Indagine sulla ricchezza delle nazioni. Punta tutto sulle istituzioni, è lì che si crea sviluppo.
La tesi centrale: esistono due tipi di sviluppo: 1. lo sviluppo estrattivo che parte dal basso e imita e 2. lo sviluppo sulla frontiera tecnologica.
Per il primo tipo di sviluppo una dittatura illuminata è sufficiente: si copia dagli altri, si aprono le frontiere e si puo' fare buon lavoro.
Ma il secondo tipo di sviluppo richiede istituzioni flessibili. Perché? Perché l' innovazione richiede distruzione creativa, un lusso che le dittature (e anche molte democrazie anchilosate) non possono permettersi.
martedì 4 dicembre 2012
Papa Gregorio
Parlare di tasse è oggi il miglior modo per parlare di etica.
Lo stratagemma retorico funziona perché illumina anche il profano sui nodi fondamentali da sciogliere in una materia tanto delicata.
E’ anche un modo per farsi capire senza tanti giri di parole, il che non guasta.
Pensate solo alla dottrina sociale della Chiesa: se è peccato non pagare la giusta tassa, cosa dobbiamo considerare come tale?
C’ è chi apprezza certe ambiguità strategiche e chiede di non andare oltre nei chiarimenti, alcune espressioni quali “giustizia terrena” e “dignità della persona” sono più che sufficienti a indirizzare il fedele.
E se invece fossimo di fronte a un semplice buco da colmare prima o poi?
Bè, non sarebbe facile porci mano, richiederebbe come minimo un’ Enciclica quando non un Concilio.
E se proprio devo sognare l’ Enciclica della svolta la sogno informata al tenore di questo documento prodotto dall’ economista Gregory Mankiw. Si parla di etica Just Desert e quel che segue è la parafrasi di un estratto.
AGNOSTICISMO E UTILITARISMO
La questione che desidero prendere in considerazione è la seguente: quanto devono contribuire gli economisti al dibattito intorno al concetto di giusta tassazione?
Una possibile risposta è non molto. C’ è infatti chi ritiene che ogni discussione intorno alla redistribuzione ottimale delle ricchezze sia ad appannaggio dei filosofi politici e morali. Noi economisti, al limite, potremmo stimare il costo di una tale redistribuzione – cioè, l’ impatto negativo sull’ efficienza che avrebbe un tentativo di perseguire maggiore equità. Ma alla fin fine scegliere il punto d’ equilibrio tra efficienza ed equità spetta alla politica (o all’ etica), come economisti dovremmo dichiararci agnostici e ritirarci in buon ordine.
La letteratura sulla tassazione ottima, tuttavia, prende una diversa china. Anziché restare agnostici, i lavori in questa area adottano una particolare prospettiva politica: l’ utilitarismo. Cioè, si assume non solo che gli individui massimizzino la loro utilità ma che anche la società nella sua interezza sia chiamata a fare lo stesso.
Per l’ economista un approccio del genere è del tutto naturale. Innanzitutto perché utilitarismo ed economia condividono una tradizione intellettuale comune. Un’ altra ragione sta nel fatto che l’ utilitarismo sembra una naturale estensione dei principi economici all’ intera società. Oltretutto, la filosofia utilitarista consente di utilizzare molti sofisticati strumenti analitici già impiegati con successo altrove.
Tuttavia l’ approccio utilitarista è afflitto da parecchi inconvenienti. Chiunque abbia frequentato un corso di filosofia si sarà imbattuto in una sfilza di casi tesi a metterne in luce i difetti. Una situazione classica è quella in cui da un ponte presso la stazione osservate un vagone che avanzando fuori controllo è destinato a investire un gruppo di bambini. Potreste salvarli solo spingendo giù il grassone che sta proprio lì di fianco facendolo finire sotto le ruote del vagone in corsa, il vostro eventuale sacrificio sarebbe inutile considerata la stazza minima. Quel che si chiede è se siete disposti ad uccidere il grassone per salvare i bambini. Un utilitarista non avrebbe problemi a farlo, ma molti si sentirebbero in forte disagio nell’ accettare questa soluzione.
Esempi del genere sono molto divertenti ma non penso abbiano una grande utilità pratica. Ha senz’ altro senso testare la teoria per confrontarla con l’ intuizione, tuttavia ritengo che certe esperienze siano troppo distanti dalla nostra vita ordinaria. Puo’ darsi che la nostra resistenza nell’ uccidere il grassone non sia data da un rifiuto dell’ utilitarismo ma dal fatto che siamo immersi in una situazione talmente inusuale da non riuscire ad averne piena contezza. In vita mia, per esempio, non mi sono mai trovato ad avere a che fare con un vagone fuori controllo che minacci dei bambini, figuriamoci se penso all’ ipotesi del ponte e del grassone. Per valutare se l’ utilitarismo sia o meno una buona filosofia preferirei prendere in considerazione situazioni più vicine alla vita quotidiana.
L’ UTILITARISMO SU SCALA GLOBALE
Lasciate allora che proponga qualcosa di meno lontano dalla nostra esperienza. Immaginate un candidato al Parlamento che proponga una tassa del 33% sul reddito del contribuente medio con un gettito da destinare interamente ai paesi del terzo mondo. La trovate una buona idea?
Penso proprio di no. Lo dico perché non ho mai conosciuto un candidato che osasse proporre qualcosa del genere. Del resto gli aiuti che mandiamo al terzo mondo rappresentano una fetta infinitamente inferiore del PIL e cio’ nonostante non si puo’ certo dire che siano investimenti popolari, quando c’ è da tagliare si comincia da lì sapendo bene della blanda opposizione che s’ incontrerà. Persino chi propone di aumentarli si guarda bene dall’ avvicinare percentuali in doppia cifra.
Eppure se fossimo degli utilitaristi dovremmo vagliare attentamente una proposta del genere. In accordo con la logica utilitarista non si farebbe altro che imporre una tassa pari al 33% a carico di alcune tra le persone più ricche del mondo e girarne gli introiti verso alcune tra le persone più povere del mondo, una logica che accettiamo volentieri in altri contesti.
La logica utilitarista non offre ragioni valide per dare una qualche rilevanza ai confini nazionali. Se in virtù della logica utilitarista trasferiamo dagli italiani più ricchi agli italiano più poveri, in base agli stessi principi sarebbe ancora più sensato trasferire dagli italiani ai gahnesi.
Ritengo però che molti sostenitori della tassazione progressiva su scala nazionale non siano disposti ad accettare questo stringente passaggio logico.
LA TASSAZIONE DELL’ ALTEZZA COME TASSAZIONE OTTIMA
Lasciate che vi dia un altro esempio di come la logica utilitarista conduca a conclusioni che mettono a disagio la persona comune.
Nel 1897 Francis Edgeworth sottolineò che compito di un pianificatore utilitarista sarebbe stato quello di eguagliare l’ utilità marginale di ogni membro della comunità. La logica sottostante è elementare: si toglie a chi perde poca felicità per dare a chi guadagna di più sempre in termini di felicità; dopodiché si procede in questo modo finché tutti posseggono la medesima “felicità marginale” (o utilità marginale) e nessun trasferimento ulteriore sia in grado di aumentare la felicità complessiva. Gli individui più dotati saranno anche i più tassati e il gettito girato come sussidio per i meno dotati.
Fu James Mirrles a porre l’ accento sul fatto che noi non abbiamo accesso alle variabili chiave per risolvere il problema. Come possiamo individuare i soggetti più dotati? Quel che possiamo osservare è giusto il reddito monetario del cittadino, una variabile che segnala sia i talenti che lo sforzo generato per produrre ricchezza. In queste condizioni il pianificatore deve ridimensionare i suoi obiettivi poiché redistribuire troppo potrebbe minare gli incentivi a porre in essere sforzi produttivi. Queste considerazioni sono entrate ormai a buon diritto nella teoria standard della tassazione ottima.
James Mirrles assunse il reddito quale unica variabile osservabile che avesse una qualche attinenza con la produttività potenziale del soggetto tassato. Questa assunzione, tuttavia, oltre a presentare gli inconvenienti di cui si è detto è anche molto approssimativa. In un mio recente lavoro ho utilizzato il modello utilitarista ortodosso di Mirrlees per esplorare il potenziale ruolo di un’ altra variabile: l’ altezza del contribuente.
L’ aggancio teorico è chiaro: l’ approccio utilitarista tende a valorizzare ogni variabile che sia correlata con le capacità contributive innate del soggetto. Scovare variabili correlate in modo diretto è utile perché consente di tassare senza disincentivare il lavoro.
L’ aggancio empirico è altrettanto evidente: l’ altezza di una persona è statisticamente correlata con le sue doti.
Lo studio mostra che sostituendo al sistema attuale una tassa sull’ altezza dei contribuenti migliorerebbe i conti nazionali in modo consistente. Molte persone però non abbraccerebbero mai con entusiasmo l’ idea di tassare di più i cittadini più alti. Il nostro studio ha registrato più che altro incredulità o divertimento. Questa reazione è proprio cio’ che rende un simile lavoro intrigante. Una tassa sull’ altezza, infatti, è l’ inesorabile conseguenza di un approccio utilitarista alla tassazione una volta che si tiene conto dei dati empirici. Se rigettiamo le conclusioni dobbiamo necessariamente rivedere le premesse.
JUST DESERT
Diversamente dal caso del grassone da sacrificare, le due politiche appena considerate potrebbero essere adottate domani mattina se solo lo volessimo. L’ Italia potrebbe girare un terzo delle sue entrate fiscali verso i paesi poveri e il nostro Parlamento potrebbe deliberare una riforma fiscale incentrata sull’ altezza come base imponibile. Ci sarebbero molti motivi per dissociarsi ma io vorrei proporre come ragione principale il fatto che la nostra intuizione etica si discosta dai principi utilitaristici.
Tra i filosofi c’ è una lunga tradizione che rigetta l’ utilitarismo come base per la giustizia redistributiva. Robert Nozick scriveva così nel suo famoso libro del 1974 Anarchy, State and Utopia:
… nelle nostre società non siamo nella posizione del bambino che riceve una fetta di torta da chi è intento a tagliarla aggiustando le dosi. Non c’ è un distributore centrale né una persona o gruppo di persone titolato a controllare tutte le risorse scrutinandone la distribuzione. Cio’ che ciascuno di noi riceve lo riceve da altri che a lui danno in cambio di qualcosa oppure lo riceve a titolo di dono. In una società libera molte persone posseggono molte risorse e le nostre proprietà emergono in seguito a una miriade di scambi…
Nonostante il prestigio di libro e autore sia ampiamente riconosciuto, è difficile oggi vedere questa visione filosofica come particolarmente influente nel lavoro analitico degli economisti, forse perché promettenti vie alternative all’ utilitarismo sono tutt’ altro che ovvie. Ovvero, se rigettiamo l’ utilitarismo come base per la tassazione, ci si chiede come possa essere rimpiazzato a livello di impalcatura normativa.
Propongo questo principio: alle persone spetta cio’ che si sono meritate. A una persona che contribuisce maggiormente alla ricchezza di una società spetterebbe un reddito maggiore in modo che tale reddito rifletta il suo contributo. Una società dovrebbe tollerare la ricchezza di un contribuente non per evitare di disincentivarne la produzione ma per non togliere a quel contribuente cio’ che a lui è dovuto sulla base del merito. Questo approccio rispecchia, credo, cio’ che Robert Nozick, Milton Friedman e altri scrittori liberali avevano in mente. Potremmo chiamare questo principio Just Desert.
