In epoca post basagliana, pendolare su e giù riserva sempre incontri interessanti...
ht: matteo bordone
venerdì 9 aprile 2010
giovedì 8 aprile 2010
Il Dio dell' Ignoranza e il Dio della Conoscenza
Kenneth Miller è uno dei massimi biologi viventi, la sua difesa dell' evoluzionismo dagli attacchi promossi dai sostenitori dell' intelligent design viene di solito considerata come una delle più brillanti, tanto è vero che viene continuamente strattonato per testimoniare in vari processi.
Kenneth Miller è però anche un cattolico fervente e le sue intenzioni non hanno mai mostrato cedimenti: vuole a tutti i costi prendere la religione sul serio.
Anche per questo giudica "insipida" la posizione tenuta da Stephen Jay Gould nell' ormai famoso non-overlapping magisteria. L' anodino documento non convince del tutto e lo stesso Gould, del resto, non sembra credere affatto ad una pari dignità dei due saperi allorchè definisce la religione come una congerie di "storie che ci raccontiamo per trarne conforto" (sic). Qui sembra proprio saltar fuori la sua vecchia tempra marxista e l' oppio dei popoli è davvero dietro l' angolo, la religione più che un "sapere" diventa un narcotico per la felicità a poco prezzo degli animali più ingenui. E' possibile seguirlo oltre su quella via? Kenneth ci rinuncia e gliene siamo grati.
D' altro canto non offre garanzie nemmeno l' armata Brancaleone creazionista sempre in cerca di un Dio tappa-buchi da opporre ad una scienza-gruviera. Sarebbe quello il Dio degli ignoranti. Non perchè chi lo professa sia ignorante (esistono personalità di vaglia), piuttosto perchè è un Dio che ha tanto più senso di esistere quanto più restiamo ignoranti. Sarà per questo che l' ignoranza esercita un gran fascino su questi paladini tremebondi di fronte ad ogni "scoperta" scientifica.
Contro il dio dell' ignoranza, Miller è fautore di un dio della conoscenza, un dio che si dispieghi tanto più nitidamente, quanto più sperimentiamo il miracolo della conoscenza, quanto più andiamo scoprendo l' inspiegabile intelleggibilità della natura.
Miller si premura di proporre la fede come cornice ideale a quella conoscenza, la fede come completamento di significato della visione scientifica. Qualcosa che trasformi una presenza enigmatica in una presenza amichevole.
In fondo sa, come sanno Dawkins, Dennett, Lewotin e compagnia che l' unica controproposta credibile è la radicalizzazione atea, l' agnosticismo, dopo Swinburne, resta stritolato e non ha più granchè da offrire: una volta ammessa anche solo la compatibilità del pensiero religioso con quello scientifico, la fede diventa automaticamente l' opzione più rigorosa sul tavolo per chi è desideroso d' impegnare la ragione in queste faccende.
Lungi dal sentirsi rassicurato dal concetto di "non-overlapping magisteria", Miller sa bene quanta cura invece richieda la lavorazione al delicato incastro che salda "scienza e fede", lui stesso vi pone mano con cura nel libro che ho appena letto: Finding Darwin' s God. Peccato che la "cura" non si estenda anche alla parte teologica del libro, d' altronde c' è una scusanete: non è il suo campo.
Le premesse sono ottime ma mi chiedo se l' entusiasmo dimostrato verso il cosiddetto "principio antropico" non sia ancora un cedimento al "Dio degli ignoranti", alias Dio-tappabuchi, alias Dio dei gap. Certo, una versione sofisticata e aggiornata con le ultime conoscenze scientifiche, ma pur sempre quel genere di divinità.
***
Il credente fa scienza stupendosi delle meravigliose coincidenze. Sa che dove c' è "coincidenza" Dio fa capolino poichè per Dio è particolarmente congeniale passeggiare tra noi sotto le mentite spoglie del "caso".
Nel panorama della scienza moderna il "principio antropico" serve la causa alla perfezione, ne fanno fede le strampalate teorie messe su in fretta e furia da taluni ideologi dell' ateismo militante per neutralizzare quella che evidentemente sentono come una minaccia (nel libro è descritta la "disperata speculazione" di Daniel Dennett, forse si potevano affrontare controargomenti più efficaci).
Eppure, per quanto appena detto, il "pp" non convince del tutto. Non conviene essere più radicali nell' osservare le avvertenze ben chiarite dallo stesso Miller?
Io considererei più da vicino la nostra possibilità di "conoscere" l' universo stesso in cui abitiamo. Non è "meraviglioso" già solo questo semplice fatto? Non basta riscontrare le curiose regolarità catturate dalla matematica per "stupire" e pensare ad un Dio?
Innanzitutto si tratta di coincidenze sorprendenti: gli universi incomprensibili sono molto più numerosi degli universi "ordinati". E' davvero solo un caso fortuito essere capitati in un mondo "matematico"? E si badi bene che la sopravvivenza non è legata alla "comprensione", tanto è vero che i più efficienti in questo campo sono talune colonie batteriche che esistono da sempre.
E' ipotesi che conforta alcune certezze: il numero dei "mondi ordinati" a disposizione è comunque tale da garantire la comparsa della "coscienza". Dio assicura così la presenza di un pubblico all' infiorescente spettacolo di una creazione realizzata mediante lo strumento evolutivo.
E' ipotesi che elude l' alternativa di Leslie: "il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti". Anche i "mondi differenti" - purchè ordinati - restano a questo punto nell' orbita dell' ipotesi teista.
E' persino un' ipotesi falsificabile: verrebbe smentita allorchè si scoprisse un' irriducibile caoticità dell' universo che comporti l' insensatezza dell' impresa scientifica e, di conseguenza, la sua razionale dismissione.
Esiste forse un vincolo più saldo che leghi Dio alla Scienza?: "niente Scienza, niente Dio"; cosa si vuole di più? Inoltre, per questa via non si "tappa" nessun buco, così come non si postulano inverosimili contingenze. Si dà solo un "significato" pieno alla nostra conoscenza.
"Niente scienza, niente fede", dunque. Ripetiamo bene insieme il nostro nuovo motto per fissarlo meglio in testa.
Curiosità! Forse è per questo che talune presentazioni "orientate" dell' evoluzionismo sembrano minacciare la fede: l' evoluzionismo è, chi puo' negarlo?, un paradigma scientifico decisamente rozzo se paragonato alla raffinatezza delle teorie della fisica; persino le "scienze umane" appaiono talvolta con capacità predittiva più "calibrata". Ma allora, se vale il "niente scienza, niente fede", forse vale anche il "poca scienza, molto caos, poca fede".
Eppure, vale la pena ricordarlo ai distratti, per la biologia è ancora quello darwiniano il paradigma di gran lunga migliore in circolazione, per quanto vaga è pur sempre "conoscenza" anche quella, e il libro di Miller ha la virtù di mostrarlo persino ad un principiante come me.
Ultimissima cosa. Il trattamento a cui ho sottoposto "pp" potrei ripeterlo quando Miller passa ad occuparsi del "free will" facendolo dipendere dall' indeterminatezza introdotta nel mondo fisico grazie ad alcune interpretazioni della teoria quantistica. Non è anche questa una soluzione tappa-buchi? E quando la teoria dei quanti sarà rivista o l' interpretazione cambiata? Rischiamo davvero di trovarci tra le palle neo-teologi petulanti alla Dawkins, vi avviso. Forse, anche su questo punto, si puo' fare meglio.
Kenneth Miller è però anche un cattolico fervente e le sue intenzioni non hanno mai mostrato cedimenti: vuole a tutti i costi prendere la religione sul serio.
Anche per questo giudica "insipida" la posizione tenuta da Stephen Jay Gould nell' ormai famoso non-overlapping magisteria. L' anodino documento non convince del tutto e lo stesso Gould, del resto, non sembra credere affatto ad una pari dignità dei due saperi allorchè definisce la religione come una congerie di "storie che ci raccontiamo per trarne conforto" (sic). Qui sembra proprio saltar fuori la sua vecchia tempra marxista e l' oppio dei popoli è davvero dietro l' angolo, la religione più che un "sapere" diventa un narcotico per la felicità a poco prezzo degli animali più ingenui. E' possibile seguirlo oltre su quella via? Kenneth ci rinuncia e gliene siamo grati.
D' altro canto non offre garanzie nemmeno l' armata Brancaleone creazionista sempre in cerca di un Dio tappa-buchi da opporre ad una scienza-gruviera. Sarebbe quello il Dio degli ignoranti. Non perchè chi lo professa sia ignorante (esistono personalità di vaglia), piuttosto perchè è un Dio che ha tanto più senso di esistere quanto più restiamo ignoranti. Sarà per questo che l' ignoranza esercita un gran fascino su questi paladini tremebondi di fronte ad ogni "scoperta" scientifica.
Contro il dio dell' ignoranza, Miller è fautore di un dio della conoscenza, un dio che si dispieghi tanto più nitidamente, quanto più sperimentiamo il miracolo della conoscenza, quanto più andiamo scoprendo l' inspiegabile intelleggibilità della natura.
Miller si premura di proporre la fede come cornice ideale a quella conoscenza, la fede come completamento di significato della visione scientifica. Qualcosa che trasformi una presenza enigmatica in una presenza amichevole.
In fondo sa, come sanno Dawkins, Dennett, Lewotin e compagnia che l' unica controproposta credibile è la radicalizzazione atea, l' agnosticismo, dopo Swinburne, resta stritolato e non ha più granchè da offrire: una volta ammessa anche solo la compatibilità del pensiero religioso con quello scientifico, la fede diventa automaticamente l' opzione più rigorosa sul tavolo per chi è desideroso d' impegnare la ragione in queste faccende.
Lungi dal sentirsi rassicurato dal concetto di "non-overlapping magisteria", Miller sa bene quanta cura invece richieda la lavorazione al delicato incastro che salda "scienza e fede", lui stesso vi pone mano con cura nel libro che ho appena letto: Finding Darwin' s God. Peccato che la "cura" non si estenda anche alla parte teologica del libro, d' altronde c' è una scusanete: non è il suo campo.
Le premesse sono ottime ma mi chiedo se l' entusiasmo dimostrato verso il cosiddetto "principio antropico" non sia ancora un cedimento al "Dio degli ignoranti", alias Dio-tappabuchi, alias Dio dei gap. Certo, una versione sofisticata e aggiornata con le ultime conoscenze scientifiche, ma pur sempre quel genere di divinità.
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Il credente fa scienza stupendosi delle meravigliose coincidenze. Sa che dove c' è "coincidenza" Dio fa capolino poichè per Dio è particolarmente congeniale passeggiare tra noi sotto le mentite spoglie del "caso".
