Relativista = Pacifista? Calma...
Secondo l' antropologia culturalista, non solo le norme variano da società a società ma tutte le norme, regole, credenze sono il prodotto della cultura dalla quale emergono; non vi è nulla di buono, vero e giusto in sè. Clifford Geertz, per esempio, sostiene che ci sono solo "verità culturali". Questa concezione è rinforzata dalla sensibilità "relativista" della cultura contemporanea. Ma non si creda che questo genere di relativismo diffuso ci ponga al riparo dai conflitti. Samuel Huntigton, forse il maggior rappresentante insieme a Levy Strauss di questo stile d' approccio allo studio dell' uomo, identifica nelle differenze culturali il germe di una inevitabile conflittualità. Il relativismo culturale (= i giudizi umani sono plasmati dall' ambiente culturale in cui il singolo cresce) ha ispirato e legittimato molte argomentazioni che hanno poi invaso le scienze umane come ad esempio quella secondo la quale "voi di destra" (o "voi di sinistra"), o "voi che provenite da quel posto", o "voi che avete quell' estrazione sociale", ecc. dunque "voi" non potete che avere in mente idee false e pericolose. Con il relativismo la domanda si sposta dal "che cosa" al "chi", la discussione spesso cessa per lasciare il posto al monologo. La rottura con l' ipotesi della razionalità umana viene definitivamente consumata..."
Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali non amano il liberalismo - Rubettino
venerdì 13 agosto 2010
giovedì 12 agosto 2010
Dopo due anni...
E finalmente, dopo oltre un paio d' anni, approda anche in Italia sulla prima pagina di un giornale importante il racconto della crisi finanziaria come volevamo sentirlo da subito.
L a crisi finanziaria, di cui si compie un triennio, ha avuto una radice comune sia negli Stati Uniti che in Europa: la corruzione della politica. Oltre Atlantico si consentì che Wall Street diventasse il maggior finanziatore delle campagne elettorali americane e così acquisisse il potere di dettare le proprie regole al Congresso. Nel contempo i governi premevano sulle banche perché concedessero mutui a tutti, inclusi molti immigrati recenti. Consentire a queste famiglie di acquistare una casa e realizzare in pochi anni il loro «sogno americano» fu una priorità sia delle amministrazioni di Bill Clinton che di George W. Bush. Poco male se questo incrinava la solidità delle banche: bastava blandire i banchieri consentendo loro di attribuirsi compensi favolosi. In Germania i presidenti dei Länder spingevano le casse di risparmio, di cui sono i maggiori azionisti, a concedere prestiti a condizioni di favore alle aziende della loro regione. Poiché alla fine dell' anno gli stessi politici esigevano anche ricchi dividendi, i banchieri facevano tornare i conti investendo in titoli molto rischiosi: obbligazioni greche e mutui americani. Non è un caso che le poche banche che non hanno superato i test di solidità patrimoniale effettuati dalla Bce sono tutte pubbliche. La proprietà pubblica impedisce l' apertura al mercato e rende difficile rafforzare il patrimonio quando ciò si rende necessario: è la situazione del Monte dei Paschi di Siena, che pur avendo superato il test, rimane pericolosamente vicino alla soglia di capitale minima richiesta. Pensare che la crisi sia stata prodotta da un eccesso di mercato, dalla finanza, o dalla globalizzazione, è una sciocchezza, sostenuta da chi ha interesse a evitare che si sottolineino le responsabilità della politica
Non è che l' unica somiglianza con il 1929 consiste nella mitologia che ha circondato l' evento?
L a crisi finanziaria, di cui si compie un triennio, ha avuto una radice comune sia negli Stati Uniti che in Europa: la corruzione della politica. Oltre Atlantico si consentì che Wall Street diventasse il maggior finanziatore delle campagne elettorali americane e così acquisisse il potere di dettare le proprie regole al Congresso. Nel contempo i governi premevano sulle banche perché concedessero mutui a tutti, inclusi molti immigrati recenti. Consentire a queste famiglie di acquistare una casa e realizzare in pochi anni il loro «sogno americano» fu una priorità sia delle amministrazioni di Bill Clinton che di George W. Bush. Poco male se questo incrinava la solidità delle banche: bastava blandire i banchieri consentendo loro di attribuirsi compensi favolosi. In Germania i presidenti dei Länder spingevano le casse di risparmio, di cui sono i maggiori azionisti, a concedere prestiti a condizioni di favore alle aziende della loro regione. Poiché alla fine dell' anno gli stessi politici esigevano anche ricchi dividendi, i banchieri facevano tornare i conti investendo in titoli molto rischiosi: obbligazioni greche e mutui americani. Non è un caso che le poche banche che non hanno superato i test di solidità patrimoniale effettuati dalla Bce sono tutte pubbliche. La proprietà pubblica impedisce l' apertura al mercato e rende difficile rafforzare il patrimonio quando ciò si rende necessario: è la situazione del Monte dei Paschi di Siena, che pur avendo superato il test, rimane pericolosamente vicino alla soglia di capitale minima richiesta. Pensare che la crisi sia stata prodotta da un eccesso di mercato, dalla finanza, o dalla globalizzazione, è una sciocchezza, sostenuta da chi ha interesse a evitare che si sottolineino le responsabilità della politica
Non è che l' unica somiglianza con il 1929 consiste nella mitologia che ha circondato l' evento?
