lunedì 14 agosto 2023

tutto in una volta definitivo. la mia filosofia definitivo. il mio survey aggiornato dopo l'abiura

Di seguito le domande cruciali per comprendere la filosofia che professi. Rispondo nelle due modalità tra cui mi barcamento: non-naturalismo (Huemer) e naturalismo/strumentalismo. 


1. A priori knowledge: yes or no?

No. Sono riducibile al funzionamento del cervello, quindi ad un fatto verificabile.

Sì: ci sono evidenze indiscutibili che appaiono vere e assumo come vere.


2. Abstract objects: Platonism or nominalism?

Nominalismo. Le astrazioni sono nomi riducibili a realtà materiche. (///)
Platonismo (o realismo). Le idee esistono, così come i concetti astratti.
Pragmatismo: la realtà non è importante se "funziona".

Commento di Huemer: "Non cercherò di confutare il nominalismo qui, perché è ovviamente falso. È ovvio che esiste qualcosa come il bianco, e questo è tutto ciò che ho da dire al riguardo. (David Armstrong fa un buon lavoro in Nominalism and Realism".

3. Aesthetic value: objective or subjective?

Soggettivo. La bellezza impressiona e questa capacità dipende dal contesto e dai gusti soggettivi, nonché da altri sottili giochi di potere e non solo.

Oggettivo. Così come esiste un'etica oggettiva, esiste anche un'estetica. Simmetria, suggestione...

4. Analytic-synthetic distinction: yes or no? (///)

No. Vedi verità a priori.
Sì. Tutti la colgono.

5. Epistemic justification: internalism or externalism? (***) (///)

Esternalismo. La conoscenza è una sorta di rappresentazione adeguata in cui distinguiamo esterno/interno (realismo). 

Internalismo. non esiste un gancio che ci faccia uscire dalla nostra dimensione soggettività per cui possiamo conoscere solo all'interno di essa (pragmatismo). 

6. External world: idealism, skepticism, or non-skeptical realism?

Scetticismo. Indifferente alla questione in quanto metafisica.
Realismo. Intuisco la differenza.

7. Free will: compatibilism, libertarianism, or no free will?

No fre will. La libertà è illusoria in un mondo scientifico (solo caso e necessità) e la scienza è la cosa che funziona meglio.

Sì: intuizione.

8. God: theism or atheism?

Ateismo. I fatto bruti bastano come fondamento. Le conseguenze svalutano i principi primi. Quindi, rasoio di Occam.

Teismo. Ragioni empiriche (fine tuning), pragmatiche (si vive meglio) e razionali (non è autorimuovente).


9. Knowledge claims: contextualism, relativism, or invariantism?

Relativismo. È vero se funziona e finché funziona.

Invariantismo. Vedi i principi etici, per esempio.

Contestualismo: non c'è né arbitrio né un unico principio guida. Ci sono soluzioni diverse in contesti diversi (vedi in etica della virtù in churchland qua sotto).

10. Relativismo morale o assolutismo. 

Relativismo. È vero se funziona e finché funziona. 

Assolutismo.

Contestualismo: non c'è né arbitrio né un unico principio guida. Ci sono soluzioni diverse in contesti diversi (vedi in etica della virtù in churchland qua sotto).

11. Knowledge: empiricism or rationalism?

Empiricismo. Besta la scienza e il suo metodo (regola di bayes). Bayes: più che un metodo un modo di valutare i fatti in un'ottica di logica induttiva. 

Razionalismo. L'esperienza ha bisogno di essere inquadrata in una cornice razionale.

12. Laws of nature: Humean or non-Humean?

Humean. Per Hume la legge di natura è in realtà una regolarità statistica che funziona. Anche l'anti-humaniano fa uso della statistica ma la interpreta come il segnale di una presenza ulteriore. La domanda chiave per illuminare sulla distinzione: credi che il concetto di miracolo sia metafisicamente possibile? Hume è scettico, qualsiasi presunto miracolo puo' essere meglio interpretato come la variazione imprevista su una legge statistica che comunque contempla la possibilità di variazioni. Poi c'è la questione della fallacia naturalistica. 

Non Humean. Esistono leggi naturali e la scienza le cerca senza mai trovarle in modo completo.


11. Logic: classical or non-classical?

Non classica. Qualsiasi logica è buona se funziona. Vedi meccanica quantistica. 

Classica. E' l'unica affidabile refrattaria alle razionalizzazioni.


12. Mental content: internalism or externalism? 

Esternalismo. La mente è indistinguibile dal mondo a cui si relaziona inestricabilmente (concezione ecologia o relazionale: Dewey; internalismo epistemico, esternalismo semantico e monismo)). 

Internalismo. La mente è separata dal mondo e se lo figura attraverso rappresentazioni (esternalismo epistemico, internalismo semantico e dualismo).  


13. Meta-ethics: moral realism or moral anti-realism?

Antirealismo. Nell'utilitarismo di reale ci sono le preferenze. Le norme specifiche dipendono da quelle, in sé non esistono. Il fatto che esista un metodo (utilitarismo) impedisce il relativismo etico. La biologia ha le basi reali della moralità. 

Realismo.


14. Metaphilosophy: naturalism or non-naturalism?

Naturalismo.

Non naturalismo. 

15. Mind: physicalism or non-physicalism?

Fisicalismo. La mente è un'illusione, visto che non serve a nulla postularla. Il cervello è tutto. 

Non fisicalismo.

16. Moral judgment: cognitivism or non-cognitivism?

Non-Cognitivismo. La morale è un senso. Vedi Wilson. Allontanarsi troppo dalla morale naturale è rischioso. Wilson vs Singer.

Cognitivismo. Parti dai principi e giungi alle conclusioni. La scelta morale è un ragionamento.


17. Newcomb's problem: one box or two boxes?

Una scatola. In un mondo empirico vale l'utilità attesa, non ci sono leggi di natura.

Due scatole. Il viaggio indietro nel tempo è contraddittorio in natura.


18. Normative ethics: deontology, consequentialism, or virtue ethics?

Conseguenzialismo: per il pragmatico contano solo le conseguenze.