Nel panorama della scienza moderna il "principio antropico" serve la causa alla perfezione, ne fanno fede le strampalate teorie messe su in fretta e furia da taluni ideologi dell' ateismo militante per neutralizzare quella che evidentemente sentono come una minaccia (nel libro è descritta la "disperata speculazione" di Daniel Dennett, forse si potevano affrontare controargomenti più efficaci).
Eppure, per quanto appena detto, il "pp" non convince del tutto. Non conviene essere più radicali nell' osservare le avvertenze ben chiarite dallo stesso Miller?
Io considererei più da vicino la nostra possibilità di "conoscere" l' universo stesso in cui abitiamo. Non è "meraviglioso" già solo questo semplice fatto? Non basta riscontrare le curiose regolarità catturate dalla matematica per "stupire" e pensare ad un Dio?
Innanzitutto si tratta di coincidenze sorprendenti: gli universi incomprensibili sono molto più numerosi degli universi "ordinati". E' davvero solo un caso fortuito essere capitati in un mondo "matematico"? E si badi bene che la sopravvivenza non è legata alla "comprensione", tanto è vero che i più efficienti in questo campo sono talune colonie batteriche che esistono da sempre.
E' ipotesi che conforta alcune certezze: il numero dei "mondi ordinati" a disposizione è comunque tale da garantire la comparsa della "coscienza". Dio assicura così la presenza di un pubblico all' infiorescente spettacolo di una creazione realizzata mediante lo strumento evolutivo.
E' ipotesi che elude l' alternativa di Leslie: "il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti". Anche i "mondi differenti" - purchè ordinati - restano a questo punto nell' orbita dell' ipotesi teista.
E' persino un' ipotesi falsificabile: verrebbe smentita allorchè si scoprisse un' irriducibile caoticità dell' universo che comporti l' insensatezza dell' impresa scientifica e, di conseguenza, la sua razionale dismissione.
Esiste forse un vincolo più saldo che leghi Dio alla Scienza?: "niente Scienza, niente Dio"; cosa si vuole di più? Inoltre, per questa via non si "tappa" nessun buco, così come non si postulano inverosimili contingenze. Si dà solo un "significato" pieno alla nostra conoscenza.
"Niente scienza, niente fede", dunque. Ripetiamo bene insieme il nostro nuovo motto per fissarlo meglio in testa.
Curiosità! Forse è per questo che talune presentazioni "orientate" dell' evoluzionismo sembrano minacciare la fede: l' evoluzionismo è, chi puo' negarlo?, un paradigma scientifico decisamente rozzo se paragonato alla raffinatezza delle teorie della fisica; persino le "scienze umane" appaiono talvolta con capacità predittiva più "calibrata". Ma allora, se vale il "niente scienza, niente fede", forse vale anche il "poca scienza, molto caos, poca fede".
Eppure, vale la pena ricordarlo ai distratti, per la biologia è ancora quello darwiniano il paradigma di gran lunga migliore in circolazione, per quanto vaga è pur sempre "conoscenza" anche quella, e il libro di Miller ha la virtù di mostrarlo persino ad un principiante come me.
Ultimissima cosa. Il trattamento a cui ho sottoposto "pp" potrei ripeterlo quando Miller passa ad occuparsi del "free will" facendolo dipendere dall' indeterminatezza introdotta nel mondo fisico grazie ad alcune interpretazioni della teoria quantistica. Non è anche questa una soluzione tappa-buchi? E quando la teoria dei quanti sarà rivista o l' interpretazione cambiata? Rischiamo davvero di trovarci tra le palle neo-teologi petulanti alla Dawkins, vi avviso. Forse, anche su questo punto, si puo' fare meglio.
giovedì 1 aprile 2010
Concerto
E' il titolo del film che ho visto ieri sera al cineforum di Rho. Tra le altre cose, il film è un commosso omaggio all' anima slava.
E l' anima slava si salva solo facendo l' apologia del disordine.
Qualcuno entra in un campo Rom e ci vede caos, trascuratezza, approssimazione, degrado, precarietà, insidie, disorganizzazione... per altri traspare in controluce un disordine creativo, una rilassata levità mozartiana quintessenza della vitalità.
Radu Mihaileanu in fondo è un cantore del caos, i suoi eroi improvvisano inverosimili soluzioni all' ultimo momento disponibile. L' "ultimo momento", una landa dove solo il genio delle soluzioni precarie ha cittadinanza.
Alla fanfara roboante di Kusturicza, un regista dalla tempra affine, il rumeno sostituisce sonorità più morbide ma altrettanto mosse.
Per cantare il disordine bisogna sentirlo intimamente come una polifonia, e allora ecco che viene buona la lezione del sommo Fellini: nella pista del suo circo s' intrecciavano quattro dialoghi nella medesima sequenza; alla fine non si capiva granchè, ma cosa conta? Anche in una musica strumentale non capiremo mai le "parole" esatte, eppure cio' non scalfisce in alcun modo una bellezza fatta anche da questa ambiguità.
La polifonia cinematografica di Radu non necessita di trame molteplici che si incrociano, quella è roba per occidentali come Altman o Inarritu. La musica di Radu è di corto respiro, conta saper valorizzare la ricchezza contenuta nei brusii. Gould chiudeva gli occhi e riusciva a riascoltare l' amato Bach concentrandosi sul chiacchericcio del bar in cui sorbiva il caffè mattutino.
Ma il ghirigoro di Radu non è neanche "ricamo sul nulla", siamo pur sempre slavi, mica francesi. Il "morboso" allora deve essere il sale da cospargere un po' ovunque nel minestrone che bolle in pentola.
Se esiste un ordine solo, esistono mille disordini: il Maestro ci insegna a scegliere quello giusto. Come riconoscerlo?
Forse il caos benefico è fatto da persone sparse in cui ognuno persegue il suo obiettivo nel disinteresse di quello altrui, salvo il rispetto dovuto alla persona che s' incrocia continuamente andando su e giù per le scale di questo pazzo mondo. Chissà mai che proprio il nostro vicino, cos' alacre nel curare i propri affari, saprà più o meno volontariamente spianarci la strada per realizzare meglio i nostri.
Nel film il gran formicaio occidentale scoperchia cio' che nell' imbalsamata Russia già formicolava in modo latente nelle abusive catacombe.
Ma perchè la trama inverosimile vada in porto, perchè il genio risolva all' ultimo istante, perchè gli egoismi dei dispersi diano luogo ad una coesa cooperazione, perchè la farsa si sposi bene al patetismo, perchè dal caos emerga un ordine occorre un evento sublime che chiami a raccolta i cuori, e questo evento qui è la musica, una musica sentita, capita e vissuta tutta la vita in tutte le vite.
Lo spettatore lo sa ed è disposto a perdonare tutto mentre segue la bislacca storia ma non potrebbe mai perdonare, nel corso del ciajkowskiano finale, un' eventuale incuria nella ditteggiatura del violino solista. Anche Radu lo sa e spedisce la bionda attrice protagonista a frequentare corsi di violino per interi mesi. Anche il ferro battuto dai vecchi zingari brennesi doveva avere curvature a prova di goniometro e il salto mortale del clown di provincia deve valere quello della finale olimpica.
E l' anima slava si salva solo facendo l' apologia del disordine.
Qualcuno entra in un campo Rom e ci vede caos, trascuratezza, approssimazione, degrado, precarietà, insidie, disorganizzazione... per altri traspare in controluce un disordine creativo, una rilassata levità mozartiana quintessenza della vitalità.
Radu Mihaileanu in fondo è un cantore del caos, i suoi eroi improvvisano inverosimili soluzioni all' ultimo momento disponibile. L' "ultimo momento", una landa dove solo il genio delle soluzioni precarie ha cittadinanza.
Alla fanfara roboante di Kusturicza, un regista dalla tempra affine, il rumeno sostituisce sonorità più morbide ma altrettanto mosse.
Per cantare il disordine bisogna sentirlo intimamente come una polifonia, e allora ecco che viene buona la lezione del sommo Fellini: nella pista del suo circo s' intrecciavano quattro dialoghi nella medesima sequenza; alla fine non si capiva granchè, ma cosa conta? Anche in una musica strumentale non capiremo mai le "parole" esatte, eppure cio' non scalfisce in alcun modo una bellezza fatta anche da questa ambiguità.
La polifonia cinematografica di Radu non necessita di trame molteplici che si incrociano, quella è roba per occidentali come Altman o Inarritu. La musica di Radu è di corto respiro, conta saper valorizzare la ricchezza contenuta nei brusii. Gould chiudeva gli occhi e riusciva a riascoltare l' amato Bach concentrandosi sul chiacchericcio del bar in cui sorbiva il caffè mattutino.
Ma il ghirigoro di Radu non è neanche "ricamo sul nulla", siamo pur sempre slavi, mica francesi. Il "morboso" allora deve essere il sale da cospargere un po' ovunque nel minestrone che bolle in pentola.
Se esiste un ordine solo, esistono mille disordini: il Maestro ci insegna a scegliere quello giusto. Come riconoscerlo?
Forse il caos benefico è fatto da persone sparse in cui ognuno persegue il suo obiettivo nel disinteresse di quello altrui, salvo il rispetto dovuto alla persona che s' incrocia continuamente andando su e giù per le scale di questo pazzo mondo. Chissà mai che proprio il nostro vicino, cos' alacre nel curare i propri affari, saprà più o meno volontariamente spianarci la strada per realizzare meglio i nostri.
Nel film il gran formicaio occidentale scoperchia cio' che nell' imbalsamata Russia già formicolava in modo latente nelle abusive catacombe.
Ma perchè la trama inverosimile vada in porto, perchè il genio risolva all' ultimo istante, perchè gli egoismi dei dispersi diano luogo ad una coesa cooperazione, perchè la farsa si sposi bene al patetismo, perchè dal caos emerga un ordine occorre un evento sublime che chiami a raccolta i cuori, e questo evento qui è la musica, una musica sentita, capita e vissuta tutta la vita in tutte le vite.
Lo spettatore lo sa ed è disposto a perdonare tutto mentre segue la bislacca storia ma non potrebbe mai perdonare, nel corso del ciajkowskiano finale, un' eventuale incuria nella ditteggiatura del violino solista. Anche Radu lo sa e spedisce la bionda attrice protagonista a frequentare corsi di violino per interi mesi. Anche il ferro battuto dai vecchi zingari brennesi doveva avere curvature a prova di goniometro e il salto mortale del clown di provincia deve valere quello della finale olimpica.
Mondi meravigliosi
Chiaretta: Che lingua orribile ha quella rana. Come mai?
Sara: Aspetta un momento e lo capirai... ecco!
Chiara: Ehi, ha acchiappato la mosca che passava e se l' è pappata.
Sara: E' una lingua prensile e le serve a prendere le mosche di cui è ghiotta. Tra poco comincerai a studiare Darwin e scoprirai molti "perchè" di questo mondo meraviglioso.
Chiara: Anche il "perchè" di una lingua tanto rivoltante?
