sabato 30 aprile 2011

Canzoni illustrate

Prendetevi tre minuti di pausa per “guardare” una canzone super classica di Louis Armstrong: “What a Wonderful World”.

What a wonderful world The Painting from Dan Berglund on Vimeo.

L’ artista è Dan Berglund e lavora con inchiostri su vetro.

Qualcuno poi penserà che siccome Matteo Negrin non scrive canzoni ma solo musica, non ci sia niente da illustrare, ma si sbaglia di grosso.

venerdì 29 aprile 2011

La Marghe si "suda" la giornata (alle terme)

... se vuoi rilassarti e sul posto trovi solo tedeschi decrepiti che non si reggono in piedi barcollando tra la sauna, il bagno turco e il golf, allora, forse, è il posto giusto...

 

... anche se ad un tratto, da un divano in fondo alla sala, si alza un urlo verso la reception: "... ammariöööö ... mi prenoti li scrovegni che domani... 'riva mi fija..."

p.s. come da prammatica, le immagini riguardano gli ultimi dieci minuti della vacanza, quando ti dài una botta in testa e dici: "cavolo, non abbiamo fatto neanche una foto!!".

Elogio di invidia e vendetta

Falkenstein riabilita la vendetta:

… Il sentimento della vendetta è una motivazione che bene o male  tocca tutti noi… tuttavia è considerato dai più qualcosa di stupido e di anacronistico… un virus malefico che appesta la razza umana… I leoni, per esempio, non ce l’ hanno… ma questo consente al leone maschio sopravvenuto di uccidere tutti i cuccioli del branco al fine di accoppiarsi con le femmine… se queste ultime, dopo l’ ecatombe, covassero sentimenti di vendetta, la tattica “stragista” non funzionerebbe così bene… sono grato di appartenere ad una specie che coltiva i sentimenti di vendetta… cio’ mi consente di vivere in società relativamente poco violente…

E poi anche l’ invidia:

… anche il sentimento dell’ invidia non và sprezzato, pensate solo a come si combina con un sentimento nobile come quello dell’ empatia: un carattere empatico è molto sensibile alla condizione di povertà e di bisogno del proprio vicino, eppure un povero degli Stati Uniti è infinitamente più ricco e meno bisognoso rispetto ad un povero di altre parti del mondo… evidentemente cio’ che compatiamo non è tanto la povertà o il bisogno ma l’ invidia che origina nel vicino da una condizione di povertà relativa che è costretto a soffrire, se trascurassimo l’ invidia, magari disprezzando questo sentimento, saremmo autorizzati a disinteressarci di lui…l’ invidia è un sentimento necessario affinchè ci sia compassione nei paesi economicamente sviluppati… la nostra “empatia” per l’ invidia altrui fa di noi dei “vicini” più pronti all’ aiuto reciproco…

Eric Falkenstein – Finding Alpha - Wiley

martedì 26 aprile 2011

Austriaci e neoclassici

Ecco un buon modo per riconciliarsi: i “neo” si occupano di “statica”, gli “aus di “dinamica”.

I “neo” si occupano d’ individuare i punti di arrivo, fli “aus” del modo tramite cui arrivarci.

L’ esempio preclaro riguarda l’ economia del benessere e l’ equilibrio generale: Walras e poi Arrow Debreu stabiliscono con metodi neoclassici che in in un sistema di mercato a libera concorrenza esiste un equilibrio efficiente. Hayek si occupa di dimostrare come un libero mercato vi giunge spontaneamente.

E’ chiaro che Hayek deve adottere una razionalità differente, diciamo bayesiana.

I modelli dinamici sono poi molto complessi, al punto da non poter essere risolti analiticamente. Tutto cio’ ha penalizzato gli “aus” nel dibattito. Ma oggi si puo’ ricorrere alle simulazioni del pc, e questo cambia le cose.

L’ equilibrio di Gintis (2011), con confutazione di scarf, raggiunto con razionalità bayesiana:  http://www.umass.edu/preferen/gintis/markovexchange.pdf

sabato 23 aprile 2011

Libertarianism A-Z: aiuti esteri

I meriti dell’ aiuto ai paesi poveri sono davvero pochi.

Non c’ è da stupirsene, i paesi avanzati faticano a governare le loro economie, figuriamoci cosa combinano in paesi che hanno una cultura a loro estranea.

