domenica 31 ottobre 2010

Eppure

Eppure...

Ho letto "Resurrezione" di Lev Tolstoj, racconta di come sia dura la vita consumata in un carcere siberiano dove i prigionieri sono sottoposti a trattamenti disumani.

Ma, magari, di scandagliare la vita carceraria vi interessa poco, magari i trattamenti disumani vi turbano e vorreste tanto starne alla larga per godere al meglio il tepore di salottini accoglienti in cui parlare del più e del meno, magari le "vite consumate" non sono esattamente la vostra passione numero uno. Anche se è così, questo libro fa per voi, visto che "fa per tutti".

Tolstoj è stato "il più grande" proprio perchè, con lui, questo genere di paralogismi funziona a meraviglia.

Lui potrebbe parlar di tutto, potrebbe scrivere anche di cose irrilevanti anzi, irritanti, eppure continuerebbe a scrivere "il libro che fa per voi". "Per voi", bè, adesso non esageriamo. "Per me" sì però, di sicuro.

Prendiamo le sue proverbiali tensioni morali, ebbene, sono trapuntate da inesausti e continui guizzi di umorismo legati alle micro-tragedie della vita quotidiana.

Quando le prime stufano, e a me stufano quasi subito, arrivano immantinente i secondi, manco fossero il settimo cavalleggeri, manco il lettore fosse tutto cablato con sensori neuronali che rivelano solleciti i cali di attenzione.

Quando i secondi stuccano, sopraggiunge con tempismo l' agile ponzosità delle prime.

Se questa alternanza desse solo l' aria di ripetersi, il Maestro s' inventa dal nulla un terzo ingrediente facendo subito diventare oro qualsiasi cosa tocchi il suo pennino.

Per carità, lungi da me negare che alcuni inconvenienti arrivino a turbare un simile panorama idilliaco, per esempio: ad ogni finale ottocentesco si addice il crescendo, per ottenerlo è d' uopo non rompere il climax: ecco che allora anche i sapienti equilibri del Maestro devono cedere alle esigenze del Canone.

Fa niente, Tolstoj è talmente ricco che si puo' rimanere appagati da un suo libro anche espungendo un finale crucialissimo che sarebbe il punto di forza per chiunque altro.

E ve lo giura chi si giudica soddisfatto avendo letto il suo libro sulle carceri zariste eliminando la parte ambientata nelle carceri zariste, oltre che tutte le pagine in cui si parla di carceri zariste!

Per questo che è lui il più grande. Nel suo secolo, con Flaubert, è il più grande.

Non c' è nulla di lui che condivido, il suo disgusto per la modernità e i suoi infantili pacifismi renderebbero insopportabile qualsiasi adulto che osasse professarli con la sua iattanza.

Eppure...

Il Vangelo russificato come esce dalla sua rielaborazione contorta, avvelenato e indigesto come viene servito in cucine che sfornano a tutto spiano solo cibi sciapi, mi appare ampiamente travisato.

Eppure...

Le sue indignazioni, i suoi disgusti, le sue vergogne annoiano presto e si rivelano solo come il tipico furore conformista del sedicente "puro" ferito a morte dalla realtà, di chi si vede vittima in croce e non riesce a tirare avanti se non pensandosi in quel modo.

Eppure...

La passione per la filosofia ammorba non poche pagine della sua opera, piegandola spesso al didascalico resoconto di tiritere mediocri e di idee impiegatizie tipiche del pensatore di risulta.

Eppure...

La totalizzante interiorità indicata ripetutamente come unico valore ha la presa di certa reclame raffazzonata quando è in heavy rotation da sei mesi su tutte le più scalcagnate TV private.

Eppure...

La letteratura che veicola conoscenze e disvela realtà all' intelletto? Ma stando ai messaggi espliciti recapitati dal patriarca mi sento profondamente offeso pur nella mia medietà e nella mia intelligenza qualunque.

Eppure...

Eppure, se penso al suo rigo carnoso da cui cola muco, saliva e sangue; se penso al suo modo di far sorridere gli occhi di una comparsa, detrito che la Storia subito abbandonerà sull' argine; se penso alle sue ingiurie, di una ricercatezza addirittura strana; se penso ai suoi silenzi popolari, sempre decorati con colpi di tosse, soffiate di naso, pianti di moccioso; se penso alla gogna in cui incastra il suo nemico ideologico, illustrandone le tare che sono poi le naturali storture del Legno Umano cantate con voce stentorea; se penso a tutto questo, allora mi riconcilio in tempo reale e alzo convinto il mio peana di lettore convertito.

***

N.B. post incompiuto (ndr)

sabato 30 ottobre 2010

Meditazione sul Vangelo del 30-10-2010

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14

In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Il Vangelo ci parla di una "selezione".

Fin qui tutto bene, la cosa non ci scompone: l' uomo moderno vive in una società selettiva, la meritocrazia è al centro o dovrebbe essere al centro tutto, cio' è conforme alla nostra sensibilità.

Nel Vangelo dice qualcosa in più: il meriti si realizza accettando un invito. L' accoglienza passiva è sufficiente. Sarà un "let it be" a salvarci.

Per non opporsi al corso naturale delle cose occorre possedere la nozione di "naturale"; l' uomo moderno rischia di perdere una simile nozione, l' uomo moderno crede al caso e rischia una perdita della dimensione del "senso", dello "scopo". "Senso" e "scopo" sono termini senza i quali il "naturale" è impensabile.

