lunedì 4 dicembre 2023

hanania: la sinstra legge la destra guarda la tv

 Le persone di DESTRA sono mediamente meno intelligenti delle persone di SINISTRA. Perché?


Da uomo di destra mi occorre una spiegazione poco umiliante. Dire che l'intelligenza non esiste o non è misurabile non mi soddisfa. Trovo infatti che l'affermazione di cui sopra sia fondamentalmente vera, almeno in questo periodo storico: la sinistra legge, la destra guarda la TV. Solo una spiegazione di un certo tipo puo' salvare la nostra onorabilità. Ce l'hai?
You
Jan 10, 2022
La mia spiegazione preferita: la destra è pre-politica e pensa che i problemi complessi si risolvano con l'ORDINE SPONTANEO (soluzioni dal basso). La sinistra è politica e pensa che i problemi sociali complessi si risolvano con la burocrazia e la tecnocrazia (soluzioni dall'alto). Nel primo caso il comandamento è: "fai cio' che ritieni giusto e, con il concorso di altri e la concorrenza tra gruppi, risolverai in modo non-intenzionale tutti i problemi sociali". Nel secondo caso il comandamento è: "seleziona persone intelligentissime che risolveranno intenzionalmente tutti i problemi sociali".

La prima via è empirica (evoluzionista), la seconda razionale (cartesiana). E' chiaro che la seconda esalta l'intelligenza umana molto più che la prima.

Poi ci sono i populisti, di destra e sinistra, ovvero gli ignoranti che hanno un piano razionale.

Secondo RH, un intellettuale che nella mia considerazione sta salendo parecchio, la sinistra vive in un mondo DOMINATO dalla PAROLA, mentre la destra in una sorta di cultura PRE-ALFABETIZZATA. Anche i giornali della destra, con i loro titoli, assomigliano più a una TV che a testi scritti. Hanno bisogno di un cattivo e personalizzano tutto. Il destrorso viene eccitato dalle PERSONALITÀ e annoiato dalle IDEE. Questa specie di INFOTAINMAENT ha avvicinato alla politica gente che solo qualche anno fa si sarebbe occupata solo del derby. Ma RH non dà giudizi di valore, il fatto che a sinistra siano più IDEOLOGICI non è necessariamente una cosa buona o cattiva; gli abolizionisti ideologici erano una benedizione, i comunisti una maledizione. A destra sono più naif, ma questo può essere una protezione contro certe tendenze dannose in cui L'ISTINTO è una guida migliore della competenza, come spesso accade, dato che tanta competenza è falsa.

Ma perché la sinistra vince sempre? Perché ha gli uomini che sanno aprire finestre di Overton, ovvero che sanno innescare i CICLI. Un esempio di CICLO: nel 2004 la battaglia contro il matrimonio gay ha aiutato la destra. Un decennio dopo, il matrimonio gay fu legalizzato ovunque e la destra evitava volentieri l' argomento. Ma occorre essere LUNGIMIRANTI e innamorati della politica per combattere queste battaglie con tutte le frustrazioni che comportano, magari anche beccarsi un Trump nel frattempo, o una bocciatura del del Zan. La propensione all'essere ideologici si sposa bene con questa tigna. Gli "spettatori della TV", ovvero i destri, hanno bisogno invece di una gratificazione immediata. Per rimanere incollati ai loro schermi, devono credere che qualunque cosa stia accadendo in questo momento è la cosa più importante al mondo, in questo senso il rigore negato all'Inter vale la legge sull'utero in affitto. Coloro che leggono le articolesse del NYT o di Repubblica hanno maggiori probabilità di avere i TRATTI COGNITIVI idonei per una seria militanza politica. E non so se questo è un bene o un male. Di certo è un bene per la loro causa.
You
Dec 4, 2022
Puoi essere appassionato di politica oppure puoi essere attirato dalla politica dal tifo. I sinistri sono del primo tipo, i destri del secondo. È normale che tra gli appassionati vi siano anche i più intelligenti.


Scanzi mi ha convinto.
Andrea Scanzi martella da sempre sul primato culturale della sinistra e io, persona con sensibilità destrorsa, tendo ad appoggiarlo, almeno se ci limitiamo alla nostra epoca storica. In questo, con mia sorpresa, mi ritrovo a fianco di Pierangelo Buttafuoco, sebbene non conosca i suoi argomenti. In passato ho sintetizzato l'idea ricorrendo a questa formula: "la Sinistra legge i libri mentre la Destra guarda la TV", anche i giornali di quest'ultima, che non sono pochi, sono messi insieme come se fossero delle TV: titoloni sparati a tutta pagina con un linguaggio da talk show di bassa qualità. Sarà per questo che, quando ti muovi nei territori della cultura contemporanea di una certa levatura "tutto è di sinistra", sarà per questo che la Sinistra vince regolarmente tutte le battaglie culturali. Faccio un esempio servendomi di un parallelo.
Ammettiamo che una persona non ricicli la sua pattumiera buttando tutto a casaccio. Come la giudicate? Ora ammettiamo che una donna preferisca andare a lavorare piuttosto che stare a casa per avere un figlio o un figlio in più. Come la giudicate?
Faccio notare che questi comportamenti incidono negativamente su due problemi importanti della nostra epoca: l'inverno demografico e il riscaldamento globale. Non c'è motivo di dare priorità all'uno piuttosto che all'altro, eppure, scommetto, voi condannate risolutamente la prima persona quando non vi sognereste di fare altrettanto con la seconda. Perché? La cosa più semplice è ammettere che la Sinistra abbia un chiaro primato culturale e imponga i suoi valori persino a voi che siete di destra. La Sinistra ha uomini che lavorano da sempre con la parola, che sanno aprire finestre di Overton, che sanno innescare i CICLI. Ovvero, buttano lì roba al momento assurda come il matrimonio gay e poi, lavorando di meningi, rendono l'idea sempre più accettabile fino ad apporre uno stigma sociale a chi mantiene i sentimenti originali. Dopodiché, inizia con un nuovo CICLO. Ma perché succede questo? Perché, voglio dire, la sinistra attrae le persone più intelligenti, almeno in ambito culturale e politico? Io, nel tentativo di non umiliare troppo quelli della mia parte, un'idea ce l'ho ma se permettete chiudo qua - magari ci si risente nei commenti - poiché, mi rendo conto, ho superato di gran lunga l'estensione del post medio letto dai miei sodali.

articolo facebook: La saggezza degli stupidi.

All'intellettuale di destra non affiderei nemmeno la cassa comune del campeggio. D'altronde, i più lucidi di loro, si rifiuterebbero. Altri, penso a un gigante come Ezra Pound, accetterebbero con entusiasmo pur di applicare a quelle misere risorse le loro strampalate dottrine economiche. Ma scendiamo di quota e pensiamo all'oggi, ve li immaginate Camillo Langone, Vittorio Sgarbi, Marco Tarchi o Pierangelo Buttafuoco maneggiare i pochi soldi di noi campeggiatori? Un brivido dovrebbe correre sulla schiena di tutti. Questa gente è allergica all'apparato e ad ogni sorta di principio organizzativo ben ordinato. Ma lasciate che approfitti di questo pretesto per generalizzare. La Destra, da sempre, pensa ad una forza superiore alle sue spalle che la guida, quindi si "impegna poco" quando si tratta di "pensare", "gestire", "organizzare". Lo stesso Don Giussani era allergico al termine "organizzazione", ed è lì che lo riconobbi come uomo di destra. Ad ogni modo, quando va male, tutto cio' si traduce in pigrizia; quando va bene in umiltà. Poi dipende dalla forza che postuli. Lo Spirito del Super-Uomo? Il Carisma? Lo Spirito Santo? I dogmi di una qualche Chiesa? Una Tradizione millenaria? La Biologia evolutiva? Il Mercato? Sta di fatto che la Destra non propone la soluzione di problemi specifici - che noia - ma crede che esista una "macchina" (o uno Spirito) che risolva i problemi meglio di noi. Considera il calssico scontro del XX secolo tra Comunismo e Capitalismo. I primi avevano fede nell'intelligenza umana dei burocrati e nella loro capacità di organizzare i flussi di ricchezza. I secondi si "affidavano" ciecamente al sacro Computer del Mercato. Fu il trionfo dell' "umiltà". Oggi uno scontro simile si rinnova sul riscaldamento globale: Regole ( = potere al Burocrate) o Carbon Tax ( = potere al mercato)? La Destra, per chiudere, si "affida" a forze superiori e diffida della sua intelligenza, anche per questo arruola nei suoi ranghi un personale mediamente meno intelligente. Il bello è che questa scelta, molto spesso, si rivela come la più intelligente. E' "l'intelligenza degli stupidi". Oggi, parere personale, dovrebbe affidarsi al Mercato e alla Genetica comportamentale. Di colpo, si ritroverebbe all'avanguardia scientifica superando i suoi eterni complessi di inferiorità. Il Mercato è un vecchio amico che ci ha dato tante soddisfazioni, al punto da generare un numero tale di convertiti che molti destrorsi confusi stentano a riconoscerlo come un "vecchio amico". Inoltre, gran parte dei programmi politici dell'arcinemico si possono agevolmente mettere nel mirino e affondare grazie a un nuovo amico come la Genetica Comportamentale, penso alla politica delle "quote", all'immigrazione di massa, alla scuola concepita come formazione del capitale umano, alle pari opportunità, ai variegati programmi di recupero che non recuperano e ad altro ancora. Tutta roba che se dici "non funziona", per quanto antipatico, passi subito dalla parte della persona seria con i freddi dati dalla sua. La sintesi: non servono progetti monumentali che poi si trasformano puntualmente in pachidermi burocratici in cui arruolare frotte di amici e di futuri amici. Licenzia subito tutti e, se proprio sei disturbato dalle disparità (comprensibile), ridistribuisci le risorse ai più sfortunati, con tutto il risparmio accumulato potrai largheggiare.

