giovedì 24 marzo 2011

Perchè un’ imposta sul consumo

Perché la competizione sullo status realizza molti sprechi nell’ ambito del consumo.

Falce e carrello

Che tipo è il Caprotti. Un tipo cattivo, cattivissimo. Come Montanelli. Un mostro che, osservato oggi dismettendo l' occhiale ideologico, risulta però una normalissima persona di buon senso dotato di carattere.
Ma anche lui ci tiene a dire chi era: era un imprenditore. Cattivo, buono, ognuno giudichi. Purchè lo si consideri un imprenditore.
Ci tiene molto perchè non è disposto a riconoscere la stessa qualifica ai suoi avversari: le Coop. Una struttura legata a doppio filo con la politica in un flusso interminabile di favori reciproci. D' altronde, sono o non sono il più colossale conflitto d' interesse dell' Italia post bellica? Gli altri conflitti, al confronto, impallidiscono.
I caratteri tipografici del testo sono cubitali, evidentemente il Caprotti ci tiene a farsi leggere dalla massaia che serve da mezzo secolo. Il capitolo più bello racconta del 68, il lato ridicolo del movimento, oggi chiaro a tutti, allora aveva pochi ammiratori. Ma è bello anche quando fa nomi e cognomi.
Come quello di Mario Zucchelli. Una vita dentro e fuori dal municipio di Modena. Quando c' è da comprare uno scampolo di terreno per bloccare i progetti altrui basta una telefonatina al sindaco di Vignola e il gioco è fatto.
Come Pierluigi Stefanini, sempre in buoni rapporti con la Sovraintendenza delle Belle Arti. Esselunga cerca di costruire a Casalecchio di Reno? Ed ecco il ritrovamento di preziosi reperti che blocca tutto per decenni. Disperati si decide a vendere alla illogica offerta della Coop. Naturalmente tutto si sblocca nel giro di qualche mese ed ecco il monopolio.
Poi c' è Turiddo Campanini, il ras di Firenze. Qui nel 61 Esselunga è la prima a sbarcare grazie alle licenze concesse da un Prefetto poi rimosso. Comincia il fuoco di sbarramento già inaugurato da La Pira (sembra che i supermarket tolgano l' anima). Al momento di cambiare sede la pratica s' incaglia in Comune per lungaggini burocratiche. Il venditore dei terreni rinuncia. Dopo 15 gg compra Coop (che non toglie l' anima). Dopo un mese la pratica è sbloccata, si puo' partire con i lavori.
Bruno Cordazzo è l' uomo coop in Liguria. La sua mano sui piani regolatori di genova ha garantito il monopolio alle coop. Tutti i tentativi di "entrare" sono stati frustrati.
Si prosegue con Aldo Soldi ed altri ancora tutta gente che preferisce frequentare i palazzi piuttosto che i loro negozi. Su fino a Romano Prodi il quale ha auspicato in un Porta a Porta la vendita di Esselunga alla Coop. Il vecchio leone 82enne si è incazzato e da lì è nato il libro.
Lasciamo perdere il noioso capitolo sul regime privilegiato delle coop in tema fiscale, contributivo e finanziario. Un regalino della politica sempre ben accetto.
Il volume 8carissimo) è impreziosito dalla prefazione dell' anconetano geminiello Alvi, economista-letterato del Corriere della Sera. Ci racconta l' uomo e la sua avventura. Allega tabelle a riprova che i Supermercati Esselunga sono i più efficienti per metro quadro, hanno i prezzi medi notevolmente più bassi, e poi conclude notando come i prezzi delle Coop nelle città dove è presente Esselunga siano molto più bassi rispetto a dove esiste un monopolio.
Personalmente ne vorrei tanti di Caprotti. Quando i concorrenti litigano rivendicando per sè il primato, sono io (consumatore) a godere, e Caprotti è un tipo fumino. Magari ce ne fosse uno nelle assicurazioni o nelle banche.


