lunedì 31 ottobre 2016
Tassa di siccessione e diseguaglianza
In Sweden, inheritances reduce inequality http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2016/10/sweden-inheritances-reduce-inequality.html
venerdì 28 ottobre 2016
Musica sussidiata
William Baumol nel seminale articolo “Performing Arts– The Economic Dilemma” fornì una base teorica per giustificare i finanziamenti alla musica e alla cultura in generale. Il concetto centrale su cui si speculava era quello di “malattia dei costi”…
… The cost disease says that if two sectors have unequal levels of productivity growth then the sector with lower growth will increase in relative price. If in 1900, for example, it took 1 day of labor to produce one A good and 1 day of labor to produce one B good then the goods will trade 1: 1. Now suppose that by 2000 1 unit of labor can produce 10 units of A but still only one unit of B. Now the goods trade 10: 1. In other words, in 1900 the price or opportunity cost of one B was one A but in 2000 to get one B you must give up 10 A. B goods have become much more expensive….
Nel tempo la produttività aumenta in alcuni settori più che in altri, cio’ significa che alcune merci diventano sempre meno convenienti (in senso relativo).
Il settore musicale è il classico esempio di settore a produttività costante nei secoli: per suonare una sinfonia di Mozart occorre sopportare lo stesso costo ieri come oggi. Lo spiega bene Alex Tabarrok in “Is the Cost Disease Dead?”…
… The performing arts were the key example– it took four quartet players 40 minutes to perform a Mozart composition in 1900 (or 1800) and it took four quartet players 40 minutes to perform a Mozart composition in 2000, hence no productivity improvements in Mozart performances…
E’ chiaro che se fosse così la concorrenza dei beni realizzati in settori a produttività crescente (praticamente tutti gli altri) spiazzerebbe il consumo di musica, che a quel punto per essere mantenuta in vita andrebbe sussidiata proprio come chiede William Baumol.
Ma molti non concordano: è così solo se ci atteniamo ad una certa definizione del bene-musica. Tuttavia, il bene in senso stretto non è cio’ che si produce ma cio’ che si consuma, se un bene non è consumato da nessuno è inutile e cessa di essere un bene. Il bene-musica, quindi, non è la musica composta o suonata ma la musica ascoltata. In questo senso la produttività del settore si è impennata con l’avvento delle nuove tecnologie che ne consentono una diffusione senza limiti, in tempo reale e a costi irrisori.
Questo è il primo colpo ricevuto dalla teoria del “costo malato”. Ma ce n’è un altro: con l’avvento dell’intelligenza artificiale anche la produttività in senso stretto non avrà limiti, visto che anche i robot potranno suonare Mozart.
Baumol segnalava che i settori a rischio di “costi malati” sono quelli “labour-intensive”, se un settore del genere si trasforma in “capital intensive” i suoi problemi si dissolvono. Quando un robot suona Mozart…
… Capital has become Labour… And when K becomes L, the productivity of L increases with the productivity of K. If manufacturing productivity improves and we are manufacturing robots then any sector that uses robots increases in productivity…
Beati gli umili
… l’ umiltà è la presunzione di chi l’ ha preso in quel posto…anonimo
Ma che significa essere “umili”?
In un saggio sull’ argomento, Robert Roberts, docente di etica alla Baylor University, comincia facendo quello che faremmo tutti, ovvero legge alla voce “umiltà” dell’ English Oxford Dictionary:
… umiltà è la qualità dell’ essere umili, ovvero dell’ avere una modesta opinione di sé…
Ma avere “una bassa opinione di sé” è tutt’ altro che una virtù!
Purtroppo, Hume e altri filosofi appartenenti alla tradizione empirica, identificarono il sentimento di umiltà con una carente auto-stima.
Qualcuno cercò allora di aggiustare il tiro pensando all’ umile come a persona che, esente da presunzioni, riesce a giudicare se stesso e gli altri con una certa accuratezza.
Anche qui non ci siamo.
Forse che il più grande pianista del mondo è umile perché ritiene – giustamente - di essere tale? Costui, è vero, non si sovrastima ma, non scherziamo, l’ umiltà è altra cosa. Giudicare sé e gli altri in modo corretto, al limite, rivela onestà intellettuale più che umiltà:
… andrei oltre dicendo che chi si concentra troppo sui giudizi, sia verso sé che verso gli altri, difficilmente coltiverà la virtù dell’ umiltà…
Altri confondono umiltà e conformismo:
… essere umili non significa andare con il gregge, sebbene nella tradizione orientale qualcosa del genere, magari spurgato delle connotazioni negative… puo’ essere vero…
Non parliamo poi di chi assimila umiltà e servilismo. Costoro usano il termine in modo denigratorio.
Secondo la tradizione cristiana, Gesù di Nazareth è il perfetto modello di umiltà. Vediamolo allora da vicino:
… abbiamo di fronte una persona che si disinteressa del suo status…
Gesù non è interessato a confezionare accattivanti “biglietti da visita”. La cura dell’ “immagine” non è in cima ai suoi pensieri.
Nasce in una stalla e lava i piedi ai suoi discepoli. Più sfigato di così!
Allo stesso tempo, Gesù, è perfettamente consapevole della sua condizione superiore di figlio di Dio e, quando si viene al dunque, non fa niente per dissimularla. Anzi, sul punto è “scandalosamente” chiaro, la sua “scorrettezza politica” rischia spesso di offendere l’ interlocutore. Pagherà cara la chiarezza e la mancanza di peli sulla lingua.