articolo facebook: I nemici della destra: HSLP - (per il centocinquantesimo).
Le chiamo professioni ad alto status e bassa retribuzione, sono svolte da persone intelligenti e laboriose che guadagnano meno di quanto potrebbero ma vengono compensate in termini di status e potere. Esempio: gli ingegneri della ExxonMobil sono più intelligenti dei giornalisti (e guadagnano molto di più, ma contano molto meno quando si tratta di influenzare la cultura e modellare i risultati politici. Ci sono orde di giovani idealisti che in questo momento sono disposti a racimolare uno stipendio di 40.000 euro all'anno laureandosi in antropologia per poi dedicarsi a tempo pieno alla denuncia dei professori eretici servi del capitale e del patriarcato. O a trascorrere anni in un angusto appartamento a Milano/Bologna pur di vedere il proprio nome apparire occasionalmente sul Post o sul Foglio. La destra non potrà mai vincere una guerra di logoramento con questi tipi, si condanna alla sconfitta. Se gioca sul loro terreno è spacciata, lo abbiamo visto anche in America quando i reazionari hanno cominciato a lavorare sulla censura con delle leggi che si sono regolarmente incartate su scogli pratici e costituzionali. Poi, da fuori, hanno fondato Substack, Elon Musk si è incazzato con gli attivisti trans su Twitter e il resto è storia. Alla fine, i mercati hanno risolto il problema. E' questo il terreno della destra. Quello che si può fare è creare una società in cui uomini insolitamente brillanti e indipendenti possano guadagnare un sacco di soldi, nella speranza che alcuni di loro possano poi fare cose come mandare in bancarotta Il Manifesto e la Rai, fondare media alternativi, comprare Twitter e sostenere intellettuali pubblici che finiscano per avere più influenza sui dibattiti politici di centinaia di professori che vivono di sussidi governativi. Cento, mille Berlusconi, per dire. Tutto questo implica che la disuguaglianza di reddito sia una cosa buona per la destra, perché crea centri di potere deistituzionalizzati che possono fornire un controllo sulle istituzioni inevitabilmente sempre pencolanti a sinistra. Abbassare le tasse serve innanzitutto per indebolire roba come la scuola pubblica - se avevi qualche dubbio sul fatto che le scuole private fossero migliori, l'organizzazione delle attività sotto covid dovrebbe aver risolto la questione una volta per tutte. I privati colmeranno il vuoto spendendo la metà e sfruttando i voucher. Lo stesso dicasi per la sanità pubblica, evitare ogni riforma poiché la destra non ha personale in grado di gestirla. Meglio de-istituzionalizzarla ( = mandarla in malora) affinché uomini capaci e indipendenti colmino il vuoto. Eccetera.
L'austerità è di destra! Sottoscrivi questo manifesto in occasione dei 150 dalla nascita di Luigi Einaudi?

lunedì 14 agosto 2023

tutto in una volta definitivo. la mia filosofia definitivo. il mio survey aggiornato dopo l'abiura

Di seguito le domande cruciali per comprendere la filosofia che professi. Rispondo nelle due modalità tra cui mi barcamento: non-naturalismo (Huemer) e naturalismo/strumentalismo. 


1. A priori knowledge: yes or no?

No. Sono riducibile al funzionamento del cervello, quindi ad un fatto verificabile.

Sì: ci sono evidenze indiscutibili che appaiono vere e assumo come vere.


2. Abstract objects: Platonism or nominalism?

Nominalismo. Le astrazioni sono nomi riducibili a realtà materiche. (///)
Platonismo (o realismo). Le idee esistono, così come i concetti astratti.
Pragmatismo: la realtà non è importante se "funziona".

Commento di Huemer: "Non cercherò di confutare il nominalismo qui, perché è ovviamente falso. È ovvio che esiste qualcosa come il bianco, e questo è tutto ciò che ho da dire al riguardo. (David Armstrong fa un buon lavoro in Nominalism and Realism".

3. Aesthetic value: objective or subjective?

Soggettivo. La bellezza impressiona e questa capacità dipende dal contesto e dai gusti soggettivi, nonché da altri sottili giochi di potere e non solo.

Oggettivo. Così come esiste un'etica oggettiva, esiste anche un'estetica. Simmetria, suggestione...

4. Analytic-synthetic distinction: yes or no? (///)

No. Vedi verità a priori.
Sì. Tutti la colgono.

5. Epistemic justification: internalism or externalism? (***) (///)

Esternalismo. La conoscenza è una sorta di rappresentazione adeguata in cui distinguiamo esterno/interno (realismo). 

Internalismo. non esiste un gancio che ci faccia uscire dalla nostra dimensione soggettività per cui possiamo conoscere solo all'interno di essa (pragmatismo). 

6. External world: idealism, skepticism, or non-skeptical realism?

Scetticismo. Indifferente alla questione in quanto metafisica.
Realismo. Intuisco la differenza.

7. Free will: compatibilism, libertarianism, or no free will?

No fre will. La libertà è illusoria in un mondo scientifico (solo caso e necessità) e la scienza è la cosa che funziona meglio.

Sì: intuizione.

8. God: theism or atheism?

Ateismo. I fatto bruti bastano come fondamento. Le conseguenze svalutano i principi primi. Quindi, rasoio di Occam.

Teismo. Ragioni empiriche (fine tuning), pragmatiche (si vive meglio) e razionali (non è autorimuovente).


9. Knowledge claims: contextualism, relativism, or invariantism?

Relativismo. È vero se funziona e finché funziona.

Invariantismo. Vedi i principi etici, per esempio.

Contestualismo: non c'è né arbitrio né un unico principio guida. Ci sono soluzioni diverse in contesti diversi (vedi in etica della virtù in churchland qua sotto).

10. Relativismo morale o assolutismo. 

Relativismo. È vero se funziona e finché funziona. 

Assolutismo.

Contestualismo: non c'è né arbitrio né un unico principio guida. Ci sono soluzioni diverse in contesti diversi (vedi in etica della virtù in churchland qua sotto).

11. Knowledge: empiricism or rationalism?

Empiricismo. Besta la scienza e il suo metodo (regola di bayes). Bayes: più che un metodo un modo di valutare i fatti in un'ottica di logica induttiva. 

Razionalismo. L'esperienza ha bisogno di essere inquadrata in una cornice razionale.

12. Laws of nature: Humean or non-Humean?

Humean. Per Hume la legge di natura è in realtà una regolarità statistica che funziona. Anche l'anti-humaniano fa uso della statistica ma la interpreta come il segnale di una presenza ulteriore. La domanda chiave per illuminare sulla distinzione: credi che il concetto di miracolo sia metafisicamente possibile? Hume è scettico, qualsiasi presunto miracolo puo' essere meglio interpretato come la variazione imprevista su una legge statistica che comunque contempla la possibilità di variazioni. Poi c'è la questione della fallacia naturalistica. 

Non Humean. Esistono leggi naturali e la scienza le cerca senza mai trovarle in modo completo.


11. Logic: classical or non-classical?

Non classica. Qualsiasi logica è buona se funziona. Vedi meccanica quantistica. 

Classica. E' l'unica affidabile refrattaria alle razionalizzazioni.


12. Mental content: internalism or externalism? 

Esternalismo. La mente è indistinguibile dal mondo a cui si relaziona inestricabilmente (concezione ecologia o relazionale: Dewey; internalismo epistemico, esternalismo semantico e monismo)). 

Internalismo. La mente è separata dal mondo e se lo figura attraverso rappresentazioni (esternalismo epistemico, internalismo semantico e dualismo).  


13. Meta-ethics: moral realism or moral anti-realism?

Antirealismo. Nell'utilitarismo di reale ci sono le preferenze. Le norme specifiche dipendono da quelle, in sé non esistono. Il fatto che esista un metodo (utilitarismo) impedisce il relativismo etico. La biologia ha le basi reali della moralità. 

Realismo.


14. Metaphilosophy: naturalism or non-naturalism?

Naturalismo.

Non naturalismo. 

15. Mind: physicalism or non-physicalism?

Fisicalismo. La mente è un'illusione, visto che non serve a nulla postularla. Il cervello è tutto. 

Non fisicalismo.

16. Moral judgment: cognitivism or non-cognitivism?

Non-Cognitivismo. La morale è un senso. Vedi Wilson. Allontanarsi troppo dalla morale naturale è rischioso. Wilson vs Singer.

Cognitivismo. Parti dai principi e giungi alle conclusioni. La scelta morale è un ragionamento.


17. Newcomb's problem: one box or two boxes?

Una scatola. In un mondo empirico vale l'utilità attesa, non ci sono leggi di natura.

Due scatole. Il viaggio indietro nel tempo è contraddittorio in natura.


18. Normative ethics: deontology, consequentialism, or virtue ethics?

Conseguenzialismo: per il pragmatico contano solo le conseguenze.

Virtù. Usi, costumi, eccellenza...: non esiste un unico principio che ci consente di scegliere bene (tipo: utilità o conseguenze) ma occorre mediare tra le nostre disposizioni più virtuose (giustizia, prudenza, coraggio...) tenendo presente il contesto. L'approccio è coerente con le basi biologiche dell'etica e descrive bene cio' che facciamo effettivamente. Nessuno calcola (e cio' risparmia le energie cognitive), Particolari su Churchland e Wilson. Apparire giusti vale quanto essere giusti in un mondo dove il contesto è tutto.

Deontologia. Ci sono degli obblighi minimi: rispetta quelli e fai quel che vuoi.

19. Perceptual experience: disjunctivism, qualia theory, representationalism, or sense-datum theory? (****)

disgiuntivismo: nel rapporto con la realtà abbiamo un accesso diretto ai dati, diversamente che nel caso delle allucinazioni. Vedi realismo diretto di Huemer.

qualia, sense-data, rappresentazionalismo (e connessionismo?): l'accesso alla realtà è indiretto e il tramite procura allucinazioni quando opera in modo distorto. Gli scettici sono tutti "indiretti". 



https://journals.openedition.org/estetica/2408

20. Personal identity: biological view, psychological view, or further-fact view?

Further fact. È un problema pragmatico. 