Virtù. Usi, costumi, eccellenza...: non esiste un unico principio che ci consente di scegliere bene (tipo: utilità o conseguenze) ma occorre mediare tra le nostre disposizioni più virtuose (giustizia, prudenza, coraggio...) tenendo presente il contesto. L'approccio è coerente con le basi biologiche dell'etica e descrive bene cio' che facciamo effettivamente. Nessuno calcola (e cio' risparmia le energie cognitive), Particolari su Churchland e Wilson. Apparire giusti vale quanto essere giusti in un mondo dove il contesto è tutto.

Deontologia. Ci sono degli obblighi minimi: rispetta quelli e fai quel che vuoi.

19. Perceptual experience: disjunctivism, qualia theory, representationalism, or sense-datum theory? (****)

disgiuntivismo: nel rapporto con la realtà abbiamo un accesso diretto ai dati, diversamente che nel caso delle allucinazioni. Vedi realismo diretto di Huemer.

qualia, sense-data, rappresentazionalismo (e connessionismo?): l'accesso alla realtà è indiretto e il tramite procura allucinazioni quando opera in modo distorto. Gli scettici sono tutti "indiretti". 



https://journals.openedition.org/estetica/2408

20. Personal identity: biological view, psychological view, or further-fact view?

Further fact. È un problema pragmatico. 

Further fact: anima+corpo. 

Irrilevanza: il pragmatico utilitarista considera l'identità un concetto superfluo che puo' essere considerato un epifenomeno.


21. Politics: communitarianism, egalitarianism, or libertarianism?

Libertarianism: massimizza le sperimentazioni.


22. Proper names: Fregean or Millian or Other? Frege: anche il nome proprio deve essere descrivibile. Mill: il nome proprio indica "quello là". 

Frege (internalismo semantico). Il significato dipende dalle tavole della verità e hanno senso solo i concetti ben definiti. Quel che va bene per la geometria va bene anche per i "nomi propri".

Mill (esternalismo). Il significato sta anche nell'indicazione vaga: "quello là", a cui si ricorre spesso nella vita reale al di fuori della geometria. Questa critica al soggettivismo (vedi Terra Gemella) non intacca l'intersoggettivismo. L'intuizionismo crede, a differenza che nella geometria, che gran parte dei concetti non siano ben definibili. I nomi propri indicano "quella cosa là" senza poterne dare una definizione completa ma solo un riferimento.  


23. Science: scientific realism or scientific anti-realism?

Antirealismo. Strumentalismo, convenzionalismo, pragmatista. La realtà è irrilevante. Concezione deflazionistica della realtà.

Realismo. La conoscenza si costruisce su basi reali ed è dunque reale.


24. Teletransporter (new matter): survival or death?

Survival. Siamo software non materia. Il pragmatismo evita la via di fuga dei criminali.

Survival. L'anima puo' essere trasportata insieme alla configurazione del cervello.




25. Time: A-theory or B-theory?

B-teory. È più conforme alla relatività ristretta, anche se l'esperienza soggettiva del mio cervello mi dice A. La scienza sfata le illusioni.

A-theory: anche la relatività non richiede necessariamente l' A-theory.

Quarantena: [A-theory. Parmenide a parte, chi si sostiene la B-theory si appoggia ad Einstein sostiene che la relatività ristretta confermerebbe una visione statica del tempo. E' proprio vero? In questo saggio lo nego ( https://fahreunblog.wordpress.com/2017/03/11/einstein-contro-il-libero-arbitrio/ ), da qui la mia posizione.


http://home.sprynet.com/~owl1/qm.htm

http://home.sprynet.com/~owl1/qm3.htm]


26. Trolley problem (five straight ahead, one on side track, turn requires switching, what ought one do?): switch or don't switch?

 Switch. Due vite valgono più di una. Ci abitueremo presto all'idea se simili situazioni fossero reali.

Don't switch. La regola del 7


27. Truth: correspondence, deflationary, or epistemic (coerentista)?  (///)

Teoria corrispondentista: secondo questa teoria, una proposizione è vera se corrisponde ai fatti della realtà. In altre parole, un enunciato è vero se descrive accuratamente come stanno le cose nel mondo. Ad esempio, "la neve è bianca" è vero perché nella realtà la neve è effettivamente bianca.

Teoria epistemica (o coerentista): questa teoria sostiene che una proposizione è vera se è coerente con altre credenze o proposizioni già accettate come vere all'interno di un sistema di conoscenze. La verità è quindi legata alla giustificazione razionale e alla coerenza interna delle nostre credenze. Se un nuovo enunciato si inserisce coerentemente nel nostro sistema di conoscenze, allora può essere considerato vero.

Teoria deflazionaria: per i deflazionisti, il concetto di verità è ridondante e non aggiunge nulla al significato di una proposizione. Dire "è vero che la neve è bianca" equivale semplicemente a dire "la neve è bianca". La verità non è una proprietà sostanziale delle proposizioni, ma solo un dispositivo linguistico per riaffermare o sottoscrivere un enunciato. Questa teoria mira a "sgonfiare" il concetto di verità, riducendolo a un ruolo puramente linguistico. Il concetto di verità puo' essere tagliato dal Rasoio.

p.s. post sulla concezione inflazionistica (rettifica al deflazionismo) della verità: Pensierini esoterici sull' Inflazionismo.


28. Zombies: inconceivable, conceivable but not metaphysically possible, or metaphysically possible?

Inconcepibile. Noi stessi siamo zombi dalla coscienza illusoria.

Concepibile. Poiché la coscienza (e l'anima) esiste, lo zombi è, molto semplicemente un corpo senz'anima, qualcosa di facile da concepire.


29. Motivazione morale: internalismo o esternalismo? 

Esternalismo. L'ambiente determina la nostra morale. I paradossi che confutano l'utilitarsmo giocano su questo punto: ci mettono in un ambiente artificioso che non ha avuto modo di far evolvere motivazioni morali adeguate.

Internalismo. c'è un'intuizione morale che trascende il contesto.

sssssssssssssssssss (///)

Il naturalista si ammutolisce quasi subito, non riesce nemmeno a dire di aver ragione!