Sono giunto a queste conclusioni osservando il comportamento della gente verso le persone ricche. La mia sensazione è che difficilmente la gente si sente offesa quando la ricchezza premia soggetti che se la sono guadagnata. Quando vediamo Steven Spielberg confezionare un blockbuster, Steve Job lanciare un iPod, David Letterman ordire scherzi divertenti e J.K. Rowling eccitare coi suoi libri schiere di ragazzini, difficilmente obiettiamo sui milioni che incamerano nel frattempo. Le ricchezze che ci fanno arrabbiare sono quelle che derivano dalle manipolazioni del sistema: il CEO che briga con il comitato esecutivo grazie alle opache relazioni personali di cui gode e il banchiere la cui azienda sopravvive in virtù dei salvataggi pubblici non sembrano meritare i bonus milionari che incassano così di frequente. Il pubblico percepisce quei compensi (correttamente o meno) come sproporzionati rispetto al contributo sociale di queste figure. In altri termini, se noi prendiamo l’ attitudine del pubblico come un segno delle nostre intuizioni morali, allora vediamo bene come non sia necessario porre al centro l’ utilità marginale di ciascun soggetto quanto piuttosto la relazione che lega compenso e contributo fornito.
La teoria del just desert ci dà un’ interpretazione differente del cosiddetto equilibrio di mercato. Di solito noi economisti diciamo che l’ equilibrio di mercato fornisce un’ allocazione efficiente delle risorse senza però essere necessariamente equo. Forse il nostro giudizio è troppo sbrigativo, d’ altronde è la stessa teoria economica a dirci che in equilibrio ciascuno riceve per quel che produce. In altri termini, ciascuna persona riceve per quel che è il suo contributo nella produzione di beni e servizi.
LA TEORIA DELLA TASSA GIUSTA
Adesso mi occuperò delle conseguenze di quanto detto sulla distribuzione ottimale del carico fiscale. Qualcuno potrebbe concludere che se ognuno di noi ottiene dal mercato quanto merita non c’ è spazio per imposte progressive. Si potrebbe pensare che un governo non è necessario oppure che sarebbe sufficiente una “quota d’ iscrizione” per finanziare un governo minimo, il che costituirebbe senz’ altro un allontanamento radicale dalla situazione odierna. Ma io non penso che questa ipotesi sia necessariamente corretta. Ci sono molti elementi che rendono un mercato imperfetto e che chiedono di essere rimossi al fine di ottenere un’ accettabile situazione di just desert.
Penso innanzitutto a tasse pigouviane. Se una persona si guadagna da vivere imponendo esternalità negative ai suoi vicini trovo giusto che debba in qualche modo risarcirli mediante il pagamento di una tassa sulle esternalità da girare ai danneggiati poiché il suo reddito disponibile non rispecchia fedelmente il suo contributo. Una tassa pigouviana non solo rende l’ economia più efficiente ma anche più equa.
Lo stesso dicasi per i sussidi pigouviani, anch’ essi sono la logica conseguenza della teoria just desert. Se qualche attività, come per esempio la ricerca scientifica di base, esibisce esternalità positive, il governo dovrebbe aiutarla. Una tassa sui beneficiati da girare ai ricercatori non solo aumenterebbe l’ efficienza ma riprodurrebbe l’ equivalenza tra compensi e contributi.
Poi c’ è il problema dei beni pubblici quali la difesa, la polizia e i tribunali. Questi beni devono essere in qualche modo finanziati e il costo è giusto che ricada su chi li usa di più.
Le tasse pigouviane e il finanziamento dei beni pubblici conduce presumibilmente a un sistema fiscale in cui chi ha di più paga di più poiché chi ha proprietà più estese beneficia maggiormente di un servizio di difesa della proprietà. In realtà non potremmo escludere a priori nemmeno che un sistema di tassazione progressivo sia coerente con una teoria della giustizia just desert.
E che dire dei trasferimenti ai poveri? Nella misura in cui le persone hanno a cuore la sorte dei più bisognosi anche l’ aiuto ai poveri potrebbe configurarsi come un bene pubblico. In altri termini, poiché tutti vorremmo alleviare le sofferenze dei più bisognosi il governo potrebbe farsene carico per evitare comportamenti opportunistici.
La prospettiva presentata dovrebbe risolvere le situazioni che imbarazzano l’ utlitarista. Il motivo per cui gli italiani si preoccupano maggiormente dei loro connazionali piuttosto che degli stranieri sta nel fatto che ogni uomo si preoccupa innanzitutto del suo vicino. In questo senso l’ aiuto agli italiani bisognosi puo’ essere considerato un bene pubblico mentre gli aiuti ai paesi poveri molto meno. Ma questa prospettiva spiega anche l’ avversione a una tassa sull’ altezza: se i benefici che si hanno dai servizi governativi crescono con il reddito e non con le capacità possedute, cessa ogni esigenza di rintracciare variabili correlate alle capacità personali.
DOMANDE DIFFERENTI
La prospettiva just desert porta a porsi domande differenti. L’ utilitarista è interessato a misurare l’ aumento la felicità del contribuente al crescere del suo reddito, nonché quanto la tassazione disincentivi i suoi sforzi volti alla produzione del reddito stesso. Il teorico just desert non esclude il valore di queste considerazioni ma le reputa fuorvianti se assunte come punto di partenza di ogni ragionamento intorno alle tasse. Preferisce chiedersi innanzitutto se il reddito di una persona rifletta il suo contributo alla produzione di ricchezza e, in secondo luogo, quanti benefici incamera dai servizi governativi.
Non c’ è modo per stabilire quale dei due approcci prevalga. Non essendo una questione di economia positiva i crudi dati non risolvono il conflitto e l’ ultima parola spetta alla nostra intuizione morale.
lunedì 3 dicembre 2012
Biancaneve
Nella prima parte una Biancaneve coperta di stracci ramazza tutto il santo giorno il palazzo della Regina Cattiva che la vorrebbe morta.
Nella seconda parte ramazza tutto il santo giorno la casetta dei sette nani (che la riempiono di coccole).
La terza parte non la vediamo ma scorgiamo sullo sfondo il Castello che ramazzerà felice e contenta per il resto dei suoi anni.
Cinque stelle.
sabato 1 dicembre 2012
Fissare qualche idea sulla discriminazione
Differenze salariali esistono eccome, specie tra bianchi non bianche e neri. Ma anche tra donne e uomini.
Solo che la discriminazione non le spiega.
Controlla lo stato civile e vedrai che la differenza uomini/donne sparirà.
E' rimasto qualcosa? Controlla le preferenze fun/money (alla donna piace la cura e l' accudimento) e farai sparire tutto.
Controlla per istruzione ed esperienza. Vedrai che le differenze bianchi non bianchi spariranno.
Controllo per l' intelligenza (IQ) e vedrai che le differenze neri/bianchi spariranno.
Non spariscono del tutto? Controlla anche per struttura familiare (i neri hanno famiglie più precarie) e la farai finita.
Ma ammettiamo che delle discriminazioni ci fossero in passato. Come farle sparire? Semplice, basta il mercato, almeno se parliamo di discriminazioni nell' assunzione.
Il razzismo costa parecchio e chi lo pratica perderà presto quote di mercato fino a sparire.
Esistono anche stereotipi accurati (statistical discrimination) e qualcuno si preoccupano perché generano profezie autorealizzanti.
Calma, un soggetto discriminato statisticamente si impegnerà di più e poi, lo dice la psicologia, di fronte al discriminato di qualità si tende all' over-reaction.
I costi delle leggi antidiscriminazione: 1. sono pagati dai soggetti migliori del gruppo discriminato 2. risentimento sociale 3. impediscono l' utilizzi del mezzo più efficace per combattere la discriminazione. l' IQ test.
Se poi si analizzano i processi si vedrà che quasi tutti riguardano i maltrattamenti, pochi le assunzioni. Bene, il razzista ha dunque una scappatoia, basta che discrimini alla fonte.
http://econfaculty.gmu.edu/bcaplan/e321/lab7.htm
Solo che la discriminazione non le spiega.
Controlla lo stato civile e vedrai che la differenza uomini/donne sparirà.
E' rimasto qualcosa? Controlla le preferenze fun/money (alla donna piace la cura e l' accudimento) e farai sparire tutto.
Controlla per istruzione ed esperienza. Vedrai che le differenze bianchi non bianchi spariranno.
Controllo per l' intelligenza (IQ) e vedrai che le differenze neri/bianchi spariranno.
Non spariscono del tutto? Controlla anche per struttura familiare (i neri hanno famiglie più precarie) e la farai finita.
Ma ammettiamo che delle discriminazioni ci fossero in passato. Come farle sparire? Semplice, basta il mercato, almeno se parliamo di discriminazioni nell' assunzione.
Il razzismo costa parecchio e chi lo pratica perderà presto quote di mercato fino a sparire.
Esistono anche stereotipi accurati (statistical discrimination) e qualcuno si preoccupano perché generano profezie autorealizzanti.
Calma, un soggetto discriminato statisticamente si impegnerà di più e poi, lo dice la psicologia, di fronte al discriminato di qualità si tende all' over-reaction.
I costi delle leggi antidiscriminazione: 1. sono pagati dai soggetti migliori del gruppo discriminato 2. risentimento sociale 3. impediscono l' utilizzi del mezzo più efficace per combattere la discriminazione. l' IQ test.
Se poi si analizzano i processi si vedrà che quasi tutti riguardano i maltrattamenti, pochi le assunzioni. Bene, il razzista ha dunque una scappatoia, basta che discrimini alla fonte.
http://econfaculty.gmu.edu/bcaplan/e321/lab7.htm
venerdì 30 novembre 2012
Luce in fondo al tunnel
Maestro: (passando davanti alla vasca dei pesci rossi): beato quel pesciolino, guarda quanto è felice.
Discepolo: come fai a saperlo?
Maestro: come fai a sapere che non lo so?
C' è un punto in fondo all’ anima a cui accede solo l’ introspezione.
Siccome la felicità si deposita lì, risulta molto difficile misurarla, non parliamo poi se dovessimo fare confronti interpersonali.
Le difficoltà si moltiplicano anche perché confondiamo di continuo felicità e piacere: il piacere è un' onda nel cervello, la felicità è la soddisfazione interiore con cui raccontiamo la storia della nostra vita.
Per essere felici occorre un impegno esistenziale: è consigliabile immolarsi per cio' che si ritiene importante.
In questi casi la cosa difficile non sta tanto nell’ immolarsi quanto nel trovare qualcosa per cui valga la pena farlo.
E' impossibile dare importanza a compiti elementari: non ci si realizza schioccando le dita.
Molto meglio puntare su attività che ci chiedano sacrifici eccezionali compatibili con la nostra indole: una situazione in cui felicità e piacere coincidono solo in fondo al tunnel.
Discepolo: come fai a saperlo?
Maestro: come fai a sapere che non lo so?
C' è un punto in fondo all’ anima a cui accede solo l’ introspezione.
Siccome la felicità si deposita lì, risulta molto difficile misurarla, non parliamo poi se dovessimo fare confronti interpersonali.
Le difficoltà si moltiplicano anche perché confondiamo di continuo felicità e piacere: il piacere è un' onda nel cervello, la felicità è la soddisfazione interiore con cui raccontiamo la storia della nostra vita.
Per essere felici occorre un impegno esistenziale: è consigliabile immolarsi per cio' che si ritiene importante.
In questi casi la cosa difficile non sta tanto nell’ immolarsi quanto nel trovare qualcosa per cui valga la pena farlo.
E' impossibile dare importanza a compiti elementari: non ci si realizza schioccando le dita.
Molto meglio puntare su attività che ci chiedano sacrifici eccezionali compatibili con la nostra indole: una situazione in cui felicità e piacere coincidono solo in fondo al tunnel.