mercoledì 11 agosto 2010
Maestri del sospetto
La difesa del liberalismo va di pari passo con la difesa del buon senso, ce lo ricorda Raymond Boudon quando parla di psicologia:
"Il liberalismo concepisce l' uomo come un essere ragionevole mosso da passioni e interessi comprensibili, chiamerei questa psicologia "ordinaria". Da Aristotele a Smith l' approccio non cambia, anche Weber ha insistito sul fatto che le scienze sociali debbano considerare le credenze e i comportamenti come comprensibili. Secondo la psicologia ordinaria noi siamo in grado di "comprendere" le ragioni dei Romani come quelle degli Ebrei del I secolo, le ragioni dei calvinisti come quelle dei puritani, le ragioni dei santi e quelle degli assassini. Con Freud, qualcosa cambia, la "psicologia ordinaria" viene sostituita dalla "psicologia dell' inconscio": le credenze del soggetto verrebbero costruite dall' astrusa macchina dell' inconscio, la quale nasconde le sue astuzie al soggetto, ma non all' intellettuale. Anche il positivismo rafforzò questo genere di approccio: siccome la scienza si occupa solo del "visibile", non ha senso considerare gli "stati di coscienza". Il principio di fondo è lo stesso e consiste nel dire che le credenze e i comportamenti individuali hanno la loro origine in forze materiali che sfuggono al controllo del soggetto. Gli strutturalisti, in seguito, si uniformarono su questa linea: l' uomo è sovrastato da misteriose strutture sociali che lo guidano come una marionetta. C' è sempre qualcosa "dietro" quello che facciamo, i maestri anti-liberali sono sempre anche "maestri del sospetto e del complotto". L' antropologia non rimase indietro, e infatti la cosiddetta antropologia culturalista si appropria del paradigma anti-liberale postulando che l' essere umano sia il prodotto della cultura del suo ambiente. Per queste ragioni molti considerano oggi le scienze umane come mere discipline destinate a correggere il "senso comune". I "maestri del sospetto" hanno a lungo dominato la scena del Novecento scalzando i "maestri del liberalismo". Trascurando la nozione di "autonomia", tanto cara a Kant e al liberalismo, il positivismo sta dietro alla sua emarginazione. Si tratta di schemi di pensiero che valorizzano molto il ruolo degli intellettuali poichè solo l' intellettuale è in grado di superare gli illusionismi del buon senso e guidare le masse sulla retta via..."
Da quanto detto si capisce bene come mai gli economisti siano rimasti gli unici intellettuali a presidiare le posizioni liberali: l' Homo Economicus è l' uomo razionale per eccellenza.
"Il liberalismo concepisce l' uomo come un essere ragionevole mosso da passioni e interessi comprensibili, chiamerei questa psicologia "ordinaria". Da Aristotele a Smith l' approccio non cambia, anche Weber ha insistito sul fatto che le scienze sociali debbano considerare le credenze e i comportamenti come comprensibili. Secondo la psicologia ordinaria noi siamo in grado di "comprendere" le ragioni dei Romani come quelle degli Ebrei del I secolo, le ragioni dei calvinisti come quelle dei puritani, le ragioni dei santi e quelle degli assassini. Con Freud, qualcosa cambia, la "psicologia ordinaria" viene sostituita dalla "psicologia dell' inconscio": le credenze del soggetto verrebbero costruite dall' astrusa macchina dell' inconscio, la quale nasconde le sue astuzie al soggetto, ma non all' intellettuale. Anche il positivismo rafforzò questo genere di approccio: siccome la scienza si occupa solo del "visibile", non ha senso considerare gli "stati di coscienza". Il principio di fondo è lo stesso e consiste nel dire che le credenze e i comportamenti individuali hanno la loro origine in forze materiali che sfuggono al controllo del soggetto. Gli strutturalisti, in seguito, si uniformarono su questa linea: l' uomo è sovrastato da misteriose strutture sociali che lo guidano come una marionetta. C' è sempre qualcosa "dietro" quello che facciamo, i maestri anti-liberali sono sempre anche "maestri del sospetto e del complotto". L' antropologia non rimase indietro, e infatti la cosiddetta antropologia culturalista si appropria del paradigma anti-liberale postulando che l' essere umano sia il prodotto della cultura del suo ambiente. Per queste ragioni molti considerano oggi le scienze umane come mere discipline destinate a correggere il "senso comune". I "maestri del sospetto" hanno a lungo dominato la scena del Novecento scalzando i "maestri del liberalismo". Trascurando la nozione di "autonomia", tanto cara a Kant e al liberalismo, il positivismo sta dietro alla sua emarginazione. Si tratta di schemi di pensiero che valorizzano molto il ruolo degli intellettuali poichè solo l' intellettuale è in grado di superare gli illusionismi del buon senso e guidare le masse sulla retta via..."
Da quanto detto si capisce bene come mai gli economisti siano rimasti gli unici intellettuali a presidiare le posizioni liberali: l' Homo Economicus è l' uomo razionale per eccellenza.
martedì 10 agosto 2010
Il sorpasso
C' è un momento in cui Bruno Cortona non riesce più a "cambiar discorso", un momento in cui non riesce a "minimizzare"; in quel momento i "fastidi del reale" non sono liquidabili con una battuta o una faccina.
E' quando fissa la scarpata ligure dove è precipitata la spider con a bordo il Mariani.
Lì Bruno Cortona guarda in faccia la realtà, e la realtà gli dice forte e chiaro che doveva morire lui, che sarebbe stato perfetto se fosse morto lui, un cerchio giottesco si sarebbe chiuso tra gli applausi, tutto al posto giusto: la sua storia, la storia del Mariani, la storia dell' Italia rinascente dalla guerra.
Ma non sarebbe stato perfetto il film, che diventa un capolavoro grazie al sigillo di quella faccia, grazie alla fedeltà ad un reale che non ama le simmetrie.
Quando arriva il poliziotto Bruno ha già ripreso il suo controllo, sa di nuovo dire il suo "lasciatemi in pace", sa di nuovo farsi rimbalzare il mondo addosso: "è uno che ho conosciuto ieri". Sa di nuovo stare solo con il suo dolore, recupera da maestro l' unico vero istinto del coatto: non condividere.
Bruno Cortona è in esilio, la vita è dura e lui si è auto-condannato al confino. La superficialità, la fuga, il divertimento sono la prigione che si è scelto. Una prigione mobile: non puo' fermarsi se non vuole assistere al penoso spettacolo di una stima guadagnata artificiosamente grazie ad un gesto istrionico e quindi condannata a scemare sotto la minaccia di un rapporto umano che si approfondisce.