Ci sono paesi che ricevono aiuti da decenni senza apparenti progressi. Anzi, il più delle volte hanno sviluppato una sorta di dipendenza. o comunque una loro economia (magari criminosa e corrotta) tutta intrecciata agli aiuti che ricevono con regolarità da sempre.

Eppure un aiuto davvero fruttuoso esiste: aprire all’ immigrazione delle genti che vengono dai paesi più poveri.

Libertarianism A-Z: tassa successione

Molti caldeggiano una tassa di successione, il loro motto è: partire tutti alla pari.

Ma la tassa di successione non è una buona idea: ci si dimentica che colpisce anche le volontà del cuius che probabilmente non ha goduto si nessun vantaggio “partendo alla pari”.

Colpisce una ricchezza già tassata, magari progressivamente.

Disincentiva il risparmio a tutto vantaggio del consumo, magari dello sperpero.

E’ facile da eludere, specie da parte delle grandi ricchezze. Non sarà un caso se dalle tasse di successione si raccoglie sempre poco.

Ci sono paesi come la Svezia che tengono in gran conto l’ eguaglianza ma non hanno mai avuto una tassa di successione. E’ solo un caso?

La scelta giusta

Mi assento qualche giorno, ci vediamo verso la fine di settimana prossima… Buona Pasqua, e… nel giorno delle uova… l’ artista delle uova (Franc Gromm):


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P.S. Nel frattempo, i commenti a questo post mi fanno riflettere sull’ influsso pervasivo dell’ ideologia proibizionista.


Non ci limitiamo a simpatizzare con la risposta proibizionista (divieti, controlli…) ma non riusciamo nemmeno a concepire il problema al di fuori di quello schema. E’ proprio la seconda incapacità che detta la prima risposta.


Chissà perchè ma sembra che il concetto di “dipendenza” non possa andare scompagnato a quello di “denuncia”.


Eppure, se una persona è “dipendente” da certi consumi, fino a prova contraria, è solo un drogato, mica un truffato nè tantomeno un “debole”. Non c’ è nessuno da “denunciare”.


La “dipendenza” non è di per sè disdicevole, ma bisogna uscire dal paradigma proibizionista per capirlo.


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“Drogarsi” puo’ essere la scelta giusta, non una debolezza: solo l’ “onnisciente” che legge come un libro aperto la mente altrui, non si rassegna a questa conclusione.


Una persona puo’ scegliere razionalmente di divenire “dipendente”; perchè no? Basta che il piacere di oggi sia maggiore degli inconvenienti di domani (opportunamente scontati). E per molti probabilmente è proprio così.


Un modello coerente e alternativo a quello canonico del proibizionismo esiste, bisogna solo vedere in un confronto quale dei due spieghi meglio i fatti.


Il confronto è in parte stato fatto e il primo modello, oltre che più semplice, sembra vincente anche sul piano dell’ evidenza.


Ci si è ingegnati a disegnare esperimenti vari, giungendo a sapere che: il drogato reagisce ora a cambi di prezzo annunciati e che si verificheranno in futuro, per un consumatore normale cio’ sarebbe assurdo ma per un consumatore in “dipendenza” la tattica è corretta; il drogato, per smettere, sceglie la crisi di astinenza, il che è razionale: quando il prezzo dell’ alcol cresce molto, è soprattutto la domanda degli alcolizzati a crollare, per loro non ha senso diminuire, ha senso solo smettere e lo sanno; la diffusione di pubblicità che promettono rimedi per smettere è sempre legata ad aumenti nei consumi. Eccetera.


E allora, perchè anche la persona ben intenzionata non riesce nemmeno a concepire un simile paradigma?


Forse si è impressionati dalla reale sofferenza del soggetto in “assuefatto” giunto a fine corsa. La psicologia ci fa sragionare.


Sì perchè, non solo la sofferenza, anche la rendita che deriva dalla sua ostentazione rientra nel calcolo iniziale. Presentarsi come “vittima” fa parte di un piano coerente. D’ altronde, il potenziale soccorritore non se la sente di infierire preferendo vedere di fronte a sè un ”debole”: il piano funziona e incentiva ulteriori consumi della sostanza.