Se con un martello pianto un chiodo, lo uso in modo "naturale"; se invece ci mangio la pastasciutta lo uso contronatura. Il perchè è presto detto: il martello è costruito allo scopo di piantare i chiodi, il suo senso è quello.

Molti uomini del nostro tempo non pensano che le cose abbiano un senso, non pensano che abbianom uno scopo, e quindi non sanno dare un significato alla parola "naturale", non sanno cosa sia un "diritto naturale". La parola "naturale" li mette a disagio.

E' una fortuna che il libertario, accanto al cattolico, sia fra i pochi ad avere ben chiara questa nozione essenziale.

P.S. Nella sua predica Don Cesare ha puntato l' attenzione sul commensale punito per non aver indossato l' Abito Nuziale. La punizione si giustifica per aver violato una regola rituale. Solo l' ingenuo pensa che una preoccupazione del genere rifletta un arcaismo, in realtà la nostra ragione la giustifica eccome. Gli autori moderni che più si sono spesi su questo punto sono i Nobel Thomas Schelling (teoria dei giochi) e August Fredrick von Hayek (ordine economico catallattico).

Appassionate resistenze

Un ricordo della prima guerra civile italiana.

venerdì 29 ottobre 2010

Soldi alla scuola? No, solo agli studenti

"Smettiamo di finanziare gli atenei perché possano 'comperare' i professori e finanziamo invece gli studenti, a condizione che si impegnino, affinché possano comperare dagli atenei servizi formativi "

http://www.swas.polito.it/services/Rassegna_Stampa/dett.asp?id=4028-130400535

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior...





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giovedì 28 ottobre 2010

Prima e dopo il Futuro

Il pragmatico affronta i problemi uno alla volta, così facendo gli capita spesso di aggravare i problemi che dovrà affrontare l' indomani.

Tuttavia il metodo pragmatico non puo' dirsi stupido: esiste pur sempre un futuro talmente lontano da invocare il disinteresse della persona ragionevole.

Senonchè, una volta fatte fuori le persone ragionevoli, questo futuro diviene terra di conquista per tutti gli altri, e i profeti ci dan dentro.

Vi dice niente la parolina "sostenibilità"? E' la più usurata dai profeti (di sventura) dell' ecologismo fanfarone.

Il profeta della "sostenibilità" è un disco rotto che nessuno riesce a spegnere, ripete ossessivamente che noi uomini del pianteta terra consumiamo troppe risorse e le risorse non sono infinite. Cosa avrebbe fatto, per esempio, l' uomo della pietra se fossero finite le pietre? Beh, a lui è andata bene, ma a noi? Occorre una "decrescita".

Si puo' cicalare all' infinito sul tema, lanciare allarmi e preconizzare catastrofi. Ma la persona con sale in zucca sa bene di dover osservare sul punto un silenzio annoiato.

Figuriamoci, i profeti della "sostenibilità" vorrebbero tassare chi consuma le risorse della Terra sottraendole alle generazioni future. Il discorso fa il suo effetto se pronunciato in una scenografia pertinente, nonndimeno resta un discorso assurdo: sarebbe come dire che dobbiamo arginare la produzione di musica (magari tassando fortemente i compositori) per fare in modo che anche le generazioni future possano essere "originali" in questo settore.

C' è poi un futuro che è dietro l' angolo e che sembra interessare meno i futurologi presbiti di cui ho appena parlato, un futuro in cui è difficile cullarsi comodamente nella propria ideologia, un futuro che non consente quel cicaleccio dionisiaco che tanto ci fa fremere, un futuro che non è razionale affrontare irrazionalmente.

Eppure sembra altrettanto catastrofico, ma trattandosi di catastrofi serie, non ha molte bocche disposte a parlarne e nemmeno molte orecchie disposte ad ascoltare: in questo caso lo sconcerto e la preoccupazione non sarebbero una "posa".

E' un futuro che interessa solo i lungimiranti.

Faccio un solo esempio prendendo a prestito le parole di Dario Di Vico:

"Ci sono alcune verità che tra gli addetti ai lavori hanno ampia circolazione e costituiscono addirittura la base di discussioni e contraddittori nei convegni o nelle tavole rotonde. Quelle stesse verità alcune volte si ha paura o pudore di farle uscire dal perimetro delle élite,e raccontarle al grande pubblico. In qualche caso chi fa questa scelta agisce in perfetta buona fede, «per non creare allarmismo sociale» si giustifica... Così facendo però la politica finisce per imitare il comportamento degli struzzi e viene meno ai suoi compiti. E allora proviamo a dirla una di queste verità: stiamo creando intere legioni di (futuri) pensionati poveri..."

... continua.

La sveglia al collo

Tagli, tagli, tagli, tagli, tagli.

Tremonti taglia e "qualcuno" stupisce e brontola.

Ma dov' è vissuto questo "qualcuno" fino ad oggi?

Ogni tre per due chi attraversa la città incoccia in cortei di studentelli sciammannati che si battono contro i "tagli" alla scuola. La TV trabocca di prefiche che si stracciano le vesti per i "tagli" alla sanità. Al telegiornale o a prima pagina non manca mai un "ricercatore barbone" moribondo che allunga il palmo della mano per pietire l' ultima elemosina: è uno spettacolo straziante che fa impennare l' audience più di Sarah.

A proposito della gabanelli, visto che ne abbiamo appena parlato, anche lei non manca di inzuppare il pane in questo latte caldo e rassicurante: Tremonti è photoshoppato pallido e con chiazze di sangue, in stile Edward Mani di Forbice.