Sara: Certo, Darwin poi piace perchè risulta particolarmente semplice, ti basterà conoscere due concetti: "ereditarietà" e "selezione naturale".
Chiara: E cosa avrà mai da dirmi la "selezione naturale" sulla lingua delle rane?
Sara: Ti dirà che una lingua del genere esiste (è stata selezionata dall' ambiente) per catturare meglio le mosche. Non solo, ti spiegherà anche perchè la rana va a caccia di mosche: anche il cervello della rana è stato sottoposto a "selezione naturale"!
Riccardo: Dunque Darwin con la sua "selezione naturale" ci spiega perchè la rana va a caccia di mosche?
Sara: Certo, lo spiega utilizzando proprio quel semplicissimo processo. L' ho capito persino io!
Riccardo: Io conosco un processo simile, solo che spiega perchè le rane vanno a caccia di pallini neri volanti. Mi sembra una spiegazione altrettanto valida che quella darwiniana per capire cosa succede nello stagno.
Sara: Ma cosa dici! Se fosse così, poichè esistono mille "sinonimi" della parola "mosche", esisterebbero mille spiegazioni alternative alla selezione naturale darwiniana.
Riccardo: Forse ho esagerato, non le considererei "spiegazioni alternative". E' sempre la stessa spiegazione che giunge a mille conclusioni differenti: A, B, C... La cosa non è meno imbarazzante.
Sara: Sei sicuro che Darwin non spieghi perchè "mosche" piuttosto che "pallini neri volanti"?
Riccardo: Per spiegare la differenza dovremmo poter vedere negli agenti descritti un "fine", un "obiettivo". Dovremmo poter dire che le rane vogliono le "mosche", non i "pallini neri", dovremmo poter dire che anche qualora le rane cacciassero i "pallini neri" senza minimamente sapere cosa sia una mosca, in realtà il loro obiettivo sono le "mosche". Peccato che simili pensieri sono blasfemi se pronunciati in un consesso di rigorosi darwiniani: il caso non è compatibile con la presenza di alcun obiettivo.
Sara: Non voglio certo introdurre un "fine" grazie a Dio o a Madre Natura, ma un tempo non si era parlato di "gene egoista"? L' "egoista" di sicuro un fine ce l' ha anche se è un fine "solo" riproduttivo.
Riccardo: Se riduciamo l' evoluzionismo ad un "efficientismo" riproduttivo perdiamo per strada gran parte dei suoi sostenitori se non la maggior parte. No, l' evoluzionismo darwiniano non è semplice efficienza.
Sara: Eppure neanche in fisica i "corpi" descritti hanno un "fine".
Riccardo: In realtà il problema non è se questo "fine" esista ma se la teoria possa essere descrita compatibilmente con l' esistenza di un fine.
Sara: Che casino, non è meglio passare agli esempi.
Riccardo: La legge gravitazionale puo' essere descritta "come se" due corpi in certe condizioni avessero l' obiettivo di avvicinarsi in un certo modo. Prova a fare una riduzione del genere con la "selezione naturale" darwiniana, non ci riuscirai senza ricorrere ad un fantomatico fine come quello della "massimizzazione delle opportunità riproduttive". Peccato che finchè l' evoluzionismo si riduce a "ereditarietà" e "selezione naturale", il consenso è massiccio ma se introduciamo le "opportunità riproduttive" qualcosa scricchiola. L' ho letto in questo libro.
Sara: Ma tutto questo significa che Darwin è da mettere in soffitta.
Riccardo: Forse per il signor Fodor sì, visto che muove queste critiche da materialista rigoroso.
Sara: E per te?
Riccardo: Per me assolutamente no. Fodor e Piattelli-Palmarini mi ricordano soltanto che come paradigma scientifico l' evoluzionismo darwiniano è pieno di buchi. Rispondo: grazie, lo so, ma il convento non passa niente di meglio a quanto pare. Poi mi fà capire che il darwinismo non tappa le mille falle della barca filosofica materialista. Rispondo: grazie e buon viaggio, io già da tempo ho deciso d' imbarcarmi su natanti che fanno meno acqua.
Sara: Insomma, l' idea darwiniana come teoria scientifica fa piuttosto schifo ma non c' è niente di meglio; come filosofia materialista fa decisamente schifo e c' è di meglio. In più non avevamo granchè bisogno che ce lo venisse a dire Fodor.
Riccardo: Pressappoco. Purtroppo il darwinismo (come l' anti-darwinismo) spesso si atteggia a Chiesa e il dibattito è tutt' altro che sereno. Guarda, a volte ho come l' impressione che se la scienza dovesse scoprire le regole della mutazione genetica (sarebbe la scoperta del millennio) parecchi intimamente remerebbero contro poichè il "caso" perderebbe il ruolo centrale che oggi ha nella teoria, un ruolo che indebolisce la scienza fatta partendo da Darwin ma rafforza la "religione" materialista che al gigante Inglese s' ispira.
Chiara: Fermi tutti... ho come l' impressione che la mia lingua, Darwin permettendo, esista per papparsi le torte, non sarà prensile ma madre natura mi ha dotato di manine agili e svelte. Perchè non andiamo a prendercene una fetta?
P.S. l' immagine della lingua prensile l' ho presa da questo intervento che raccomando di leggere fino in fondo (così magari mi spiegate meglio il finale). Qui c' è una replica di un Dennett inacidito (fa male perchè, anche senza andare a fondo, chi non diffiderebbe di una simile mancanza di classe? - lo scadimento di Krugman non insegna proprio niente?) e qui l' annuncio inutilmente trionfale della traduzione italiana.
Sara: Aspetta un momento e lo capirai... ecco!
Chiara: Ehi, ha acchiappato la mosca che passava e se l' è pappata.
Sara: E' una lingua prensile e le serve a prendere le mosche di cui è ghiotta. Tra poco comincerai a studiare Darwin e scoprirai molti "perchè" di questo mondo meraviglioso.
Chiara: Anche il "perchè" di una lingua tanto rivoltante?
Sara: Certo, Darwin poi piace perchè risulta particolarmente semplice, ti basterà conoscere due concetti: "ereditarietà" e "selezione naturale".
Chiara: E cosa avrà mai da dirmi la "selezione naturale" sulla lingua delle rane?
Sara: Ti dirà che una lingua del genere esiste (è stata selezionata dall' ambiente) per catturare meglio le mosche. Non solo, ti spiegherà anche perchè la rana va a caccia di mosche: anche il cervello della rana è stato sottoposto a "selezione naturale"!
Riccardo: Dunque Darwin con la sua "selezione naturale" ci spiega perchè la rana va a caccia di mosche?
Sara: Certo, lo spiega utilizzando proprio quel semplicissimo processo. L' ho capito persino io!
Riccardo: Io conosco un processo simile, solo che spiega perchè le rane vanno a caccia di pallini neri volanti. Mi sembra una spiegazione altrettanto valida che quella darwiniana per capire cosa succede nello stagno.
Sara: Ma cosa dici! Se fosse così, poichè esistono mille "sinonimi" della parola "mosche", esisterebbero mille spiegazioni alternative alla selezione naturale darwiniana.
Riccardo: Forse ho esagerato, non le considererei "spiegazioni alternative". E' sempre la stessa spiegazione che giunge a mille conclusioni differenti: A, B, C... La cosa non è meno imbarazzante.
Sara: Sei sicuro che Darwin non spieghi perchè "mosche" piuttosto che "pallini neri volanti"?
Riccardo: Per spiegare la differenza dovremmo poter vedere negli agenti descritti un "fine", un "obiettivo". Dovremmo poter dire che le rane vogliono le "mosche", non i "pallini neri", dovremmo poter dire che anche qualora le rane cacciassero i "pallini neri" senza minimamente sapere cosa sia una mosca, in realtà il loro obiettivo sono le "mosche". Peccato che simili pensieri sono blasfemi se pronunciati in un consesso di rigorosi darwiniani: il caso non è compatibile con la presenza di alcun obiettivo.
Sara: Non voglio certo introdurre un "fine" grazie a Dio o a Madre Natura, ma un tempo non si era parlato di "gene egoista"? L' "egoista" di sicuro un fine ce l' ha anche se è un fine "solo" riproduttivo.
Riccardo: Se riduciamo l' evoluzionismo ad un "efficientismo" riproduttivo perdiamo per strada gran parte dei suoi sostenitori se non la maggior parte. No, l' evoluzionismo darwiniano non è semplice efficienza.
Sara: Eppure neanche in fisica i "corpi" descritti hanno un "fine".
Riccardo: In realtà il problema non è se questo "fine" esista ma se la teoria possa essere descrita compatibilmente con l' esistenza di un fine.
Sara: Che casino, non è meglio passare agli esempi.
Riccardo: La legge gravitazionale puo' essere descritta "come se" due corpi in certe condizioni avessero l' obiettivo di avvicinarsi in un certo modo. Prova a fare una riduzione del genere con la "selezione naturale" darwiniana, non ci riuscirai senza ricorrere ad un fantomatico fine come quello della "massimizzazione delle opportunità riproduttive". Peccato che finchè l' evoluzionismo si riduce a "ereditarietà" e "selezione naturale", il consenso è massiccio ma se introduciamo le "opportunità riproduttive" qualcosa scricchiola. L' ho letto in questo libro.
Sara: Ma tutto questo significa che Darwin è da mettere in soffitta.
Riccardo: Forse per il signor Fodor sì, visto che muove queste critiche da materialista rigoroso.
Sara: E per te?
Riccardo: Per me assolutamente no. Fodor e Piattelli-Palmarini mi ricordano soltanto che come paradigma scientifico l' evoluzionismo darwiniano è pieno di buchi. Rispondo: grazie, lo so, ma il convento non passa niente di meglio a quanto pare. Poi mi fà capire che il darwinismo non tappa le mille falle della barca filosofica materialista. Rispondo: grazie e buon viaggio, io già da tempo ho deciso d' imbarcarmi su natanti che fanno meno acqua.
Sara: Insomma, l' idea darwiniana come teoria scientifica fa piuttosto schifo ma non c' è niente di meglio; come filosofia materialista fa decisamente schifo e c' è di meglio. In più non avevamo granchè bisogno che ce lo venisse a dire Fodor.
Riccardo: Pressappoco. Purtroppo il darwinismo (come l' anti-darwinismo) spesso si atteggia a Chiesa e il dibattito è tutt' altro che sereno. Guarda, a volte ho come l' impressione che se la scienza dovesse scoprire le regole della mutazione genetica (sarebbe la scoperta del millennio) parecchi intimamente remerebbero contro poichè il "caso" perderebbe il ruolo centrale che oggi ha nella teoria, un ruolo che indebolisce la scienza fatta partendo da Darwin ma rafforza la "religione" materialista che al gigante Inglese s' ispira.