Bruno Cortona è un uomo spacciato, sa di essere spacciato, sa che deve scappare se non vuole perdere definitivamente cio' che lascia (per esempio la figlia), scappare verso luna park sempre più iridiescenti. Bruno Cortona è un uomo braccato, sa di essere braccato, è sapiente nella sua superficialità e si turba per un attimo solo quando si accorge che la sorte, in uno scambio di persona sconcertante, ha preso il Mariani anzichè lui.
Forse aveva capito che il Mariani costituiva la sua ultima missione nel mondo reale; l' occasione di farci una capatina dal suo faticosissimo esilio; e lui, come noi, aveva un gran bisogno di realtà, di mondo. Molto più che di divertimento.
Questa era davvero un' occasione d' oro: alla miscela perfetta del Mariani mancava solo l' ingrediente che lui possedeva in abbondanza. Il Mariani sarebbe stato il suo capolavoro nel mondo, la sua cratura.
Ma questa missione, anzichè annunciarsi all' inizio della storia, si annuncia alla fine, quando tutto è già bruciato. L' umanità di Cortona non possiede più la modalità del progetto ("alla giornata"), ma possiede ancora quella dell' illuminazione.
La faccia sconcertata del Cortona ai bordi dell' Aurelia è la faccia di colui al quale ora non resta altro che il tunnel inquietante del divertimento nella fuga. Un dramma contemporaneo scritto quasi mezzo secolo fa.
link
E' quando fissa la scarpata ligure dove è precipitata la spider con a bordo il Mariani.
Lì Bruno Cortona guarda in faccia la realtà, e la realtà gli dice forte e chiaro che doveva morire lui, che sarebbe stato perfetto se fosse morto lui, un cerchio giottesco si sarebbe chiuso tra gli applausi, tutto al posto giusto: la sua storia, la storia del Mariani, la storia dell' Italia rinascente dalla guerra.
Ma non sarebbe stato perfetto il film, che diventa un capolavoro grazie al sigillo di quella faccia, grazie alla fedeltà ad un reale che non ama le simmetrie.
Quando arriva il poliziotto Bruno ha già ripreso il suo controllo, sa di nuovo dire il suo "lasciatemi in pace", sa di nuovo farsi rimbalzare il mondo addosso: "è uno che ho conosciuto ieri". Sa di nuovo stare solo con il suo dolore, recupera da maestro l' unico vero istinto del coatto: non condividere.
Bruno Cortona è in esilio, la vita è dura e lui si è auto-condannato al confino. La superficialità, la fuga, il divertimento sono la prigione che si è scelto. Una prigione mobile: non puo' fermarsi se non vuole assistere al penoso spettacolo di una stima guadagnata artificiosamente grazie ad un gesto istrionico e quindi condannata a scemare sotto la minaccia di un rapporto umano che si approfondisce.
Bruno Cortona è un uomo spacciato, sa di essere spacciato, sa che deve scappare se non vuole perdere definitivamente cio' che lascia (per esempio la figlia), scappare verso luna park sempre più iridiescenti. Bruno Cortona è un uomo braccato, sa di essere braccato, è sapiente nella sua superficialità e si turba per un attimo solo quando si accorge che la sorte, in uno scambio di persona sconcertante, ha preso il Mariani anzichè lui.
Forse aveva capito che il Mariani costituiva la sua ultima missione nel mondo reale; l' occasione di farci una capatina dal suo faticosissimo esilio; e lui, come noi, aveva un gran bisogno di realtà, di mondo. Molto più che di divertimento.
Questa era davvero un' occasione d' oro: alla miscela perfetta del Mariani mancava solo l' ingrediente che lui possedeva in abbondanza. Il Mariani sarebbe stato il suo capolavoro nel mondo, la sua cratura.
Ma questa missione, anzichè annunciarsi all' inizio della storia, si annuncia alla fine, quando tutto è già bruciato. L' umanità di Cortona non possiede più la modalità del progetto ("alla giornata"), ma possiede ancora quella dell' illuminazione.
La faccia sconcertata del Cortona ai bordi dell' Aurelia è la faccia di colui al quale ora non resta altro che il tunnel inquietante del divertimento nella fuga. Un dramma contemporaneo scritto quasi mezzo secolo fa.
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Perchè gli intellettuali non amano il liberalismo?
Alcuni intellettuali sono animati da una sorta di "libido sciendi", ma altri sono "militanti" (combattono per l' affermazione di alcuni valori), altri ancora sono alla ricerca di visibilità... Cosa succede, dunque? All' inizio si determinano nelle società liberali dei fatti che sono percepiti come "importanti" e che richiedono una spiegazione. Se questi fatti danno l' impressione di mettere in evidenza alcuni errori della società, l' intellettuale militante prende la palla al balzo per riproporre schemi esplicativi tratti dalle tradizioni illiberali.. Se la sua denuncia è SEMPLICE, corredata da "BUONE INTENZIONI" e difficilmente CONFUTABILE, circolerà ampiamente tra i media senza incontrare aperta critica: "E' tanto semplice che lo capirebbe anche un bambino" canta un celebre brano a firma BrechtWeill (Lob des Kommunismus)". Dovrei aggiungere che i più comuni schemi illiberali, nel non riconoscere autonomia all' individuo, hanno avuto anche i loro meriti: la psicanalisi ci ha insegnato come certe esperienze infantili si ripercuotano sulla personalità dell' individuo; il marxismo ci ha insegnato un deverso modo di scrivere la storia, lo srutturalismo ha chiarito le ragioni che stanno dietro certi divieti; il positivismo ha diffuso un certo ethos per la scienza...". Cio' che non ha funzionato, rispeto alle soluzioni liberali, è stata l' assolutizzazione dell' approccio..."
Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali odiano il liberalismo - Rubettino
Raymond Boudon - Perchè gli intellettuali odiano il liberalismo - Rubettino
lunedì 9 agosto 2010
Ferie provvidenziali
Perchè il 90% dei guadagni di borsa si realizza in Agosto, quando il Parlamento chiude per ferie?