Secondo questo modello, quindi, l’ umiltà coincide con un disinteresse per l’ apparire. Un disinteresse ben lontano dall’ ignoranza circa le proprie doti e la propria natura. Trascurare le apparenze per dedicarsi alla sostanza è tipico di Gesù.
In questo senso Socrate lo anticipa. Il filosofo greco prende continuamente le distanze sia dalla falsa modestia che dalla ricerca di approvazione sociale.
L’ esempio di questi giganti è straordinario, e ce lo conferma la scienza contemporanea:
… per i primati, incluso l’ uomo, la caratteristica saliente dell’ ambiente in cui sono immersi, è rappresentata dalle tensioni che la “caccia allo status” crea tra gli agenti… se mai esiste un sentimento universale nello spazio e nel tempo questi è l’ invidia…
Insomma, vogliamo essere degli “alpha”, se non in assoluto, perlomeno rispetto a qualcuno.
Solo quando questa ansia viene frenata – per esempio dall’ amore per Dio o da qualche altro interesse genuino – noi potremo imboccare la via dell’ umiltà.
Ricordiamo che dallo “status” dipende la nostra rispettabilità e la nostra reputazione sociale, nonché una serie di conseguenze pratiche. Per questo risulta tanto difficile trascurarlo.
Il progetto di fare dell’ umiltà una virtù si scontra allora con il fatto che potrebbe essere impossibile praticarla in modo verace e i “doveri impossibili” sono anche “doveri insensati”.
La psicologia evolutiva interpreta praticamente tutto in termini di “caccia allo status”. Dallo status dipendono in modo cruciale le opportunità di riproduzione. Lo sfigato medio non ha una prole numerosa.
Perché desideriamo vestire bene? Perché essere eleganti ci piace, ma anche per curare il nostro status. Perché vogliamo una casa dignitosa? Perché abitare una bella casa è meglio che abitare una casa squallida, ma anche per coltivare il nostro status. Perché vogliamo fare “vacanze speciali”? Perché siamo alla ricerca di comodità o di emozioni forti, ma anche per innalzare il nostro status presso i terzi che ne vengono a conoscenza.
Non facciamo mai qualcosa (solo) per fare quella cosa, in realtà stiamo lavorando al nostro status. A chi nelle università studia queste tematiche viene assegnato un sintomatico nomignolo: “departement isn’t”: non si cucina un piatto appetitoso perché ci piace mangiarlo, non si va a votare perché si sposa la linea di un certo partito, non ci si fidanza perché siamo intimamente innamorati di quella persona…
E le percentuali? Mah, vogliamo fare un 50 e 50?
Per lo psicologo evolutivo, insomma, l’ uomo è dominato da una fissa: lo status. Hai voglia a incitarlo all’ umiltà! L’ insegnamento di Cristo si rivolge a gente nei cui geni è scritta una storia differente. La personalità umile è contro-natura.
Si parla di Homo Hypocritus proprio perché lo status, oltre a essere tremendamente importante, è anche facilmente falsificabile.
Lo status è sempre relativo, dipende quindi da un confronto con gli altri, una “guerra dei tutti contro tutti” in cui si sprecano energie preziose nel pompare in modo credibile il proprio e nel demistifcare il pompaggio altrui.
In questa guerra l’ arte dell’ ipocrisia è cruciale e poiché l’ umiltà intacca proprio l’ ipocrisia, cominciamo a cogliere il legame tra “umiltà” e “verità”.
In merito a umiltà, status e ipocrisia, il prof. Robert Trivers ha elaborato una teoria ingegnosa quanto convincente. Per lui l’ arte dell’ ipocrisia è funzionale all’ implementazione di strategie vincenti dal punto di vista evolutivo.
Se riusciamo a presentarci meglio di cio’ che siamo e, nello stesso tempo, coltiviamo competenze idonee a smascherare l’ ipocrisia altrui, saremo dei vincenti.
C’ è un piccolo inconveniente: le competenze sviluppate dagli altri per smascherare la nostra ipocrisia progrediscono quanto la nostra abilità a dissimulare.
Smascherare l’ ipocrisia altrui non è poi così difficile. Chi mente manifesta segnali di nervosismo e chi riesce a dominare il nervosismo fa emergere comunque la classica freddezza artefatta del mentitore; insomma, ci sono mille segnali che ci denunciano! Inoltre, al mentitore viene richiesto un grande sforzo cognitivo: deve infatti distruggere l’ edificio della verità e rimpiazzarlo con uno fasullo! Mica paglia: la memoria è sottoposta a uno stress non indifferente, bisogna ricordarsi e incastrare le proprie bugie per non cadere in contraddizione sul lungo termine. Guai a chi non organizza in modo “scientifico” le proprie ipocrisie!
Sono problemi ardui che potrebbero orientarci verso una soluzione di “second best”: la sincerità. Ricordiamoci che in questa morra il “bugiardo” sopravanza il “sincero” ma il “bugiardo sbugiardato” perde con tutti.
Fortunatamente (o sfortunatamente), Madre Natura ha sviluppato nel nostro organismo un’ arma letale: l’ autoinganno. Ricorrendo all’ autoinganno, dominare il “nervosismo” e l’ “organizzazione” delle mezze verità diventa molto meno impegnativo. Autoingannandoci potremo sfoggiare un’ ipocrisia calma e coerente.