A proposito di cassiere. Il libro è riccamente corredato da materiali eterocliti, foto d' altri tempi, tabelle, riproduzione di corrispondenza e atti notarili. Non manca la foto che illustra, all' apertura del primo supermercato italiano (viale Regina Giovanna, a Milano), la prima cassiera che inizia la sua infinita sommatoria sotto l' occhio vigile del Caprotti (Alvi: "...ed eccolo trentaduenne Caprotti, inorgoglito, con gli occhi resi ancor più appuntiti dalla precoce stempiature, guarda una cassiera fare bene il suo lavoro digitante") e il vecchio Crespi (socio) più consorte con veletta. Lei, la cassiera, purtroppo è di spalle, "fa bene il suo lavoro" e non sembra malaccio.

La regola aurea

E' raro in Italia imbattersi in un liberale, vagano sparuti qua e là senza incontrarsi mai: se hai studiato in scuole statali, se ti sei specializzato in università statali, se ascolti la programmazione culturale della TV e della Radio di Stato, è probabile che l' indottrinamento ricevuto avrà fatto effetto rendendoti refrattario ai valori liberali.

Sarebbe un peccato, allora, incontrarsi senza riconoscersi, vale la pena di testare chi hai di fronte.

Ma esiste qualcosa di simile allo scanner all' aereporto?, all' esame del sangue?, qualche procedura che si concluda con esiti chiari: positivo? Si accomodi a destra. Negativo? A sinistra, prego.

Ognuno elabora i suoi strumenti, io, per bollare il mio interlocutore, cerco di portare il discorso sulle armi da fuoco. Come ci si posiziona in merito? Su questo tema cruciale si simpatizza o si avversano le soluzioni proibizioniste?

La filosofia del liberale è chiara e puo' essere compressa in due parole: liberty first. Detto meno sinteticamente: quando mancano solide prove che la libertà di Tizio nuoccia ai suoi vicini, allora... "liberty first".

Il porto d' armi offre proprio un caso paradigmatico: l' evidenza (ormai ne esiste una montagna) sembra stabilizzata nel segnalare un certo beneficio sociale del libero porto d' armi. Niente di che, non mi meraviglio che taluno contesti questa poco solida correlazione; a dir la verità non mi interessa nemmeno visto che quel che sicuramente non si riesce a provare, per quanto si vogliano torturare i numeri, è l' esistenza di un chiaro danno.

Insomma, un caso di scuola a cui applicare il precetto "liberty first". Non così per la mentalità totalitaria, in quel caso: "safe-first" e conseguente conculcamento dei diritti - anche dei più elementari - in nome dlla sicurezza.

In merito metto qui il link ad un devastante saggio di Mike Huemer, qualcosa che sembra davvero assomigliare all' ultima parola sull' argomento, se mai se ne possa immaginare una.

Forse la lettura è un po' impegnativa ma c' è tutto, sia sull' argomento specifico delle armi, sia su quello allargato all' ideologia.

Le grandi questioni che si trova ad affrontare l' umanità - abbiamo appena discusso del nucleare - portano l' analista onesto a dire che "le cose sono complesse", da cui deriva il conseguente "liberty first".

Nella discussione pubblica il liberale ha dunque una strategia spesso vincente a disposizione: brandire gli strumenti più avanzati dell' economia per dimostrare che le cose sono più complesse di come appaiono, dopodichè puo' concludere con il suo dogma: liberty first. Se la discussione fosse una partita di calcio direi che il liberale, avendo a disposizione due risultati su tre, è chiamato a sfruttare tale vantaggio.

Ho parlato di economia non a caso: l' economia è quella disciplina che si occupa delle scelte tenendo conto dell' ambiente ("eco"), ovvero di tutto cio' che ci circonda. E' chiaro allora che le scelte economiche più interessanti siano quasi sempre complesse offrendo così terreno favorevole alla soluzione liberale.

mercoledì 23 marzo 2011

Is materialism the best explanation for reality?

No!

Tweet di Bryan Caplan dopo la sua recente vacanzina in Italia

Saw Italy's 1.5 centennial. Isn't the Renaissance a crushing argument against Italian unity?

