martedì 20 maggio 2008

Saper impugnare una pistola

Per due secoli il tasso di omicidi a NY è stato 5 volte quello di Londra. Nessuna delle due città aveva leggi sul controllo delle armi.

Questo piccolo dato dovrebbe indebolire da solo la sicumera con cui molti paladini della pace intonano inni al bando delle armi.

I proibizionisti sono convinti che più armi portino con sè più crimine violento. Ma i fatti non sostengono con lo stesso entusiasmo queste parole d' ordine. Infatti gli zeloti proibizionisti spesso rinunciano ai fatti.

Su un tema tanto spinoso ed elusivo, dare troppo valore all' ultima statistica è un po' azzardato. Alla statistica meglio affiancare la storia. Anche per questo TS loda il lavoro di Joyce Malcom

Osservando la storia inglese si nota per esempio come la diffusione sempre maggiore delle armi (tutelata con gran solennità dal Bill of Rights del 1688) si accompagni ad una continua diminuzione dei crimini violenti. Neanche la successiva introduzione di leggi gun control puo' essere giustificata da aumenti di crimini compiuti con armi da fuoco. Anzi, da allora (inizio del novecento), il crimine riprese a crescere. USA e Inghilterra sembrano raccontare la stessa storia. Per non parlare della recente caduta del crimine USA in concomitanza con una sempre maggiore diffusione delle armi. Ma forse questa è già cronaca.

Se viaggiare nel tempo è noioso possiamo viaggiare nello spazio. Vogliamo parlare allora dei paesi più armati della terra? Svizzera, Finlandia, Israele, Nuova Zelanda... molto pacifici e criminalità ai minimi. Un bel problema per i cantori del paradiso disarmato.

Altro dogma che non sembra affatto tale: detenere una pistola è inutile, anzi è pericoloso. Anche qui problemi: i fatti sembrano parlare altrimenti. Le doppie rapine nelle ville disarmate si sprecano, così come i ferimenti e le morti a chi reagisce disarmato.

Gli incidenti con le armi da fuoco, poi, sembrano trascurabili. Dagli interruttori alle piscine gonfiabili, in casa ci sono pericoli ben maggiori.

Per chi vuole mantenere le posizioni raggiunte nella lotta al crimine violento, sottrarre un' arma andando a scovare chi non sa manovrarla, puo' essere una buona soluzione. Ma per chi vuole avanzare, molto meglio creare una cultura delle armi, o perlomeno non demonizzare quella poca e sana che già c' è.

TS p. 229

lunedì 19 maggio 2008

L' immaginifico cacciaballe

Camilo Josè Cela: A tempo di mazurca.





Con Don Josè è tutta una questione di ritmo...

"... due passi, cinque battiti del cuore, peto scivolato, pausa, un colpo di tosse, scoreggia a pernacchia, tremolio dello zigomo, occhietto, pausa, lamento sospiroso, assolo di singhizzo, flatulenza abortita, passo e giravolta, scaracchio..."

tanto per capirsi, Don J. scrive in falsetto quando riferisce un dialogo tra donne. E' l' unico che sa farlo.

I suoi libri di solito iniziano così:

"...piove, tranquillamente e senza smettere, piove svogliatamente e con infinita pazienza, come tutta la vita, piove sulla terra che è dello stesso colore del cielo..."

e tu capisci subito che la storia ha già preso una piega truffaldina, che sei di fronte a quel sussiego fraudolento che invera la miglior tradizione iberica.

Te ne rendi conto ma quando JMC suona il suo piffero, noi topolini siamo percorsi da un fremito alle setole. E poi succeda quel che deve succedere.

Bisogna dirlo per avvertenza: sono proprio libri che con tutto il loro moto non vanno da nessuna parte. La prosa è sugosa e la brace che l' indora sempre viva. Eppure si limitano a girare in tondo senza prospettiva.

La carne frolla di quelle parole è dolce come marmellata e nugoli di vivaci mosche nere la presidiano. Libri semimprovvisati, monchi, abortiti, ripresi, mai salvati. Come si puo' dire che è il più grande di uno che ha scritto solo roba malriusita? E quando ti accorgi dell' incoerenza non sai mai a quale giudizio rinunciare.

"... è ormai autunno, dall' albero cade una foglia..."

ecco un fatto, è accaduto. L' umile cronista consegna all' avido lettore lo scabro evento tramite un resoconto fedele quanto scheletrico.

Ma se a prendere la parola fosse l' immaginifico cacciaballe, allora la musica cambia:

"... conosco un albero rarissimo le cui foglie, quando arriva l' autunno, cadono per terra abbattute dalla tristezza, si accartocciano dolcemente come fossero carne di chiocciola... se soffia il vento si possono sollevare e cominciano a vivere e volare; altrimenti, bosogna lasciarle per terra finchè muoiono di fame, perchè ucciderle porta male; solo se le lasci per terra non succede niente e il mondo continua a girare come sempre...".

Don Camilo ogni 2 righe ricomincia la sua storia, ogni 2 righe imposta una variazione sorprendente e risaputa. Il suo martello è ossessivo quanto fantasioso. Fiato corto e voce intonata. La prosa scurrile si stempera nel gioco. Una parlata sminuzzata ma espressiva: il ritmo si fa serrato e sincopato, la nuova invenzione irrompe a metà del rigo troncando il promettente sviluppo della precedente.