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L’ umiltà è dunque un obiettivo molto ambizioso per almeno due motivi: 1. la presunzione è pur sempre una brutta gatta da pelare (temiamo il giudizio altrui) e 2. noi per primi crediamo di essere già umili a sufficienza (temiamo il giudizio della nostra coscienza).
Non ammetterei mai di avere preoccupazioni di status nel momento in cui scelgo una camicia, oppure se sistemo la casa dei miei sogni, né tantomeno quando si tratta di scegliere se e dove andare in vacanza. Anzi, trovo offensivo che qualcuno possa anche solo insinuare l’ esistenza di preoccupazioni tanto meschine. Oltretutto mi sento sincero quando nego un collegamento che invece è patente. Questo perché, spiega il Prof. Trivers, sia la trasparenza che l’ ipocrisia nuda e cruda sono strategie perdenti. L’ ipocrisia unita all’ autoinganno, per contro, vince su tutti i fronti!
Inutile aggiungere che, poiché la selezione naturale ci ha prescelti, la nostra strategia deve necessariamente essere quella vincente.
Il libro del prof. Trivers è ricco di aneddoti illuminanti. In uno, per esempio, le fotografie delle “cavie umane” vengono manipolate in modo da abbellire o imbruttire le persone che vi compaiono. Si è notato come gli interessati si riconoscano più velocemente nelle prime. Evidentemente – autoingannandosi - si pensano più belli di quel che sono.
In un altro viene detto a dei bambini di non spiare il giocattolo racchiuso in una scatola presente nella stanza dove verranno lasciati soli. Naturalmente la maggior parte di loro, tradendo la parola data, spia. Ma la cosa più interessante è che la probabilità di spiare cresce con l’ IQ del bambino. Poiché l’ intelligenza ci serve per rintracciare strategie vincenti, se ne deduce che la “propensione al tradimento” sia tale. L’ inganno e l’ autoinganno non fanno che rispecchiare una “propensione al tradimento”.
… l’ ipocrisia ci aiuta a rappresentare e a rappresentarci il mondo in modo distorto per affrontare al meglio la competizione con gli altri… cio’ comporta una continua inflazione delle nostre conquiste e delle nostre competenze… una svalutazione dei fallimenti e una razionalizzazione degli errori… l’ ipocrisia gioca un ruolo fondamentale in questo processo in quanto si mente molto più efficacemente agli altri se si sa mentire a se stessi… la capacità di autoingannarsi è un caratteristica vincente selezionata dall’ evoluzione per vivere in società proprio come la pelle chiara è selezionata per vivere nelle regioni nordiche e quella scura per vivere all’ equatore…
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C’ è chi si rassegna a considerare l’ ossessione per lo status connaturata all’ uomo e cerca di consolarsi: meglio le guerre non cruente che quelle cruente. Meglio la caccia allo status veicolata dalla pubblicità che quella veicolata dalle guerre.
Ci sono dei “rassegnati” che cercano poi di metterci una pezza esortando a costruire una società ricca e variegata in cui ciascuno di noi possa trovare una nicchia in cui primeggiare e appagare le sue vanità.
C’ è invece chi non si rassegna e grida “beati gli umili”, convinto che l’ umiltà si possa conquistare indipendentemente dal cablaggio dei nostri cervelli.
La mia posizione? Trovo che, tutto sommato, l’ introspezione sia un buon antidoto all’ autoinganno. Ma, proprio perché il resoconto di RT sembra abbastanza convincente, non saprei se raccomandarlo a tutti (me compreso): un’ introspezione troppo accurata potrebbe disarmarci lasciadoci inermi.
La conclusione è dunque sorprendente: l’ umiltà è una virtù élitaria. Roba per pochi. Roba per chi riesce a compensare l’ ipocrisia con altre doti evolutive. In partenza avrei detto il contrario, l’ umiltà mi appariva più come una virtù tipica della massa.
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P.S. Umiltà e conoscenza
Una cosa comunque è certa: se l’ umiltà dichiara guerra alla “ricerca dello status”, dichiara guerra anche all’ “auotinganno” divenendo così, almeno all’ apparenza, uno strumento di verità.
Veniamo così alla cosiddetta “umiltà intellettuale”: perché desideriamo conoscere? In parte per amore della verità, in parte per coltivare il nostro status.
E le percentuali? Anche qui 50 e 50? Secondo il San Paolo della lettera ai Corinzi, quello per cui “la conoscenza inorgoglisce, l’ amore edifica”, probabilmente anche 40 e 60!
Ma l’ umiltà è poi davvero “strumento di verità”? Non ne sono del tutto convinto. Sicuramente alimenta il nostro amore per la verità, ma da qui a essere funzionale al suo conseguimento ne corre.
Purtroppo gli esempi di grandi scienziati “poco umili” sono parecchi.
Galilei non dubitò mai delle sue tesi pur avendo in mano ben poche prove oggettive.