Caro Vlad, lascia stare il "tecnico del nucleare"

Caro Vlad,

per prendere posizione sul nucleare non è necessario essere "tecnici del nucleare", ed è quindi ingiustificato il tuo rammarico per non esserlo; le scelte di fondo non spettano infatti al "tecnico", piuttosto al "politico", all' "economista", al "moralista".

E tutti noi, se vogliamo campare, siamo un po' "politici", un po' "economisti" e un po' "moralisti".

Essendo una scelta che implica valutazione dei rischi bisogna andarci coi piedi di piombo stando attenti alle distorsioni cognitive che in questo ambito abbondano, per fortuna nessuno lo sa meglio di noi.

Un tecnico del nucleare potrà giusto fornirci alcuni elementi utili al calcolo del rischio che fronteggia il cittadino medio di un paese non sismico con centrali nucleari.

Ma potrà dirci poco sui rischi che corriamo guidando a 130 km orari in autostrada, o su quelli associati al fumare un pacchetto di sigarette al giorno, o i rischi connessi alla pratica di certi sport pericolosi, o quelli che decidiamo di fronteggiare prendendo l' aereo, o che derivano dalla mancata installazione di un guard rail su una certa curva, o anche il rischio di contrarre malattie contagiose, o di imbatersi in incidenti come quello dei pozzi petroliferi del Golfo del Messico, o del rischio associato al vivere in città inquinate come Milano o Los Angeles. E ne mancano parecchi in merito ai quali rinvio ad Alesina sul Sole di ieri.

Eppure questa conoscenza è cruciale per decidere! Come potremmo secondo te essere credibili se accantonassimo il nucleare perchè "pericoloso" per dedicarci immediatamente dopo ad un' attività ancor più pericolosa?

lasciamo perdere i "tecnici del nucleare". Piuttosto, per i nostri calcoli, puo' essere utile considerare il passato (non abbiamo molto altro), e allora ecco qui un' interessante tabella che accosta il numero storico delle vittime dirette a ciascuna fonte energetica a parità di TWA.

E le vittime indirette? Qui se ne parla e vengono stimate, per esempio. Cavolo, un anno di CO2 sembra valere 10 Chernobyl.

Quindi, cosa fare? Potremmo pensarci assistiti dal conforto di una puntata di Fahre. Ma ci conto poco, guardando al passato mi pare di capire che la "teoria della scelta razionale" non rientra nella "linea editoriale del programma". Molto meglio risolvere tutto con un bel principio di precauzione e non se ne parli più. E se proprio se ne deve parlare, lasciamo che parli il cuore...

Meditazione libertaria sull' Amaca del 20.3.2011

La signora Cinzia Cracchi salì agli onori delle cronache per via del suo movimentato fidanzamento con l' ex sindaco di Bologna Delbono;e di alcune vacanzea spese delle casse pubbliche. Ora ha deciso di candidarsi per le elezioni comunali, in una lista civica, a nome delle "donne maltrattate" (?!). Ben al di là della sua vicenda, tutto sommato trascurabile, viene da domandarsi sulla base di quale equivoco una persona già esposta a poco piacevoli vicende intenda replicare la sua faticosa esposizione allo sguardo pubblico. Una campagna elettorale non è davvero il massimo per chi volesse recuperare serenità ed equilibrio, e come si suole dire: farsi dimenticare. La signora non è sola. Incarna, anzi, una diffusa tendenza: quella di chi diventa famoso non per merito o talento o impegno civico, e di questa fama così opaca e discutibile si innamora al punto da volerla mettere a profitto. È come se una foto sul giornale, una ripresa televisiva, insomma il famoso quarto d' ora di celebrità, fosse una droga. Salvarsi sparendo, e dunque riconsegnando a se stessi la propria vita, è evidentemente una via preclusa ai contemporanei. Una volta esposti, non importa se per meriti o demeriti, si cerca di mantenere la scena a tutti i costi. È una sindrome, la fama, che non conosce cura.