Chiara: Fermi tutti... ho come l' impressione che la mia lingua, Darwin permettendo, esista per papparsi le torte, non sarà prensile ma madre natura mi ha dotato di manine agili e svelte. Perchè non andiamo a prendercene una fetta?
P.S. l' immagine della lingua prensile l' ho presa da questo intervento che raccomando di leggere fino in fondo (così magari mi spiegate meglio il finale). Qui c' è una replica di un Dennett inacidito (fa male perchè, anche senza andare a fondo, chi non diffiderebbe di una simile mancanza di classe? - lo scadimento di Krugman non insegna proprio niente?) e qui l' annuncio inutilmente trionfale della traduzione italiana.
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mercoledì 31 marzo 2010
Malizia
Ateo ingenuo: "Dio non esiste".
Ha ragione?
Se "Dio" non esistesse non avrebbe senso riferirsi a qualcosa che chiamiamo "Dio" e anche l' enunciato "Dio non esiste" risulterebbe insensato.
Poichè l' affermazione dell' ateo ingenuo non appare insensata nè all' ateo stesso nè al credente, l' unico modo per non cadere in contraddizione consiste nel considerarla falsa.
Sarà vera, dunque, l' affermazione contraria: "Dio esiste".
Contenti? No, poichè potremmo ripetere lo stesso ragionamento sostituendo "Dio" con cio' che più ci aggrada. Volete che esista il Signore degli Anelli? Et voilà; volete che esista Montalbano? Nulla di più facile. Persino l' Unicorno Rosa esiste.
Un' inflazione del genere disintegrerebbe all' istante qualsiasi moneta, nemmeno la moneta più preziosa, quella dell' "esistenza", sarebbe più spendibile.
Ed ecco allora che entra in scena l' ateo malizioso.
Ateo malizioso: "Tutto esiste".
Da Russell a Frege a Ryle, gli "atei maliziosi" sono tanti, e i seguaci acritici sedotti da tanta malizia ancora di più. Roba da chiodi!
Per costoro tutto cio' di cui si puo' parlare coerentemente "esiste" a prescindere per il semplice fatto che l' "esistenza" non è un predicato della logica. Poichè la logica la dà per scontata, non ha senso dimostrare l' "esistenza" di qualcosa in termini logici: la si assume sempre e comunque.
Ma l' intuito, quello per cui possiamo parlare anche di cose che "non esistono", puo' essere ripristinato dopo Parmenide, Ryle, Frege, Russell e Quine?
Eccome! Solo che occorre un "seguage acritico" che sia poco seguace e molto critico. Che sia incline a sostenere posizioni messe alla berlina con scherno di recente, solo mezzo secolo fa tanto per intendersi. Che osi dire:
"... l' "esistenza", con buona pace di Frege, Russell e Quine, è espressa da un normalissimo predicato della logica..."
Oppure che concluda così:
"... Ryle disse che ormai certa ontologia era morta per sempre e non più destinata a tornare. Come spesso accade ai confidenti filosofi analitici spesso presi a celebrare i funerali alle posizioni filosofiche sostanziali, Ryle si sbagliava: era destinato ad essere smentito dagli sviluppi successivi...".
Forse, senza andare molto lontano, uno così ce l' abbiamo qui in Italia. Si chiama Francesco Berto, sa usare le parole giuste al momento giusto, e forse ha pure scritto il libro giusto. Pur essendo un precario sembra lanciato verso una carriera luminosa, stiamo sintonizzati ed attendiamo sviluppi.
Ha ragione?
Se "Dio" non esistesse non avrebbe senso riferirsi a qualcosa che chiamiamo "Dio" e anche l' enunciato "Dio non esiste" risulterebbe insensato.
Poichè l' affermazione dell' ateo ingenuo non appare insensata nè all' ateo stesso nè al credente, l' unico modo per non cadere in contraddizione consiste nel considerarla falsa.
Sarà vera, dunque, l' affermazione contraria: "Dio esiste".
Contenti? No, poichè potremmo ripetere lo stesso ragionamento sostituendo "Dio" con cio' che più ci aggrada. Volete che esista il Signore degli Anelli? Et voilà; volete che esista Montalbano? Nulla di più facile. Persino l' Unicorno Rosa esiste.
Un' inflazione del genere disintegrerebbe all' istante qualsiasi moneta, nemmeno la moneta più preziosa, quella dell' "esistenza", sarebbe più spendibile.
Ed ecco allora che entra in scena l' ateo malizioso.
Ateo malizioso: "Tutto esiste".
Da Russell a Frege a Ryle, gli "atei maliziosi" sono tanti, e i seguaci acritici sedotti da tanta malizia ancora di più. Roba da chiodi!
Per costoro tutto cio' di cui si puo' parlare coerentemente "esiste" a prescindere per il semplice fatto che l' "esistenza" non è un predicato della logica. Poichè la logica la dà per scontata, non ha senso dimostrare l' "esistenza" di qualcosa in termini logici: la si assume sempre e comunque.
Ma l' intuito, quello per cui possiamo parlare anche di cose che "non esistono", puo' essere ripristinato dopo Parmenide, Ryle, Frege, Russell e Quine?
Eccome! Solo che occorre un "seguage acritico" che sia poco seguace e molto critico. Che sia incline a sostenere posizioni messe alla berlina con scherno di recente, solo mezzo secolo fa tanto per intendersi. Che osi dire:
"... l' "esistenza", con buona pace di Frege, Russell e Quine, è espressa da un normalissimo predicato della logica..."
Oppure che concluda così:
"... Ryle disse che ormai certa ontologia era morta per sempre e non più destinata a tornare. Come spesso accade ai confidenti filosofi analitici spesso presi a celebrare i funerali alle posizioni filosofiche sostanziali, Ryle si sbagliava: era destinato ad essere smentito dagli sviluppi successivi...".
Forse, senza andare molto lontano, uno così ce l' abbiamo qui in Italia. Si chiama Francesco Berto, sa usare le parole giuste al momento giusto, e forse ha pure scritto il libro giusto. Pur essendo un precario sembra lanciato verso una carriera luminosa, stiamo sintonizzati ed attendiamo sviluppi.
martedì 30 marzo 2010
La nostra piccola rivoluzione
Sono contrario alla mentalità rivoluzionaria e alla rivoluzione, benchè l' unica sperimentata sulla pelle, quella neo-liberista, mi abbia segnato ed esaltato al contemo.
Ma come descriverla?
La parola a Scott Sumner:
The Economist magazine, which I’ve read for 35 years, was my guide to the neoliberal revolution. By the end of the 1980s I understood that it was a global phenomenon and that it was bi-partisan. This inoculated me against Krugman’s conspiracy theories that the Reagan revolution was all a right-wing Republican plot to grab Southern whites by playing the race card. Even if true of the US, it doesn’t explain why the same policy trends occurred in 200 out of 204 countries. And then there is Krugman’s argument that economies often did not do better after the free market reforms. From The Economist I learned that you have to look at things cross-sectionally. Almost everywhere in the world economic growth slowed after 1973. The important point is that growth slowed much more in countries that did little reform, and much less in the more free market economies. It doesn’t matter whether Chile grew faster or slower after 1973, what matters is that after 1973 Chile became the most successful economy in Latin America.
Ma come descriverla?
La parola a Scott Sumner:
The Economist magazine, which I’ve read for 35 years, was my guide to the neoliberal revolution. By the end of the 1980s I understood that it was a global phenomenon and that it was bi-partisan. This inoculated me against Krugman’s conspiracy theories that the Reagan revolution was all a right-wing Republican plot to grab Southern whites by playing the race card. Even if true of the US, it doesn’t explain why the same policy trends occurred in 200 out of 204 countries. And then there is Krugman’s argument that economies often did not do better after the free market reforms. From The Economist I learned that you have to look at things cross-sectionally. Almost everywhere in the world economic growth slowed after 1973. The important point is that growth slowed much more in countries that did little reform, and much less in the more free market economies. It doesn’t matter whether Chile grew faster or slower after 1973, what matters is that after 1973 Chile became the most successful economy in Latin America.
L' immigrazione come arma
Molti temono che un' immigrazione crescente possa sbancare il welfare e concludono sottolineando l' esigenza di un contenimento.
La logica di Jeffrey Miron, a cui mi sento simpatetico, è ben diversa: incentivare l' immigrazione stimolerà il contenimento del welfare.
Ricordiamoci che la multietnia limita la generosità: dove abbonda la diversità, si dà meno volentieri.
Vogliamo davvero trascurare questo fatto o vogliamo invece metterlo a frutto per una strategia coerente?
La logica di Jeffrey Miron, a cui mi sento simpatetico, è ben diversa: incentivare l' immigrazione stimolerà il contenimento del welfare.
Ricordiamoci che la multietnia limita la generosità: dove abbonda la diversità, si dà meno volentieri.
Vogliamo davvero trascurare questo fatto o vogliamo invece metterlo a frutto per una strategia coerente?
lunedì 29 marzo 2010
Storia di un quasi-orco
Contrariamente alle mie abitudini, vorrei ora riferire un piccolo esempio concreto di come si forma una probabilità soggettiva a priori.
Sento parlare di preti pedofili e ho come la sensazione che certe cose, per quanto vere, accadano a mille miglia da me. Eppure, chi lo sa?, magari stanno succedendo adesso proprio sotto il mio naso ormai privo di olfatto.
Una cosa però è capitata veramente sotto il mio naso e l' odore (nauseabondo) l' ho percepito forte. Così come un certo sottile lezzo esalato dagli articoli di giornale che riferivano la vicenda.(Varesenews, Repubblica online, Ticino online).
Potete leggere tutto qui.
Tento ugualmente una precaria sintesi: Samuele, ragazzo in passato attivo in parrocchia, manda una raccomandata a Don Giuseppe per iniziare le pratiche dello sbattezzo, a lui non basta aver perso la fede, vuole annunciarlo al mondo. Ormai è vicino all' Oratorio dell' UAAR e verso quello della Chiesa, come di costume in questi casi, usa spesso toni sarcastici. Però, per molti particolarmente insignificante, continua a frequentare quest' ultimo poichè l' UAAR non vale certo una partita di calcio con gli amici (gonzi). Un bel giorno, mentre sta battendo un calcio d' angolo, il Don gli chiede se trova la cosa coerente (domanda opportuna visto chè è rivolta ad un neo-Razionalista). Urtato dall' interrogativo, il Nostro se ne va poichè ritiene che ci siano sufficienti elementi per considerarsi "cacciato" e poter scrivere a tutti i giornali facendo della sua vicenda un "caso".
Si badi bene, non stiamo parlando di un Prete integralista che lancia strali annunciando la dannazione eterna verso chi non osserva il digiuno pre-comunione. Non si tratta di un mostro pronto a divorare i nostri bambini. E se si sta camuffando, lo fa proprio bene.