James Watson…
… nella sua biografia ammette candidamente che lui e Francis Crick, allorché scoprirono la struttura fondamentale del DNA, erano motivati da molto più che un desiderio di conoscenza scientifica… cercavano un posto nei libri di storia e il riconoscimento dei colleghi… in particolare temevano che Linus Pauling arrivasse prima alla scoperta e non esitarono a utilizzare la strumentazione ideata da Rosalind Franklin senza chiedere il suo permesso…
Spesso percepiamo la nostra immagine sfregiata dallo spettro di una correzione ricevuta da un nostro pari. Quando cio’ avviene, emerge l’ istinto di correre a buttarla in rissa pur di provare (innanzitutto a noi stessi) che siamo nel giusto e che la nostra condizione primigenia è stata ripristinata:
… per chi difetta di umiltà è particolarmente seccante essere corretto in un forum pubblico… il disturbo che se ne riceve fa passare presto in secondo piano la ricerca della verità…
Un sintomo dell’ arroganza è l’ attacco ad hominem:
… chi è intellettualmente umile considera gli argomenti indipendentemente dalle persone che li espongono… costui non sferrerà mai un attacco ad hominem, non è interessato alle persone e ai confronti tra persone… ma unicamente alle idee di cui sono portatrici...
RR si concentra poi sulle radici dell’ arroganza intellettuale:
… nella ricerca, i precoci successi rischiano di portare una certa arroganza negli scienziati affermati…
In effetti ho notato che è senz’ altro importante studiare il lavoro dei Nobel, purché ci si concentri su quello prodotto prima del ricevimento del premio. Quello successivo, spesso nemmeno esiste, e quando esiste di solito ha scarso valore.
Si osa perfino portare Einstein come esempio negativo:
… il suo biografo disse che dopo l’ elaborazione della teoria della relatività, non essendo riuscito ad accettare i fondamenti della meccanica quantistica, non riuscì mai nemmeno a dare un contributo apprezzabile in un campo tanto importante…
Voglia di lavorare saltami addosso
Chi campa di welfare è uno scroccone che vuole fare il mantenuto o una povera vittima del neo-liberismo schiacciasassi? E’ la domanda che si pone Adam Perkins in “The Welfare Trait: How State Benefits Affect Personality”:
… we sometimes see welfare claimants stereotyped as genetically hardwired to be unconscientious and disagreeable, shunning work for a life of idleness courtesy of the public purse… Conversely, welfare claimants may be portrayed as the helpless victims of capitalism, mere leaves blown around by the powerful winds of the global trading…
Di certo gli opportunisti pullulano cosicchè si innesca il tipico processo “welfare crea welfare” in una valanga che cresce ad ogni rotolata. In questa considerazione non c’è nulla di originale:
… almost 20 years ago, the eminent Swedish economist Assar Lindbeck warned that ‘the supply of benefits creates its own demand…
Secondo Perkins il problema dell’azzardo morale e delle false pensioni d’invalidità è il minore dei mali. Quello che lo preoccupa è il degrado morale, il welfare sembra minare la personalità di chi vi ricorre. C’è ormai una corposa letteratura sull’erosione etica causata dal welfare:
… the Nobel Prize-winning economist James Heckman summarised this literature as follows: Participation in generous welfare states leads to erosion of the work ethic and withdrawal from participation in the social compact. There is evidence of cohort drift in welfare participation. Those cohorts who have lived a greater fraction of their lives under the generosity of the welfare state come to accept its benefits and game the system at higher rates…
Lo pseudo-altruismo welferista rischia di essere auto-distruttivo:
… The biological literature also urges caution: in his seminal 1976 book The Selfish Gene, Richard Dawkins described the welfare state as perhaps the greatest example of altruism in the animal kingdom but warned of its self-destructive potential…
Il neo-malthusiano Perkins è particolarmente allarmato dai “bambini del welfare”:
A welfare state that increases the number of children born into disadvantaged households therefore risks increasing the number of citizens who develop an aggressive, antisocial and rule-breaking personality profile due to being exposed to disadvantage during childhood… childhood disadvantage has been shown in randomised controlled experiments – the gold standard of scientific proof – to promote the formation of an aggressive, antisocial and rule-breaking personality profile that impairs occupational and social adjustment during adulthood…
Chi campa di sussidi non si limita a zavorrare la società ma danneggia anche la prole, ovvero le generazioni future:
… the employment-resistant personality profile doesn’t just impair workplace performance – it also increases the frequency of behaviour that is likely to impair the life chances of the next generation (for example, teenage parenthood). This is a crucial finding because it suggests that individuals with employment-resistant personality characteristics not only suffer impaired life outcomes, but also transmit that difficulty to their children…
Ed ecco dove il welfare fa la differenza: la prole dei “mantenuti patologici” cresce notevolmente laddove il welfare è più generoso e scriteriato:
…we shall see that the number of children born to welfare claimants tracks the generosity of benefits, with increases in the generosity of welfare benefits being followed by deliberate increases in their rate of reproduction via altered contraception usage….
Il “mantenuto patologico” 1) non è un buon genitore e 2) lascia in eredità un patrimonio genetico a dir poco problematico:
… we shall see that the disadvantage suffered by children of welfare claimants is not only a matter of financial irresponsibility but also a matter of parental style: despite having more free time, welfare claimants tend to speak to their children significantly less often than employed parents… the transmission of personality characteristics from parent to child cannot be explained by environmental factors alone… we shall see evidence that the missing link in the transmission of personality characteristics from parent to child is genetic…
Il welfare esteso è dunque una fonte di degrado caratteriale e di criminalità:
… I summarise evidence that is circumstantial but nevertheless consistent with the notion that the welfare state is changing the developmental trajectory of the personality profile of the population towards greater employment-resistance. For example, we shall see that the introduction of the welfare state amongst the nations of the Western world has been followed by a substantial decrease in work motivation and an upsurge in criminal…
Ci sono tre conclusioni possibili:
… 1. The welfare state should be retained without change. 2. The welfare state should be abolished. 3. The welfare state should be amended to take account of personality…
L’autore propende per la terza. Che a me sembra decisamente utopica, d’altronde penso che nel libro la si privilegi all’unico scopo di far accettare tesi per molti indigeribili.