Di solito l' omino che misura la felicità spunta per le interviste proprio quando l' uomo sulla giusta via della felicità è oberato dai suoi sacrifici (lo è quasi sempre) e gli chiede a bruciapelo: lei è felice facendo quel che sta facendo ora? L' uomo felice - stressato, sudato, sotto pressione - lo manda a quel paese. A quel punto l' omino che misura la felicità segna la crocetta nell' ultimo quadratino in basso. Dopo qualche giorno l' omino che misura la felicità torna facendo la stessa domanda, ricevendo la stessa risposta e barrando la stessa casella.
Poi pubblica tutto con gran clamore.
http://www.tnr.com/article/politics/magazine/103952/happyism-deirdre-mccloskey-economics-happiness
http://www.bostonreview.net/BR37.6/claude_fischer_happiness_economics_psychology.php
P.S.: perché su questi temi preferire Haidt a Kahneman? Il primo ha un concetto complesso di felicità. Sufficientemente complesso da non renderlo misurabile.
P.S. illusioni ottiche nella misurazione della felicità: 1. siamo cattivi predittori affettivi 2. esiste il cosiddetto adattamento edonico 3. l' invidia conta più dell' egoismo in queste faccende
P.S. "possiamo anche fare una montagna di brain scan ma non saprò mai se le tue sensazioni quando vedi il colore rosso sono pari alle mie"
P.S. come si fanno i test? Domanda e risposta con tre opzioni: 1. infelice 2. felice 3. molto felice. Caso classico in cui significanza statistica e significanza scientifica divergono.
P.S. se vuoi considera pure gli studi sulla felicità ma non permetterti di usarli per elaborare policy: dovresti redistribuire dal brahmino al taccagno.
P.S. la felicità non è fungibile, è multipla e si manifesta su varie dimensioni. L' amore per mio padre non si coniuga con la voglia che ho di andare all' Università. Non si possono fare scambi qui.
p.s. esperimento mentale: vuoi connetterti alla macchina della felicità o tornare a casa? Rispondi e cerca di comprendere la natura della felicità.
p.s. gli studi seri non fanno regressioni ma studianoi casi da vicino. Risultato: la gente è felice quando esercita le virtù.
p.s. come rispondere a chi presenta i problemi del consumismo? Dicendo che sono i problemi di sempre. Tutte le società gli anno avuti. Rispetto al passato abbiamo solo più strumenti per realizzarci e più ambiti dove farlo.
p.s. nota bene, tutto il discorso sull' impossibilità di misurare la felicità è un discroso pro pil
Autistici alla riscossa
Ci mettono in guardia: il nostro mondo diventa sempre più ermetico e individualista, l' incomunicabilità la vince su tutto.
Uno potrebbe chiedersi: come invertire la tendenza?
Oppure, se è un tipo curioso: che diritto abbiamo di invertire una tendenza quando per molti si tratta di manna dal cielo?
http://www.nytimes.com/2012/12/02/magazine/the-autism-advantage.html?hpw&_r=1&pagewanted=all&
http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2012/11/the-autism-advantage.html
Uno potrebbe chiedersi: come invertire la tendenza?
Oppure, se è un tipo curioso: che diritto abbiamo di invertire una tendenza quando per molti si tratta di manna dal cielo?
http://www.nytimes.com/2012/12/02/magazine/the-autism-advantage.html?hpw&_r=1&pagewanted=all&
http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2012/11/the-autism-advantage.html
giovedì 29 novembre 2012
Iudicium Aquae Fervantis
Per mezzo millennio le più sofisticate menti giuridiche trovarono un solido accordo nell’ adottare strani diritti processuali: l’ imputato veniva preso e immerso senza riguardi in un calderone di acqua bollente. Se si ustionava era colpevole, se usciva incolume innocente. Il tutto passò sotto il nome di Ordalia.
Esiste forse un esempio migliore di oscurantismo?
Fortunatamente qualche secolo dopo irruppe sulla scena il Prof. Voltaire con il suo assistente Odiferddi a denunciare le barbarie di un periodo storico tanto ottenebrato.
Mai più fu il motto che pronunciarono solennemente davanti a una platea devota.
La visione storica di questo corpo docente è alquanto semplificata: prima eravamo degli idioti, ora siamo degli intelligentoni. Seguono slogan del tipo “evviva la scienza”, “Abbasso dio e tutte le sottane che lo venerano”.
Non proprio “nani sulle spalle dei giganti”, quindi.
Anche la ricetta su come procedere d’ ora innanzi è semplice: fare tabula rasa del passato e ricominciare da zero.
I soliti frettolosi, scommetto che gli errori giudiziari del passato erano inferiori ai nostri, e questo nonostante si operasse in condizioni precarie a dir poco.
Pensateci bene e cercate di tornare indietro nel tempo in una società quanto mai ricca di spiritualità che oggi giudicheremmo strampalata.
Nel medioevo, in condizioni tanto arretrate rispetto alle nostre e con strumenti tanto rudimentali, risultava difficile evitare errori giudiziari: quando si puntava sulla confessione erano tutti innocenti, quando si puntava sulla tortura erano tutti colpevoli.
Fortunatamente le superstizioni erano potenti e si pensò bene di sfruttare quella nota come Iudicio Dei in accordo alla quale Dio in persona condanna e assolve se opportunamente interpellato dai Sacerdoti.
C’ è da dire che all’ epoca Giudici e Sacerdoti coincidevano.
L’ idea fu geniale e degna delle menti sofisticate di cui sopra, con queste premesse costruire un “processo giusto” divenne un gioco da ragazzi: si fissava la possibilità di patteggiare, chi non ci stava si sottoponeva all’ ordalia.
In un mondo pieno d’ incertezze abbiamo ottenuto una certezza non da poco: il colpevole patteggia, l’ innocente si “sottopone”.
Manipolando opportunamente l’ ordalia il Sacerdote procurerà poi un verdetto d’ innocenza.
Indagini zero ed errori giudiziari zero, dunque. Qualche obiezione?
Bé, una percentuale del 100% d’ innocenti tra chi non patteggia potrebbe inoculare dosi di scetticismo. Sarebbe un grave danno visto che tutto si fonda sulla superstizione e lo scetticismo è l' acido preposto a erodere questo genere di fondamenta.
Rimedi? Si potrebbe abolire il patteggiamento lasciando comunque aperte vaghe e discrezionali alternative all’ Ordalia. Magari le si giustifica così: dio non puo’ essere continuamente disturbato per sistemare gli affaracci nostri, ha cose più importanti da fare.
Nell’ udienza preliminare l’ accusa accuserà, l’ imputato si difenderà e il giudice giudicherà.
Ma cosa giudicherà? Come detto giudicare con rigore i fatti era estremamente costoso, mancava ogni tecnologia d’ indagine che andasse al di là della parola di testimoni per lo più corrotti.
Fortunatamente in questo caso i fatti possono essere accertati senza bisogno di conoscerli. Il giudice non giudica i fatti ma l’ atteggiamento dell’ imputato in aula e la sua strategia difensiva: punta sull’ Ordalia o punta a evitarla? Un giudizio semplicissimo visto che non si puo’ bleffare.
Nel primo caso si farà precedere l’ immersione da una luuuunga serie di ciacolatorie in modo da raffreddare opportunamente il liquido, nel secondo si sbatterà il colpevole nel pentolone senza nemmeno spegnere il fuoco.
Ancora una volta: indagini pressoché zero ed errori giudiziari pressoché a zero.
Un meccanismo perfetto che puo’ essere inclinato solo dall' allentamento delle superstizioni.
Non è un caso che gli scettici notori (per lo più gli ebrei) non venissero mai sottoposti a Ordalia.
Non è un caso se la cerimonia dell’ Ordalia fosse parte integrante della liturgia cristiana e si svolgesse in Chiesa (luogo interdetto agli scettici).
Non è un caso se dai registri constatiamo una prevalenza impressionante dei verdetti d’ innocenza con percentuali che s’ impennano in presenza dei patteggiamenti.
Non è un caso se i sacerdoti fossero gli unici ammessi a constatare e giudicare l’ esito dell’ Ordalia.
Non è un caso se si dovette rinunciare a questo ingegnoso meccanismo non appena le funzioni giudiziarie passarono dai sacerdoti a laici incapaci di evocare qualsiasi spirito.
Morale: nanetti come Voltaire o Odifreddi, anziché sforzarsi sulla punta degli alluci farebbero bene a scalare la montagna umana di cotanti giganti, sistemarsi sulle capienti spalle e dare da lassù il loro misero ma mai disprezzabile contributo.
Libertari: due stili educativi
http://daviddfriedman.blogspot.it/2012/11/two-libertarian-families.html
Uno punta sul mercato e uno sulla libertà.
In realtà si tratta di atteggiamenti diversi in tema di regole.
Il passaggio decisivo cerca di ricucire:
Uno punta sul mercato e uno sulla libertà.
In realtà si tratta di atteggiamenti diversi in tema di regole.
Il passaggio decisivo cerca di ricucire:
Are there any obvious reasons for the differences in our child-rearing strategies? One is that we had two children, they had five; the advantages of decentralized market decision making are typically greater the larger the number of people being coordinated. Another is that they had their children younger than we did, and were probably under greater financial pressure as a result. While imposing market discipline on children should be doable under almost any circumstances, it's more convincing when money is tight—a policy of "I won't buy that for you even though you really want it; you have to earn the money yourself" feels artificial, to the parent and perhaps to the child, when it is obvious that the cost of everything the child wants is small enough to be entirely insignificant to the parent's economy. That is one reason I have suggested in the past that World of Warcraft may provide a better way of teaching the same lessons to the children of well off parents; the budget constraint within the game is real.
mercoledì 28 novembre 2012
Sanità: USA vs. UE
http://johnhcochrane.blogspot.it/2012/11/health-economics-update.html#more
http://www.foxnews.com/opinion/2012/11/16/what-world-doesnt-know-about-health-care-in-america/
Negli usa molti milioni di cittadini non hanno accesso alla sanità. Lo si sostiene spesso.
Alla stessa stregua si potrebbe dire che in Europa una proporzione ben maggiore di cittadini è vittima del diniego di cui sopra.
Questo, almeno, dopo una sentenza della Corte Canadese nella quale si legge: "avere accesso a una fila d' attesa non equivale ad accedere alla sanità...".
Qualche ragione ce l' hanno pure i giudici canadesi se si va a guardare le cause di morte: da noi la "fila d' attesa" è tra le prime.
Fortunatamente è una morte dolce, una specie di eutanasia, non sembra irritare la vittima e per molti la diagnosi ottenuta un mese dopo è la medesima che si sarebbe ottenuta un mese prima, le differenze non verranno mai alla luce ed è facilissimo stendere un velo pietoso e tirare innanzi vantando i pregi della nostra sanità, soprattutto la sua economicità.
A proposito di economie, avete notato che Veronesi è sparito dalla circolazione? Forse è perché predicava la necessità di continui controlli per sconfiggere il cancro. Ma continui controlli = spesa alle stelle. Meglio non esporre troppo il vecchietto in questo periodo.
Mia mamma, reduce da un' operazione delicata, annualmente si sottopone a screening, colonscopia, esattamente. Ieri ha fatto l' esame. Tutto bene, che torni pure tra tre anni. Probabilmente l' hanno condannata a morte ma l' annuncio non sembrava certo lugubre, di certo non scalfisce la reputazione del nostro sistema sanitario e per molti non è nemmeno un buon motivo per rivolgersi al privato. Ha parlato o non ha parlato la Voce del Padrone? Persino la persona razionale non si sente di dare molto peso se la condanna è solo statistica e se te la infliggono che sei ancora sana.