Altro punto: dichiararsi “insoddisfatti” della propria vita o del proprio lavoro, non smentisce certo il carattere razionale delle scelte fatte. Ho in mente Diana quando dice: … non ho problemi con le porno-attrici che si dichiarano soddisfatte…. E se una si dichiara insoddisfatta?


Se una scelta è vincente lo si giudica dopo (“dopo”, tutti sono professori), ma se una scelta è giusta lo si giudica prima.


Si badi bene, non sto parlando di un “calcoli a tavolino” fatti con la penna in bocca; sì perchè magari qualcuno non vedendo il “tavolino” pensa ingenuamente di provare l’ infondatezza dell’ ipotesi “rational addiction”. Sto parlando invece di come gira il fumo nel mondo dell’ uomo “animale razionale”, o comunque non stupido. Se la “ragionevolezza” ci favorisce nell’ evoluzione, allora tutti noi l’ ereditiamo nei cromosomi.


Chiudo sottolineando quanto contino le “alternative”. Facciamo il caso delle ragazze che cadono nella “trappola” del porno. Chissà come mai è ben difficile incontrare ragazze che hanno superato l’ esame da notaio, o che hanno rinunciato ad una brillante carriera di agente di borsa o che siano punte di diamante nell’ equipe del prof. Rubbia. Di solito, per loro, l’ alternativa è fare la cassiera all’ Esselunga. Altro indizio che ci rassicura sulla possibile razionalità della scelta. La droga non è una “debolezza” ma una scelta calcolata dei caratteri deboli.




Chiudo rivolgendo la mia attenzione a chi pensa di lavarsi la coscienza invocando “più controlli” (si parlava del “porno”) Puo’ essere un’ opzione, ma, visto che abbiamo a che fare con soggetti razionali, valutiamo bene le conseguenze. Ammettendo che i controlli a tutela degli attori, oggi pari a 2, vengano portati a 5 grazie ad un’ imposizione. Cosa succederebbe? Più giovani spinti ad entrare nel mondo del porno e più set con controlli pari a 0.


 


 


Libertarianism A-Z: gioco

Il vizietto del gioco è diffuso in ogni epoca e il governo non puo’ rimanere indifferente.

Lo è tanto poco che le sue politiche a volte sembrano schizofreniche: si va dal bando alla promozione in prima persona.

Il bando consegna l’ affare nelle mani della criminalità facendola prosperare.

La promozione di un vizio sembra invece contrario ai più elementari principi etici.

Perché non lasciarlo libero tassandolo?

In fondo chi gioca non è pazzo e la tassa potrebbe incentivarlo a smettere o a rallentare.

Già, chi gioca in genere non è né pazzo né malato, ha solo delle “preferenze estreme”. Ma chi siamo noi per cambiare le preferenze altrui? La vita non è poi così meravigliosa come si crede, e per molti abitanti della "valle di lacrime" anche un gratta e vinci puo' consolare. Sarà triste ma è comunque più realistico e meno pericoloso che credere di aver a che fare con una massa di malati mentali da accudire.

venerdì 22 aprile 2011

Nel giorno dei chiodi…

Nel giorno dei chiodi… l’ artista dei chiodi (Marcus Levine)…

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p.s. leggenda per seguire il ‘Cristé varesotto: i “cavalee” sono i bachi, i “galeett” sono i bozzoli, i “marciunn” sono i bachi malati.

Bromuro

Nessuno guarda male chi si lancia in intemerate contro l’ università italica. Sparare a palle incatenate contro un nemico astratto e vago è uno sfogatoio che raccoglie sempre consensi.

Girando per la rete, poi, noto che si tratta di un leitmotiv suonato un po’ in tutti i maggiori paesi.

Che bello, dopo la lettura degli ultimi dati OCSE, potersene uscire trionfanti con l’ annuncio che “stiamo peggiorando” La gioia di suonare questo allarme ci pervade come un brivido. E se “stiamo migliorando” possiamo sempre omettere di dar conto del rassicurante segnale per concentrarci sulla poco dignitosa posizione in classifica. Qualcosa di “vergognoso” si troverà, anche se magari saremo costretti a rovistare tra le appendici.