Further fact: anima+corpo. 

Irrilevanza: il pragmatico utilitarista considera l'identità un concetto superfluo che puo' essere considerato un epifenomeno.


21. Politics: communitarianism, egalitarianism, or libertarianism?

Libertarianism: massimizza le sperimentazioni.


22. Proper names: Fregean or Millian or Other? Frege: anche il nome proprio deve essere descrivibile. Mill: il nome proprio indica "quello là". 

Frege (internalismo semantico). Il significato dipende dalle tavole della verità e hanno senso solo i concetti ben definiti. Quel che va bene per la geometria va bene anche per i "nomi propri".

Mill (esternalismo). Il significato sta anche nell'indicazione vaga: "quello là", a cui si ricorre spesso nella vita reale al di fuori della geometria. Questa critica al soggettivismo (vedi Terra Gemella) non intacca l'intersoggettivismo. L'intuizionismo crede, a differenza che nella geometria, che gran parte dei concetti non siano ben definibili. I nomi propri indicano "quella cosa là" senza poterne dare una definizione completa ma solo un riferimento.  


23. Science: scientific realism or scientific anti-realism?

Antirealismo. Strumentalismo, convenzionalismo, pragmatista. La realtà è irrilevante. Concezione deflazionistica della realtà.

Realismo. La conoscenza si costruisce su basi reali ed è dunque reale.


24. Teletransporter (new matter): survival or death?

Survival. Siamo software non materia. Il pragmatismo evita la via di fuga dei criminali.

Survival. L'anima puo' essere trasportata insieme alla configurazione del cervello.




25. Time: A-theory or B-theory?

B-teory. È più conforme alla relatività ristretta, anche se l'esperienza soggettiva del mio cervello mi dice A. La scienza sfata le illusioni.

A-theory: anche la relatività non richiede necessariamente l' A-theory.

Quarantena: [A-theory. Parmenide a parte, chi si sostiene la B-theory si appoggia ad Einstein sostiene che la relatività ristretta confermerebbe una visione statica del tempo. E' proprio vero? In questo saggio lo nego ( https://fahreunblog.wordpress.com/2017/03/11/einstein-contro-il-libero-arbitrio/ ), da qui la mia posizione.


http://home.sprynet.com/~owl1/qm.htm

http://home.sprynet.com/~owl1/qm3.htm]


26. Trolley problem (five straight ahead, one on side track, turn requires switching, what ought one do?): switch or don't switch?

 Switch. Due vite valgono più di una. Ci abitueremo presto all'idea se simili situazioni fossero reali.

Don't switch. La regola del 7


27. Truth: correspondence, deflationary, or epistemic (coerentista)?  (///)

Teoria corrispondentista: secondo questa teoria, una proposizione è vera se corrisponde ai fatti della realtà. In altre parole, un enunciato è vero se descrive accuratamente come stanno le cose nel mondo. Ad esempio, "la neve è bianca" è vero perché nella realtà la neve è effettivamente bianca.

Teoria epistemica (o coerentista): questa teoria sostiene che una proposizione è vera se è coerente con altre credenze o proposizioni già accettate come vere all'interno di un sistema di conoscenze. La verità è quindi legata alla giustificazione razionale e alla coerenza interna delle nostre credenze. Se un nuovo enunciato si inserisce coerentemente nel nostro sistema di conoscenze, allora può essere considerato vero.

Teoria deflazionaria: per i deflazionisti, il concetto di verità è ridondante e non aggiunge nulla al significato di una proposizione. Dire "è vero che la neve è bianca" equivale semplicemente a dire "la neve è bianca". La verità non è una proprietà sostanziale delle proposizioni, ma solo un dispositivo linguistico per riaffermare o sottoscrivere un enunciato. Questa teoria mira a "sgonfiare" il concetto di verità, riducendolo a un ruolo puramente linguistico. Il concetto di verità puo' essere tagliato dal Rasoio.

p.s. post sulla concezione inflazionistica (rettifica al deflazionismo) della verità: Pensierini esoterici sull' Inflazionismo.


28. Zombies: inconceivable, conceivable but not metaphysically possible, or metaphysically possible?

Inconcepibile. Noi stessi siamo zombi dalla coscienza illusoria.

Concepibile. Poiché la coscienza (e l'anima) esiste, lo zombi è, molto semplicemente un corpo senz'anima, qualcosa di facile da concepire.


29. Motivazione morale: internalismo o esternalismo? 

Esternalismo. L'ambiente determina la nostra morale. I paradossi che confutano l'utilitarsmo giocano su questo punto: ci mettono in un ambiente artificioso che non ha avuto modo di far evolvere motivazioni morali adeguate.

Internalismo. c'è un'intuizione morale che trascende il contesto.

sssssssssssssssssss (///)

Il naturalista si ammutolisce quasi subito, non riesce nemmeno a dire di aver ragione!

Il monista, per esempio il naturalista, puo' muoversi solo in una dimensione, rinunciando a concetti come "realtà" e "verità". Forse il naturalista, non disponendo delle virgolette, non dispone nemmeno di una semantica compiuta. Se questo è vero, non riesce nemmeno a dire di aver ragione:

1) Tutti i fatti completamente riducibili alla prima dimensione (per esempio alla fisica) sono fatti del primo ordine.

2) I fatti sulla nostra affidabilità epistemica sono fatti sulla verità.

3) I fatti sulla verità non sono mai completamente riducibili a fatti del primo ordine.

4) Pertanto, nessuna spiegazione completa della nostra affidabilità epistemica è completamente riducibile alla fisica.

La terza premessa deriva dal Teorema dell'Indefinibilità della Verità di Tarski, quello per cui "la neve è bianca" è vero se la neve è bianca.

La verità non sembra una proprietà naturale, quindi il naturalista si preclude di parlarne: Tutte le proprietà naturali sono di primo ordine. La verità non è una proprietà di primo ordine. Quindi la verità non è una proprietà naturale. Quindi il naturalismo semantico non è vero. Ma forse esistono verità di primo ordine ma sono modeste, forse non si puo' parlare nemmeno di "menti": le menti rappresentano il mondo, ecc., e parlare di rappresentazione è almeno a prima vista non di primo ordine.

Con questo non voglio criticare il naturalismo o altri monismi, dico solo che abbracciare queste posizioni è un po' come dire addio alla filosofia, al realismo e ai discorsi sulla verità. Conta solo cio' che "funziona", che "conviene", che "serve", ovvero cio' che appare come evidenza che non richiede parole. E' bene che si sappia e che lo sappia visto che ho imboccato questa strada.

sssssssssssssss

il mio ateismo

Per me essere ateo - la mia fase attuale - significa fondamentalmente dire addio alla filosofia e alla ragione in generale. Ci sono mille ragioni per non fidarsi della ragione, sta di fatto che oggi la considero un modo per giustificarsi o persuadere piuttosto che per conoscere. Faccio della Ragione il mio avvocato e il mio addetto stampa, nulla di più. La arruolo anche per per vincere le mie scommesse sul mondo (ma per passare all'incasso occorrono fatti verificabili da tutti con consenso unanime). In un certo senso questa posizione rende omaggio alla fede poiché afferma indirettamente che il retto esercizio della ragione sulle grandi questioni conduce alla fede, sensonché, personalmente, ritengo di aver accumulato troppe prove contro la ragione impiegata in casi del genere. Trovo che l'ateismo non presenti grandi inconvenienti. Non faccio fatica ad interpretare la fede nella storia in un quadro evoluzionistico come ad una strategia pro-sociale per facilitare il vero punto di forza dell'uomo: la cooperazione su vasta scala. Non faccio fatica a pensare alla fede personale in un quadro evoluzionistico come ad uno dei tanti autoinganni a cui ricorriamo per migliorare la nostra posizione. Non faccio fatica ad essere moralmente la persona che ero quando crdedevo (forse non credevo nel modo giusto?). Faccio fatica, semmai, ad interpretare le qualità del mondo che mi circonda (i suoni, i colori, le coscienze...) ma poiché spiegarle non mi serve a vincere alcuna scommessa le considero illusioni e cerco di godermele senza passare troppo tempo a giustificare la loro vivida presenza.

ssssssssssssssssssssss

svolta atea

Vento d'estate
Torna l'estate, torna il caldo e tornano le mie tentazioni atee, ormai un fenomeno che si ripete. L'inizio di un nuovo ciclo "naturalista" potrebbe essere stato innescato dalla mia recente svolta utilitarista. Ero già un utilitarista di fronte al 99% dei problemi morali che affrontavo e mi chiedevo perché non esserlo al 100%. In fondo, il piccolo gap che permaneva, era probabilmente frutto di bias o di illusioni dovute ai soliti esperimenti mentali decontestualizzati. Sì, di fronte al problema del carrello è del tutto normale agire per sacrificare una vita salvandone due. Non ci sembra così solo perché nessuno di noi si è mai trovato e mai si troverà in quelle condizioni artificiose di certezza. Accetto anche il fatto che l'unico torto dei nazisti fu quello di essere troppo poco numerosi. Ora ci risiamo con la filosofia della mente. Per carità, ho sempre considerato robusta la relazione tra mente e cervello ma i recenti sviluppi dell'IA ci hanno dimostrato che se imitiamo la mente (rappresentazionalismo) non avremo mai creature artificiali simili a noi mentre se imitiamo il cervello (connessionismo), sì. Il nostro cervello è una macchina statistica, non logica. Certo, il connessionismo non dà conto di coscienza e intenzione ma questi sono concetti che si possono spiegare come epifenomeni o poco più. In quanto illusioni, possiamo accantonarle, in quanto utili le conserviamo con un ruolo strumentale. Anche la libertà e l'identità andrebbero espulse dagli schemi della conoscenza e conservate solo per la loro mera utilità pratica nel motivarci e spingerci all'azione. Realtà e verità fanno la stessa fine e andrebbero immolate sull'altare della "convenienza" empirica. Tale convenienza, si badi bene, richiede talvolta che i concetti di cui sopra siano pubblicamente affermati, il che ci conduce verso una dimensione esoterica: un conto è quel che si pensa, un conto è quel che si dice. E Dio? Alla fine vale quanto ho detto per i principi morali e per la mente: sono concetti superflui se ci limitiamo a rendicontare come funzionano le cose per cui, zac, il rasoio puo' tagliarle fuori in quanto "escrescenze". Sì, se Dio non ci fosse bisognerebbe assolutamente inventarlo ma questo è un buon argomento per pensare che... sia stato inventato, proprio come i principi morali o la mente. Ma anche la realtà, la verità, la libertà, la giustizia... zac, zac, zac. Siamo al nichilismo? Non credo. Nelle nostre vite c'è qualcosa che si impone, è un fatto, una sorta di natura la cui presenza ci rende impermeabili al nichilismo e rende un simile approccio roba da pantofolai che ragionano in poltrona fumando il sigaro.

sssssssssssssssssssssssss

due post brevi su epistemologia e realtà dopo la mia svolta pragmatica:

Epistemologia su un rigo

Conoscere è... avere un modello che fa buone previsioni. Fine.