La pratica del taglio - altrimenti nota agli amanti dell' understatement come "macelleria sociale" - ha sempre solleticato i più bassi istinti e quindi nella società dello spettacolo ruba l' "occhio di bue" anche alla cronaca nera che più nera non si puo'.

Altre noiose informazioni giacciono invece piuttosto trascurate nell' ombra delle redazioni. Annoiano, poverine, la loro sorte è quella.

Chi brontola non realizza per esempio che nel tempo che ho impiegato per scrivere il primo rigo di questo post (cinque parole, cinque secondi) il debito dell' Italia è cresciuto, nonostante i tagli, di quasi 14.000 euro.

Cresciuto! Non tagliato.

Ok? Ci siamo? Se lo sono messo in testa gli sciammannati? E le prefiche? E i ricercatori barboni moribondi? E adesso i loro conti quadrano ancora tutti come prima? Riescono ancora a reperire il dinamismo necessario per alimentare la loro battaglia di giustizia-libertà-verità-eccetera-eccetera?

Pensa forse il nostro "brontolone" che questo dato sia triviale?

Pensa forse questo signor "qualcuno" che sia petulante chi fa notare come il nostro debito cresca di 164.112 euro al minuto?

Non trova che sia un dato di cultura sapere che ogni italiano (neonati e ultracentenri compresi) ha sul groppone una quota di debito pubblico di oltre 30.000 euro per il solo fatto di esistere?

Beh, questo signor "qualcuno" - brontolone ignorante quando va bene, chiagnefottista quando va male -sarebbe meglio che affiancasse all' orologio del tinello che segna le ore una bella sveglia da mettersi al collo, quella che segna la crescita del debito della nazione minuto per minuto. Finalmente l' aggeggio è disponibile!

martedì 26 ottobre 2010

La beffa del Nobel

Che beffa!

Molti, tra cui l' Accademia svedese che cura l' assegnazione del Nobel per l' economia, sono tentati dall' interpretare il premio a Diamond come un premio dato per aver segnalato un' imperfezione del mercato che puo' giustificare un intervento statale. Ovverosia: più stato.

In realtà, l' Italia - come del resto tutta l' Europa - è talmente "indietro" nel collocamento delle risorse, che da noi le considerazioni di Diamond sono un invito a ridurre la presenza statale sul mercato del lavoro. Ovverosia: meno Stato.

Insomma, si auspicava un premio ad "internet" (la proposta era della rivista Wire) ed è arrivato un premio alle famigerate "agenzie interinali"

Immaginiamo un parcheggio di supermercato a più piani, con entrata da nord e uscita da sud. Supponiamo inizialmente che tutti i posti siano occupati. Poi dieci macchine lasciano il parcheggio uscendo da nord, mentre al tempo stesso dieci nuove macchine entrano da sud. Nel parcheggio ci saranno dieci posti liberi, e dieci macchine che cercano un posto ma ci mettono un po’ a trovarlo. L’idea di base delle teorie di Diamond, Mortensen e Pissarides è che la carenza e l’imperfezione delle informazioni nel mercato del lavoro (sui lavoratori disponibili e sui posti vacanti) faccia sì che in ogni istante possano coesistere, appunto, disoccupati e posti vacanti, come in un parcheggio in cui vi sono macchine che girano in cerca di posti vuoti.
E’ quindi possibile una situazione di equilibrio stabile con disoccupazione detta frizionale, perchè dipende dalle “frizioni” che impediscono un matching perfetto e immediato tra domanda e offerta. Secondo la teoria economica classica, invece, la disoccupazione non può permanere in equilibrio, perchè, se i salari sono flessibili, scendono fino a che le imprese sono disposte ad assumere tutti i disoccupati - così come, la sera, al mercato della frutta, i venditori abbassano i prezzi per vendere tutta la frutta che altrimenti verrebbe buttata via. Nella teoria di DMP la disoccupazione può rimanere in equilibrio anche con salari e prezzi flessibili.
La teoria di DMP ha implicazioni di policy immediate, che hanno contribuito alla sua fortuna: qualsiasi istituzione o intervento di politica economica che faciliti l’incontro tra chi cerca e chi offre posti vacanti riduce la disoccupazione di equilibrio. In Italia, negli ultimi quindici anni, sono stati adottate numerose misure di questo tipo: ad esempio l’abolizione del sistema del collocamento basato sulla chiamata numerica, l’introduzione del lavoro interinale, l’abolizione del monopolio statale del collocamento, a favore di centri per l’ impiego capaci di dare a tutti i lavoratori informazioni sui posti diponibili in tutto il Paese.


http://www.pietroichino.it/?p=10639

From all the children in the world

Il Jazz è una musica che offre un piano inclinato al pensiero favorendo una sorta di "regressione". I coinvolti in vicende jazzistiche finiscono di frequente per ordire un oscuro panegirico del "buon selvaggio".

Quando l' "innamorato del jazz" pensa al "buon selvaggio" pensa alla scimmia (Conte - esperto sia di innamorati che di Jazz - nelle sue canzoni porge sempre un omaggio all' uomo-scimmia).

L' altarnativa alla "Scimmia" è l' "Africano"; l' alternativa all' Africano è il "Bambino".

Molto spesso chi pensa e suona Jazz si pensa come Africano, poi come bambino, poi, in un crescendo di regressioni, come Scimmia.

