Premessa: la "Recherche" è un capolavoro, e se non ti piace la colpa è tua. Quindi vedi di darti da fare.
***
Leggo Proust (Il Tempo Ritrovato), sono a pagina centoventitre. E mi annoio. Mi manca la "chiave", l' ho perduta, non l' ho mai avuta.
Tra poco girerò pagina, un presentimento mi dice che continuerò ad annoiarmi.
Ho cambiato quattro posizioni, ho anche tenuto le gambe alzate per favorire la circolazione. Ma il sollievo è solo momentaneo.
Ho provato ad intrattenermi contando le righe dei periodi per stabilre quello più lungo.
Ti giuro che per un po' è stato bello, poi è subentrata la noia.
Ho tentato di "correggere" Proust con la matita rossa e quella blu, dicendo "io avrei scritto così e così anzichè cosà..." - un' idea di Lucentini.
Per un po' è stato bello, ma poi è calato il tedio.
Forse potrei usarlo come punteruolo per introdurmi nei misteri della psicanalisi.
Ma come! gli psicanalisti tentano di rivitalizzare il cadavere della loro disciplina volgendosi alla letteratura e io dovrei fare l' "originale" compiendo il tragitto opposto?
Mi sono interessato alla sua biografia. Non è quasi mai uscito di casa.
Se non per sfoggiare i suoi baffetti da sparviero in qualche salotto mondano, o in gran tour per fare un' abbuffata nelle quadrerie italiane.
Non posso dire di aver palpitato nell' apprendere queste notizie.
Mi metto di buzzo buono e comincio a leggerlo come fosse un febbricitante mistico dedito all' estasi estetica.
Ma poi mi ricordo che la letteratura mistica, letta senza la giusta vibrazione spirituale già in corpo, è una delle più noiose che esistano.
Siccome sono una capa tosta, tengo il punto, non mi arrendo e non mi risparmio.
Serbo alcune strategie che non esito a giudicare azzardate pur di riesumare e rivitalizzare questa salma gelata.
***
Provo adesso ad immaginarmelo come Filosofo anzichè come Scrittore.
Subito il Nostro cessa di essere un raffinato indagatore di sfumature psicologiche per trasformarsi in un implacabile descrittore delle più occulte micro-fenomenologie.
Ma anche così non funziona. E perchè mai il Filosofo dovrebbe essere meno noioso dello Scrittore?
Semmai lo è di più, visto che alla ridondanza impressionistica assommerebbe la pedanteria dei protocolli.
***
Ora provo a farne un autore di "fantascienza".
Le sue storie sarebbero ambientate in un "Mondo senza Lavoro", quello che sognano e prefigurano molti sociologi italiani.
Questa immaginazione fallisce perchè, in fondo, già molti altri autori si sono ipelagati nel milieu di un' aristocrazia sfaccendata.
E' vero che questi continuavano ad assegnare un ruolo di primo piano alla "cura della rendita", o alla salvaguardia dell' eredità.
E' pure vero che desiderio impellente dei grandi non-lavoratori della Letteratura è quello di lavorare, e quindi sempre di lavoro o di progetti di lavoro si parla (con la Roba che incombe, sul proscenio o dietro le quinte non fa molta differenza).
E' ancora vero che mai nessuno è riuscito a creare quel vuoto complesso ma privo di economie materiali che solo Proust evoca con successo.
Fa niente. La sensazione di dejavu che rende tutto più stantio resta, e manda a remengo anche questo sforzo.
L' unica conseguenza interessante di questa ipotesi è quella di sortire l' effetto contrario.
Anzichè proiettare le storie del dandy alla distanza siderale di galassie fuori mano, me le avvicina finchè me le ritrovo sotto casa. leggi il seguito per capire se racconto balle.
Sarà l' alea, sarà il molto tempo libero di cui oggi disponiamo, ma molte delle discussioni proustiane, all' apparenza ridicole e senza oggetto, assomigliano parecchio a quelle che hanno impegnato gli svaccati giovanotti della mia generazione post-moderna.
Chi puo' intrattenersi per pagine e pagine a disquisire sulle varie posture assunte a letto nella fase pre-sonno? chi puo' catalogarle esaustivamente abbinando a ciascuna di esse significati personali e sorprendenti rimembranze fatte uscire dal cupo cilindro dell' es? chi puo' mai redigere con competenza di prim' ordine questo kamasutra con Morfeo?
Facile, Proust.
E adesso, chi puo' discutere su questo stesso sterile soggetto per ore ed ore, tenendo sempre vivo il discorso quasi avesse importanza capitale per il resto della vita (o anche solo del week-end)?
Risposta: io e qualche altro scansafatiche di mia conoscenza mentre il Sabato battiamo l' ottava "vasca" pre-aperitivo.
La parentela è stabilita. Ma a nulla vale visto che la noia continua.
***
In questo momento sto provando a buttarla sullo stile.
Mi dico "sei di fronte ad un testo unico, nessuno ha mai scritto in questo modo, nessuno ha mai concepito una simile nebulosa verbale che tutto accoglie e tutto fonde. Disgraziato che sei, ammira il vaporoso sensismo e il trionfo olistico della visione tattile, stupisci di fronte ad una simile rarefazione dei punti, e incantati subito al cospetto dei proliferanti punto e virgola...".
Ma lo stile da solo puo' mai bastare?
Non è questo forse solo il servile strumento per spingere con forza la realtà da inoculare nella cervice del lettore?
Che me ne faccio di una simile catapulta se mi manca il Bocione con cui caricarla?
Sinceramente non so se c' è bisogno di rispondere alle domande di cui sopra.
Non lo so perchè, sia che si risponda sì, sia che si risponda no, io continuo ad annoiarmi. E allora, a che vale?
***
Ora mi viene un' idea.
Chi più dei personaggi proustiani potrebbero togliermi dalle canne?
Non è forse il suo Narratore un artista in erba che ragiona sull' etichetta da osservare di fronte all' "opera" quando intratteniamo relazione con essa?
Saprà pure spiegarmi come si fronteggia un libro, come lo si rispetta, come lo si doma, come lo si mette a frutto, insomma, come lo si legge; saprà pure spiegarmi come tutte queste belle cose si possono e si debbono fare con il Suo di Libro.
Senza contare che questa lezioncina sarebbe corroborata da una miriade di esempi pertinenti tratti dalla sua genuina esperienza personale.
Ne uscirei arrichito, si scatenerebbero in me esigenze impellenti, numerose domande si assembrerebbero al mio labbro, sarei circondato da dubbi amletici che, nel tentativo di chiarire, mi costringerebbero a leggere con passione e zelo crescente la parte restante del Libro che ora pende inerte dalle mie mani.
Sì, ma...
Ma queste divertenti e fresche lezioncine, ora che ci penso, me le ha già impartite alla grande il tedesco Mann.
Come tratteggia lui il dilettante appassionato alle prese con l' arte, non ha eguali.
E' lui ad eternare per sempre la Corrida di Corrado, ad averci raccontato in modo definitivo il Natale, la Passione ed il Crepuscolo dell' inclinazione artistica. Che aborti divertenti e istruttivi sa narrare questo teutone!
Kroger e Castorp hanno parlato ed hanno detto tutto sul tema.
Per di più le sue lezioni si sono presentate da sè, in modo evidente e ineludibile. Non c' è mica stato bisogno di inventarsi strani forcipi per estrarle dal corpo dell' Autore.
E siccome Proust non puo' essere secondo a nessuno - questo è poco ma sicuro, lo si vede, lo si sa, lo dicono tutti e una ragione ci sarà - non puo' nemmeno essere secondo a Mann.
Quindi, anche questo è un vicolo cieco e, nell' essere senziente, impone una retromarcia rassegnata.
Abbandono tutto e resto con la mia noia.
***
Idea! Potrei prendere in carico le onuste pagine del capolavoro come fossero un raffinato repertorio di oggettistica vintage. Non ci si occupa forse di quel Tempo Ambiguo che è passato ma non passa?
Parlo di quel Tempo su cui molta polvere si è già depostata ma che ancora non è assurto a dignità di Storia.
Una versione nobile delle elencazioni necrofile di Arbasino-Nove-Fazio-Chiambretti.
Sì ma, finchè si parla di...Jo Condor, Cicci Bum, Superchicken, Sbirulino, Oddo a Domenica Sprint, cera gray (eh-eh-eh), Cedrata Tassoni, Signor Bonaventura, freccie/corsari/pulcini neri (..."è un' ingiustiziaaa..."), Capitan Arlock, Capitan America, Capitan Miki, Gianconiglio, Si-Re-Si-Re-Si-Mi-Si-Mi, Monkeys, Supergulp, Gli Incontentabili, Disco Bambina-ba, Felicità-tà-tà, Zum Zum Zum, La leopardata Peroni, l' uomo in ammollo, "...Troi-Deux-Un...fiiii...", Babaluba, Bidibodibu, Oliver Onions a bordo della Dune Buggy, bassotti poliziotti, Zighi zaghi, carne Montana (è fresca è sana), "...se la tua squadra ha vinto...se la tua squadra ha perso...", El Dindondero, Ambrosoli, Giorgio Bubba, Orzò-orzò-orzoro, Papalla, le marimbe di Bernacca, le marimbe di Magilla, Temistocle, Billy il bugiardo, "...e la pancia non c' è più...", "e tittinduntratto il coro", Hanna&Barbera (altro che Disney!), "...ma quanto è forte Tarzàn...", Autotopo & Motogatto... - finchè si parla di tutto questo e similaria, io c' arrivo e ti strizzo pure l' occhio complice.
Ma me lo vuoi dire cosa c' entro io con le porcellane Mei arabescate, il coturno di Talma, le otto varietà di gelsomino della Piccardia, l' abito a botticella, i cofanetti di sandalo normanno, i sugheri impregnati, le malvarose, cachemire/raso/mussola, le altee, gli alabastri cinesi con in rilievo il volo delle gru, la disposizione ottimale dei peri nel giardino all' inglese, i velluti criptomeria, le rose color zolfo...?
Cosa c' entro io? Io non colgo. Non distinguo nemmeno la fettuccina sky finta pelle dalla scaglia Dior di coccodrillo marino! Cosa vuoi che colga?
E quando non colgo...mi annoio.
***
Altro tentativo, potrei provare, mentre scrivo, a rubacchiare qualche trucco stilistico dal grande Maestro.
Almeno mi sarà stato utile a qualcosa. Per esempio, ruberei volentieri l' uso massiccio dei "presenti contemporanei". D' altronde lui l' ha rubacchiato a Flaubert, potrò pure permettermi...
E sai che soddisfazione! L' ho usato fino ad adesso il trucchetto dei "presenti contemporanei"...e non posso certo dire di essere attraversato dai brividi dell' ispirazione selvaggia.
***
Proverò a sfondare valorizzando l' aspetto più torbido delle vicende narrate.
Per esempio, ma cos' è tutto 'sto via vai di omossessuali? Si parte dalle certezze, Charlus e Robert - con la pedofilia che fa l' occhiolino - e si arriva alle insinuanti ipotesi, Gilbert e Albertine. Mmmmm.
Sarò condotto nel misterioso mondo della preferenza sessuale da una guida d' eccezione in grado di farmi intercettare il riverbero più delicato dell' emotività, quello che al fatidico crocicchio della scelta ti manda su una sponda (la wilde side) anzichè sull' altra.
E sai che roba! Basta che accendi sulla Bignardi e nove su dieci sta intervistando un frocio, o ridacchia con ospiti che discettano amabilmente di inaudite perversioni. I "normali" sono vergognosissime mosche bianche impegnate a congegnare qualche falso outing che possa ancora destare interesse.
No, la morbosità proustiana ha perduto ogni turgore e non ha più nessuna resa. Il mercato la respinge, roba da minorenni indietro con lo sviluppo.
E allora la noia vince, occorre un diversivo. Fate presto!
***
Devo ammettere che leggere Proust, NONOSTANTE TUTTO, è abbastanza noioso.
Ma pensare a Proust è stato divertente.
Scrivere pensando a Proust è stato ancora più divertente.
Adesso sono troppo stanco per stabilire se le ultime tre righe che ho concepito siano in qualche modo significative.
C' è una sorta di sovrasaturazione nelle cose su cui si è riflettuto troppo.
Forse P. "deve" essere noioso. Forse fa parte della sua missione.
Il suo azzardo nel mettere in fila il tempo senza imporre solide gerarchie agli istanti, l' utopia di chiuderlo nel libro conservando la sua compatta continuità, non puo' che generare noia...
...nell' attesa che si venga colti dal crampo dell' estasi, magari grazie ad una fortuita associazione che poteva annidarsi ovunque. Ma per stanarla bisogna passare in rassegna l' "ovunque", e sai che palle. E' quell' "ovunque" che impedisce di ordinare il mondo.
Ti rendi conto? potrei essere vicinissimo alla soluzione senza saperlo!! Proprio ora che mi mancano le forze. Sarebbe terribile.
Vago stremato con il mio testimone in mano in trepidante attesa di cederlo a qualche staffettista che completi l' ultimo tratto.
mercoledì 22 dicembre 2010
martedì 21 dicembre 2010
L' affare della destra
Quando discuto con i miei di simpatie destrorsa sul diritto di cittadinanza da concedere eventualmente agli immigrati, tutti si ritraggono inorriditi: vuoi formare un esercito di pezzenti capaci solo di accumulare voti a sinistra?
Macchè voti a sinistra! Questo è solo un pregiudizio duro a morire.
Asiatici ed europei pendono stabilmente a destra; solo nord-africani e sudamericani guardano in prevalenza a sinistra.
E si puo' andare anche oltre se si analizza il motivo, del resto intuibile, di questo flirt tra destra ed immigrati:
... se i partiti conservatori propongono una gestione dell' immigrazione realistica, umanitaria e ragionevole, diventano rapidamente attraenti per un gran numero di immigrati. Perché molti dei valori tradizionali della destra sono gli stessi che hanno spinto gli immigrati a lasciare il loro Paese, come la forza della famiglia, o il mito dell' uomo che "si è fatto da solo"...
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/06/Extracomunitari_solo_Sinistra_non_Affatto_co_9_101206017.shtml
Macchè voti a sinistra! Questo è solo un pregiudizio duro a morire.
Asiatici ed europei pendono stabilmente a destra; solo nord-africani e sudamericani guardano in prevalenza a sinistra.
E si puo' andare anche oltre se si analizza il motivo, del resto intuibile, di questo flirt tra destra ed immigrati:
... se i partiti conservatori propongono una gestione dell' immigrazione realistica, umanitaria e ragionevole, diventano rapidamente attraenti per un gran numero di immigrati. Perché molti dei valori tradizionali della destra sono gli stessi che hanno spinto gli immigrati a lasciare il loro Paese, come la forza della famiglia, o il mito dell' uomo che "si è fatto da solo"...
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/06/Extracomunitari_solo_Sinistra_non_Affatto_co_9_101206017.shtml
Giornalismo d' inchiesta
Diciamolo, da noi esiste un po' il mito del "giornalismo d' inchiesta" americano, è una pratica benemerita finchè non strizza l' occhio al "complottismo", altra mania mai sopita dalle nostre parti.
Recentemente, il format preferito dai cultori del genere è stato la docu-fiction.
Il problema maggiore con la docu-fiction è che non si capisce mai bene cosa sia "docu" e cosa sia "fiction".
Prendiamo il nostro amico Michael Moore, campione simultaneo di inchieste e "complottismo".
Ricordate il bisturi tagliente con il quale ispezionava lo stato della sanità americana? Il punto di forza era l' imbarazzante confronto con gli splendori cubani.
Ma...