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domenica 8 agosto 2010
Sterilità degli arpedonapti
Quali sono le condizioni sociali che sollecitano lo sviluppo rigoglioso delle Scienze?
E qui ognuno dice la sua, esce di tutto e il contrario di tutto.
Ma alcune voci sono più autorevoli, si tratta di quelle voci comandate da cervelli che perlomeno conoscono a menadito la storia della scienza. Sentiamo allora Alexandre Koyrè:
"vedo tre condizioni: 1) molto tempo libero per gli uomini, 2) culto dell' astrazione e della verità e 3) prestigio sociale per chi si dedica al culto dell' astrazione e della verità. La storia ci insegna, per qualcuno potrebbe essere una sorpresa, che lo sviluppo scientifico è disconnesso dalle attività pratiche. Non sono stati gli arpedonapti egiziani, che dovevano misurare i campi della valle del Nilo, ad inventare la geometria: sono stati i Greci, i quali non avevano proprio nulla di significativo da misurare. I primi si sono fatti bastare rudimentali quanto ingegnose ricette pratiche. Del pari non sono stati i Babilonesi, che credevano fermamente nell' astrologia e nel suo vaticinio, a raffinare le leggi astronomiche, ma altri che avevano solo il gusto della conoscenza. Io so che le tre condizioni di cui sopra sono decisive, ma non so quale ambiente sociale sia più propizio per ricrearle, quindi direi che la risposta al quesito resta inevasa"
Alexandre Koyré - Filosofie e storia delle scienza - Mimesis
Interessante. Mi sembra che la diffusione della religione in tutti gli ambiti della discussione pubblica (culto della verità) e le continue sottili dispute teologiche (culto dell' astrazione), facciano della società medioevale un' incubatrice adeguata per lo sviluppo della scienza.
E qui ognuno dice la sua, esce di tutto e il contrario di tutto.
Ma alcune voci sono più autorevoli, si tratta di quelle voci comandate da cervelli che perlomeno conoscono a menadito la storia della scienza. Sentiamo allora Alexandre Koyrè:
"vedo tre condizioni: 1) molto tempo libero per gli uomini, 2) culto dell' astrazione e della verità e 3) prestigio sociale per chi si dedica al culto dell' astrazione e della verità. La storia ci insegna, per qualcuno potrebbe essere una sorpresa, che lo sviluppo scientifico è disconnesso dalle attività pratiche. Non sono stati gli arpedonapti egiziani, che dovevano misurare i campi della valle del Nilo, ad inventare la geometria: sono stati i Greci, i quali non avevano proprio nulla di significativo da misurare. I primi si sono fatti bastare rudimentali quanto ingegnose ricette pratiche. Del pari non sono stati i Babilonesi, che credevano fermamente nell' astrologia e nel suo vaticinio, a raffinare le leggi astronomiche, ma altri che avevano solo il gusto della conoscenza. Io so che le tre condizioni di cui sopra sono decisive, ma non so quale ambiente sociale sia più propizio per ricrearle, quindi direi che la risposta al quesito resta inevasa"
Alexandre Koyré - Filosofie e storia delle scienza - Mimesis
Interessante. Mi sembra che la diffusione della religione in tutti gli ambiti della discussione pubblica (culto della verità) e le continue sottili dispute teologiche (culto dell' astrazione), facciano della società medioevale un' incubatrice adeguata per lo sviluppo della scienza.
sabato 7 agosto 2010
Rocco e i suoi fratelli
Chesterton dice che il mondo non è logico, ma non è neppure illogico. Volendolo proprio definire in relazione alla logica, diremo che è una trappola per logici. Per questo, secondo lui, la visione cristiana s' impone.
Prendiamo un caso: non esiste modo di conciliare Giustizia e Perdono. Se perdoni, il colpevole non paga. Al contrario, la Giustizia non puo' che essere spietata.
Eppure, chi nega la grandezza del Perdono? E chi osa disprezzare la civiltà della Giustizia?
Ieri sera ho rivisto Rocco e i suoi fratelli. Non me lo lascio mai sfuggire, resta per me un grande capolavoro della settima arte.
Sapete com' è, mi piacciono quei film dove ad ogni sequenza posso dire: "ecco quel sentimento che sembra tanto strano e mostruoso, l' ho provato anch' io". Mi piacciono quei film in bianco e nero dove, mentre li vedi, ad un certo punto puoi dire: "Ei, ma io abito là in fondo a destra!" "ei ma su quel ponte mi faccio un' ora di coda al giorno"...
In questo film il miracolo della conciliazione si compie: Ciro (Giustizia) e Rocco (Perdono) si amano, si rispettano, si capiscono e convivono miracolosamente nella stessa famiglia contribuendo a rafforzarla.
Simone è la pecora nera della famiglia, Rocco vuole perdonarla, Ciro vuole giustiziarla. Senza mai bisogno di dirlo, ciascuno comprende le ragioni dell' altro.
Rocco, in cui ribolle il sangue arcaico della Basilicata (a Milano meglio nota come "africa"), sa che ogni struttura sociale si fonda su un sacrificio. Simone è il capro e noi dobbiamo rendergli onore.
Forse ha letto Girard, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo del figliol prodigo.
Ciro, in cui stagna un sangue milanesizzato, sa che ogni struttura sociale si fonda sulla responsabilità. Simone ha mancato e deve pagare.
Forse ha letto Weber, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo dell' Apocalisse.
Dove, se non nel Vangelo e nella famiglia Parondi, si conciliano tanto bene Giustizia e Perdono?
Acthung: questa conciliazione non si realizza tramite pedanti armonie. C' è conflitto vivo e scoppiettante nel rispetto e nell' ammirazione reciproca.
---- un paio di dubbi regalati dal film dopo la dodicesima visione--------
Simone poteva salvarsi?
Io penso di sì: non ingannino i suoi comportamenti estremi, è il tipico istinto a degradarsi che l' immaturo prova non appena le cose non girano per il verso giusto.