Don Camilo ogni due righe ricomincia a tessere una storia. Puo' farlo perchà sa raccontare storie in due righe:

"... Anton, il marito di Fina, venne ucciso dal treno, davanti a tutti, alla stazione di Orense. "Come mai non s' è tirato da parte?" "Che ne so! Il poveretto non parlava molto"..."

"... mia cugina Georgina, mentre era ancora vivo il suo primo parito, Adolfito, faceva il bagno nuda nello stagno del mulino di Lucio Mouro. C' era una trota che restava a fissarle le tette e non si muoveva finchè mia cugina non se ne andava per i fatti suoi. Mia cugina ha sempre avuto delle belle tette. Lo strano era che una trota si fermasse per fissarle come fosse un coscritto..."

"... Luisino Bocelo, il servo castrato di don Benigno, morì in guerra per morte naturale. Gli venne una polmonite in seguito ad un acquazzone, divento cieco e poi morì. Luisino Bocelo lo chiamavano Papero, ma così alla buona, senza cattiveria. "Papero!", "Comandi don Benigno", "Stai su una gamba sola e resisti finchè puoi", "Sì, signore"...".


Chi ci vede un gomitolo arruffato, chi un labirinto di destini incrociati... ma sono destini rattrappiti: chi fila quelle vite ha poca lana. Ogni storia di Don Camilo ha le gambe corte, ma quello non è ancora il suo marchio di fabbrica. Che dall' altra parte della penna ci stia Don Camilo lo capisci dal cominciamento ex abrupto di una favola già predestinata a tamponare violentemente nella successiva.

Canta, abbozza, digressiona creando vortici e buchi neri. Usa la parola come un artificiere, un pirotecnico. Si sgola, sussurra, blatera, enuncia, fa tutte queste cose insieme e poi le rifà al contrario senza mai inghiottire la saliva, fa tutto con l' impegno amorale di un circense.

Se nel rigo che leggiamo invoca calamità, nel rigo dopo impartisce una benedizione. Quando sembra imporsi un pudico riserbo, è la volta buona che apre la sua ruota mostrando una pompa barocca. Agile e vuota, si dispiega la sua narrazione, la lima non cessa mai un lavorio all' impronta. Le sue storie sono gonfie come furuncoli infarciti di un sebo putrido e nutriente. La scorrettezza è ilare e gratuita e, ormai precipitati in una vacuità amorale, la accettiamo senza riserve: si rutta come leoni, si scopa con dispotismo, si rimane zitelle per orgoglio, si evitano le smancerie da fighetti, ci s' ingelosisce come giapponesi, ci si evira con il falcetto, l' umidità è spessa come la vasellina, i modi di peccare sono salubri e allegri. Un paio di virgolette sono sempre disponibili per alienare la tragedia.

La raffica di fantasie si fa talmente fitta da farsi percepire presto come automatica. Emerge un elemento agonistico, sembra sia in corso una gara, tratteniamo il fiato, qualche primato sta senz' altro per essere infranto.

Adagi sulla discriminazione

TS (Thomas Sowell) nel suo EWW, sembra avere molto da dire su molte cose.

Per esempio sembra infervorarsi parecchio ogni volta che affronta l' argomento delle discriminazioni razziali e di genere.

Infervorarsi è la parola sbagliata, lui parla compreso nel ruolo dell' editorialista prestigioso ed ascoltato che ha pubblicato 32 libri, osservando le cadenze del vecchio saggio dalla solida reputazione che puo' evitare fastidiose note a piè di pagina.

Sul punto relativo alla politica delle quote, dopo la pag. 192, tornano alcune osservazioni:

  1. c' è un primo mito che inquina il dibattito: il pluralismo migliora la qualità dei college. Falso, il doppio standard di entrata e la presenza di studenti con preparazioni differenziate, abbassa la qualità complessiva del college;
  2. c' è un secondo mito: è decisiva la presenza di "role models". Nelle scuole, alla minoranza giova constatare una sua rapprersentanza nel corpo docente. I fatti non confermano cio' che molti scontano;
  3. i due miti, negati in pubblico dai sostenitori, sono da loro stessi confermati in privato. Tanto è vero che alle amministrazioni dei College è richiesto di evitare il voto segreto quando si esprimono in materia di quote;
  4. la stagione dei diritti civili è un po' sopravvalutata: nei vent' anni che la precedettero, uscì dalla povertà una quota di neri di gran lunga superiore a quella che uscì nei 40 anni successivi alle conquiste legislative. Molti (liberal, black leader...) hanno semplicemente rivendicato un merito che non avevano;
  5. c' è un fatto che disturba molte rappresentanti del movimento femminista: guardando alle percentuali, la posizione delle donne nella società americana (master, lauree, diplomi, lauree in matematica, master in economia, who's who...) era più prestigiosa prima delle rivoluzioni anni sessanta. Solo recentemente si sono ripristinati i livelli precedenti. Forse l' andamento demografico (baby boom) ha contato più delle urla in piazza. D' altronde si sa: fare la mamma di tre bambini porta via molto tempo e ne rimane poco per il master;
  6. entrare in una squadra di basket non aumenta la nostra statura. I fatti confermano. Eppure un dogma simile anima i sostenitori dell' affirmative action: studiare nei college più prestigiosi aumenta il profitto e il reddito futuro del giovane nero. I fatti negano;
  7. la politica delle quote a favore dei neri, rischia di produrre un triplice danno: 1) danneggia il bianco con le carte in regola che viene escluso 2) danneggia il nero ammesso senza merito che probabilmente si ritirerà dagli studi e sarà in ritardo per tamponare con valide alternative il suo fallimento 3) danneggia i migliori studenti appartenenti alle minoranze sui quali graverà sempre un pregiudizio di favoritismo (es: per gli avvocati neri gli stipendi sono mediamente più bassi). I fatti sembrano confermare.
  8. falso argomento in favore delle quote: persino il big business sostiene la politica delle quote! Il big business difende i suoi interessi: senza quote precise le cause di discriminazione fioccano. I neri denunciano per la scarsa rappresentanza, i bianchi per l' esclusione ingiusta che subiscono: è il paradiso degli avvocati.

