico a prelevare il tuo indirizzo id).
venerdì 19 settembre 2008
Investimenti telecomandati
"... we are all talking about subprime loans and the havoc they've wreaked on the economy, but no one is talking about why banks give out these loans -- they are required to by law. Since the Community Reinvestment Act of 1977, Congress requires banks to offer loans to minorities in low-income areas, even if the clients can't make down payments, don't have good credit histories, or even employment histories..."
chissà se ce n' è ancora bisogno.
La situazioni è grave ma poco serie
Un' ultima ballata prima di cedere il passo alla squinternata impro multicolore che si sforza di inventare estati mediterranee e imbottigliamenti stradali che mettano in circolo adrenaline sconosciute...
giovedì 18 settembre 2008
Liberisti con lo scatolone in mano.
Nel frattempo, i liberisti che non si rassegnano a traslocare in silenzio, impugnano con decisione i soli tre argomenti rimasti: distruzione creatrice, azzardo morale e politiche accomodanti.
Sui primi due concetti si sofferma, per esempio, Avinash Persaud sul FT:
"... [T]here is the subject of moral hazard. While central banks have been offering liquidity on generous terms and stopping institutions from going bankrupt, some banks were not engaged in hard restructuring but gaming the system. They were busy hoarding liquidity and pushing risky instruments into the hands of the authorities... the game is not about luring sovereign wealth funds to invest before markets recover but about how to restructure for a brave new world in which the financial sector is smaller...".
"Dieci anni di azzardo morale e politiche accomodanti" è il titolo parlante dell' articolo di Alessandro Merli sul 24 ore di ieri. Convincente quando dice, per esempio:
"... l' attuale bolla nel settore immobiliare e nelle materie prime nasce proprio dai ribassi per rispondere al crollo dei titoli internet..."
La cosa migliore dell' articolo è comunque una rassegna delle "spintarelle" a base di compressione dei tassi che la Fed non ha lesinato in questi anni.
Poi, sulla radio di tutti pagata da tutti, c' è la mitica fahre, per lei non ci sono dubbi: "il mercato" ha fallito su tutta la linea, bisogna togliere di mezzo (pardon, ripensare) questa realtà che nasce da una truffa (pardon, da un "azzardo") intellettuale. Questa è la tesi che si ricava dall' intervista fatta ad un uomo anziano. Forse l' uomo anziano ha ragione, ma senza argomenti come si fa a discutere? Godibile l' intervista, il questionatore (il mitico Cimatti) e il risponditore pregustavano da decenni momenti come questi e si davano manforte a vicenda spingendosi l' un l' altro in una acritica bolla affabulatoria. Finalmente un rifugio sicuro per chi disdegna la radio-rissa e le asprezze del contraddittorio.
Ho la sensazione che per Fahre noi viviamo in un mondo dove esiste solo il mercato, tutto è mercato... Le isituzioni (politiche) sono invisibili a fahre, il loro occhiale da letterati fatica ad intercettarne la presenza. La finanza è nei guai, chi ha sbagliato? Il problema non si pone: poichè esiste solo il mercato, ha sbagliato il mercato, che quindi non funziona.
Ma questo modo di procedere è solo una delle nefaste conseguenze di chi ha sempre professato il pensiero ideologico rimanendone marcato a fuoco. Certo che "in assenza di problemi", le soluzioni che si hanno in testa da sempre sono in posizione privilegiata per campare secoli.
E non basta linkare Alesina per prendere lo stipendio "da tutti"...
mercoledì 17 settembre 2008
Locus Solus, terza puntata
Nessuno sembra disposto a seguirlo sulle sue solite piste. E' costretto quindi a strisciare emettendo un prosaico parlato mentre nel frattempo si ripara dal nugolo di oggetti sonori poco seri che gli piove addosso.
... puntata precedente.
martedì 16 settembre 2008
Di cosa parliamo quando parliamo di razzismo
Anche perchè non è facile capire se chi ostenta condanne e chi minimizza siano in sintonia sul senso delle parole. A volte ho la sensazione che la bagarre politica travolga tutto e abbia interesse ad evitare la chiarezza.
In passato ho tentato timidamente alcune precisazioni (a me stesso).