In effetti sembra proprio che i politici più ne combinano, più rischiano di essere eletti. Ma la fama negativa puo' essere messa a frutto? Cerco di distinguere in merito il mondo della politica dal mondo del lavoro.

A volte la fama negativa di cui godono certi personaggi ha poco a che vedere con il compito che sono chiamati a svolgere, in questi casi solo il "moralista" puo' farsene un cruccio. Usciamo freschi freschi dall' affaire dell' Olgettina e sappiamo come funzionano questi meccanismi. Sul lavoro le cose non vanno molto diversamente. Anzi, il moralismo fa ancora meno presa: se il Sig. Ferrero tradisce la moglie è secondario per me, l' importante è che continui a fare la Nutella buona come l' ha sempre fatta.

Scendiamo ora più nel merito, parliamo di corruzione: è sorprendente come la fama di corrotto non intacchi le fortune del politico italiano. Forse perchè si sa che un certo grado di corruzione puo' far bene, o quantomeno è inevitabile: d' altronde tutti i grandi politici della Storia sono stati dei corrotti. Sul lavoro è diverso, la fama di corrotto ti distrugge: chi comprerebbe più da Bernard Madoff? Chi comprerebbe più creme da Vanna Marchi? Non mi servo dal noto frodatore.

La politica è anche il regno dell' ideologia, la cosa conta: se Tizio ha fama d' incapace ci passo sopra, purchè faccia sventolare alta la bandiera con i miei colori preferiti. I costi della sua incapacità mi toccheranno solo in minima parte. Ma sul lavoro è diverso: i costi dell' incapacità dei miei collaboratori me li sorbisco per intero e l' ideologia diventa in questi frangenti trascurabile.

Noto che in certi reality i personaggi negativi diventano delle star. La cosa è spiegabile, guardare la TV è solo un passatempo: per hobby posso anche essere incuriosito da quella casinista di Loredana Bertè, ma non ci vorrei mai lavorare insieme, non vorrei neanche averla come vicina di pianerottolo! Ecco, noi trattiamo allora la politica come trattiamo gli hobby più marginali. Ma c' è un modo per avvicinare il mondo della politica a quello del lavoro? Probabilmente sì, ma lasciamo perdere.

Naturalmente, dopo aver ammesso che la "politica" è qualcosa a cui non è sensato dare un grande peso, bisogna agire di conseguenza. Ovvero, bisogna pensare ad un paese fondato sul lavoro anzichè sulla politica. Tuttavia le cose per ora non stanno così: la politica resta centrale.

Cosicchè assistiamo continuamente allo spettacolo di chi dà centralità alla politica per poi meravigliarsi di come la "fama negativa" dei politici non nuoccia loro. Questo per dire: non stupiamoci dell' abbondanza di sermoni: la predica moralista è l' ultima arma in mano all' incoerente. E da noi, d' incoerenti, ce n' è a frotte.

Non sempre i ricchi piangono

"Prendere ai ricchi per dare ai poveri", ecco la ragione che muove in via di principio i sistemi fiscali dello Stato moderno.

Ma pochi di loro sono all' altezza del nobile intento. La maggioranza cade già sulla prima parte della prescrizione: "prendere ai ricchi".

Un' impresa eroica - vista la capacità di esercitare pressioni della classe più influente - con pochi e sorprendenti casi di successo: USA, per esempio. Ma anche l' Italia è messa molto bene (cliccare per espandere la tabella).

Falliscono in questo campo paesi come Germania, Francia, Svezia, Svizzera, Norvegia, Islanda. Lì i ricchi non piangono particolarmente.