sabato 17 maggio 2008

La vita è eterna in cinque minuti

Per Amanda sono i 5 minuti della pausa pranzo in cui incontra Manuel, per noi sono i 5 minuti di questa canzoncina capolavoro. Depositata su un padellone vinilitico negli anni ottanta, non riuscivo a riversarla su file. Ma oggi finalmente è disponibile anche su e-mule e puo' risorgere.

Scuole incommensurabili

Come ci si oppone alla meritocrazia?

Di sicuro non frontalmente. Quarant' anni non sono passati invano.

In genere ci si concentra pensosi sulle mille difficoltà che rendono impervia una misurazione quantitativa del merito, per poi concludere affermando cio' che già si aveva in mente. è impossibile fare un lavoro serio.

Ma c' è una via più sottile, è quella che percorre chi dice: ha senso parlare di meritocrazia per gli allievi, non ha senso invece parlarne per le scuole.

Il professore trascorre un anno con l' allievo: ha le carte in regola per giudicarlo.

Ma nessuno trascorre anni con il professore, quindi nessuno puo' giudicarlo.

Certo che se un professore (o una scuola) dovessero essere giudicati per le strategie d' insegnamento che adottano, sarebbe imprescindibile che il "giudice" presidi ininterrottamente l' ambiente scolastico che dovrà giudicare.

Se invece fosse possibile giudicare sui "risultati" le cose cambierebbero. Si potrebbero trascurare le strategie (DI, Montessori...) per concentrarsi sui risultati. Di più, sarebbe auspicabile una competizione tra stratergie diverse.

Considerare debole un "giudizio per risultati" e poi preoccuparsi delle condizioni in cui versa la scuola italica visto che le valutazioni PISA la relegano agli ultimi posti, è a dir poco contraddittorio.

Ecco un buon libro che si pronuncia in modo ottimistico sulla misurabilità dell' efficienza nelle scuole. L' ha scritto Roger Abravanel. E Tony Blair, per esempio, l' ha preso molto sul serio.

Privatizzare, liberalizzare... ma soprattutto insegnare l' economia

Ma come diavolo si arricchisce un Paese? Sicuramente, da qualche parte nella biblioteca borgesiana dedicata a l tema, sta pure scritto, magari per sbaglio. Una fallimentare sintesi bloggesca potrebbe essere questa.

La distinzione canonica mette da una parte chi punta sulla qualità delle istituzioni e dall' altra chi punta tutto sulla cultura. I primi risolvono in quattro e quatr' otto con ricette chiare, i secondi, che pronunciano sempre degustandola la parola "complessità", hanno ricette epocali e s' indignano se qualcuno tenta una verifica seppur minima.

Non sarà questo uo di quei 99 casi su cento in cui la soluzione sta nel mezzo? probabilmente sì, e tutti lo sanno.

Magari il "mezzo" è l' isitituzionalizzazione di una certa cultura.

Indottrinare sembra funzioni. Prendete dei ragazzi, isegnate loro l' economia e loro tenderanno a comportarsi da economisti.

"Privatizzare", "liberalizzare"... a molti già solo la parola innervosisce. Probabilmente non hanno studiato l' economia. Se lo avessero fatto la loro reazione sarebbe ben diversa.

Funziona persino quando i cervellini sottoposti ad esperimento sono già piuttosto formati.

Passiamo ai fatti.

Ray Fisman sperimenta con gli allievi di Harvard. Caspita, quanto conta l' insegnante per plasmare il futuro cittadino, e non è neanche necessario che l' argilla sia particolarmente tenera e duttile per avere effetto:

"...all students [at Yale Law School] are required to take courses in contracts and in torts, and they're randomly assigned to an instructor for each class. Some of these teachers have Ph.D.s in economics, some in philosophy and other humanities, and some have no strong disciplinary allegiances at all. Professors are encouraged to design their courses as they see fit. Instructors from economics may emphasize the role of contracts in making possible the efficiency gains of the marketplace, while philosophers may emphasize equal outcomes for contracting parties. So economists teach about efficiency and philosophers teach about equality.

To figure out whether this affected their young charges, we put 70 Yale Law students in a computer lab, and had them play a game that would reveal to us their views on fairness....It turns out that exposure to economics makes a big difference in how students split the pie, in terms of both efficiency and outright selfishness. Students assigned to classes taught by economists were more likely to give a lot when it was cheap to do so. But they were also much more likely to take the whole pie for themselves..."

Capito cari liberali: privatizzare, liberalizzare... ma soprattutto insegnare economia!

venerdì 16 maggio 2008

Disinquinare il dibattito sull' evasione

Sul problema dell' evasione fiscale si monta sempre un gran baccano. Studi televisivi o bar dell' angolo, il rumore di fondo non cambia.