Questa improntitudine fa vittime. Me ne viene in mente una a titolo esemplificativo. Quando Anthony Braxton - sassofonista più nero della pece ma anche scacchista e matematico - volle smarcarsi architettando un suono "neuronale", mal gliene incolse. Dicevano che... mancava di swing.

Una pervasiva antropologia tribalistica percorre come un brivido tutta la musica di Claudio Cojaniz e della sua NION (not in our name) Orchestra, basterebbe il manifesto contenuto nelle note di copertina a denunciarla:

"... il mondo è una grande clinica psichiatrica... sono stati immiseriti i nostri sogni (quelli del '68) a materia di spettacolo e siamo instupiditi dal controllo ideologico dei vari mass media e dal sistema bancario... potenti strategie persuasive hanno annichilito il nostro slancio più vitale ed autentico... dobbiamo immaginare un nuovo anti-fascismo artistico, con uno slancio che favorisca azioni anti-depressive: basta con la camomilla!... ci vuole una bevanda ad alta gradazione alcolica..."

Da sempre frequento persone che prendono un po' troppo sul serio questo genere di discorsi, ne ho visti parecchi spingersi fino al punto di credere sul serio a quel che dicevano, ne ho visto altri incontrare per strada le proprie metafore; la sensazione che ne riporti è spiazzante, gli ascolti, gli dài ragione annuendo mentre si sfogano... ma...

Ma fa niente, se è il prezzo per avvicinarsi ad una musica meritoria è questo, lo pago e ci lascio pure la mancia.



Claudio Cojaniz & NION Orchestra - Howl (African market) - Caligola

lunedì 25 ottobre 2010

Leghismo in salsa rosa

Il Grande Fratello prog-femminista è ancora al lavoro per manipolare la società manco fosse creta nelle sue mani.

Non rilascia ipnotiche malie linguistiche dai televisori, quelle semmai le denuncia con la complicità di esperti. Esperti in pagliuzze ma profani in fatto di travi.

Lui usa direttamente le armi da fuoco (tanto basta la minaccia), si fa prima ed è più comodo.

E poi, quando manipoli i corpi, nessuno potrà mai accusarti di manipolare le menti, che è la vera accusa infamante del nostro tempo.

Veniamo al dunque.

L' indignazione non è un sentimento che si addice ai liberali, in più i liberali sono quattro sparuti gatti. Maglio allora, sull' affair congedo parentale, l' asciutto resoconto di De Nicola. Lo sguardo, come al solito, è quello più semplice, quello che non riesce davvero a ravvisare indumenti sul corpaccione dell' orrido imperatore. Uno stralcio.

"... ancor'oggi, pur imperando un grande relativismo etico, non si rinuncia all'ingegneria sociale per indirizzare gli individui verso ciò che la cultura dominante considera virtuoso (anzi, politicamente corretto, la "virtù" è un valore anacronistico). Un esempio? La bizzarra proposta sull'obbligo di congedo paternale retribuito di due settimane approvata dal parlamento europeo e di cui si auspica l'adozione anche in Italia. Secondo il testo passato a Strasburgo, i padri non potrebbero per nessun motivo "cedere" le ferie alla madre e, alla nascita del bebè, dovrebbero starsene lontani dal lavoro (per ora la polizia non sorveglierà che i maschi stiano effettivamente a casa e non al bar).


Il primo impatto dell'innovazione sarà di aumentare i costi per le imprese e le casse dello stato senza alcun vantaggio né all'occupazione femminile (che, contrariamente alle leggende, in Italia sta inesorabilmente aumentando in proporzione a quella maschile) né al benessere complessivo. L'aspetto più irritante di questa nuova avanzata del progresso consiste comunque nella pretesa di non considerare le persone come individui responsabili delle proprie scelte e in grado di fare evolvere la società, ma come incapaci cui degli illuminati indichino cosa fare per raggiungere il Bene.


Un conto è infatti togliere barriere giuridiche e sociali a che ognuno possa scegliere liberamente (ad esempio, concedendo un quoziente di mesi di congedo per i genitori che tra loro sceglieranno come dividersi), un altro illudersi che le due settimane di ferie cambieranno le abitudini (negative e reazionarie!) del bracciante calabro o della casalinga di Voghera. Naturalmente in altri paesi la rivoluzione al femminile è avvenuta senza misure del genere (basti pensare agli Usa).

È la stessa logica alla base delle "quote rosa", ormai di prossima introduzione nei cda e collegi sindacali delle società quotate. Il merito, il talento, le preferenze (e anche il diritto a sbagliare da parte degli azionisti) sono variabili da eliminare, in attesa di introdurre quote per extracomunitari, minoranze etniche (con esatta differenziazione tra neri, asiatici e indios), gay, lesbiche, transessuali, obesi, brutti, cattolici, altri cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, appartenenti a diversi partiti politici (ah no, quella c'è già, si chiama lottizzazione) e, ovviamente, padani. Quelli leghisti, però, piacciono meno ai progressisti, cui interessa far le stesse discriminazioni purché politicamente corrette. Auguri."

Il Sole 24 Ore

Il metodo-lega fa proseliti; ma per lo meno i leghisti sono brutti, cattivi e (quindi) simpatici. Questi scherani intellettualoidi del mostro, invece, beccati con la smoking gun ancora in mano, passano subito al contrattacco infarcendoti un insopportabile predicozzo in cui il greve bigottismo si alterna con l' occhio di vacca.