Con Adam Perkins siamo nell’alveo di David Murray: l’altruismo coercitivo degrada le personalità di chi riceve e crea risentimenti in chi deve aiutare inmodo coercitivo. Un filone che ha un messaggio centrale chiaro: il welfare collasserà non per gli abusi a cui va soggetto ma quando ci accorgeremo che non migliora affatto chi viene aiutato. Ma la predizione di un simile collasso mi lascia perplesso visto che il welfare serve più al prestigio (e alla buona coscienza) di chi “aiuta” (e al rent-seeking di chi fa da tramite) che al benessere reale dell’ “aiutato”. In questo senso il fatto che non funzioni è del tutto secondario.
1 An Optimistic Skeptic - SUPERFORECASTER PHILIP TETLOCK
1 An Optimistic SkepticRead more at location 40
Note: bill flack è un superforecaster. come lui ce ne sono altri. domande tipo a cui risponde un s.: la russia annetterà i territori ucraini entro tre anni? l india entrerà nel consiglio di sicurezza onu tra un anno? quali paesi abbandoneranno l euro nei prossimi 5 anni? scopo del libro: spiegare il modus operandi dei s. e xchè sono tali. xchè bill nn è un editorialista del nyt? nn lo sappiamo xchè nn abbiamo un track record degli editorialisti solo opinioni su opinioni ma vaghe nn testabili. tipo: se la nato aprirà all india la russia reagirà esponendoci ad una nuova guerra fredda. ci interessa di più sapere se la juve ha fatto un buon acquisto o sapere se ci sarà un genocidio in sud sudan? sembrerebbe che la juve ci stia molto più a cuore. s. ha delle qualità che possono essere coltivate da tutti. l esperto prevede come una scimmia coi dadi? la ventennale ricerca di tetlock sfiora qs paradosso ma dice anche qlcs di più costruttivo.. l esperto fa un pochino meglio del profano solo l orizzonte 3/5 anni lo fa diventare scimmia gli eclettici fanno meglio degli specialistici. dobbiamo fidarci dell esperto? coltiviamo uno scettico ottimismo. xchè scetticismo? prendi la primavera araba nasce con una storia come tante. avrebbe potuta succedere l anno prima. facile da razionalizzare ma difficile da prevedere. quante cose può fars un battito d ali di farfalla! teoria del caos: nella simulazione pc di sistemi complessi basta variare di poco un dato e gli esiti s invertono. laplace: più sappiamo più sapremo prevedere. se sappiamo tutto del presente sapremo tutto del futuro: il mondo è un orologio. meccanicismo lorentz: no il mondo è una nuvola. i feedback radicali ci espongono a variazioni infinitesimali. non sapremo mai come evolve una nuvola. paradosso: oggi gli scienziati sanno di più ma sono più scettici sulle previsioni... complessità: legge goodheart/lucas: la realtà cambia nel momento stesso in cui viene prevista. x i siatemi instabili la previsione è impossibile. x altri viene a dipendere dalle farfalle ed è quindi difficile. altri sistemi sono più stabili. xchè ottimismo? xchè ci sono cose che si possono prevedere. x es. se ci sará traffico x andare al mare... le assicurazioni fanno molti soldi prevedendo con successo... il mondo è un misto di orologi e nuvole tutto è prob e margine d errore.. track record. essenziali x migliorare ma anche poco adottati. forse prevale lo scettico/scettico. pochi rivelano l accuratezza e quasi nessuno giudica l esperto in base a quella.. il problema della domanda: pochi chiedono conto delle evidenze... poca misurazione poca revisione pochi miglioramenti. distinguiamo: previsione x migliorare la conoscenza. previsione x divertirsi. previsione fatta x autoavverarsi. solo le prome due richiedono misurazione. ci sono anche p. fatte x impressionare: il superconsulente o il supereditorialista. anche qui il r.t. è inutile. altre confortano il militante come un bagno caldo. niente rt ovviamente. ottimismo: conoscendo tante distorsioni sappiamo dove migliorare. torneo: 5 squadre che x 4 anni rispondono a una domanda al giorno su affari e politica con una p. il metodo è libero. il gruppo deu superf. batte tutti il gruppo di controllo come il gruppo accademici. conclusione 1: la capacitá previsionale esiste ed è misurabile e nn si identifica con la potenza accademica... coclusione 2: la capacità p. nn è un talento ma un modo di pensare. un modo di aggiornare le proprie credenze. conoscere la differenza tra 60/40 e 40/60. l esperto conosce i nessi ma il superf sa pesarli. xchè progressi tanto lenti? psicologia: crediamo di conoscere quel che nn conosciamo (x esempio se panebianco è un buon p.). la differenza nn la fa l ideologia. nn la fa nemmeno l accesso ai dati e nemmeno l intelligenza. la matematica nn viene mai usata. il s. nn è uno sgobbone. conta COME si pensa. il s. è autocritico. sa correggersi. vuole migliorarsi. qs significa che è curioso e aprrto. classifica 1 s. 2 algoritmo statistico 3 esperto 4 persona comune. ma l algoritmo afgidabile è raramente disponibile x il problema da affrontare al momento. ia: nel 65 sembrava prossima. oggi siamo più cauti. il s. del futuro: un uomo col pc. l uomo fa sintesi della complessità che manda in palla un pc. il pc corregge i bias dell uomo. Edit
When we think about changing jobs, getting married, buying a home, making an investment, launching a product, or retiring, we decide based on how we expect the future will unfold. These expectations are forecasts.Read more at location 42
If you are a White House staffer, you might find him in the Oval Office with the president of the United States, talking about the Middle East. If you are a Fortune 500 CEO, you might spot him in Davos, chatting in the lounge with hedge fund billionaires and Saudi princes. And if you don’t frequent the White House or swanky Swiss hotels, you can read his New York Times columns and bestselling books that tell you what’s happening now, why, and what will come next.1 Millions do.Read more at location 44
Like Tom Friedman, Bill Flack forecasts global events. But there is a lot less demand for his insights.Read more at location 49
he went to the University of Arizona. He was aiming for a PhD in math, but he realized it was beyond his abilitiesRead more at location 53
then got a job with the Department of Agriculture and stayed for a while.Read more at location 56
Bill has answered roughly three hundred questions like “Will Russia officially annex additional Ukrainian territory in the next three months?” and “In the next year, will any country withdraw from the eurozone?”Read more at location 58
