lunedì 11 giugno 2018

COMPENSI AI MANAGER

COMPENSI AI MANAGER
Oggi i manager dei Fondi sono pagati sulla base della performance relativa (rispetto ai concorrenti), poiché tutti hanno partecipazioni ovunque nessuno è incentivato a spronare i manager delle partecipate. La regola che obbliga a concentrare nel settore colmerebbe la lacuna.

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domenica 10 giugno 2018

VIETATO DIVERSIFICARE

VIETATO DIVERSIFICARE
La teoria moderna del portafoglio si fonda sull'ipotesi dei mercati efficienti: in assenza di notizie riservate è impossibile battere sistematicamente il mercato. Da cio' deriva una strategia di gestione dei patrimoni ben precisa: diversificare al massimo. La diversificazione azzera il rischio non-sistematico e allinea il rendimento del patrimonio a quello di mercato. Per questo i cosiddetti investitori istituzionali cercano di avere una partecipazione in tutte le imprese principali. Tuttavia, da quando i patrimoni gestiti da questi soggetti sono esplosi la cosa procura gravi inconvenienti alla concorrenza: se nello stesso settore la maggioranza relativa delle principali imprese operanti è posseduta dai medesimi investitori è chiaro che non ci sarà grande concorrenza. Una teoria così lineare confermata dalla evidenze richiede un intervento, per questo si propone che sia impedita (o limitata) la diversificazione spinta del portafoglio degli investitori istituzionali all'interno di un settore economico. Più rischio per gli investitori istituzionali significa più concorrenza sui mercati.
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sabato 9 giugno 2018

Governo e sviluppo

http://econlog.econlib.org/archives/2018/06/state_capacity.html

Quanto conta l'efficacia del governo nello sviluppo. Di certo gli stati prosperi hanno un governo forte e efficiente ma il nesso di causalità dove va?

Alcuni ritengono che che il governo sia la fonte dello sviluppo, altri privilegiano la legge di Sutton: "rubo alle banche perché i soldi sono lì". I ladri più sofisticati operano dove la ricchezza è maggiore, cio' non significa che siano loro a produrre quella ricchezza anche se ne segnalano la presenza. Lo stesso dicasi per i governi.

REGINA DI CUORI

REGINA DI CUORI
Le leggi fiscali ci appaiono come un campo minato: sono difficili, malscritte, tortuose, contorte, vere e proprie trappole che la burocrazia sembra tendere al contribuente. Ma in questa storia chi è il cattivo? E’ forse il legislatore che delibera simile robaccia? E’ forse il burocrate che la chiede e la produce materialmente?
No, il cattivo è la Regina di Cuori.
Conoscete tutti il perfido personaggio che compare in “Alice nel Paese delle meraviglie” e che faceva notare: “devi correre sempre più veloce per restare sempre nello stesso posto”. Così le leggi fiscali: devono essere sempre più illeggibili per mantenere inalterata la loro efficacia.
Sarà che l’obbligo contributivo così come si presenta nelle società moderne ci appare immorale, cosicché non ci si fa molti scrupoli ad evitarlo e a mantenere, laddove è consentito, una compliance molto bassa. In pochi rubacchiano quando possono ma in molti eludono o evadono appena posso, evidentemente l’obbligo morale non è sentito. Una norma fiscale semplice è, in genere, anche semplice da evadere. Così si comincia a complicarla per renderla meno aggirabile. Tuttavia, una volta che col tempo la nuova condizione si chiarisce, si mettono a punto i nuovi metodi di evasione, finché la legge viene ulteriormente ritoccata facendo tesoro dell’esperienza. E via così fino a che i testi legislativi sembrano scritti da marziani in tilt. In altri termini: le legge fiscale non cambia per migliorarsi, cambia per poter restare ferma, almeno in termini di efficienza. Il cambiamento è una strategia di lotta all’ elusione più che di lotta per la giustizia.
Tutti noi di fronte a questa palude olezzante proviamo un senso di repulsione e cerchiamo un nemico con cui sfogarci, ma a volte questo nemico non c’è. O meglio c’è ma è fuori dalla nostra portata, si trova nel mondo delle Meraviglie e si chiama Regina di Cuori.
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Aldo Savoldelli