Che figuraccia per Michael Moore. E per colpa di suoi due amici, poi: Fidel Castro, il dittatore davanti al quale il regista usa prosternarsi con reciproca soddisfazione, e Julian Assange, per la cui libertà Moore sta firmando, ironia della sorte, appelli e petizioni. Che figuraccia, perché da uno dei cablo intercettati e resi pubblici da WikiLeaks, si apprende che il regime castrista aveva vietato negli anni scorsi nei cinema dell' Avana la proiezione di Sicko, il film con cui Michael Moore voleva dimostrare che la sanità socialista cubana era di gran lunga migliore di quella capitalistica «amerikana». La solita denuncia delle malefatte dell' imperialismo yankee e la solita glorificazione della tirannia castrista, descritta come un paradiso sanitario in lotta perenne contro il mostro di Washington. Ma come, se era un panegirico perché allora i burocrati cubani ne hanno vietato la diffusione? Se era una mediocre operazione di servilismo filo-castrista, molto frequente nel cinema americano (da Oliver Stone a Sean Penn), perché mai i censori comunisti dell' Avana si sono premurati di proibirlo? La spiegazione, messa in evidenza dai dispacci resi pubblici da Assange, ha del paradossale. Ma è vera. Si è appreso infatti che Moore, a dimostrazione dell' eccellenza della sanità cubana, ha girato il suo filmetto nelle cliniche esclusivamente riservate ai papaveri del Partito, alla cricca al potere che nei Paesi del socialismo reale viene comunemente definita nomenclatura. I grandi ospedali descritti da Moore erano i luoghi del privilegio da cui erano esclusi tutti gli altri poveri cubani. Ecco la ragione del divieto: la popolazione cubana, vedendo le scene riprese da Moore per fare un favore al regime, si sarebbe molto inalberata nel constatare le condizioni dorate della nomenclatura. Meglio proibire. Meglio censurare. Per Moore una figuraccia. Tutta una vita a mostrarsi coraggioso e indipendente, ed è bastato un cablo a dimostrare di che pasta è veramente fatto il vendicatore dei torti americani e il cantore delle dittature: all' Avana sì, ma solo con i dollari. E le bugie.
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/21/Servilismo_diventa_Trappola_Michael_Moore_co_9_101221049.shtml
Peccato che questi "ma" arrivano solo dopo anni, quando ormai il "dibattito" è morto e sepolto e il nostro eroe si è già lanciato verso nuove imprese demistificatorie.
Con certa gente i "ma" arrivano tardi... "ma" sempre.
Recentemente, il format preferito dai cultori del genere è stato la docu-fiction.
Il problema maggiore con la docu-fiction è che non si capisce mai bene cosa sia "docu" e cosa sia "fiction".
Prendiamo il nostro amico Michael Moore, campione simultaneo di inchieste e "complottismo".
Ricordate il bisturi tagliente con il quale ispezionava lo stato della sanità americana? Il punto di forza era l' imbarazzante confronto con gli splendori cubani.
Ma...
Che figuraccia per Michael Moore. E per colpa di suoi due amici, poi: Fidel Castro, il dittatore davanti al quale il regista usa prosternarsi con reciproca soddisfazione, e Julian Assange, per la cui libertà Moore sta firmando, ironia della sorte, appelli e petizioni. Che figuraccia, perché da uno dei cablo intercettati e resi pubblici da WikiLeaks, si apprende che il regime castrista aveva vietato negli anni scorsi nei cinema dell' Avana la proiezione di Sicko, il film con cui Michael Moore voleva dimostrare che la sanità socialista cubana era di gran lunga migliore di quella capitalistica «amerikana». La solita denuncia delle malefatte dell' imperialismo yankee e la solita glorificazione della tirannia castrista, descritta come un paradiso sanitario in lotta perenne contro il mostro di Washington. Ma come, se era un panegirico perché allora i burocrati cubani ne hanno vietato la diffusione? Se era una mediocre operazione di servilismo filo-castrista, molto frequente nel cinema americano (da Oliver Stone a Sean Penn), perché mai i censori comunisti dell' Avana si sono premurati di proibirlo? La spiegazione, messa in evidenza dai dispacci resi pubblici da Assange, ha del paradossale. Ma è vera. Si è appreso infatti che Moore, a dimostrazione dell' eccellenza della sanità cubana, ha girato il suo filmetto nelle cliniche esclusivamente riservate ai papaveri del Partito, alla cricca al potere che nei Paesi del socialismo reale viene comunemente definita nomenclatura. I grandi ospedali descritti da Moore erano i luoghi del privilegio da cui erano esclusi tutti gli altri poveri cubani. Ecco la ragione del divieto: la popolazione cubana, vedendo le scene riprese da Moore per fare un favore al regime, si sarebbe molto inalberata nel constatare le condizioni dorate della nomenclatura. Meglio proibire. Meglio censurare. Per Moore una figuraccia. Tutta una vita a mostrarsi coraggioso e indipendente, ed è bastato un cablo a dimostrare di che pasta è veramente fatto il vendicatore dei torti americani e il cantore delle dittature: all' Avana sì, ma solo con i dollari. E le bugie.
http://archiviostorico.corriere.it/2010/dicembre/21/Servilismo_diventa_Trappola_Michael_Moore_co_9_101221049.shtml
Peccato che questi "ma" arrivano solo dopo anni, quando ormai il "dibattito" è morto e sepolto e il nostro eroe si è già lanciato verso nuove imprese demistificatorie.
Con certa gente i "ma" arrivano tardi... "ma" sempre.
Spiegare tutto? Facile!
L' evoluzionsmo puo' spiegare la musica, la bellezza, la letteratura?
Sì, perchè l' evoluzionismo, ricorrendo a spiegazioni banali, puo' spiegare tutto. Forse per quello esalta tanto noi dilettanti:
And the explanations really are as absurd... precisely because they are looking to explain something that they have not defined. Until you define what music is, and how it differs from pitched sound, for example, you will not know what question you are asking, when you inquire into its origins. Until you recognize that the human sense of beauty is a completely different thing from the peahen’s sexual attraction, you won’t know what, if anything, is proved by the sparse similarities...
Worse, the whole “adaptation” approach to human phenomena is topsy-turvy. It involves a mechanical application, case by case, of the theory of natural selection, as supplemented by modern genetics. It tells us that, if a trait is widespread across our species, then it has been “selected for.” But this means only that the trait is not maladaptive, that it is not something that would disappear under evolutionary pressure. And that is a trivial observation. Everything that exists could be said to be not dysfunctional. That tells us nothing about how the thing in question came to exist. Nor does it tell us anything about its meaning or significance for us.
Consider mathematics. There is no doubt that this is not maladaptive. A creature with mathematical competence is not likely to suffer from this trait in such a way as to impair its reproductive chances. Does this mean that we have at last got a theory of mathematics — a theory of what it is, why it exists, and what it means for us?...
Sì, perchè l' evoluzionismo, ricorrendo a spiegazioni banali, puo' spiegare tutto. Forse per quello esalta tanto noi dilettanti:
And the explanations really are as absurd... precisely because they are looking to explain something that they have not defined. Until you define what music is, and how it differs from pitched sound, for example, you will not know what question you are asking, when you inquire into its origins. Until you recognize that the human sense of beauty is a completely different thing from the peahen’s sexual attraction, you won’t know what, if anything, is proved by the sparse similarities...
Worse, the whole “adaptation” approach to human phenomena is topsy-turvy. It involves a mechanical application, case by case, of the theory of natural selection, as supplemented by modern genetics. It tells us that, if a trait is widespread across our species, then it has been “selected for.” But this means only that the trait is not maladaptive, that it is not something that would disappear under evolutionary pressure. And that is a trivial observation. Everything that exists could be said to be not dysfunctional. That tells us nothing about how the thing in question came to exist. Nor does it tell us anything about its meaning or significance for us.
Consider mathematics. There is no doubt that this is not maladaptive. A creature with mathematical competence is not likely to suffer from this trait in such a way as to impair its reproductive chances. Does this mean that we have at last got a theory of mathematics — a theory of what it is, why it exists, and what it means for us?...
Cos' è il sesso?
Ci sono varie concezioni in merito, per capire da che parte state potrebbe essere utile sottoporsi ad un esperimento mentale.
Considerate una donna che "faccia l' amore" (o "faccia sesso") con un uomo che si finge suo marito - mentre magari è... suo padre. Domanda: possiamo considerarla vittima di uno stupro?
Se il sesso fosse, come diceva Freud, "qualcosa" che riguarda i genitali, è difficile giungere ad una conclusione affermativa. Al limite si tratta di un semplice inganno.
Limitando l' analisi alle "sensazioni", la donna ha accettato quel che provava, magari lo ha fatto anche in modo entusiastico. D' altronde, possiamo benissimo supporre che l' uomo fosse disposto a fermarsi di fronte alla minima resistenza.
Se invece siete orientati a considerare tutto cio' alla stregua di uno stupro, allora per voi contano molto le "intenzioni", ovvero l' elemento immateriale del sesso. Vogliamo chiamarlo " elemento spirituale" o l' espressione suona troppo desueta?
Oggi (in reltà dai tempi di Freud) siamo tutti allegramente imbarcati sulla nave "materialista", ma forse non ci rendiamo bene conto fino in fondo di cosa cio' implichi.
Una cosa è certa, se siete per l' ipotesi-stupro, cercate perlomeno di limitare l' uso della locuzione "fare sesso".
Considerate una donna che "faccia l' amore" (o "faccia sesso") con un uomo che si finge suo marito - mentre magari è... suo padre. Domanda: possiamo considerarla vittima di uno stupro?
Se il sesso fosse, come diceva Freud, "qualcosa" che riguarda i genitali, è difficile giungere ad una conclusione affermativa. Al limite si tratta di un semplice inganno.
Limitando l' analisi alle "sensazioni", la donna ha accettato quel che provava, magari lo ha fatto anche in modo entusiastico. D' altronde, possiamo benissimo supporre che l' uomo fosse disposto a fermarsi di fronte alla minima resistenza.
Se invece siete orientati a considerare tutto cio' alla stregua di uno stupro, allora per voi contano molto le "intenzioni", ovvero l' elemento immateriale del sesso. Vogliamo chiamarlo " elemento spirituale" o l' espressione suona troppo desueta?
Oggi (in reltà dai tempi di Freud) siamo tutti allegramente imbarcati sulla nave "materialista", ma forse non ci rendiamo bene conto fino in fondo di cosa cio' implichi.
Una cosa è certa, se siete per l' ipotesi-stupro, cercate perlomeno di limitare l' uso della locuzione "fare sesso".
lunedì 20 dicembre 2010
L' immaginifico fascista
L' Immaginifico Fascista.
***intro***
In tema di libri, l' ultimo stimolante solletico sotto l' ascella non me l' ha elargito Fahre, bensì Damasco.
In una recente trasmissione lo scrittore D' Alessandro è riuscito nella facile e meritoria impresa di liberare via etere il carisma di Mr. Pound.
Le sapide chiose, unite alla solenne lettura del Canto 45 (o "Canto dell' Usura"), hanno compiuto il mini-miracolo radiofonico.
In tutto il Belpaese, e anche nella mia casetta rossa, ha vibrato l' inconfondibile voce effondendo ovunque il suo classico timbro tonante ed ancestrale.
E' la voce del tamburo suonato dalla tribù che ci scotennerà. Niente pastette con quell' Essere che mugghia da una grotta posta al centro della terra.
***volo***
Con il pullulare di narratori dal rigo sfumato e tremebondo - un rigo serpentello che si aggira circospetto nel bianco deserto della pagina, sempre dedito alle retromarce, sempre pronto a ricavare ovunque uscite di sicurezza - è una boccata d' aria fresca vedere all' opera chi, quella stessa pagina, la schiavizza asservendola all' alto proclama di cui è degno ambasciatore.
L' incedere assertivo è quello di un bulldozer che appiattisce le incertezze e schianta le titubanze della cognizione moderna (la stessa che ha partorito ed è ora vittima di "Usura").
Queste bordate che annichiliscono il perplesso ci arrivano da epoche remote, fuori dalla storia.
Una parola ferma, scolpita, deliricizzata. Che è lì da sempre ma che ci rende l' alto onore di opacizzarsi di fronte a noi.
La sua solitudine la nobilita, non è appendice di alcun pensiero.
Purchè arginata, anche la sua incomprensibilità e l' arcano riferimento sono funzionali all' effetto complessivo. Ti svuota lo stomaco, come un decollo problematico del Jumbo, come quando manchi un gradino in sogno.
***cronaca***
Dopo il primo quarto d' ora di trasmissione il drago già emetteva la sua iridescente sfiammata.
E' stato allora che sono scattati tutti insieme gli allarmi di Via Asiago.
Il povero D'Alessandro, colto da un eccesso di zelo, ha cominciato ad ammonire, ad avvisare, ad intimare, ad avvertire urbi et orbi: andava operata un' immediata, imperativa e radicale scissione tra l' inarrivabile Poeta e il fiero Nazifascista.
E non parlo di un fascistello che si limitò a firmare qualche circolare di troppo tanto per non mettere a repentaglio lo stipendio del 27. No. Parlo dell' entusiasta ideologo e del tardivo aderente.
Tardivo: quando ormai la maschera del mostro era giù calata da molto e il peggio del peggio era già alla luce ben in vista.
Secondo D' Alessandro la "scissione" è possibile.
A dire del conduttore infatti, dimenticarsi completamente della nefanda esistenza di questo orco non inficierebbe in alcun modo la lettura della sua opera.
D' altronde il concetto di "Usura" puo' essere ricondotto al concetto più tranquillizzante di "Sfruttamento dell' Uomo sull' Uomo", di "Dominio dell' Economia sulla Bellezza".
Il contrario dell' "Usura" è quella Libertà creativa attraverso cui ogni spirito umano si compie appieno rompendo le catene del bisogno ed entrando in magica armonia con la natura.
Esistono forse concettualizzazioni più domestiche e innocue?
Il canto 45, di conseguenza, non sarebbe altro che l' espressione vivida di queste nozioni, fatta in uno stile fino ad allora inaudito.
Sarà...
***paradosso***
Ma, mi chiedo io: anche prendendo il messaggio poundiano così rielaborato...anzi, ancora di più se lo considero precisato come sopra, esiste forse contenuto migliore per un Canto Fazzista?
No. Le due cose si sposano a meraviglia assistendosi reciprocamente in un Matrimonio da sogno dove tutti vissero felici e contenti.
Se guardo al Poeta - l' occhio sbarrato intento a pronunciare parole definitive, la possente scultura del suo pennino, la voce pindarica così versata a dire l' apodittico, la postura marmorea e impettita - lo colloco con naturalezza su un balcone di Piazza Venezia che stia almeno dieci piani sopra quello del suo adorato Duce.
Dieci piani sopra, ma il condominio è quello.
***esempi***
Faccio qualche parallelo.
Se mai esiste una forma di "ispirazione" anche per il fruitore dell' opera d' arte, allora confesserò che il ricordo della fine di Hendrix mi corrobora un casino mentre resto esposto alle performances del chitarrista negro.
Il solo di Woodoo Chile mi teletrasporta in un cesso della Centrale dove un eroinomane è in preda ad orribili spasmi testoriani. Molto espressivo.
Ma per dare nitore ad un simile trip, bisogna che Jimi impugni sia la Stratocaster che la fedele Siringa.
Avanto con il prossimo: e perchè mai dovrei rinunciare a sorreggere la mia ammirazione per Majakovskij rifiutando di pensarlo come un selvaggio comunista in preda a deliri rivoluzionari?