Il monista, per esempio il naturalista, puo' muoversi solo in una dimensione, rinunciando a concetti come "realtà" e "verità". Forse il naturalista, non disponendo delle virgolette, non dispone nemmeno di una semantica compiuta. Se questo è vero, non riesce nemmeno a dire di aver ragione:

1) Tutti i fatti completamente riducibili alla prima dimensione (per esempio alla fisica) sono fatti del primo ordine.

2) I fatti sulla nostra affidabilità epistemica sono fatti sulla verità.

3) I fatti sulla verità non sono mai completamente riducibili a fatti del primo ordine.

4) Pertanto, nessuna spiegazione completa della nostra affidabilità epistemica è completamente riducibile alla fisica.

La terza premessa deriva dal Teorema dell'Indefinibilità della Verità di Tarski, quello per cui "la neve è bianca" è vero se la neve è bianca.

La verità non sembra una proprietà naturale, quindi il naturalista si preclude di parlarne: Tutte le proprietà naturali sono di primo ordine. La verità non è una proprietà di primo ordine. Quindi la verità non è una proprietà naturale. Quindi il naturalismo semantico non è vero. Ma forse esistono verità di primo ordine ma sono modeste, forse non si puo' parlare nemmeno di "menti": le menti rappresentano il mondo, ecc., e parlare di rappresentazione è almeno a prima vista non di primo ordine.

Con questo non voglio criticare il naturalismo o altri monismi, dico solo che abbracciare queste posizioni è un po' come dire addio alla filosofia, al realismo e ai discorsi sulla verità. Conta solo cio' che "funziona", che "conviene", che "serve", ovvero cio' che appare come evidenza che non richiede parole. E' bene che si sappia e che lo sappia visto che ho imboccato questa strada.

sssssssssssssss

il mio ateismo

Per me essere ateo - la mia fase attuale - significa fondamentalmente dire addio alla filosofia e alla ragione in generale. Ci sono mille ragioni per non fidarsi della ragione, sta di fatto che oggi la considero un modo per giustificarsi o persuadere piuttosto che per conoscere. Faccio della Ragione il mio avvocato e il mio addetto stampa, nulla di più. La arruolo anche per per vincere le mie scommesse sul mondo (ma per passare all'incasso occorrono fatti verificabili da tutti con consenso unanime). In un certo senso questa posizione rende omaggio alla fede poiché afferma indirettamente che il retto esercizio della ragione sulle grandi questioni conduce alla fede, sensonché, personalmente, ritengo di aver accumulato troppe prove contro la ragione impiegata in casi del genere. Trovo che l'ateismo non presenti grandi inconvenienti. Non faccio fatica ad interpretare la fede nella storia in un quadro evoluzionistico come ad una strategia pro-sociale per facilitare il vero punto di forza dell'uomo: la cooperazione su vasta scala. Non faccio fatica a pensare alla fede personale in un quadro evoluzionistico come ad uno dei tanti autoinganni a cui ricorriamo per migliorare la nostra posizione. Non faccio fatica ad essere moralmente la persona che ero quando crdedevo (forse non credevo nel modo giusto?). Faccio fatica, semmai, ad interpretare le qualità del mondo che mi circonda (i suoni, i colori, le coscienze...) ma poiché spiegarle non mi serve a vincere alcuna scommessa le considero illusioni e cerco di godermele senza passare troppo tempo a giustificare la loro vivida presenza.

ssssssssssssssssssssss

svolta atea

Vento d'estate
Torna l'estate, torna il caldo e tornano le mie tentazioni atee, ormai un fenomeno che si ripete. L'inizio di un nuovo ciclo "naturalista" potrebbe essere stato innescato dalla mia recente svolta utilitarista. Ero già un utilitarista di fronte al 99% dei problemi morali che affrontavo e mi chiedevo perché non esserlo al 100%. In fondo, il piccolo gap che permaneva, era probabilmente frutto di bias o di illusioni dovute ai soliti esperimenti mentali decontestualizzati. Sì, di fronte al problema del carrello è del tutto normale agire per sacrificare una vita salvandone due. Non ci sembra così solo perché nessuno di noi si è mai trovato e mai si troverà in quelle condizioni artificiose di certezza. Accetto anche il fatto che l'unico torto dei nazisti fu quello di essere troppo poco numerosi. Ora ci risiamo con la filosofia della mente. Per carità, ho sempre considerato robusta la relazione tra mente e cervello ma i recenti sviluppi dell'IA ci hanno dimostrato che se imitiamo la mente (rappresentazionalismo) non avremo mai creature artificiali simili a noi mentre se imitiamo il cervello (connessionismo), sì. Il nostro cervello è una macchina statistica, non logica. Certo, il connessionismo non dà conto di coscienza e intenzione ma questi sono concetti che si possono spiegare come epifenomeni o poco più. In quanto illusioni, possiamo accantonarle, in quanto utili le conserviamo con un ruolo strumentale. Anche la libertà e l'identità andrebbero espulse dagli schemi della conoscenza e conservate solo per la loro mera utilità pratica nel motivarci e spingerci all'azione. Realtà e verità fanno la stessa fine e andrebbero immolate sull'altare della "convenienza" empirica. Tale convenienza, si badi bene, richiede talvolta che i concetti di cui sopra siano pubblicamente affermati, il che ci conduce verso una dimensione esoterica: un conto è quel che si pensa, un conto è quel che si dice. E Dio? Alla fine vale quanto ho detto per i principi morali e per la mente: sono concetti superflui se ci limitiamo a rendicontare come funzionano le cose per cui, zac, il rasoio puo' tagliarle fuori in quanto "escrescenze". Sì, se Dio non ci fosse bisognerebbe assolutamente inventarlo ma questo è un buon argomento per pensare che... sia stato inventato, proprio come i principi morali o la mente. Ma anche la realtà, la verità, la libertà, la giustizia... zac, zac, zac. Siamo al nichilismo? Non credo. Nelle nostre vite c'è qualcosa che si impone, è un fatto, una sorta di natura la cui presenza ci rende impermeabili al nichilismo e rende un simile approccio roba da pantofolai che ragionano in poltrona fumando il sigaro.

sssssssssssssssssssssssss

due post brevi su epistemologia e realtà dopo la mia svolta pragmatica:

Epistemologia su un rigo

Conoscere è... avere un modello che fa buone previsioni. Fine.