Sembra che la vecchia lotta di classe oggi si produca essenzialmente in questo campo: visto che la classe avversa non possiamo più annientarla, vediamo almeno se ci è concesso di derubarla.

A me non disturba parlarne, a patto che si diano per scontati due punti fermi. Sono essenziali per ridurre i decibel. Eccoli:

  1. il problema dell' evasione fiscale è essenzialmente un problema localistico. Regioni come Lombardia e Veneto sono tra le più virtuose al mondo nella compliance fiscale (tengono il passo di Svizzera e Usa); sempre al nord molti territori non invidiano Francia e Germania (l' Emilia per esempio); per alcune regioni va un po' peggio ma ci possiamo accontentare: la Toscana assomiglia un po' alla Svezia, non mi sembra un paragone offensivo. Il problema è l' evasione da terzo mondo che c' è in alcune regioni del sud. Ma probabilmente quello non è altro che il welfare all' italiana;
  2. il secondo punto riguarda la questione sul "chi" evade in Italia. Da anni la CGIA tiene d' occhio la questione con uno zelo riconosciuto anche dal Ministero (qui sono scaricabili le ultime elaborazioni). La maggiore evasione si annida tra i lavoratori dipendenti. Sorpresa? Non direi. Facciamo qualche numero: l' imponibile sottratto al fisco è di circa 310 mrd di euro all' anno. 200 mrd sono da imputare all' economia sommersa (su 3 mln di soggetti coinvolti nell' affare 2.300 mln sono dipendenti con il secondo, terzo lavoro); 100 mrd all' economia criminale; 10 mrd alle grandi imprese e 6 mrd alla mancata emissione di scontrini e fattura da parte di lavoratori autonomi e PMI.

Ho l' impressione che se il dialogo partisse da queste premesse tutto sommato oggettive, sarebbe meno interessante e anche meno chiassoso. Quindi abbandonerebbe presto sia i bar che gli studi televisivi, magari per approdare sulle scrivanie di chi cerca seriamente una soluzione.

ADD1: il dipendente evade soprattutto nei decili più bassi.

Lo strano caso di IE

Dopo trent' anni di studi sugli effetti della pena di morte (qui una rassegna equilibrata), di tanto in tanto ancora spuntano alla Tv o sui giornali personaggi disposti a dichiarare con tutta l' enfasi del caso che una simile punizione non serve a niente.

Sarà, ma chi è andato a fondo alla questione è arrivato a conclusioni ben diverse.

Negli USA per esempio, molto si è dibattuto, alcuni ritengono che ogni esecuzione salvi 8 vite, altri che ne salvi 24. Molti si collocano tra questi due estremi. L' effetto deterrenza però non sembra contestato.

Chi non trova giusto che il boia disponga della vita di un uomo, si dovrebbe fare carico anche delle altre 8-24 vite. Solo in questo modo comincerebbe una seria discussione morale.

Isaac Ehrlich è lo studioso che con il suo lavoro certosino ha convinto la gran parte degli economisti. Ha convinto anche se stesso, devo dire.

Resta da notare un' ultima cosa, la menziono perchè alle nostre latitudini potrebbe risultare addirittura curiosa.

IE ha cosruito un lavoro sistematico rispondendo nel dettaglio a molte contestazioni e giungendo sempre alla medesima conclusione: la pena capitale nel complesso funziona. Ciò non gli ha impedito di essere uno dei più strenui oppositori alla sua applicazione nel mondo. Uno mica deve fare l' economista 24 ore al giorno.

Particolari in SL p.131

giovedì 15 maggio 2008

Il sesso come diga anti-AIDS

Uno non ci pensa mai abbastanza.

Ero rimasto che una cultura dell' astinenza fosse raccomandabile per arginare la diffusione dell' AIDS.

Invece mi dicono di no.

Attenzione, non mi dicono semplicemente che una simile cultura ha scarse possibilità di attecchire. Mi dicono che è dannosa e cio' che serve è esattamente l' opposto: un chiaro, sano incitamento all' attività sessuale. Siccome una simile campagna sarebbe socialmente molto utile come diga anti AIDS, sarebbe anche logico che goda di finanziamenti pubblici.

La tesi è stata divulgata da Steven Landsburg nel suo articolo su Slate (il più commentato in rete nel 2007) ora divenuto il cap.1 del libro a suo nome che tengo sul comodino.

Pensiamoci, una campagna che inviti a rilassarsi sessualmente non avrebbe nessun effetto sui libertini (in materia sono già molto rilassati). Andrebbe ad incidere invece sui soggetti più avveduti nelle scelte, sui tipi più morigerati e socialmente responsabili. Riferiamoci a loro come ai "sessualmente prudenti" (SP).

La logica di SL è semplice: l' epidemia si diffonde ramificandosi. La scesa nell' agone sessuale dei SP devitalizza i rami più rigogliosi e, al limite, fa nascere rami destinati a disseccarsi presto.

DEVITALIZZA: un SP puo' salvare vite facendo concorrenza ai contagiati. Il partner che abborda è al sicuro. Diversamente sarebbe potuto finire con un contagiato ricevendo a sua volta la malattia e facendosene veicolo.

DISSECCA: per sua natura SP esamina spesso il suo stato di salute. Appena scopre di essere contagiato, si ritira da ogni attività sessuale (è responsabile!).

SL fa un esempio: in una comunità le mogli sono fedeli ma i mariti devono avere almeno 2 partner sessuali all' anno. Esiste un postribolo che ospita prostitute in cui il contagio è molto diffuso. Se queste sono le condizioni di partenza, ben presto la malattia si estenderà a tutta la società. L' ancora di salvezza? Chiedere alle mogli di divertirsi un po' di più praticando l' adulterio.