Sento che questa rinuncia mi nuocerebbe e mi renderebbe meno ricettivo! Che mi farebbe notare perfino un certo suo semplicismo che fino ad oggi ho volutamente trascurato senza fatica.
Potrei continuare all' infinito, ma se non mi sono spiegato con i pochi ed eterogenei esempi già prodotti, non riuscirei mai a farlo.
***cadenza***
A volte ho l' impressione che Pound si sia dedicato alla meticolosa accumulazione di colpevolezze per far esplodere più fragorosamente il suo fragoroso petardo.
E chi siamo io e D'Alessandro per sabotargli questa sfolgorante ed efficace scenografia che il tapino ha pagato tanto cara?
***intro***
In tema di libri, l' ultimo stimolante solletico sotto l' ascella non me l' ha elargito Fahre, bensì Damasco.
In una recente trasmissione lo scrittore D' Alessandro è riuscito nella facile e meritoria impresa di liberare via etere il carisma di Mr. Pound.
Le sapide chiose, unite alla solenne lettura del Canto 45 (o "Canto dell' Usura"), hanno compiuto il mini-miracolo radiofonico.
In tutto il Belpaese, e anche nella mia casetta rossa, ha vibrato l' inconfondibile voce effondendo ovunque il suo classico timbro tonante ed ancestrale.
E' la voce del tamburo suonato dalla tribù che ci scotennerà. Niente pastette con quell' Essere che mugghia da una grotta posta al centro della terra.
***volo***
Con il pullulare di narratori dal rigo sfumato e tremebondo - un rigo serpentello che si aggira circospetto nel bianco deserto della pagina, sempre dedito alle retromarce, sempre pronto a ricavare ovunque uscite di sicurezza - è una boccata d' aria fresca vedere all' opera chi, quella stessa pagina, la schiavizza asservendola all' alto proclama di cui è degno ambasciatore.
L' incedere assertivo è quello di un bulldozer che appiattisce le incertezze e schianta le titubanze della cognizione moderna (la stessa che ha partorito ed è ora vittima di "Usura").
Queste bordate che annichiliscono il perplesso ci arrivano da epoche remote, fuori dalla storia.
Una parola ferma, scolpita, deliricizzata. Che è lì da sempre ma che ci rende l' alto onore di opacizzarsi di fronte a noi.
La sua solitudine la nobilita, non è appendice di alcun pensiero.
Purchè arginata, anche la sua incomprensibilità e l' arcano riferimento sono funzionali all' effetto complessivo. Ti svuota lo stomaco, come un decollo problematico del Jumbo, come quando manchi un gradino in sogno.
***cronaca***
Dopo il primo quarto d' ora di trasmissione il drago già emetteva la sua iridescente sfiammata.
E' stato allora che sono scattati tutti insieme gli allarmi di Via Asiago.
Il povero D'Alessandro, colto da un eccesso di zelo, ha cominciato ad ammonire, ad avvisare, ad intimare, ad avvertire urbi et orbi: andava operata un' immediata, imperativa e radicale scissione tra l' inarrivabile Poeta e il fiero Nazifascista.
E non parlo di un fascistello che si limitò a firmare qualche circolare di troppo tanto per non mettere a repentaglio lo stipendio del 27. No. Parlo dell' entusiasta ideologo e del tardivo aderente.
Tardivo: quando ormai la maschera del mostro era giù calata da molto e il peggio del peggio era già alla luce ben in vista.
Secondo D' Alessandro la "scissione" è possibile.
A dire del conduttore infatti, dimenticarsi completamente della nefanda esistenza di questo orco non inficierebbe in alcun modo la lettura della sua opera.
D' altronde il concetto di "Usura" puo' essere ricondotto al concetto più tranquillizzante di "Sfruttamento dell' Uomo sull' Uomo", di "Dominio dell' Economia sulla Bellezza".
Il contrario dell' "Usura" è quella Libertà creativa attraverso cui ogni spirito umano si compie appieno rompendo le catene del bisogno ed entrando in magica armonia con la natura.
Esistono forse concettualizzazioni più domestiche e innocue?
Il canto 45, di conseguenza, non sarebbe altro che l' espressione vivida di queste nozioni, fatta in uno stile fino ad allora inaudito.
Sarà...
***paradosso***
Ma, mi chiedo io: anche prendendo il messaggio poundiano così rielaborato...anzi, ancora di più se lo considero precisato come sopra, esiste forse contenuto migliore per un Canto Fazzista?
No. Le due cose si sposano a meraviglia assistendosi reciprocamente in un Matrimonio da sogno dove tutti vissero felici e contenti.
Se guardo al Poeta - l' occhio sbarrato intento a pronunciare parole definitive, la possente scultura del suo pennino, la voce pindarica così versata a dire l' apodittico, la postura marmorea e impettita - lo colloco con naturalezza su un balcone di Piazza Venezia che stia almeno dieci piani sopra quello del suo adorato Duce.
Dieci piani sopra, ma il condominio è quello.
***esempi***
Faccio qualche parallelo.
Se mai esiste una forma di "ispirazione" anche per il fruitore dell' opera d' arte, allora confesserò che il ricordo della fine di Hendrix mi corrobora un casino mentre resto esposto alle performances del chitarrista negro.
Il solo di Woodoo Chile mi teletrasporta in un cesso della Centrale dove un eroinomane è in preda ad orribili spasmi testoriani. Molto espressivo.
Ma per dare nitore ad un simile trip, bisogna che Jimi impugni sia la Stratocaster che la fedele Siringa.
Avanto con il prossimo: e perchè mai dovrei rinunciare a sorreggere la mia ammirazione per Majakovskij
Sento che questa rinuncia mi nuocerebbe e mi renderebbe meno ricettivo! Che mi farebbe notare perfino un certo suo semplicismo che fino ad oggi ho volutamente trascurato senza fatica.
Potrei continuare all' infinito, ma se non mi sono spiegato con i pochi ed eterogenei esempi già prodotti, non riuscirei mai a farlo.
***cadenza***
A volte ho l' impressione che Pound si sia dedicato alla meticolosa accumulazione di colpevolezze per far esplodere più fragorosamente il suo fragoroso petardo.
E chi siamo io e D'Alessandro per sabotargli questa sfolgorante ed efficace scenografia che il tapino ha pagato tanto cara?
Landsburg e Pratesi
Ricordate l' uscita di Fulco Pratesi?: sono ecologista e quindi mi lavo una volta ogni sette giorni.
Nel ragionamento "verde" c' è qualcosa che non va; il miglior modo di farlo capire senza dirlo esplicitamente l' ha escogitato il solito Landsbourg (cito da "fair play")
"My daughter Cayley's teachers have pronounced from on high that because water is valuable to others, we should be exceptionally frugal with it… Yet teachers rarely argue that “because building supplies are valuable to others, we ought to build fewer schools”; even more rarely do they argue that “because skilled workers are valuable in industry, we ought to have fewer teachers.”
Nel ragionamento "verde" c' è qualcosa che non va; il miglior modo di farlo capire senza dirlo esplicitamente l' ha escogitato il solito Landsbourg (cito da "fair play")
"My daughter Cayley's teachers have pronounced from on high that because water is valuable to others, we should be exceptionally frugal with it… Yet teachers rarely argue that “because building supplies are valuable to others, we ought to build fewer schools”; even more rarely do they argue that “because skilled workers are valuable in industry, we ought to have fewer teachers.”
venerdì 17 dicembre 2010
Arte invisibile
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http://www.thesun.co.uk/sol/homepage/news/3256046/Taxpayers-cash-spent-on-invisible-art.html
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Per non fare confusione: http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2010/12/13/SCUOLA-Le-paritarie-abbassano-il-livello-solo-un-idea-falsa-di-Repubblica/1/133355/
giovedì 16 dicembre 2010
Donne arruolate
In una recente intervista il filosofo conservatore Roger Scruton bollava come assurdo il concetto di "genere", i vecchi concetti legati alla "sessualità" tradizionale sono più che sufficienti per trattare certe faccende.
"Genere" è un concetto culturale mentre "sesso" un concetto biologico. Il "genere" si sceglie, il sesso no.
Ma qualcuno pensa davvero che Scruton abbia difficoltà a concepire influssi culturali legati al sesso? No, ovviamente.
E allora, perchè mai introdurre un nuovo termine ("genere") con allegati i cosiddetti "gender studies"?
Dietro la rinnovata terminologia c' è una tesi ben precisa: cio' che chiamiamo "influsso culturale" è, ed è sempre stato nella storia, l' inganno riuscito attraverso cui la "classe dei maschi" ha sottomesso e sfruttato la "classe delle femmine".
Parlo di "classe" non a caso, vista l' ascendenza marxista dei "gender studies" che guardano alla storia come ad una lotta (a somma zero) tra maschi e femmine traendo la loro strumentazione teorica da chi vi ha visto in precedenza una lotta continua tra tra padroni e proletari.
La donna che non ammette questo conflitto, molto semplicemente non puo' essere arruolata tra le "femministe".
L' alternativa liberale è infatti di considerare i differenti ruoli sociali che si presentano nella storia come una modalità condivisa di organizzare razionalmente la società sulla base delle differenze sessuali che di fatto esistono.
Per esempio, se la punizione in seguito ad adulterio è più severa per le donne, questo non è indice di vessazione ma riflette il danno maggiore che procura l' infedeltà femminile (mantenere per una vita un figlio non mio ha costi molto alti).
Altro esempio, il ruolo domestico della donna rifletteva sia le modalità della maternità, sia la qualità dei lavori esistenti, basati innanzitutto sulla forza fisica.
Nessuna congiura, quindi.
Ora, chi ritiene che la cultura passata sia stata perlopiù un inganno attraverso cui vessare la donna, ritiene anche che occorra combatterla ora con gli strumenti propri della cultura, ovvero "rettificando" le parole e costruendo un linguaggio "politically correct" che serva alla bisogna.
Per chi ritiene invece che la cultura passata rispecchi un sincero sforzo di organizzazione sociale, una battaglia del genere è assurda: saranno le mutate condizioni di fatto a mutare i ruoli e i comportamenti degli attori sociali.
"Genere" è un concetto culturale mentre "sesso" un concetto biologico. Il "genere" si sceglie, il sesso no.
Ma qualcuno pensa davvero che Scruton abbia difficoltà a concepire influssi culturali legati al sesso? No, ovviamente.
E allora, perchè mai introdurre un nuovo termine ("genere") con allegati i cosiddetti "gender studies"?
Dietro la rinnovata terminologia c' è una tesi ben precisa: cio' che chiamiamo "influsso culturale" è, ed è sempre stato nella storia, l' inganno riuscito attraverso cui la "classe dei maschi" ha sottomesso e sfruttato la "classe delle femmine".
Parlo di "classe" non a caso, vista l' ascendenza marxista dei "gender studies" che guardano alla storia come ad una lotta (a somma zero) tra maschi e femmine traendo la loro strumentazione teorica da chi vi ha visto in precedenza una lotta continua tra tra padroni e proletari.
La donna che non ammette questo conflitto, molto semplicemente non puo' essere arruolata tra le "femministe".
L' alternativa liberale è infatti di considerare i differenti ruoli sociali che si presentano nella storia come una modalità condivisa di organizzare razionalmente la società sulla base delle differenze sessuali che di fatto esistono.
Per esempio, se la punizione in seguito ad adulterio è più severa per le donne, questo non è indice di vessazione ma riflette il danno maggiore che procura l' infedeltà femminile (mantenere per una vita un figlio non mio ha costi molto alti).
Altro esempio, il ruolo domestico della donna rifletteva sia le modalità della maternità, sia la qualità dei lavori esistenti, basati innanzitutto sulla forza fisica.
Nessuna congiura, quindi.
Ora, chi ritiene che la cultura passata sia stata perlopiù un inganno attraverso cui vessare la donna, ritiene anche che occorra combatterla ora con gli strumenti propri della cultura, ovvero "rettificando" le parole e costruendo un linguaggio "politically correct" che serva alla bisogna.
Per chi ritiene invece che la cultura passata rispecchi un sincero sforzo di organizzazione sociale, una battaglia del genere è assurda: saranno le mutate condizioni di fatto a mutare i ruoli e i comportamenti degli attori sociali.
Svezia: non prendiamoci il peggio!
All' inizio degli anni novanta la Svezia era un paese sull' orlo del baratro, oggi la situazione è cambiata decisamente in meglio, che lezione possiamo trarne?
La ricetta della resurrezione svedese non andrebbe dispersa: basse tasse alle imprese, privatizzazioni (a cominciare dalle scuole) e deregolamentazione dei mercati.
Eppure, chissà perchè, quando si addita la Svezia a modello molti finiscono per ammirare la pesante zavorra che stava affondando il paese.
Per i dettagli cedo la parola ad Andreas Bergh: http://reason.tv/video/show/andreas-bergh-inteview.
Interessanti sono anche le considerazioni sull' origine della ricchezza svedese:
"The Nordic nation became rich between 1870 and 1970 when government was very small, but then began to stagnate as welfare state policies were implemented in the 1970s and 1980s"
Una cosa mi ha stupito:
Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford -- so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them... (http://dissectleft.blogspot.com/2005_09_04_dissectleft_archive.html#112601329474472881).
Un dato che sembra collimare con il concetto di "bureaugamia" introdotto da Christina Hoff Sommers: le donne che si consideravano "matenute" dal marito ora sono "mantenute" dallo Stato: dalla padella alla brace.
add: tra USA e Svezia c' è differenza nella distribuzione dei redditi ma non poi così tanta nella distribuzione della ricchezza.
La ricetta della resurrezione svedese non andrebbe dispersa: basse tasse alle imprese, privatizzazioni (a cominciare dalle scuole) e deregolamentazione dei mercati.
Eppure, chissà perchè, quando si addita la Svezia a modello molti finiscono per ammirare la pesante zavorra che stava affondando il paese.
Per i dettagli cedo la parola ad Andreas Bergh: http://reason.tv/video/show/andreas-bergh-inteview.
Interessanti sono anche le considerazioni sull' origine della ricchezza svedese:
"The Nordic nation became rich between 1870 and 1970 when government was very small, but then began to stagnate as welfare state policies were implemented in the 1970s and 1980s"
Una cosa mi ha stupito:
Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford -- so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them... (http://dissectleft.blogspot.com/2005_09_04_dissectleft_archive.html#112601329474472881).
Un dato che sembra collimare con il concetto di "bureaugamia" introdotto da Christina Hoff Sommers: le donne che si consideravano "matenute" dal marito ora sono "mantenute" dallo Stato: dalla padella alla brace.
add: tra USA e Svezia c' è differenza nella distribuzione dei redditi ma non poi così tanta nella distribuzione della ricchezza.
mercoledì 15 dicembre 2010
Meditazione libertaria sul Vangelo del 19 dicembre
Vangelo secondo Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
A Maria viene annunciata la futura miracolosa maternità.
Gran parte di questa esperienza si ripete in tutte le donne poichè tutte le maternità hanno in sè qualcosa di miracoloso: nel ventre prende forma un corpo ma si cala anche un' anima dalla provenienza misteriosa. Spiegare l' incarnazione di una libertà è impresa vana, su questo fronte la resa cognitiva e l' accettazione del miracolo non ha nulla di disonorevole.
Tuttavia, oggigiorno vegliare attivi su questo miracolo, un onere e un privilegio concesso dalla natura in primis alla donna, è considerato invece fonte di umiliazione e di assoggettamento tarpante.
La maternità incatena mentre "il lavoro nobilità", non sono in pochi coloro che, vittimizzandosi, gridano questo slogan dalla sinistra reminiscenza.
Madre e Lavoratrice, Maria ha svolto entrambi i compiti nobilitandoli anche quando erano umili. Sarebbe da stupidi sacrificare un ruolo sull' altare dell' altro.