N.B. in un precedente articolo De Nicola, il più idoneo, aveva spiegato ai bambini (ma sopratutto alle bambine) cosa sono le quote rosa. Sveglia bambine, non sceglietevi un magnaccia del genere! Con tanti bei ragazzi, non spostatevi con lo Stato.

Materialismo medico

William James calls that error "medical materialism". This "too simple-minded system … finishes up Saint Paul by calling his vision on the road to Damascus a discharging lesion of the occipital cortex, he being an epileptic. It snuffs out Saint Teresa as an hysteric." Paul may well have had an epileptic episode. But that's only to say that there is a biological component to all human experience. "Scientific theories are organically conditioned just as much as religious emotions are; and if we only knew the facts intimately enough, we should doubtless see "the liver" determining the dicta of the sturdy atheist as decisively as it does those of the Methodist under conviction anxious about his soul."

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/belief/2010/oct/25/william-james-religious-experiences

La Reginetta dei puntini di sospensione

Ostellino sulla Gabanelli.

Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico, che appuri, e lo dica, che l' ha comprata attraverso una legale società off shore, ma esportando illegalmente valuta, è un servizio all' opinione pubblica, che è giusto sappia di che pasta sono fatti i suoi rappresentanti. Guardare nelle tasche dei potenti, e denunciarne le eventuali illegalità, fa bene alla democrazia. Un' inchiesta giornalistica sulla villa all' estero di un uomo politico - che dica il falso, sostenendo che l' ha comprata esportando illegalmente valuta, per comprometterlo agli occhi dell' opinione pubblica - risponde all' interessato, se questi fa querela, davanti a un tribunale. Non è giornalismo, bensì propaganda politica, della quale il giornalista risponderà ai suoi lettori o telespettatori, che, da quel momento, saranno legittimati a non comprare più il giornale o non guardare la trasmissione televisiva sui quali è comparsa. Un' inchiesta giornalistica sulla villa di un uomo politico, che ne parli (solo) come oggetto in sé di pettegolezzo - allo scopo di suscitare nell' opinione pubblica «invidia sociale» e indurla alla riprovazione per l' esibizione di ricchezza - è un espediente demagogico per prendersela con i ricchi. Se l' inchiesta trascura, lasciandolo nel vago, come l' uomo politico l' ha comprata - inducendo l' opinione pubblica contraria a farne, senza prove, motivo di delegittimazione dell' uomo politico - è una mezza inchiesta. Siamo nel cattivo giornalismo, che la trascuratezza sia voluta o casuale.

Anche ad un osservatore distratto come me non sfugge la partigianeria della giornalista Gabanelli.

Fin qui nulla di male, gli imparziali sono di solito scipiti, i faziosi hanno una bella scorta di sale e spesso ne fanno un uso sapiente.

Oltretutto per lei lasciavo volentieri aperta una possibilità di salvezza, ovvero: c' è chi conduce in modo fazioso l' inchiesta che decide di condurre, c' è chi si limita a scegliere faziosamente l' inchiesta da condurre e c' è poi chi conduce le proprie inchieste fziose senza pretendere che siano le vittime a stipendiarlo.

Con beneficio d' inventario, e vista la superficialità delle mie visioni, lasciavo la Gabanelli nella seconda categoria, quella che racchiude i "faziosi" per tenerli al riparo dal contagio dei "faziosi impuniti", la prima categoria. Quanto alla terza, i faziosi a cui levare il cappello, non era purtroppo alla sua portata.

[... già, seconda categoria... per quanto, specie nel "caso Antigua", notassi l' uso ossessivo dei... puntini di sospensione. Non saprei come chiamarli: nell' horror ci sono inconfondibili musichette che adombrano un crimine terribile, nell' inchiesta giornalistica italiota ci sono... i puntini di sospensione (li ha inventati Lucarelli). Solo che nell' horror prima o poi la musica collassa e noi saltiamo sulla sedia, mentre l' inchiesta italiota punta tutto e solo sul presentimento dell' informato... uno stress nervoso privo di catarsi]

Ora pare proprio che Ostellino ci inviti a prendere in considerazione lo spostamento della Gabanelli nella prima categoria, la più infamante.

domenica 24 ottobre 2010

Meditazione sul Vangelo del 24.10.2010

Vangelo secondo Matteo 28, 16-20

"In quel tempo. Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

Il Vangelo di oggi ci chiama a convertire i popoli della Terra. Dobbiamo correre e rispondere con entusiasmo all' appello.

Ma cos' è una conversione? Tutti sanno come finisce, ma pochi sanno l' essenziale: come comincia.

Comincia con un cambio di paradigma culturale: la Conversione è nient' altro che l' esito felice di una colonizzazione culturale. I nostri missionari più consapevoli, secondo me quelli del PIME, lo sanno bene e il loro lavoro in Africa è finalizzato in primo luogo ad un rinnovamento delle stantie mentalità che imbrigliano le energie di quel continente.

Come procedere? Comincerei con l' annunciare al pagano del XXI secolo la Libertà e la Salvezza dell' Uomo.

I due concetti si condensano bene in un concetto centrale "individualismo".

Rodney Stark ci ricorda che la cristianità per prima ha introdotto la nozione di "individuo" attraverso quella di "libero arbitrio" e quella di "salvezza personale". Mai prima nella storia l' individuo e i suoi diritti erano stati pensati con tanta forza. Un' esclusiva che ci deve rendere orgogliosi e su cui dobbiamo fare leva.