Noi europei siamo così, con il trattamento uguale per tutti impartito dal Prete/Medico si crepa festeggiando, se fosse per noi i costi sanitari potremmo pure azzerarli, basta che ci dicano in modo ufficiale come dobbiamo crepare e che gli ordini siano uguali per tutti. Ci piacciono le scene ben costruite, e quindi si badi bene che la diagnosi provenga dalla spaziosa fronte corrugata del Luminare Unico, anche se è solo un ventriloquo del ragioniere ministeriale.
http://www.foxnews.com/opinion/2012/11/16/what-world-doesnt-know-about-health-care-in-america/
Negli usa molti milioni di cittadini non hanno accesso alla sanità. Lo si sostiene spesso.
Alla stessa stregua si potrebbe dire che in Europa una proporzione ben maggiore di cittadini è vittima del diniego di cui sopra.
Questo, almeno, dopo una sentenza della Corte Canadese nella quale si legge: "avere accesso a una fila d' attesa non equivale ad accedere alla sanità...".
Qualche ragione ce l' hanno pure i giudici canadesi se si va a guardare le cause di morte: da noi la "fila d' attesa" è tra le prime.
Fortunatamente è una morte dolce, una specie di eutanasia, non sembra irritare la vittima e per molti la diagnosi ottenuta un mese dopo è la medesima che si sarebbe ottenuta un mese prima, le differenze non verranno mai alla luce ed è facilissimo stendere un velo pietoso e tirare innanzi vantando i pregi della nostra sanità, soprattutto la sua economicità.
A proposito di economie, avete notato che Veronesi è sparito dalla circolazione? Forse è perché predicava la necessità di continui controlli per sconfiggere il cancro. Ma continui controlli = spesa alle stelle. Meglio non esporre troppo il vecchietto in questo periodo.
Mia mamma, reduce da un' operazione delicata, annualmente si sottopone a screening, colonscopia, esattamente. Ieri ha fatto l' esame. Tutto bene, che torni pure tra tre anni. Probabilmente l' hanno condannata a morte ma l' annuncio non sembrava certo lugubre, di certo non scalfisce la reputazione del nostro sistema sanitario e per molti non è nemmeno un buon motivo per rivolgersi al privato. Ha parlato o non ha parlato la Voce del Padrone? Persino la persona razionale non si sente di dare molto peso se la condanna è solo statistica e se te la infliggono che sei ancora sana.
Noi europei siamo così, con il trattamento uguale per tutti impartito dal Prete/Medico si crepa festeggiando, se fosse per noi i costi sanitari potremmo pure azzerarli, basta che ci dicano in modo ufficiale come dobbiamo crepare e che gli ordini siano uguali per tutti. Ci piacciono le scene ben costruite, e quindi si badi bene che la diagnosi provenga dalla spaziosa fronte corrugata del Luminare Unico, anche se è solo un ventriloquo del ragioniere ministeriale.
Lo zingaro insudiciato
Sul treno spesso incrocio gli Zingari. Non parlano mai con nessuno se non tra loro, evitano i gajé come la peste. Sono sempre in movimento e scorrono via nei corridoi in rapide e silenti file indiane: per loro esistono solo i loro simili, eccezion fatta giusto per il controllore dal quale rifuggono incessantemente.
Questi personaggi mi hanno incuriosito e ho cercato di informarmi, ora vi rendo partecipi di quel che ho scoperto.
Come regolano dunque la vita sociale? Qual è il segreto del loro successo?
La mia impressione è che sopravvivano grazie al fatto di aver respinto ogni forma di laicità.
Ma andiamo per gradi e cominciamo a capire di cosa campa uno zingaro. In cosa consiste la sua vita mondana?
Svolgono un' unica attività - la predizione del futuro - oggi però molto in crisi, cosicché hanno virato il loro core business sull' elemosina. All' apparenza non sono molto alacri e questo perché colludono: l' autorità del campo suddivide in comparti la città evitando ogni forma di concorrenza.
Di solito noi li consideriamo ladri ma il ladrocinio non è una pratica canonica. Piuttosto, sono oggetto di ammirazione gli zingari che riescono a frodare il loro cliente nel corso dell' elemosina o della lettura della mano, così come brilla la reputazione di chi froda i programmi di welfare. La dedizione al furto più genuino discende forse da queste inquietanti premesse e, nonostante tutto, è giudicata una degenerazione anche presso i gitani.
Nel campo la criminalità è bassa: gli zingari non rubano tra loro e, anzi, sono piuttosto ligi nell' osservanza delle regole, fenomeno sorprendente visto che nel campo non esiste una polizia o roba del genere e visto anche l' ammonimento di voci autorevoli per cui homo hominis lupus...
Così com' è illegale la loro attività economica, sono illegali anche molte attività civili: le mogli si comprano e spesso ci si sposa ad età in cui da noi nemmeno è possibile esprimere un consenso. Cosicché quando ci si lascia non si puo' certo andare in tribunale per far valere i propri diritti, bisogna arrangiarsi attraverso altri canali.
Lo zingaro tipo vive dunque immerso nell' illegalità ma illegalità non significa mancanza di leggi: come potrebbe mai coniugarsi la mancanza di leggi con un simile successo evolutivo della razza? Dove sta il trucco?
Lo zingaro crede nella magia.
In particolare è ossessionato dalla purezza. La sua spiritualità molto spiccata lo porta a vedere pulizia e/o sudiciume ovunque. Ogni fenomeno deve passare il vaglio di questa polarità.
Il corpo umano sotto la cintola - laddove produce escrementi, urine e mestrui - è ricettacolo di impurità, specie quello delle donne. Da cio' discendono una miriade di precetti tesi a preservare la purezza della persona.
Mi limito a qualche esempo.
Le gonne della zingara sono indumenti impuri, anche per questo nel corso di una lite familiare "lei" non vi attaccherà mai con calci e pugni bensì brandendo la propria gonna. E' anche un tipico modo con cui le donne fanno cessare le risse nel campo.Con la gonna non si cucina, bisogna indossare il grembiule. La donna coi mestrui, poi, non cucinerà mai e mangerà appartata distruggendo piatti e posate (di solito finiscono nel Bozzente). L’ esposizione alle parti basse del prossimo va evitata con cura: guai a chi segue dappresso qualcuno su una scala, specie se donna, pena la contaminazione.
Sesso anale e orale sono banditi e le nudità sono tabù. La donna, tanto per dire, deve svegliarsi con congruo anticipo sull' uomo in modo da non farsi vedere allorché esce dal letto e si prepara. In ogni caso, a meno che non sia completamente vestita, deve mostrarsi sempre di schiena camminando come i granchi. I vestiti di lei non potranno mai essere lavati con quelli di lui, in caso di errore si butta tutto. Uno zingaro evita persino di sbadigliare pur di non evocare il letto, luogo impuro quant' altri mai. E non sentirete mai uno zingaro dire che si assenta per recarsi alla toilette: certe parole sono tabù.
Per le mani il discorso si fa complesso vista la loro continua spola tra parti basse e parti alte del corpo. Il lavacro è importante per decontaminarle almeno una volta al giorno: non deve mai avvenire in contenitori dediti ad altri usi.
Cani e gatti sono infetti poiché dediti all' orribile leccaggio dei genitali ma il più infetto d tutti è il non-zingaro. Io, per esempio. Se invitato nel loro campo mi assegneranno uno sgabello opportunamente ricoperto da uno spesso preservativo, non si sa mai. In ogni caso non sperate di entrare nella loro dimora, i timori di contagio sarebbero troppi.
Gli zingari credono dunque nella magia, non solo, della magia bisogna tener conto in ogni piccolo atto quotidiano. La loro magia è ipertrofica. Una vita d' inferno per chi non dovesse condividere questa fede. Considerando che l' adesione alla tribù è completamente volontaria, capiamo bene perché la fede nella magia sia solida e pervasiva tra i membri della comunità: ogni individuo è immerso in questo mondo fin da piccolo e
sviluppa in questo senso un capitale umano e sociale notevole.
A questo punto il gioco è fatto, basta equiparare i crimini mondani ai peccati d' impurità. Chi uccide uno zingaro è dichiarato impuro, proprio come chi non si lava le mani o non fa tre inchini prima di entrare in casa. Lo stesso dicasi per chi ruba a uno zingaro.
Una punizione tremenda se hai passato la vita (tutti i santi giorni che il dio degli zingari manda in terra) a mantenerti puro trovando perfettamente sensato questo sforzo. Ma soprattutto una punizione che si auto esegue senza bisogno di polizia e corti d' appello.
A tutto cio' si aggiunge la credenza nel contagio: l' impuro puo' contagiare il puro. E' grazie al contagio che l'ostracismo torna ad essere efficiente anche presso le disarticolate tribù degli zingari, esiste infatti un incentivo notevole a informarsi sui nuovi venuti. Ora poi che hanno il telefonino...
Inutile dire che rifarsi una vita nella comunità gajé è precluso: la quintessenza del sudiciume si accumula proprio lì.
Funziona? Che la cosa funzioni lo constatiamo dallo splendido effetto deterrente che abbiamo sotto gli occhi, nonché dai successi che hanno consentito a questa popolazione ovunque perseguitata di giungere incolume fino a noi.
martedì 27 novembre 2012
Pagare la rca auto per chilometro percorso e non per auto
Risparmi incredibili.
http://www.brookings.edu/~/media/Research/Files/Papers/2008/7/payd%20bordoffnoel/07_payd_bordoffnoel.PDF
http://www.brookings.edu/~/media/Research/Files/Papers/2008/7/payd%20bordoffnoel/07_payd_bordoffnoel.PDF
Il ciellino e i suoi nemici.
Il Cattolico Ciellino aspira a divenire un Uomo Completo dal punto di vista spirituale e mondano.
Vasto programma, vediamo di considerare solo la seconda parte, quella mondana.
In ambito mondano Uomo Completo è colui che produce e consuma. Non si puo’ consumare senza produrre, se ci si limitasse al consumo si diverrebbe presto ostaggio dei produttori.
L’ Uomo Completo produce secondo criteri di efficienza e consuma secondo criteri cristiani, ovvero secondo criteri che valorizzano i bisogni dell’ altro.
Qui uso il termine “consumo” in senso lato per indicare l’ uso finale che vogliamo fare delle nostre risorse, in questo senso la carità cristiana è una modalità di consumo.
Quanto più si è efficienti, tanto più si produce. Quanto più si produce, tanto più si consuma. Quanto più si ha da consumare, tanto più si puo’ aiutare l’ altro.
Mi sembra una logica semplice da capire.
Domenica, per esempio, è stata la giornata del Banco Alimentare: se i ciellini avessero organizzato le operazioni in modo ancor più efficiente, avrebbero raccolto una quantità di derrate ancora più ingente potendo aiutare più persone.
Una persona razionale dice: speriamo l’ anno prossimo di fare meglio, e tra due anni di fare meglio ancora visto che l’ efficienza si trasforma in carità.
Acerrimo nemico del Ciellino è il Cattolico Sociale (o Pauperista), costui auspica che l’ uomo di fede si concentri esclusivamente sul “consumo” uniformandosi ai precetti cristiani della povertà.
Produttività, denaro, finanza, efficienza sono concetti che corrompono le nostre fragili menti e da cui l’ uomo religioso deve girare al largo per dedicarsi alla meditazione spirituale e all’ ascolto di Uomini e Profeti su Radio Tre. Al limite è consentito esporsi a qualche pagina del Cardinale Martini.
Certo, produttività, denaro, finanza ed efficienza sono concetti che non possiamo completamente espellere dal nostro mondo, qualcuno dovrà occuparsene, qualcuno dovrà pur produrre i beni che noi elargiamo alla nostra mensa mistica. Lasciamo che a farlo sia l’ Altro, ovvero l’ Uomo che ci Completa e che si sacrifica (involontariamente) per noi.