C' è un razzismo "forte" che consiste nel considerare un certo gruppo di individui meritevole di diritti differenziati. Per esempio, molti di noi ritengono sia il caso di estendere alcuni diritti umani ai primati antropomorfi, ma nessuno si sognerebbe di estendere a loro tutti i diritti umani. E' chiaro, appartengono ad una "razza" diversa dalla nostra. Nei loro confronti siamo "razzisti". Altro esempio, in una terra visitata da diversi tipologie di alieni, probabilmente il "razzismo" sarebbe la norma. Con davide ne abbiamo parlato incidentalmente e io mi ero spinto a fare pronostici un po' raggelanti.
Nei casi appena specificati troviamo il "razzismo" come qualcosa di normale e funzionale. Se facessi altri casi sempre attenendomi a quel criterio potrei al contrario creare reazioni giustamente indignate. Ora però mi interessa un razzismo diverso, il razzismo come superstizione irragionevole, chiamiamolo "razzismo debole".
Direi che il miglior modo per misurarlo è il "test di Landsburg". Ecco in cosa consiste:
- al gruppo che dobbiamo valutare verrà chiesto di assolvere alle funzioni tipiche espletate dalla polizia nei posti di blocco stradali: dovranno fermare le auto nel tentativo di intercettare chi trasporta droga. L' obiettivo consiste nel massimizzare le catture di spacciatori, e magari si fissa pure un bel premio. Ammettiamo che gli automobilisti che circolano siano Neri, Bianchi o Latini;
- notare che se i blocchi si concentrano sui N, per i B e i L esiste un incentivo nel dedicarsi allo spaccio;
- dopo aver fatto lavorare il gruppo per un certo periodo affinchè il sistema raggiunga un suo equilibrio, si procederà in una giornata casuale a bloccare l' esperimento;
- nei giorni successivi saranno gli sperimentatori a bloccare un pari numero di auto guidate da N, B e L e a procedere agli arresti del caso;
Conclusioni: se la maggioranza degli arrestati al punto 4 è costituita da N, allora concluderemo che nel gruppo controllato esisterà una sorta di razzismo nei confronti di B e L. Viceversa, se la maggioranza degli arrestati saranno L, allora il razzismo sarà nei confronti di B e N. E via così. L' etnia con meno arrstati sarà anche quella su cui si concentreranno i pregiudizi del gruppo osservato. Il gruppo non sarà razzista in senso debole se tra gli arrestati N=L=B.
Il gruppo più facilmente testabile è la polizia stessa. A NY, per esempio, l' esperimento ha avuto luogo: esiste un certo razzismo (ma non rilevante) nei confronti dei latini (troppo pochi arresti ai loro danni nella fase di controllo).
Probabilmente si puo' conservare la forma dell' esperimento rendendolo di facile applicazione per tutti. Chissà nella graduatoria finale come sarebbero messi gli italiani. Non nascondo una certa curiosità.
lunedì 15 settembre 2008
Gastruliamo?
Ma il capitoletto che ha attratto la mia attenzione riguardava un argomento collaterale, si intitolava: perchè l' embrione non è una persona. Una simile perentorietà dà un po' fastidio però ha il pregio di calamitare l' attenzione evitando ogni equivoco. Insomma, promette di farsi leggere anche all' impiedi. Gli argomenti sfornati da Massarenti sono di tre tipi e qui vorrei riprodurli con altrettanta brutalità allegando obiezioni che mi sembrano vincenti. Naturalmente, a causa delle condizioni logistico ambientali in cui ho affrontato il testo, mi riservo ulteriori approfondimenti. Ah, un' ultima cosa: gli argomenti di Massarenti non sono di Massarenti, sono gli argomenti canonici, quelli degni di considerazione una volta scansata l' indomita esibizione del divertente tuttologo Sartori sulla prima del Corriere.
ARGOMENTO: nell' embrione pre-gastrulazione (blastocisti) non esiste ancora un sistema nervoso e un cerebro, cio' è sufficiente per non considerarlo una persona poichè è in virtù della ragione che noi siamo persone.
OBIEZIONE: un argomento fondato sull' espressione "non esiste ancora..." mi sembra molto debole. Anche il bambino "non è ancora..." un adulto, eppure ha dei diritti; anche il feto di 8 mesi "non è ancora...." nato, eppure ha dei diritti. Non conta se qualcosa "non sia ancora..." in atto, cio' che conta sono le potenzialità che un certo organismo è in grado di sviluppare spontaneamente se conservato in un certo ambiente idoneo.