Più difficile osare l’ inosabile. Per esempio dire che c’ è “troppa istruzione superiore”. Al punto che chi lo fa deve in qualche modo dissimulare l’ argomento per trasfigurarlo, che ne so, nell’ elogio del lavoro manuale.

Possiamo dire tra gli applausi che siamo “male educati” ma non possiamo dire che siamo “iper-educati”.

Alla fine, anche per chi ammette le due verità, il paradigma più rassicurante è offerto da quelle storielle in grado di rendere interdipendenti i due capi d’ accusa: la democratizzazione del sapere universitario ha abbassato il livello rendendo la frequenza delle nostre università scarsamente produttiva, sia per chi ambisce ad una qualità più elevata, sia per chi si ritrova a passeggiare nei lunghi corridoi degli atenei solo perché soggetto a “pressioni sociali” che arrivano da tutte le parti.

Una simile visione è gradita ai fans della “meritocrazia”: basterebbe in qualche modo alzare la qualità dell’ istruzione selezionando i frequentanti. Non è facile, ma per lo meno avremmo un lavoro da fare e dei fondi da allocare.

Cosicché tutti ripiegano su questa storiella pur di non considerare un paradigma ben più inquietante, eccolo: quand’ anche si ponesse rimedio alla “mala-educazione”, non è detto scompaia la “iper-educazione”. Facciamo un esempio: il paese delle “università da sogno” – USA - ha scoperto quanto poco i suoi atenei formino chi intende sbarcare preparato nel mondo del lavoro. In altre parole, il capitale umano che si accumula in quei santuari del sapere è minimo: un semestre potrebbe comodamente sostituire i quattro anni canonici. Conclusione: lì – dove qualità docet - più che altrove la bestia grama della “overeducation” fa sentire il suo morso.

Come darsene ragione? Secondo Arnold Kling andare all’ università è un modo per far capire al datore di lavoro da cui saremo esaminati quanto si è in grado di rispettare la “gerarchia”, per questo bisogna restarci tanto: solo un tempo prolungato offre un test attendibile delle proprie capacità di ossequio:

in hierarchy, signaling respect for the hierarchy is very important…That is, part of the process of getting ahead in academia is showing respect for the academic hierarchy.

I think this offers a potential insight into the signaling role of education. It does not just signal intelligence or conscientiousness, which could be signaled more cheaply in other ways. It signals respect for hierarchy. Thus, large organizations will tend to value educational credentials, while small organizations may not need to do so.

There is no cheap alternative to educational credentials if you want to signal respect for hierarchy. … Any attempt to evade the educational credential system inherently signals a lack of respect for hierarchy!

Gli studi accademici sarebbero dunque una specie di bromuro.

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Strano, perché noi di solito siamo portati a vederli come un fattore “liberante”, una spinta al criticismo più irrequieto; pensiamo, ad esempio, che sia fatale per un paese autoritario ed arretrato garantire un livello educativo elevato alla gioventù locale.

Davvero? Eppure:

Counter to modernization theory, increased human capital [from education] did not produce more pro-democratic or secular attitudes and, if anything, it strengthened ethnic identification.

A quanto pare, anche su questo fronte, la versione accademia/bromuro esce indenne. E’ il caso di approfondire.

 

 

giovedì 21 aprile 2011

Libertarianism A-Z: Grande depressione del 1929

Le prediche anti-capitalistiche hanno tutte un punto in comune: la Grande Depressione.
L’ “instabilità del sistema” sembra provata dalla crisi americana del 1929.
Ma se la crisi fu tanto dura dobbiamo ringraziare soprattutto le cattive politiche messe in campo innanzitutto dal presidente Roosvelt.
L’ attivismo fiscale del governo è già di per sé una fonte d’ incertezza pericolosa, se poi andiamo a vedere le aree d’ intervento, peggio mi sento.
Politiche protezionistiche, politiche pro sindacato, politiche di alti salari, politiche inclini alla regolamentazione. Tutta roba che incapretta l’ economia di un paese fino al collasso.
Buona ultima, ma decisiva, la politica restrittiva decisa dalla FED proprio in un momento cruciale.
Se questo fosse vero anche solo al 10%, allora, altro che fallimento di mercato!