Addendo: sia chiaro, non sono tra coloro i quali pensano che una donna si privi senza rimedio di una gamma di sensazioni e affetti per il fatto di non essere mamma. E lo dico per esperienza: io oggi sono padre, ed è una sensazione bellissima, ma millanterei se dicessi di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto. Penso che per le donne valga lo stesso: una vita interiore intensa ti porta ovunque. la Grazia è dappertutto e lo dimostra continuamente.
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
A Maria viene annunciata la futura miracolosa maternità.
Gran parte di questa esperienza si ripete in tutte le donne poichè tutte le maternità hanno in sè qualcosa di miracoloso: nel ventre prende forma un corpo ma si cala anche un' anima dalla provenienza misteriosa. Spiegare l' incarnazione di una libertà è impresa vana, su questo fronte la resa cognitiva e l' accettazione del miracolo non ha nulla di disonorevole.
Tuttavia, oggigiorno vegliare attivi su questo miracolo, un onere e un privilegio concesso dalla natura in primis alla donna, è considerato invece fonte di umiliazione e di assoggettamento tarpante.
La maternità incatena mentre "il lavoro nobilità", non sono in pochi coloro che, vittimizzandosi, gridano questo slogan dalla sinistra reminiscenza.
Madre e Lavoratrice, Maria ha svolto entrambi i compiti nobilitandoli anche quando erano umili. Sarebbe da stupidi sacrificare un ruolo sull' altare dell' altro.
Addendo: sia chiaro, non sono tra coloro i quali pensano che una donna si privi senza rimedio di una gamma di sensazioni e affetti per il fatto di non essere mamma. E lo dico per esperienza: io oggi sono padre, ed è una sensazione bellissima, ma millanterei se dicessi di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto. Penso che per le donne valga lo stesso: una vita interiore intensa ti porta ovunque. la Grazia è dappertutto e lo dimostra continuamente.
Eureka!
Cosa determina il successo di una persona nel mondo moderno?
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
lunedì 13 dicembre 2010
Sei idee di giustizia
Sono quelle in campo oggi. Innanzitutto un elenchino il più scheletrico possibile.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
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Teoria generale del fisco
Un' introduzione chiara e di sostanza.
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Shrek
Ho rivisto due volte l' inizio ma ancora mi sfugge l' essenziale.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
sabato 11 dicembre 2010
La coerenza dei cattolici in politica
Nelle mailnglist dei ciellini gira commentato con entusiasmo lo scambio tra Maurizio Lupi ed Eugenio Scalfari intorno alla figura del cattolico berlusconiano.
Voi con chi state? Con il pragmatista (Lupi) o con il moralista (Scalfari)?
Io, vista la mia avversione al bigottismo in politica, non ho dubbi*. Ma quando c' è di mezzo barbapapà quasi mai ho dubbi.
Voi potete decidere leggendo questo scambio.
Altro dilemma è darsi ragione di parti che sembrano rovesciate. Perchè il bigottismo alligna prepotente tra i laicisti?
Solo strumentalizzazione politica? Non credo.
Noi non abbiamo certo bisogno del fulgido esempio di Scalfari visto che il nostro Osservatorio ha nel mirino un prototipo esemplare del "Giornalista Unico"**, parlo di "Fahre", e possiamo quindi constatare tutti i giorni questo singolare modo di trasudare omelie a sprone della crociata più di moda.
A ritmo alternato si filosofeggia un giorno a favore del pragmatismo, per passare all' azione il giorno dopo con la lancia del moralismo in resta.
Cosa c' è che non va?
Ancora conflitti irrisolti dopo la caduta di quel beneamato muro dove queste "novelle beghine" si erano a lungo cementificate godendo di una mai abbastanza rimpianta sicurezza uterina?
***
* [... Il cattolico si prefigge un obbiettivo ed è autorizzato a cercare la via migliore per perseguirla. Una sana considerazione che ha spazzato via la perniciosa idea dell' unità politica dei cattolici...]
** Ferrara bollava così il giornalista/opinionista rigoroso osservante di comandamenti scolpiti in tavolette discese da monti a quanto pare molto più alti del Sinai. Serve sottoscriverli per essere ammessi nella "Grande Parrocchia".
Voi con chi state? Con il pragmatista (Lupi) o con il moralista (Scalfari)?
Io, vista la mia avversione al bigottismo in politica, non ho dubbi*. Ma quando c' è di mezzo barbapapà quasi mai ho dubbi.
Voi potete decidere leggendo questo scambio.
Altro dilemma è darsi ragione di parti che sembrano rovesciate. Perchè il bigottismo alligna prepotente tra i laicisti?
Solo strumentalizzazione politica? Non credo.
Noi non abbiamo certo bisogno del fulgido esempio di Scalfari visto che il nostro Osservatorio ha nel mirino un prototipo esemplare del "Giornalista Unico"**, parlo di "Fahre", e possiamo quindi constatare tutti i giorni questo singolare modo di trasudare omelie a sprone della crociata più di moda.
A ritmo alternato si filosofeggia un giorno a favore del pragmatismo, per passare all' azione il giorno dopo con la lancia del moralismo in resta.
Cosa c' è che non va?
Ancora conflitti irrisolti dopo la caduta di quel beneamato muro dove queste "novelle beghine" si erano a lungo cementificate godendo di una mai abbastanza rimpianta sicurezza uterina?
***
* [... Il cattolico si prefigge un obbiettivo ed è autorizzato a cercare la via migliore per perseguirla. Una sana considerazione che ha spazzato via la perniciosa idea dell' unità politica dei cattolici...]
** Ferrara bollava così il giornalista/opinionista rigoroso osservante di comandamenti scolpiti in tavolette discese da monti a quanto pare molto più alti del Sinai. Serve sottoscriverli per essere ammessi nella "Grande Parrocchia".
Cosa significa essere un cristiano libertario?
Le riflessioni di Norman Horn:
http://studentsforliberty.org/blog/lessons-in-liberty-christian-libertarianism/
http://studentsforliberty.org/blog/lessons-in-liberty-christian-libertarianism/
Ti piace la verdura?
Se non piace al palato forse piacerà all' orecchio.
A loro modo sono dei puristi, qui non si bara mica.
Un solo rammarico: le stravaganti premesse rischiano di far passare in secondo piano un brodo che invece è davvero di sostanza.
The Vegetables Orchestra - Onionoise - Transacoustic
A loro modo sono dei puristi, qui non si bara mica.
Un solo rammarico: le stravaganti premesse rischiano di far passare in secondo piano un brodo che invece è davvero di sostanza.
The Vegetables Orchestra - Onionoise - Transacoustic
venerdì 10 dicembre 2010
Una sola moltitudine
Nel mondo della musica girano sempre facce scontente: in molti avrebbero voluto nascere in epoche diverse. Il periodo dell' oro è per definizione altrove.
Forse l' attualità è davvero pessima, ma perlomeno offre una scappatoia: in caso di necessità si possono lenire i propri travagli estetici barricandosi in cameretta per riassemblare la storia della musica a proprio uso e consumo. La strumentazione necessaria è davvero a basso costo.
MH ricorre spesso a questo rimedio estremo. Il suoi isolamenti "mumble mumble" finiscono sempre per essere molto "affollati".
In passato si è dedicato con acribia al cadavere di Mahler smembrandolo e ricucendolo poi insime alla bell' e meglio; nel corso del sabotaggio anche Sinopoli riceveva strattoni poco cortesi. Ma a protezione del discolo calava la sua egida nientemeno che la Deutsche Grammophone.
Qui invece la macchina del tempo fa tappa su altre lande: ci è dato di transitare attraverso un' allucinata "Big Band era" americana, con tutto il corredo di squilli e sincopi che ne segue.
Con la fiction sonora ci si diverte in vari modi, per esempio mischiando la propria biografia emotiva alla musica d' epoca.
Esempi? In Knowing viene concesso l' ingresso ad una cinquantina di solisti ( cantano una parola ciascuno), sono gli ex compagni di scuola; in One Life il pezzo gira intorno all' allarme della care-unit che ospitava in quel periodo il bimbo prematuro di Matthew... mi fermo per non andare sul pesante.
La dinamica dei suoni ondeggia appesa ad una coulisse vorticosa; impallidirebbe anche la sezione di tromboni più indiavolata... quella chiamata ad "ondeggiare come un palmizio".
Matthew Herbert - The Matthew Herbert Big Band - Accidental rec.
Forse l' attualità è davvero pessima, ma perlomeno offre una scappatoia: in caso di necessità si possono lenire i propri travagli estetici barricandosi in cameretta per riassemblare la storia della musica a proprio uso e consumo. La strumentazione necessaria è davvero a basso costo.
MH ricorre spesso a questo rimedio estremo. Il suoi isolamenti "mumble mumble" finiscono sempre per essere molto "affollati".
In passato si è dedicato con acribia al cadavere di Mahler smembrandolo e ricucendolo poi insime alla bell' e meglio; nel corso del sabotaggio anche Sinopoli riceveva strattoni poco cortesi. Ma a protezione del discolo calava la sua egida nientemeno che la Deutsche Grammophone.
Qui invece la macchina del tempo fa tappa su altre lande: ci è dato di transitare attraverso un' allucinata "Big Band era" americana, con tutto il corredo di squilli e sincopi che ne segue.
Con la fiction sonora ci si diverte in vari modi, per esempio mischiando la propria biografia emotiva alla musica d' epoca.
Esempi? In Knowing viene concesso l' ingresso ad una cinquantina di solisti ( cantano una parola ciascuno), sono gli ex compagni di scuola; in One Life il pezzo gira intorno all' allarme della care-unit che ospitava in quel periodo il bimbo prematuro di Matthew... mi fermo per non andare sul pesante.
La dinamica dei suoni ondeggia appesa ad una coulisse vorticosa; impallidirebbe anche la sezione di tromboni più indiavolata... quella chiamata ad "ondeggiare come un palmizio".
Matthew Herbert - The Matthew Herbert Big Band - Accidental rec.
giovedì 9 dicembre 2010
Capire la mente cattolica V
Nel capitolo 7 Vallauri affronta il problema del male e si scatena. La sua accusa non lascia spiragli:
Se a Dio chiedo il bene, è perchè penso che possa compierlo; ma se lo ritengo capace di una cosa del genere e lo benedico quando la realizza, allora, per coerenza, dovrei maledirlo quando fa il male.
Il peccato originale ha precipitato l' uomo in un mondo dove tutto ha un prezzo. Solo in Paradiso regnerà l' amore universale e i prezzi saranno banditi.
Poco fa sono stato in Stazione a comprare un biglietto del treno. Ho forse maledetto il bigliettaio perchè mi ha chiesto 4 euro? No.
Certo, se mi accorgessi che il prezzo corretto fosse stato di 3 euro, tornerei indietro a contestare e magari mi scapperebbe pure qualche impropero.
Se il prezzo è giusto, allora noi viviamo nel migliore dei mondi possibili dato il voncolo della scarsità, ovvero dato il peccato originale.
Non ha senso dunque "maledire".
D' altronde, se non avessi soldi per tornare a casa implorerei il bigliettaio o un passante di regalarmi un biglietto. Magari il mio piano andrebbe in porto, in quel caso benedirei chi ha avuto pietà di me.
"Chiedere" non è dunque insensato.
La conclusione confuta quindi l' accusa: nel mondo migliore possibile, quello in cui ci ha precipitato il peccato originale, ovvero in un mondo dove non esistono "pasti gratis" e tutto ha un prezzo, non ha senso "maledire" se il prezzo è giusto e, contemporaneamente, puo' aver senso "chiedere" e "benedire".
Se a Dio chiedo il bene, è perchè penso che possa compierlo; ma se lo ritengo capace di una cosa del genere e lo benedico quando la realizza, allora, per coerenza, dovrei maledirlo quando fa il male.
Il peccato originale ha precipitato l' uomo in un mondo dove tutto ha un prezzo. Solo in Paradiso regnerà l' amore universale e i prezzi saranno banditi.
Poco fa sono stato in Stazione a comprare un biglietto del treno. Ho forse maledetto il bigliettaio perchè mi ha chiesto 4 euro? No.
Certo, se mi accorgessi che il prezzo corretto fosse stato di 3 euro, tornerei indietro a contestare e magari mi scapperebbe pure qualche impropero.
Se il prezzo è giusto, allora noi viviamo nel migliore dei mondi possibili dato il voncolo della scarsità, ovvero dato il peccato originale.
Non ha senso dunque "maledire".
D' altronde, se non avessi soldi per tornare a casa implorerei il bigliettaio o un passante di regalarmi un biglietto. Magari il mio piano andrebbe in porto, in quel caso benedirei chi ha avuto pietà di me.
"Chiedere" non è dunque insensato.
La conclusione confuta quindi l' accusa: nel mondo migliore possibile, quello in cui ci ha precipitato il peccato originale, ovvero in un mondo dove non esistono "pasti gratis" e tutto ha un prezzo, non ha senso "maledire" se il prezzo è giusto e, contemporaneamente, puo' aver senso "chiedere" e "benedire".
Stupidità + Malizia = Miscela Esposiva
Due premesse.
1. La probabilità che un immigrato clandestino qualsiasi delinqua è molto più elevata rispetto a quella che un italiano qualsiasi delinqua.
2. Eppure, se veniamo a conoscenza di un crimine, è molto più probabile che sia stato commesso da un italiano: gli italiani sono molto più numerosi.
Nel riferire le notizie i giornalisti farebbero bene a non fomentare l' odio irrazionale verso i clandestini.
Nonostante cio', vuoi per malizia (destra xenofoba), vuoi per stupidità (sinistra politically correct), a volte ci cascano.
Capita ai secondi quando per esempio omettono per principio di dare la nazionalità del criminale.
Darla contribuirebbe infatti a riabilitare l' immagine dei poveri clandestini a scapito di quella degli italiani, magari sfruttando un trucco statistico.
Fin qui la teorie. Ora però c' è anche la pratica.
In Svezia, l' abitudine politically correct di fornire informazioni incomplete è inveterata da anni, non mi stupirei se ci fosse anche una legge (SPQS: sono pazzi questi svedesi).
Recentemente in quei paesi sono cresciuti a dismisura i partiti xenofobi, tanto è vero che dobbiamo andar laggiù per incontrare i razzisti più agguerriti d' Europa.
Tra stupide abitudini e razzismo dilagante, qualcuno comincia ad ipotizzare una connessione di causa-effetto. Per esempio il buon Beppe Severgnini.
1. La probabilità che un immigrato clandestino qualsiasi delinqua è molto più elevata rispetto a quella che un italiano qualsiasi delinqua.
2. Eppure, se veniamo a conoscenza di un crimine, è molto più probabile che sia stato commesso da un italiano: gli italiani sono molto più numerosi.
Nel riferire le notizie i giornalisti farebbero bene a non fomentare l' odio irrazionale verso i clandestini.
Nonostante cio', vuoi per malizia (destra xenofoba), vuoi per stupidità (sinistra politically correct), a volte ci cascano.
Capita ai secondi quando per esempio omettono per principio di dare la nazionalità del criminale.
Darla contribuirebbe infatti a riabilitare l' immagine dei poveri clandestini a scapito di quella degli italiani, magari sfruttando un trucco statistico.
Fin qui la teorie. Ora però c' è anche la pratica.
In Svezia, l' abitudine politically correct di fornire informazioni incomplete è inveterata da anni, non mi stupirei se ci fosse anche una legge (SPQS: sono pazzi questi svedesi).
Recentemente in quei paesi sono cresciuti a dismisura i partiti xenofobi, tanto è vero che dobbiamo andar laggiù per incontrare i razzisti più agguerriti d' Europa.