Non si tratta nemmeno di un sanguigno Don Camillo pronto a rincorrerti con il bastone per tutta la Piazza facendoti entrare di diritto nella cronaca paesana.
Esemplifico: recentemente io e la Sara, richiesti di produrre un certificato con l' autorizzazione per sposarci fuori dalla nostra parrocchia di origine, poichè per altre pratiche c' eravamo già imbattuti in parroci "tignosi", abbiamo deciso di rivolgerci a colui che sicuramente non avrebbe sollevato questioni o messo bastoni tra le ruote: naturalmente il pensiero è corso a Don Giuseppe, che ci ha subito fatto trovare una strada in discesa.
D' accordo dunque l' accoglienza della pecorella smarrita, d' accordo la predisposizione all' ascolto, ma la comunità dei fedeli non puo' nemmeno essere un party continuo in cui è lecito recriminare se per un minuto al giorno si abbassa il volume della musica per dire un' Ave Maria. O no? [chiedo, visto che molti scuotono la testa].
Bene, riassumento, io conosco abbastanza bene il Don, conosco bene chi conosce il Don e me ne parla, conosco l' ambiente (che io stesso ho frequentato), conosco chi mi ha riferito i fatti, leggo come i giornali riportano la cosa, vedo come reagisce una persona di media intelligenza informata solo dai giornali, conosco bene o male il soggetto in questione (sintesi: voglia di lavorare saltami addosso)...
... bene, con tutto questo bagaglio di conoscenze meramente intuitive, spiegatemi come cavolo faccio a non avere per lo meno un apriori del 98% quando si parla di preti pedofili!!!!!
Penso che anche chi combatte la meritoria battaglia contro i preti pedofili (lamentando una certa "diffidenza ambientale"), debba rivolgere un pensiero non proprio riconoscente all' attivissima opera guastatrice dei tanti "Samuele" che sembrano delibare incantanti i piatti ricolmi del liquame che hanno appena desalivato all' interno loro stessi.
Sento parlare di preti pedofili e ho come la sensazione che certe cose, per quanto vere, accadano a mille miglia da me. Eppure, chi lo sa?, magari stanno succedendo adesso proprio sotto il mio naso ormai privo di olfatto.
Una cosa però è capitata veramente sotto il mio naso e l' odore (nauseabondo) l' ho percepito forte. Così come un certo sottile lezzo esalato dagli articoli di giornale che riferivano la vicenda.(Varesenews, Repubblica online, Ticino online).
Potete leggere tutto qui.
Tento ugualmente una precaria sintesi: Samuele, ragazzo in passato attivo in parrocchia, manda una raccomandata a Don Giuseppe per iniziare le pratiche dello sbattezzo, a lui non basta aver perso la fede, vuole annunciarlo al mondo. Ormai è vicino all' Oratorio dell' UAAR e verso quello della Chiesa, come di costume in questi casi, usa spesso toni sarcastici. Però, per molti particolarmente insignificante, continua a frequentare quest' ultimo poichè l' UAAR non vale certo una partita di calcio con gli amici (gonzi). Un bel giorno, mentre sta battendo un calcio d' angolo, il Don gli chiede se trova la cosa coerente (domanda opportuna visto chè è rivolta ad un neo-Razionalista). Urtato dall' interrogativo, il Nostro se ne va poichè ritiene che ci siano sufficienti elementi per considerarsi "cacciato" e poter scrivere a tutti i giornali facendo della sua vicenda un "caso".
Si badi bene, non stiamo parlando di un Prete integralista che lancia strali annunciando la dannazione eterna verso chi non osserva il digiuno pre-comunione. Non si tratta di un mostro pronto a divorare i nostri bambini. E se si sta camuffando, lo fa proprio bene.
Non si tratta nemmeno di un sanguigno Don Camillo pronto a rincorrerti con il bastone per tutta la Piazza facendoti entrare di diritto nella cronaca paesana.
Esemplifico: recentemente io e la Sara, richiesti di produrre un certificato con l' autorizzazione per sposarci fuori dalla nostra parrocchia di origine, poichè per altre pratiche c' eravamo già imbattuti in parroci "tignosi", abbiamo deciso di rivolgerci a colui che sicuramente non avrebbe sollevato questioni o messo bastoni tra le ruote: naturalmente il pensiero è corso a Don Giuseppe, che ci ha subito fatto trovare una strada in discesa.
D' accordo dunque l' accoglienza della pecorella smarrita, d' accordo la predisposizione all' ascolto, ma la comunità dei fedeli non puo' nemmeno essere un party continuo in cui è lecito recriminare se per un minuto al giorno si abbassa il volume della musica per dire un' Ave Maria. O no? [chiedo, visto che molti scuotono la testa].
Bene, riassumento, io conosco abbastanza bene il Don, conosco bene chi conosce il Don e me ne parla, conosco l' ambiente (che io stesso ho frequentato), conosco chi mi ha riferito i fatti, leggo come i giornali riportano la cosa, vedo come reagisce una persona di media intelligenza informata solo dai giornali, conosco bene o male il soggetto in questione (sintesi: voglia di lavorare saltami addosso)...
... bene, con tutto questo bagaglio di conoscenze meramente intuitive, spiegatemi come cavolo faccio a non avere per lo meno un apriori del 98% quando si parla di preti pedofili!!!!!
Penso che anche chi combatte la meritoria battaglia contro i preti pedofili (lamentando una certa "diffidenza ambientale"), debba rivolgere un pensiero non proprio riconoscente all' attivissima opera guastatrice dei tanti "Samuele" che sembrano delibare incantanti i piatti ricolmi del liquame che hanno appena desalivato all' interno loro stessi.
Uomini annodati
L' altruismo autentico è merce rara, difficile rintracciarlo ai giorni nostri. Difficile anche solo escogitare una procedura per individuarlo quando c' è. Eppure qualche esperimento si puo' fare.
Alice sa di poter donare ai poveri "attraverso lo specchio".
Lo specchio ha virtù strabilianti: chi dà, dà un euro; chi riceve, ne riceve mille.
Unico vincolo: con lo specchio si dona solo a persone lontane.
Spesso Alice è preda dello sconforto e del pessimismo, vede il suo dono manipolato e sviato da intermediari malvagi. Quando pensieri tanto foschi l' assillano, preferisce astenersi da ogni beneficienza.
Altre volte però si sente magnanima, benchè si rifiuti fermamente di donare attraverso lo specchio; in questi casi le logiche che segue la sua generosità mutano di volta in volta. Eccone un campionario limitato.
1. "lavoro sodo e contribuisco all' economia mondiale dando tutta me stessa: questo è il mio apporto".
2. "dono all' Ospedale locale, conosco chi ci lavora e in fondo una donazione vale l' altra, l' importante è farla".
3. "prediligo il consumo critico e quando compro il caffè ho in mente la foresta pluviale".
4. "perchè donare a chi è distante? Molto meglio beneficiare il mio vicino".
...
Qualsiasi sia la logica seguita da Alice, difficile pensare a lei come ad una persona altruista: come potrebbe esserlo veramente chi preferisce dare "uno" anzichè "mille"?
Ma forse al mondo il vero altruismo non esiste, infatti tutti noi abbiamo a disposizione uno specchio e anzichè 1 potremmo dare 1.000.
Il nome di questo specchio si chiama Interesse Composto e ci chiede solo di donare a persone bisognose che esisteranno in un lontano futuro. Ma chi è veramente altruista non pensa al "dove" e al "quando", pensa semmai al "quanto", pensa a "dare di più" secondo le proprie possibilità: lo specchio e l' Interesse consentono di dare molto di più.
Ben Franklin donò l' irrisoria cifra di 1.000 sterline alla città di Boston. Solo che lo fece nel 1790 e non donò semplicemente a "Boston" ma alla Boston del 1990. Il beneficiario passò all' incasso di... oltre duemilioni di dollari!
Chiudo con la domanda più scottante: visto che la nostra testa è quella di Alice e non certo quella di Ben Franklin, visto cioè che non ci annodiamo al prossimo per altruismo, perchè mai lo facciamo?
Alice sa di poter donare ai poveri "attraverso lo specchio".
Lo specchio ha virtù strabilianti: chi dà, dà un euro; chi riceve, ne riceve mille.
Unico vincolo: con lo specchio si dona solo a persone lontane.
Spesso Alice è preda dello sconforto e del pessimismo, vede il suo dono manipolato e sviato da intermediari malvagi. Quando pensieri tanto foschi l' assillano, preferisce astenersi da ogni beneficienza.
Altre volte però si sente magnanima, benchè si rifiuti fermamente di donare attraverso lo specchio; in questi casi le logiche che segue la sua generosità mutano di volta in volta. Eccone un campionario limitato.
1. "lavoro sodo e contribuisco all' economia mondiale dando tutta me stessa: questo è il mio apporto".
2. "dono all' Ospedale locale, conosco chi ci lavora e in fondo una donazione vale l' altra, l' importante è farla".
3. "prediligo il consumo critico e quando compro il caffè ho in mente la foresta pluviale".
4. "perchè donare a chi è distante? Molto meglio beneficiare il mio vicino".
...
Gemelli annodati (altre allucinazioni di John Jacobsmeyer)
Qualsiasi sia la logica seguita da Alice, difficile pensare a lei come ad una persona altruista: come potrebbe esserlo veramente chi preferisce dare "uno" anzichè "mille"?
Ma forse al mondo il vero altruismo non esiste, infatti tutti noi abbiamo a disposizione uno specchio e anzichè 1 potremmo dare 1.000.
Il nome di questo specchio si chiama Interesse Composto e ci chiede solo di donare a persone bisognose che esisteranno in un lontano futuro. Ma chi è veramente altruista non pensa al "dove" e al "quando", pensa semmai al "quanto", pensa a "dare di più" secondo le proprie possibilità: lo specchio e l' Interesse consentono di dare molto di più.
Ben Franklin donò l' irrisoria cifra di 1.000 sterline alla città di Boston. Solo che lo fece nel 1790 e non donò semplicemente a "Boston" ma alla Boston del 1990. Il beneficiario passò all' incasso di... oltre duemilioni di dollari!
Chiudo con la domanda più scottante: visto che la nostra testa è quella di Alice e non certo quella di Ben Franklin, visto cioè che non ci annodiamo al prossimo per altruismo, perchè mai lo facciamo?
sabato 27 marzo 2010
SS: lo Smoccolatore Supremo
Per fortuna viviamo in società che ha ancora un' idea del Male e che non consente di smoccolare impuniti la candela della vita umana.
Ma sfortunatamente l' idea predominante del Male che ci attraversa potrebbe presentare qualche deformità.
Per chi vive guardando la televisione che guardo io il culmine del crimine si chiama "genocidio". La parola va pronunciata lentamente e guardando in camera.
La Storia del Novecento pesa e il genocidio rappresenta nel nostro immaginario il Male supremo.
