La quarantennale campagna moralizzatrice degli animalisti ha sortito effetti quanto meno ambigui: da un lato siamo tutti più sensibili alla sofferenza degli animali, dall'altra ne ammazziamo molti di più.
Il nostro desiderio collettivo volto al benessere degli animali è cresciuto di pari passo al nostro desiderio di mangiarli. Il consumo è passato da 80 kg pro capite (1975) a 110 (oggi). Per famiglia si ammazzavano 56 animali all'anno, oggi 132.
Paradosso: gli sforzi degli animalisti per migliorare le condizioni di vita negli allevamenti hanno reso il consumo di carne più, anziché meno, moralmente accettabile. La vendita al dettaglio di pollame etichettato come biologico, ad esempio, fra il 2003 e il 2007 è quadruplicata! Si tratta di carne priva di ormoni, priva di antibiotici, esente da crudeltà . In altre parole, immune dal senso di colpa.
Ma c'è di più: sono cambiati anche i gusti. L'impennata nel numero degli animali abbattuti nei macelli rispecchia il passaggio dal mangiare mammiferi al mangiare uccelli.
In un’ottica animalista, la campagna «Lasciate in pace le mucche» ha avuto esiti disastrosi. Quando viene portato al macello, il manzo medio pesa circa 500 kg, di cui il 62 per cento è carne utilizzabile. Un pollo Cobb 500, per contro, produce circa 1,4 kg di carne. Occorre uccidere 221 polli per ottenere il corrispettivo di un manzo. 221 morti contro 1. La bilancia morale pende a favore dei polli.
Per giunta, i bovini vivono meglio e più a lungo dei polli allevati industrialmente. Mentre un pollo medio respira ininterrottamente vapori di ammoniaca in un capannone, il manzo medio trascorre un anno e mezzo brucando erba nei pascoli.
In base a questa logica, il cibo d’elezione per il 40 per cento degli animalisti che dichiarano di mangiare carne sarebbe la balena: una balenottera azzurra è l’equivalente di 70.000 polli morti amazzati. Un affarone, in termini etici.
Si scherza? Tutt'altro. Giá nel 2001, Ingrid Newkirk, cofondatrice e presidente del PETA, fra la costernazione di alcuni dei suoi sostenitori, aveva lanciato una campagna che invitava la gente a mangiare cetacei: "pappati la balena”! C’è il vantaggio aggiuntivo che questi animali vivono liberi, non hanno contrassegni pinzati alle orecchie o la coda tagliata, non sono castrati o privati del becco.
Piccolo inconveniente: la carne di balena è dura, grassa e piuttosto disgustosa.
Lettura consigliata: “Amati, odiati, mangiati: Perché è così difficile agire bene con gli animali” Hal Herzog (è da qui che ho preso i dati che sono relativi agli USA, sebbene il trend europeo sia simile)
P.S. Dietro l'impennata nei consumi di carne non c'è solo il paradosso etico appena descritto, pesa pure l'aumento di ricchezza. Ma anche il fatto che essere sensibili alla sofferenza animale non significa essere vegetariani, quelli autentici restano pochi. Il vegetariano tipo - donna, bianca, progressista, con elevato livello di istruzione, di classe media o alta, poco incline verso i valori tradizionali - rappresenta una quota che va dall'1 al 3% della popolazione, senza dire che molti di costoro nascondono dietro l'opzione vegetariana solo un disturbo alimentate. Gli ex vegetariani, tanto per capirsi, sono il triplo dei vegetariani. In secondo luogo, i vegetariani mangiano carne, e parecchia. Nei sondaggi abbiamo a che fare per lo più di vegetariani "autoriferiti", da qui le iniziative del PETA implicitamente rivolte ai "vegetariani di nome” e " carnivori di fatto".