Pregi:

1) Non servono definizioni. Tutti noi siamo capaci di distinguere una buona previsione da una cattiva previsione.

2) Non servono fondamenti. Se voglio prevedere il tiro del giocatore di biliardo esperto potrei assumenre che è un geometra, anche se si tratta di un'assunzione senza fondamento.

3) Non serve la coerenza. Il modello della meccanica quantistica non puo' nemmeno essere considerato un modello poiché refrattario alla logica classica. Più modestamente, si tratta di un algoritmo pratico. E parlo dell'approccio mainstream, non di una cervellotica eresia.

La Realtà è sopravvalutata.

In fondo l'illusione puo' essere definita come una realtà temporanea e la Realtà come un'illusione stabile.

sssssssssssssssss

internalismo mentale: guarda al funzionamento, al meccanismo, all'algoritmo interno come se fosse il sacro graal. 
esternalismo mentale: guarda al comportamento, esterno, alla statistica disinteressandosi al contenuto della scatola nera.

p.s. Un buon modo per separare i due gruppi in filosofia della mente è verificare i loro criteri per giudicare chi/cosa puo' assurgere a soggetto: considero solo i comportamenti (test di Turing) o anche la struttura di chi devo giudicare? Detta in modo colorito: se apro la testa di mia moglie e non ci trovo nulla dentro, quella resta mia moglie oppure ho appena scoperto uno zombie? Per l'esternalista, che considera solo le disposizioni, resta sua moglie; per l'internalista viene retrocessa a zombie poiché non esiste l'ambiente adatto per ospitare il meccanismo dell'intelligenza.

internalismo linguistico: tutto è ben definibile con le tavole della verità.
esternalismo linguistico: alcune cose (i nomi propri) non sono ben definibili ma bisogna rinviare alla loro realtà esterna con un generico riferimento.

aaaaaaaaaaaaa

post facebook su internalismo...


La scatola nera.
Viviamo nell'era del tramonto dell'esperto? Sembra strano parlare di questo fenomeno in un momento in cui la tecnologia sembra sul punto di esplodere travolgendoci. In un momento in cui sentiamo che solo l' ESPERTO (E) si salverà o potrà salvarci. Sembra strano fino a che non cerchiamo di capire chi sia "esperto" e cosa fa. La via più promettente è quella di contrapporlo al suo eterno nemico, il DILETTANTE. Anche in questo caso le parole ingannano poiché pensando al dilettante, per quanto appassionato, pensiamo pur sempre a una persona indietro sulla via per diventare esperto. Forse, allora, è meglio cambiare etichetta, parlerei di QUANTIFICATORE (Q). Nell'eterna gara tra E e Q, il secondo sembra ora in vantaggio.
Le due vie alla conoscenza sono differenti. L' E è perennemente alla ricerca della legge che governa cio' che vuole spiegare, dell'algoritmo decisivo, dell'equazione risolutiva. Entra nelle cose, le apre, le sviscera, le sonda, le capisce e spiega al profano come funzionano. Se non gli sembra di essere "entrato" abbastanza, procede nella sua penetrazione alla ricerca della causa. E' un "internalista", pensa che per comprendere i misteri occorra scassinare la "scatola nera" che li custodisce. Il Q si limita ad osservare da fuori, è un "esternalista", alla matematica predilige la statistica, al meccanismo interno antepone l'analogia con cio' che di simile ha già visto. Non ha nessuna intenzione di scassinare la scatola nera, forse la ritiene addirittura vuota. Non vuole "svelare i misteri", si fa bastare le correlazioni, vuole descrivere e predire i comportamenti. E. dice di Q. che è fondamentalmente ignorante dei fenomeni che studia. Q si vendica vincendo le scommesse che fa con E, anche quelle in materie dove l'esperto è E.
L'era dei big data consente a Q di superare E, questo perché le informazioni rilevanti provenienti dall'esterno sono ora più abbondanti, governabili e preziose di quelle provenienti dall'interno. L'esperienza del covid - dove chi sapeva leggere i dati era più affidabile di chi sapeva tutto sui virus - ha insinuato il dubbio in un pubblico in cui la macchietta del virologo parolaio è diventata un classico. Inoltre, come se non bastasse, il progetto IA è decollato non tanto quando ha "scoperto" l'algoritmo segreto ma quando ha assunto il cervello come macchina statistica in grado di auto-correggersi grazie alle classiche formule pragmatiche utilizzate da Q. Sembra proprio che il tramonto dell'esperto sia vicino.

post facebook su mente e credenza, esternalismo e internalismo: Cos'è la credenza?

Per alcuni è un oggetto, per altri una convinzione soggettiva,

Sulla seconda concezione - detta internalista (*) - non vale la pena soffermarsi poiché è quella che abbracciamo tutti grazie al nostro intuito. Vale giusto la pena osservare che, in questo caso, la credenza ha origine nel maelstrom tormentoso della mente umana, reso ancora più impenetrabile quando si entra nelle regioni del subconscio. Proprio per questo è difficile descrivere una credenza in modo compiuto, che resta un compito dello psicologo o dello psicanalista.

La seconda concezione - detta esternalista (*) - è decisamente meno intuitiva ma puo' essere chiarita grazie all'analogia della pietra sagomata dall'acqua del fiume che ci scorre sopra. Il fiume è la nostra esperienza e la pietra è la credenza che emerge dalla nostra esperienza. Per un' analogia alternativa immaginatevi delle tessere del domino variamente sagomate e disposte spazialmente. Urtando la prima cadranno tutte in sequenza producendo uno spettacolo che dipenderà dalla sagomatura e dalla disposizione. Fuor di metafora, il primo colpo è l'evento esterno e il crollo sequenziale è il comportamento innescato dal fatto di possedere una certa credenza. Poichè la sagomatura e la disposizione sono in via di principio descrivibili, la credenza non ha misteri particolari. Non c'è nemmeno la necessità di differenziare le credenze tra loro per ipotizzare funzionamenti diversi, di distinguere tra conscio e subconscio, di ipotizzare profondità in cui il soggetto deve calarsi con l'introspezione o l'esame di coscienza. No, la mente è "piatta", funziona sempre allo stesso modo e tutte le credenze, nella sostanza, emergono in modo simile anche se hanno forma diversa. In casi come questi l'esperto è il neurologo.

(*) Quella tra internalisti e d esternalisti è una distinzione che ricorre in molti ambiti della filosofia, diciamo genericamente che i primi ipotizzano sempre l'esistenza di un meccanismo che genera dei comportamenti mentre i secondi si interessano solo di questi ultimi.

(**) terza posizione (manifesto)*** Per una metafisica quantistica.
Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più? Ci fu un'epoca in cui consideravo solo "brillante" la considerazione di Agostino sul tempo. Oggi tutto è cambiato, la trovo tipica, quasi noiosa: tutte le volte che voglio guardare da vicino qualcosa che già conosco, ecco che svanisce nel nulla. Non vale solo per il tempo o per lo spazio. Quando agisco mi considero libero ma se rifletto a fondo sulla mia condizione, la libertà sparisce. Quando decido la giustizia mi sembra ovvia, se approfondisco non la vedo più. Nella vita quotidiana il bene e il male sono una bussola impossibile da eludere ma appena studi la questione questi due cardini non ci sono più. Tutti i giorni faccio l'esame di coscienza ma se mi chiedi cosa sia la coscienza arrivo a dubitare della sua esistenza. Dico mille volte "io" ogni giorno ma se fisso la mia identità ecco che si moltiplica all'infinito diventando indistinta. Ogni giorno è tremendamente reale, senonché la realtà evapora non appena la pensi seriamente. Nelle discussioni intrattenute con gli altri i torti e le ragioni sono spesso evidenti ma non esiste nulla che puo' dirsi vero e nulla che puo' dirsi falso. Non c'è nulla di più facile che dividere le persone razionali da quelle irrazionali, poi ti accorgi che la razionalità è solo una forma della retorica particolarmente apprezzata in certi ambiti. Insomma, tutto si dissolve appena lo fissi. La legge quantistica vale per i corpuscoli ma anche per la metafisica. Abbiamo bisogno al più presto di una metafisica quantistica.

Ecco il post con cui chiarisco le ragioni delle mie incertezze ed esprimo un vago supporto al pragmatismo. Al momento in cui scrivo tenderei a ritirare questo supporto per tornare su posizioni che nel post etichetto come PCF:

Ecco uno schema universale che si ripete costantemente nelle nostre vite: a mano a mano che cresciamo l'incanto si trasforma in disincanto. Anche per voi è così? Il sogno muta in qualcosa di più lucido ma anche di più arido. Ciò che era "visione" si degrada a illusione finché ne prendiamo le distanze. Il soggetto assetato di conoscenza oggettiva è quindi alle prese con un cruccio: di fronte alle residue apparenze del presente, deve "credere fino a prova contraria", secondo uno schema della giustizia tribunalizia, o devo invece già prevedere la probabile evoluzione futura? La prima opzione è nota come Principio di Conservatorismo Fenomenico (PCF), la seconda come Principio di Analogia Induttiva (PAI). Entrambe le vie offrono dei pro e dei contro e mantengono uno statuto dignitoso. Entrambe le vie godono del supporto di pensatori acuti e degni di rispetto. Ma al problemone epistemico, vorrei dire, se ne affianca uno più pragmatico: la disillusione incombente ci succhia energie vitali ma ci dona anche maggiore lucidità, il che pone la questione di un equilibrio ottimale tra le due componenti. Come conviene posizionarsi?