Ma, mi chiedo, perchè non far interagire il nostro immaginario con la nostra ragione? D' altronde il genocidio non monopolizza certo quell' incontestabile levatrice che è la Storia, anzi.
Non nego che far fuori un milione di persone a causa dell' etnia a cui appartengono sia probabilmente più crudele che ammazzarle per l' idea che professano. L' idea in fondo si puo' cambiare.
Ma questo è vero a priori. A posteriori, appena prima di compiere l' assassinio ideologico, sai ormai con certezza che la vittima non tradità mai la sua fede.
In genere si rende il concetto dicendo che, a posteriori, "i morti sono morti".
I morti sì, ma il dolore che si è creato e sparso nel mondo? Anche quello è uguale?
Forse per un utilitarista no, per lui uccidere 1 persona e ucciderne 1.000.000 non è esattamente la medesima cosa e seguendo la stessa logica arriva a dire che il dolore complessivo per le stragi non puo' essere sempre lo stesso.
Sono uscito a prendere il pane e rientrando mi sono imbattuto in un funerale con parenti affranti intorno alla bara. Se mi ricordo dell' evento anche dopo dieci minuti è solo perchè sto scrivendo ora sul "dolore", in caso contrario mi sarei dimenticato di questo insignificante - per me - episodio. Purtroppo a quella persona posso dedicare solo un pensiero fuggitivo.
Le connessioni affettive che crea l' etnia fanno preferire il "genocidio" all' "omicidio di massa": 5.000.000 di vittime scelte a caso portano al mondo più dolore rispetto ad un genocidio che spazzi via 5.000.000 di uomini: nel secondo caso periscono anche parecchie persone che sarebbero destinate a soffrire per tutta la vita.
Eppure nella nostra società questa considerazione sembra negata. Perchè?
Non tutti saranno d' accordo, eppure, chi vede nel genocidio il più alto dei crimini è spesso la persona con le carte in regola per accettare il ragionamento di cui sopra, è la persona più disponibile ad accettare che sparisca chi è destinato a soffrire tutta la vita.
Ma è una questione di "culture" che si estinguono, qualcuno opina.
Se l' omicida di massa selezionasse in base alle idee o alla classe sociale (Stalin), anche lì assisteremmo ad un' estinzione culturale.
Ma oggi - 2010 - una "cultura" particolare, vale al punto da compensare il dolore in eccedenza della selezione random?
I "finnici", come etnia, sono spariti da poco e nessuno se n' è accorto.
Un mondo libero è un mondo aperto, alcuni sostengono che in un mondo del genere le "culture" proliferano (e allora la singola cultura ha poco peso), altri che convergono (e allora si tratta di uccidere un cadavere).
Resta dunque inevaso l' interrogativo: perchè il male supremo resta per noi il Genocidio?
Bisogna rispondere alla svelta e in modo puntuale, prima che si presentino alternative impresentabili come l' Irrazionalità generalizzata o la Propaganda.
link
Ma sfortunatamente l' idea predominante del Male che ci attraversa potrebbe presentare qualche deformità.
Per chi vive guardando la televisione che guardo io il culmine del crimine si chiama "genocidio". La parola va pronunciata lentamente e guardando in camera.
La Storia del Novecento pesa e il genocidio rappresenta nel nostro immaginario il Male supremo.
Ma, mi chiedo, perchè non far interagire il nostro immaginario con la nostra ragione? D' altronde il genocidio non monopolizza certo quell' incontestabile levatrice che è la Storia, anzi.
Non nego che far fuori un milione di persone a causa dell' etnia a cui appartengono sia probabilmente più crudele che ammazzarle per l' idea che professano. L' idea in fondo si puo' cambiare.
Ma questo è vero a priori. A posteriori, appena prima di compiere l' assassinio ideologico, sai ormai con certezza che la vittima non tradità mai la sua fede.
In genere si rende il concetto dicendo che, a posteriori, "i morti sono morti".
I morti sì, ma il dolore che si è creato e sparso nel mondo? Anche quello è uguale?
Forse per un utilitarista no, per lui uccidere 1 persona e ucciderne 1.000.000 non è esattamente la medesima cosa e seguendo la stessa logica arriva a dire che il dolore complessivo per le stragi non puo' essere sempre lo stesso.
Sono uscito a prendere il pane e rientrando mi sono imbattuto in un funerale con parenti affranti intorno alla bara. Se mi ricordo dell' evento anche dopo dieci minuti è solo perchè sto scrivendo ora sul "dolore", in caso contrario mi sarei dimenticato di questo insignificante - per me - episodio. Purtroppo a quella persona posso dedicare solo un pensiero fuggitivo.
Le connessioni affettive che crea l' etnia fanno preferire il "genocidio" all' "omicidio di massa": 5.000.000 di vittime scelte a caso portano al mondo più dolore rispetto ad un genocidio che spazzi via 5.000.000 di uomini: nel secondo caso periscono anche parecchie persone che sarebbero destinate a soffrire per tutta la vita.
Eppure nella nostra società questa considerazione sembra negata. Perchè?
Non tutti saranno d' accordo, eppure, chi vede nel genocidio il più alto dei crimini è spesso la persona con le carte in regola per accettare il ragionamento di cui sopra, è la persona più disponibile ad accettare che sparisca chi è destinato a soffrire tutta la vita.
Ma è una questione di "culture" che si estinguono, qualcuno opina.
Se l' omicida di massa selezionasse in base alle idee o alla classe sociale (Stalin), anche lì assisteremmo ad un' estinzione culturale.
Ma oggi - 2010 - una "cultura" particolare, vale al punto da compensare il dolore in eccedenza della selezione random?
I "finnici", come etnia, sono spariti da poco e nessuno se n' è accorto.
Un mondo libero è un mondo aperto, alcuni sostengono che in un mondo del genere le "culture" proliferano (e allora la singola cultura ha poco peso), altri che convergono (e allora si tratta di uccidere un cadavere).
Resta dunque inevaso l' interrogativo: perchè il male supremo resta per noi il Genocidio?
Bisogna rispondere alla svelta e in modo puntuale, prima che si presentino alternative impresentabili come l' Irrazionalità generalizzata o la Propaganda.
link
venerdì 26 marzo 2010
Un goccio di troppo per la consorte
Sono un fan del sito dell' UAAR!
E' semplice, chiaro e ben fatto. Lo consulto spesso per temprarmi, e dove altrove annaspo nella nebbia dei gerghi e del detto/non-detto, qui spesso trovo il sollievo della chiarezza.
Unica riserva: si ha sempre l' impressione che pretendano la botte piena e la moglie ubriaca.
Prendiamo ancora l' argomento pascaliano, altrove avevo espresso perplessità, forse dovute ai paradossi impliciti nel calcolo probabilistico.
L' UAAR non tocca questi temi, rischierebbero di gettare ombre sulla validità di un caposaldo del ragionamento logico-deduttivo.
Come si oppone, dunque?
Non c' è che l' imbarazzo della scelta, e risuona il beffardo ammonimento di Dawkins:
"...Pascal might have been joking when he put forward this argument. As a leading philosopher and mathematician it is not worthy of his more serious thoughts. There are many arguments against it, if you feel it is worth arguing against..."
Ma vediamoli questi "innumerevoli" argomenti.
... Una prima risposta è che le percentuali non sono 50-50...
Ma non è affatto necessario che lo siano affinchè l' argomento pascaliano regga.
Inoltre, questo argomento non indica in quale religione credere
Sarà una bega tra credenti. L' irrazionalità dell' ateismo non si salva certo con questa osservazione.
Peraltro, se Dio ci ha dato la sua intelligenza per credere in lui, e noi non gli crediamo, vuol dire che Dio non ci avrebbe donato abbastanza intelligenza per riuscirci
Magari non l' hai esercitata. Devi prima dimostrare di non essere libero, e la vedo mooolto dura.
... anche accettando il ragionamento di Pascal, non è assodato che Dio gradisca che gli si creda solo per un semplice calcolo di convenienza
Ma nelle scommesse non c' è mai nulla di "assodato"! Perchè mai dovrebbe essere assodato che...? Ma soprattutto, cosa potrebbe mai cambiare dopo questa osservazione che ha tutta l' aria di essere irrilevante?
... potrebbe sempre esistere una divinità che subordina la felicità eterna all’assenza di qualsiasi forma di credenza: si salverebbero solo gli atei e gli agnostici…
Ma per fare dell' ateismo/agnosticismo una scelta razionale, nell' esistenza di una divinità del genere bisogna poi crederci! In caso contrario si deve correre verso una divinità concorrente!
In ogni caso la fede nel dio-degli-atei sarebbe incongrua in sè, poichè si DEVE credere in un dio che ci chiede di "non credere".
Non pensi di salvarsi l' ateo che fa il pesce in barile su simili questioni evitando di considerarle. Dimostrerebbe solo l' irrazionalità del suo sistema decisionale.
Ultima cosa: questa eventuale fede dell' ateo nel Dio dei non-credenti, oltre ad essere incongrua (ma passiamoci sopra) farebbe di lui un dogmatico, crederebbe infatti in qualcosa che non puo' assolutamente dimostrare vera.
Gli innumerevoli argomenti che ci venivano ventilati per difendere ateismo e agnosticismo sembrano ridursi sul sito dell' UAAR sempre allo stesso, con varianti dovute a giochi di parole.
Uno modo per "sconfiggere" Pascal in realtà ci sarebbe e chiunque lo scorge: consiste nel dimostrare con rigore l' inesistenza di un "dio portatore di felicità eterna".
Auguri.
La scommessa di Pascal non aiuta granchè la fede del cristiano, eppure conserva la sua lezione principale: si puo' essere atei, si puo' essere razionali, si puo' essere pure anti-dogmatici... ma non si puo' essere atei/razionali/anti-dogmatici. A meno di costruirsi l' Universo in casa su misura.
Purtroppo è proprio la pretesa dell' UAAR: atei/razionalisti/anti-dogmatici.
E qui mi tocca rinviare alla splendida mogliettina ubriaca di cui sopra.
E' semplice, chiaro e ben fatto. Lo consulto spesso per temprarmi, e dove altrove annaspo nella nebbia dei gerghi e del detto/non-detto, qui spesso trovo il sollievo della chiarezza.
Unica riserva: si ha sempre l' impressione che pretendano la botte piena e la moglie ubriaca.
Prendiamo ancora l' argomento pascaliano, altrove avevo espresso perplessità, forse dovute ai paradossi impliciti nel calcolo probabilistico.
L' UAAR non tocca questi temi, rischierebbero di gettare ombre sulla validità di un caposaldo del ragionamento logico-deduttivo.
Come si oppone, dunque?
Non c' è che l' imbarazzo della scelta, e risuona il beffardo ammonimento di Dawkins:
"...Pascal might have been joking when he put forward this argument. As a leading philosopher and mathematician it is not worthy of his more serious thoughts. There are many arguments against it, if you feel it is worth arguing against..."