Particolari: qui... e magari nella prossima puntata di Fahre, ma ci credo poco.

add: http://gregmankiw.blogspot.com/2011/03/what-nation-has-most-progressive-tax.html

L' impurità dell' oro colato

Quanto alle statistiche internazionali mi limito a un esempio. Nei commenti si da per scontato che la scuola finlandese sia una delle migliori del mondo. Ma non è tutto oro quel che riluce. Studi recenti hanno messo in discussione quella immagine. Per quanto riguarda la matematica, è chiaro che la Finlandia primeggia in quanto i test Pisa stimano i successi nella matematica pratica ma – come è stato ammesso da autorevoli personalità finlandesi – se valutassero la capacità di intendere i concetti matematici, la Finlandia finirebbe agli ultimi posti. Si insegna una matematica definita da uno specialista come un “soggetto educativo” privo di relazioni con la matematica propriamente detta. Il simbolo “=” è stato soppresso e sostituito con V, che sta per Vastaus, ovvero “risposta”. Ma identificare “=” con “risposta” significa che uno studente non sa più cosa sia un’equazione. Un recente articolo spiega che, se entrate in una macelleria finlandese e chiedete ¾ di chilo di carne, non sarete capiti: dovete dire 750 grammi, perché i numeri sono insegnati soltanto in forma intera o decimale, in quanto digitabile sul calcolatore. Ciò vuol dire che non si sa più cosa sia una frazione e questo è un autentico disastro concettuale.
D’altra parte, nei sondaggi Pisa trionfano anche paesi come la Cina, la Corea o Singapore le cui scuole sono diversissime: ipertradizionaliste, improntate a disciplina, rigore e amore per la conoscenza, in cui l’ossessione per i test è sconosciuta e i bambini usano i pallottolieri, altro che “nativi digitali”. Come mai?

http://gisrael.blogspot.com/2010/12/il-sistema-dellistruzione-e-le.html


Altre riserve.

martedì 22 marzo 2011

Libertarianism A-Z: sanità

Jeffrey Myron sulla sanità
  • La socializzazione della sanità è una misura a cui ormai siamo rassegnati, non dovrebbe essere così. Una volta che la sanità passa come bene da socializzare, passa anche il diritto del governo a prevenire le malattie dei suoi governati. Cio’ sdogana un controllo da grande fratello che non ha nulla da invidiare a quello fiscale.
  • Il diritto a essere curati spesso è solo sulla carta, e le file d’ attesa sono un sintomo di molte lacune. Quando i diritti sono di facciata le ingiustizie sono ancora più odiose. A questo punto meglio sarebbe porre dei limiti trasparenti.
  • Il diritto alla salute una volta propugnato diventa un dogma e tutto – in teoria – deve essere accessibile a tutti, anche l’ ultimo costosissimo ritrovato. Ma questo comporterebbe spese enormi. Per comprimerle l’ Europa è ricorsa alla proibizione pubblicitaria (se un farmaco esiste ma non si sa non verrà richiesto) al filtro della prescrizione medica: ci sono i soldi? Le maglie del filtro si allargano. Non ci sono? Le maglie si stringono. La collaborazione tra Casta politica e Casta Medica consente di risolvere tutto senza toccare la finzione dei diritti. Gli USA, invece, pagano la loro libertà di accesso con l’ esplosione della spesa.
  • L’ ideale sarebbe mantenere una libertà di accesso (modello assicurativo USA) cercando di responsabilizzare l’ utente attraverso alti ticket e franchigie tali che le assicurazioni coprano solo eventi catastrofici.
continua

lunedì 21 marzo 2011

Libertarianism A-Z: legalità

La compliance è un elemento decisivo: solo le leggi facili da far rispettare dovrebbero essere varate.

Nell’ illegalità diffusa la prima politica da considerare consiste nel ritirare le leggi violate di frequente, a partire dai cosiddetti “crimini senza vittime”.

Questo nell’ interesse degli onesti: porre oneri a carico della parte migliore della popolazione è ingiusto e controproducente.

mercoledì 16 marzo 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 13.3.2011

Vangelo secondo Matteo 4, 1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: / “Non di solo pane vivrà l’uomo, / ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: / “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo / ed essi ti porteranno sulle loro mani / perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: / “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: / “Il Signore, Dio tuo, adorerai: / a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Gesù resiste a tre tentazioni: la prima e l' ultima riguardano la cupidigia, la seconda invita allo spraco miracolistico.

Resistendo alla prima e all' ultima Gesù ci indica l' esistenza di beni da anteporre a quelli materiali; poichè il valore di questi ultimi deriva dai primi, il gioco delle priorità evangeliche è chiaro.