Tra stupide abitudini e razzismo dilagante, qualcuno comincia ad ipotizzare una connessione di causa-effetto. Per esempio il buon Beppe Severgnini.
Solo l' integralismo è razionale
Ieri ho partecipato ad una scuola di comunità dei ciellini. E' praticamente un club di lettura, solo che si leggono solo i libri di Don Giussani.
Stiamo leggendo "Si puo' vivere così?", Rizzoli.
Viene assegnato un capitolo, poi piccoli gruppi di 8/10 persone s' incontrano a casa di un membro a rotazione per commentarlo insieme e rendere testimonianza di episodi di vita vissuta legati a quella tematica.
Dopodichè si mangia e si beve, cosa vi credevate.
Ieri il apitolo riguardava "il sacrificio"; Giussani sul punto non dà scampo: l' uomo di fede deve sacrificare alla fede tutto in ogni momento della sua vita; moglie, marito, figli, ricchezza, non deve guardare in faccia a niente... tutto.
Un tale ha chiesto persino se vincendo al super enalotto la vincita dovesse essere interamente donata alla chiesa, magari alla Compagnia delle Opere. In effetti mi sembra che il Gius non faccia aperture che consentano soluzioni alternative.
Oooohh... questo Giussani, il solito integralista senza ragione... direbbe mia mamma.
Puo' darsi integralista, ma non "senza ragione". E mi spiego.
La scommessa di Pascal è uno degli argomenti più forti per giustificare la razionalità dell' atto di fede.
I cattolici amano però rappresentarsela così: vale sempre la pena di credere quando ci promettono un bene infinito, anche se le probabilità che si realizzi sono minime.
La fede è dunque razionale. Sì, ma la versione dell' argomento fornita da molti cattolici è edulcorata.
Gli atei non riescono a smontarla, ma perlomeno, nel tentativo di farlo, ne danno una formulazione più rigorosa al fine di demoralizzare il credente di buon senso: vale la pena investire tutto nella fede di un bene infinito, anche se improbabile.
Qui l' argomento ateo sviluppato rigorosamente ricorrendo alla teoria delle scommesse.
In altre parole: solo il fondamentalismo è razionale.
In questo senso le parole radicali di Giussani vanno a braccetto con quelle dell' ateo Tabarrok.
Stiamo leggendo "Si puo' vivere così?", Rizzoli.
Viene assegnato un capitolo, poi piccoli gruppi di 8/10 persone s' incontrano a casa di un membro a rotazione per commentarlo insieme e rendere testimonianza di episodi di vita vissuta legati a quella tematica.
Dopodichè si mangia e si beve, cosa vi credevate.
Ieri il apitolo riguardava "il sacrificio"; Giussani sul punto non dà scampo: l' uomo di fede deve sacrificare alla fede tutto in ogni momento della sua vita; moglie, marito, figli, ricchezza, non deve guardare in faccia a niente... tutto.
Un tale ha chiesto persino se vincendo al super enalotto la vincita dovesse essere interamente donata alla chiesa, magari alla Compagnia delle Opere. In effetti mi sembra che il Gius non faccia aperture che consentano soluzioni alternative.
Oooohh... questo Giussani, il solito integralista senza ragione... direbbe mia mamma.
Puo' darsi integralista, ma non "senza ragione". E mi spiego.
La scommessa di Pascal è uno degli argomenti più forti per giustificare la razionalità dell' atto di fede.
I cattolici amano però rappresentarsela così: vale sempre la pena di credere quando ci promettono un bene infinito, anche se le probabilità che si realizzi sono minime.
La fede è dunque razionale. Sì, ma la versione dell' argomento fornita da molti cattolici è edulcorata.
Gli atei non riescono a smontarla, ma perlomeno, nel tentativo di farlo, ne danno una formulazione più rigorosa al fine di demoralizzare il credente di buon senso: vale la pena investire tutto nella fede di un bene infinito, anche se improbabile.
Qui l' argomento ateo sviluppato rigorosamente ricorrendo alla teoria delle scommesse.
In altre parole: solo il fondamentalismo è razionale.
In questo senso le parole radicali di Giussani vanno a braccetto con quelle dell' ateo Tabarrok.
Non esiste la comunità, esistono solo gli individui
1. Per capire se avete a che fare con una mentalità dispotica, non lasciatevi abbagliare dal buonismo o dallo slancio generoso di chi vi sta di fronte, chiedetegli piuttosto di sottoscrivere la massima in calce. Di fronte ad un rifiuto diffidate e prendete le contromisure: siete di fronte ad un ducetto presuntuoso. Magari simpatico, magari generoso ma pur sempre un pallone gonfiato.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
martedì 7 dicembre 2010
Travaglio continuo
Un tempo il grande musicista era pittore, dalla pennellata ben assestata riconoscevi il Maestro.
Oggi è scultore.
[... Pollini alle prese con Chopin basta a rendere persuasivo il punto...]
Una conferma non necessaria la offrono poi questi tre alacri scalpellini.
Ma, attenzione ai distinguo.
Allo scultore si chiede di liberare la forma che è riuscito ad immaginarsi intrappolata in quel quasi-nulla che è la meteria bruta.
Al musicista-scultore si chiede di più: deve inventarsi la forma ma deve anche inventarsi il quasi-nulla della materia bruta! Deve scavare e deve anche essere scavato.
Come contropartita gode comunque di uno sgravio: nessuno gli chiede più di andare oltre l' abbozzo. Partorita la creatura ricomincia con nuovi travagli. Ai bagnetti e alle pappe si dedicherà la manovalanza dei quasi-musicisti, ragazzi di bottega privi d' inventiva ma istruiti a puntino.
Tuba, Serpentone, flauto basso non sono privilegiati per un ghiribizzo: il loro suono fornisce una creta talmente malleabile che non teme la concorrenza degli altri strumenti.
Eugenio Colombo-Michel Godard-Carlo Rizzo - Ciaobelleragazze - Zone
Oggi è scultore.
[... Pollini alle prese con Chopin basta a rendere persuasivo il punto...]
Una conferma non necessaria la offrono poi questi tre alacri scalpellini.
Ma, attenzione ai distinguo.
Allo scultore si chiede di liberare la forma che è riuscito ad immaginarsi intrappolata in quel quasi-nulla che è la meteria bruta.
Al musicista-scultore si chiede di più: deve inventarsi la forma ma deve anche inventarsi il quasi-nulla della materia bruta! Deve scavare e deve anche essere scavato.
Come contropartita gode comunque di uno sgravio: nessuno gli chiede più di andare oltre l' abbozzo. Partorita la creatura ricomincia con nuovi travagli. Ai bagnetti e alle pappe si dedicherà la manovalanza dei quasi-musicisti, ragazzi di bottega privi d' inventiva ma istruiti a puntino.
Tuba, Serpentone, flauto basso non sono privilegiati per un ghiribizzo: il loro suono fornisce una creta talmente malleabile che non teme la concorrenza degli altri strumenti.
Eugenio Colombo-Michel Godard-Carlo Rizzo - Ciaobelleragazze - Zone
Le virtù morali della bancarotta
Lo sapevate che "salvare" un Paese significa che noi paghiamo per lui? Lo sapevate che sono in molti a sperare che altri paghino per loro?
No perchè, in mezzo a tutte le analisi giornalistiche che si avvalgono di gerghi respingenti, il concetto di fondo rischia di uscirne annacquato.
Una bella fiaba, allora, è la cosa migliore per metterlo a fuoco.
Per fortuna oggi ce n' è proprio una in prima pagina. E' una fortuna che da queste parti ci sia ancora un Roberto Perotti in grado di raccontarla.
Leggiamoci allora la storia del cornuto e mazziato Klaus, nonchè quella dei furbacchioni Dimitrij, Patrick, Joao, Pedro e Francesco.
No perchè, in mezzo a tutte le analisi giornalistiche che si avvalgono di gerghi respingenti, il concetto di fondo rischia di uscirne annacquato.
Una bella fiaba, allora, è la cosa migliore per metterlo a fuoco.
Per fortuna oggi ce n' è proprio una in prima pagina. E' una fortuna che da queste parti ci sia ancora un Roberto Perotti in grado di raccontarla.
Leggiamoci allora la storia del cornuto e mazziato Klaus, nonchè quella dei furbacchioni Dimitrij, Patrick, Joao, Pedro e Francesco.
lunedì 6 dicembre 2010
Il sogno del vigliacco
Poche stagioni sono state risparmiate dal pernicioso fenomeno dei giovani che scendono in piazza per lottare e difendere il loro futuro.
[mettete pure le virgolette dove vi aggrada, difficile eccedere].
La periodica "riforma" della scuola italica è in questi casi un' esca succulenta; come saliva canina un fracassoso corteo minorenne e minorato scorrerà presto per le strade di una città adulta e giustamente disinteressata.
Ci sarà pur sempre qualche giornalista co.co.co. che metterà sotto quei menti brufolosi la spugna di un microfono nel quale riprodurre il classico "belato del sedicenne"; ci sarà sempre una foto sul giornale con lei in spagoletta a lui mentre guardano l' orizzonte lontano (in realtà stanno cercando un cesso); ci sarà sempre la solita puntata dedicata da Fahre (se è quella dell' anno scorso riciclata, pazienza, difficile accorgersene).
Lo spettacolo che offre questa canea rattrista l' osservatore; ma la repulsione anticipa sempre di un attimo la malinconia. Questo almeno se l' osservatore sono io.
Tra quelle sagome deformi per il recente allungamento, non distinguo altro che tumulto e scoordinamento cognitivo. Voci sgraziate urlano slogan sciatti e conformisti fino a tarda sera, fino a che ciascuno torna alla sua play station.
Le masse convocate da un dittatore africano appaiono più fantasiose, più spontanee, più riflessive, più propositive. Più tutto.
Possibile che ad una simile iattura non si possa porre un freno? Possibile che ancora dobbiamo scostare i calcinacci del 68 quando scendiamo in città per una commissione? Cade a pezzi Pompei ma non cade una baracca nata fatiscente? Possibile che la parte sana della giovuentù si lasci rappresentare da questo ciarpame senza reagire? Possibile che il "diritto a sognare" si porti sempre dietro il "dovere alla deficienza"?
Domande che bruciano, specie in chi, pur non riuscendo a nascondere simili epifanie, d' istinto ha sentimenti di speranza nell' umanità a venire.
Come salvare i nostri figli dalla maledizione del brufolo? Toccherà anche a loro entrare in questo circo di animali maltrattati e pagliacci che ruttano tristi battute da trivio?
Cosa fare non lo so, ma sento che un pericolo insidioso sta in quel maledetto "diritto a sognare", sempre condito con altro romanticume putrefatto.
Ed ecco allora che, in nome della "bella irrazionalità", l' okkupazione, da vacanza vigliacca, si trasforma in un' avventura che compensa i fighetti malvestiti con cura dall' autoprivazione imposta del Ggrande Fratello.
Non fraintendetemi. Dico che nessuno spettacolo bea quanto quello offerto da un giovane che sogna, ma aggiungo subito che nessuno spettacolo avvilisce quanto quello offerto da un giovane istruito del suo "diritto a sognare".
La faccia citrulla che svetta oltre la keifa non è la faccia di un ragazzo che "sogna", è la faccia di un ragazzo che "esercità un diritto".
Ecco allora quel che non va: i diritti sono gratis mentre i sogni si pagano; non esiste un sogno disgiunto dal suo prezzo, così come non esiste l' eroina aggratis.
Il regno dei sogni è lo stesso dei prezzi!!
Ma che nessuno si demoralizzi per questo: non esiste un regno tanto magico quanto quello dei prezzi (anche se si presta poco alla massa "bestia pazza").
E allora che il giovane si paghi i suoi sogni, che si appassioni a quella magia senza disgiungerla dalla magia dei prezzi.
Come disperdere la manifestazione facendo giungere questo insegnamento? Quale favola raccontare a questi bambini cresciutelli per far sentire almeno una volta nella vita il rintocco di un' altra campana? Come scoraggiare l' intruppamento? Come insegnare "versi" differenti dal "belato compulsivo del sedicenne"?
"The Price of Everything. Parabole of possibility and prosperity" è una novella scritta da Russel Roberts, penso anche che sia il lacrimogeno più efficace per sciogliere quel genere di cortei che tanto offende il più elementare senso estetico ancor prima che la ragione.
Nessuno al mondo sa costruire una matita, lo sapevate?
Un oggetto tanto comune e insignificante è anche un miracolo in cui convergono alte tecnologie molto differenti tra loro, un oggetto per cui si impiegano materiali eterocliti che provengono da tutto il mondo.
Nessuno sa costruire una matita, eppure ci sono matite per tutti noi. Quando ci serve, ecco che la troviamo al momento giusto e al posto giusto. Mesi prima un minatore nello Sri Lanka ha estratto la grafite necessaria per servire al meglio quel bisogno che in noi è sopravvenuto oggi.
Noi non avevamo avvertito nessuno, il minatore dello Sri Lanka non ne sapeva niente, e così neppure il boscaiolo dell' Illinois, l' estrattore giapponese di alluminio, il "gomalores" dell' ammazzonia e le mille altre persone coinvolte. Chi soprassiede a questo miracoloso coordinamento? Nessuno, è un sofisticato ordine senza gerarchi. Il presso è l' autorità che ci libera da ogni autorità.
Perchè sotto il pontile da cui il bimbo lancia le sue briciole c' è sempre un buon numero di papere, ma non troppe da creare assembramenti? Eppure nessuno ha mandato un memo alle papere del lago.
Si tratta di un ordine senza comandanti. Anche lì fa tutto il prezzo.
Come fa lo stormo di anatre a configurarsi in mille forme cangianti che impauriscono il falcone? Niente generali nemmeno lì. Solo prezzi.
Perchè la formica regina, ovvero la regina del popolo animale più minuzosamente organizzato, nel formicaio svolge mille servigi tranne quello di organizzare il suo popolo? Perchè per avere ordine non ci vuole una regina, bastano i prezzi.
Ricordiamoci come il miracolo dei prezzi ci preserva da un "comandante in capo". Ricordiamocelo specie quando imprechiamo contro i prezzi che si alzano. Ricordiamocelo specie quando pensiamo che qualcosa sia gratuito perchè un "cattivo maestro" è venuto a sussurrarci (dai microfoni della radio) la balla del "diritto a sognare".
Il "diritto a sognare" senza vincoli spetta solo al despota onnipotente. Se vogliamo vivere in un mondo senza despoti ma che non rinunci alla fantasia sbrigliata e alla magia, familiarizziamo con il "prezzo". Il prezzo ci dà l' una e l' altra cosa.
Russ Roberts spiega il miracolo dei prezzi senza parlare mai dei prezzi. Attraverso i prezzi ci immerge nella fastidiosa realtà delle "manifestazioni giovanili"; l' insensatezza di simili imprese emerge sempre più chiara pagina dopo pagina, enmerge senza offendere la suscettibilità di chi è caduto in tentazione partecipando.
Anzi, il protagonista è Ramon, un partecipante con il cuore al posto giusto e con tanto di megafono in spalla. Ci crede veramente. Crede!, direbbe Mario Martone.
E' la saggia Ruth che ne parla alla bella Amy che prenderà per mano Ramon facendogli imboccare la nuova via, quella del ragionamento. Credere non è tutto, c' è anche la testa. Il sogno non è tutto, ci sono anche i prezzi. Servono per sognare meglio, non solo per aprire gli occhi al mondo.
Già, il messicano Ramon, un agitatore poco agitato, un tipo dall' intenzione retta, un ragazzo che cerca d' inventarsi un sogno prima ancora che un diritto.