Meditazioni libertarie su “L’ amaca” dell’ 8.4.2011

Il clima è così mefitico che uno, pur di migliorarlo, sarebbe anche disposto ad ascoltare le ragioni altrui. Per esempio si legge sul giornale che un deputato della Lega, Buonanno, vorrebbe imporre una tassa dell'uno per cento sulle rimesse degli immigrati. «Si tratta di otto miliardi di euro all'anno - spiega Buonanno - che frutterebbero ottanta milioni da destinare al volontariato». L'obiezione sarebbe che se l'immigrato (e il suo datore di lavoro italiano) sono in regola, quei soldi sono già tassati. Ma la proposta, messa così (soldi al volontariato) potrebbe anche essere discussa.

Solo che, due righe sotto, lo stesso Buonanno definisce gli immigrati «furbi che piangono miseria qui e poi magari si fanno la casa nel loro paese».E subito si chiude lo stretto varco dell'ascolto, perché anche la migliore proposta del mondo, se servita in una salsa così guasta, condita dalla solita dose di razzismo, ha un sapore ripugnante.

Nessun dialogo, nessuna collaborazione è possibile con chi fonda la sua prassi sul disprezzo sociale e sul pregiudizio etnico. Imparino a parlare la lingua della civiltà e della res publica, questi signori, e vedranno che improvvisamente le loro parole assumeranno un altro peso politico. Sono sotto esame tanto quanto gli immigrati. Ci facciano capire se hanno capito che abbiamo regole, qui in Italia, che non consentono deroghe per nessuna tribù: neanche la loro.- MICHELE SERRA

Ecco una vivida illustrazione di un atteggiamento comune: c’ è una cosa che possiamo fare insieme con reciproco vantaggio? Mi rifiuto poiché mi ripugni.

Pur di danneggiarti mi infliggo un male.

La defezione e il boicottaggio sono l’ abituale modo di procedere del moralista. Il suo sguardo non si degna di incrociare quello altrui e se capita è comunque presto sopraffatto dallo sdegno.

Elinor Carucci  boom sguardi

Ora, l’ ossessione per la purezza sembra ormai aver fatto stabile breccia nel pensiero progressista, e questo lo sapevamo, ma c’ è qualcosa in più che trapela: la sfiducia nel proprio progetto. Infatti, se entrambi ci avviciniamo alle rispettive mete ed io sono convinto che la mia visione sia vincente, allora la collaborazione, il “percorrere un tratto di strada insieme” diventa una strategia razionale.

Chiudo accennando ad un modo opposto di procedere, e mi rifaccio ad un’ intervista concessa da Harold Bloom a Repubblica:

Lei afferma di dover molto, culturalmente, a Robert Penn Warren, ma scrive che molti dei “suoi amici erano miei nemici”.
«Robert Penn Warren era un eccellente poeta a scrittore, ed un uomo meraviglioso. La battuta che cito è relativa all´ostilità dell´ambiente anglosassone che io, ebreo, ho trovato nel mondo accademico negli anni Sessanta. Era fortissima l´influenza di Eliot, che era certamente un grande poeta, ma un antisemita».
Riesce ad apprezzare sinceramente un autore in casi del genere?
«Certo, e ho fatto di questo principio un cardine del mio insegnamento»

Ok, Eliot e Buonanno non sono la stessa persona, eppure…

Libertarianism A-Z: pubblicità

Lo Stato ci protegge dalle frodi, comprese quelle pubblicitarie, e fin qui va tutto bene. Ma lo Stato s’ intesta spesso anche una missione paternalistica: il cittadino, secondo lui, non è in grado di decriptaretare certi messaggi pubblicitari e va quindi protetto.

Ma il consumatore ha accesso a mille fonti di controinformazione che provengono sia dalle associazioni dei consumatori che dai competitori.

Ma lo Stato non demorde e finisce per far danni: quando va bene, infonde false sicurezze e incuria nei consumatori che regrediscono a bambini. Quando va male s’ imbarca in vere e proprie campagne contro la libertà d’ espressione.

Per risolvere problemi del genere basta il buon senso, risorsa che scarseggia solo laddove lo Stato, magari a fin di bene, si comporta da padre-padrone con i propri cittadini.

Libertarianism A-Z: stimolo fiscale

Ogni volta che il ciclo economico ci butta in recessione, ecco che resuscita il grande economista J. M. Keynes e le sue politiche dello stimolo fiscale.