Detto altrimenti, la risorsa originale (The ultimate resource) risiede nell' uomo, nella sua coscienza, nella sua creatività, nella sua libera valutazione e nel suo libero arbitrio. materie che ieri non "valevano" nulla, oggi, grazie ad un atto umano libero e creativo, diventa "di valore". Un Rabbi profano come Julian Simon faceva sempre l' esempio del petrolio, questa inerte e fastidiosa fanghiglia.

Resistendo alla seconda, Gesù ci insegna il valore della conscenza umana: i miracoli perturbano l' ordine naturale ed un ordine naturale continuamente alterato è impossibile da conoscere. La parsimonia nei miracoli segnala allora una preoccupazione e una cura ben precisa.

Questa domenica il libertario gongola.

Il libertario è felice di sapere che non siamo solo atomi messi in formicolante agitazione da scosse elettriche, è rassicurato nel pensare alla sua libertà come ad un libero arbitrio. Si tratta pur sempre di qualcosa che ha messo al centro del suo sistema.

Il libertario è felice di sapere quanto conti la creatività umana, perchè anche il suo sistema la valorizza.

Il libertario è felice dell' enfasi posta sulla conoscenza, perchè quello è proprio il propellente ideale per far girare a mille il suo sistema.

Il libertario esce quindi felice dal Tempio, anche se piove e tira vento. Tanto c' è il Davide che regge l' ombrello e trasporta in auto una Marghe stranamente silente per tutta la funzione. Meno male, nella chiesetta di Comabbio non c' erano vie di fuga e in caso di emergenza/marghe la mia creatività avrebbe subito un' imbarazzata empasse.

Meditazione libertaria sull' Amaca del 13.3.2011

Leggere le cronache su alcune inchieste giudiziarie (vedi le recenti indagini sulla cosiddetta P4 e il faccendiere di Stato Bisignani) e capirci pochissimo è tutt' uno. La colpa non è dei giornalisti, che cercano di raccontare quello che riescono a sapere. Né dei giudici, che cercano di dissotterrare i reati da una spessa coltre di segreti e silenzi. La colpa (dal suo punto di vista un merito) è di un potere politico ed economico che mai come in questi anni è riuscito a rendersi imperscrutabile, opaco, fuori controllo. Riusciamo a capire solo che gli interessi, le alleanze, gli scontri che determinano molte delle scelte nevralgiche per la collettività (gli appalti, il controllo del credito, la spartizione dei profitti) agiscono in una zona d' ombra, al riparo di ogni forma di controllo istituzionale, di visibilità pubblica, insomma di democrazia. Molto poteree molti quattrini in poche mani, zero poteree pochi quattrini nelle mani di tutti gli altri. E' sempre stato così? Forse sì. Ma in un clima politico meno rassegnato, più integro, la scoperta della P2 destò, nell' Italia di allora, uno scalpore enorme. P3, P4 e domani P5 e P6 possono contare su un vantaggio enorme: la disarticolazione della politica e la nostra rassegnazione. Due facce della stessa medaglia.

Michele Serra - L' Amaca -

E cosa rende il potere politico ed economico "imperscrutabile, opaco e fuori controllo"?

Azzardo: il proliferare delle regole e l' abnorme ruolo assegnato alla politica.

E' difficile far confusione se esistono poche e semplici regole.

E' difficile assistere a commistioni se la politica non ha nè grandi dotazioni da barattare, nè grandi favori da elargire.

Ma "poche regole" e "poca politica" spaventano. Lo spettro del Far West si profila all' orizzonte delle menti più suggestionabili. Sono menti facilmente soggette ad un horror vacui della prescrizione, e sono "molte".

Il guaio è che poi giri l' angolo e questi "molti" te li ritrovi affaccendati nella stesura dell' ardente denuncia contro il potere "imperscrutabile, opaco e fuori controllo".

Ma come? Sono ancora loro? Partecipano sia alla Manifestazione che alla Contomanifestazione?