Pregi:

1) Non servono definizioni. Tutti noi siamo capaci di distinguere una buona previsione da una cattiva previsione.

2) Non servono fondamenti. Se voglio prevedere il tiro del giocatore di biliardo esperto potrei assumenre che è un geometra, anche se si tratta di un'assunzione senza fondamento.

3) Non serve la coerenza. Il modello della meccanica quantistica non puo' nemmeno essere considerato un modello poiché refrattario alla logica classica. Più modestamente, si tratta di un algoritmo pratico. E parlo dell'approccio mainstream, non di una cervellotica eresia.

La Realtà è sopravvalutata.

In fondo l'illusione puo' essere definita come una realtà temporanea e la Realtà come un'illusione stabile.

sssssssssssssssss

internalismo mentale: guarda al funzionamento, al meccanismo, all'algoritmo interno come se fosse il sacro graal. 
esternalismo mentale: guarda al comportamento, esterno, alla statistica disinteressandosi al contenuto della scatola nera.

p.s. Un buon modo per separare i due gruppi in filosofia della mente è verificare i loro criteri per giudicare chi/cosa puo' assurgere a soggetto: considero solo i comportamenti (test di Turing) o anche la struttura di chi devo giudicare? Detta in modo colorito: se apro la testa di mia moglie e non ci trovo nulla dentro, quella resta mia moglie oppure ho appena scoperto uno zombie? Per l'esternalista, che considera solo le disposizioni, resta sua moglie; per l'internalista viene retrocessa a zombie poiché non esiste l'ambiente adatto per ospitare il meccanismo dell'intelligenza.

internalismo linguistico: tutto è ben definibile con le tavole della verità.
esternalismo linguistico: alcune cose (i nomi propri) non sono ben definibili ma bisogna rinviare alla loro realtà esterna con un generico riferimento.

aaaaaaaaaaaaa

post facebook su internalismo...


La scatola nera.
Viviamo nell'era del tramonto dell'esperto? Sembra strano parlare di questo fenomeno in un momento in cui la tecnologia sembra sul punto di esplodere travolgendoci. In un momento in cui sentiamo che solo l' ESPERTO (E) si salverà o potrà salvarci. Sembra strano fino a che non cerchiamo di capire chi sia "esperto" e cosa fa. La via più promettente è quella di contrapporlo al suo eterno nemico, il DILETTANTE. Anche in questo caso le parole ingannano poiché pensando al dilettante, per quanto appassionato, pensiamo pur sempre a una persona indietro sulla via per diventare esperto. Forse, allora, è meglio cambiare etichetta, parlerei di QUANTIFICATORE (Q). Nell'eterna gara tra E e Q, il secondo sembra ora in vantaggio.
Le due vie alla conoscenza sono differenti. L' E è perennemente alla ricerca della legge che governa cio' che vuole spiegare, dell'algoritmo decisivo, dell'equazione risolutiva. Entra nelle cose, le apre, le sviscera, le sonda, le capisce e spiega al profano come funzionano. Se non gli sembra di essere "entrato" abbastanza, procede nella sua penetrazione alla ricerca della causa. E' un "internalista", pensa che per comprendere i misteri occorra scassinare la "scatola nera" che li custodisce. Il Q si limita ad osservare da fuori, è un "esternalista", alla matematica predilige la statistica, al meccanismo interno antepone l'analogia con cio' che di simile ha già visto. Non ha nessuna intenzione di scassinare la scatola nera, forse la ritiene addirittura vuota. Non vuole "svelare i misteri", si fa bastare le correlazioni, vuole descrivere e predire i comportamenti. E. dice di Q. che è fondamentalmente ignorante dei fenomeni che studia. Q si vendica vincendo le scommesse che fa con E, anche quelle in materie dove l'esperto è E.
L'era dei big data consente a Q di superare E, questo perché le informazioni rilevanti provenienti dall'esterno sono ora più abbondanti, governabili e preziose di quelle provenienti dall'interno. L'esperienza del covid - dove chi sapeva leggere i dati era più affidabile di chi sapeva tutto sui virus - ha insinuato il dubbio in un pubblico in cui la macchietta del virologo parolaio è diventata un classico. Inoltre, come se non bastasse, il progetto IA è decollato non tanto quando ha "scoperto" l'algoritmo segreto ma quando ha assunto il cervello come macchina statistica in grado di auto-correggersi grazie alle classiche formule pragmatiche utilizzate da Q. Sembra proprio che il tramonto dell'esperto sia vicino.

post facebook su mente e credenza, esternalismo e internalismo: Cos'è la credenza?

Per alcuni è un oggetto, per altri una convinzione soggettiva,

Sulla seconda concezione - detta internalista (*) - non vale la pena soffermarsi poiché è quella che abbracciamo tutti grazie al nostro intuito. Vale giusto la pena osservare che, in questo caso, la credenza ha origine nel maelstrom tormentoso della mente umana, reso ancora più impenetrabile quando si entra nelle regioni del subconscio. Proprio per questo è difficile descrivere una credenza in modo compiuto, che resta un compito dello psicologo o dello psicanalista.

La seconda concezione - detta esternalista (*) - è decisamente meno intuitiva ma puo' essere chiarita grazie all'analogia della pietra sagomata dall'acqua del fiume che ci scorre sopra. Il fiume è la nostra esperienza e la pietra è la credenza che emerge dalla nostra esperienza. Per un' analogia alternativa immaginatevi delle tessere del domino variamente sagomate e disposte spazialmente. Urtando la prima cadranno tutte in sequenza producendo uno spettacolo che dipenderà dalla sagomatura e dalla disposizione. Fuor di metafora, il primo colpo è l'evento esterno e il crollo sequenziale è il comportamento innescato dal fatto di possedere una certa credenza. Poichè la sagomatura e la disposizione sono in via di principio descrivibili, la credenza non ha misteri particolari. Non c'è nemmeno la necessità di differenziare le credenze tra loro per ipotizzare funzionamenti diversi, di distinguere tra conscio e subconscio, di ipotizzare profondità in cui il soggetto deve calarsi con l'introspezione o l'esame di coscienza. No, la mente è "piatta", funziona sempre allo stesso modo e tutte le credenze, nella sostanza, emergono in modo simile anche se hanno forma diversa. In casi come questi l'esperto è il neurologo.