Aldo Savoldelli


Aldo Savoldelli (1935-vivente) fu un brillante imprenditore/innovatore veneziano che trovò il modo di… convertire il grano in automobili!
Sì, avete sentito bene: il grano in automobili. Siamo ai limiti della magia, del resto, prima che la macchina del fango lo investì, fu premiato per questa sua impresa da tutte le accademie e il Presidente della Repubblica Italiana lo insignì del titolo di Cavaliere del Lavoro. Lo ricordo ancora ospite di Piero Angela, additato ad esempio da Severgnini sul Corriere: “… il mondo ha avuto i Norman Barlaug, noi abbiamo avuto ieri Natta, oggi Savoldelli, se il paese avesse anche solo 10 menti di questo calibro vivremmo un nuovo rinascimento…”
Dicevo “Cavaliere del Lavoro”, sì perché Aldo, oltre a essere un innovatore a tutto tondo, era anche un imprenditore lungimirante in grado di valorizzareal meglio le sue scoperte.
A questo fine costruì la sua immensa azienda proprio sul mare mantenendo, come è comprensibile, il massimo riserbo circa i processi produttivi adottati, evidentemente temeva lo spionaggio industriale. Evitò persino di brevettare le sue idee convinto com’era di poterle proteggere da sé.
Per i consumatori fu una pacchia e per la società una rivoluzione: le auto che uscivano dalla “Savoldella” – così venne ribattezzato il polo industriale sorto a Marghera – erano di qualità superiore ma soprattutto avevano prezzi stracciati rispetto a quelli di mercato.
Anche gli agricoltori esultavano: in passato mai ordinativi di grano tanto massicci erano giunti sulle loro scrivanie. Fu un periodo di vacche grasse come non mai.
Ad essere scontenti erano solo i costruttori concorrenti che adottavano il metodo tradizionale: come competere contro un’innovazione tecnologica tanto spinta? In molti meditarono di lasciare il mercato.
In generale, però, si era disposti a riconoscere il fatto che un progresso tecnologico del genere facesse bene alla società intera, la migliorava e quindi non andava frenato. Se castighiamo chi ha una brillante idea che fine faremo? Catechizziamo giorno e notte i nostri giovani affinché studino preparandosi ad affrontare il futuro e poi tarpiamo le ali a chi ce la fa e sfonda proprio raccogliendo quelle sfide? Quando si trova una bacchetta magica non ci si lamenta, quando si vince alla lotterie il piagnisteo è fuori luogo. Con Savoldelli aveva sia trovato una bacchetta magica che vinto alla lotteria.
Ma un giorno le cose cambiarono. Furono in molti a dire “… e mi sembrava strano”. Il programma televisivo ”Le iene” riuscì a intervistare un operaio risentito licenziato qualche mese prima dalla famosa fabbrica il quale, pungolato a dovere, rivelò un segreto che fece tramare il Palazzo: non esisteva nessuna fabbrica: la “Savoldella” era vuota! Quella che veniva chiamata “fabbrica” non era altro che un grande “buco”, un immenso hangar che dava su una banchina portuale costruita ad hoc dall’imprenditore furbacchione.
L’uomo ribadì la sua versione alla Gabanelli e alla Zanzara. Poi fu la volta di Repubblica e Corriere.
Praticamente cosa succedeva alla “Salvoldella”? Il grano entrava dai portoni della fabbrica e veniva imbarcato su navi che lo portavano a destinazione in paesi esteri i quali saldavano il loro debito con le famose automobili costruite presso di loro dove, come noto, il costo del lavoro è infimo. Ma c’è di più, non pochi di questi produttori stranieri erano società detenute dal Savoldelli stesso che, oltre a speculare sui differenziali di prezzo, evidentemente esternalizzava così le nostre energie produttive facendo all’estero quel che poteva fare da noi.
Lo choc della rivelazione trasformò in breve tempo l’imprenditore da eroe civile a nemico pubblico numero uno. Da innovatore aperto al futuro a gretto speculatore che rubava il lavoro ai nostri giovani esternalizzando la produzione industriale.
Sull’onda dell’indignazione, con una legge ad hoc – si presero a pretesto dei vincoli ambientali –  la “Savoldella” fu chiusa e furono apposti i sigilli, Savoldelli sparì da tutte le cronache tranne che dalla “nera” e ben presto il Paese, un po’ disorientato per cio’ che gli veniva a mancare ma convinto di aver fatto la cosa giusta, ricominciò il suo tran tran dimenticandosi del “nuovo Natta”.
***SPIEGAZIONE DELLA BARZELLETTA*** 
Per chi non l’avesse capito, L’apologo serve ad evidenziare come noi consideriamo l’innovazione superiore al commercio quando in realtà sono nella sostanza la stessa cosa, o comunque producono gli stessi effetti.
Se un risultato viene ottenuto dalla ricercaapplaudiamo, se lo stesso risultato viene ottenuto con il commercio storciamo il naso.
Al progresso conferiamo il Nobel, al liberismo solo colpe, eppure entrambi perseguono il medesimo obbiettivo: l’efficienza. Un obbiettivo che si puo’ raggiungere con un’idea o con uno scambio. Che differenza fa? Nessuna, ma noi sembriamo essere predisposti ad introdurne parecchie e immotivate, per esempio: consideriamo i tassisti dei luddisti che si oppongono alle nuove App mentre solidarizziamo con i lavoratori di Almaviva.
Quando si diventa più efficienti, gli inefficienti si lamentano, è ovvio. Meno ovvio è il fatto che noi diamo peso a queste contestazioni quando scaturiscono dallo scambio mentre non ne diamo molto quando scaturiscono da cio’ che definiamo “progresso”. Limitare l’innovazione ci sembra assurdo mentre limitare le importazioni plausibile. Savoldelli continua a fare esattamente quello che ha sempre fatto ma, senza motivo, si trasforma da un giorno all’altro da santo a peccatore irredimibile.
Forse quando la ricchezza implica una relazione con il “diverso” è sospetta, non ci va più bene. Al contrario, la ricchezza che viene da un’idea è più rassicurante, più “pura”: ci evita la convivenza conl’altro.
(Aldo Savoldelli quando poco più che ventenne sbarcava il lunario con spettacolini di magia)
P.S. La parabola dell’imprenditore che trasformava l’acqua in vino… pardon: il grano in auto, è ripresa da James Ingram, professore presso la North Carolina University.