Nadia ha delle colpe? Simone si mette con lei quando non è ancora una persona matura (sbuffa come una locomotiva mentre guarda i film d' amore con la fidanzata che sospira). Perchè Nadia non lo "aspetta"?
Sembrerebbe assurdo pretenderlo, eppure noi ammiriamo Rocco proprio perchè è sempre pronto ad attendere la maturazione del fratello. Il dovere dell' amore è forse richiesto più al fratello che alla fidanzata?
Non penso che un simile dubbio possa avere mai risposta; forse non è nemmeno giusto tentarla.
Ma c' è una cosa che colpisce: se Nadia vuole essere protagonista, allora deve accettare la macchia della colpa. In caso contrario diventa solo una circostanza ambientale, un elemento della scenografia. Un portato della Provvidenza al pari della nevicata notturna, tanto per intenderci, quella che mette di buon umore i terroni neo-immigrati: l' indomani in Municipio ci sarà lavoro per tutti come spalatori.
Certo che Nadia è il personaggio più disgraziato del dramma: deve sacrificarsi come e più di San Rocco ma deve farlo controvoglia, e quindi senza aurea di santità. Forse è lei il vero capro espiatorio: la persona che soffre di più e che noi possiamo permetterci ancora di accusare sui titoli di coda, come se il film non ci avesse insegnato nulla.
Nadia è un Cristo (e infatti muore in croce all' Idroscalo) che non puo' mai abbandonarsi nelle braccia del Padre dicendo un: "sia fatta la tua volontà", un Cristo che conosce solo le lacrime di sangue del Getsemani.
Qui sotto il film è visibile per intero.
Prendiamo un caso: non esiste modo di conciliare Giustizia e Perdono. Se perdoni, il colpevole non paga. Al contrario, la Giustizia non puo' che essere spietata.
Eppure, chi nega la grandezza del Perdono? E chi osa disprezzare la civiltà della Giustizia?
Ieri sera ho rivisto Rocco e i suoi fratelli. Non me lo lascio mai sfuggire, resta per me un grande capolavoro della settima arte.
Sapete com' è, mi piacciono quei film dove ad ogni sequenza posso dire: "ecco quel sentimento che sembra tanto strano e mostruoso, l' ho provato anch' io". Mi piacciono quei film in bianco e nero dove, mentre li vedi, ad un certo punto puoi dire: "Ei, ma io abito là in fondo a destra!" "ei ma su quel ponte mi faccio un' ora di coda al giorno"...
In questo film il miracolo della conciliazione si compie: Ciro (Giustizia) e Rocco (Perdono) si amano, si rispettano, si capiscono e convivono miracolosamente nella stessa famiglia contribuendo a rafforzarla.
Simone è la pecora nera della famiglia, Rocco vuole perdonarla, Ciro vuole giustiziarla. Senza mai bisogno di dirlo, ciascuno comprende le ragioni dell' altro.
Rocco, in cui ribolle il sangue arcaico della Basilicata (a Milano meglio nota come "africa"), sa che ogni struttura sociale si fonda su un sacrificio. Simone è il capro e noi dobbiamo rendergli onore.
Forse ha letto Girard, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo del figliol prodigo.
Ciro, in cui stagna un sangue milanesizzato, sa che ogni struttura sociale si fonda sulla responsabilità. Simone ha mancato e deve pagare.
Forse ha letto Weber, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo dell' Apocalisse.
Dove, se non nel Vangelo e nella famiglia Parondi, si conciliano tanto bene Giustizia e Perdono?
Acthung: questa conciliazione non si realizza tramite pedanti armonie. C' è conflitto vivo e scoppiettante nel rispetto e nell' ammirazione reciproca.
---- un paio di dubbi regalati dal film dopo la dodicesima visione--------
Simone poteva salvarsi?
Io penso di sì: non ingannino i suoi comportamenti estremi, è il tipico istinto a degradarsi che l' immaturo prova non appena le cose non girano per il verso giusto.
Nadia ha delle colpe? Simone si mette con lei quando non è ancora una persona matura (sbuffa come una locomotiva mentre guarda i film d' amore con la fidanzata che sospira). Perchè Nadia non lo "aspetta"?
Sembrerebbe assurdo pretenderlo, eppure noi ammiriamo Rocco proprio perchè è sempre pronto ad attendere la maturazione del fratello. Il dovere dell' amore è forse richiesto più al fratello che alla fidanzata?
Non penso che un simile dubbio possa avere mai risposta; forse non è nemmeno giusto tentarla.
Ma c' è una cosa che colpisce: se Nadia vuole essere protagonista, allora deve accettare la macchia della colpa. In caso contrario diventa solo una circostanza ambientale, un elemento della scenografia. Un portato della Provvidenza al pari della nevicata notturna, tanto per intenderci, quella che mette di buon umore i terroni neo-immigrati: l' indomani in Municipio ci sarà lavoro per tutti come spalatori.
Certo che Nadia è il personaggio più disgraziato del dramma: deve sacrificarsi come e più di San Rocco ma deve farlo controvoglia, e quindi senza aurea di santità. Forse è lei il vero capro espiatorio: la persona che soffre di più e che noi possiamo permetterci ancora di accusare sui titoli di coda, come se il film non ci avesse insegnato nulla.
Nadia è un Cristo (e infatti muore in croce all' Idroscalo) che non puo' mai abbandonarsi nelle braccia del Padre dicendo un: "sia fatta la tua volontà", un Cristo che conosce solo le lacrime di sangue del Getsemani.
Qui sotto il film è visibile per intero.
venerdì 6 agosto 2010
Lo scienziato sociale
Uno scienziato ancora senza laboratorio.
Forse meglio affidarsi a "ragione" e "buone ragioni". Forse meglio limitarsi a spiegare che a prevedere?
Forse meglio affidarsi a "ragione" e "buone ragioni". Forse meglio limitarsi a spiegare che a prevedere?