ARGOMENTO: niente sistema nervoso, niente dolore, niente gioie, niente persona.
OBIEZIONE: quando mi praticano una anestesia totale decadono forse i miei diritti in quanto, non potendo soffrire, perdo la mia personalità?
ARGOMENTO: ... ma l' anesetizzato sospende delle facoltà che aveva già acquisito.
OBIEZIONE: non mi sembra che per avere dei diritti sia necessario averli avuti in precedenza: guarda il bambino, oppure il feto di otto mesi.
Peccato che questa impostazione lo indebolisca notevolmente allorchè affronta la questione etica, dimostra infatti che il Massarenti ha degli "interessi" in campo, ci ha già detto che alcune soluzioni "convengano" più di altre, come puo' ora essere imparziale nel giudizio? Per quanto i suoi argomenti vadano presi in considerazione, è già sospetto in partenza.
A meno che la sua etica non sia di tipo utilitarista: sacrificare gli emmbrioni, qualsiasi cosa siano, "conviene" alla società e quindi bisogna procedere. Ma allora perchè perdere tempo e capitoli per spiegarci che "l' embrione non è una persona"? Si ha la netta sensazione che per molti la questione sia del tutto irrilevante, cio' che conta è cominciare le dissezioni.
In fondo penso proprio questo. Naturalmente, per un utilitarista, anche sacrificare un bambino handicappato potrebbe "convenire" alla società. E partendo da lì si puo' procedere ideando sempre nuovi "sacrifici convenienti". La risposta più onesta dell' utilitarista nei casi estremi dovrebbe essere: sì, la cosa è conveniente ma non penso che la società sia ancora pronta per soluzioni di questo tipo.
La durezza di Massarenti lo preserva dalla mia acrimonia. In fondo penso che a lui non suoni certo come offesa l' essere considerato un "bieco" utilitarista. I suoi argomenti s' intonano alla personalità, mi suonano invece abbastanza insopportabili quando li ritrovo in bocca a Signore pronte a svenire se la dieta del gattino è carente di proteine.
L'Inerzia e i Padri
My father had taught me to notice things, and one day I was playing with what we call an express wagon, which is a little wagon which has a railing around it, for children to play with - they can pull it around. It had a ball in it, I remember this, it had a ball in it. And I pulled the wagon, and I noticed something about the way the ball moved. So I went to my father and said:
“Say, pop, I noticed something: when I pull the wagon the ball rolls to the back of the wagon, it rushes to the back of the wagon. And when I’m pulling along and I suddenly stop, the ball rushes to the front of the wagon. Why is that?”
And he said:
“Nobody knows. The general principle is that things that are moving try to keep moving, and things that are standing still tend to stand still unless you push on them hard. This tendency is called inertia, but nobody knows why it’s true.”
Now, that’s a deep understanding. He doesn’t just give me a name, he knew the difference between knowing the name of something, and knowing something. Which I learned very early.
He went on saying:
“If you look closely, you’ll find the ball does not rush to the back of the wagon. It’s the back of the wagon that you’re pulling towards against the ball, but the ball stands still… Or as a matter of fact from the friction starts to move forward, really, and doesn’t move back.”
So I ran back to the little wagon, and set the ball up again, and pulled the wagon from under, and looking sideways I saw that indeed he was right. The ball never moved backwards in the wagon, when I pulled the wagon forward. It moved back relative to the wagon, but relative to the sidewalk it was moving forward a little bit, and the wagon caught up with it.
So that’s the way I was educated by my father. With those kind of examples and discussions.
No pressure, just lovely, interesting discussion.
(p.s. scusate se apro un altro thread, ma sto ancora cercando di capire come inserire brani e link nei commenti) d
Vertici (3)
Guardate! - chi? - lo sposo,
Lo vedete - come? - come un agnello!
Un Agnello di Dio innocente
Ucciso sul legno della croce,
Vedete - che cosa? - la Sua pazienza.
Sempre apparisti paziente per quanto vilipeso.
Guardate - cosa? - ai nostri peccati;
Le colpe di ognuno hai voluto portare;
Saremmo disperati se avessi rinunciato;
Per amore nostro regge il peso di un legno fatto a croce.