(*) Quella tra internalisti e d esternalisti è una distinzione che ricorre in molti ambiti della filosofia, diciamo genericamente che i primi ipotizzano sempre l'esistenza di un meccanismo che genera dei comportamenti mentre i secondi si interessano solo di questi ultimi.

(**) terza posizione (manifesto)*** Per una metafisica quantistica.
Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più? Ci fu un'epoca in cui consideravo solo "brillante" la considerazione di Agostino sul tempo. Oggi tutto è cambiato, la trovo tipica, quasi noiosa: tutte le volte che voglio guardare da vicino qualcosa che già conosco, ecco che svanisce nel nulla. Non vale solo per il tempo o per lo spazio. Quando agisco mi considero libero ma se rifletto a fondo sulla mia condizione, la libertà sparisce. Quando decido la giustizia mi sembra ovvia, se approfondisco non la vedo più. Nella vita quotidiana il bene e il male sono una bussola impossibile da eludere ma appena studi la questione questi due cardini non ci sono più. Tutti i giorni faccio l'esame di coscienza ma se mi chiedi cosa sia la coscienza arrivo a dubitare della sua esistenza. Dico mille volte "io" ogni giorno ma se fisso la mia identità ecco che si moltiplica all'infinito diventando indistinta. Ogni giorno è tremendamente reale, senonché la realtà evapora non appena la pensi seriamente. Nelle discussioni intrattenute con gli altri i torti e le ragioni sono spesso evidenti ma non esiste nulla che puo' dirsi vero e nulla che puo' dirsi falso. Non c'è nulla di più facile che dividere le persone razionali da quelle irrazionali, poi ti accorgi che la razionalità è solo una forma della retorica particolarmente apprezzata in certi ambiti. Insomma, tutto si dissolve appena lo fissi. La legge quantistica vale per i corpuscoli ma anche per la metafisica. Abbiamo bisogno al più presto di una metafisica quantistica.

Ecco il post con cui chiarisco le ragioni delle mie incertezze ed esprimo un vago supporto al pragmatismo. Al momento in cui scrivo tenderei a ritirare questo supporto per tornare su posizioni che nel post etichetto come PCF:

Ecco uno schema universale che si ripete costantemente nelle nostre vite: a mano a mano che cresciamo l'incanto si trasforma in disincanto. Anche per voi è così? Il sogno muta in qualcosa di più lucido ma anche di più arido. Ciò che era "visione" si degrada a illusione finché ne prendiamo le distanze. Il soggetto assetato di conoscenza oggettiva è quindi alle prese con un cruccio: di fronte alle residue apparenze del presente, deve "credere fino a prova contraria", secondo uno schema della giustizia tribunalizia, o devo invece già prevedere la probabile evoluzione futura? La prima opzione è nota come Principio di Conservatorismo Fenomenico (PCF), la seconda come Principio di Analogia Induttiva (PAI). Entrambe le vie offrono dei pro e dei contro e mantengono uno statuto dignitoso. Entrambe le vie godono del supporto di pensatori acuti e degni di rispetto. Ma al problemone epistemico, vorrei dire, se ne affianca uno più pragmatico: la disillusione incombente ci succhia energie vitali ma ci dona anche maggiore lucidità, il che pone la questione di un equilibrio ottimale tra le due componenti. Come conviene posizionarsi?

Faccio un esempio concreto che riguarda il libero arbitrio. Tutti noi pensiamo, per quanto condizionabili, di possedere un residuo di libertà di scelta. Ma la scienza, nella sua inesorabile marcia, sembra restringere questa quota, sebbene non sia ancora in grado di annullarla. E quindi, tornando al nostro problema: dobbiamo credere alle apparenze, ovvero all'esistenza comunque di un libero arbitrio residuale, almeno finché non verrà confutato; oppure dobbiamo immaginare una scienza che, continuando a marciare nella direzione consueta, finirà per annichilirlo inesorabilmente? PCF o PAI? Inoltre, qual è il punto pragmatico ottimale? I motivi favorevoli e contrari sono ben chiari a tutti. Se non credo alla mia parziale libertà, probabilmente, arriverei a una visione più lucida del contesto ma anche più demoralizzante, potrei abbandonarmi al fatalismo e minare le mie potenzialità. Ripeto che questo è solo un esempio, potrei farne mille altri, tutti su temi cruciali: libertà, giustizia, Dio, coscienza, eccetera.

Nota personale: dopo essere stato un fan del PCF per almeno un decennio, ho avuto un breve flirt con il PAI. Ora trovo quella scelta troppo ostica per un cacadubbi quale sono diventato e mi dedico principalmente alla questione pragmatica, in questo sorretto dalla mia formazione economica e dalla mia familiarità con i "trade-off".

p.s. Questa è la riflessione conclusiva che faccio al termine della lettura di un autore che professa il PAI con una dedizione commovente, oserei dire quasi ingenua. Con una chiarezza che induce "fastidio". Il tema che tratta è proprio quello della libertà umana, sto parlando del buon Robert Sapolsky e del suo ultimo libro: "Determined: Life Without Free Will".

(***) internalisti / esternalisti (giustificazione epistemica e contenuto mentale) -

La differenza principale tra i filosofi "internalisti" ed "esternalisti" riguardo alla giustificazione epistemica risiede nel dove collocano i fattori che giustificano una credenza:

Per gli internalisti, ciò che giustifica una credenza deve essere interno alla mente del soggetto, come altre credenze, stati mentali o l'accesso riflessivo alle ragioni per cui si crede qualcosa. Secondo loro, per essere giustificato nel credere X devo essere consapevole o poter diventare consapevole (tramite introspezione/riflessione) dei fattori che supportano X.

Per gli esternalisti invece, ciò che giustifica una credenza può essere (almeno in parte) esterno alla mente, come l'affidabilità del processo che ha generato la credenza, la relazione causale tra la credenza e il fatto creduto, o il fatto che la credenza derivi da un processo cognitivo che tende a produrre credenze vere. La giustificazione può quindi dipendere da fattori esterni di cui il soggetto non è necessariamente consapevole.