I disperati
"Definire la scienza è impresa disperata e forse nemmeno auspicabile, il miglior modo per penetrare i suoi misteri è quello di dedicarsi allo studio meticoloso di singoli casi paradigmatici cercando di illustrarne il funzionamento"
Alexandre Koyrè - Filosofia e storia delle scienze - Mimesis
Interessante.
Ancor più interessante è andare a vedere a chi serve "definire la scienza", chi ha necessità di "imprese disperate" come questa.
Chi sono i "disperati", quelli per cui non esistono emoticons adeguate?
Non certo gli scienziati, a loro "definire la scienza" non serve.
Rintracciare i "disperati" è abbastanza semplice, sono quelli che anzichè "fare scienza" non fanno altro che alzare il ditino ammonendo che "lo dice la scienza". Sono i fanatici dell' ipse dixit moderno. Sono quelli che, per esempio, anzichè studiare l' evoluzionismo applicandolo nei loro campi, perdono tempo ad esaltare la "scientificità" della teoria. Anziche contribuire all' autorevolezza della scienza, la sfruttano. Hanno un disperato bisogno che la scienza sia "ufficiale" al fine di redigere programmi scolastici, programmi ministeriali e altre forme di indottrinamento e controllo. Più che la Scienza a questi "disperati" serve l' "ufficialità" con cui redigere le loro gazzette, serve come il pane per poterti dichiarare "ufficialmente" irrazionale, e successivamente pazzo da internare.
Il vero insegnamento della scienza non consiste nelle sue conclusioni (sempre da rivedere se non da capovolgere) ma nel diritto alla concorrenza, ovvero nel rispetto per l' opinione minoritaria, poichè in questa instabilità della conoscenza sappiamo che domani potrebbe rivelarsi vincente.
Un vero trauma per chi invece anela ad una "Gazzetta ufficiale della Scienza" proprio per affossare e reprimere l' opinione minoritaria conculdandole ogni diritto.
Tra parentesi, Alexandre Koyrè, forse il massimo epistemologo degli ultimi secoli, mostrò come la caratteristica saliente della Scienza moderna del XVII secolo (Galileo, Newton...) non sia affatto il legame con il metodo sperimentale. Sorpresa? La Scienza moderna è innanzitutto teoria, ricerca della Verità. La scienza moderna è matematizzazione del mondo: una vera rivincita di Platone su Aristotele e sui pragmatisti.
Alexandre Koyrè - Filosofia e storia delle scienze - Mimesis
Interessante.
Ancor più interessante è andare a vedere a chi serve "definire la scienza", chi ha necessità di "imprese disperate" come questa.
Chi sono i "disperati", quelli per cui non esistono emoticons adeguate?
Non certo gli scienziati, a loro "definire la scienza" non serve.
Rintracciare i "disperati" è abbastanza semplice, sono quelli che anzichè "fare scienza" non fanno altro che alzare il ditino ammonendo che "lo dice la scienza". Sono i fanatici dell' ipse dixit moderno. Sono quelli che, per esempio, anzichè studiare l' evoluzionismo applicandolo nei loro campi, perdono tempo ad esaltare la "scientificità" della teoria. Anziche contribuire all' autorevolezza della scienza, la sfruttano. Hanno un disperato bisogno che la scienza sia "ufficiale" al fine di redigere programmi scolastici, programmi ministeriali e altre forme di indottrinamento e controllo. Più che la Scienza a questi "disperati" serve l' "ufficialità" con cui redigere le loro gazzette, serve come il pane per poterti dichiarare "ufficialmente" irrazionale, e successivamente pazzo da internare.
Il vero insegnamento della scienza non consiste nelle sue conclusioni (sempre da rivedere se non da capovolgere) ma nel diritto alla concorrenza, ovvero nel rispetto per l' opinione minoritaria, poichè in questa instabilità della conoscenza sappiamo che domani potrebbe rivelarsi vincente.
Un vero trauma per chi invece anela ad una "Gazzetta ufficiale della Scienza" proprio per affossare e reprimere l' opinione minoritaria conculdandole ogni diritto.
Tra parentesi, Alexandre Koyrè, forse il massimo epistemologo degli ultimi secoli, mostrò come la caratteristica saliente della Scienza moderna del XVII secolo (Galileo, Newton...) non sia affatto il legame con il metodo sperimentale. Sorpresa? La Scienza moderna è innanzitutto teoria, ricerca della Verità. La scienza moderna è matematizzazione del mondo: una vera rivincita di Platone su Aristotele e sui pragmatisti.
giovedì 5 agosto 2010
C' è Ulisse, ma c' è anche Gianburrasca
Ulisse oggi vuole tornare ad Itaca costi quel che costi, ma sa già che domani al ritorno preferirà di gran lunga il canto delle sirene.
Gianburrasca stasera vuole ardentemente partecipare ad una festa, per quanto domani lo aspetti un esame cruciale. Sa anche che in futuro il suo desiderio di spassarsela sarà oscurato da quello di ottenere il diploma.
Ulisse decide di evitare le sirene mettendosi i tappi di cera nelle orecchie ed esentando l' equipaggio dall' obbedienza.
Gianburrasca decide di stare a casa a studiare.
Sono due storie plausibili? A me sembra di sì. Non mi scandalizzerei se qualcuno me le raccontasse.
Eppure qualcuno si scandalizza, parlo di chi crede che noi siamo motivati solo dal desiderio.
Costoro trovano irrazionale la storia di Gianburrasca: se nel momento della decisione si desidera fare X, si farà X.
Infatti Ulisse, nel momento in cui architetta il suo piano, desidera tornare in patria e architetta un piano per conseguire il suo obiettivo.
Gianburrasca desidera invece andare alla festa. E' sconcertante che al termine di un semplice calcolo, decida di rinunciarvi.
Evidentemente, per quanto molti lo neghino, anche la ragione puo' motivare.
Gianburrasca stasera vuole ardentemente partecipare ad una festa, per quanto domani lo aspetti un esame cruciale. Sa anche che in futuro il suo desiderio di spassarsela sarà oscurato da quello di ottenere il diploma.