Negli eventi recenti che hanno intaccato l’ onorabilità di molti preminenti personaggi ciellini il Cattolico Sociale (o Pauperista) non trova che conferme alla sua visione.
Ma per capire meglio la figura del Cattolico Pauperista bisogna avere una teoria della povertà volontaria. La cosa migliore, in questi casi, consiste nel rivolgersi alla scienza.
Cosa ci dice chi ha studiato in lungo e in largo il sentimento della povertà volontaria nella storia? Quali sono le sue scaturigini? Sentiamo Peter Leeson:
… nelle società primitive in cui predominava un’ “economia di rapina” e dove era alto il rischio di saccheggio e schiavizzazione poteva risultare razionale impoverirsi volontariamente attraverso gesti pubblici eclatanti e non falsificabili in modo da trasformare se stessi o la propria comunità in una preda meno ambita evitando così di dover sopportare i costi di una guerra di difesa… la strategia dell’ auto-impoverimento e dell’ erosione volontaria di parte delle proprie ricchezze era dunque funzionale alla conservazione delle medesime… la strategia dell’ auto-impoverimento spiega molti fenomeni spesso ritenuti irrazionali: i sacrifici umani, i monumenti tombali maestosi (es. piramidi), la sepoltura con le proprie ricchezze, il rifiuto verso lo sviluppo possibile in molti paesi poveri… Zomia, Zingari, monaci medioevali, Esseni… cio’ che caratterizza questi soggetti non è tanto una preferenza particolare in tema di povertà, quanto una spiccata vulnerabilità alla predazione esterna tale per cui l’ auto-impoverimento si presenta a costoro come una strategia disponibile e poco costosa volta alla difesa efficiente dei diritti di proprietà minacciati…
Questa teoria della povertà volontaria è nota come “conspicuous destruction” e si lega a doppio filo con la credenza religiosa poiché è proprio tramite la precettistica religiosa che si creano i giusti incentivi affinché il singolo partecipi all’ auto-impoverimento della comunità.
In questo senso è lecito un pensiero malizioso: il cattolico sociale (o pauperista) è dominato da paure ancestrali più che da un autentico amore per la povertà in sé.
L’ ambiente mutato ci fa ritenere del tutto irrazionale il suo approccio, oggi come oggi è molto più sensato puntare sull’ efficienza massimizzando la ricchezza da spendere “cristianamente” piuttosto che sacrificarla in nome di una purezza che ci renda inappetibili al predatore.
Sempre tenendo conto che i predoni – ovvero l’ altro nemico – non si sono estinti del tutto e spesso usano armi molto più raffinate che in passato.
LETTURA:
http://www.peterleeson.com/Human_Sacrifice.pdf
http://www.coordinationproblem.org/2012/11/law-economics-and-superstition-human-sacrifice.html
LETTURA:
http://www.peterleeson.com/Human_Sacrifice.pdf
http://www.coordinationproblem.org/2012/11/law-economics-and-superstition-human-sacrifice.html
lunedì 26 novembre 2012
Donne, uomini e biologia
http://econjwatch.org/articles/what-is-the-right-number-of-women-hints-and-puzzles-from-cognitive-ability-research
Animali processati
http://www.peterleeson.com/Animal_Trials.pdf
Il mandante dei femminicidi
Ieri era la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ma cos' è questo "femminicidio" di cui tanto si parla?
E' l' omicidio di una donna da parte del suo partner. Di solito si verifica quando la vittima sta cercando di abbandonare il suo futuro carnefice.
E' l' omicidio di una donna da parte del suo partner. Di solito si verifica quando la vittima sta cercando di abbandonare il suo futuro carnefice.
Questa violenza estrema sulle donne è un fenomeno recente?
Non saprei dire, non ho ancora messo gli occhi su statistiche ben fatte. Posso supporre che a parità di tutto il resto quanto più è facile "abbandonare" il proprio partner, tanto più frequentemente s’ innescherà la violenza.
Ma la nostra società è particolarmente violenta nei confronti delle donne?
In termini assoluti è piuttosto vero il contrario: per ogni donna che muore in modo violento ci sono sei maschi ammazzati. Lo dico a prescindere dal sesso dell' assassino, che è quasi sempre maschile.
Già, perché il maschio per sua natura è più violento...
Dal punto di vista psicologico non direi, la violenza femminile è differente, questo sì: si concentra sulle relazioni personali restando refrattaria alle astrazioni (come le violenze di guerra, dove sei chiamato ad uccidere degli sconosciuti, magari premendo un bottone).
Mi sembra di capire comunque che la morte della donna nelle nostre società avvenga in condizioni del tutto particolari: spesso è uccisa proprio in quanto donna. Ovvero, diventano decisivi il ruolo sociale e le aspettative nei suoi confronti legate al suo sesso.
Questo è senz' altro vero: nel caso del femminicidio, per esempio, la violenza si scatena anche perché la donna adotta un comportamento che non rientra in certi stereotipi.
Bene, ecco allora che abbiamo isolato un punto specifico in grado di far comprendere la particolare pericolosità di queste violenze: sono generate da modelli culturali obsoleti e per mutarli è raccomandabile uno "sforzo speciale".
In realtà non abbiamo compiuto un gran passo in avanti. Prova a riflettere, anche il fatto che da noi vengano uccisi sei uomini ogni donna è il portato di modelli culturali. Siamo sempre vissuti in società dove se affonda una nave le scialuppe sono riservate innanzitutto a "donne e bambini". In altri termini, le nostre società sono fondate su un modello culturale che prevede il sacrificio umano del maschio, in questo senso anche quel rapporto di uno a sei riflette uno stereotipo di genere, ma per mutarlo nessuno chiede "sforzi speciali".
La conclusione potrebbe allora essere questa: il mandante dei femminicidi è un certo modello culturale? Ok, ma anche il “minotauro” che pretende sei cadaveri maschili contro ogni cadavere femminile è un certo modello culturale. Non si vede perché il primo meriti sempre la prima pagina mentre del secondo passi inosservato. La cosa migliore è considerare in modo equanime i morti per mano di qualsiasi modello culturale e festeggiarli tutti insieme il due novembre.
LETTURE
http://ragionimaschili.blogspot.it/2012/05/il-femminicidio-e-una-scellerata-bugia.html
http://llemgam.wordpress.com/2012/05/10/il-femminicidio-finlandese/
http://www.uominibeta.org/2012/11/22/femminicidio-e-violenza-di-genere-tutto-da-rivedere/
http://llemgam.wordpress.com/2012/05/10/il-femminicidio-finlandese/
http://www.uominibeta.org/2012/11/22/femminicidio-e-violenza-di-genere-tutto-da-rivedere/
I poveri che meritano di essere tali
I poveri non sono tutti uguali, alcuni meritano più di altri la loro condizione.
L' unico modo per giudicarli consiste nel guardare cosa fanno.
Lavori duro anche se il lavoro non ti piace e rende poco?
Investi i tuoi pochi ricavi in cibo e cure ai bambini?
Ti tieni alla larga da alcol, droghe e sigarette?
Fai solo sesso sicuro?
Allora ti comporti ragionevolmente e acquisisci qualche merito.
Il fatto è che da noi chi si comporta così, anche se la sua istruzione è minimia, difficilmente sarà tra i poveri, o comunque sarà un povero molto particolare: con la casa, lo stereo, la tv via cavo, la lavastoviglie, la lavatrice, l' aria condizionata. Insomma, una persona chepotrebbe risparmiare per la vecchiaia e comprarsi la polizza sanitaria.
Il povero meritevole sta piuttosto tra i disabili e tra i bambini dei poveri non meritevoli, Ma la gran parte dei poveri meritevoli sta nel terzo mondo.
Guardiamo ora su chi si concentrano gli aiuti governativi e scopriremo che la scala di valori è rovesciata.
L' unico modo per giudicarli consiste nel guardare cosa fanno.
Lavori duro anche se il lavoro non ti piace e rende poco?
Investi i tuoi pochi ricavi in cibo e cure ai bambini?
Ti tieni alla larga da alcol, droghe e sigarette?
Fai solo sesso sicuro?
Allora ti comporti ragionevolmente e acquisisci qualche merito.
Il fatto è che da noi chi si comporta così, anche se la sua istruzione è minimia, difficilmente sarà tra i poveri, o comunque sarà un povero molto particolare: con la casa, lo stereo, la tv via cavo, la lavastoviglie, la lavatrice, l' aria condizionata. Insomma, una persona chepotrebbe risparmiare per la vecchiaia e comprarsi la polizza sanitaria.
Il povero meritevole sta piuttosto tra i disabili e tra i bambini dei poveri non meritevoli, Ma la gran parte dei poveri meritevoli sta nel terzo mondo.
Guardiamo ora su chi si concentrano gli aiuti governativi e scopriremo che la scala di valori è rovesciata.
Chi spinge per riciclaggio e porta a porta?
Gli inquinatori.
http://conversableeconomist.blogspot.it/
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La pubblicità
http://conversableeconomist.blogspot.it/2012/11/the-case-for-and-against-advertising.html
Il capitalismo è meritocratico?
E perché no?
E' vero, il mercato premia il valore, non il merito ma le due cose sono strettamente correlate.
Chi lavora duro e chi si distingue nel suo campo, difficilmente verrà gettato ai margini.
Certo, anche il tipo di talento conta ma è poi un delitto se si valorizzano maggiormente i talenti che più beneficiano gli altri?
Controlliamo pore ler IQ, education e altri parametri psicologici, avremo solo conferme della correlazione. In genere i migliori emergono e in una società capitalista questo è ancora più vero.
Il dubbio che merito e mercato non vadano a braccetto puo' cogliere giusto chi si è fatto corrompere da Rawls. A una persona normale non verrà mai in mente di dire: "Bolt non merita la medaglia d' oro perché non ha vinto lui ma ha vinto il suo talento!". Per un rawlsiano invece un' osservazione del genere è scontata.
C' è chi dice che noi tendiamo a sopravvalutare la correlazione di cui parlavo. In effetti esiste quel che chiamiamo just-world fallacy: se una cosa è andata in un certo modo era giusto che andasse così.
Non saprei però se giudicando i meriti sia in opera la just world fallacy. Pensate al vostro boss e pensate se veramente si merita quel che guadagna in più rispetto a voi, scommetto che il dubbio si è già insinuato. Molti bias sono all' opera in questo giudizio. Innanzitutto l' avaibility bias, quello per cui noi giudichiamo solo situazioni che abbiamo sotto mano e che ci toccano in prima persona.
C' è poi un problema di prassi: farà breccia la soluzione di mercato presso gente che dal mercato è stata punita?
Domanda sensata, purché non si confonda la teoria con la prassi e si rinunci a dare risposte corrette. E' vero, se il merito e il mercato sono correlati allora i poveri meritano di essere tali e questa puo' essere un' affermazione dura da mandar giù.
Un' ultima cosa: se rinunciamo a difendere il mercato sulla base del merito perché mai dovremmo difenderlo sulla base della prosperità che crea? Molti sarebbero pronti ad affermare che la prosperità è dannosa, i teorici della decrescita per esempio.
http://econlog.econlib.org/archives/2010/01/pyramid_power.html
http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/the_reality_of_1.html
http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/merit_and_the_m.html
http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/more_on_merit_r.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/06/the_meritocracy.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/06/trevor_burrus_i.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/06/burrus_and_meri.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/07/jersey_shore_an.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/02/how_deserving_a.html
http://youarenotsosmart.com/2010/06/07/the-just-world-fallacy/
http://en.wikipedia.org/wiki/Just-world_hypothesis
E' vero, il mercato premia il valore, non il merito ma le due cose sono strettamente correlate.