Ma vediamoli questi "innumerevoli" argomenti.
... Una prima risposta è che le percentuali non sono 50-50...
Ma non è affatto necessario che lo siano affinchè l' argomento pascaliano regga.
Inoltre, questo argomento non indica in quale religione credere
Sarà una bega tra credenti. L' irrazionalità dell' ateismo non si salva certo con questa osservazione.
Peraltro, se Dio ci ha dato la sua intelligenza per credere in lui, e noi non gli crediamo, vuol dire che Dio non ci avrebbe donato abbastanza intelligenza per riuscirci
Magari non l' hai esercitata. Devi prima dimostrare di non essere libero, e la vedo mooolto dura.
... anche accettando il ragionamento di Pascal, non è assodato che Dio gradisca che gli si creda solo per un semplice calcolo di convenienza
Ma nelle scommesse non c' è mai nulla di "assodato"! Perchè mai dovrebbe essere assodato che...? Ma soprattutto, cosa potrebbe mai cambiare dopo questa osservazione che ha tutta l' aria di essere irrilevante?
... potrebbe sempre esistere una divinità che subordina la felicità eterna all’assenza di qualsiasi forma di credenza: si salverebbero solo gli atei e gli agnostici…
Ma per fare dell' ateismo/agnosticismo una scelta razionale, nell' esistenza di una divinità del genere bisogna poi crederci! In caso contrario si deve correre verso una divinità concorrente!
In ogni caso la fede nel dio-degli-atei sarebbe incongrua in sè, poichè si DEVE credere in un dio che ci chiede di "non credere".
Non pensi di salvarsi l' ateo che fa il pesce in barile su simili questioni evitando di considerarle. Dimostrerebbe solo l' irrazionalità del suo sistema decisionale.
Ultima cosa: questa eventuale fede dell' ateo nel Dio dei non-credenti, oltre ad essere incongrua (ma passiamoci sopra) farebbe di lui un dogmatico, crederebbe infatti in qualcosa che non puo' assolutamente dimostrare vera.
Gli innumerevoli argomenti che ci venivano ventilati per difendere ateismo e agnosticismo sembrano ridursi sul sito dell' UAAR sempre allo stesso, con varianti dovute a giochi di parole.
Uno modo per "sconfiggere" Pascal in realtà ci sarebbe e chiunque lo scorge: consiste nel dimostrare con rigore l' inesistenza di un "dio portatore di felicità eterna".
Auguri.
La scommessa di Pascal non aiuta granchè la fede del cristiano, eppure conserva la sua lezione principale: si puo' essere atei, si puo' essere razionali, si puo' essere pure anti-dogmatici... ma non si puo' essere atei/razionali/anti-dogmatici. A meno di costruirsi l' Universo in casa su misura.
Purtroppo è proprio la pretesa dell' UAAR: atei/razionalisti/anti-dogmatici.
E qui mi tocca rinviare alla splendida mogliettina ubriaca di cui sopra.
Pentiti!
Pentiti! - e prega - Il giorno del giudizio è vicino.
Aperta parentesi.
Ogni cabina numerata da 1 a 100 è predisposta per ospitare una persona ignara del suo numero.
Dio lancia la moneta: se esce Testa in ogni cabina metterà una persona, se esce Croce riempirà solo le prime 10 cabine.
Chiuso nella mia cabina, mi è dato di uscire. Corro subito a leggere il mio numero: 7!
Croce? Sì, almeno con una propabilità del 91%.
Chiusa parentesi.
Passeggiando per la città ne incontro di tutti i tipi, ma due categorie m' incuriosiscono: alcuni pregano e postulano la Grazia, la fine è vicina e non rimane che pregare devotamente e pascalianamente sperando in un' inspiegabile salvezza. Altri gozzovigliano e si mostrano sprezzanti: se è andata bene fin ora, perchè darsi pena? E poi noi che ne sappiamo di queste cose...
Millenaristi e Ottimisti. Chi ha ragione secondo la ragione?
Per il mio amico Millenarista non più di 200 bilioni di uomini hanno visto/vedono/vedranno la luce. Per lui il verdetto della Moneta divina è chiaro: Croce, Croce. Dio ha scelto di creare pochi uomini, è la logica a dircelo.
Per il mio amico Ottimista non c' è da preoccuparsi, almeno 200 trilioni di uomini, tra morti, in salute e nascituri, mi terranno compagnia nel club dell' Umanità. E forse anche di più! Su con la vita, è uscita Testa e l' energia creativa del nostro Dio non ha limiti.
Ho fatto quattro conti anch' io, mi sono cioè liberato dall' involucro che m' impediva di vedere il numero della cabina che mi racchiudeva. Ora lo vedo con terrore: 70b. Sono il 70 bilionesimo uomo che calca il palcoscenico terrestre.
Cristo, aiuto! la fine del mondo è qui, pietà... è uscito Croce... Croce!
Al 91%.
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Aperta parentesi.
Ogni cabina numerata da 1 a 100 è predisposta per ospitare una persona ignara del suo numero.
Dio lancia la moneta: se esce Testa in ogni cabina metterà una persona, se esce Croce riempirà solo le prime 10 cabine.
Chiuso nella mia cabina, mi è dato di uscire. Corro subito a leggere il mio numero: 7!
Croce? Sì, almeno con una propabilità del 91%.
Chiusa parentesi.
Passeggiando per la città ne incontro di tutti i tipi, ma due categorie m' incuriosiscono: alcuni pregano e postulano la Grazia, la fine è vicina e non rimane che pregare devotamente e pascalianamente sperando in un' inspiegabile salvezza. Altri gozzovigliano e si mostrano sprezzanti: se è andata bene fin ora, perchè darsi pena? E poi noi che ne sappiamo di queste cose...
Millenaristi e Ottimisti. Chi ha ragione secondo la ragione?
Per il mio amico Millenarista non più di 200 bilioni di uomini hanno visto/vedono/vedranno la luce. Per lui il verdetto della Moneta divina è chiaro: Croce, Croce. Dio ha scelto di creare pochi uomini, è la logica a dircelo.
Per il mio amico Ottimista non c' è da preoccuparsi, almeno 200 trilioni di uomini, tra morti, in salute e nascituri, mi terranno compagnia nel club dell' Umanità. E forse anche di più! Su con la vita, è uscita Testa e l' energia creativa del nostro Dio non ha limiti.
Ho fatto quattro conti anch' io, mi sono cioè liberato dall' involucro che m' impediva di vedere il numero della cabina che mi racchiudeva. Ora lo vedo con terrore: 70b. Sono il 70 bilionesimo uomo che calca il palcoscenico terrestre.
Cristo, aiuto! la fine del mondo è qui, pietà... è uscito Croce... Croce!
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giovedì 25 marzo 2010
Perchè sono Cristiano?
Non è solo per il disagio di restare appeso ad un filo nel vuoto...
... non è solo per la sete di libertà...
è soprattutto perchè...
... perchè per saperne di più sulla struttura dell' atomo chiedo all' insigne professore di Fisica. E' nella miglior posizione per "conoscere".
Così, per saperne di più su Dio, chiedo e ascolto chi compie miracoli. E' nella posizione migliore per conoscere.
Tra gli annunciatori della fede - ce ne sono tanti - è Cristo a fondare tutto, ma veramente tutto il suo messaggio su un miracolo concreto e specifico avvenuto nella storia: la Resurrezione.
... non è solo per la sete di libertà...
è soprattutto perchè...
... perchè per saperne di più sulla struttura dell' atomo chiedo all' insigne professore di Fisica. E' nella miglior posizione per "conoscere".
Così, per saperne di più su Dio, chiedo e ascolto chi compie miracoli. E' nella posizione migliore per conoscere.
Tra gli annunciatori della fede - ce ne sono tanti - è Cristo a fondare tutto, ma veramente tutto il suo messaggio su un miracolo concreto e specifico avvenuto nella storia: la Resurrezione.
Povero Alain
ALAIN CONNES: nella mia esperienza gli oggetti matematici hanno una purezza tale che li rende liberi da ogni involucro culturale. La lista dei numeri primi, tanto per fare un esempio, ha una realtà più stabile e permanente di ogni realtà che ci circonda: è un fatto bruto se mai ne esistano al mondo.
JEAN-PIERRE CHANGEUX: non siamo piuttosto di fronte a strumenti che l' uomo si è costruito nella sua testa, chiedo allo specialista?
AC: non bisogna confondere la realtà con gli strumenti. Attingendo alla matematica ci costruiamo degli strumenti (sistema metrico decimale, datazione...), ma la matematica è una realtà. Ci sono "continenti" matematici, penso ai corpi "piadici", che non sono mai serviti a nulla ma sono stati "scoperti" da tempo e indagati nel dettaglio.
JPG: eppure la matematica ha una storia...
AC: il sapere matematico ha una storia, ma la matematica non sembra averne: quando una conoscenza si stabilizza la sua architettura resta poi immutabile, questo è cio' che osserviamo. Una realtà stabile e permanente, dunque. Neanche le geometrie iperboliche hanno mai sconvolto la coerenza della geometria euclidea. La sua idealità sembra proprio preesistere all' uomo.
JPG: non mi spingo ad accostare il tuo atteggiamento a quello di Teilhard de Chardin ma quando dici che il matematico "scopre" una realtà senza sotria (evolutiva) intravedo una sorta di "finalismo". Anche noi biologi in laboratorio utilizziamo metafore finalistiche per semplificare la comunicazione, ma ci guardiamo bene dal prenderle alla lettera. La tua mentalità mi sembra invece "creazionista".
AC: intendiamoci sul concetto di evoluzione: in matematica le conoscenze evolvono ma la realtà sottostante non cambia. Che cosa c' entra il finalismo con tutto cio'?
Povero ingenuo Alain, sarai anche il più grande matematico vivente, ma ancora non hai capito che in molti cervelli l' idea darwiniana si è trasformato da paradigma scientifico in teologia? E a quanto pare il biologo con cui dialoghi si è trasformato in teologo e ti sta dando a ragione del miscredente: credi fermamente che esista un grosso pezzo di realtà che non "evolve" affatto. Ahi, Ahi.
Povero ingenuo Alain, sarai anche il più grande matematico su cui oggi puo' contare l' umanità, ma ti sfugge che quando i neo-bio-teologi evoluzionisti ti danno del "finalista" è come se il capo-cupola ti desse dell' infame. L' infame ha fatto la "soffiata", il che è male per le sorti della cosca, il "finalista" crede nell' esistenza di "strane coincidenze", il che è male per le sorti dell' umanità tutta.
Ed è inutile - povero e caro Alain - che ingenuamente all' oscuro del gergo mafioso, vieni a dirci: "... cosa c' entra il Finalismo?...".