Faccio un esempio concreto che riguarda il libero arbitrio. Tutti noi pensiamo, per quanto condizionabili, di possedere un residuo di libertà di scelta. Ma la scienza, nella sua inesorabile marcia, sembra restringere questa quota, sebbene non sia ancora in grado di annullarla. E quindi, tornando al nostro problema: dobbiamo credere alle apparenze, ovvero all'esistenza comunque di un libero arbitrio residuale, almeno finché non verrà confutato; oppure dobbiamo immaginare una scienza che, continuando a marciare nella direzione consueta, finirà per annichilirlo inesorabilmente? PCF o PAI? Inoltre, qual è il punto pragmatico ottimale? I motivi favorevoli e contrari sono ben chiari a tutti. Se non credo alla mia parziale libertà, probabilmente, arriverei a una visione più lucida del contesto ma anche più demoralizzante, potrei abbandonarmi al fatalismo e minare le mie potenzialità. Ripeto che questo è solo un esempio, potrei farne mille altri, tutti su temi cruciali: libertà, giustizia, Dio, coscienza, eccetera.

Nota personale: dopo essere stato un fan del PCF per almeno un decennio, ho avuto un breve flirt con il PAI. Ora trovo quella scelta troppo ostica per un cacadubbi quale sono diventato e mi dedico principalmente alla questione pragmatica, in questo sorretto dalla mia formazione economica e dalla mia familiarità con i "trade-off".

p.s. Questa è la riflessione conclusiva che faccio al termine della lettura di un autore che professa il PAI con una dedizione commovente, oserei dire quasi ingenua. Con una chiarezza che induce "fastidio". Il tema che tratta è proprio quello della libertà umana, sto parlando del buon Robert Sapolsky e del suo ultimo libro: "Determined: Life Without Free Will".

(***) internalisti / esternalisti (giustificazione epistemica e contenuto mentale) -

La differenza principale tra i filosofi "internalisti" ed "esternalisti" riguardo alla giustificazione epistemica risiede nel dove collocano i fattori che giustificano una credenza:

Per gli internalisti, ciò che giustifica una credenza deve essere interno alla mente del soggetto, come altre credenze, stati mentali o l'accesso riflessivo alle ragioni per cui si crede qualcosa. Secondo loro, per essere giustificato nel credere X devo essere consapevole o poter diventare consapevole (tramite introspezione/riflessione) dei fattori che supportano X.

Per gli esternalisti invece, ciò che giustifica una credenza può essere (almeno in parte) esterno alla mente, come l'affidabilità del processo che ha generato la credenza, la relazione causale tra la credenza e il fatto creduto, o il fatto che la credenza derivi da un processo cognitivo che tende a produrre credenze vere. La giustificazione può quindi dipendere da fattori esterni di cui il soggetto non è necessariamente consapevole.

In sintesi:

Internalismo: la giustificazione dipende solo da fattori interni alla mente a cui il soggetto può accedere riflessivamente
Esternalismo: la giustificazione può dipendere (anche) da fattori esterni alla mente, indipendentemente dalla consapevolezza del soggetto
Si tratta di un importante dibattito nell'epistemologia contemporanea, con vari argomenti pro e contro entrambe le posizioni e tentativi di mediazione. Ma questa è l'essenza della distinzione.

Esempio internalista:
Supponiamo che tu creda che ci sia del latte nel frigorifero perché ricordi di averlo comprato ieri. Secondo un internalista, la tua credenza è giustificata perché hai accesso mentale alla ragione che la supporta (il tuo ricordo di aver comprato il latte). Non importa se il latte c'è davvero o no, ciò che conta per la giustificazione è la tua consapevolezza della ragione.

Esempio esternalista:
Immagina di credere che ci sia un albero davanti a te perché lo vedi. Per un esternalista, la tua credenza è giustificata se la tua percezione visiva è un processo affidabile che tende a produrre credenze vere, anche se tu non hai accesso riflessivo a questa affidabilità. Ciò che giustifica la tua credenza è il fatto che derivi da un processo esterno (la visione) che traccia la realtà in modo affidabile.

Altro esempio di contrasto:

Internalista: la mia credenza che 2+2=4 è giustificata dalla mia comprensione intuitiva delle regole aritmetiche a cui ho accesso riflessivo.
Esternalista: la mia credenza che 2+2=4 è giustificata dal fatto che deriva da un processo di ragionamento matematico affidabile, anche se non comprendo appieno perché è affidabile.
In generale, gli internalisti tendono a enfatizzare l'accessibilità delle ragioni, mentre gli esternalisti si concentrano sull'affidabilità dei processi, indipendentemente dall'accessibilità. Questi esempi dovrebbero rendere più concrete le differenze tra le due prospettive epistemologiche.

Internalismo sul contenuto mentale:
Per gli internalisti, il contenuto dei nostri stati mentali (ciò a cui si riferiscono i nostri pensieri, credenze, desideri, ecc.) è determinato esclusivamente da fattori interni alla mente del soggetto, come le sue caratteristiche intrinseche o le relazioni tra i suoi stati mentali. Il contenuto mentale sopravviene sugli stati interni: due soggetti identici "dall'interno" avranno necessariamente gli stessi contenuti mentali.

Esternalismo sul contenuto mentale:
Per gli esternalisti, il contenuto degli stati mentali può dipendere (anche) da fattori esterni alla mente del soggetto, come l'ambiente in cui si trova, le relazioni causali con il mondo esterno o le pratiche linguistiche della comunità di appartenenza. Soggetti identici "dall'interno" potrebbero avere contenuti mentali diversi se collocati in ambienti differenti.

Esempio di contrasto:
Supponiamo che tu abbia un pensiero sull'acqua.

Per un internalista, il contenuto del tuo pensiero (ciò a cui si riferisce il concetto "acqua") è determinato solo dai tuoi stati mentali interni, indipendentemente dall'ambiente.
Per un esternalista, il contenuto del tuo pensiero "acqua" potrebbe riferirsi a H2O se sei sulla Terra, ma a XYZ se fossi su un pianeta identico alla Terra ma dove "acqua" si riferisce a una sostanza diversa. L'ambiente esterno contribuisce a determinare il contenuto.
L'esternalismo è stato reso popolare da argomenti come quello della "Terra Gemella" di Hilary Putnam, volti a mostrare che fattori esterni possono influire sul contenuto mentale. Ma il dibattito tra internalismo ed esternalismo sul contenuto mentale rimane aperto e controverso nella filosofia contemporanea.

Filosofi internalisti:

Gottlob Frege: ha sostenuto che il significato (Sinn) di un termine è un modo di presentazione del riferimento, determinato da fattori cognitivi interni.
Bertrand Russell: ha difeso una teoria descrittivista dei nomi propri, secondo cui il riferimento è determinato da descrizioni associate mentalmente al nome.
John Searle: ha argomentato che l'intenzionalità intrinseca degli stati mentali determina il loro contenuto, indipendentemente dall'ambiente esterno.
Jerry Fodor: ha proposto una teoria rappresentazionale della mente in cui i contenuti mentali sono determinati da simboli mentali interni e loro relazioni sintattiche.
Filosofi esternalisti:

Hilary Putnam: ha introdotto l'esperimento mentale della "Terra Gemella" per mostrare che fattori esterni (come la natura delle sostanze nell'ambiente) possono influire sul contenuto mentale.
Saul Kripke: ha criticato il descrittivismo di Frege e Russell, sostenendo che i nomi propri sono "designatori rigidi" il cui riferimento è determinato da catene causali esterne.
Tyler Burge: ha sviluppato argomenti basati su scenari di "arthritis" per mostrare che il contenuto mentale può dipendere dalle pratiche linguistiche della comunità esterna.
Fred Dretske e Ruth Millikan: hanno proposto teorie esternaliste del contenuto mentale basate su nozioni di informazione e funzione biologica, enfatizzando il ruolo dell'ambiente nel determinare il contenuto.
Ci sono anche posizioni ibride o intermedie, come:

Il "two-factor semantics" di Ned Block, che combina aspetti internalisti ed esternalisti.
L'"esternalismo debole" di Colin McGinn, che ammette un ruolo per fattori esterni pur mantenendo un primato dell'interno.
Questi sono solo alcuni esempi rappresentativi, poiché il dibattito internalismo/esternalismo sul contenuto mentale ha coinvolto molti altri filosofi con posizioni sfumate e argomenti sofisticati.

c'è una certa relazione tra le due distinzioni, ma non sono necessariamente legate in modo rigido. È possibile essere internalisti in un ambito ed esternalisti nell'altro, o viceversa. Ecco alcune considerazioni:

Coerenza tra le posizioni: Alcuni filosofi trovano naturale adottare una posizione internalista o esternalista in entrambi gli ambiti, per ragioni di coerenza teorica. Un internalista riguardo alla giustificazione potrebbe essere incline a pensare che anche i contenuti mentali siano determinati internamente, e un esternalista riguardo ai contenuti potrebbe trovare plausibile che anche la giustificazione dipenda da fattori esterni.

Indipendenza delle questioni: Tuttavia, le due distinzioni riguardano questioni diverse (la giustificazione delle credenze vs. il contenuto degli stati mentali) e si basano su argomenti e considerazioni differenti. Quindi, è perfettamente possibile e coerente sostenere una posizione internalista in un ambito ed esternalista nell'altro.