Gesù, abbi misericordia di noi.
La mia versione è quella dei Berliner di von Karajan...
Poi bel bello arriva lui e toglie il soprano "a ripieno", omette la cifratura alla linea del Continuo, aggiunge segni dinamici e indicazioni di fraseggio un po' ovunque, enfatizza il II coro (quello delle domande)... ma i ritocchi e l' aggiornamento di Mendelssohn lo avranno poi migliorato?
Giudicate voi sulla base di questa versione allegata a "Voice" che tiene conto del maquillage di Felix, dir. Fasolis, Orchestra e Coro della Svizzera Italiana.
Infine è dovere il recupero delle parole di un Bernstein che si abbandona a giudizi assoluti. Le aveva proposte Davide in una precedente discussione (questo "vertice" lo dedichiamo a lui per tenerlo buono :-)):
"... suddenly the chorus breaks into two antiphonal choruses. 'See him!' cries the first one. 'Whom?' asks the second. And the first answers: 'The Bridegroom see. See Him!' 'How?' 'So like a Lamb.' And then over and against all this questioning and answering and throbbing, the voices of a boy's choir sing out the chorale tune, 'O Lamb of God Most Holy,' piercing through the worldly pain with the icy-clear truth of redemption. The contrapuntal combination of the three different choruses is thrilling. There is nothing like it in all music..."
Leonard Bernstein
Puntata precedente.
Un bachiano doc come Davide risponde con Gardiner, il linkaggio è dovuto.
Perchè i vostri figli saranno migliori di voi
Lui chiama questa tendenza "La Curva del Dormiglione" rifacendosi ad una sequenza del famoso film in cui un' equipe di scienziati del 2173 rimane sconvolta dal fatto che la società del XX secolo non fosse riuscita a comprendere i benefici nutrizionali di torte alla crema e merendine. Mi sa che diana me ne aveva già accennato (woody, che è ipocondriaco, non esce quasi mai di casa senza diana).
Prima di bacajare si tenga perlomeno conto di un paio di precisazioni. Innanzitutto, il fatto che la cultura di massa richieda e stimoli un costante miglioramento nell' intelligenza dei nostri figli non significa che veicoli un edificante messaggio morale. Probabilmente è vero il contrario anche se si spera che l' intelligenza e la scelta morale abbiano una qualche attinenza. In secondo luogo, la tesi non implica che taluni telefilm siano valutati in futuro alla pari di "Cuore di Tenebra" o che l' assiduità con certi videogiochi sia formativa quanto la lettura di "Moby Dick". Probabilmente la cultura popolare impallidisce di fronte all' arte e alle sue immense ricchezze estetiche e intellettuali.
La curva del Dormiglione mette in discussione qualcos' altro: il fatto che le cose stiano andando peggio e che la cultura di massa sia impegnata in una corsa verso il basso di cui non si vede la fine. Serve insomma come replica alla strenua lamentela per cui violenza e nudità abbiano ormai invaso la TV, che l' inanità dei reality show intorpidisce le menti o che la play station rende vacuo lo sguardo dei fanatici: sappiate che dietro queste ed altre storture la Curva del Dormiglione sale costantemente contribuendo in modo decisivo a rendere i vostri figli più perspicaci di voi.
Mi piacerebbe che le tesi di SJ fossero confermate, io ne sono abbastanza convinto. Cio' significherebbe che il "popolo" puo' migliorarsi con le sue forze spontanee affidandosi anche all' industria dell' intrattenimento senza che si renda necessaria l' istituzione di un paternalistico Educatore imposto dall' alto.
domenica 14 settembre 2008
Una vita difficile (1)
e anche il secondo...
... presso di me queste canzoni hanno avuto una vita travagliata. Ma ce l' hanno avuta a prescindere... il concerto di PP è costato l' esilio a CV che, da Londra, ha scritto gli altri due pezzi. Sono canzoni arcinote, è la presenza dei Mutantes a renderle uniche. D' altronde, per quanto abbia smanettato su e-mule, you tube e gli altri host in cui sono iscritto, non mi risulta che siano reperibili e, ai tempi della rete, l' esclusiva conta qualcosa.
sabato 13 settembre 2008
Segatura
venerdì 12 settembre 2008
Minuscoli testimoni
Una pbblicità della MPS ha rinverdito il ricordo. Il disco uscì nell' anno trascorso a militare, mi ero fatto un cassettino. Nelle notti di Picchetto me lo sparavo sullo stereo del Circolo. E pure le Domeniche. Certe domeniche in Caserma sono peggio che in Convento, specie per l' Ufficiale che le passa quasi sempre solo aspettando i Tartari.