Obiezioni? Si potrebbe timidamente affermare che, in queste materie, una volta impressa la svolta al proprio stile di vita, è difficile mantenere la misura. Anche la persona più dilgente, una volta messasi sul piano inclinato della lascivia, slitterà nel libertinismo. E a quel punto non potrà più rendere alcun servigio, anzi, sarà una mia vagante in più.

Obiezione deboluccia.

Il ragionamento non fa una grinza, in teoria. Il bello è che funziona anche in pratica, almeno stando agli studi del Prof. Michael Kramer.

Una campagna di castità potrebbe essere utile, ma dovrebbe essere rivolta ai libertini con scarse probabilità di successo. In più dovrebbe essere inaccessibile ai SP perchè in quel caso, lo abbiamo visto, sarebbe solo dannosa.

Molti hanno reagito scandalizzandosi alla proposta di spingere SP a darci dentro: "... siete dei pazzi ad incoraggiare comportamenti a rischio...".

A rischio per l' interessato (SP) ma di grande beneficio per la comunità.

SL traccia un parallelo con il problema dell' inquinamento. Uscite scandalizzate come quella di cui sopra potrebbero essere rese in questo modo: "... siete dei pazzi ad incoraggiare comportamenti costosi come l' obbligo a non riversare gli scarichi nei fiumi...". Non scaricare nei fiumi è costoso per l' industriale ma la comunità ne trae un beneficio.

Chiarito questo punto, come incitare i SP a rilassare i propri costumi. L' operazione è difficile perchè chiediamo loro qualcosa che fa bene al mondo ma che a loro costa in termini di rischi effettivi.

Si potrebbero decantare le gioie del sesso, ma ci vorrebbe qualcosa di più concreto.

Si potrebbero distribuire preservativi gratis. Ma la cosa inciterebbe ulteriormente anche i libertini, ovvero i soggetti da tranquillizzare.

PROPOSTA MIA: all' acquisto dei preservativi si potrebbe abbinare un concorso a punti. Ce ne sono tanti ormai. Ma i premi dovranno essere scelti in modo da discriminare tra libertini e SP. Esempi DI PREMI: abbonamento gratuito alla stagione teatrale, cena con Umberto Eco, serata di gala al Teatro alla Scala, possibilità di pubblicare per una settimana sulla prima di Repubblica...

ADD1: la discussione si è spostata nei commenti a questo post.

mercoledì 14 maggio 2008

Decompressioni in quel di Gubbio








Ecco il più virtuoso nel pezzo meno virtuoso della sua carriera. La qualità non ne risente. Sarà che sonava a Teatro in quel di Gubbio, posto che disperde anche la cattiveria dei lupi, scioglie le frenesie e riconcilia ciascuno con il suo Dio. Anch' io e la miri, prima di precipitarci in vacanze mondane, facciamo sempre tappa a Gubbio per distenderci l' animo e dire, ognuno nella sua lingua, una preghiera.

n.b. file in esclusiva, non disponibile nè su you tube nè su e-mule

False credenze: i bambini rendono felici

Nelle note a commento di pag.243, DG elenca una serie di studi concordi nell' affermare una tesi già sentita: i bambini comprimono la nostra felicità.

Se una coppia reputa di avere un certo grado di soddisfazione, con l' arrivo dei bambini vedrà diminuirlo. Una volta che la prole sarà cresciuta e lascerà la casa paterna, anche la felicità tornerà a regnare ripristinando i livelli precedenti di soddisfazione.

L' effetto tipico delle distorsioni dovute alla soggettività, in questi casi, è attenuato. Non ci sono confronti interpersonali ma solo confronti fatti sulla medesima scala.

Cio' non toglie che la felicità precedente possa essere dovuta all' attesa di figli e la felicità successiva al fatto di averne avuti. Quest' idea si rinforza guardando all' infelicità dei singles.

Comunque DG sostiene che l' idea "i bambini rendono felici" sia una classica "falsa credenza" con cui veniamo indottrinati affinchè la società si espanda e prosperi. In questo, nello schema esemplificativo di DG, l' idea farebbe il paio con un' altra falsa credenza: "i soldi rendono felici".

Bottom line: se i bambini minacciano la nostra felicità si spiega anche perchè alle famiglie spetti un aiuto statale. In caso contrario non si vede come possa essere giustificato, specie qualora si accetti l' idea che "il denaro non rende felici".

Costo-prezzo. Barare con la salute.

TS spesso s' intrattiene con i giochi di parole. Ce ne fa respirare la magia intrattenendoci illustrando l' anatomia di alcuni illusionismi.

Lo sapevate, per esempio, che "diritto alla salute" non significa altro che "servizio sanitario coercitivo e burocratizzato"? Dopo aver letto la p.71 e EWW, non ci saranno più dubbi. Il politico appassionato che proclama "il diritto universale alla sanità", sta proclamando il suo diritto a prendere il comando universale in quel settore.

Lì, sempre a proposito di Sanità, si scopre anche quanto sia importante distinguere il "costo" di un servizio dal suo "prezzo". Il Costo di un servizio è cio' che dovremmo pagare affinchè ci venga offerto, il prezzo è cio' che sborsiamo per quel servizio.

Quando prezzo e costo divergono, a risentirne è la qualità dell' offerta (piccola e tristissima legge economica).