“Will North Korea detonate a nuclear device before the end of this year?” “How many additional countries will report cases of the Ebola virus in the next eight months?” “Will India or Brazil become a permanent member of the UN Security Council in the next two years?”Read more at location 61
“Will NATO invite new countries to join the Membership Action Plan (MAP) in the next nine months?” “Will the Kurdistan Regional Government hold a referendum on national independence this year?” “If a non-Chinese telecommunications firm wins a contract to provide Internet services in the Shanghai Free Trade Zone in the next two years, will Chinese citizens have access to Facebook and/or Twitter?”Read more at location 63
But he does his homework. He gathers facts, balances clashing arguments, and settles on an answer.Read more at location 67
No one bases decisions on Bill Flack’s forecasts, or asks Bill to share his thoughts on CNN.Read more at location 68
that’s unfortunate. Because Bill Flack is a remarkable forecaster.Read more at location 69
each one of Bill’s predictions has been dated, recorded, and assessed for accuracy by independent scientific observers.Read more at location 70
engineers and lawyers, artists and scientists, Wall Streeters and Main Streeters, professors and students.Read more at location 72
accuracy of Friedman’s forecasting has never been rigorously tested.Read more at location 76
But there are no hard facts about Tom Friedman’s track record, just endless opinions—and opinions on opinions.Read more at location 79
make critical decisions on the basis of forecasts whose quality is unknown.Read more at location 83
the average expert was roughly as accurate as a dart-throwing chimpanzee. You’ve probably heard that one before.Read more at location 90
It goes like this: A researcher gathered a big group of experts—academics, pundits, and the like—to make thousands of predictions about the economy, stocks, elections, wars, and other issues of the day. Time passed, and when the researcher checked the accuracy of the predictions, he found that the average expert did about as well as random guessing. Except that’s not the punch line because “random guessing” isn’t funny. The punch line is about a dart-throwing chimpanzee. Because chimpanzees are funny. I am that researcherRead more at location 92
My study was the most comprehensive assessment of expert judgmentRead more at location 97
Open any newspaper, watch any TV news show, and you find experts who forecastRead more at location 101
With few exceptions, they are not in front of the cameras because they possess any proven skill at forecasting.Read more at location 102
The one undeniable talent that talking heads have is their skill at telling a compelling story with conviction, and that is enough. Many have become wealthy peddling forecasting of untested value to corporate executives, government officials, and ordinary people who would never think of swallowing medicine of unknown efficacy and safety but who routinely pay for forecasts that are as dubious as elixirs sold from the back of a wagon.Read more at location 104
What my research had shown was that the average expert had done little better thanRead more at location 109
approaching the dart-throwing-chimpanzee level three to five years out.Read more at location 111
The message became “all expert forecasts are useless,” which is nonsense.Read more at location 115
and that any intelligent, open-minded, and hardworking person can cultivate the requisite skills.Read more at location 123
To understand the “skeptic” half of that label, consider a young Tunisian man pushing a wooden handcart loaded with fruits and vegetables down a dusty road to a market in the Tunisian town of Sidi Bouzid. When the man was three, his father died. He supports his family by borrowing money to fill his cart, hoping to earn enough selling the produce to pay off the debt and have a little left over. It’s the same grind every day. But this morning, the police approach the man and say they’re going to take his scales because he has violated some regulation. He knows it’s a lie. They’re shaking him down. But he has no money. A policewoman slaps him and insults his dead father. They take his scales and his cart. The man goes to a town office to complain. He is told the official is busy in a meeting. Humiliated, furious, powerless, the man leaves. He returns with fuel. Outside the town office he douses himself, lights a match, and burns. Only the conclusion of this story is unusual. There are countless poor street vendors in Tunisia and across the Arab world.Read more at location 125
But this particular humiliation, on December 17, 2010, caused Mohamed Bouazizi, aged twenty-six, to set himself on fire, and Bouazizi’s self-immolation sparked protests. The police responded with typical brutality. The protests spread. Hoping to assuage the public, the dictator of Tunisia, President Zine el-Abidine Ben Ali, visited Bouazizi in the hospital. Bouazizi died on January 4, 2011. The unrest grew. On January 14, Ben Ali fled to a cushy exile in Saudi Arabia, ending his twenty-three-year kleptocracy. The Arab world watched, stunned. Then protests erupted in Egypt, Libya, Syria, Jordan, Kuwait, and Bahrain. After three decades in power, the Egyptian dictator Hosni Mubarak was driven from office. Elsewhere, protests swelled into rebellions, rebellions into civil wars.Read more at location 134
having made his name in journalism as a New York Times correspondent in Lebanon.Read more at location 144
Maybe, given how much Friedman knew about the region, he would have mused that poverty and unemployment were high,Read more at location 146
But an observer could have drawn exactly the same conclusion the year before.Read more at location 148
Does the Flap of a Butterfly’s Wings in Brazil Set Off a Tornado in Texas?”Read more at location 151
Lorenz had discovered by accident that tiny data entry variations in computer simulations of weather patterns—like replacing 0.506127 with 0.506—could produce dramatically different long-term forecasts. It was an insight that would inspire “chaos theory”: in nonlinear systems like the atmosphere, even small changes in initial conditions can mushroom to enormous proportions.Read more at location 152