C' è ancora tanta diffidenza verso l' individuo, sia nei laicisti che nei popoli lontani, penso alla promettente Asia, alla disperante Africa e alla deludente America Latina. Persino nei cattolici riscontro questa diffidenza.

Con un sospiro di sollievo dobbiamo constatere di vivere oggi tempi fausti, tempi in cui segnali di un nuovo "inizio" si moltiplicano, soprattutto in Asia.

Per dirla con Deidre McCloskey: "... cosa credete che verrà ricordato dei nostri anni, la crisi finanziaria del 2008 oppure il fatto che la Cina nel 1978 e l' India nel 1991 abbiano adottato, almeno in economia, le idee occidentali?"

E' qui che comincia la conversione, non ci resta che pregare e lavorare mantenendo la barra a dritta: una volta che il mondo avrà riconosciuto nell' individuo singolo il Figlio, presto riconoscerà anche il Padre.

sabato 23 ottobre 2010

Un Lexotan per Carducci

E' difficile che aprendo a casaccio il mio libro con le Poesie di Carducci si possano schivare le multiformi ire del focoso Aedo.

Riottoso e cieco come un ultras, è sempre impegnato a cospargere di sale le proprie ulcere.

Ora punge un Avversario, ora satireggia un Irrispettoso, poi schizza la caricatura di un Impertinente, a seguire oltraggia un Vanesio, dopo mette alla berlina un Pedante, o alla gogna un Garrulo.

Tutti Signori con nomi e cognomi, mica Allegorie.

Per farne fuori più che puo' non si risparmia neanche flirt satanici.

Il suo verso afflittivo è un ruggito che lo priva di forze preziose, non si è mai vista una semina di spine tanto infeconda. Il forumista tignoso conosce questo vortice esacerbante e sa di che parlo.

Io procedo indefesso nello spoglio, cerco affannosamente i pii bovi, ma mi ritrovo sommerso nella schiuma di artisticissimi 'vaffa.

Eppure si vede ad occhio nudo che il Vate avrebbe di meglio da fare.

Per esempio, in quel tempo aveva ancora in arretrato un un casino di versi immortali, evidentemente non avanzava mai un minuto per buttarli giù.

La sua natura gli imponeva delle priorità: ogni litigio andava meticolosamente portato a termine fino all' umiliazione pubblica della controparte.

Ogni screzio letterario andava lavato nel vindice inchiostro.

Basta stare un attimo a bearsi in compagnia di queste invettive per capire che l' Avversario, l' Irrispettoso, il Vanesio, il Garrulo, l' Impertinente e anche il Pedante, sono, probabilmente, miti e mediocri personaggi con cui usciresti piacevolmente a cena.

Il problema invece è lui, il Vate.

Il Vate ha tutta l' aria di contenere nel pancione un vorticoso movimento biliare. Di avere un petto "ove odio e amor mai non s' addorme".

Scosso da oscuri tumulti, flagellato dalla memoria dell' offesa ricevuta, spronato da ansie insinuanti, egli si aggira tra i suoi simili alla ricerca di imperfezioni che scatenino le sue furie maremmane. E ne trova a bizzeffe.

Questa spola fra rancori e tetraggini consumerebbe anche l' animo più temprato, lo consumerebbe fino all' inedia spirituale.

Com' è grama la vita di questi melanconici.

Com' è tapina quella di chi vive intorno a loro.

Non si puo' tirare avanti così. Urge una cura che raggeli al più presto la tempia tempestosa del pugnace infermo.

Come minimo, di fronte a casi similari, ci vorrebbe un bel Dio condiscendente che pianga insieme a noi, che creda alla nostra bua e ci dica premuroso che "poi passa".

Ma il nostro campione aveva avuto la bella pensata di buttarlo nel cesso fin da giovane, quel Dio, e di tirare lo sciacquone. Complimenti.

E non poteva essere che così vista la giovanile adozione del luterano dispitto verso l' "allegro Papa".

Con la sola compagnia del Gesù più duro ed austero della corrucciata Riforma, il morale non conosce grandi impennate. E' cosa nota.

***

Però Carducci si salvò. Si salvò con la medicina della "Classicità".

Due pasticche al giorno di questa pillola e la frenetica ruminazione del Maestro si bloccò.

La Classicità offre mille rimedi al collerico.

Innanzitutto la Morte.

La Morte ha la tendenza a rendere piuttosto imperturbabili, a raggelare la pupilla, a domare l' abito fiero.

In queste condizioni gli sdegni si fanno di molto meno ardenti.

E se proprio non vuoi morire subito, puoi sempre temporeggiare facendo una capatina al camposanto.

Non sai come è cool una bella promenade fra le lapidi adamantine del Cimitero romito tra le argentate nebbie sfumanti, magari a Bolgheri. E' proprio lì che il Poeta vide la sua Rosebud.

Se poi possiedi una certa capacità di "ascolto", puo' darsi che perfino i cipressi attacchino a sussurrare tranquillizzanti mentre ti augurano l' "a presto arrivederci".

Anche l' Avello ti strizza l' occhio come un vecchio amico.

Questo attrezzo imprescindibile della palestra carducciana ha virtù defatigante, specie per chi conosceva un' unica orazione ("Signor, chiamami a te: stanco son io: pregar non posso senza maledire").

Ogni forma di necrofilia si coniuga a meraviglia con la "Classicità", la quale ha la virtù di riproporcela nella sua variante più fresca ed impassibile, eludendo così il lato stancante della faccenda (che puo' essere lasciato ai Romantici): quello del meditabondo sotto le rovine con il teschio in mano.