Esempi di posizioni incrociate:

Hilary Putnam, un famoso esternalista riguardo al contenuto mentale, ha sostenuto una forma di internalismo riguardo alla giustificazione (il "giustificazionismo").
Alcuni filosofi hanno proposto forme di "esternismo della giustificazione" (come la teoria affidabilista di Alvin Goldman) pur mantenendo simpatie internaliste sul contenuto mentale.
Influenze reciproche: Detto questo, le posizioni in un ambito possono influenzare le argomentazioni nell'altro. Ad esempio, alcuni esternalisti riguardo al contenuto hanno usato scenari di "Terra Gemella" per mettere in discussione l'accessibilità riflessiva richiesta dall'internalismo della giustificazione.
In sintesi, mentre c'è una certa affinità tra le posizioni internaliste o esternaliste nei due ambiti, non sono necessariamente legate in modo rigido. Un filosofo può coerentemente essere internalista in un ambito ed esternalista nell'altro, a seconda degli argomenti che trova persuasivi per ciascuna questione. Le relazioni tra le due distinzioni sono quindi complesse e oggetto di dibattito nella filosofia contemporanea.

Le differenze tra internalismo ed esternalismo in entrambi gli ambiti possono avere implicazioni concrete che vanno oltre la mera filosofia teorica. Ecco alcuni esempi:

Responsabilità epistemica:
Per un internalista della giustificazione, siamo epistemicamente responsabili solo per le credenze basate su ragioni a noi accessibili. Questo può influenzare nozioni di colpevolezza, merito o biasimo epistemico.
Per un esternalista, possiamo essere ritenuti responsabili per credenze derivanti da processi affidabili, anche se non ne siamo consapevoli. Questo può portare a standard epistemici più esigenti.
Conoscenza e testimonianza:
Un internalista della giustificazione potrebbe essere più scettico riguardo alla conoscenza basata sulla testimonianza, richiedendo l'accesso alle ragioni del testimone.
Un esternalista può essere più aperto ad attribuire conoscenza basata su testimonianze affidabili, anche senza accesso diretto alle ragioni.
Autoconoscenza e autorità della prima persona:
Per un internalista del contenuto mentale, abbiamo un accesso privilegiato e un'autorità speciale sui nostri stati mentali, poiché il loro contenuto è determinato internamente.
Per un esternalista, la nostra autoconoscenza può essere limitata e fallibile, poiché il contenuto dei nostri pensieri può dipendere da fattori esterni che possiamo ignorare.
Comunicazione e disaccordo:
Per un internalista del contenuto, il disaccordo genuino richiede che i parlanti abbiano gli stessi concetti mentali interni.
Per un esternalista, parlanti con storie e ambienti diversi possono riferirsi a cose diverse pur usando le stesse parole, rendendo il disaccordo più difficile da individuare e risolvere.
Metodologia scientifica:
Un esternalista della giustificazione può trovare legittimo affidarsi a processi e strumenti scientifici affidabili, anche se non completamente compresi dal singolo scienziato.
Un internalista potrebbe richiedere una comprensione più completa delle ragioni e dei meccanismi alla base dei risultati scientifici per considerarli giustificati.
Queste sono solo alcune delle potenziali implicazioni concrete delle posizioni internaliste o esternaliste. In generale, l'internalismo tende a enfatizzare l'accessibilità individuale, l'autorità della prima persona e la responsabilità diretta, mentre l'esternalismo dà più peso all'affidabilità oggettiva, alle relazioni con l'ambiente e agli standard pubblici. La scelta tra le due prospettive può quindi avere conseguenze pratiche in vari ambiti, dal diritto all'etica alla scienza.

Michael Huemer è un filosofo contemporaneo noto per le sue posizioni epistemologiche e metaetiche. Riguardo alle distinzioni tra internalismo ed esternalismo, la sua posizione è sfumata e combina elementi di entrambe le prospettive.

Epistemologia:
Nell'ambito della giustificazione epistemica, Huemer è noto per difendere una forma di "conservatorismo fenomenologico". Secondo questa visione, siamo prima facie giustificati a credere ciò che ci sembra vero, a meno che non emergano defeater (fattori che minano la giustificazione). Questa posizione ha alcune affinità con l'internalismo, poiché enfatizza l'accessibilità delle apparenze e l'autorità della prima persona. Tuttavia, Huemer ammette anche che fattori esterni (come i defeater) possono influenzare la giustificazione, il che lo avvicina a una forma moderata di esternalismo.

Contenuto mentale:
Riguardo al contenuto mentale, Huemer sembra simpatizzare con una forma di esternalismo, almeno in alcuni casi. Nel suo libro "The Problem of Political Authority", discute esempi di "Earth Visitor" (un alieno che visita la Terra) che suggeriscono che il contenuto dei concetti politici e morali può dipendere da fattori esterni, come le pratiche effettive delle comunità. Tuttavia, non affronta esplicitamente la questione dell'internalismo/esternalismo del contenuto in modo sistematico.

Intenzionalità:
Huemer ha anche discusso questioni legate all'intenzionalità, sostenendo che l'intenzionalità non può essere naturalizzata o ridotta a relazioni fisiche. Questa posizione anti-riduzionista potrebbe essere vista come più in linea con l'internalismo, poiché suggerisce che l'intenzionalità è una caratteristica intrinseca della mente, non riducibile a fattori esterni.

In sintesi, la posizione di Huemer combina elementi internalisti ed esternalisti in modo sfumato. È più vicino all'internalismo riguardo alla giustificazione prima facie e all'intenzionalità, ma ammette un ruolo per fattori esterni nella giustificazione ultima e sembra aperto a forme di esternalismo del contenuto, almeno in alcuni casi. Come molti filosofi contemporanei, la sua posizione non rientra perfettamente in nessuna delle due categorie, ma naviga tra di esse in modo sottile e argomentato.

(****)

ecco una panoramica delle tre principali teorie filosofiche sull'esperienza percettiva:

Disgiuntivismo:
Secondo questa teoria, le esperienze percettive veridiche (cioè quando percepiamo correttamente la realtà) e quelle illusorie/allucinatorie hanno nature radicalmente diverse. Nel caso di percezioni veridiche, siamo in diretto contatto con gli oggetti esterni indipendenti dalla mente. Nelle illusioni/allucinazioni invece abbiamo esperienze qualitativamente simili ma prive di un oggetto esterno. Quindi l'esperienza percettiva è costituita in modo disgiuntivo: o dalla relazione con un oggetto esterno (percezione veridica) oppure da uno stato mentale scollegato dalla realtà esterna (illusione/allucinazione).

Teoria dei qualia:
I qualia sono le qualità soggettive, intrinsecamente coscienti e non riducibili delle nostre esperienze sensoriali, come il particolare rosso di un pomodoro o il sapore di un vino. Secondo questa teoria, le esperienze percettive sono costituite essenzialmente da qualia, cioè da proprietà fenomeniche qualitative irriducibili a stati cerebrali o funzionali. Due persone potrebbero avere stati cerebrali identici ma esperienze qualitative diverse. I qualia sarebbero quindi gli elementi fondamentali di cui è fatta la coscienza fenomenica.

Teoria dei "sense-data":
I "sense-data" sono i dati sensoriali immediati di cui facciamo esperienza diretta quando percepiamo qualcosa, l'oggetto fenomenico interno alla mente, distinto dall'eventuale oggetto fisico esterno che causa la percezione. Anche nelle illusioni e allucinazioni, percepiamo autentici "sense-data", solo che non corrispondono a oggetti esterni reali. Quindi tutte le esperienze percettive, veridiche o illusorie, hanno la stessa natura: relazioni dirette con "sense-data" mentali. La differenza è che nelle percezioni veridiche i "sense-data" sono causati da oggetti esterni, nelle non-veridiche no.

In sintesi:

Il disgiuntivismo afferma una differenza di natura tra percezioni veridiche e non-veridiche
La teoria dei qualia identifica l'essenza dell'esperienza percettiva nelle sue qualità fenomeniche irriducibili
La teoria dei "sense-data" postula oggetti mentali diretti, i "sense-data", come costituenti di tutte le esperienze percettive.

Le tre teorie si pongono come alternative principalmente riguardo alla natura metafisica dell'esperienza percettiva e al rapporto tra percezione e realtà esterna.

Punti di contrasto:

Natura delle esperienze veridiche vs. non-veridiche:
Disgiuntivismo: hanno nature diverse
Qualia e "sense-data": hanno la stessa natura
Oggetto immediato della percezione:
Disgiuntivismo: oggetti esterni nelle percezioni veridiche
"Sense-data": oggetti mentali interni
Qualia: proprietà qualitative dell'esperienza stessa
Rapporto percezione-realtà:
Disgiuntivismo: le percezioni veridiche ci mettono in contatto diretto con la realtà esterna
"Sense-data": percepiamo sempre e solo oggetti mentali
Qualia: l'esperienza qualitativa è indipendente dalla realtà esterna
Rilevanza della scelta:

Problema dello scetticismo e giustificazione epistemica delle credenze percettive:
Il disgiuntivismo offre una via per confutare l'argomento scettico che le percezioni veridiche sono indistinguibili dalle illusioni.
Se percepiamo sempre e solo "sense-data" o qualia, diventa difficile giustificare le nostre credenze sul mondo esterno.
Natura della coscienza fenomenica:
La teoria dei qualia considera la coscienza come irriducibile al fisico/funzionale, favorendo il dualismo.
Disgiuntivismo e "sense-data" sono più compatibili con una visione materialista della mente.
Percezione e azione:
Per il disgiuntivismo, la percezione ci mette direttamente in contatto con proprietà rilevanti per l'azione nel mondo.
Per la teoria dei "sense-data", percepiamo oggetti mentali distinti dal mondo esterno.
Spiegazione dell'esperienza allucinatoria:
Il disgiuntivismo deve considerarla come uno stato mentale fondamentalmente diverso dalla percezione veridica.
"Sense-data" e qualia possono spiegare l'esperienza allucinatoria allo stesso modo di quella veridica.