He meant that if that particular butterfly hadn’t flapped its wingsRead more at location 157
For centuries, scientists had supposed that growing knowledge must lead to greater predictabilityRead more at location 162
We may regard the present state of the universe as the effect of its past and the cause of its future. An intellect which at a certain moment would know all forces that set nature in motion, and all positions of all items of which nature is composed, if this intellect were also vast enough to submit these data to analysis, it would embrace in a single formula the movements of the greatest bodies of the universe and those of the tiniest atom; for such an intellect nothing would be uncertain and the future just like the past would be present before its eyes.Read more at location 166
If it knew everything about the present, Laplace thought, it could predict everything about the future.Read more at location 171
High school science tells us that clouds form when water vapor coalesces around dust particles. This sounds simple but exactly how a particular cloud develops—the shape it takes—depends on complex feedback interactions among droplets. To capture these interactions, computer modelers need equations that are highly sensitive to tiny butterfly-effect errors in data collection.Read more at location 173
This is a big reason for the “skeptic” half of my “optimistic skeptic”Read more at location 179
A woman living in a Kansas City suburb may think Tunisia is another planet, and her life has no connection to it, but if she were married to an air force navigator who flies out of the nearby Whiteman Air Force Base, she might be surprised to learn that one obscure Tunisian’s actions led to protests, that led to riots, that led to the toppling of a dictator, that led to protests in Libya, that led to a civil war, that led to the 2012 NATO intervention, that led to her husband dodging antiaircraft fire over Tripoli.Read more at location 181
Why did she leave home at 6:30? She didn’t want to get stuck in rush hour.Read more at location 197
She expected the people who said they would join the 10:30 conference call to do so, and she was right.Read more at location 199
When the woman went to Amazon, the website highlighted certain products it thought she would like,Read more at location 205
Google personalizes search results by putting what it thinks you will find most interestingRead more at location 207
Kansas City Life Insurance Company is in the business of forecasting disability and death, and it does a good job. That doesn’t mean it knows precisely when I will die, but it does have a good idea of how long someone of my age and profile—sex, income, lifestyle—is likely to live. Kansas City Life was founded in 1895. If its actuaries weren’t good forecasters, it would have gone bankrupt long ago.Read more at location 208
I just Googled tomorrow’s sunrise and sunset times for Kansas City, Missouri, and got them down to the minute.Read more at location 212
A good restaurant is very likely to open its doors when it says it will, but it may not, for any number of reasons,Read more at location 215
Weather forecasts are typically quite reliable, under most conditions, looking a few days ahead, but they become increasingly less accurateRead more at location 225
further we try to look into the future, the harder it is to see.Read more at location 228
separating the predictable from the unpredictable is difficult work.Read more at location 233
meteorologists are able to sharpen their understanding of how weather works and tweak their models. Then they try again. Forecast, measure, revise. Repeat. It’s a never-ending process of incremental improvement that explains why weather forecasts are good and slowly getting better.Read more at location 235
Big leaps in computing power and continued refinement of forecasting models may nudge the limits a little furtherRead more at location 239
Accuracy is seldom determined after the fact and is almost never done with sufficient regularityRead more at location 246
“I have been struck by how important measurement is to improving the human condition,” Bill Gates wrote. “You can achieve incredible progress if you set a clear goal and find a measure that will drive progress toward that goal. … This may seem basic, but it is amazing how often it is not done and how hard it is to get right.”Read more at location 252
You might think the goal of forecasting is to foresee the futureRead more at location 257
Think of CNBC’s Jim Cramer with his “booyah!” shtick, or John McLaughlin, the host of The McLaughlin Group, bellowing at his panelists to predict the likelihood of an event “on a scale from zero to ten, with zero representing zero possibility and ten representing complete metaphysical certitude!”Read more at location 258
forecasts are used to advance political agendas and galvanize action—Read more at location 260
There is also dress-to-impress forecasting—which is what banks deliver when they pay a famous punditRead more at location 262
It’s a messy situation, which doesn’t seem to be getting better. And yet this stagnation is a big reason why I am an optimisticRead more at location 265
For scientists, not knowing is exciting. It’s an opportunity to discover;Read more at location 268
all we have to do is set a clear goal—accuracy!—and get serious about measuring.Read more at location 270
I’ve been doing that for much of my career. The research that produced the dart-throwing-chimpanzee result was phase one. Phase two started in the summer of 2011, when my research (and life) partner Barbara Mellers and I launched the Good Judgment Project and invited volunteers to sign up and forecast the future. Bill Flack responded. So did a couple of thousand others that first year, and thousands more in the four years that followed. Cumulatively, more than twenty thousand intellectually curious laypeople tried to figure out if protests in Russia would spread, the price of gold would plummet, the Nikkei would close above 9,500, war would erupt on the Korean peninsula, and many other questions about complex, challenging global issues. By varying the experimental conditions, we could gauge which factors improved foresight, by how much, over which time frames, and how good forecasts could become if best practices were layered on each other.Read more at location 271