Già,le due "moltitudini" coincidono. Consoliamoci per lo meno pensando allo scampato conflitto.

E poi ti chiedi il perchè della massiccia conversione al moralismo. Costretti a scartare le soluzioni che funzionano non resta che "savonaroleggiare" invocando i Santi.

p.s. 1/ comincio le mie estemporanee "meditazioni" sull' Amaca domenicale. Cercavo un contraltare al Vangelo, un temperamento a me estraneo che concepisse di continuo idee a me estranee. Barbara Spinelli sarebbe stata l' ideale, non c' è nulla di più remoto che io riesca ad avvistare, ma la sua prosa fluviale non si prestava. Nella scrittura di Serra purtroppo c' è un versante che ammiro sinceramente e che offre resistenza alla mia ispirazione (non sarà un caso se ho letto parecchi libri di questo poetastro). Pazienza, i suoi francobolli repubblichini sono talmente confacenti alla bisogna che rinunciarvi è delitto.

p.s. 2/ avviso: me ne vado una settimana al mare prima che il nubifragio in corso porti il mare a me. Raggiungo le mie donnine a Varigotti e scusate se libero l' archivio con un postaggio a valanga. A presto.

martedì 15 marzo 2011

Le dimensioni contano

Parliamo di "dimensioni d' impresa", parlaimo di innovazione, parlaimo di capacità di creare lavoro.

Dispiace per Draghi ma la risposta è no. Conta la gioventù.

http://politicaleconomy.splinder.com/post/24298997#24298997

John Tierney sulla lagna degli sprechi

Sulla lagna degli sprechi: QUI

...Paradoxically, there could even be more emissions as a result of some improvements in energy efficiency, these economists say...

lunedì 14 marzo 2011

La triste sorte delle donne nei cda norvegesi

Norvegia?

"Gonne dorate", ecco il triste e inevitabile epiteto con cui ci si riferisce alle donne reclutate in forza di legge nei cda per fare presenza. E ti garantisco che non è propriamente elogiativo.

Ah, dimenticavo: in Norvegia il 98% degli amministratori delegati (ovvero coloro che decidono) è uomo. Praticamente un record. Siamo messi bene.

http://www.youtube.com/watch?v=pp_VqDB7_Po

Psico-Parlamento

Curioso l' ultimo libro di Felice Cimatti. Tesi: l' uomo è un Comunista Naturale (qui la stroncatura di Libero).

Mi sa che Cimatti unisca concetti diversi come quello di Copyright (oggetto astratto) e quello di proprietà privata (oggetto concreto). La critica al primo istituto si applicherebbe in automatico anche al secondo riaprendo la via al Comunismo. Veramente lui non parla proprio di Copyright ma di Linguaggio: se il linguaggio che usi è anche mio, perchè non dovrebbe esserlo anche la "tua" mano?

Rimanere perplessi è più che lecito in casi simili.

Con questo non volgio dire che naturalismo e ideologia non possano incrociarsi in modo proficuo. Penso alle ficcanti ricerche sui legami tra ideologia e psicologia naturale, specie dopo che agli studiosi hanno comniciato a segnalare la sorprendente flebilità del nesso tra interessi materiali e voto politico.

La suddivisione destra/sinistra sembra limitante, cerchiamo di costruire uno psico-parlamento avvalendoci di questo schemino che collega i Big Five della personalità all' ideologia professata (clicca per espandere):




Il libertario risulterebbe un tipo con molti contatti sociali ma pur sempre concentrato nel suo mondo, poco empatico, scrupoloso ed emotivamente stabile.

Tutta roba da approfondire, comunque, i conti che non quadrano sono ben esposti qui.

p.s. Riuscite ad immaginarlo Marchionne che concede una "serena" intervista alla radio pubblica rappresentata da Felice Cimatti? E Ricci che interloquisce amabilmente con l' imparziale Loredana Lipperini? Conoscendo i retroscena corre un brivido sulla schiena pensando a cosa sia in realtà la "voce di tutti".