Se un buon insegnante per formarsi deve sopportare un certo costo, non possiamo poi pretendere di pagarlo meno. Se lo facciamo avremo sempre meno "buoni insegnanti". Eppure dietro certe ambizioni che vorrebbero una scuola gratuita e aperta a tutti, si nasconde la volontà o la necessità di pagare prezzi molto inferiori ai costi. A risentirne sarà inevitabilmente la qualità.

Torniamo al nostro "diritto alla salute", il paradosso prezzo/costo si esplica soprattutto lì.

Perchè ormai la ricerca farmacologica è condotta solo da quelle imprese che hanno il loro sbocco principale sul mercato USA? Perchè quello è il mercato sanitario più libero. Su un mercato libero i prezzi non si disancorano mai completamente dai costi.

Non è un caso se la spesa sanitaria USA supera di gran lunga quella europea.

ma al politico quest' ancora interessa poco. Cio' che interessa a lui è che i suoi elettori paghino poco rendendo grazie a lui e alla sua lotta per il "diritto alla salute".

In Europa, dove la sanità è socializzata, il politico realizza i suoi sogni ma, così facendo, a causa della leggina citata più sopra, fa in modo che il servizio lentamente si trasformi.

La prima trasformazione la conosciamo: niente più ricerca, niente più innovazione nel campo dei farmaci ma solo mera produzione di generici. In questo campo siamo ormai la Cina di altri occidenti. Attrezzatura e farmaci sono perlopiù importati dai paesi con un libero mercato sanitario. Anche il nostro migliore capitale umano si forma là.

Se la situazione è questa non ci resta che sperare.

Speriamo che il velato ricatto sui brevetti ci consenta sempre di importare a basso prezzo in modo che l' Europa possa prolungare i suoi comportamenti opportunistici in campo sanitario e speriamo anche che il "capitale umano", dopo essersi formato altrove, abbia voglia di tornare a casa.


martedì 13 maggio 2008

Libera scelta... purchè illusoria.

DG dedica un intero capitolo battendo in continuazione sul fatto che la felicità è un sentimento soggettivo. Il titolo del capitolo, tanto per non lasciare dubbi, è SOGGETTIVISMO.

Se richiesto indico il mio attuale stato di felicità su una scala da uno a dieci, non è detto che tu abbia ricevuto informazioni rilevanti poichè anche la "scala" è soggettiva: il mio 10 puo' corrispondere al tuo 3.

Tutto cio' fa la gioia dell' economista, lui dispone di teorie compatibili con il soggettivismo anche più radicale. Lo psicologo invece resta nelle canne.

Ma la gioia dura poco: a quanto pare molte nostre scelte sono infarcite di errori che non si correggono granchè nè con l' esperienza, nè prestando particolare attenzione all' insegnamento dei saggi. Costoro molto spesso sono il veicolo di "false credenze".

La ricerca della felicità rischia di fallire se intrapresa per conto nostro, e inoltre noi non abbiamo nessuna voglia di attendere i tempi dell' evoluzione biologica che migliorerà i nostri cervelli. Non ci resta che affidarci agli altri, a qualcuno che si prenda cura di noi. D' altro canto, poichè sentiamo fortemente la nostra unicità e la nostra autonomia, non ha nessuna possibilità di successo nemmeno chi ci instrada attraverso un' imposizione dall' esterno.

Sembra strano ma, se così stanno le cose, alla fine il mondo migliore è quello in cui la libera scelta venga tutelata, purchè, almeno in parte, sia illusoria. Tipo società dei consumi?

Un puma a Palo Alto

Dopo che DG ci ha spiegato con dovizia di particolari tutte le falle ingannatrici che minano il ricordo delle nostre esperienze, torniamo con i piedi per terra rivolgendoci a TS.

Il triste evento del puma ucciso vicino alla scuola, narrato a p.7, a suo tempo suscitò due reazioni: sollievo nei genitori dei bambini, indignazione nella vicina comunità accademica di Palo Alto.

TS, che ha inventato la figura dell' "esibizionista morale", ritiene di trovarne qui un esempio vivido. La situazione ricreatasi in quell' occasione gli sembra proprio archetipica e vorrebbe fermarla.

"... un titolo accademico prestigioso indica che possedete conoscenze specifiche in una certa area. Troppo spesso invece induce il possessore a pontificare su una serie di argomenti del tutto alieni. Spuntano da ogni dove discorsi forbiti pronunciati da gente che non sa di cosa parla. Il fatto che gli accademici fossero perlopiù di sinistra è perfettamente coerente con la loro assunzione per cui una "parte terza" - cioè loro - possa e debba indirizzare gli specialisti nel loro intervento.

I poliziotti probabilmente non hanno mai letto Chaucer e non sanno cosa sia l' "esistenzialismo". Però sanno bene cosa sia un pericolo..."


Strane alleanze: specialisti (poliziotti) e gente comune (genitori) contro intellettuali (comunità accademica).

lunedì 12 maggio 2008

Migrazioni ideologiche

La recente conversione ideologica di una figura di culto del mondo liberal e sessantottino, David Mamet, veniva comunicata al mondo con queste parole:

"... I realized that the time had come for me to avow my participation in that America in which I chose to live, and that that country was not a schoolroom teaching values, but a marketplace..."Aha," you will say, and you are right. I began reading not only the economics of Thomas Sowell (our greatest contemporary philosopher) but Milton Friedman, Paul Johnson, and Shelby Steele, and a host of conservative writers, and found that I agreed with them: a free-market understanding of the world meshes more perfectly with my experience than that idealistic vision I called liberalism..."