Michael Huemer è un filosofo contemporaneo noto per la sua difesa del realismo diretto riguardo alla percezione. Sulla base di questa posizione, sembra che la teoria a cui Huemer sia più vicino sia il disgiuntivismo.

Il realismo diretto afferma che nella percezione veridica siamo direttamente consapevoli degli oggetti esterni indipendenti dalla mente, senza intermediari mentali come "sense-data" o rappresentazioni. Questo è in linea con la tesi centrale del disgiuntivismo, ovvero che le percezioni veridiche hanno una natura diversa dalle illusioni/allucinazioni proprio perché ci mettono in contatto diretto con la realtà esterna.

Huemer, in opere come "Skepticism and the Veil of Perception" (2001), argomenta contro teorie indirette della percezione come quella dei "sense-data", sostenendo invece che percepiamo direttamente oggetti e proprietà del mondo esterno. Questa visione realista diretta è più compatibile con il disgiuntivismo che con le teorie dei qualia o dei "sense-data".

Tuttavia, è importante notare che il realismo diretto di Huemer potrebbe non coincidere perfettamente con tutte le tesi del disgiuntivismo. Alcuni disgiuntivisti, come John McDowell, hanno una visione più complessa del contenuto percettivo che include anche concetti e capacità cognitive, mentre Huemer sembra favorire una forma più "pura" di realismo diretto. Inoltre, Huemer ha sviluppato argomenti originali a favore del realismo diretto basati su considerazioni epistemologiche e fenomenologiche che potrebbero non essere condivise da tutti i disgiuntivisti.

Nonostante queste possibili differenze, il realismo diretto di Huemer sembra avere più affinità con il disgiuntivismo che con le altre teorie alternative dell'esperienza percettiva, dato il loro comune rifiuto di intermediari mentali e la loro enfasi sul contatto diretto con la realtà esterna nella percezione veridica.



lunedì 5 giugno 2023

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domenica 21 maggio 2023

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mercoledì 26 aprile 2023

  Occorre al più presto una teoria dell'arte che spieghi le brutture della contemporaneità ma anche la condizione paradisiaca degli amanti dell'arte.


La premessa, naturalmente, è che la china presa sia decadente, non tutti infatti sono pronti ad accettarlo. L'eventuale teoria sarà allora tanto più credibile quanto più sia in grado di spiegare entrambi i fenomeni: scadimento oggettivo e diniego piccato dei fatti da parte di molti addetti ai lavori.

La mia ipotesi preferita è quella della playlist, si parte dal presupposto che la modernità abbia comportato un'esplosione della ricchezza, del tempo libero e della domanda di arte. Gente che fino a ieri avrebbe dedicato il week-end a compilare la schedina del totocalcio oggi si aggira famelica nei corridoi dei molti musei gratuiti. In queste condizioni, come per tutti i servizi alla persona, anche l'offerta si moltiplica e ogni artista si specializza in cerca della sua nicchia. Aggiungo che con la rivoluzione telematica le barriere all'ingresso nelle professioni creative si sono drammaticamente abbassate, il che significa che in giro c'è molta immondizia. Ma anche trascurando l'arte prodotta da chi non ha talento artistico, quella degli "specialisti" risulta necessariamente sempre più piatta, monotona, intellettuale, idiosincratica, ossessiva ed inevitabilmente noiosa; poiché la bellezza richiede invece varietà e completezza l'arte contemporanea ci appare ed è brutta; in molte dichiarazioni programmatiche si fa esplicitamente riferimento all'intenzione di espellere la bellezza dall'arte. Ce n'è abbastanza anche senza aggiungere che l'abbondanza generalizzata desacralizza l'opera e la perdita d'aura difficilmente giova.

Tuttavia, e qui scatta il paradosso, l'esperienza estetica dello spettatore puo' essere più soddisfacente che in passato poiché saltabeccando da un artista all'altro (ce ne sono milioni di buon livello) puo' ricostruire autonomamente quella varietà e completezza così imprescindibili per la bellezza. L'assenza di capolavori è compensata dalla possibilità di comporre una playlist "capolavoro". E' un po' come farsi il poke o comporsi il gelato in modo autonomo, la soddisfazione finale è notevole. Ogni opera contemporanea si presenta come un orribile moncherino amputato ma facente parte di uno splendido corpo che siamo chiamati a ricostruire, l'esito puo' essere molto soddisfacente.

p.s. C'è già stato un periodo storico in cui la bellezza fu chiamata ad emergere da un assemblaggio in cui la molteplicità di intelligenze all'opera fu chiamata provvidenzialmente a correggere l'inevitabile squallore prodotto dal "progettista unico", fu il gotico con le sue magnificamente imperfette cattedrali. L'opera era talmente grandiosa che, per povertà di strumenti e a malincuore da parte delle archistar dell'epoca, molte sue parti venivano date in appalto ad artigiani locali, da qui le asimmetrie, le imperfezioni, le incoerenze e i maldestri gargoyle che adornavano questi sublimi oggetti architettonici. L'etica cristiana contribuì allo sdoganamento dell'umile lavoro semi-dilettantesco: dài il massimo e, a prescindere dal risultato, ti guadagnerai il paradiso al pari dei Santi. Idea inconcepibile per i greci, condannati ad un' arte noiosamente levigata e con la perfezione sempre nel mirino. Parlo da reduce dalla valle dei Templi e dai suoi proto-casermoni. Bè, le molte contigue verdissimi valli senza templi non sono da meno. Insomma, di archi a tutto sesto ce n'è uno, di archi a sesto acuto centomila, e questo dice tutto.

mercoledì 5 aprile 2023

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martedì 4 aprile 2023

 https://feedly.com/i/entry//POWencMFDqu+aupG81+X0fKyvPIiKZuIWo+d86XqsA=_1874780df2d:6d75224:3c16e4a2

venerdì 31 marzo 2023

 https://feedly.com/i/entry/YOuvNotDOLafnT+infLBJvsnPgoYrAkkYjUfQaF57o8=_1868953651a:4d25527:eb50cb6c

giovedì 30 marzo 2023

 https://feedly.com/i/entry/hp7zdYlKSlGYuA31kyTRqj8gG7wuHeIjPMXwHhRq2yQ=_1873035b764:568b01d:eca0ac4

martedì 28 marzo 2023

huemer e il libero arbitrio

  https://fakenous.substack.com/p/free-will-and-determinism


L'idea intuitiva risale a Epicuro.

"L'uomo che dice che tutte le cose passano per necessità non può criticare chi nega che tutte le cose passano per necessità: perché ammette che anche questo avviene per necessità. ”
J.R. Lucas ha sostenuto in modo simile:
“Determinismo... non può essere vero, perché se lo fosse, non dovremmo prendere le argomentazioni dei deterministi come argomenti realmente, ma come riflessi condizionati. Le loro affermazioni non devono essere considerate come vere, ma solo come cercano di farci rispondere in qualche modo da loro desiderato. ”

Consideriamo come si coniuga il determinismo con i nostri doveri. In sintesi: quel che si deve fare si puo' fare. Ma se crediamo nel determinismo quel che si puo' fare si farà necessariamente (non esiste un possibile che non si realizza).

Prendiamo ora, per verificare certi paradossi, un dovere particolare: credere nella verità.

formalizzando:

1. Dovremmo credere solo alla verità. (premessa)
2. Se S dovesse fare A, allora S può fare A. (premessa)
3. Se il determinismo è vero, allora se S può fare A, S fa A. (premessa)
4. Quindi se il determinismo è vero, se S deve fare A, S fa A. (da 2, 3)
5. Quindi se il determinismo è vero, allora crediamo solo alla verità. (da 1, 4)
6. Credo di avere il libero arbitrio. (premessa empirica)
7. Quindi se il determinismo è vero, allora è vero che ho il libero arbitrio. (da 5, 6)
8. Quindi il determinismo è falso. (da 7)

giovedì 23 marzo 2023

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martedì 21 marzo 2023

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lunedì 20 marzo 2023

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giovedì 16 marzo 2023

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soluzione mankiw: + requisiti di capitale

martedì 14 marzo 2023

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 Il NIMBY dei regolatori.


Ogni intervento in seguito a crisi finanziaria getta i semi per la successiva. Ora la cosa è fin troppo scoperta: nessun limite di garanzia per i depositi. Insomma, vengono garantite a chi ha fatto male le risorse per andare a Las Vegas e avere ancora una speranza.

Ma la cosa non sorprende più di tanto, il regolatore non vuole evitare i fallimenti, vuole evitarli nel corso del suo interregno: niente fallimenti nel mio cortile. Biden, Yellen e Powell non fanno eccezione.

lunedì 13 marzo 2023

 Alla ricerca di una religione razionale. Eccone una proposta.


1) L'intelligenza è destinata a crescere a ritmi esponenziali dopo che verranno introdotte macchine intelligenti in grado di costruire macchine più intelligenti di loro.

2) Cio' significa che a un certo punto l'intelligenza esploderà, e con l'intelligenza anche la tecnologia a disposizione.

3) La civiltà che per prima toccherà quel "punto singolare" è destinata a conquistare l'universo alla velocità della luce. Questo almeno se l'intelligenza è la risorsa chiave per la conquista dell'universo. In altri termini, una simile conquista è un gioco a "chi vince prende tutto".

4) Cio' significa che le altre civiltà saranno distrutte o conquistate.

5) Supponendo che cio' sia già avvenuto e, considerato che non siamo stati distrutti, cio' implicherebbe che siamo stati conquistati.

6) Poiché non percepiamo questo fatto, evidentemente siamo bloccati in una simulazione che ci isola e ci protegge dalla distruzione. Anche i nostri imperi del passato trovano efficiente concedere ampia autonomia alle province, una volta che il loro controllo e il loro sfruttamento era garantito. Il nostro è un caso estremo.

7) Ma perché conquistati e non distrutti? Forse per ragioni etico-affettive: la tecnologia e la ricchezza sembrano avanzare in parallelo con l'etica e una società super-avanzata potrebbe essere anche super-etica. Sono scettico su questa ipotesi poiché l'effetto "foom" di cui al punto 2) non concede tempi congrui per conservare un eventuale allineamento tra etica e tecnologia.

