"...in passato, quando un Paese in via di sviluppo si indebitava troppo, l' FMI ha sempre predicato austerità e risanamento di bilancio. Ora che è toccato agli Stati Uniti, il medico ha cambiato ricetta..."
lunedì 11 febbraio 2008
Per soppesare le diseguaglianze si guardi al consumo
...e si avranno delle sorprese.
"...the point of this post’s title, though, is that its not incomes that families care about for the most part. Its consumption. You can’t eat, drive or live in your paycheck. Consumption, as it turns out, varies much less over the life-cycle than income3 and this NYT opinion piece by two Fed economist argues consumption, surprisingly, doesn’t vary much between rich and poor..."
"...the point of this post’s title, though, is that its not incomes that families care about for the most part. Its consumption. You can’t eat, drive or live in your paycheck. Consumption, as it turns out, varies much less over the life-cycle than income3 and this NYT opinion piece by two Fed economist argues consumption, surprisingly, doesn’t vary much between rich and poor..."
addendum Perry sullo stesso tema.
addendum Mankiw sullo stesso tema.
"...if we compare the incomes of the top and bottom fifths, we see a ratio of 15 to 1. If we turn to consumption, the gap declines to around 4 to 1...."
Pillole per dimenticare. Esiste un problema etico?
Studio sul tema.
Memento gun
I prossimi proninciamenti giuridici intorno al diritto di portare armi negli USA, offrono l' occasione di ripassare i punti cruciali di questa questione ripercorrendo le memorie depositate presso la corte.
Finanziare l' arte e la cultura
Un occhio alla storia:
"...il mercato talvolta fallisce nell' individuare gli artisti che meritano, ma un' economia ricca, presa nel suo insieme, compie meno fallimenti rispetto ad un' economia povera nel proferire i suoi giudizi estetici. Un' economia ricca mette a disposizione degli artisti diversi canali attraverso cui finanziarsi. Fondazioni private, Università, fondi familiari e anche il lavoro ordinario. Jane Austen visse traendo i suoi fondi dalle ricchezze di una famiglia benestante, Rliot lavorò presso i Lloyd, James Joyce insegnava lingue, Paul Gauguin accumulo un capitale cospicuo attraverso la sua attività di agente azionario, Vharles Ives fu un amministratore assicurativo, Vincent Van Gogh fu supportato dal fratello commerciante, William Faulkner lavoro presso un impianto di produzione energetica e più tardi come sceneggiatore a Hollywood, Philip Glass conduceva il suo taxi a New York. Williams Carlos Williams lavorava come medico a Rutherford, NJ, e scriveva i suoi poemi tra una visita e l' altra. Wallace Stevens, poeta americano, intraprese una carriera a tempo pieno nel ramo assicurativo. declinò anche l' offerta di una cattedra di poesia ad Harvard pur di non compromettere la sua posizione lavorativa. Ma spostiamoci nella Francia del XIX secolo, molta ricchezza "borghese" finanziò l' arte anti-establishment. i fondi di famiglia, quasi sempre originati da attività commerciali, aiutarono, perlomeno nella prima parte sella loro carriera, personalità come Delacroix, Corot, Courbet, Seurat, Degas, Manet, Monet, Cezanne, Toulouse-Lautrec e Moreau, ma anche Baudlaire, Verlaine, Flaubert. Per non parlare di Proust, che potè segregarsi per curare la sua opera grazie alla ricchezza borghese dei suoi parenti, perlopiù originata dalla borsa di Parigi. Gauguin lasciò la Francia per Thaiti ma non smise mai di autopromuoversi insistentemente e dalle isole monitorava con assiduità il crescente valore delle sue opere a Parigi. I bohemien, le avanguardie e anche i nichilisti sono in gran parte il prodotto della società capitalista, costoro hanno perseguito forme di libertà e creatività concepibili e possibili solo in un mondo ricco come quello moderno. In passato gli artisti non agognavano certo la vita da bohem cercando invece il profitto anche in modo smaccato. L' artista rinascimentale, per esempio, era innanzitutto un uomo d' affari. Produceva per profitto personale, firmava contratti e non esitava a rescindergli qualora non trovava più convenienza nel suo lavoro. benvenuto Cellini affermava che "...lavorerei per chiunque mi pagasse bene...". Bach, Mozart, Haydn e Beethoven erano tutti ossessionati dal guadagno, come si evince dalla lettura della loro corrispondenza. Persino Chaplin alla consegna degli Oscar ebbe a dire: "...cominciai per denaro e alla fine l' arte crebbe da sè..."