Chi lavora duro e chi si distingue nel suo campo, difficilmente verrà gettato ai margini.
Certo, anche il tipo di talento conta ma è poi un delitto se si valorizzano maggiormente i talenti che più beneficiano gli altri?
Controlliamo pore ler IQ, education e altri parametri psicologici, avremo solo conferme della correlazione. In genere i migliori emergono e in una società capitalista questo è ancora più vero.
Il dubbio che merito e mercato non vadano a braccetto puo' cogliere giusto chi si è fatto corrompere da Rawls. A una persona normale non verrà mai in mente di dire: "Bolt non merita la medaglia d' oro perché non ha vinto lui ma ha vinto il suo talento!". Per un rawlsiano invece un' osservazione del genere è scontata.
C' è chi dice che noi tendiamo a sopravvalutare la correlazione di cui parlavo. In effetti esiste quel che chiamiamo just-world fallacy: se una cosa è andata in un certo modo era giusto che andasse così.
Non saprei però se giudicando i meriti sia in opera la just world fallacy. Pensate al vostro boss e pensate se veramente si merita quel che guadagna in più rispetto a voi, scommetto che il dubbio si è già insinuato. Molti bias sono all' opera in questo giudizio. Innanzitutto l' avaibility bias, quello per cui noi giudichiamo solo situazioni che abbiamo sotto mano e che ci toccano in prima persona.
C' è poi un problema di prassi: farà breccia la soluzione di mercato presso gente che dal mercato è stata punita?
Domanda sensata, purché non si confonda la teoria con la prassi e si rinunci a dare risposte corrette. E' vero, se il merito e il mercato sono correlati allora i poveri meritano di essere tali e questa puo' essere un' affermazione dura da mandar giù.
Un' ultima cosa: se rinunciamo a difendere il mercato sulla base del merito perché mai dovremmo difenderlo sulla base della prosperità che crea? Molti sarebbero pronti ad affermare che la prosperità è dannosa, i teorici della decrescita per esempio.
http://econlog.econlib.org/archives/2010/01/pyramid_power.html
http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/the_reality_of_1.html
http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/merit_and_the_m.html
http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/more_on_merit_r.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/06/the_meritocracy.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/06/trevor_burrus_i.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/06/burrus_and_meri.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/07/jersey_shore_an.html
http://econlog.econlib.org/archives/2012/02/how_deserving_a.html
http://youarenotsosmart.com/2010/06/07/the-just-world-fallacy/
http://en.wikipedia.org/wiki/Just-world_hypothesis
Non sono le parole, sono le preferenze!
La nostra inclinazione politica dipende in primo luogo dalle nostre preferenze, in particolare le nostre preferenze morali. Ad averlo capito meglio è lo psicologo Jonathan Haidt.
La sua ricerca ha consentito di isolare 5 fondamenti psicologici su cui ognuno costruisce poi la sua preferenza plitica: violenza, reciprocità, comunitarismo, gerarchia e purezza. Sono come i livelli di un equalizzatore e ognuno di noi se li sistema in base alla propria sensibilità.
Nell' interpretare i gusti del popolo non inventiamoci strane teorie sulla falsa coscienza, oppure non esageriamo la portata delle alchimie del linguaggio, guardiamo in primo luogo alle preferenze genuine della gente. Se si tratta di un elettorato che enfatizza la purezza e il disgusto, difficilmente sarà disposto a concedere il matrimonio tra gay, a prescindere dal "frame" della domanda.
http://willwilkinson.net/flybottle/2007/09/19/jonathan-haidts-moral-psychology-applied-to-american-politics/
La sua ricerca ha consentito di isolare 5 fondamenti psicologici su cui ognuno costruisce poi la sua preferenza plitica: violenza, reciprocità, comunitarismo, gerarchia e purezza. Sono come i livelli di un equalizzatore e ognuno di noi se li sistema in base alla propria sensibilità.
Nell' interpretare i gusti del popolo non inventiamoci strane teorie sulla falsa coscienza, oppure non esageriamo la portata delle alchimie del linguaggio, guardiamo in primo luogo alle preferenze genuine della gente. Se si tratta di un elettorato che enfatizza la purezza e il disgusto, difficilmente sarà disposto a concedere il matrimonio tra gay, a prescindere dal "frame" della domanda.
http://willwilkinson.net/flybottle/2007/09/19/jonathan-haidts-moral-psychology-applied-to-american-politics/
sabato 24 novembre 2012
venerdì 23 novembre 2012
Ricette contro la crisi: crescere prima dell' austerità
http://www.nytimes.com/2012/11/17/opinion/an-economic-prescription-growth-before-austerity.html?smid=tw-share
La meccanica quantistica è sbagliata (e la relatività, pure)
Chiunque non resti sconcertato di fronte alla meccanica quantistica significa che non l' ha capitaNils BohrIn vita mia non penso di aver mai incontrato qualcuno che abbia compreso la meccanica quantisticaRichard Feynman
Puo' darsi che tanto scetticismo sia dovuto al fatto che una teoria del genere è molto più facile da capire considerandola "sbagliata". Di solito invece ci si approccia ad essa credendola corretta e questo moltiplica le trappole. Eppure Einstein, nel respingerla, diede una chiara illustrazione di quale colabrodo fosse.
Prendiamo i fotoni Giovanni e Giacomo.
Giovanni e Giuseppe confabulano fittamente in una stanza, ma cosa si diranno? A un certo punto escono prendendo direzioni opposte finché ciascuno dei due si trova di fronte a una porta socchiusa. A questo punto, a seconda di come gira, potranno impartire due ordini: 1. "apriti Sesamo" o 2. "chiuditi Sesamo", la porta (Sesamo) eseguirà. Fine della storiella.
Eseguita questa piccola azione, i due tornano nella stanza per consultarsi e tessere altre misteriose strategie, dopodiché escono di nuovo, di nuovo incontrano una porta e di nuovo impartiscono il loro ordine all' apparenza casuale per poi rientrare nella stanza e ricominciare tutto daccapo ripetendo la sequenza infinite volte.
Ah, dimenticavo: il colore della porta che incontrano varia, puo' essere bianco, rosso o nero ma una cosa deve essere chiara, non puo' essere conosciuto in partenza e nemmeno si puo' dire in partenza se i due incontreranno porte del medesimo colore, puo' capitare, ma non è detto. La cosa è importante perché una volta fuori dalla stanza, forse non l' ho precisato, Giovanni e Giuseppe non hanno più alcun modo di comunicare tra loro.
Giovanni e Giuseppe giocano il loro gioco in continuazione sotto l' occhio vigile di molti osservatori incuriositi, costoro via via che le cose si ripetono, notano una regolarità: ogni volta che Giovanni e Giuseppe incontrano una porta dello stesso colore impartiscono il medesimo ordine. Senonché non è possibile stabilire a priori quale ordine sia: nel 50% dei casi è "apriti Sesamo", nel restante 50% è "chiuditi Sesamo", l' unica cosa che sappiamo per certo è che l' ordine sarà sicuramente il medesimo. (*).
A questo punto gli osservatori vogliono capire cosa si dicono Giovanni e Giuseppe di tanto interessante quando sono nella stanza. Cosa consente di sincronizzare in questo modo le loro azioni una volta fuori e scollegati?
Fioccano le ipotesi più strampalate, finché un gruppetto di Copenhagen vuole dire la sua. Sembra un intervento irrilevante ma lo segnalo perché di lì a poco, sembra incredibile, diverrà la versione standard di quanto accade. Secondo i ragazzi di Copenhagen, Giovanni e Giuseppe nella stanza concordano semplicemente di dare "lo stesso" ordine una volta di fronte alla porta, poniamo, di colore bianco. Solo che evitano di stabilire a priori quale sia l' ordine. Lo stabiliranno in seguito, quando si troveranno effettivamente faccia a faccia con la porta bianca e lo faranno tirando una monetina. Fine della spiegazione.
Vi sembra una strategia in grado di produrre i comportamenti osservati? Secondo Einstein è una spiegazione del cavolo. Mia nonna avrebbe usato espressioni ancor più colorite. Una parte dei ragazzi di Copenhagen si giustificò dicendo che la loro spiegazione non sta in piedi per il semplice fatto che non vuole affatto essere una spiegazione, ha altri scopi. Un' altra parte disse che, sì, ok, la spiegazione fornita è illogica ma in fondo basta cambiare le leggi della logica per raddrizzare le mura a un edificio così sbilenco. Tanto per iniziare dovremmo convincerci di abitare in un mondo in cui esistono oggetti che possono essere "o bianchi o neri" senza essere "né bianchi né neri".
Chi ha seguito con un minimo di attenzione avrà capito che Einstein sembra proprio uscirne come vincitore morale. D' altronde, l' esperimento con Giovanni e Giuseppe fu ripetuto più volte e i dati confermati, su questo è difficile trovare osservatori dissenzienti. E poi non parliamo di uno qualunque ma di un tale che, in altri contesti, è stato sempre in grado di decriptare alla perfezione le strategie più cervellotiche messe in campo da tipi come Giovanni e Giuseppe. Un vero campione, la sua teoria della relatività è un traduttore universale, anche se nel caso specifico sembrava incepparsi. Poco male, pensava il tedesco, probabilmente operano variabili nascoste che prima o poi verranno alla luce svelando la strategia misteriosa, basta che non mi si venga a dire che non esiste una strategia-spiegazione della faccenda.
A questo punto, colpo di scena: entra in campo il Signor John Stuart Bell che, con il suo teorema, dimostra l' inesistenza di una strategia attraverso la quale Giovanni e Giuseppe possano mai sincronizzare i loro comportamenti al fine di modularli su quelli osservati. Quel che si dicono è destinato a restare misterioso, e comunque non sono affatto intenti a tessere strategie. Einstein, di fronte a una dimostrazione tanto peritosa, si rassegna: anche la sua teoria della relatività è sbagliata. Tra due teorie sbagliate non ci resta che il pragmatismo: pescare di volta in volta quanto c' è utile sul momento.
(*) non si tratta dell' unica regolarità; se, per esempio, uno incappa in una porta nera e l' altro in una porta bianca, la probabilità di impartire lo stesso ordine scende, ma scende con precisione chirurgica da 100% a 75% (e non 76%!). Mi ritengo esonerato dall' esplorare ulteriori combinazioni che pure esistono.
Qui altre lavagne famose.
Alla ricerca della razza ebraica
http://www.nybooks.com/articles/archives/2012/dec/06/is-there-a-jewish-gene/?pagination=false
mercoledì 21 novembre 2012
Far fiorire la cultura azzerando i fondi pubblici
http://www.vulture.com/2012/11/andrew-solomon-far-from-the-tree.html
http://www.marsilioeditori.it/autori/libro/3171437-kulturinfarkt
martedì 20 novembre 2012
Stasera niente Peppa.
Basta, sono stufo di passare intere serate raccattando giocattoli sul pavimento di casa!
Sembra che il divertimento consista nel pescarli dal cesto per poi disseminarli in modo meticoloso in tutto il soggiorno, anfratti (mai esplorati prima) compresi.
Ora poi che le bimbe sono due, raddoppiano anche i cesti, uno per Marghe e uno per Vichi. Entrambi ben ricolmi, mi raccomando: a tutt’ oggi tocchiamo i 100 pezzi ciascuno.
Disperato mi sono fatto mettere a punto un meccanismo che riduca il danno impedendo l’ apertura del secondo cesto una volta che si accede al primo. E che cavolo!
Non parliamo poi dei gusti, ognuna ha i suoi: la Marghe predilige la serie Hello Kitty ed è arrivata a collezionare una settantina di pupazzetti, i restanti sono della famiglia Winnie Poh. L’ esatto contrario la piccolina.