8) Forse ci sono ragioni di studio: siamo una civiltà primitiva da osservare sotto vetro. Anche questo caso non mi convince, innanzitutto noi non ci comportiamo in questo modo con le società che consideriamo primitive, ma soprattutto penso che in una civiltà avanzata lo studio del passato si faccia con strumenti più efficaci.

9) Forse siamo stati conservati per motivi di intrattenimento. Questo è già più plausibile, siamo come topolini che competono in una vita che è come una corsa ad ostacoli.

10) E' lecito supporre che il nostro mondo, pur simulato, assomigli a quello reale e, vivendo in questa simulazione, siamo comunque chiamati ad esercitare valori reali. Del resto, gli sport con cui ci divertiamo noi sono "mimesi di vita" in cui si esercitano virtù reali, per dirla con Gianni Brera. Non è mica da particolari insignificanti che si giudica un giocatore. E' lecito supporre che, almeno in questo ambito, le cose non cambino nemmeno in una civiltà super-avanzata.

11) E' probabile che nel gioco che stiamo giocando i vincitori verranno premiati, proprio come alle olimpiadi. Magari verrà loro concesso di entrare nella realtà. Probabilmente, i valori su cui ci misuriamo sono i valori cardine a cui gli alieni attribuiscono il loro primato intergalattico. Vince chi li incarna al meglio.

12) Mi chiedo se lo schema del cristianesimo sia in qualche modo isomorfo ad una simile realtà. Certo, non c'è più l'essere onnipotente che ha creato il mondo ma c'è comunque un essere molto potente che facilita la vita, la protegge e premia chi supera certe prove facendolo accedere alla "reale" realtà. Inoltre, non si puo' escludere l'incarnazione di questo essere.

13) Finora ho supposto che la conquista dell'universo sia già avvenuta. Occorrerebbe dimostrare che questa condizione sia più probabile rispetto a una conquista collocata nel futuro, il che è abbastanza facile considerando lo stadio di vita raggiunto sul nostro pianeta come altamente improbabile se a governare fosse il caso. Ed è proprio così che ci viene continuamente detto. Assumendo un "aiutino" e una protezione esterna tutto diventa più plausibile.

venerdì 10 marzo 2023

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giovedì 9 marzo 2023

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mercoledì 8 marzo 2023

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martedì 7 marzo 2023

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lunedì 6 marzo 2023

 La denuncia dell'odio in politica esclude.


I tipi di destra sono tre:

1) tradizionalista;
2) liberista;
3) autoritario.

Il primo crede nella Tradizione e nella Cultura, qualcosa che emerge fuori dalla politica. Il secondo chiede alla politica di limitare il suo ruolo. Il terzo risolve i problemi con la polizia e i tribunali più che con la politica.

Insomma, la destra non ama la politica, la eviterebbe del tutto, e lo fa appena puo'.

Però non sempre puo' e l'unica motivazione che la smuove è l'odio per la sinistra, o comunque la rabbia che suscittano certe iniziative progressiste.

Denunciare l'odio significa di fatto denunciare la destra, ovvero il pluralismo delle idee in politica. Se l'odio fosse reso illegittimo la sinistra si ritroverebbe a dominare la scena senza contraddittorio. E' questo un esito auspicabile?

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 "Conclusione ripugnante" e diritti degli animali.

Un utilitarista è spinto ad accettare la cosiddetta "conclusione ripugnante", quella tesi per cui il numero dei viventi giustifica la loro bassa qualità della vita. Poiché gli animali che vivono negli allevamenti intensivi non sarebbero mai vissuti, cio' giustifica moralmente le loro pessime condizioni di vita.
Mi sembra rilevante anche per i non-utilitaristi. Applicare la morale utilitarista (solo) agli animali mi sembra un buon compromesso per concedere loro dei diritti.

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venerdì 3 marzo 2023

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giovedì 2 marzo 2023

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mercoledì 1 marzo 2023

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lunedì 27 febbraio 2023

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sabato 18 febbraio 2023

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venerdì 17 febbraio 2023

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giovedì 16 febbraio 2023

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mercoledì 15 febbraio 2023

 Is the mind really just an articulation of many modules? Animal minds, perhaps, but, critics argue, surely not the human mind! Animal inferences might be exclusively performed by modules that exploit regularities without ever representing them. Humans, on the other hand, are capable not just of exploiting but also of representing many empirical regularities. Regularities in the world aren’t just something humans take advantage of, as do other animals; they are also something that humans think and talk about. Humans, moreover, are capable of consciously using representations of empirical regularities to discover even more general regularities. We are not disputing this. How could we? After all, it is by exercising this capacity that we scientists make a living. More generally, doesn’t the very existence of reasoning demonstrate that humans are capable of going well beyond module-based intuitive inference? Doesn’t reason stand apart, above all, from these specialized inference modules? Don’t be so sure. Reasoning, we will argue, is a form of intuitive inference. The classical contrast between intuition and reasoning isn’t better justified than the old hackneyed contrast between animals and humans beings (and its invocation of reason as something humans possess and beasts don’t). To contrast humans not with other animals but simply with animals is to deprive oneself of a fundamental resource to understand what it is to be human and how indeed humans stand out among other animals. Similarly, to contrast reason with intuitive inference in general rather than with other forms of intuitive inference is to deprive oneself of the means to understand how and why humans reason. Folk Ontology If reason is based on intuitive inference, what, you may ask, are the intuitions about? The answer we will develop in Chapters 7, 8, and 9 is that intuitions involved in the use of reason are intuitions about reasons. But first, we need to set the stage. Intuitions about reasons belong to a wider category: intuitions about representations. The ability to represent representations with ease and to draw a variety of intuitive inferences about them may well be the most original and characteristic features of the human mind. In this chapter, we look at these intuitions about representations. Humans have a very rich “folk ontology.” That is, they recognize and distinguish many different basic kinds of things in the world, and they do so intuitively, as a matter of common sense. Folk ontology contrasts with scientific ontology, much of which is neither intuitive nor commonsensical at all. As humans grow up, their folk ontology is enriched and modified under the influence of both direct experience and cultural inputs. It may even be influenced by scientific or philosophical theories. Still, the most basic ontological distinctions humans make are common to all cultures (and some of these distinctions are, no doubt, also made by other animals). Everywhere, humans recognize inanimate physical objects like rocks and animate objects like birds; substances like water and flesh; physical qualities like color and weight; events like storms and births; actions like eating and running; moral qualities like courage and patience; abstract properties like quantity or similarity. Typically, humans have distinct intuitions about the various kinds of things they distinguish in their folk ontologies. This suggests—and there is ample supporting evidence—that they have distinct inferential mechanisms that to some extent correspond to different ontological categories.1 Modules may evolve or develop, we have argued, when there is a regularity to be exploited in inference—and, needless to say, when it is adaptive to exploit it. Many of these regularities correspond to ontological categories. For instance, animate and inanimate objects move in quite different ways, and their movements typically present humans and other animals with very different risks and opportunities. There is a corresponding evolved capacity to recognize these two types of movements and treat them differently. Some relevant regularities, however, have to do less with basic properties of an ontological category than with a practical interest of humans (or of other animals). Various omnivorous animals, including humans, may have special modules for making inference about the edibility of plants, for example, although edible plant is not a proper ontological category. Actually, modules are task specific, problem specific, or opportunity specific as often as domain specific, if not more often. Still, ontology is a terrain that inferential modules typically exploit. Not only do humans represent many kinds of things in their thoughts and in their utterances, they also recognize that they are doing so. In their basic ontology—and here humans seem quite exceptional—there are not only things but also representations of things. In fact, for most things humans can represent, they can also represent its representation. They can represent rocks and the idea of a rock, colors and color words, numbers and numerals, states of affairs (say, that it is raining) and representations of these states of affairs (the thought or the statement that it is raining). Representations of things are themselves a very special kind of things in the world. Representations constitute a special ontological category (with subcategories), for which humans have specialized inferential mechanisms. Representations of representations, also known as higher-order representations or as metarepresentations, play a unique role in human cognition and social life.2 Apart from philosophers and psychologists, however, people rarely think or talk about representations as such. They talk, rather, about specific types of representations. People talk about beliefs, opinions, hopes, doubts, fears, desires, or intentions—all these occur in people’s minds and brains; they are mental representations. Or they talk about the public expression of such mental representations, spoken or written utterances as well as gestures or pictures—they are public representations. Mental and public representations are concrete objects that are differently located in time and space. A belief is entertained at a given time in someone’s head; a spoken statement is an acoustic event that occurs in the shared environment of interlocutors. A written statement or a picture is not an event but an object in the environment. What makes these mental and public representations representations isn’t, however, their location, duration, or other concrete features. It is a more abstract property that in commonsense psychology is recognized as “meaning” or “content.” When we say that we share someone’s belief, what we mean is that we have beliefs of closely similar content. When we say of someone that she expressed her thoughts, what we mean is that the meaning of what she said matched the content of what she thought. Often, when people think or talk about a representation, they consider only its content, and they abstract away from the representation’s more concrete properties. They may say of an idea that it is true, contradictory, confused, profound, or poetic without attributing it to anyone in particular either as a thought or as a statement. When they do so, what they talk about are representations considered in the abstract (or “abstract representations” for short). Cultural representations such as Little Red Riding Hood, the Golden Rule, or multiplication tables are, most of the time, considered in the abstract, even though they must be instantiated in mental and public representations in order to play a role in human affairs. Since representations are recognized in our commonsense ontology, the question arises: What cognitive mechanisms do we have, if any, for drawing inferences about them? What kinds of intuitions do we have about representations? As we saw, there are several kinds of representations, each with distinct properties. There is no a priori reason to assume that humans have a module for drawing inferences about representations in general. It is not clear what regularities such a module might exploit. On the other hand, various types of representations present regularities that can be exploited to produce different kinds of highly relevant inferences.

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