"...il mercato talvolta fallisce nell' individuare gli artisti che meritano, ma un' economia ricca, presa nel suo insieme, compie meno fallimenti rispetto ad un' economia povera nel proferire i suoi giudizi estetici. Un' economia ricca mette a disposizione degli artisti diversi canali attraverso cui finanziarsi. Fondazioni private, Università, fondi familiari e anche il lavoro ordinario. Jane Austen visse traendo i suoi fondi dalle ricchezze di una famiglia benestante, Rliot lavorò presso i Lloyd, James Joyce insegnava lingue, Paul Gauguin accumulo un capitale cospicuo attraverso la sua attività di agente azionario, Vharles Ives fu un amministratore assicurativo, Vincent Van Gogh fu supportato dal fratello commerciante, William Faulkner lavoro presso un impianto di produzione energetica e più tardi come sceneggiatore a Hollywood, Philip Glass conduceva il suo taxi a New York. Williams Carlos Williams lavorava come medico a Rutherford, NJ, e scriveva i suoi poemi tra una visita e l' altra. Wallace Stevens, poeta americano, intraprese una carriera a tempo pieno nel ramo assicurativo. declinò anche l' offerta di una cattedra di poesia ad Harvard pur di non compromettere la sua posizione lavorativa. Ma spostiamoci nella Francia del XIX secolo, molta ricchezza "borghese" finanziò l' arte anti-establishment. i fondi di famiglia, quasi sempre originati da attività commerciali, aiutarono, perlomeno nella prima parte sella loro carriera, personalità come Delacroix, Corot, Courbet, Seurat, Degas, Manet, Monet, Cezanne, Toulouse-Lautrec e Moreau, ma anche Baudlaire, Verlaine, Flaubert. Per non parlare di Proust, che potè segregarsi per curare la sua opera grazie alla ricchezza borghese dei suoi parenti, perlopiù originata dalla borsa di Parigi. Gauguin lasciò la Francia per Thaiti ma non smise mai di autopromuoversi insistentemente e dalle isole monitorava con assiduità il crescente valore delle sue opere a Parigi. I bohemien, le avanguardie e anche i nichilisti sono in gran parte il prodotto della società capitalista, costoro hanno perseguito forme di libertà e creatività concepibili e possibili solo in un mondo ricco come quello moderno. In passato gli artisti non agognavano certo la vita da bohem cercando invece il profitto anche in modo smaccato. L' artista rinascimentale, per esempio, era innanzitutto un uomo d' affari. Produceva per profitto personale, firmava contratti e non esitava a rescindergli qualora non trovava più convenienza nel suo lavoro. benvenuto Cellini affermava che "...lavorerei per chiunque mi pagasse bene...". Bach, Mozart, Haydn e Beethoven erano tutti ossessionati dal guadagno, come si evince dalla lettura della loro corrispondenza. Persino Chaplin alla consegna degli Oscar ebbe a dire: "...cominciai per denaro e alla fine l' arte crebbe da sè..."
TC in PCC p. 17-18.
sabato 9 febbraio 2008
Il divorzio fa male ai bambini?
Tener conto di tutte le variabili prima di rispondere.
Ma rifletta sopratutto chi ama i bambini (in astratto): il divorzio aumenta la disponibilità potenziale degli accoppiamenti, ovvero la potenzialità di procreazione: più divorzi, più bambini.
Troppa felicità fa male
Paradossi ma mica tanto.
"...The push for ever-greater well-being is facing a backlash, fueled by research on the value of sadness..."
Giustificare lo stipendio dei CEO
Nuovo studio.
"...In particular, in the baseline specification of the model’s parameters, the six-fold increase of U.S. CEO pay between 1980 and 2003 can be fully attributed to the six-fold increase in market capitalization of large companies during that period..."
Libertari paralizzati di fronte alle guerre giuste
Scoglio ineludibile.