Attraverso il mitico “moltiplicatore” tali politiche dovrebbero far “ripartire” l’ economia stimolando anche la spesa privata.

Purtroppo le evidenze empiriche che qualcosa del genere sia all’ opera sono scarse per non dire nulle.

In più la teoria trascura l’ analisi costi-benefici. Dove investire? Sembrerebbe che scavar buchi e ricoprirli possa bastare. Un arbitrio del genere, inutile dirlo, spiazza l’ investimento privato.

Il politico sprecone non vede l’ ora di spendere, niente di meglio per lui che una giustificazione teorica col pedegree.

Meglio “stimolare” abbassando le tasse: per lo meno gli investimenti non saranno arbitrari.

Si dice: è la trappola della liquidita?

Di quella, al limite, si occupi la banca centrale creando l’ inflazione necessaria.

Buone notizie: il sud cresce quanto il nord (grazie all’ evasione)

Inutile enumerare le numerose zavorre che appesantiscono da sempre il meridione d’ Italia, tuttavia ora veniamo a sapere che negli anni tra il 1996 e il 2007 la sua crescita economica non ha proprio nulla da invidiare a quella del ricco Nord.

Come si spiega un simile exploit? Semplice, si sono autoridotti le tasse (evasione) traendone un beneficio collettivo notevole, specialmente in anni di pressione fiscale crescente.

A questo punto, come fare ancora meglio ognuno lo capisce da sè, ma lo dico ugualmente: un bel taglio alle tasse darebbe più slancio alla già buona performance comprimendo i notevoli costi che l’ evasore è costretto comunque a sobbarcarsi; pleonastico aggiungere che un simile taglio non intaccherebbe in alcun modo la spesa sociale esistente.

Randall Rosenthal denaro di legno

Per chi vuole approfondire la cosa leggendo: qui.

Per chi vuole approfondire la cosa ascoltando: qui.

Per chi invece è interessato solo ai dollaroni scolpiti nel legno da Randall Rosenthal: qui.

mercoledì 20 aprile 2011

Libertarianism A-Z

La flat tax vanta di sicuro alcuni vantaggi.

1. Semplicità: sai subito quanto paghi; vengono eliminate poi alla radice le distorsioni che riguardano i redditi famigliari.

2. Incentivo: diminuendo l’ aliquota marginale per tutti opera un incentivo al lavoro e alla produzione.

3. Responsabilità: in presenza di aliquote progressive si creano gruppi sociali che spingono per spese finanziate da terzi; l’ aliquota unica fa si che chi propone una spesa sia sempre coinvolto anche nel suo finanziamento.

4. Equità: la legge è uguale per tutti senza distinzione tra bianchi, neri, ricchi o poveri.

Pornoeffettistica

La pornografia della rete ha tre caratteristiche: è tanta, è gratuita ed è discreta. Cosa puo’ pretendere di più l’ erotomane del 2000?

Le combinatoria orgiastica di quel logoteta che fu il “divin marchese” impallidisce di fronte alle combinazioni della pulsantiera di un pc connesso ad internet. Ad ogni posizione delle dita corrisponde una pletora di posizioni corporali.

Rabbit Heart not

Prendiamo adesso due tipi umani differenti e chiamiamoli Proibizionista Istintuale (PI) e Libertario Istintuale (LI); mettiamoli di fronte alla novità. Come reagiranno?

Un’ offerta tanto generosa sprigionerà due effetti:

1. viene fornito un bene per soddisfare un bisogno masturbatorio (effetto principale EP). Il mondo migliora.

2. viene fornito un modello per soddisfare un bisogno identitario (effetto collaterale EC). Il mondo peggiora.

LI vede prevalere EP, ci sarà un motivo se si chiama così! PI non si lascia scappare l’ occasione per apostrofarci sulla decadenza del mondo moderno e si fisserà su EC, per lui non esiste altro.

Ma forse esiste un modo con cui LI e PI possono per un attimo liberarsi dai loro istinti. Forse esiste una verifica pratica delle loro opinioni.

Vediamo. Se prevale EP i bollori del segaiolo saranno moderati più facilmente impedendogli di combinar danni in giro. Tradotto: meno stupri (mondo migliore anche per gli altri).