In sintesi:

Internalismo: la giustificazione dipende solo da fattori interni alla mente a cui il soggetto può accedere riflessivamente
Esternalismo: la giustificazione può dipendere (anche) da fattori esterni alla mente, indipendentemente dalla consapevolezza del soggetto
Si tratta di un importante dibattito nell'epistemologia contemporanea, con vari argomenti pro e contro entrambe le posizioni e tentativi di mediazione. Ma questa è l'essenza della distinzione.

Esempio internalista:
Supponiamo che tu creda che ci sia del latte nel frigorifero perché ricordi di averlo comprato ieri. Secondo un internalista, la tua credenza è giustificata perché hai accesso mentale alla ragione che la supporta (il tuo ricordo di aver comprato il latte). Non importa se il latte c'è davvero o no, ciò che conta per la giustificazione è la tua consapevolezza della ragione.

Esempio esternalista:
Immagina di credere che ci sia un albero davanti a te perché lo vedi. Per un esternalista, la tua credenza è giustificata se la tua percezione visiva è un processo affidabile che tende a produrre credenze vere, anche se tu non hai accesso riflessivo a questa affidabilità. Ciò che giustifica la tua credenza è il fatto che derivi da un processo esterno (la visione) che traccia la realtà in modo affidabile.

Altro esempio di contrasto:

Internalista: la mia credenza che 2+2=4 è giustificata dalla mia comprensione intuitiva delle regole aritmetiche a cui ho accesso riflessivo.
Esternalista: la mia credenza che 2+2=4 è giustificata dal fatto che deriva da un processo di ragionamento matematico affidabile, anche se non comprendo appieno perché è affidabile.
In generale, gli internalisti tendono a enfatizzare l'accessibilità delle ragioni, mentre gli esternalisti si concentrano sull'affidabilità dei processi, indipendentemente dall'accessibilità. Questi esempi dovrebbero rendere più concrete le differenze tra le due prospettive epistemologiche.

Internalismo sul contenuto mentale:
Per gli internalisti, il contenuto dei nostri stati mentali (ciò a cui si riferiscono i nostri pensieri, credenze, desideri, ecc.) è determinato esclusivamente da fattori interni alla mente del soggetto, come le sue caratteristiche intrinseche o le relazioni tra i suoi stati mentali. Il contenuto mentale sopravviene sugli stati interni: due soggetti identici "dall'interno" avranno necessariamente gli stessi contenuti mentali.

Esternalismo sul contenuto mentale:
Per gli esternalisti, il contenuto degli stati mentali può dipendere (anche) da fattori esterni alla mente del soggetto, come l'ambiente in cui si trova, le relazioni causali con il mondo esterno o le pratiche linguistiche della comunità di appartenenza. Soggetti identici "dall'interno" potrebbero avere contenuti mentali diversi se collocati in ambienti differenti.

Esempio di contrasto:
Supponiamo che tu abbia un pensiero sull'acqua.

Per un internalista, il contenuto del tuo pensiero (ciò a cui si riferisce il concetto "acqua") è determinato solo dai tuoi stati mentali interni, indipendentemente dall'ambiente.
Per un esternalista, il contenuto del tuo pensiero "acqua" potrebbe riferirsi a H2O se sei sulla Terra, ma a XYZ se fossi su un pianeta identico alla Terra ma dove "acqua" si riferisce a una sostanza diversa. L'ambiente esterno contribuisce a determinare il contenuto.
L'esternalismo è stato reso popolare da argomenti come quello della "Terra Gemella" di Hilary Putnam, volti a mostrare che fattori esterni possono influire sul contenuto mentale. Ma il dibattito tra internalismo ed esternalismo sul contenuto mentale rimane aperto e controverso nella filosofia contemporanea.

Filosofi internalisti:

Gottlob Frege: ha sostenuto che il significato (Sinn) di un termine è un modo di presentazione del riferimento, determinato da fattori cognitivi interni.
Bertrand Russell: ha difeso una teoria descrittivista dei nomi propri, secondo cui il riferimento è determinato da descrizioni associate mentalmente al nome.
John Searle: ha argomentato che l'intenzionalità intrinseca degli stati mentali determina il loro contenuto, indipendentemente dall'ambiente esterno.
Jerry Fodor: ha proposto una teoria rappresentazionale della mente in cui i contenuti mentali sono determinati da simboli mentali interni e loro relazioni sintattiche.
Filosofi esternalisti:

Hilary Putnam: ha introdotto l'esperimento mentale della "Terra Gemella" per mostrare che fattori esterni (come la natura delle sostanze nell'ambiente) possono influire sul contenuto mentale.
Saul Kripke: ha criticato il descrittivismo di Frege e Russell, sostenendo che i nomi propri sono "designatori rigidi" il cui riferimento è determinato da catene causali esterne.
Tyler Burge: ha sviluppato argomenti basati su scenari di "arthritis" per mostrare che il contenuto mentale può dipendere dalle pratiche linguistiche della comunità esterna.
Fred Dretske e Ruth Millikan: hanno proposto teorie esternaliste del contenuto mentale basate su nozioni di informazione e funzione biologica, enfatizzando il ruolo dell'ambiente nel determinare il contenuto.
Ci sono anche posizioni ibride o intermedie, come:

Il "two-factor semantics" di Ned Block, che combina aspetti internalisti ed esternalisti.
L'"esternalismo debole" di Colin McGinn, che ammette un ruolo per fattori esterni pur mantenendo un primato dell'interno.
Questi sono solo alcuni esempi rappresentativi, poiché il dibattito internalismo/esternalismo sul contenuto mentale ha coinvolto molti altri filosofi con posizioni sfumate e argomenti sofisticati.

c'è una certa relazione tra le due distinzioni, ma non sono necessariamente legate in modo rigido. È possibile essere internalisti in un ambito ed esternalisti nell'altro, o viceversa. Ecco alcune considerazioni:

Coerenza tra le posizioni: Alcuni filosofi trovano naturale adottare una posizione internalista o esternalista in entrambi gli ambiti, per ragioni di coerenza teorica. Un internalista riguardo alla giustificazione potrebbe essere incline a pensare che anche i contenuti mentali siano determinati internamente, e un esternalista riguardo ai contenuti potrebbe trovare plausibile che anche la giustificazione dipenda da fattori esterni.