"...Seriously. American military intervention has been an incredible boon to global liberty. We fought and defeated the Axis powers in WWII, bringing liberty back to conquered Western Europe and giving it to Japan and Germany as well. We helped ensure that liberty would thrive via the Marshall Plan. We fought in the Korean War and have seen from that great natural experiment how valuable our intervention was. Indirectly via the cold war, we contributed to the demise of the Soviet Union and the spread of liberty in Eastern Europe. OK, Vietnam didn't turn out well, but the comparison to Korea shows that maybe we should have tried harder?? Iraq has not gone well either, but it's not over till the fat lady sings right?..."
L' arma della scuola pubblica è sempre pronta a sparare
"...erano gli anni folli ma a loro modo generosi del primo fascismo emiliano. Ogni azione, ogni comportamento venivano giudicati - anche da chi, come mio padre, citava volentieri Orazio e la sua aurea mediocritas - attraverso il rozzo vaglio del patriottismo e del disfattismo. Mandare i propri figli alla scuola pubblica era considerato in genere patriottico. Non mandarceli, disfattistico: e quindi, per tutti coloro che ce li mandavano, in qualche modo offensivo"
Giorgio Bassani - Il Giardino dei Finzi-Contini
Quanto puo' l' aleggiante pregiudizio, e quanto è duro a morire.
Libri Cuore d' Oltreoceano
Qui ci si muove su un terreno minato. Basterebbe una sfumatura diversamente screziata, un' intonazione altrimenti temperata per scivolare nel più becero patriottismo, nella più vanagloriosa dappocaggine, nella più tronfia megalomania.
Eppure, il taglio di questa lunga didascalia filmata, riesce ad innalzare un' esile ma ineludibile barriera che discrimina l' onesta semplicità ripulita e ordinata, dalla desertificante puerilità massificatoria, attestandosi saldamente nel primo territorio.
Un virtuosismo in cui si arriva a gigioneggiare spingendosi anche oltre a quello che oggi giudicheremmo il lecito, fino al punto di concedere al Protagonista uno sguardo in macchina per meglio istruire lo spettatore.
Tutto è inquadrato in un teatro dai colori fondi e gli odori pungenti, vi si recita senza i traumi di Fort Apaches (siamo ben al di sotto di quell' epopea), vi si recita una vasta rappresentazione dell' umanità in divisa. La morte sta a guardare senza far paura a nessuno. Per metterla in fuga bastano le ossessive note di ordinanza della ben nota tromba. Le felicità vengono inutilmente dissimulate dietro la burbanza rituale non ancora assurta a vera forma d' arte come sarà nei film successivi di Ford.
Pellicola dagli equilibri troppo saldi, fallisce e muore circonfusa in un' aurea di lucida dignità professionale.
I cattivi sono inquadrati in campo troppo lungo per turbare l' armonia con cui le generazioni si avvicendano nel Fortino. Ognuno è competente nel suo ruolo, chi acerbo recalcitra, cede poco dopo senza sforzo alle leggi naturali del Protocollo, la divisa dissipa ogni ambiguità, il vizio (del bere) è addomesticato e benvenuto come diversivo necessario. Il whisky va giù come una serpentna di fuoco ed eccoci tutti battezzati e pronti al nostro dovere. Il capriccio femminile adorna le giornate senza turbarle. Ogni struggimento è opportunamente celato ad occhi indiscreti. L' esitazione dei giovani si risolve presto nel giusto verso.
Ad un certo punto Nathan - compiuta l' età in cui la morte, artista lentissima, dà i suoi primi tocchi approfondendo certe rughe - sente l' esigenza di allontanarsi aprendo una breccia, uno spiraglio. Ma viene richiamato subito indietro, è ancora utile e con entusiasmo ricostituisce la compattezza di quella comunità coesa e solidale.
Tutto scorre, e c' è chi veglia mentre ciascuno di noi s' impegna in quello sforzo che costuituisce il suo contributo alla miriade di scambi mirabilmente sicronizzati che la Piazza ospita. Non c' è molto spazio per le sbraitanti e striminzite individualità. La Comunità accoglie, irregimenta e dispone. Cio' nonostante, non si scamperà mai all' accusa di aver inscenato un piccolo e fetente mondo borghese. Un' ideologia che non accontenta nessuno.
Eppure tranquillizza sapere che da qualche parte nel maelstrom vorticoso della cinematografia internazionale esiste ed è reperibile lo scheletro rassicurante di un Canone.
Eppure, il taglio di questa lunga didascalia filmata, riesce ad innalzare un' esile ma ineludibile barriera che discrimina l' onesta semplicità ripulita e ordinata, dalla desertificante puerilità massificatoria, attestandosi saldamente nel primo territorio.