Se prevale EC gireranno tra noi parecchi vitelloni con le occhiaie ansiosi di volgere la loro identità virtuale in un’ identità reale, con le buone o con le cattive. Tradotto: più stupri (mondo peggiore anche per gli altri).

Lo dico con cautela ma sembrerebbe che LI abbia vinto il primo round.

Eppure LI non ha requie, sente già alzarsi una lamentosa richiesta di sovvenzioni “XXX” per stalloni doc, sente già aprirsi un altro fronte. Viviamo o no in piena “cultura del piagnisteo”? Se non è il piagnisteo proibizionista sarà quello assistenzialista, ma sempre con il falso bordone di un pianto dirotto ci tocca intonare la breve nota liberale.

martedì 19 aprile 2011

Capitomboli rilassati

Scorrono senza una gerarchia nelle molecole, migrano verso il finale in quiete folate prive di punti di riferimento, ondeggiano in un rassicurante liquido amniotico … ascoltare queste canzoni è come camminare sui pavimenti di Heike Weber. Si perde l’ equilibrio senza perdere la rilassatezza.

Heike Weber

Composte secondo le tecniche della musica concreta, non sono concepibili indipendentemente dalla loro esecuzione, in esse dialogano felicemente pop e impro radicale.

Che bello scoprire che anche la sperimentazione più ardita non deve necessariamente restare appesa come un caciocavallo ma può sfociare in esiti artistici compiuti e di prim’ ordine.

Elio Martusciello – Concrete Songs – Ticonzero

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lunedì 18 aprile 2011

Kafka o Ionesco?

Perchè in Italia il sistema giuridico è un groviglio inestricabile di leggi, leggine e decretini che sembrano stratificarsi uno sull’ altro con l' unico scopo di renderne difficile l' ossequio? Lavorando nel settore, so bene quel che dico; ma del resto la cosa è risaputa e mi basta richiamarla senza impegnarmi a convincere nessuno.

Alcuni ritengono che un simile mostro sia funzionale a chi trae una rendita dalla sua proliferazione (burocrati, amministrazioni, faccendieri, caste professionali...). Ipotesi plausibile: un commercialista, per esempio, fa salti di gioia quando i moduli si moltiplicano complicandosi. I loro sindacati invocano una sempre maggiore giustizia fiscale: conoscono bene la natura chimerica di questa pretesa ma sanno anche che nel tentativo di perseguirla un sistema semplice verrà “migliorato” con il miraggio di renderlo certosino e l’ effetto pratico di renderlo caotico, dopodiché il caos sarà l’ ideale “via libera” per l’ agognata caccia a rendite e truffe.

Altri lo ritengono un maligno portato del nostro cattolicesimo; se dài un comando ineseguibile avrai un doppio potere: quello di comandare e quello di perdonare (ieri nel confessionale, oggi negli uffici dell' Agenzia delle Entrate).

Ma l' ipotesi che io sento più nelle corde è ancora diversa e concerne il guasto influsso della dottrina giuspositivista importata con entusiasmo dai nostri più valenti filosofi della politica e del diritto.

Tale dottrina di contrappone a quella giusnaturalista per il modo in cui liquida bellamente la domanda “perché obbedire?”. Un sistema giuridico, ci viene detto, si fonda sulla forza, inutile speculare oltre. Inutile cioè discorrere di "giustizia" e quant’ altro se poi si fa quello che decide il più muscoloso; e per fortuna che esistono i muscoli: meglio un ordine qualsiasi che il marasma.

Una simile impostazione non è certo fatta per chiedersi "a chi obbedire"? Il concetto di "compliance" le è estraneo. Il giurista, in quest’ ottica, puo' fare un buon lavoro anche trascurando i problemi di lana caprina posti dalla “giustizia”, ma soprattutto puo’ giocare al gioco che più spopola nelle accademie: quello dello “scienziato avalutativo”.

[… piccolo intermezzo di bassa polemica da cui vanno doverosamente esclusi i padri nobili del giuspositivismo: quando un semplice “esperto” assurge alla carica di “scienziato avalutativo” significa che puo’ tenere un corso universitario a cui è diritto/dovere che la cittadinanza partecipi composta. Diritto perchè un diritto in più non guasta mai, dovere perchè l’ oggettività di quel sapere lo rende valevole per tutti. In altri termini: esiste il diritto/dovere di stipendiare lo “scienziato” di cui sopra…]

Si sarà capito che quando al giuspositivista chiedi l' ingrediente base per realizzare un sistema giuridico (e quindi uno Stato), lui risponde: procurati la "Forza", dopo ripassa e ti mostro la mercanzia.