Indipendenza delle questioni: Tuttavia, le due distinzioni riguardano questioni diverse (la giustificazione delle credenze vs. il contenuto degli stati mentali) e si basano su argomenti e considerazioni differenti. Quindi, è perfettamente possibile e coerente sostenere una posizione internalista in un ambito ed esternalista nell'altro.

Esempi di posizioni incrociate:

Hilary Putnam, un famoso esternalista riguardo al contenuto mentale, ha sostenuto una forma di internalismo riguardo alla giustificazione (il "giustificazionismo").
Alcuni filosofi hanno proposto forme di "esternismo della giustificazione" (come la teoria affidabilista di Alvin Goldman) pur mantenendo simpatie internaliste sul contenuto mentale.
Influenze reciproche: Detto questo, le posizioni in un ambito possono influenzare le argomentazioni nell'altro. Ad esempio, alcuni esternalisti riguardo al contenuto hanno usato scenari di "Terra Gemella" per mettere in discussione l'accessibilità riflessiva richiesta dall'internalismo della giustificazione.
In sintesi, mentre c'è una certa affinità tra le posizioni internaliste o esternaliste nei due ambiti, non sono necessariamente legate in modo rigido. Un filosofo può coerentemente essere internalista in un ambito ed esternalista nell'altro, a seconda degli argomenti che trova persuasivi per ciascuna questione. Le relazioni tra le due distinzioni sono quindi complesse e oggetto di dibattito nella filosofia contemporanea.

Le differenze tra internalismo ed esternalismo in entrambi gli ambiti possono avere implicazioni concrete che vanno oltre la mera filosofia teorica. Ecco alcuni esempi:

Responsabilità epistemica:
Per un internalista della giustificazione, siamo epistemicamente responsabili solo per le credenze basate su ragioni a noi accessibili. Questo può influenzare nozioni di colpevolezza, merito o biasimo epistemico.
Per un esternalista, possiamo essere ritenuti responsabili per credenze derivanti da processi affidabili, anche se non ne siamo consapevoli. Questo può portare a standard epistemici più esigenti.
Conoscenza e testimonianza:
Un internalista della giustificazione potrebbe essere più scettico riguardo alla conoscenza basata sulla testimonianza, richiedendo l'accesso alle ragioni del testimone.
Un esternalista può essere più aperto ad attribuire conoscenza basata su testimonianze affidabili, anche senza accesso diretto alle ragioni.
Autoconoscenza e autorità della prima persona:
Per un internalista del contenuto mentale, abbiamo un accesso privilegiato e un'autorità speciale sui nostri stati mentali, poiché il loro contenuto è determinato internamente.
Per un esternalista, la nostra autoconoscenza può essere limitata e fallibile, poiché il contenuto dei nostri pensieri può dipendere da fattori esterni che possiamo ignorare.
Comunicazione e disaccordo:
Per un internalista del contenuto, il disaccordo genuino richiede che i parlanti abbiano gli stessi concetti mentali interni.
Per un esternalista, parlanti con storie e ambienti diversi possono riferirsi a cose diverse pur usando le stesse parole, rendendo il disaccordo più difficile da individuare e risolvere.
Metodologia scientifica:
Un esternalista della giustificazione può trovare legittimo affidarsi a processi e strumenti scientifici affidabili, anche se non completamente compresi dal singolo scienziato.
Un internalista potrebbe richiedere una comprensione più completa delle ragioni e dei meccanismi alla base dei risultati scientifici per considerarli giustificati.
Queste sono solo alcune delle potenziali implicazioni concrete delle posizioni internaliste o esternaliste. In generale, l'internalismo tende a enfatizzare l'accessibilità individuale, l'autorità della prima persona e la responsabilità diretta, mentre l'esternalismo dà più peso all'affidabilità oggettiva, alle relazioni con l'ambiente e agli standard pubblici. La scelta tra le due prospettive può quindi avere conseguenze pratiche in vari ambiti, dal diritto all'etica alla scienza.

Michael Huemer è un filosofo contemporaneo noto per le sue posizioni epistemologiche e metaetiche. Riguardo alle distinzioni tra internalismo ed esternalismo, la sua posizione è sfumata e combina elementi di entrambe le prospettive.

Epistemologia:
Nell'ambito della giustificazione epistemica, Huemer è noto per difendere una forma di "conservatorismo fenomenologico". Secondo questa visione, siamo prima facie giustificati a credere ciò che ci sembra vero, a meno che non emergano defeater (fattori che minano la giustificazione). Questa posizione ha alcune affinità con l'internalismo, poiché enfatizza l'accessibilità delle apparenze e l'autorità della prima persona. Tuttavia, Huemer ammette anche che fattori esterni (come i defeater) possono influenzare la giustificazione, il che lo avvicina a una forma moderata di esternalismo.

Contenuto mentale:
Riguardo al contenuto mentale, Huemer sembra simpatizzare con una forma di esternalismo, almeno in alcuni casi. Nel suo libro "The Problem of Political Authority", discute esempi di "Earth Visitor" (un alieno che visita la Terra) che suggeriscono che il contenuto dei concetti politici e morali può dipendere da fattori esterni, come le pratiche effettive delle comunità. Tuttavia, non affronta esplicitamente la questione dell'internalismo/esternalismo del contenuto in modo sistematico.

Intenzionalità:
Huemer ha anche discusso questioni legate all'intenzionalità, sostenendo che l'intenzionalità non può essere naturalizzata o ridotta a relazioni fisiche. Questa posizione anti-riduzionista potrebbe essere vista come più in linea con l'internalismo, poiché suggerisce che l'intenzionalità è una caratteristica intrinseca della mente, non riducibile a fattori esterni.

In sintesi, la posizione di Huemer combina elementi internalisti ed esternalisti in modo sfumato. È più vicino all'internalismo riguardo alla giustificazione prima facie e all'intenzionalità, ma ammette un ruolo per fattori esterni nella giustificazione ultima e sembra aperto a forme di esternalismo del contenuto, almeno in alcuni casi. Come molti filosofi contemporanei, la sua posizione non rientra perfettamente in nessuna delle due categorie, ma naviga tra di esse in modo sottile e argomentato.