Il senso della proprietà è forte ma, almeno nella Marghe, è forte anche il senso della ribalderia e della sfida: ho il sospetto che non vista attinga alla cesta della sorella nonostante le abbia promesso una solenne punizione qualora l’ avessi pescata con le mani nella marmellata. Devo anche dire di aver presagire il peggio nel momento già mentre “predicavo”, sembrava quasi le stessi fornendo delle idee!
L’ indomani dovevamo andare dai nonni e, dopo uno sforzo sovrumano, la famiglia era sulla soglia pronta a partire quando la Marghe ha manifestato l’ improrogabile esigenza di prendere con sé alcuni pupazzetti. E’ tornata lei stessa indietro per accaparrarsene una dozzina.
Una volta in macchina ho notato che, oltre a quattro Hello Kitty, aveva - tra Changu, Pimpi, Tigro… - ben otto pupazzetti della famiglia Winnie!
Questa qui ha fregato dal cesto della sorella, mi sono detto. Ho avuto anche la sensazione di scorgere un sorrisino beffardo dell’ imputata; di sicuro giocava con particolare gusto. Troppo, direi, trattandosi della “solita minestra”.
“Marghe, hai preso dal cesto della Vichi?”. “No”.
Che fare, punire? Mi è stato fatto notare che forse avevo ragione, che forse la marachella c’ era stata, ma rischiare una punizione ingiusta portava solo danni, meglio sorvolare: magari gli era solo venuta la voglia di Winnie Poh.
Macché voglia, mi dicevo. Con quei braccini corti pesca dalla cesta che sceglie senza neanche poter vedere cosa stia prendendo!
Ripensandoci meglio la mia rabbia è sbollita e la soluzione più equa è emersa: avevo o non avevo parlato di “mani nella marmellata”? Questa fattispecie presentava condizioni affatto differenti; quando si punisce così duramente come faccio io: niente Peppa la sera, bisogna farlo solo a colpo sicuro, quando la colpevolezza è acclarata oltre ogni ragionevole dubbio.
Sentivo di aver agito correttamente quando la sera, giunti a casa e messe a nanna le bimbe (àpres abbondante razione di Peppa), mi siedo alla scrivania e quasi per gioco comincio a smanettare sulla calcolatrice…
… noooo… mi ha turlupinato… mi sono turlupinato da solo… colpevole al 98%… altro che ragionevole dubbio… ci sono veramente poche cose al mondo di cui sono scuro al 98%!…
D’ ora in poi, lo giuro: mai più giustizia senza calcolatrice!
lunedì 19 novembre 2012
Doppia introduzione: al CPI bias e a Serge Latouche
Nell' Eden il PIL è pari a zero.
Domanda: quanto più una nazione si avvicina al paradiso in terra tanto più il suo pil decresce?
Cos' è il CPI bias: http://econlog.econlib.org/archives/2011/02/existence_enhan.html
Domanda: quanto più una nazione si avvicina al paradiso in terra tanto più il suo pil decresce?
Cos' è il CPI bias: http://econlog.econlib.org/archives/2011/02/existence_enhan.html
Sulla religione come scelta razionale: Caplan vs Iannaccone
#caplan religione, #iannaccone religione
I: il fenomeno religioso puo' essere studiato con gli apparati della scelta razionale.
C: occorre un caveat che si chiarisce facendo un parallelo con la democrazia: se tratto l' elettore come un soggetto razionale non ci capisco niente, non a caso l' atto stesso di votare è irrazionale; lo stesso dicasi per la religione.
I: il comportamento dell' elettore produce esternalità, non quello del fedele (le opere salvano o condannano solo lui).
C: tu non hai una teoria della religione ma una teoria della membership.
I: devi ammettere che nell' uomo esistono anche esigenze spirituali e di verità.
C: sarebbe meglio inquadrare tutto nel paradigma "rational irrational".
I: ma i fedeli, diversamente dai votanti, sopportano grandi costi per le loro scelte.
C: solo pochi fanatici, la massa è costituita da meta-atei che si allontanano dalle fedi troppo "costose", il che fa pensare che la loro scelta dia dettata da voglie irrazionali da soddisfare finché costano poco.
I: esistono anche problemi di time consistency, ne hai tenuto conto?
C: nella battaglia delle idee emrgono le migliori, non sidirebbe che sia lo stesso nella battaglia tra le fedi.
I: comunemente riteniamo come migliori le fedi che accettano la competizione.
C: l' unica teoria della scelta razionale applicata spcificamente alla religione è la scommessa di Pascal. Purtroppo l' argomento è debole cosicché si puo' ipotizzare un dio irascibile al culto degli altri dei tanto che diventa razionale non offendere nessun dio astenendosi.
I: puoi confutare Pascal solo assumendo che l' ateismo resta una scelta religiosa ma tu stesso ti sei offeso quando in altri contesti ti è stata fatta notare questa particolarità, devo desumere che non la respingi.
C: le evidenze intorno ai miracoli sono pressoché nulle.
I: pensa alla definizione di miracolo e poi pensa alla prova che ti farebbe cambiare idea; ebbene, devi concludere che non esiste alcuna prova in grado di farti cambiare idea; anche in questo caso si procede per fedi contrapposte.
C: come puo' la teoria della scelta razionale spiegare la diffusa secolarizzazione delle nostre società?
I: innanzitutto sfatando il mito della diffusa religiosità nelle masse contadine del medioevo; poi facendo l' ipotesi che cio' che chiamiamo secolarizzazione sia in realtà una fuoriuscita dalle religioni organizzate per coltivare in proprio la nostra spiritualità; l' Europa conferma: i molti monopoli rendono l' offerta religiosa flebile e incapace d' intercettare la fuoriuscita di cui sopra che viene scambiata così per semplice abiura, ecco allora che un fenomeno di conversione diventa un fenomeno di secolarizzazione.
***
http://econfaculty.gmu.edu/bcaplan/larrydeb.htm
http://thefilter.blogs.com/thefilter/2005/11/caplan_vs_ianna.html
http://www.clas.ufl.edu/users/kenwald/pos6292/iannaccone.pdf
I: il fenomeno religioso puo' essere studiato con gli apparati della scelta razionale.
C: occorre un caveat che si chiarisce facendo un parallelo con la democrazia: se tratto l' elettore come un soggetto razionale non ci capisco niente, non a caso l' atto stesso di votare è irrazionale; lo stesso dicasi per la religione.
I: il comportamento dell' elettore produce esternalità, non quello del fedele (le opere salvano o condannano solo lui).
C: tu non hai una teoria della religione ma una teoria della membership.
I: devi ammettere che nell' uomo esistono anche esigenze spirituali e di verità.
C: sarebbe meglio inquadrare tutto nel paradigma "rational irrational".
I: ma i fedeli, diversamente dai votanti, sopportano grandi costi per le loro scelte.
C: solo pochi fanatici, la massa è costituita da meta-atei che si allontanano dalle fedi troppo "costose", il che fa pensare che la loro scelta dia dettata da voglie irrazionali da soddisfare finché costano poco.
I: esistono anche problemi di time consistency, ne hai tenuto conto?
C: nella battaglia delle idee emrgono le migliori, non sidirebbe che sia lo stesso nella battaglia tra le fedi.
I: comunemente riteniamo come migliori le fedi che accettano la competizione.
C: l' unica teoria della scelta razionale applicata spcificamente alla religione è la scommessa di Pascal. Purtroppo l' argomento è debole cosicché si puo' ipotizzare un dio irascibile al culto degli altri dei tanto che diventa razionale non offendere nessun dio astenendosi.
I: puoi confutare Pascal solo assumendo che l' ateismo resta una scelta religiosa ma tu stesso ti sei offeso quando in altri contesti ti è stata fatta notare questa particolarità, devo desumere che non la respingi.
C: le evidenze intorno ai miracoli sono pressoché nulle.
I: pensa alla definizione di miracolo e poi pensa alla prova che ti farebbe cambiare idea; ebbene, devi concludere che non esiste alcuna prova in grado di farti cambiare idea; anche in questo caso si procede per fedi contrapposte.
C: come puo' la teoria della scelta razionale spiegare la diffusa secolarizzazione delle nostre società?
I: innanzitutto sfatando il mito della diffusa religiosità nelle masse contadine del medioevo; poi facendo l' ipotesi che cio' che chiamiamo secolarizzazione sia in realtà una fuoriuscita dalle religioni organizzate per coltivare in proprio la nostra spiritualità; l' Europa conferma: i molti monopoli rendono l' offerta religiosa flebile e incapace d' intercettare la fuoriuscita di cui sopra che viene scambiata così per semplice abiura, ecco allora che un fenomeno di conversione diventa un fenomeno di secolarizzazione.
***
http://econfaculty.gmu.edu/bcaplan/larrydeb.htm
http://thefilter.blogs.com/thefilter/2005/11/caplan_vs_ianna.html
http://www.clas.ufl.edu/users/kenwald/pos6292/iannaccone.pdf
sabato 17 novembre 2012
Conflitto di civiltà
USA e UE sono spesso messi a confronto facendo notare come il reddito pro capite e la fetta di produzione faccia preferire il modello americano.
Ma il miglior modo di narrare la vicenda è un altro: i modelli di crescita ci dicono che l' impeto dello sviluppo dipende dal reddito presente: seguire la locomotiva è più facile che fare la locomotiva. Si tratta di osservazioni di mero buon senso traducibili nel modello di Solow-Swan in cui si predica la grande convergenza, un modello che rendiconta bene i rapporti tra USA e UE: dopo la guerra la ue si avvicinò a grandi falcate verso la frontiera tecnologica dominata dagli usa ma poi, negli anni ottanta, ecco la sorpresa: i due continenti tornano a divergere con un nuovo arretramento dell' Europa, anche la mitica produttività francese, tanto per dire, sembra molto ridimensionata dopo aver considerato immigrati a bassa specializzazione e lavoratori part time!: cosa è andato storto?
Gli europei hanno cominciato a guadagnare di meno: gusti differenti? Maggior apprezzamento per le vacanze?
Probabilmente maggior apprezzamento per welfare e retorica del "dagli al ricco": i guadagni di produttività, fa notare Edward Prescott, si sono avuti soprattutto nei settori più ricchi come risposta ad un abbassamento delle aliquote marginali.
http://www.nationalreview.com/agenda/39189/america-vs-europe/reihan-salam
Ma il miglior modo di narrare la vicenda è un altro: i modelli di crescita ci dicono che l' impeto dello sviluppo dipende dal reddito presente: seguire la locomotiva è più facile che fare la locomotiva. Si tratta di osservazioni di mero buon senso traducibili nel modello di Solow-Swan in cui si predica la grande convergenza, un modello che rendiconta bene i rapporti tra USA e UE: dopo la guerra la ue si avvicinò a grandi falcate verso la frontiera tecnologica dominata dagli usa ma poi, negli anni ottanta, ecco la sorpresa: i due continenti tornano a divergere con un nuovo arretramento dell' Europa, anche la mitica produttività francese, tanto per dire, sembra molto ridimensionata dopo aver considerato immigrati a bassa specializzazione e lavoratori part time!: cosa è andato storto?
Gli europei hanno cominciato a guadagnare di meno: gusti differenti? Maggior apprezzamento per le vacanze?
Probabilmente maggior apprezzamento per welfare e retorica del "dagli al ricco": i guadagni di produttività, fa notare Edward Prescott, si sono avuti soprattutto nei settori più ricchi come risposta ad un abbassamento delle aliquote marginali.
http://www.nationalreview.com/agenda/39189/america-vs-europe/reihan-salam
Istruzione on line: pro e contro
La produttività dell' insegnante puo' crescere molto on line, senza contare che i migliori insegnanti sono disponibili per tutti a basso costo. I costi logistici si abbattono, così come migliora l' allocazione del tempo. Le scuole potrebbero restare come luoghi di mera socializzazione. Migliorano molto anche i software che consentono interattività, così come l' insegnamento con percorsi personalizzati. pensa solo ai vantaggi per chi abita in paesi poveri?