Un virtuosismo in cui si arriva a gigioneggiare spingendosi anche oltre a quello che oggi giudicheremmo il lecito, fino al punto di concedere al Protagonista uno sguardo in macchina per meglio istruire lo spettatore.
Tutto è inquadrato in un teatro dai colori fondi e gli odori pungenti, vi si recita senza i traumi di Fort Apaches (siamo ben al di sotto di quell' epopea), vi si recita una vasta rappresentazione dell' umanità in divisa. La morte sta a guardare senza far paura a nessuno. Per metterla in fuga bastano le ossessive note di ordinanza della ben nota tromba. Le felicità vengono inutilmente dissimulate dietro la burbanza rituale non ancora assurta a vera forma d' arte come sarà nei film successivi di Ford.
Pellicola dagli equilibri troppo saldi, fallisce e muore circonfusa in un' aurea di lucida dignità professionale.
I cattivi sono inquadrati in campo troppo lungo per turbare l' armonia con cui le generazioni si avvicendano nel Fortino. Ognuno è competente nel suo ruolo, chi acerbo recalcitra, cede poco dopo senza sforzo alle leggi naturali del Protocollo, la divisa dissipa ogni ambiguità, il vizio (del bere) è addomesticato e benvenuto come diversivo necessario. Il whisky va giù come una serpentna di fuoco ed eccoci tutti battezzati e pronti al nostro dovere. Il capriccio femminile adorna le giornate senza turbarle. Ogni struggimento è opportunamente celato ad occhi indiscreti. L' esitazione dei giovani si risolve presto nel giusto verso.
Ad un certo punto Nathan - compiuta l' età in cui la morte, artista lentissima, dà i suoi primi tocchi approfondendo certe rughe - sente l' esigenza di allontanarsi aprendo una breccia, uno spiraglio. Ma viene richiamato subito indietro, è ancora utile e con entusiasmo ricostituisce la compattezza di quella comunità coesa e solidale.
Tutto scorre, e c' è chi veglia mentre ciascuno di noi s' impegna in quello sforzo che costuituisce il suo contributo alla miriade di scambi mirabilmente sicronizzati che la Piazza ospita. Non c' è molto spazio per le sbraitanti e striminzite individualità. La Comunità accoglie, irregimenta e dispone. Cio' nonostante, non si scamperà mai all' accusa di aver inscenato un piccolo e fetente mondo borghese. Un' ideologia che non accontenta nessuno.
Eppure tranquillizza sapere che da qualche parte nel maelstrom vorticoso della cinematografia internazionale esiste ed è reperibile lo scheletro rassicurante di un Canone.
Siti da avere sempre sotto mano
Misurare la diseguaglianza nei vari paesi.
Leggere Tyler Cowen: In Praise of Commercial Culture
- Intro. La domanda: il capitalismo favorisce la cultura?
- Intro. 5 vie per dire di sì con relativi controesempi.
- Intro. Definizione di "Capitalismo".
- Intro. Popolari contro elitisti. Wells vs.Bloom. Problemi di estetica.
- Intro. L' argomento principale: il mercato garantisce complessità. Non è poco vista la preponderanza dell' elemento soggettivo in materia di estetica.
- Pessimisti e Ottimisti culturali: la sfilza dei nomi e delle scuole.
- Cap.1. Capitalismo e società ricche come garanti dell' indipendenza artistica: la cascata degli esmpi e la fonte delle risorse (famiglia, mecenati, università, lavoro...).
- Cap.1. Creatore, distributore, consumatore. Il mix delle motivazioni per produrre arte.
- Cap.1. I soldi come fine (es. Rinascimento, Mozart) e come mezzo.
- Cap.1. Teorema di Baumol: la produttività crescente rende l' attività artistica più costosa poichè in quel settore la produttività non cresce. Evidenze a confutazione. I benefici della tecnologia per la produttività artistica.
- Cap.1. Specializzazione e diversità. Capitalismo e varietà: esempi.
- Habermas contro Tyler: la cultura come Ragionamento (Platonico) contro la cultura come Competizione.
- Cap.1. Il mercato garantisce dinamismo e innovazione. Ma l' innovazione è anche una chiave dell' arte. Ruolo degli outsiders e delle minoranze. Esempi (neri, gay, ebrei, impressionisti...).