venerdì 8 giugno 2018

FACEBOOK E LA FINANZA

FACEBOOK E LA FINANZA
BlackRock, Vanguard, Fidelity, State Street… ecco di chi parliamo quando parliamo del “mercato” e di “spread”. Questi soggetti, esistono, vivono alla luce del sole, hanno una governance trasparente e controllano 1/5 del risparmio statunitense (potrei fare altrettanti nomi di investitori istituzionali europei): perché non li conosciamo? Perché sfuggono ai radar? Perché di loro si occupa solo la stampa specializzata?
Forse perché per conoscerli meglio ci toccherebbe leggere e imparare, il che è molto meno divertente che cazzeggiare su Facebook e costruire appassionate narrazione sui poteri forti e il complotto finanziario.
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PESARE I VOTI… NON CONTARLI

PESARE I VOTI… NON CONTARLI
La democrazia ha un problema: che fare delle minoranze? A volte è anche giusto che soccomba ma se non si “pesano” in qualche modo i voti si rischia che una marea di voti disinteressati prevalgano su un numero inferiore di voti espressi però con un’urgenza vitale. Se si vota sui diritti dei transgender, per esempio, io voto guidato da una generica repulsa ma pur sempre su questioni che mi coinvolgono molto marginalmente. Al contrario, posso pensare che ci sia gente che fa di queste stesse questioni qualcosa di essenziale per la sua vita quotidiana. Eppure il mio voto vale quanto il loro! Se anziché votare si pagasse l’equilibrio naturale sarebbe ripristinato.
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ORIGINI DELLA DISEGUAGLIANZA

ORIGINI DELLA DISEGUAGLIANZA
Gli economisti di oggi credono che le forti diseguaglianze siano da ricondurre ad una diseguaglianza nei talenti nonché all'ereditarietà dei talenti, Eric Posner e Glenn Weyl pensano invece che occorrano nuove regole che radicalizzino il mercato e combattano i monopoli. La diseguaglianza è il frutto amaro di un fallimento intellettuale. L'intellettuale contemporaneo o si chiude nella sua torre d'avorio o si trasforma in un tecnocrate.

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