La risposta del negletto giusnaturalista è un po’ più articolata: affinché le cose funzionino, alla forza del governante deve affiancarsi un sentimento di legittimità nel governato. Il diritto prodotto dal primo, in altre parole, deve ricalcare le consuetudini (diritto naturale dei popoli) professate dal secondo, affinché non sia sentito come un corpo estraneo quando viene calato nel corpo sociale. In caso contrario avremo leggi criminogene.

Al primo giurista basta una parola: legalità; il secondo è costretto ad aggiungere un’ altra: legittimità.

Concludo subito: la democrazia italiana, per quanto sgangherata, è abbastanza solida ormai, la Forza è saldamente concentrata nelle mani dello Stato. Il legislatore non si sente limitato nella sua azione, e forte dei dettami giuspositivisti con cui è stato imboccato fin dalle prime pappe, non ha remore nell' impapocchiare un sistema giuridico purchessia, che, quando va bene, rivaleggia con le sconclusionate commedie dell' assurdo, quando va male con gli incubi kafkiani.

Chiudo con una curiosità.

Vivendo in Italia abbiamo il privilegio di osservare come reagisce il giuspositivista allorché si ritrova tra le mani un paese costruito seguendo i suoi dettami,  in cui - non a caso - ognuno va per conto suo. Ovvero, come tenta il “luminare” di mettere una pezza sul buco che ha contribuito a trivellare?

Bè, vale tutto, a partire dall’ indottrinamento a suon di “lezioni di legalità” da tenersi nelle classi italiche. Ma devo dire che i predicozzi moralistici sono particolarmente graditi.

E qui si rinserra il paradossale cerchio: come nella miglior tradizione delle stalle chiuse a buoi fuggiti, chi dapprima aveva schifato il concetto di “giustizia” ritenendo sdegnato che inquinasse il “puro diritto”, ora si ritrova a fare ricorso crescente a dosi massicce di moralismo indigesto che sembra fatto apposta per convincere fino alle lacrime i già convinti e schifare (o divertire) i restanti.

E tra poco, dopo le “lezioni di legalità” in classe, verremo a sapere che chi non paga le tasse sarà scomunicato, i giuspositivisti alla frutta hanno già fattivamente attivato i loro gruppi di pressione in Vaticano. 

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p.s. le considerazioni tra il serio e il faceto di cui sopra mi sono state ispirate da una rilettura degli scritti di uno dei pochi giusnaturalisti italici: Alessandro Passerin d' Entrèves

sabato 16 aprile 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 27.3.2011

Vangelo secondo Giovanni 8, 31-59

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Una lunga sequela di equivoci impedisce a Gesù di entrare in contatto con i suoi interlocutori; se ci avvaliamo del medesimo “telefono senza fili” questa triste sorte toccherà anche a noi, vediamo di evitarlo.

Prendo in considerazione solo il primo corto circuito, tanto per chiarire cosa intendo con un esempio.

La “verità vi farà liberi”, dice Gesù.

Ora, giova in questi casi fermare l’ attenzione su un fatto: se non posso rendermi invisibile, non per questo non sono libero; se non posso volare sbattendo le braccia, non per questo non sono libero; se i miei desideri non si realizzano immediatamente al solo pensarli, non per questo non sono libero.

Eppure, se potessi divenire invisibile all’ occorrenza, se potessi volare, se potessi realizzare all’ istante i miei desideri, sarei più… “libero”.

Ecco, la verità di Gesù mi consentirà tutto questo, seguendolo potrò liberarmi da ogni condizionamento a cui il mondo mi “condanna”.

La libertà rossa è la libertà sociale, la libertà azzurra è esistenziale.

La risposta che riceve Gesù - “il popolo ebraico non è mai stato schiavo” – è del tutto incongrua perchè confonde le due libertà.

Ancora oggi molti ritengono che subire un condizionamento diminuisca la nostra libertà. Ma costoro sono afflitti dalla medesima daltonia che il Vangelo documenta così bene.