Critiche: non confondiamo l' insegnare con l' informare e lo studente con il cliente e ricordiamo invece quanto ci dice Bruce Springsteen: ho imparato più da una canzone di tre minuti che da tutti gli anni passati a scuola e chiediamoci perché parla in questo modo, cosa c' dietro quell' imparare. Ha un ruolo anche la serendipity che agisce nella classe: spesso impariamo da eventi inattesi la cui emersione possiamo favorire creando un contesto. A proposito di "contesto", attenzione a parlare alla leggera di "insegnanti migliori", troppo spesso il giudizio dipende dal contesto: in periferia saranno migliori alcuni, alle ted conference saranno migliori altri. Concentrarsi sull' online ha un altro svantaggio: depotenzia il miglioramento dei metodi tradizionali.
Se i sostenitori del pro e quelli del contro fossero d' accordo nell' individuare un esaminatore all' altezza si potrebbe fare una prova confrontando gli esiti di chi si è preparato online e chi lo ha fatto coi metodi tradizionali. Naturalmente bisognerà tener conto del fatto che l' insegnante online avrà una platea di 10 000 persone mentre l' altro di 30.
http://www.cato-unbound.org/2012/11/12/alex-tabarrok/why-online-education-works/
http://www.cato-unbound.org/2012/11/16/siva-vaidhyanathan/a-new-era-of-unfounded-hyperbole/
Critiche: non confondiamo l' insegnare con l' informare e lo studente con il cliente e ricordiamo invece quanto ci dice Bruce Springsteen: ho imparato più da una canzone di tre minuti che da tutti gli anni passati a scuola e chiediamoci perché parla in questo modo, cosa c' dietro quell' imparare. Ha un ruolo anche la serendipity che agisce nella classe: spesso impariamo da eventi inattesi la cui emersione possiamo favorire creando un contesto. A proposito di "contesto", attenzione a parlare alla leggera di "insegnanti migliori", troppo spesso il giudizio dipende dal contesto: in periferia saranno migliori alcuni, alle ted conference saranno migliori altri. Concentrarsi sull' online ha un altro svantaggio: depotenzia il miglioramento dei metodi tradizionali.
Se i sostenitori del pro e quelli del contro fossero d' accordo nell' individuare un esaminatore all' altezza si potrebbe fare una prova confrontando gli esiti di chi si è preparato online e chi lo ha fatto coi metodi tradizionali. Naturalmente bisognerà tener conto del fatto che l' insegnante online avrà una platea di 10 000 persone mentre l' altro di 30.
http://www.cato-unbound.org/2012/11/12/alex-tabarrok/why-online-education-works/
http://www.cato-unbound.org/2012/11/16/siva-vaidhyanathan/a-new-era-of-unfounded-hyperbole/
Probabilità, valore atteso e code grasse
Steven Pinker ha scritto un libro nel quale sostiene che l' uomo è diventato sempre meno violento. Nassim Taleb si dissocia e denuncia la presenza di code grasse. Affermazioni del genere non si possono fare perché danno troppo peso alla rarefazione degli eventi senza considerare a sufficienza la loro profondità. Insomma, la tesi di Pinker viene assimilata alla Great Moderation di Ben Bernanke, il bersaglio da sempre preferito di Taleb.
Oggi viviamo in un mondo di "loss an island effect", le medie sono inservibili e la matematica è inutilizzabile, è da buttare e il fatto che i crimini siano diminuiti è irrilevante, a meno che con si voglia confondere probabilità e valore atteso, rischio e incertezza. Come si fa a prendere sul serio le serie storiche quando il contesto è così profondamente mutato: ieri avevamo le mazze, offi i missili nucleari li compriamo al supermercato. Questo se non vogliamo parlare di psicologia della persona.
http://www.fooledbyrandomness.com/longpeace.pdf
http://stevenpinker.com/pinker/files/comments_on_taleb_by_s_pinker.pdf
http://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/john-gray-steven-pinker-violence-review/
Oggi viviamo in un mondo di "loss an island effect", le medie sono inservibili e la matematica è inutilizzabile, è da buttare e il fatto che i crimini siano diminuiti è irrilevante, a meno che con si voglia confondere probabilità e valore atteso, rischio e incertezza. Come si fa a prendere sul serio le serie storiche quando il contesto è così profondamente mutato: ieri avevamo le mazze, offi i missili nucleari li compriamo al supermercato. Questo se non vogliamo parlare di psicologia della persona.
http://www.fooledbyrandomness.com/longpeace.pdf
http://stevenpinker.com/pinker/files/comments_on_taleb_by_s_pinker.pdf
http://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/john-gray-steven-pinker-violence-review/
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venerdì 16 novembre 2012
Slow food
On the question of how we can eat our way to a greener planet, Cowen the economist trumps the free-marketer. Rather than worry about what constitutes aLow Carbon Diet, we should adopt a carbon tax so that the prices of food reflect the full cost of growing, shipping and producing it, including the environmental externalities. He writes:
Relying on prices means taxing fossil fuels and it also means higher taxes on meat, which through methane emissions (e.g., cow farts) contribute to climate change.
…Prices are far more powerful than lists of instructions to green-minded consumers.
Carbon pricing could also help us sort through the debate over localism. When it comes to protecting the environment, buying local isn’t necessarily better and it may be worse if you live in a place where lots of water, energy and land are required to grow food. Cowen writes:
The environment is better off if the residents of Albuquerque import most of their food from far away.
It feels greener to buy from the local farmer than to patronize a large, multinational banana company, but perhaps with a dubious political history at that. But there’s nothing especially virtuous about the local farmer, even if it feels good to affiliate him.
As Matt Ridley once said, we’ve tried eating local before. That was called the Middle Ages.
giovedì 15 novembre 2012
I bambini sono razzisti?
In passato piaceva la risposta secca: sì.
La storia che andava per la maggiore era la seguente: il bambino nasce razzista e poi, con l' educazione, impara ad accogliere l' "altro".
Il supporto scientifico era di tutto rispetto: ai piccoli si sottoponevano due bambolotti - uno nero e uno bianco – chiedendo: "chi è il più sporco?". Il gruppo dei bianchi rispondeva indicando il nero, il gruppo dei neri indicava il bianco. Variazioni sul canovaccio s' incaricavano di dare ancora e ancora triste conferma.
La revisione originò da una sottile chiarificazione dei termini volta a precisare che un atteggiamento discriminatorio e un atteggiamento di apertura mentale non si escludono affatto reciprocamente. Ecco, a questo punto bisogna precisare che il contrario del razzista è colui che mantiene un' apertura senza pregiudizi verso la diversità.
Le conferme empiriche su quanto fosse cruciale questo distinguo cominciarono a fioccare: il bambino "preferisce" il suo gruppo ma non associa necessariamente un connotato negativo ai componenti degli altri gruppi. Ovvero, il bambino discrimina ma resta mentalmente aperto verso la diversità.
L' esperimento dei due bambolotti era troppo rozzo per cogliere questa sfumatura decisiva, con due sole alternative la preferenza per i "nostri" si traduceva automaticamente in chiusura verso l' "altro". Traduzione indebita.
Ogni discriminazione implica iniquità di trattamento ma non razzismo.
Vi prego di ripensare alla cosa perché non è immediato afferrarne il nocciolo.
Le difficoltà derivano da due fattori:
1. la confusione che spesso facciamo con termini quali "equità", "favoritismo" (o "discriminazione") e "egoismo"e
2. la buona stampa a prescindere di cui gode un concetto come quello di "equità".
Cominciamo allora con il dire che il contrario dell' equità non è l' egoismo ma il favoritismo.
Fare le giuste contrapposizioni è opportuno se vogliamo dissipare le immeritate aureole di santità che aleggiano sempre sopra taluni termini. L' egoismo, infatti, è difficile da difendere: per quanto nel XVIII secolo si fossero decantate le virtù pubbliche che originano da un simile vizio privato, sempre vizio rimaneva, da qui la fama immeritata del presunto atteggiamento opposto.
Il favoritismo, per contro, è facile da difendere: una mamma che da tutto per i suoi figli conserva la nostra ammirazione anche quando ci si fa notare che discrimina tra i suoi bambini e gli altri bambini. San Francesco che dà tutto ai poveri della sua città ci induce a una genuflessione anche quando ci viene fatto notare che discrimina tra "ricchi" e "poveri" oppure tra i "poveri della sua città" e gli altri poveri.
Se il concetto di favoritismo è tanto facile da difendere, il concetto di equità, ovvero il concetto contrario, perde necessariamente punti.
Non a caso gli attacchi all' equità sono sempre stati numerosi, a partire dall' antichità e da Platone, il quale sosteneva come il parere dell' esperto non dovesse pesare quanto quello dell' ignorante e sulla scorta di questa premessa iniqua cominciò a edificare la sua Repubblica.
[attenzione a non cadere nella trappola pensando a questo punto che sia la meritocrazia il contrario dell' equità]
Negli ultimi secoli, ad ogni modo, abbiamo assistito a un revival dell' equità. Un revival che ho toccato personalmente con mano visto che sembra essere partito dalla pedagogia, in particolare da quella che tratta il tema della gelosia tra fratelli, ora, voi capite che avendo un caso spinoso in famiglia mi sono dovuto fare una cultura in merito!
Quale medicina somministrare contro l' invidia tra fratelli? A cavallo tra 800 e 900 dobbiamo registrare una svolta di paradigma pedagogico:
800: si prendevano da parte i pargoli e si narrava loro la storia biblica di Caino e Abele concludendo: "cari bambini, guardatevi dal demone dell' invidia perché qualora vi afferri il cuore sarete spacciati; fate appello a Dio e al vostro carattere per sopprimerlo o almeno per depotenziarlo". Ecco, in quell' epoca tanto remota l' autodisciplina andava per la maggiore come antidoto all' invidia.
900: si prendevano da parte i bambini i genitori e si raccomandava loro: "cari papà e mammà, se Giacomino ha bisogno di un cappellino, comprateglielo senza indugio ma badate bene di comprarne uno uguale anche a Giovannino". Ecco, in quell' epoca tanto prossima l' equità veniva vista come il rimedio all' invidia.
Chi sa che l' ignobile vendetta è all' origine del nostro nobile sentimento di giustizia non dovrebbe stupirsi nello scoprire che il padre ignobile della nobile equità è nientemeno che l' invidia. Forse è proprio meglio rassegnarsi al fatto che le aristocrazie sono fuori moda, anche nel mondo delle idee.
Scoprire che i bambini non sono razzisti è bello, ma è anche edificante perché ci consente di far luce su lemmi ambigui che alimentano la confusione. Parlando di... equità, favoritismo, discrezionalità, merito, egoismo, giustizia... spesso ci affidiamo all' intuito proprio laddove l' intuito tradisce. E se invece, leggendo queste righe, anziché vedere la luce, pensate di esservi conficcati ancora più a fondo in un cono d' ombra, allora non vi resta che disincagliarvi sfogliando il prezioso libro di Stephen Asma: Against Fairness, oppure qualche suo articolo.
mercoledì 14 novembre 2012
Violenza domestica sugli uomini
http://affaritaliani.libero.it/cronache/uomini-violenza-domestica241012.html
E per completare: http://archerave111.blogspot.it/2012/08/erin-e-le-altre.html
E per completare: http://archerave111.blogspot.it/2012/08/erin-e-le-altre.html
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