Stereotipi sugli stereotipi

Nel momento in cui realizziamo di essere di fronte ad un serpente, cominciamo a comportarci in base a quel che sappiamo dei serpenti in generale... Allorchè veniamo a sapere che Tizio è un bibliotecario, cominciamo ad interagire con questa persona tenendo conto dell' idea che abbiamo delle biblioteche e dei bibliotecari... Noi, in generale, cerchiamo di etichettare ogni oggetto ed ogni persona che incontriamo al fine di regolare i nostri comportamenti nei suoi confronti sulla base di cio' che nella nostra conoscenza pregressa ricade sotto l' etichetta in questione... questo modo di procedere mediante "stereotipizzazione"... puo' essere considerata buona cosa?... La psicologia sociale ha elaborato in merito due risposte, entrambe ferme ed inequivocabili: No e Sì.

... la prima letteratura sostiene che usiamo troppi stereotipi, la seconda (stereotype fallacy) che li usiamo troppo poco lasciando che la nostra razionalità si faccia sviare focalizzandosi su casi singoli ed isolati... in merito gira per esempio la storiella della Volvo... avete appena letto su un affidabile giornale che per ogni 10000 utenti Volvo soddisfatti, solo 1000 si dichiarano delusi... la solidità di quest' auto è uno stereotipo che gira e la notizia sul giornale costituisce un rinforzo tutt' altro che sorprendente... è da tempo che considerate l' acquisto... senonchè, al bar, un vostro amico vi fa un vivido racconto dell' odissea che suo fratello ha passato con la sua Volvo... fermo in autostrada... con la macchina che andava a fuoco... i soccorsi che tardavano... milioni di danni... il figlioletto ferito... una causa lunga e complicata conclusasi senza alcun risarcimento... ecco, il singolo caso subito prende il sopravvento sullo stereotipo e rinunciate all' acquisto... La conclusione è scontata: esiste un problema di sottoutilizzo degli stereotipi..."

David Funder - in AAVV Stereotype accuracy -

***

Domande:

1. Coltivare stereotipi positivi su di Sè è la via maestra per coltivare stereotipi negativi sull' Altro?

2. Gli stereotipi sono rigidi?

3. Gli stereotipi sono la via verso il razzismo?

Risposte:

1. No, non esiste correlazione.

2. No, in genere mutano per approssimazioni successive.

3. No, sono la via verso qualsiasi tipo di conoscienza.

p.s. la prima domanda potrebbe essere formulata anche così: "l' etnocentrismo è una teoria valida?"

http://jonjayray.tripod.com/stereo.html

venerdì 11 marzo 2011

Omaggio alla sofferenza oscura del microchip

Oggi, dopo anni di duro e oscuro lavoro, mi ha abbandonato. Ti affezioni anche alle cose, perfino alle cose che non vedi ma sai che sono lì, che sgobbano ogni giorno al tuo fianco. Vorresti quasi rendergli onore.

Grazie vecchio mio, te la sei meritata... questa playlist è per te...



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"Escluso" forse è parola che sacrifica troppo alla sintesi.

Ma sicuramente, nei fatti, chi ha commesso una mancanza ha ricevuto un premio negato a chi ha sempre obbedito. Così come chi lavora otto ore, secondo la giustizia umana, non merita lo stesso salario di chi fa lo stesso lavoro per un ora.

Certo, vado ad intuito, ma anche l' intuito è prezioso e va preservato finchè si puo' recuperare intatto l' insegnamento. Io penso che per non rendere tortuoso il passo (e la cosa è fondamentale se ti rivolgi all' ateo), vada ammessa la presenza anche di una qualche forma di ingiustizia. In questo sono confortato anche dalla (bella) predica al Santuario di Rho.

Del resto la misericordia è qualcosa che va al di là della giustizia, se coincidesse con quella sarebbe poca cosa.

Il follow up, comunque, era solo un divertimento.

p.s. ieri su tv2000 hanno presentato l' ultimo libro di BXVI, c' era persino Claudio Magris. Poi dice che siamo costretti a guardare Santoro (o le veline).