Thomas Sowell (TS)... "our greatest contemporary philosopher"!?

La cosa mi ha messo voglia di rileggere un suo libro che posseggo e che folgorò anche me. E' un po' vecchiotto ma sempre attuale: "Ever wonder why". Vedrò se è il caso di unirmi al giudizio lusinghiero.

Una cosa intanto puo' ben dirsi intorno all' arte di "convertire": pochi numeri, poche note a piè di pagina, semplicità e l' arte di arrivare a conclusioni anche estreme ma sempre attraverso passaggi che, presi isolatamente, sprigionano grande buon senso.

Capriccio n. 14

Mi piace. Non basta?
Allora dirò di più, mi è piaciuta anche questa.

Errori rossi, errori blu e il Correttore Unico

DG spiega con cura tre categorie di errori in cui incorre di continuo la nostra immaginazione:


  1. errori d' esperienza: chi ha fatto molte "code" riscontra come la propria coda sia molto spesso la più lenta a scorrere;

  2. errori cerebrali: il nostro cervello archivia i dati in un certo modo ben preciso (per esempio, noi ci ricordiamo facilmente parole che iniziano con "c" ma con grande sforzo parole che hanno come terza lettera una "c"), cio' induce in gravi errori;

  3. errori da indottrinamento: ci sono false credenze (i soldi portano soddisfazione, i bambini rendono felici) che vanno diffuse affinchè prosperi la comunità.


Poi ci sono una serie di errori in cui la nostra immaginazione incorre quando ci prospetta il futuro:




  1. errore di ottimismo: l' immaginazione si fida irrazionalmente di se stessa in un modo impressionante, le smentite sembra che non contino per lei; in realtà la mente è piena di buchi e smagliature, essendo poco capace di archiviare molte informazioni deve arrangiarsi con trucchetti ingegnosi ma limitati;

  2. errore di presentismo: l' immaginazione ci prospetta un futuro che assomiglia tremendamente al presente in cui stiamo ora, la nostra immaginazione non è "abbastanza immaginativa";

  3. errore di riflessione: la nostra immaginazione immagina noi stessi sempre uguali, anche nel futuro più lontano. Carenza particolarmente grave.


Con la testa conciata così, dove vogliamo andare?

Abbiamo solo due speranze: o facciamo in modo che la gente si corregga approntando gli opportuni incentivi o facciamo in modo che chi sbaglia meno abbia maggior successo nel sopravvivere. In entrambi i casi serve una selezioni che premi "il più adatto". Nel primo caso il più adatto sarà anche il più meritevole, nel secondo caso il merito va lasciato da parte per concentrarsi sulle dotazioni più o meno innate.

Poichè ascoltando gli psicologi le nostre tare sembrano di natura fisica, non resta che la seconda via.

La prima però appare eticamente superiore.

Fortunantamente esiste un modo di organizzarsi che salva entrambe le soluzioni e prende due piccioni con una fava esentandoci dall' arduo compito di dover sacrificare l' efficienza all' etica.

Errori d' esperienza

Siccome sono stato curioso, mi è capitato di intrattenere discussioni sui più vari argomenti. E' naturale che molto spesso mi esprimessi senza il supporto di una pratica diretta. In questi casi, quando il nostro interlocutore è piuttosto confuso ma puo' vantare una maggiore esperienza rispetto a noi, molto facilmente tenderà a rintuzzare le obiezioni rinfacciandocela.

Sarebbe tutto finito se in nostro soccorso non arrivasse il cap. 10 di SH. Lì DG elenca (con bibliografia semi-sterminata) una serie di errori indotti... dall' esperienza! Certo, per cambiare un pannolino al figlio, l' esperienza è molto utile, eppure per soppesare i nostri giudizi più importanti (per esempio quelli che riguardano la felicità) l' avere esperienza nel merito puo' essere tremendamente distorsivo.

L' argomento è piuttosto incasinato (e anche un po' noiosetto) mi accontenterò di citare il caso delle "code" (file, colonne). L' ignaro puo' solo pensare che l' una vale l' altra (molto saggio, bravo ignaro); lo scafato, fondandosi sulla sua VASTA ESPERIENZA, sa che quella da lui scelta sarà la fila più lenta a smaltirsi (tipica assurdità indotta dall' esperienza).

Ha senso misurare la felicità?

DG ritiene che "misurare la felicità" abbia senso.

Innanzitutto perchè lo facciamo tutti tutti i giorni. Come potrei proclamarne l' assurdità?

Molto meglio allora dedicarsi alla cura con cui s' intraprende l' impresa.

Poichè è un' attività altamente imperfetta necessità di 1) continue correzioni e messe a punto 2) rilevazioni frequenti 3) grandi numeri.

La difficoltà principale consiste nel fatto che, nelle persone, l' esperienza e la coscienza sono dissociate. Una dissociazione che riflette le diverse aree cerebrali interessate quando i due stati vengono prodotti.

sabato 10 maggio 2008

Quando la realtà se ne va per conto suo




Preso dentro nei gangli della letteratura ottocentesca italiana e oppresso dalla mole di tomi ulteriormente ispessiti dalla loro cronica mancanza di umorismo, ho cercato refrigerio all' umida ombra del capolavoro di Ippolito Nievo. Secondo alcuni consulenti ignari di essere stati consultati, almeno uno dei due inconvenienti poteva essere eluso, parlo dell' umorismo.