Ulisse decide di evitare le sirene mettendosi i tappi di cera nelle orecchie ed esentando l' equipaggio dall' obbedienza.
Gianburrasca decide di stare a casa a studiare.
Sono due storie plausibili? A me sembra di sì. Non mi scandalizzerei se qualcuno me le raccontasse.
Eppure qualcuno si scandalizza, parlo di chi crede che noi siamo motivati solo dal desiderio.
Costoro trovano irrazionale la storia di Gianburrasca: se nel momento della decisione si desidera fare X, si farà X.
Infatti Ulisse, nel momento in cui architetta il suo piano, desidera tornare in patria e architetta un piano per conseguire il suo obiettivo.
Gianburrasca desidera invece andare alla festa. E' sconcertante che al termine di un semplice calcolo, decida di rinunciarvi.
Evidentemente, per quanto molti lo neghino, anche la ragione puo' motivare.
Inconvenienti del fanatismo
Letto in un recente dibattito nella blogsfera:
"... Io mi reputo relativista (forse). Son talmente intriso di relativismo, da non reputare neppure sicuro d’essere io a scriverti in questo momento...".
Mi ha fatto venire in mente un passaggio del buon Chesterton che infilza con grazia questa fauna:
"... intorno al Cristianesimo si assiste oggi ad un fenomeno curioso; la volontà dei suoi neminci di combatterlo con tutte le armi possibili, comprese quelle spade che tagliano le loro stesse dita, o quei tizzoni ardenti che bruciano le loro case. Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell' umanità e finiscono per gettare via sia l' umanità che la libertà, pur di combattere la Chiesa. Conosco un uomo così accanito nel dimostrare che non avrà nessuna vita personale dopo la morte da ridursi ad affermare di non averne neppure ora. Al fine di provare che non puo' andare in Cielo finisce per provare che non puo' andare neppure a Rogoredo. Ho conosciuto persone che protestavano contro l' educazione religiosa adducendo argomenti contrari a qualsiasi educazione, dicendo che la mente dei bambini deve crescere libera o che i vecchi non devono insegnare ai giovani. Ho conosciuto persone che dimostravano che non vi puo' essere un giudizio divino dimostrando come corollario che non vi puo' essere nemmeno alcun giudizio umano, nemmeno sulle questioni più pratiche. Pur di mettere a fuoco la Chiesa, costoro hanno dato alle fiamme il loro stesso grano, pur di sfasciarla hanno sfasciato i loro stessi arnesi, Noi non ammiriamo nè scusiamo il fanatico che distrugge questo mondo per amore dell' altro. Ma che dire del fanatico che distrugge questo mondo in odio all' altro?..."
"... Io mi reputo relativista (forse). Son talmente intriso di relativismo, da non reputare neppure sicuro d’essere io a scriverti in questo momento...".
Mi ha fatto venire in mente un passaggio del buon Chesterton che infilza con grazia questa fauna:
"... intorno al Cristianesimo si assiste oggi ad un fenomeno curioso; la volontà dei suoi neminci di combatterlo con tutte le armi possibili, comprese quelle spade che tagliano le loro stesse dita, o quei tizzoni ardenti che bruciano le loro case. Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell' umanità e finiscono per gettare via sia l' umanità che la libertà, pur di combattere la Chiesa. Conosco un uomo così accanito nel dimostrare che non avrà nessuna vita personale dopo la morte da ridursi ad affermare di non averne neppure ora. Al fine di provare che non puo' andare in Cielo finisce per provare che non puo' andare neppure a Rogoredo. Ho conosciuto persone che protestavano contro l' educazione religiosa adducendo argomenti contrari a qualsiasi educazione, dicendo che la mente dei bambini deve crescere libera o che i vecchi non devono insegnare ai giovani. Ho conosciuto persone che dimostravano che non vi puo' essere un giudizio divino dimostrando come corollario che non vi puo' essere nemmeno alcun giudizio umano, nemmeno sulle questioni più pratiche. Pur di mettere a fuoco la Chiesa, costoro hanno dato alle fiamme il loro stesso grano, pur di sfasciarla hanno sfasciato i loro stessi arnesi, Noi non ammiriamo nè scusiamo il fanatico che distrugge questo mondo per amore dell' altro. Ma che dire del fanatico che distrugge questo mondo in odio all' altro?..."
mercoledì 4 agosto 2010
Proibire la corrida?
C' è chi lamenta una grettezza dell' approccio utilitarista in queste faccende.
Ma è davvero così? Vediamo di approfondire, magari cominciando a dire che ci sono vari tipi di utilitarismo.
innanzitutto noto che l’ alternativa proibire/consentire non è mai simmetrica come sembrerebbe: se si proibisce la quantità dei tori ammazzati è ZERO, punto e basta. La soluzione caldeggiata dai proibizionisti è in effetti una soluzione grezza.
La soluzione anti-proibizionista è molto meno grezza: il numero dei tori ammazzati varia a seconda della felicità dei soggetti (umani). Si paga per partecipare alla corrida. E si puo’ pagare anche per boicottarla. Un penny, un voto.
Certo, bisogna accettare che l’ infelicità dei tori si rifletta e venga pesata dall’ infelicità degli animalisti, quelli che pagano per risparmiare i tori. Personalmente accetto questa ipotesi che per molti è invece problematica.
Gli animalisti non vogliono la corrida?: se la comprino. Gli hemigwayani ne vanno matti?: se la comprino.
Per sfuggire alla grettezza l’ esito dovrebbe soppesare le offerte, ma la premessa è l’ anti-proibizionismo
Ma è davvero così? Vediamo di approfondire, magari cominciando a dire che ci sono vari tipi di utilitarismo.
innanzitutto noto che l’ alternativa proibire/consentire non è mai simmetrica come sembrerebbe: se si proibisce la quantità dei tori ammazzati è ZERO, punto e basta. La soluzione caldeggiata dai proibizionisti è in effetti una soluzione grezza.