- Cap.1. Cultura di massa: TV e sport. Scarsa concorrenza, scarsa diversità. Con cavo, satellite e digitale la musica cambia.
- Cap.1 Il governo, meglio quando agisce come un privato in maschera. Teorema: creare burocrazia (lavori poco impegnativi) sostiene l' attività artistica.
- Cap.1. Europa vs. USA. Fondere e diversificare è il compito della modernità.
- Cap.2. Lettura e tecnologia: 3 novità epocali.
- Cap.2. Letteratura come ferro di lancia per gli ottimisti: il mercato funziona e la diversità si vede (esternalità delle arti visive).
- Cap.2. Il complesso dei bolckbuster sbriciolato da internet.
- Cap.2. Johnson vs Swift.
- Cap.3. Arti visive: tecnologie, ruolo della città e riproducibilità
- Cap.3. 4 città considerate come case study.
- Cap.3. Firenze, arte e commercio. Il ricco compra, l' artigiano produce (domanda e offerta). Firenze rispetto alla milano degli Sforza o alla Spagna dei filippi.
- Cap.3. Benjamini: si perde l' aura dell' opera ma si guadagna in ricchezza dell' offerta e diffusione dell' opera.
- Cap. 4. Musica: tecnologia distributiva e facilità di accesso oggi. La pittura si possiede, la musica no: l' indipendenza e la competizione passa dai piedi, avvantaggiato un territorio frammentato come quello tedesco (Haydn, ozart, Beethoven). Il ruolo della Hausmusik. Il rifiuto del mercato: Wagner, Schoenberg, Strawinski, Cage. La radio, dischi e produttività alle stelle. La musica contemporanea: in un mondo ricco si puo' permettersi una nicchia di soli specialisti, cosicchè anche il compositore diviene uno specialista. Rock e capitalismo: il nesso scoperto dai sovietici.
- Cap. 4. Contro la tesi Frank/Cook per cui la facile riproducibilità nuoce alla diversificazione.
- Cap. 5. 9 motivi per spiegare il pessimismo culturale intorno alla cultura prodotta nella società dei commerci 1) illusione cognitiva 2) funzione dell' anziano 3) competizione culturale 4) lo scandalo dei sensi 5) religione 6) politica della stabilità 7) multiculturalismo e staticità 8) elitismo 9) psicologia pessimista.
- Il pessimismo puo' far bene: meglio se preso nelle dosi che produce il mercato.
Etica ambientale
Forse la migliore in circolazione.
I vizi del multiculturalismo
Pratica incompatibile con i valori dell' occidente. Lo dice Searle.
ABC: come affrontare i monopoli naturali
Poichè rappresentano le classiche situazioni in cui il mercato fallisce, ricordo a me stesso le 3 vie con cui affrontare razionalmente queste situazioni spinose.
- Attraverso aste che consentano di discriminare la clientela. Via problematica, in parecchi casi queste aste non esistono o sono scarsamente praticabili. La soluzione, comunque, non è indifferente agli sviluppi tecnologici. Lo stesso dicasi per una eventuale via contrattualistica.
- Attraverso la privatizzazione dei territori. In questo caso esiste l' incentivo ad urbanizzare efficacemente il territorio privatizzato. L' inconveniente riguarda lo sconfinamento politico da cui l' imprenditore sarebbe tentato. Concedere ampie fette di territorio a singoli soggetti crerebbe tanti piccoli sovrani.
- Attraverso la via coasiana: regolare e lasciar competere. La politica fissa degli obiettivi, realizza una competizione sulle proposte e controlla l' attuazione delle stesse. Meglio se gli obiettivi sono generali ed esista anche una competizione anche tra regolatori.
venerdì 8 febbraio 2008
Difesa del preference voting all' Australiana
- Attraverso un premio di maggioranza è possibile correggere il difetto tipico dei sistemi uninominali.
- Tiene conto del vettore di preferenze.
- Elimina la zavorra dell' intermediazione partitica consentendo l' entrata di outsider portatori di novità reali.
- Il premio di maggioranza stabilizza la composizione finale dell' organo elettivo.
Le mie uniche riserve riguardano il premio di maggioranza. I partiti continuerebbero ad avere un ruolo preminente. Meglio allora traslare le funzioni di questo espediente nell' elezione diretta e dsgiunta dell' organo governativo assicurando a quest' ultimo forti poteri nel campo dell' inziativa legislativa, sempre ovviamente sotto veto parlamentere. Un mix quindi tra Australia e USA.