Il miglior candidato ad uscire dal famelico branco dei sognatori vigliacchi.
[mettete pure le virgolette dove vi aggrada, difficile eccedere].
La periodica "riforma" della scuola italica è in questi casi un' esca succulenta; come saliva canina un fracassoso corteo minorenne e minorato scorrerà presto per le strade di una città adulta e giustamente disinteressata.
Ci sarà pur sempre qualche giornalista co.co.co. che metterà sotto quei menti brufolosi la spugna di un microfono nel quale riprodurre il classico "belato del sedicenne"; ci sarà sempre una foto sul giornale con lei in spagoletta a lui mentre guardano l' orizzonte lontano (in realtà stanno cercando un cesso); ci sarà sempre la solita puntata dedicata da Fahre (se è quella dell' anno scorso riciclata, pazienza, difficile accorgersene).
Lo spettacolo che offre questa canea rattrista l' osservatore; ma la repulsione anticipa sempre di un attimo la malinconia. Questo almeno se l' osservatore sono io.
Tra quelle sagome deformi per il recente allungamento, non distinguo altro che tumulto e scoordinamento cognitivo. Voci sgraziate urlano slogan sciatti e conformisti fino a tarda sera, fino a che ciascuno torna alla sua play station.
Le masse convocate da un dittatore africano appaiono più fantasiose, più spontanee, più riflessive, più propositive. Più tutto.
Possibile che ad una simile iattura non si possa porre un freno? Possibile che ancora dobbiamo scostare i calcinacci del 68 quando scendiamo in città per una commissione? Cade a pezzi Pompei ma non cade una baracca nata fatiscente? Possibile che la parte sana della giovuentù si lasci rappresentare da questo ciarpame senza reagire? Possibile che il "diritto a sognare" si porti sempre dietro il "dovere alla deficienza"?
Domande che bruciano, specie in chi, pur non riuscendo a nascondere simili epifanie, d' istinto ha sentimenti di speranza nell' umanità a venire.
Come salvare i nostri figli dalla maledizione del brufolo? Toccherà anche a loro entrare in questo circo di animali maltrattati e pagliacci che ruttano tristi battute da trivio?
Cosa fare non lo so, ma sento che un pericolo insidioso sta in quel maledetto "diritto a sognare", sempre condito con altro romanticume putrefatto.
Ed ecco allora che, in nome della "bella irrazionalità", l' okkupazione, da vacanza vigliacca, si trasforma in un' avventura che compensa i fighetti malvestiti con cura dall' autoprivazione imposta del Ggrande Fratello.
Non fraintendetemi. Dico che nessuno spettacolo bea quanto quello offerto da un giovane che sogna, ma aggiungo subito che nessuno spettacolo avvilisce quanto quello offerto da un giovane istruito del suo "diritto a sognare".
La faccia citrulla che svetta oltre la keifa non è la faccia di un ragazzo che "sogna", è la faccia di un ragazzo che "esercità un diritto".
Ecco allora quel che non va: i diritti sono gratis mentre i sogni si pagano; non esiste un sogno disgiunto dal suo prezzo, così come non esiste l' eroina aggratis.
Il regno dei sogni è lo stesso dei prezzi!!
Ma che nessuno si demoralizzi per questo: non esiste un regno tanto magico quanto quello dei prezzi (anche se si presta poco alla massa "bestia pazza").
E allora che il giovane si paghi i suoi sogni, che si appassioni a quella magia senza disgiungerla dalla magia dei prezzi.
Come disperdere la manifestazione facendo giungere questo insegnamento? Quale favola raccontare a questi bambini cresciutelli per far sentire almeno una volta nella vita il rintocco di un' altra campana? Come scoraggiare l' intruppamento? Come insegnare "versi" differenti dal "belato compulsivo del sedicenne"?
"The Price of Everything. Parabole of possibility and prosperity" è una novella scritta da Russel Roberts, penso anche che sia il lacrimogeno più efficace per sciogliere quel genere di cortei che tanto offende il più elementare senso estetico ancor prima che la ragione.
Nessuno al mondo sa costruire una matita, lo sapevate?
Un oggetto tanto comune e insignificante è anche un miracolo in cui convergono alte tecnologie molto differenti tra loro, un oggetto per cui si impiegano materiali eterocliti che provengono da tutto il mondo.
Nessuno sa costruire una matita, eppure ci sono matite per tutti noi. Quando ci serve, ecco che la troviamo al momento giusto e al posto giusto. Mesi prima un minatore nello Sri Lanka ha estratto la grafite necessaria per servire al meglio quel bisogno che in noi è sopravvenuto oggi.
Noi non avevamo avvertito nessuno, il minatore dello Sri Lanka non ne sapeva niente, e così neppure il boscaiolo dell' Illinois, l' estrattore giapponese di alluminio, il "gomalores" dell' ammazzonia e le mille altre persone coinvolte. Chi soprassiede a questo miracoloso coordinamento? Nessuno, è un sofisticato ordine senza gerarchi. Il presso è l' autorità che ci libera da ogni autorità.
Perchè sotto il pontile da cui il bimbo lancia le sue briciole c' è sempre un buon numero di papere, ma non troppe da creare assembramenti? Eppure nessuno ha mandato un memo alle papere del lago.
Si tratta di un ordine senza comandanti. Anche lì fa tutto il prezzo.
Come fa lo stormo di anatre a configurarsi in mille forme cangianti che impauriscono il falcone? Niente generali nemmeno lì. Solo prezzi.
Perchè la formica regina, ovvero la regina del popolo animale più minuzosamente organizzato, nel formicaio svolge mille servigi tranne quello di organizzare il suo popolo? Perchè per avere ordine non ci vuole una regina, bastano i prezzi.
Ricordiamoci come il miracolo dei prezzi ci preserva da un "comandante in capo". Ricordiamocelo specie quando imprechiamo contro i prezzi che si alzano. Ricordiamocelo specie quando pensiamo che qualcosa sia gratuito perchè un "cattivo maestro" è venuto a sussurrarci (dai microfoni della radio) la balla del "diritto a sognare".
Il "diritto a sognare" senza vincoli spetta solo al despota onnipotente. Se vogliamo vivere in un mondo senza despoti ma che non rinunci alla fantasia sbrigliata e alla magia, familiarizziamo con il "prezzo". Il prezzo ci dà l' una e l' altra cosa.
Russ Roberts spiega il miracolo dei prezzi senza parlare mai dei prezzi. Attraverso i prezzi ci immerge nella fastidiosa realtà delle "manifestazioni giovanili"; l' insensatezza di simili imprese emerge sempre più chiara pagina dopo pagina, enmerge senza offendere la suscettibilità di chi è caduto in tentazione partecipando.
Anzi, il protagonista è Ramon, un partecipante con il cuore al posto giusto e con tanto di megafono in spalla. Ci crede veramente. Crede!, direbbe Mario Martone.
E' la saggia Ruth che ne parla alla bella Amy che prenderà per mano Ramon facendogli imboccare la nuova via, quella del ragionamento. Credere non è tutto, c' è anche la testa. Il sogno non è tutto, ci sono anche i prezzi. Servono per sognare meglio, non solo per aprire gli occhi al mondo.
Già, il messicano Ramon, un agitatore poco agitato, un tipo dall' intenzione retta, un ragazzo che cerca d' inventarsi un sogno prima ancora che un diritto.
Il miglior candidato ad uscire dal famelico branco dei sognatori vigliacchi.
domenica 5 dicembre 2010
Meditazioni libertarie sul Vangelo dell' 11.12.2010
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 15-18
In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: / il suo nome era Giovanni. / Egli venne come testimone / per dare testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. / Non era lui la luce, / ma doveva dare testimonianza alla luce. / Giovanni proclama: / «Era di lui che io dissi: / Colui che viene dopo di me / è avanti a me, / perché era prima di me». Dalla sua pienezza / noi tutti abbiamo ricevuto: / grazia su grazia. / Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, / la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. / Dio, nessuno lo ha mai visto: / il Figlio unigenito, che è Dio / ed è nel seno del Padre, / è lui che lo ha rivelato.
Il filosofo Wittgenstein ci ha insegnato che non possiamo conoscere il Tutto se ne facciamo parte.
A quanto pare la cosa era già nota a Giovanni Evangelista che salta elegantemente l' ostacolo avvalendosi della Santissima Trinità: una voce fuori dal Tutto giunge a noi per raccontarcelo. La voce parla un linguaggio umano, chi la genera è il Dio creatore del Tutto.
E' una conoscenza per la quale non possiamo rivendicare meriti, ci giunge per grazia.
Il libertario la chiamerebbe "naturale"; ci racconta tante cose che governano il Tutto, a cominciare dagli imperativi morali a cui siamo soggetti.
In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: / il suo nome era Giovanni. / Egli venne come testimone / per dare testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. / Non era lui la luce, / ma doveva dare testimonianza alla luce. / Giovanni proclama: / «Era di lui che io dissi: / Colui che viene dopo di me / è avanti a me, / perché era prima di me». Dalla sua pienezza / noi tutti abbiamo ricevuto: / grazia su grazia. / Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, / la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. / Dio, nessuno lo ha mai visto: / il Figlio unigenito, che è Dio / ed è nel seno del Padre, / è lui che lo ha rivelato.
Il filosofo Wittgenstein ci ha insegnato che non possiamo conoscere il Tutto se ne facciamo parte.
A quanto pare la cosa era già nota a Giovanni Evangelista che salta elegantemente l' ostacolo avvalendosi della Santissima Trinità: una voce fuori dal Tutto giunge a noi per raccontarcelo. La voce parla un linguaggio umano, chi la genera è il Dio creatore del Tutto.
E' una conoscenza per la quale non possiamo rivendicare meriti, ci giunge per grazia.
Il libertario la chiamerebbe "naturale"; ci racconta tante cose che governano il Tutto, a cominciare dagli imperativi morali a cui siamo soggetti.
sabato 4 dicembre 2010
Meditazioni libertarie sul Vangelo del 7.12.2010
Vangelo secondo Matteo 21, 1-9
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».
La salvezza non ci viene incontro nelle forme di un eroe, bensì di un mite.
Non sarà una guerra a salvarci, bensì una disponibilità.
Non sarà una spada a difenderci, bensì un compromesso.
Non sarà il coraggio a farci da egida, bensì una "pazienza".
Il Bene non ha nemmeno il biglietto da visita, figuriamoci lo sfolgorio delle réclame.
E' la Civiltà della Rapina ad esaltare la Grandezza dei suoi protagonisti, la Civiltà dello Scambio esalta l' anonimia delle sue società commerciali.
La soluzione non è mai racchiusa in un gesto solenne, ma in una miriadi di accordi tra una miriade di soggetti pronti a cedere qualcosa. Non guardare alla falsa corona del tronfio leone, guarda invece al rapido accordo delle api.
Evita il culto del libro pieno di precetti, sia esso la Bibbia o la Costituzione. La verità non si fabbrica con la carta. Sigilla invece solennemente i tuoi "scambi": usa l' abbraccio con i cari e la stretta di mano con lo straniero.
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!».
La salvezza non ci viene incontro nelle forme di un eroe, bensì di un mite.
Non sarà una guerra a salvarci, bensì una disponibilità.
Non sarà una spada a difenderci, bensì un compromesso.
Non sarà il coraggio a farci da egida, bensì una "pazienza".
Il Bene non ha nemmeno il biglietto da visita, figuriamoci lo sfolgorio delle réclame.
E' la Civiltà della Rapina ad esaltare la Grandezza dei suoi protagonisti, la Civiltà dello Scambio esalta l' anonimia delle sue società commerciali.
La soluzione non è mai racchiusa in un gesto solenne, ma in una miriadi di accordi tra una miriade di soggetti pronti a cedere qualcosa. Non guardare alla falsa corona del tronfio leone, guarda invece al rapido accordo delle api.
Evita il culto del libro pieno di precetti, sia esso la Bibbia o la Costituzione. La verità non si fabbrica con la carta. Sigilla invece solennemente i tuoi "scambi": usa l' abbraccio con i cari e la stretta di mano con lo straniero.
Indice dello sviluppo umano (HDI)
Perchè non funziona: http://econlog.econlib.org/archives/2009/05/against_the_hum.html
Scandinavia comes out on top according to the HDI because the HDI is basically a measure of how Scandinavian your country is. While Obama is moving us in that direction, I don't think he's going to be able to take us all the way there
Scandinavia comes out on top according to the HDI because the HDI is basically a measure of how Scandinavian your country is. While Obama is moving us in that direction, I don't think he's going to be able to take us all the way there
Metafisiche travestite
Impazza travestirla in abiti da neuroscienza.
Pensiero e immagine cerebrale sono connesse, ma come viaggia il nesso?
La scienza non puo' rispondere, ma la presentazione giornalistica di molti lavori sembra darlo per scontato.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=31888
http://gisrael.blogspot.com/2009/12/occhio-alla-metafisica-travestita-da.html
Pensiero e immagine cerebrale sono connesse, ma come viaggia il nesso?
La scienza non puo' rispondere, ma la presentazione giornalistica di molti lavori sembra darlo per scontato.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=31888
http://gisrael.blogspot.com/2009/12/occhio-alla-metafisica-travestita-da.html
venerdì 3 dicembre 2010
Lidia Ravera considerava l' embrione un assembramento di cellule.
Rimpiangiamo la soavità di questa immagine.
Ci sono infatti femministe che considerano il feto alla stregua di un tumore.
Per esempio la battagliera Florence Thomas.
Rimpiangiamo la soavità di questa immagine.
Ci sono infatti femministe che considerano il feto alla stregua di un tumore.
Per esempio la battagliera Florence Thomas.
Scienza e Fede. Come dialogare.
Il dialogo tra uomini di religione e uomini di scienza è facilitato se fa perno sul linguaggio. Gli scienziati atei con cui mi sono intrattenuta, sono tra le persone più istruite della nostra società. Pertanto mi aspettavo che fossero in grado di dominare un codice linguistico estremamente sofisticato. Mi sono accorta ben presto che costoro padroneggino appieno il gergo nelle aree di loro competenza, ma, allorchè si è affrontato il discorso sulla fede, hanno mostrato di parlare una lingua rozza e incentrata su stereotipi. In altre parole, non erano persone in grado di "articolare". Spesso consideravano i termini "religioso" e "fondamentalista" come sinonimi, oppure partivano facendo proprie premesse infondate. Tutte lacune rinforzate dal fatto che vivono gran parte della giornata in una comunità dove interagiscono con persone molto simili a loro. La ristrettezza del codice linguistico diventa dunque una lacuna da rimuovere, qualcosa da mettere al centro se si vuole costruire un dialogo reciprocamente fruttuoso.
Lo scienziato ateo tende poi a credere che la conoscenza scientifica non sia compatibile con la religione, e a volte argomenta a livello teorico su questa incompatibilità. In casi del genere un buon modo per instaurare il dialogo consiste nel sottolineare una compatibilità di fatto: nonstante "questo" e "quello", di fatto la metà degli "scienziati d' élite" americani professa una credenza religiosa, ma soprattutto non pochi altri affermano comunque di avere una vita spirituale. Sono queste verità di fatto non troppo conosciute che possono aprire molte porte ora sbarrate con il chiavistello.
Elaine Howard Ecklund - Science vs. Religion. What scientist really think - Oxford University Press
Lo scienziato ateo tende poi a credere che la conoscenza scientifica non sia compatibile con la religione, e a volte argomenta a livello teorico su questa incompatibilità. In casi del genere un buon modo per instaurare il dialogo consiste nel sottolineare una compatibilità di fatto: nonstante "questo" e "quello", di fatto la metà degli "scienziati d' élite" americani professa una credenza religiosa, ma soprattutto non pochi altri affermano comunque di avere una vita spirituale. Sono queste verità di fatto non troppo conosciute che possono aprire molte porte ora sbarrate con il chiavistello.