La soluzione anti-proibizionista è molto meno grezza: il numero dei tori ammazzati varia a seconda della felicità dei soggetti (umani). Si paga per partecipare alla corrida. E si puo’ pagare anche per boicottarla. Un penny, un voto.
Certo, bisogna accettare che l’ infelicità dei tori si rifletta e venga pesata dall’ infelicità degli animalisti, quelli che pagano per risparmiare i tori. Personalmente accetto questa ipotesi che per molti è invece problematica.
Gli animalisti non vogliono la corrida?: se la comprino. Gli hemigwayani ne vanno matti?: se la comprino.
Per sfuggire alla grettezza l’ esito dovrebbe soppesare le offerte, ma la premessa è l’ anti-proibizionismo
martedì 3 agosto 2010
La scelta
La mia fede è una decisione che prendo applicando certi criteri: guardacaso sono gli stessi criteri che adottiamo per eleggere la miglior teoria scientifica in campo. Tolomeo spiega esattamente cio' che spiega Copernico, ma noi consideriamo la teoria di Copernico vincente in quanto più semplice. La fede in Dio e il materialismo spiegano tutto, ma Dio offre spiegazioni più semplici.
Il materialista crede che la Scienza finirà, o che comunque potrebbe finire: esiste un algoritmo complessissimo ed ignoto che spiegherebbe tutto senza ricorrere ad entità sovraumane. Il credente pensa invece che la Scienza sia una ricerca continua: solo una mente dalle capacità infinite (ovvero sovraumane) conosce tutto e la esaurisce.
Per quanto ne sappiamo entrambi potrebbero avere ragione. E allora, chi privilegiamo?Poniamoci la domanda fatidica: quale tra queste due visioni è la più semplice?
Prendiamo a titolo d' esempio queste due affermazioni.
1) "Conosco (o potrei conoscere) X" (dove X è l' algoritmo complessissimo di cui sopra)
2) "Conosce tutto"
1 è affermazione più complessa di 2. X è già di per sè un concetto estremamente complesso. "Tutto" e "infinito", per contro, sono concetti molto semplici, comprensibili anche dai bambini.
Per le stesse ragioni per cui a Tolomeo preferisco Copernico, faccio prevalere la Fede sul Materialismo.
Richard Swineburne
A me il professore convince.
Il materialista crede che la Scienza finirà, o che comunque potrebbe finire: esiste un algoritmo complessissimo ed ignoto che spiegherebbe tutto senza ricorrere ad entità sovraumane. Il credente pensa invece che la Scienza sia una ricerca continua: solo una mente dalle capacità infinite (ovvero sovraumane) conosce tutto e la esaurisce.
Per quanto ne sappiamo entrambi potrebbero avere ragione. E allora, chi privilegiamo?Poniamoci la domanda fatidica: quale tra queste due visioni è la più semplice?
Prendiamo a titolo d' esempio queste due affermazioni.
1) "Conosco (o potrei conoscere) X" (dove X è l' algoritmo complessissimo di cui sopra)
2) "Conosce tutto"
1 è affermazione più complessa di 2. X è già di per sè un concetto estremamente complesso. "Tutto" e "infinito", per contro, sono concetti molto semplici, comprensibili anche dai bambini.
Per le stesse ragioni per cui a Tolomeo preferisco Copernico, faccio prevalere la Fede sul Materialismo.
Richard Swineburne
A me il professore convince.
Sinceri democratici
C' è qualcosa che nella mia giovinezza non sono mai riuscito a capire, ovvero dove mai la gente abbia preso l' idea che la Democrazia sia in qualche modo opposta alla Tradizione. Per me è ovvio che la Tradizione non è altro che la Democrazia estesa attraverso il tempo, è una democrazia in cui il diritto di voto viene esteso ai nostri avi. La Tradizione non è una pratica del passato ma una pratica STABILE del passato: non puo' esserci stabilità senza consenso.
G. K. Chercheston
Libertà e tradizione. La libertà come valore, la tradizione come frutto della libertà passata. Si puo' essere sinceri democratici senza avere il culto della tradizione? A lume di logica sembrerebbe problematico.
G. K. Chercheston
Libertà e tradizione. La libertà come valore, la tradizione come frutto della libertà passata. Si puo' essere sinceri democratici senza avere il culto della tradizione? A lume di logica sembrerebbe problematico.
Suicidio del pensiero
L' evoluzionismo è un buon esempio di quell' intelligenza moderna che distrugge se stessa. L' evoluzionismo è un' innocente descrizione scientifica di come avvengono certi fenomeni terrestri; oppure, se è qualcosa di più, è un attacco al pensiero stesso. Non alla religione, si badi bene, ma al pensiero. Se l' evoluzionismo vuole dirci che una cosa concreta chiamata scimmia si è mutata lentamente in un' altra cosa concreta chiamata uomo, allora è innocuo anche per il più ortodosso dei cattolici. Dio puo' benissimo fare le cose più lentamente o più velocemente (cosa cambia?), specialmente il Dio cristiano che è fuori dal tempo. Ma semmai significasse qualcosa di più, allora significherebbe che non c' è nemmeno una cosa chiamata scimmia da mutare, nè una cosa chiamata uomo in cui qualcosa d' altro potrebbe mutarsi; non esisterebbero più cose che siano cose pensabili, al limite c' è una cosa sola, un unico fluido in eterna mutazione, qualcosa che comprenderebbe il nostro stesso pensiero. Chiunque si accorge che questo non è un attacco alla fede ma alla mente: non si puo' pensare se non ci sono più cose da pensare, non si puo' pensare se non c' è un distacco minimo dalla cosa a cui pensare. Cartesio disse: "penso dunque sono", l' evoluzionista divenuto filosofo dice: "non sono dunque non posso pensare".
G. K. Chesterton
Le solite cose... ma dette con la classe di un maestro.
G. K. Chesterton
Le solite cose... ma dette con la classe di un maestro.
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