part of a much larger research effort sponsored by the Intelligence Advanced Research Projects Activity (IARPA).Read more at location 279
intelligence community that reports to the director of National IntelligenceRead more at location 281
By one rough estimate, the United States has twenty thousand intelligence analysts assessing everything from minute puzzles to major events such as the likelihood of an Israeli sneak attack on Iranian nuclear facilities or the departure of Greece from the eurozone.Read more at location 283
intelligence community, like so many major producers of forecasting, has never been keen on spending money to figure that out.Read more at location 286
To change that, IARPA created a forecasting tournament in which five scientific teams led by top researchers in the field would compete to generate accurate forecasts on the sorts of tough questions intelligence analysts deal with every day. The Good Judgment Project was one of those five teams. Each team would effectively be its own research project, free to improvise whatever methods it thought would work, but required to submit forecasts at 9 a.m. eastern standard time every day from September 2011 to June 2015. By requiring teams to forecast the same questions at the same time, the tournament created a level playing field—and a rich trove of data about what works, how well, and when. Over four years, IARPA posed nearly five hundred questions about world affairs.Read more at location 289
In year 1, GJP beat the official control group by 60%. In year 2, we beat the control group by 78%. GJP also beat its university-affiliated competitors, including the University of Michigan and MIT, by hefty margins, from 30% to 70%, and even outperformed professional intelligence analysts with access to classified data. After two years, GJP was doing so much better than its academic competitors that IARPA dropped the other teams.Read more at location 296
One, foresight is real. Some people—people like Bill Flack—have it in spades.Read more at location 300
One result that particularly surprised me was the effect of a tutorial coveringRead more at location 305
“it’s the difference between a consistent winner who’s making a living, or the guy who’s going broke all the time.”Read more at location 310
The difference between heavyweights and amateurs, she said, is that the heavyweights know the difference between a 60⁄40 bet and a 40⁄60 bet.Read more at location 312
When physicians finally accepted that their experience and perceptions were not reliable means of determining whether a treatment works, they turned to scientific testing—and medicine finally started to make rapid advances.Read more at location 317
In the late 1980s I worked out a methodology and conducted what was, at the time, the biggest test of expertRead more at location 320
Why are they so good? That question runs through chapters 5 through 9.Read more at location 327
many have advanced degrees in mathematics and science. So is the secret arcane math? No.Read more at location 329
so you might be tempted to attribute their success to spending endless hours on the job. Yet that too would be a mistake.Read more at location 331
Superforecasting does require minimum levels of intelligence, numeracy, and knowledge of the world, but anyone who reads serious books about psychological research probably has those prerequisites.Read more at location 332
superforecasting demands thinking that is open-minded, careful, curious, and—above all—self-critical. It also demands focus.Read more at location 335
maybe you think this is all hopelessly outdated. After all, we live in an era of dazzlingly powerful computers,Read more at location 341
In 1954, a brilliant psychologist, Paul Meehl wrote a small book that caused a big stir.12 It reviewed twenty studies showing that well-informed experts predicting outcomes—whether a student would succeed in college or a parolee would be sent back to prison—were not as accurate as simple algorithmsRead more at location 344
The point is now indisputable: when you have a well-validated statistical algorithm, use it.Read more at location 349
But spectacular advances in information technology suggest we are approaching a historical discontinuityRead more at location 352
In 1997 IBM’s Deep Blue beat chess champion Garry Kasparov. Now, commercially available chess programs can beat any human. In 2011 IBM’s Watson beat Jeopardy! champions Ken Jennings and Brad Rutter. That was a vastly tougher computing challenge, but Watson’s engineers did it.Read more at location 353
In 1965 the polymath Herbert Simon thought we were only twenty years away from a world in which machines could do “any work a man can do,”Read more at location 360
Ferrucci—who has worked in artificial intelligence for thirty years—is more cautious today.Read more at location 362
Even with computers making galloping advances, the sort of forecasting that superforecasters do is a long way off.Read more at location 370
“there’s a difference between mimicking and reflecting meaning and originating meaning,”Read more at location 373
we will also see more and more syntheses, like “freestyle chess,Read more at location 376
The result is a combination that can (sometimes) beat both humans and machines.Read more at location 377
that makes so many policy debates so puerile: “I’ll counter your Paul Krugman polemic with my Niall Ferguson counterpolemic, and rebut your Tom Friedman op-ed with my Bret Stephens blog.”Read more at location 379
“I think it’s going to get stranger and stranger” for people to listen to the advice of experts whose views are informed only by their subjective judgment.Read more at location 381
“So what I want is that human expert paired with a computer to overcome the human cognitive limitations and biases.”Read more at location 383
need to blend computer-based forecasting and subjective judgmentRead more at location 385
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