In secondo luogo la "Classicità" ti consente di frequentare le donne. Da lontano.

Devi solo darci dentro con l' epistola.

Cantare le seducenti armonie del corpo, i divini accenti del labbro, l' aulentissima cute, e tutto questo senza avere sempre nelle orecchie il trillo citofonico delle note ingiunzioni. Una buona capacità immaginifica basta e avanza.

Alla loro persistente recriminazione penseranno i mariti (in genere ex romantici senza talento).

La carriera del Poesta Classicista è allietata da diverse gite fuori porta. Tra una georgica e una bucolica si sta sempre immersi nella rilassante countryside.

Se il lento giro dell' occhiata bovina si volge a noi, non sentiamo affatto quella frenetica interpellanza che ci collocava subito a debito di una risposta piccata, o di un chiarimento brillante.

Possiamo sincronizzarci con il rilassante ritmo della paziente pecora, possiamo concederci un calmo colloquio con la pensosa quercia, possiamo escutere un testimone sempliciotto come l' ignaro asinello.

Optare per il Classico consente anche di mettere spesso e volentieri le gambe sotto il tavolo. Buona tavola, ma sopratutto Vino, non devono mai difettare.

Quale miglior modo per sperimentare in corpore vivi il pagano oblio?

Da ultimo, ampie dosi di "Classicità" ti consentiranno in quattro e quattr' otto di divenire Poeta Nazionale.

La cosa ha i suoi vantaggi.

Eccellente rifugio per disfarsi di ogni vitalismo e simulare già da ora, in Cerimonie e Occasioni Ufficiali, il cadavere che saremo.

Da "Poeta Nazionale" puoi permetterti di abitare solo il pianeta della Retorica (patriottica) e quello della Metrica. Due meravigliosi pianeti senza ossigeno, dov' è bandita ogni forma di vita.

Cosa c' è di più salutare per un iracondo naturale?

***

C' è chi è spinto verso la Classicità dalla natura dei suoi talenti. C' è chi invece sbarca su quei lidi con le piaghe aperte e con il solo intento di applicarsi l' impacco del fiore di loto che prospera lussureggiante.

C' è chi pensa alla Classicità come ad un palcoscenico dove sfilano armonie da ammirare con l' occhio del geometra, e chi la assume invece come camera di decompressione dove regredire ad una sospirata meccanicità catatonica.

Carducci, fortunantamente, appartiene alla seconda genia.

E' anche per questo motivo che "mi riguarda" e che posso tranquillamente continuare a leggerlo senza rimorsi. Riguarda anche voi?

Accordarsi nel disaccordo

La gente ama discutere ma quasi sempre non va d' accordo, magari persino su questioni dove pensa siano implicate delle verità oggettive.

Non solo, capita spesso che più discuta più profondi divengano i disaccordi.

Sono infiniti gli argomenti problematici: Dio, la morale, il calcio, l' influenza dei media sul voto alle elezioni, la meccanica quantistica, l' altezza dell' uomo che è appena passato, la bellezza di Isabelle Huppert...

La gente non va d' accordo, e magari, dopo aver constatato il disaccordo, non è nemmeno imbarazzata; stranamente non stupisce. Si è abituata ad avere opinioni divergenti.

E' del parere che il disaccordo sia un esito del tutto naturale, anche tra "specialisti". La gente trova un suo "equilibrio" nel disaccodo; in altre parole: concorda nel fatto di non concordare.

Ci si stringe cavallerescamente la mano nel rispetto reciproco: si concorda nel disaccordo e si vive appagati.

Eppure, chi ha approfondito la questione trova stravagante che una discussione possa concludersi così.

Di più, la teoria ci dice chiaramente che un equilibrio del genere è impossibile (Teorema dell' impossibilità di Aumann).

Si puo' solo essere d' accordo di essere d' accordo, ma non si puo' essere d' accordo di non essere d' accordo.

[.. Inutile riprendere la teoria ufficiale (avevo già dedicato un post al tema), per capire in modo intuitivo come procede basti considerare come in una comunità di persone ragionevoli lo sport delle scommesse fatichi a prendere piede: se c' è qualcuno che accetta la scommessa che propongo, allora c' è qualcosa che non va nelle credenze che stanno alla base della mia proposta...]

Per capire poi dove risieda la fonte dei disaccordi, basta verificare l' ipotesi violata tra quelle che Aumann pone a base del suo teorema.

Due persone, Giovanni e Giuseppe, disputano su un argomento. Se:

H1. G&G sono bayesiani... se:

H2. G&G sono honest-truth-seeking... se:

H3. G&G hanno "conoscenza comune" (sanno esattamente cosa pensa l' altro)... se:

H4. G&G hanno "principi comuni" (credono la stessa cosa se informati nello stesso modo)...

... allora G&G devono per forza di cose giungere nel merito ad un accordo su tutta la linea. E lo stesso quando passano alla questione successiva. E via così all' infinito, finchè non saranno d' accordo su tutto.

Perchè allora nel mondo reale, nonstante la logica, la gente non concorda e sembra pacificata nel rispettivo dissentire? Evidentemente qualche ipotesi non tiene.

H1 stabilisce semplicemente che i due disputanti siano ragionevoli. Se Giuseppe ammettesse di non esserlo, saremmo a cavallo, la spiegazione è bell' e pronta. Ma penso che tra i contendenti, pochi siano disposti a tanto.