Taleb scrocca una lezione di italiano
Si fa finta di dimenticare che gli economisti, per esempio, nutrono un accordo pressochè unanime su quasi tutte le questioni in ballo (la figura del "tecnico", nata in questi ultimi decenni, lo testimonia). Ma, come al solito, sono le controversie a fare notizia e a creare dibattito. Per quanto riguarda poi le previsioni, in genere tutti i fenomeni rilevanti sono stati previsti con congruo anticipo: dalla bolla di internet, alla bolla edilizia per mantenerci nel passato recente.
Taleb avanza poi un esempio stravagante che non porta certo acqua al suo mulino: "... chi avrebbe mai potuto dire che negli anni 90 del XX secolo l' URSS sarebbe scomparsa?". Ma come chi avrebbe mai potuto dirlo?? Ludwig Von Mises, per esempio, aveva diagnosticato nel dettaglio fin dagli anni venti il collasso di quel sistema produttivo. E in seguito le sue analisi furono accolte ed integrate da una massa di economisti. Oltretutto gli studiosi che dettero credito all' organizzazione sovietica hanno subito importanti ripercussioni nella loro reputazione accademica - solo dove la corazza ideologica era consistente (Italia) potevano ancora presentarsi.
Chi ascolta distrattamente Taleb strabuzza di nuovo gli occhi quando lo sente dire "... chi avrebbe mai potuto sapere in anticipo della I guerra mondiale?...". In realtà se un evento storico fu mai nell' aria fu proprio la I guerra mondiale; tutti i politici e gli analisti di politica internazionale erano a conoscenza delle altissime tensioni e degli odi esacerbati, al punto che ancora oggi è controverso individuare un colpevole per lo scatenamento di quella inutile strage.
Ma Taleb lascia che l' equivoco permanga, il pubblico si sorprende, si sente vezzeggiato e lui gongola avvolto da consenso e ammirazione.
In realtà il messaggio di Taleb è più banale in un certo senso, e più ficcante in un altro. Taleb prende le mosse da questioni speculative (fare soldi), non economiche, e la sua reale domanda è la seguente: "chi avrebbe potuto prevedere il giorno prima che la I guerra mondiale sarebbe scoppiata il giorno dopo?". Nessuno, probabilmente. L' economista prevede "tendenze", e lo fa come si deve (Taleb lo sa e lo dice, a bassa voce, non a Fahre, non nei Festival, bensì nei suoi ottimi libri che in pochi hanno il tempo di leggere). Ma qui stiamo parlando del "giorno dopo", del breve periodo.
Il "breve periodo" interessa lo speculatore, non l' investitore. Lo speculatore deve fare soldi subito, domani, deve farne tanti. E il breve periodo è dominato dal "rumore", ovvero dal caso. Per quanto una tendenza sia in atto e sia stata prevista con successo, è il "rumore" che prevale nettamente se si guarda "al giorno dopo". E' con il "rumore", con il caso che deve trattare chi è interessato al "giorno dopo", non con l' economia o la politica.
Peccato per l' occasione sprecata: quello che secondo me era il reale messaggio di Taleb sui bias cognitivi di Borsa (e non solo) ha ceduto il passo ad una generica e sconclusionata invettiva contro gli "esperti".
Per quanto io non mi opponga di principio ai festival e ascolti con un po' di fastidio le recriminazioni snobistiche, la discussione con Taleb è stata una grandiosa pubblicità negativa di questi eventi. Non si è parlato in modo semplice del libro ma, molto semplicemente, si è parlato d' altro. Per un attimo mi è sembrato persino che Taleb questo già lo sapesse, che già conoscesse la stoffa dei suoi interlocutori premeditando di trasformare l' incontro in qualcosa che fosse per lui poco più che una lezione privata di italiano.
I veri "duri" nel campo delle scienze
Fonte: Shermer, p.4