Elaine Howard Ecklund - Science vs. Religion. What scientist really think - Oxford University Press
giovedì 2 dicembre 2010
Sola a presidiare la fortezza
Flannery O'Connor e il mistero della scrittura
IMBAMBOLATI
Gli strani personaggi che popolano i suoi racconti osservano la realtà come imbambolati; ricordiamoci del precetto: più al lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro. Questo "eccesso di visione" è indescrivibile, ma c' è. E noi non sappiamo mai come inciderà sull' animo di chi vi si espone, ma sappiamo che da quel momento potrà accadere di tutto: violenza gratuita, grottesco, bizzarro, misto di comicità ed orrore. Cio' che sicuramente salta in aria è il buon senso.
SHEPPARD
Rimpinzare il proprio vuoto con opere buone è un comportamento infernale. La fede è un riconoscimento, e l' ingordigia di "bontà" a volte ci obnubila favorendo distrazioni fatali. Con uno slancio generoso, Sheppard accoglie in casa Rufus Johnson, un ragazzino che era stato in Riformatorio e che lui voleva redimere. Imbevuto di nozioni psicologiche e di un umanitarismo filantropico, è convinto che il male possa essere vinto con un' educazione laica volta allo sviluppo dell' intelligenza. Ma ne uscirà sconfitto, J. non farà che sfuggire agli schemi razionali che stanno davanti a lui come trappole, e questo avviene in pagine che toccano il nervo più vivo della condizione umana.
ARTE = SOLITUDINE
L' arte è una lingua interiore. L' artista, poichè è chiamato ad occuparsi solo di se stesso, è deficitario, non ha strumenti per capire il mondo.
Spiego meglio.
La politica e la sociologia si occuperanno dell' interazione in gruppi umani estesi, l' economia in gruppi umani ristretti, la psicologia dei comportamenti individuali, ma solo l' arte si occupa del singolo in assenza di comportamento, di quel paesaggio interiore privo di espressione.
Il perito di questa immota solitudine ha solo parole svianti quando tenta di dedicarsi ad altro. E molti sembra proprio abbiano scelto l' arte come comoda via per fare poi altro.
Flannery invece amava la solitudine e vi anelava constantemente, già da piccola si chiudeva a chiave nelle stanze, benediceva ogni giorno la sua grave malattia pensandola come la barriera più efficiente contro la perniciosa interferenza dei contatti umani.
BELLEZZA SALVIFICA (OVVERO: L' ARTE SACRA OGGI)
Vi ricordate l' imbarazzante adozione di Tolkien ad opera dei "neo-fascisti"? Ebbene, da tempo i ciellini hanno adottato Flannery - ancora una prefazione di Don Giussani all' ultima raccolta di racconti, ancora una mostra in suo onore all' ultimo Meeting - con lei spartiscono un comandamento impegnativo: la bellezza salva.
La bellezza è una preda astuta, che sfugge e si metamorfizza nel tempo passando sotto il naso di chi ancora ha in mente le fattezze di quella strana "bestia" osservate allorquando un grande artista del passato riuscì temporaneamente ad ingabbiarla.
Ma Flannery ha le idee chiare e sa dove l' arte religiosa è chiamata a lavorare oggi: sono i malfattori, gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra.
Gli scrittori che vedono e narrano alla luce della fede cristiana sono chiamati ad essere i più fini osservatori del grottesco, del perverso, del demenziale, dell' assurdo, dell' autistico. Lo stesso dicasi per musicisti e pittori.
Sono chiamati anche a liberarsi di allegorie, metafore ed altri profilattici; sono chiamati a stare senza intermediazioni davanti all' incarnazione del difetto, del limitato, del tarato. Flannery è in questo fulgido esempio.
ORRORE
L' arte sacra deve rifuggire le formule pie, deve scioccare il lettore con il gusto dell' edificante, deve liberarsi di ogni svenevole moralismo, quello è annoiante laicume; deve setacciare tutto il sublime residuo e liberarsene finchè è in tempo: così prosciugata inscenerà uno spettacolo in cui l' orribile si offre sempre temprato dal ridicolo.
Nell' arte sacra non deve trapelare alcuna "intenzione ideale", il mestiere dell' artista è deludere il critico-tartufo che ne va in spasmodica ricerca.
E' difficile produrre oggi arte sacra, perchè una simile arte è chiamata a scandalizzare chi già passa tutto il giorno a scandalizzarsi per ragioni sbagliate.
Lo scandalo si crea quando uno stile concreto e realista presenta in carne e sangue un' imperscrutabile verità spirituale.
E' lo scandalo dell' Incarnazione! Sparisca ogni simbolo, ogni metafora, ogni allegoria, ogni linguaggio; l' arte deve farne a meno per privilegiare l' incandescenza del contatto diretto, unico "linguaggio" rinnovato in grado di rendere qui ed ora il mistero dell' Incarnato. Sia bandita ogni astrazione a favore della concretezza e di tutte le imperfezioni e asimmetrie che puo' presentare una pietra appena dissotterrata.
I racconti sono "duri", la musica "dissonante", le forme "ellittiche", ma solo perchè "duro", "dissonante", "ellittico" è il messaggio cristiano.
L' ambiguità grottesca che abbonda nelle pagine di Flannery è la stimmate di un' umanità marchiata dal Peccato originale, ovvero dal "limite". Mai soggetto si presta tanto ad essere trattato in racconti e in musiche dell' orrore.
Purchè siano racconti e musiche prive di "atmosfere" orrorifiche.
L' "orrore" prosciugato da ogni atmosfera resta inquietante poichè c' impedisce di dimenticare che partecipiamo della sua condizione. L' "atmosfera" mitiga questo effetto disturbante poichè amplifica artificiosamente il mostruoso puntando sulla sua rassicurante alterità.
Flannery difende con i denti il diritto dell' artista cristiano a scegliere il "negativo" della realtà, le numerose tare che l' affliggono. E con il mondo che diventa sempre più materialistico ci sarà sempre più da scegliere. L' arte sacra ha un futuro.
IL LATO RIDICOLO DELLA FEDE
la fede ha in sè qualcosa di ridicolo e il fedele che anela all' assoluto è un personaggio grottesco. Chi non lo riconosce è spacciato. Flannery lo racconta e riracconta in ogni sua pagina avvalendosi di uno stile chiaro, veloce e realistico.
VIOLENZA DELLA GRAZIA
La violenza non è sempre al servizio del Male, esiste anche la violenza al servizio del Bene.
Flannery decide scientemente di sostituire la parola "amore" con la parola "grazia". Questo perchè l' amore è incompatibile con la violenza mentre l' amore cristiano necessità di cospicue dosi di violenza visto che deve competere con un male concreto ed operante. La mente dell' uomo è chiusa e coesa come un diamante, solo la forza tagliente di un altro diamante puo' competere con essa.
"Il Paradiso è dei violenti", un titolo ma anche un motto che racchiude la piccola irlandese.
LEI
Brusca, sdegnosa, senza pretese, splendida e inappariscente... circondata dai suoi pavoni.
IMBAMBOLATI
Gli strani personaggi che popolano i suoi racconti osservano la realtà come imbambolati; ricordiamoci del precetto: più al lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro. Questo "eccesso di visione" è indescrivibile, ma c' è. E noi non sappiamo mai come inciderà sull' animo di chi vi si espone, ma sappiamo che da quel momento potrà accadere di tutto: violenza gratuita, grottesco, bizzarro, misto di comicità ed orrore. Cio' che sicuramente salta in aria è il buon senso.
SHEPPARD
Rimpinzare il proprio vuoto con opere buone è un comportamento infernale. La fede è un riconoscimento, e l' ingordigia di "bontà" a volte ci obnubila favorendo distrazioni fatali. Con uno slancio generoso, Sheppard accoglie in casa Rufus Johnson, un ragazzino che era stato in Riformatorio e che lui voleva redimere. Imbevuto di nozioni psicologiche e di un umanitarismo filantropico, è convinto che il male possa essere vinto con un' educazione laica volta allo sviluppo dell' intelligenza. Ma ne uscirà sconfitto, J. non farà che sfuggire agli schemi razionali che stanno davanti a lui come trappole, e questo avviene in pagine che toccano il nervo più vivo della condizione umana.
ARTE = SOLITUDINE
L' arte è una lingua interiore. L' artista, poichè è chiamato ad occuparsi solo di se stesso, è deficitario, non ha strumenti per capire il mondo.
Spiego meglio.
La politica e la sociologia si occuperanno dell' interazione in gruppi umani estesi, l' economia in gruppi umani ristretti, la psicologia dei comportamenti individuali, ma solo l' arte si occupa del singolo in assenza di comportamento, di quel paesaggio interiore privo di espressione.
Il perito di questa immota solitudine ha solo parole svianti quando tenta di dedicarsi ad altro. E molti sembra proprio abbiano scelto l' arte come comoda via per fare poi altro.
Flannery invece amava la solitudine e vi anelava constantemente, già da piccola si chiudeva a chiave nelle stanze, benediceva ogni giorno la sua grave malattia pensandola come la barriera più efficiente contro la perniciosa interferenza dei contatti umani.
BELLEZZA SALVIFICA (OVVERO: L' ARTE SACRA OGGI)
Vi ricordate l' imbarazzante adozione di Tolkien ad opera dei "neo-fascisti"? Ebbene, da tempo i ciellini hanno adottato Flannery - ancora una prefazione di Don Giussani all' ultima raccolta di racconti, ancora una mostra in suo onore all' ultimo Meeting - con lei spartiscono un comandamento impegnativo: la bellezza salva.
La bellezza è una preda astuta, che sfugge e si metamorfizza nel tempo passando sotto il naso di chi ancora ha in mente le fattezze di quella strana "bestia" osservate allorquando un grande artista del passato riuscì temporaneamente ad ingabbiarla.
Ma Flannery ha le idee chiare e sa dove l' arte religiosa è chiamata a lavorare oggi: sono i malfattori, gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra.
Gli scrittori che vedono e narrano alla luce della fede cristiana sono chiamati ad essere i più fini osservatori del grottesco, del perverso, del demenziale, dell' assurdo, dell' autistico. Lo stesso dicasi per musicisti e pittori.
Sono chiamati anche a liberarsi di allegorie, metafore ed altri profilattici; sono chiamati a stare senza intermediazioni davanti all' incarnazione del difetto, del limitato, del tarato. Flannery è in questo fulgido esempio.
ORRORE
L' arte sacra deve rifuggire le formule pie, deve scioccare il lettore con il gusto dell' edificante, deve liberarsi di ogni svenevole moralismo, quello è annoiante laicume; deve setacciare tutto il sublime residuo e liberarsene finchè è in tempo: così prosciugata inscenerà uno spettacolo in cui l' orribile si offre sempre temprato dal ridicolo.
Nell' arte sacra non deve trapelare alcuna "intenzione ideale", il mestiere dell' artista è deludere il critico-tartufo che ne va in spasmodica ricerca.
E' difficile produrre oggi arte sacra, perchè una simile arte è chiamata a scandalizzare chi già passa tutto il giorno a scandalizzarsi per ragioni sbagliate.
Lo scandalo si crea quando uno stile concreto e realista presenta in carne e sangue un' imperscrutabile verità spirituale.
E' lo scandalo dell' Incarnazione! Sparisca ogni simbolo, ogni metafora, ogni allegoria, ogni linguaggio; l' arte deve farne a meno per privilegiare l' incandescenza del contatto diretto, unico "linguaggio" rinnovato in grado di rendere qui ed ora il mistero dell' Incarnato. Sia bandita ogni astrazione a favore della concretezza e di tutte le imperfezioni e asimmetrie che puo' presentare una pietra appena dissotterrata.
I racconti sono "duri", la musica "dissonante", le forme "ellittiche", ma solo perchè "duro", "dissonante", "ellittico" è il messaggio cristiano.
L' ambiguità grottesca che abbonda nelle pagine di Flannery è la stimmate di un' umanità marchiata dal Peccato originale, ovvero dal "limite". Mai soggetto si presta tanto ad essere trattato in racconti e in musiche dell' orrore.
Purchè siano racconti e musiche prive di "atmosfere" orrorifiche.
L' "orrore" prosciugato da ogni atmosfera resta inquietante poichè c' impedisce di dimenticare che partecipiamo della sua condizione. L' "atmosfera" mitiga questo effetto disturbante poichè amplifica artificiosamente il mostruoso puntando sulla sua rassicurante alterità.
Flannery difende con i denti il diritto dell' artista cristiano a scegliere il "negativo" della realtà, le numerose tare che l' affliggono. E con il mondo che diventa sempre più materialistico ci sarà sempre più da scegliere. L' arte sacra ha un futuro.
IL LATO RIDICOLO DELLA FEDE
la fede ha in sè qualcosa di ridicolo e il fedele che anela all' assoluto è un personaggio grottesco. Chi non lo riconosce è spacciato. Flannery lo racconta e riracconta in ogni sua pagina avvalendosi di uno stile chiaro, veloce e realistico.
VIOLENZA DELLA GRAZIA
La violenza non è sempre al servizio del Male, esiste anche la violenza al servizio del Bene.
Flannery decide scientemente di sostituire la parola "amore" con la parola "grazia". Questo perchè l' amore è incompatibile con la violenza mentre l' amore cristiano necessità di cospicue dosi di violenza visto che deve competere con un male concreto ed operante. La mente dell' uomo è chiusa e coesa come un diamante, solo la forza tagliente di un altro diamante puo' competere con essa.
"Il Paradiso è dei violenti", un titolo ma anche un motto che racchiude la piccola irlandese.
LEI
Brusca, sdegnosa, senza pretese, splendida e inappariscente... circondata dai suoi pavoni.
mercoledì 1 dicembre 2010
La prevedibile disperazione di Monicelli
Un altro grande ateo si è suicidato. Tra le due cose c' è una relazione?
Nel caso specifico nessuno puo' dirlo, ma in generale ormai pochi dubitano: essere religiosi dimezza le possibilità di suicidio.
E il suicidio è l' unico indicatore affidabile per misurare la felicità.
Vietare il suicidio avvalendosi dello Stato, non mi sembra il modo migliore per valorizzare questa virtù del pensiero religioso.
Nel caso specifico nessuno puo' dirlo, ma in generale ormai pochi dubitano: essere religiosi dimezza le possibilità di suicidio.
E il suicidio è l' unico indicatore affidabile per misurare la felicità.
Vietare il suicidio avvalendosi dello Stato, non mi sembra il modo migliore per valorizzare questa virtù del pensiero religioso.
Libertarianism A-Z: "Vieni via con me" (ovvero la TV)
Fabio Fazio (FF) avrebbe dovuto invitare i pro-life nella sua trasmissione?
Lui dice di no: "se vogliono parlare, lo facciano nelle loro trasmissioni".
Giusto, sennochè "Vieni via con me" è classificata come "servizio pubblico".
FF, e molti con lui, quando replicano così, dimostrano di non conoscere il significato dell' espressione "servizio pubblico".
Una trasmissione del servizio pubblico è una trasmissione utile a tutti ma che il mercato non puo' produrre a causa degli inevitabili "comportamenti opportunistici" a cui darebbe luogo una simile impresa.