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ecco una panoramica delle tre principali teorie filosofiche sull'esperienza percettiva:

Disgiuntivismo:
Secondo questa teoria, le esperienze percettive veridiche (cioè quando percepiamo correttamente la realtà) e quelle illusorie/allucinatorie hanno nature radicalmente diverse. Nel caso di percezioni veridiche, siamo in diretto contatto con gli oggetti esterni indipendenti dalla mente. Nelle illusioni/allucinazioni invece abbiamo esperienze qualitativamente simili ma prive di un oggetto esterno. Quindi l'esperienza percettiva è costituita in modo disgiuntivo: o dalla relazione con un oggetto esterno (percezione veridica) oppure da uno stato mentale scollegato dalla realtà esterna (illusione/allucinazione).

Teoria dei qualia:
I qualia sono le qualità soggettive, intrinsecamente coscienti e non riducibili delle nostre esperienze sensoriali, come il particolare rosso di un pomodoro o il sapore di un vino. Secondo questa teoria, le esperienze percettive sono costituite essenzialmente da qualia, cioè da proprietà fenomeniche qualitative irriducibili a stati cerebrali o funzionali. Due persone potrebbero avere stati cerebrali identici ma esperienze qualitative diverse. I qualia sarebbero quindi gli elementi fondamentali di cui è fatta la coscienza fenomenica.

Teoria dei "sense-data":
I "sense-data" sono i dati sensoriali immediati di cui facciamo esperienza diretta quando percepiamo qualcosa, l'oggetto fenomenico interno alla mente, distinto dall'eventuale oggetto fisico esterno che causa la percezione. Anche nelle illusioni e allucinazioni, percepiamo autentici "sense-data", solo che non corrispondono a oggetti esterni reali. Quindi tutte le esperienze percettive, veridiche o illusorie, hanno la stessa natura: relazioni dirette con "sense-data" mentali. La differenza è che nelle percezioni veridiche i "sense-data" sono causati da oggetti esterni, nelle non-veridiche no.

In sintesi:

Il disgiuntivismo afferma una differenza di natura tra percezioni veridiche e non-veridiche
La teoria dei qualia identifica l'essenza dell'esperienza percettiva nelle sue qualità fenomeniche irriducibili
La teoria dei "sense-data" postula oggetti mentali diretti, i "sense-data", come costituenti di tutte le esperienze percettive.

Le tre teorie si pongono come alternative principalmente riguardo alla natura metafisica dell'esperienza percettiva e al rapporto tra percezione e realtà esterna.

Punti di contrasto:

Natura delle esperienze veridiche vs. non-veridiche:
Disgiuntivismo: hanno nature diverse
Qualia e "sense-data": hanno la stessa natura
Oggetto immediato della percezione:
Disgiuntivismo: oggetti esterni nelle percezioni veridiche
"Sense-data": oggetti mentali interni
Qualia: proprietà qualitative dell'esperienza stessa
Rapporto percezione-realtà:
Disgiuntivismo: le percezioni veridiche ci mettono in contatto diretto con la realtà esterna
"Sense-data": percepiamo sempre e solo oggetti mentali
Qualia: l'esperienza qualitativa è indipendente dalla realtà esterna
Rilevanza della scelta:

Problema dello scetticismo e giustificazione epistemica delle credenze percettive:
Il disgiuntivismo offre una via per confutare l'argomento scettico che le percezioni veridiche sono indistinguibili dalle illusioni.
Se percepiamo sempre e solo "sense-data" o qualia, diventa difficile giustificare le nostre credenze sul mondo esterno.
Natura della coscienza fenomenica:
La teoria dei qualia considera la coscienza come irriducibile al fisico/funzionale, favorendo il dualismo.
Disgiuntivismo e "sense-data" sono più compatibili con una visione materialista della mente.
Percezione e azione:
Per il disgiuntivismo, la percezione ci mette direttamente in contatto con proprietà rilevanti per l'azione nel mondo.
Per la teoria dei "sense-data", percepiamo oggetti mentali distinti dal mondo esterno.
Spiegazione dell'esperienza allucinatoria:
Il disgiuntivismo deve considerarla come uno stato mentale fondamentalmente diverso dalla percezione veridica.
"Sense-data" e qualia possono spiegare l'esperienza allucinatoria allo stesso modo di quella veridica.

Michael Huemer è un filosofo contemporaneo noto per la sua difesa del realismo diretto riguardo alla percezione. Sulla base di questa posizione, sembra che la teoria a cui Huemer sia più vicino sia il disgiuntivismo.

Il realismo diretto afferma che nella percezione veridica siamo direttamente consapevoli degli oggetti esterni indipendenti dalla mente, senza intermediari mentali come "sense-data" o rappresentazioni. Questo è in linea con la tesi centrale del disgiuntivismo, ovvero che le percezioni veridiche hanno una natura diversa dalle illusioni/allucinazioni proprio perché ci mettono in contatto diretto con la realtà esterna.

Huemer, in opere come "Skepticism and the Veil of Perception" (2001), argomenta contro teorie indirette della percezione come quella dei "sense-data", sostenendo invece che percepiamo direttamente oggetti e proprietà del mondo esterno. Questa visione realista diretta è più compatibile con il disgiuntivismo che con le teorie dei qualia o dei "sense-data".

Tuttavia, è importante notare che il realismo diretto di Huemer potrebbe non coincidere perfettamente con tutte le tesi del disgiuntivismo. Alcuni disgiuntivisti, come John McDowell, hanno una visione più complessa del contenuto percettivo che include anche concetti e capacità cognitive, mentre Huemer sembra favorire una forma più "pura" di realismo diretto. Inoltre, Huemer ha sviluppato argomenti originali a favore del realismo diretto basati su considerazioni epistemologiche e fenomenologiche che potrebbero non essere condivise da tutti i disgiuntivisti.

Nonostante queste possibili differenze, il realismo diretto di Huemer sembra avere più affinità con il disgiuntivismo che con le altre teorie alternative dell'esperienza percettiva, dato il loro comune rifiuto di intermediari mentali e la loro enfasi sul contatto diretto con la realtà esterna nella percezione veridica.