Devo dire che il Settecento fa circolare il suo fiato in quelle pagine. Basterebbe accennare a quella maledetta diligenza settecentesca di spennellare con perizia calligrafica fino a riprodurre in modo verosimigliante la geografia di un' intera costellazione!

E poi quella febbrile fregola moralistica di indagare, grazie all' alta scienza del secolo anteriore, il subisso delle anime altrui (spesso di gran lunga più estese di un semplice firmamento), per riproporlo isomorfo nero su bianco.

Con simili incontenibili manie nel cuore e nello stilo, come si puo' pretendere che non si doppino le mille pagiante? Il lettore timido resta così legato per mesi alla ruota di una simile macina autotorturandosi mentre sugli scaffali della libreria scorrono sotto il suo mesto sguardo i libri che non potrà accostare nel frattempo.

Tuttavia, imbroccate le pagine buone del Nievo, si ottiene pronta ricompensa.

E' proprio vero: il letame è il miglior scaffale su cui esporre i diamanti. L' opacità inerte del primo, esalta lo spiazzante balenio del secondo.

Sorbiamoci dunque la ricrazione letteraria di come nasce e cresce l' "ideale" tra lo stantio e il vago (patria, libertà...) che dovrebbe animare il protagonista. I toni sono spesso enfatici, slabbrati; idonei ad accumulare piombo nelle palpebre. Anche la prolungata descrizione della serenità pastorale che precede le agitate vicende romanzesche, fa l' effetto di uno strascico interminabile e pleonastico.

Unica nota di alleggerimento: la coralità di fondo che costringe il Nievo a rendere in bozzetto una miriade di vite e di caratteri.

Per esperienza ormai so che costringere un sagace osservatore a concentrare in mezza paginetta "una vita", dà sempre risultati di una brillantezza longeva che attraversa i secoli mantenedo una sua freschezza. La gestualità imperiosa di quei pochi tratti ci fa capire nonostante tutto la vasta intercapedine che distanzia l' arte letteraria dall' ultimo giallo che ci sembrava tanto "carino". E' giusto ripassare ogni tanto anche questa lezione.

Ma dopo i preparativi, per chi ha avuto la pazienza di reggerli, ecco il picco: all' eroe si offre l' occasione di battersi per il suo ridondante ideale. Il Nievo sarà magistrale interprete del grottesco incontro tra niveo, levigato sogno e brufolosa realtà.

Il sospirante Carlino giunge a Portogruaro e scopre che è in atto quella "Rivoluzione" al pensiero della quale aveva corogiolato la giovinezza da cui era appena uscito. Il popolino è in rivolta e sembra reclamare i suoi diritti. Carlino ha tutta l' intenzione di unirsi al coro apportando le sue competenze.

Ma ecco che prende corpo il miracolo letterario: Carlino scopre lentamente che il popolino assomiglia maledettamente ad un popolino. Fare la rivoluzione con questa gente non ispira l' immaginazione romantica del protagonista.

Scopre anche lo sconcertante ruolo del caso. E noi con lui: quando si urla cio' che per anni è stato trattenuto in gole disseccate, ne esce un rantolo disarticolato. Quanto è brutta e poco convincente quella "verità" che avevamo coccolato a lungo nel seno in vista di spiattellarla in faccia ai prepotenti al momento opportuno. La foga con cui correggiamo la prima rivendicazione, accentua la storpiatura. Dopodichè, lo stesso scatenamento che abbiamo liberato ci spossessa di ogni intenzione; la furia comica degli eventi ormai regge la regia del grand guignol. Dopo le prime enormità si vorrebbe tornare a casa per riposarsi, ci viene il dubbio che forse cio' che cercavamo era solo uno sfogo momentaneo, un po' di adrenalina da luna park. Ma ormai non si puo' più, si va avanti con la cattiveria gratuita degli irresoluti. Sentirsi tanto insicuri fa sì che, una volta scelto un bersaglio appena plausibile, ci si scateni contro di esso con un accanimento tale che con quelle furie si possa dileguare la terrificante perplessità sorta un attimo prima, nel disgustoso momento in cui, ormai compromessi, un bersaglio ulteriore non lo si riusciva a trovare.

Si dice che queste pagine siano ricalcate su quelle manzoniane. Ma Renzo è trascinato dagli eventi casuali essendo sin da subito coinvolto in modo casuale nel vortice. Carlino invece vi entra con passo solenne varcando un suo Rubicone. Questa ponderata consapevolezza è inoltre proprio l' oggetto del libro: delle pagine che precedono come di quelle che seguiranno. In questo secondo caso, quindi, la balia del protagonista è di una comicità spiazzante e rivela l' onestà di un autore che tanto aveva investito sulla consapevolezza; godiamoci lo spettacolo di chi vuole sacrificarsi ma non ci riesce sentendo lontani gli occhi dell' attenzione generale: Sentendo il raschio con cui l' asperità rugosa del mondo ci spaventa mandando all' aria i nostri piani. Riscladiamoci alla sfiammata di un destino cieco e senza gabbie che solletica e rigenera un lettore allevato per rinunciare ad ogni sorpresa. Facciamolo prima di essere nuovamente ripiombati nel soporifero idealismo volitivo e patriottardo la cui voce è sopportabile solo quando si fa stridula e in preda agli indomabili elementi che la ridicolizzano sconcertandola.