Tutti sanno cosa sia un comportamento opportunistico: l' opportunista dice mentendo che non è interessato ad un certo bene, in questo modo non contribuisce alla sua produzione, dopodichè, una volta che il bene è stato prodotto con risorse altrui, lo sfrutta al pari degli altri visto che non puo' più essere escluso. Per esempio: posso dire che non m' interessa lo scudo anti-aereo e non finanziare così il progetto della difesa. Ma poi, una volta che il progetto è concluso, anch'io, che abito in Italia, godrò inevitabilmente di quella protezione. [Un modo rozzo per aggirare il problema consiste nel dichiarare "servizio pubblico" lo scudo spaziale e finanziarlo con le tasse generali].
Da quanto detto capiamo che condizione necessaria affinchè una trasmissione TV sia "servizio pubblico" è che "tutti" i contribuenti ne usufruiscano. Questo perchè "tutti" sono chiamati a finanziarla.
Bene, davvero qualcuno potrebbe sostenere seriamente che i pro-life, nonostante godano di una trasmissione come "Vieni via con me", non vogliano ammetterlo? Sostenerlo rasenta l' assurdo, chiunque ne converrà.
Conclusione elementare: se vogliamo che sia "servizio pubblico", il diritto di replica è dovuto. Punto.
stanca replica: "ma allora tutte le trasmissioni del servizio pubblico sarebbero imbottite con "diritti di replica".
E' una risposta senza alcun peso specifico poichè pone un problema che riguarda solo chi ritiene che esista un "servizio pubblico" in tema di Radio e TV. E' dunque un' obiezione irricevibile per un libertario. Al contrario, potrebbe angosciare ancor di più i "fabiofaziosi", ovvero coloro stessi che la avanzano, visto che in genere sono proprio loro a sostenere la necessità di un "servizio pubblico".
I più superficiali potrebbero poi pensare che "Vieni via con me" sia in ogni caso in grado di ripagarsi da sè visti i buoni ascolti. Ma questo testimonia solo che non si tratta di "servizio pubblico", il mercato puo' produrre "beni che si ripagano" e la Rai non è dunque l' ospite adeguato.
P.S. In questa sede non giudico comunque i contenuti della trasmissione. Su tre puntate ne ho visti dieci minuti, qualcuno faceva delle liste elencando un po' alla rinfusa oggetti simbolici e altre suppellettili cariche di "memoria"; insomma, le classiche "liste" di chi è invecchiato ben prima di finire la gioventù. Il giovane/vecchio è uno che a 30 anni è già zeppo di malinconie, cosicchè guarda al passato con il languore e l' occhio spento dell' ottuagenario. Non lasciatevi ingannare, sotto quel languore cova l' odio, sentimento sempre presente dove esala il romanticismo. L' aspetto mellifluo è riservato alla "parrocchietta" che condivide quel passato, di fronte al clandestino o al "diverso" che "non lo capisce" il mellifluo sente estraneità e tira subito fuori l' artiglio fatto di sarcasmo e disprezzo. Del resto, FF è così. Poi c' era Saviano che parlava di Mafia, un argomento che 99 volte su 100 mi fa sbadigliare, lo ammetto.
P.S. Ho sentito anche questa: "se quelli sono i pro-life, noi chi siamo, i pro-morte?". E perchè no? Io, per esempio, sono favorevole a testamento biologico, eutanasia volontaria, e ad ogni provvedimento che legalizzi la possibilità di morire quando uno crede e come crede. Se questo è essere pro-morte, perchè avere paura delle parole? Solo chi punta sugli slogan puo' preoccuparsi. E ho la sgradevole sensazione di conoscere un prototipo del genere.
Lui dice di no: "se vogliono parlare, lo facciano nelle loro trasmissioni".
Giusto, sennochè "Vieni via con me" è classificata come "servizio pubblico".
FF, e molti con lui, quando replicano così, dimostrano di non conoscere il significato dell' espressione "servizio pubblico".
Una trasmissione del servizio pubblico è una trasmissione utile a tutti ma che il mercato non puo' produrre a causa degli inevitabili "comportamenti opportunistici" a cui darebbe luogo una simile impresa.
Tutti sanno cosa sia un comportamento opportunistico: l' opportunista dice mentendo che non è interessato ad un certo bene, in questo modo non contribuisce alla sua produzione, dopodichè, una volta che il bene è stato prodotto con risorse altrui, lo sfrutta al pari degli altri visto che non puo' più essere escluso. Per esempio: posso dire che non m' interessa lo scudo anti-aereo e non finanziare così il progetto della difesa. Ma poi, una volta che il progetto è concluso, anch'io, che abito in Italia, godrò inevitabilmente di quella protezione. [Un modo rozzo per aggirare il problema consiste nel dichiarare "servizio pubblico" lo scudo spaziale e finanziarlo con le tasse generali].
Da quanto detto capiamo che condizione necessaria affinchè una trasmissione TV sia "servizio pubblico" è che "tutti" i contribuenti ne usufruiscano. Questo perchè "tutti" sono chiamati a finanziarla.
Bene, davvero qualcuno potrebbe sostenere seriamente che i pro-life, nonostante godano di una trasmissione come "Vieni via con me", non vogliano ammetterlo? Sostenerlo rasenta l' assurdo, chiunque ne converrà.
Conclusione elementare: se vogliamo che sia "servizio pubblico", il diritto di replica è dovuto. Punto.
stanca replica: "ma allora tutte le trasmissioni del servizio pubblico sarebbero imbottite con "diritti di replica".
E' una risposta senza alcun peso specifico poichè pone un problema che riguarda solo chi ritiene che esista un "servizio pubblico" in tema di Radio e TV. E' dunque un' obiezione irricevibile per un libertario. Al contrario, potrebbe angosciare ancor di più i "fabiofaziosi", ovvero coloro stessi che la avanzano, visto che in genere sono proprio loro a sostenere la necessità di un "servizio pubblico".
I più superficiali potrebbero poi pensare che "Vieni via con me" sia in ogni caso in grado di ripagarsi da sè visti i buoni ascolti. Ma questo testimonia solo che non si tratta di "servizio pubblico", il mercato puo' produrre "beni che si ripagano" e la Rai non è dunque l' ospite adeguato.
P.S. In questa sede non giudico comunque i contenuti della trasmissione. Su tre puntate ne ho visti dieci minuti, qualcuno faceva delle liste elencando un po' alla rinfusa oggetti simbolici e altre suppellettili cariche di "memoria"; insomma, le classiche "liste" di chi è invecchiato ben prima di finire la gioventù. Il giovane/vecchio è uno che a 30 anni è già zeppo di malinconie, cosicchè guarda al passato con il languore e l' occhio spento dell' ottuagenario. Non lasciatevi ingannare, sotto quel languore cova l' odio, sentimento sempre presente dove esala il romanticismo. L' aspetto mellifluo è riservato alla "parrocchietta" che condivide quel passato, di fronte al clandestino o al "diverso" che "non lo capisce" il mellifluo sente estraneità e tira subito fuori l' artiglio fatto di sarcasmo e disprezzo. Del resto, FF è così. Poi c' era Saviano che parlava di Mafia, un argomento che 99 volte su 100 mi fa sbadigliare, lo ammetto.
P.S. Ho sentito anche questa: "se quelli sono i pro-life, noi chi siamo, i pro-morte?". E perchè no? Io, per esempio, sono favorevole a testamento biologico, eutanasia volontaria, e ad ogni provvedimento che legalizzi la possibilità di morire quando uno crede e come crede. Se questo è essere pro-morte, perchè avere paura delle parole? Solo chi punta sugli slogan puo' preoccuparsi. E ho la sgradevole sensazione di conoscere un prototipo del genere.
Spiritual atheist
Flock of Dodos è un film che investiga la differenza tra persone religiose e persone di scienza.
Si concentra sulla psicologia e lo fa calandosi in una realtà storica ben definita, quella relativa al dibattito che c' è stato negli USA tra sostenitori dell' ID ed evoluzionisti.
Quel che ne esce è abbastanza sorprendente, sembra proprio che i supperter dell ID siano dotati di un maggior spirito dialogante mentre gli evoluzionisti coinvolti nella vicenda sembrano più inclini a tagliar corto ostentando disprezzo e intolleranza.
Il Dodo è un uccello nativo delle isole Mauritius, la sua inettitudine al volo lo condannò all' estinzione allorchè gli europei sbarcarono sull' isola.
Randy Olson, biologo e autore del film, pensa che la scienza abbia dei nemici interni e che i suoi rappresentanti dovrebbero imparare a relazionarsi in modo meno rozzo e più rispettoso all' esterno, pena l' estinzione.
Al termine della proiezione in prima visione alla Cornell University, seduta in sala c' era anche Elaine Howard Ecklund, allora era una studentessa. Quando il film terminò, si accesero le luci e cominciò il dibattito; la Ecklund fu così testimone di eventi che segnarono poi il suo futuro accademico.
Il dibattito, infatti, confermò rinforzandole le tesi del film. Un laboratorio sperimentale non poteva dare esiti tanto inequivocabili. Un manipolo di scienziati vocianti tenevano banco coprendo tutte le altre voci incitandosi vicendevolmente al grido "stupid fundamentalist!".
Fu quel giorno che la Ecklund cominciò a concepire il suo libro, "Science vs. Religion", un libro che oggi viene considerato il testo più approfondito in materia.
In quella sala la studiosa ebbe la netta sensazione che una minoranza chiassosa monopolizzasse gli altoparlanti a disposizione per comunicare al Mondo "cio' che pensa la scienza" in materia di religione. Ma la rappresentanza, intuiva la Ecklund, era probabilmente distorta.
La "survey" documentata nel libro che impegnò negli anni successivi la Ecklund presso gli scienziati delle top University americane è la più esaustiva a disposizione, ci fornisce molte notizie sui pensieri e sulla vita spirituale di questa élite. In più la Ecklund vive per giorni a stretto contatto con alcune figure tipiche (l' ateo, l' agnostico, il credente; Arik, Evelyn, Margaret) per cercare di carpire la loro realtà interiore: la "religione" è una materia complessa che non si esaurisce con interviste "normalizzate" a fini statistici.
Non c' è dubbio che tra i top-scientist i religiosi in senso tradizionale siano meno rappresentati rispetto a quanto lo siano nella popolazione. Tra atei e agnostici si supera di gran lunga la metà del campione, nella popolazione americana non si arriva al 10%; eppure il rapporto rivela delle sorprese.
La Ecklund scopre una nuova figura, quella dell' "imprenditore spirituale". Molti scienziati si definiscono persone "spirituali". Ma a sorprendere è che il 22% di essi si definisce anche "ateo"; e il 27% degli "spirituali" si definisce anche "agnostico"!
Se alla quasi metà di "scienziati religiosi" aggiungiamo gli "scienziati spirituali", arriviamo ad una quota ragguardevole (70%) di scienziati in grado di capire e rispettare la religione. Aggiungiamo poi che una buona fetta dei rimanenti hanno maturato la loro ostilità con la religione a causa di "cattive esperienze pregresse" che nulla hanno a che fare con la loro attuale occupazione.
Dopo quattro anni di ricerca, almeno una cosa appare chiara alla Ecklund: tutto quel che sappiamo della vita religiosa e spirituale dei top scientist americani è falso o come minimo distorto. L' incompatibilità insormontabile tra scienza e fede è una caricatura da smontare al più presto, così come è una caricatura quella dello "scienziato" incline per formazione mentale alla tolleranza.
Un messaggio importante, direi, un messaggio che consiglia di stipulare una nuova allenza tra chi vuole discutere nel rispetto reciproco il rapporto che esiste tra scienza-fede cercando di togliere l' altoparlante dalle mani di un manipolo di scienziati arroganti e vociferanti. Un' alleanza possibile, visto che il "materiale umano" per realizzarla abbonda.
Si concentra sulla psicologia e lo fa calandosi in una realtà storica ben definita, quella relativa al dibattito che c' è stato negli USA tra sostenitori dell' ID ed evoluzionisti.
Quel che ne esce è abbastanza sorprendente, sembra proprio che i supperter dell ID siano dotati di un maggior spirito dialogante mentre gli evoluzionisti coinvolti nella vicenda sembrano più inclini a tagliar corto ostentando disprezzo e intolleranza.
Il Dodo è un uccello nativo delle isole Mauritius, la sua inettitudine al volo lo condannò all' estinzione allorchè gli europei sbarcarono sull' isola.
Randy Olson, biologo e autore del film, pensa che la scienza abbia dei nemici interni e che i suoi rappresentanti dovrebbero imparare a relazionarsi in modo meno rozzo e più rispettoso all' esterno, pena l' estinzione.
Al termine della proiezione in prima visione alla Cornell University, seduta in sala c' era anche Elaine Howard Ecklund, allora era una studentessa. Quando il film terminò, si accesero le luci e cominciò il dibattito; la Ecklund fu così testimone di eventi che segnarono poi il suo futuro accademico.
Il dibattito, infatti, confermò rinforzandole le tesi del film. Un laboratorio sperimentale non poteva dare esiti tanto inequivocabili. Un manipolo di scienziati vocianti tenevano banco coprendo tutte le altre voci incitandosi vicendevolmente al grido "stupid fundamentalist!".
Fu quel giorno che la Ecklund cominciò a concepire il suo libro, "Science vs. Religion", un libro che oggi viene considerato il testo più approfondito in materia.
In quella sala la studiosa ebbe la netta sensazione che una minoranza chiassosa monopolizzasse gli altoparlanti a disposizione per comunicare al Mondo "cio' che pensa la scienza" in materia di religione. Ma la rappresentanza, intuiva la Ecklund, era probabilmente distorta.
La "survey" documentata nel libro che impegnò negli anni successivi la Ecklund presso gli scienziati delle top University americane è la più esaustiva a disposizione, ci fornisce molte notizie sui pensieri e sulla vita spirituale di questa élite. In più la Ecklund vive per giorni a stretto contatto con alcune figure tipiche (l' ateo, l' agnostico, il credente; Arik, Evelyn, Margaret) per cercare di carpire la loro realtà interiore: la "religione" è una materia complessa che non si esaurisce con interviste "normalizzate" a fini statistici.
Non c' è dubbio che tra i top-scientist i religiosi in senso tradizionale siano meno rappresentati rispetto a quanto lo siano nella popolazione. Tra atei e agnostici si supera di gran lunga la metà del campione, nella popolazione americana non si arriva al 10%; eppure il rapporto rivela delle sorprese.
La Ecklund scopre una nuova figura, quella dell' "imprenditore spirituale". Molti scienziati si definiscono persone "spirituali". Ma a sorprendere è che il 22% di essi si definisce anche "ateo"; e il 27% degli "spirituali" si definisce anche "agnostico"!
Se alla quasi metà di "scienziati religiosi" aggiungiamo gli "scienziati spirituali", arriviamo ad una quota ragguardevole (70%) di scienziati in grado di capire e rispettare la religione. Aggiungiamo poi che una buona fetta dei rimanenti hanno maturato la loro ostilità con la religione a causa di "cattive esperienze pregresse" che nulla hanno a che fare con la loro attuale occupazione.
Dopo quattro anni di ricerca, almeno una cosa appare chiara alla Ecklund: tutto quel che sappiamo della vita religiosa e spirituale dei top scientist americani è falso o come minimo distorto. L' incompatibilità insormontabile tra scienza e fede è una caricatura da smontare al più presto, così come è una caricatura quella dello "scienziato" incline per formazione mentale alla tolleranza.
Un messaggio importante, direi, un messaggio che consiglia di stipulare una nuova allenza tra chi vuole discutere nel rispetto reciproco il rapporto che esiste tra scienza-fede cercando di togliere l' altoparlante dalle mani di un manipolo di scienziati arroganti e vociferanti. Un' alleanza possibile, visto che il "materiale umano" per realizzarla abbonda.
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