Di H2 avevo già accennato dicendo che puo' avere un peso. Ma, in genere, chi non è un "honest-truth-seeking" finisce in qualche modo per ammetterlo, anzi, per rivendicarlo, e le cose si chiariscono. Certo, magari si evita la definizione di "disonesto" per ripiegare verso una terminologia più edulcorata.

Ad ogni modo H2 puo' essere sempre una pista da battere per trovare l' accordo pieno: nella discussione che precedeva Davide ha detto di essere ben felice di fare da custode al "tabù" dello schiavismo (ha ragione è una funzione sociale preziosissima), e questo è stato estremamente illuminante.

Neanche H3 presenta grandi problemi: due honest-truth-seeking, nel corso della discussione, arriveranno presto a condividere la propria conoscenza. A meno che qualcuno sia reticente, se non bugiardo. Ma se G&G sono honest-truth-seeking, difficilmente saranno reticenti.

Inoltre, due honest-truth-seeking, se discutono intimamente, realizzeranno prima o poi quella che i logici chiamano "conoscenza profonda": io so cio' che tu sai che io so che tu sai che io so... Una conoscenza essenziale per il teorema.

H4 sembra davvero essere l' ipotesi cruciale. Ma decifrare H4 è meno semplice di quanto si pensi.

G&G possono avere "principi diversi" ed essere entrambi ragionevoli?

Ponete il caso di due giudici che con le stesse identiche informazioni a disposizione sono chiamati a giudicare lo stesso caso. Ammettiamo poi che le loro sentenze finali divergano in modo antitetico.

Se rispondiamo di "sì" alla domanda appena posta dobbiamo anche tollerare il fatto che entrambe le sentenze possano essere sia conclusive che perfettamente valide.

Una concessione che turberebbe chiunque.

Eppurre per molti - chiamiamoli "discrezionalisti" - avere punti di partenza differenti è lecito, in sè non viola alcuna norma razionale.

In un certo senso la posizione dei "discrezionalisti" ci sembra di comprenderla: chi parte da premesse differenti giungerà a conclusioni differenti. Attenzione però a non lasciarsi sedurre da una simile cosiderazione, significherebbe travisare H4, ovvero non aver compreso cosa intendiamo per "principio".

Ogni "principio" responsabile del dissidio tra Giovanni e Giuseppe puo' essere a sua volta messo in discussione e cessare così di essere un "principio" che differenzia le posizioni dei due.

Dopo la discussione, infatti, per effetto ancora una volta del teorema di Aumann, non esisterà più un disaccordo sulla validità di quello che prima Giovanni e Giuseppe consideravano un "principio" divisorio.

Per questo dicevo che l' interpretazione di H4 (comunemente nota come CPA = common priors assumption) non è immediata.

Alla fine della fiera c' è solo un principio che mette tutti "d' accordo sul disaccordo" esistente, ed è il principio: "Io sono infallibile".

Da notare che da un principio del genere si puo' coerentemente costruire un florilegio di verità del tipo: "Io sono infallibile e io dico X".

Se Giovanni sostine il principio per cui "Giovanni è infallibile" e Giuseppe sostiene il principio per cui "Giuseppe è infallibile", i due probabilmente non andranno d' accordo su una certa questione ma potranno stringersi la mano perchè sono d' accordo sulla fonte del proprio disaccordo.

[E' lo stesso motivo per cui se Giovanni si sente infallibile troverà il modo di scommettere con il Giuseppe che si sente infallibile, anche se entrambi sono e si riconoscono individui razionali]

In effetti se Giovanni e Giuseppe si ritengono infallibili, eludono il teorema di Aumann e si presentano al pubblico come due persone perfettamente razionali che hanno concluso una discussione mantenendo il proprio disaccordo.

Possiamo considerare due persone del genere piuttosto "presuntuose"? Beh, direi di sì.

Mi sembra di poter chiudere affermando che la maggior parte dei disaccordi deriva da insincerità e da presunzione.

Sai che scoperta.

E la cura?

L' introspezione è l' unica che mi viene in mente.

POSTILLA

La Chiesa Cattolica nel postulare l' infallibilità papale è presuntuosa?

Sembrerebbe proprio di sì.

Ma faccio notare solo un elemento a discarico: il teorema di Aumann è eluso da chi postula la propria infallibilità ma non per questo disdegna l' infallibilità in quanto tale.

Anzi, il terema di Auman ci dice che una volta concluse le discussioni avremo a disposizione una verità determinata in modo infallibile.

O meglio, ci si è avvicinati alla verità il più possibile, il che lo possiamo questa volta affermare in modo infallibile e concordemente. Non è certo presuntuoso usare qui quell' aggettivo!

Certo, occorre avere un briciolo di fede nel fatto che la ragione umana, se correttamente esercitata, possa avvicinarsi alla verità.

Certo, bisogna che si chiuda la "Discussione Universale" e che convergano, come necessariamente devono convergere, tutte le opinioni degli uomini ragionevoli.

Ma il Papa non è a capo del "cattolicesimo"? Ma "Cattolico" non significa proprio "universale"?

Bene, spero che questi siano indizi che ci consentano di elaborare un' interpretazione feconda del termine "infallibile", sarebbe un' interpretazione facilmente comprensibile alla ragione ma soprattutto alternativa ad un' interpretazione ben più problematica.

Un link con link interessanti: http://www.overcomingbias.com/2006/12/agreeing_to_agr.html