Qui per altre controindicazioni.
giovedì 7 febbraio 2008
Globalizzazione e diseguaglianza
Le osservazioni di Becker.
Attenzione a considerare sia la diseguaglianza nei paesi coinvolti che quella tra i Paesi coinvolti.
Attenzione a sceverare la diseguaglianza dovuta all' apertura commerciale da quella dovuta allo spread tecnologico.
Attenzione a considerare sia la diseguaglianza nei paesi coinvolti che quella tra i Paesi coinvolti.
Attenzione a sceverare la diseguaglianza dovuta all' apertura commerciale da quella dovuta allo spread tecnologico.
Per liberalizzare serve il contentino ai recalcitranti?
Boldrin, contro Giavazzi, dice che non ha senso.
Confutando il nesso causale [+libero mercato]=>[+povertà], si tenta di indebolire le pretese di Giavazzi. In alternativa e con le stesse intenzioni viene preso in considerazione il nesso: [+libero mercato]=>[+diseguaglianza].
A me sembra che il nesso da considerare sia: + libero mercato => + rischio.
Una comunità a lungo evolutasi nelle artificiose rassicurazioni del welfare all' italiana - che, tanto per esemplificare garantiva sia il posto fisso a vita che la disoccupazione a vita - è letteralmente terrorizzata anche solo da un pizzico di rischio in più. Persino la povertà è preferibile ad un rischio minimo di impoverimento relativo. I costi-opportunità sono per noi gravosissimi, se ci propongono due tariffe telefoniche anzichè una non dormiamo la notte per la paura di aver fatto la scelta sbagliata...
Senza contare che le liberalizzazioni avvantaggiano un individuo che oggi è solo "statistico" (sarò forse io? Ho le qualità e la fortuna per essere io?) mentre colpiscono un individuo ben specificato e cosciente (dal lavoratore iper sindacalizzato, ai noti percettori di rendite). Il primo rimuginerà sulle sue sorti con un filino di speranza, il secondo invece farà un baccano d' inferno.
E' per questo che, devo ammetterlo, ho l' impressione che un po' di zucchero occorra per la pillola.
Dato il sadismo e l' invidia connaturata nel genere umano, forse il miglior modo per consolare chi si ritiene a torto colpito da forme di liberalizzazione, consisterebbe nel colpire anche il suo vicino con lo stesso bastone. Mal comune mezzo gaudio: questo principio sì che tiene conto anche del "fattore culturale" senza intaccare il "fattore istituzionale".
Confutando il nesso causale [+libero mercato]=>[+povertà], si tenta di indebolire le pretese di Giavazzi. In alternativa e con le stesse intenzioni viene preso in considerazione il nesso: [+libero mercato]=>[+diseguaglianza].
A me sembra che il nesso da considerare sia: + libero mercato => + rischio.
Una comunità a lungo evolutasi nelle artificiose rassicurazioni del welfare all' italiana - che, tanto per esemplificare garantiva sia il posto fisso a vita che la disoccupazione a vita - è letteralmente terrorizzata anche solo da un pizzico di rischio in più. Persino la povertà è preferibile ad un rischio minimo di impoverimento relativo. I costi-opportunità sono per noi gravosissimi, se ci propongono due tariffe telefoniche anzichè una non dormiamo la notte per la paura di aver fatto la scelta sbagliata...
Senza contare che le liberalizzazioni avvantaggiano un individuo che oggi è solo "statistico" (sarò forse io? Ho le qualità e la fortuna per essere io?) mentre colpiscono un individuo ben specificato e cosciente (dal lavoratore iper sindacalizzato, ai noti percettori di rendite). Il primo rimuginerà sulle sue sorti con un filino di speranza, il secondo invece farà un baccano d' inferno.
E' per questo che, devo ammetterlo, ho l' impressione che un po' di zucchero occorra per la pillola.
Dato il sadismo e l' invidia connaturata nel genere umano, forse il miglior modo per consolare chi si ritiene a torto colpito da forme di liberalizzazione, consisterebbe nel colpire anche il suo vicino con lo stesso bastone. Mal comune mezzo gaudio: questo principio sì che tiene conto anche del "fattore culturale" senza intaccare il "fattore istituzionale".
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