"Finalista" è colui che rivela l' esistenza di "strane coincidenze" e tu, nel corso del colloquio, non fai altro che stupirti per la "sorprendente efficacia della matematica", non fai che raccontare aneddoti su matematici che trovano soluzioni a problemi che ancora non esistono.
Il tuo inascoltabile racconto del reale così come lo avvisti dalla tua postazione di genietto è una sequela di "coincidenze", di "permanenze", di "stabilità", di "coerenze" del tutto indipendenti dall' uomo e dal suo pensiero; una pappa decisamente indigeribile dallo struzzo evoluzionistoide! Ma con tutto cio' cosa pretendi? Per carità, nessun problema con l' evoluzionismo, ma non puoi pretendere di evitare grane con quella strana e imbarazzante appendice che è la casta sacerdotale del darwinismo. Come minimo la scomunica di Caifa dovevi aspettartela!
Povero, ingenuo Alain...
JEAN-PIERRE CHANGEUX: non siamo piuttosto di fronte a strumenti che l' uomo si è costruito nella sua testa, chiedo allo specialista?
AC: non bisogna confondere la realtà con gli strumenti. Attingendo alla matematica ci costruiamo degli strumenti (sistema metrico decimale, datazione...), ma la matematica è una realtà. Ci sono "continenti" matematici, penso ai corpi "piadici", che non sono mai serviti a nulla ma sono stati "scoperti" da tempo e indagati nel dettaglio.
JPG: eppure la matematica ha una storia...
AC: il sapere matematico ha una storia, ma la matematica non sembra averne: quando una conoscenza si stabilizza la sua architettura resta poi immutabile, questo è cio' che osserviamo. Una realtà stabile e permanente, dunque. Neanche le geometrie iperboliche hanno mai sconvolto la coerenza della geometria euclidea. La sua idealità sembra proprio preesistere all' uomo.
JPG: non mi spingo ad accostare il tuo atteggiamento a quello di Teilhard de Chardin ma quando dici che il matematico "scopre" una realtà senza sotria (evolutiva) intravedo una sorta di "finalismo". Anche noi biologi in laboratorio utilizziamo metafore finalistiche per semplificare la comunicazione, ma ci guardiamo bene dal prenderle alla lettera. La tua mentalità mi sembra invece "creazionista".
AC: intendiamoci sul concetto di evoluzione: in matematica le conoscenze evolvono ma la realtà sottostante non cambia. Che cosa c' entra il finalismo con tutto cio'?
Povero ingenuo Alain, sarai anche il più grande matematico vivente, ma ancora non hai capito che in molti cervelli l' idea darwiniana si è trasformato da paradigma scientifico in teologia? E a quanto pare il biologo con cui dialoghi si è trasformato in teologo e ti sta dando a ragione del miscredente: credi fermamente che esista un grosso pezzo di realtà che non "evolve" affatto. Ahi, Ahi.
Povero ingenuo Alain, sarai anche il più grande matematico su cui oggi puo' contare l' umanità, ma ti sfugge che quando i neo-bio-teologi evoluzionisti ti danno del "finalista" è come se il capo-cupola ti desse dell' infame. L' infame ha fatto la "soffiata", il che è male per le sorti della cosca, il "finalista" crede nell' esistenza di "strane coincidenze", il che è male per le sorti dell' umanità tutta.
Ed è inutile - povero e caro Alain - che ingenuamente all' oscuro del gergo mafioso, vieni a dirci: "... cosa c' entra il Finalismo?...".
"Finalista" è colui che rivela l' esistenza di "strane coincidenze" e tu, nel corso del colloquio, non fai altro che stupirti per la "sorprendente efficacia della matematica", non fai che raccontare aneddoti su matematici che trovano soluzioni a problemi che ancora non esistono.
Il tuo inascoltabile racconto del reale così come lo avvisti dalla tua postazione di genietto è una sequela di "coincidenze", di "permanenze", di "stabilità", di "coerenze" del tutto indipendenti dall' uomo e dal suo pensiero; una pappa decisamente indigeribile dallo struzzo evoluzionistoide! Ma con tutto cio' cosa pretendi? Per carità, nessun problema con l' evoluzionismo, ma non puoi pretendere di evitare grane con quella strana e imbarazzante appendice che è la casta sacerdotale del darwinismo. Come minimo la scomunica di Caifa dovevi aspettartela!
Povero, ingenuo Alain...
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mercoledì 24 marzo 2010
Una roba violacea
L' abortista ritiene di poter sopprimere la vita umana nel suo stadio iniziale: "quella roba violacea", ognuno la chiami come vuole, non ha nessun diritto, nemmeno quello fondamentale di sopravvivere.
D' altro canto l' abortista ritiene ripugnante sopprimere "quella roba violacea" per il fatto che da essa nascerà una femmina (aborto selettivo).
Come conciliare queste due posizioni? O il "purple haze" ha dei diritti o non li ha.
A quanto pare non si scappa, l' abortista è anche sessista: "quella roba lì" ha qualche diritto giusto se catalogabile come "femmina".
Che fatica raddrizzar banane!
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D' altro canto l' abortista ritiene ripugnante sopprimere "quella roba violacea" per il fatto che da essa nascerà una femmina (aborto selettivo).
Come conciliare queste due posizioni? O il "purple haze" ha dei diritti o non li ha.
A quanto pare non si scappa, l' abortista è anche sessista: "quella roba lì" ha qualche diritto giusto se catalogabile come "femmina".
Che fatica raddrizzar banane!
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Trappoloni
I tre trappoloni più ricorrenti in cui cade il lettore di statistiche.
1. La "significatività" statistica indica che esiste una probabilità del 5% che la Relazione supposta non esista in presenza dei Dati sperimentali. Il che non significa una probabilità del 95% dell' esistenza di R in presenza di D. Infatti se sposando un non-biondo ho il 5% di possibilità di sposare un uomo intelligente, non significa che sposando un biondo le probabilità di accasarmi con un tipo brillante siano del 95%!**
2. La singola relazione deve essere testata in un modello. Specie nelle scienze sociali i Dati sperimentali sono ballerini e contengono essi stessi numerosi bias. In questo senso la conoscenza è olistica.
3. La lettura dei dati deve essere bayesiana, quasi sempre questo sfugge.
**Consider this simplified example. Suppose a certain dog is known to bark constantly when hungry. But when well-fed, the dog barks less than 5 percent of the time. So if you assume for the null hypothesis that the dog is not hungry, the probability of observing the dog barking (given that hypothesis) is less than 5 percent. If you then actually do observe the dog barking, what is the likelihood that the null hypothesis is incorrect and the dog is in fact hungry?
Answer: That probability cannot be computed with the information given. The dog barks 100 percent of the time when hungry, and less than 5 percent of the time when not hungry. To compute the likelihood of hunger, you need to know how often the dog is fed, information not provided by the mere observation of barking
1. La "significatività" statistica indica che esiste una probabilità del 5% che la Relazione supposta non esista in presenza dei Dati sperimentali. Il che non significa una probabilità del 95% dell' esistenza di R in presenza di D. Infatti se sposando un non-biondo ho il 5% di possibilità di sposare un uomo intelligente, non significa che sposando un biondo le probabilità di accasarmi con un tipo brillante siano del 95%!**
2. La singola relazione deve essere testata in un modello. Specie nelle scienze sociali i Dati sperimentali sono ballerini e contengono essi stessi numerosi bias. In questo senso la conoscenza è olistica.
3. La lettura dei dati deve essere bayesiana, quasi sempre questo sfugge.
**Consider this simplified example. Suppose a certain dog is known to bark constantly when hungry. But when well-fed, the dog barks less than 5 percent of the time. So if you assume for the null hypothesis that the dog is not hungry, the probability of observing the dog barking (given that hypothesis) is less than 5 percent. If you then actually do observe the dog barking, what is the likelihood that the null hypothesis is incorrect and the dog is in fact hungry?
Answer: That probability cannot be computed with the information given. The dog barks 100 percent of the time when hungry, and less than 5 percent of the time when not hungry. To compute the likelihood of hunger, you need to know how often the dog is fed, information not provided by the mere observation of barking
Disegnando nuovi incastri famigliari
1. Ogni donna nasce con 300.000 ovuli. Dopo i 30 anni gliene resta il 12%, dopo i 40 il 3%.
2. I rischi di diabete gestazionale, ipertensione, anomalie cormosomiche, autismo crescono con l' età della mamma.
3. I figli di mamme anziane riscuotono un maggiore successo socio-economico. Ma se introduciamo variabili quali reddito ed istruzione familiare, il legame con l' età svanisce.
4. La maternità tardiva stronca anche la carriera meglio avviata.
5. Le maternità non volute si concentrano in giovane età. Un figlio indesiderato spesso è causa di povertà.
Se questo è il quadro, come disegnare un piano razionale?
Forse, per avere una nuova ed efficace riforma familiare, qualche tradizione andrebbe rispolverata e qualche innovazione introdotta.
SCHIZZO IPOTETICO: sposarsi e filiare tra i 16-22 anni. Riprendere gli studi successivamente e intraprendere la propria carriera in modo lineare.
Per rendere la proposta concreta basta poco.
STRUMENTO 1: trasferimenti di reddito nella famiglia verticalmente allargata.
STRUMENTO 2: scuole e università in grado di gestire e valorizzare la sospensione degli studi.
Veniamo alle conseguenze dell' incastro parentale proposto.
EFFETTO 1. Figli più sani.
EFFETTO 2. Figli più numerosi.
EFFETTO 3. Figli inattesi meno numerosi: l' età critica coincide con quella in cui i figli si cercano.
EFFETTO 4. Meno bamboccioni: ci si sposa e si esce di casa presto.
EFFETTO 5. Meno asili: genitori, nonni e bisnonni più numerosi ed energici.
EFFETTO 6. Meno pensioni: i vecchi hanno un nugolo di giovani in forze che pensano a loro.
EFFETTO 7. Famiglie più estese, compatte e solidali: nonni e bisnonni sono cruciali nel dare aiuto alimentando l' obbligazione morale di figli e nipoti.
EFFETTO 8. meno ghetti nel ciclo di vita: oggi si "studia" nella giovinezza e poi non si prende più in mano un libro per l' intera vita.
EFFETTO 9. Carriere più lineari e (quindi) reddito famigliare maggiore.
EFFETTO 10. Meno discriminazioni sul lavoro: si assume e si responsabilizza con la certezza che la donna non avrà figli, oggi c' è la certezza contraria.
EFFETTO 11: Meno divorzi? Non saprei dire, non ho dati in merito... ma forse "crescendo insieme"...
2. I rischi di diabete gestazionale, ipertensione, anomalie cormosomiche, autismo crescono con l' età della mamma.
3. I figli di mamme anziane riscuotono un maggiore successo socio-economico. Ma se introduciamo variabili quali reddito ed istruzione familiare, il legame con l' età svanisce.
4. La maternità tardiva stronca anche la carriera meglio avviata.
5. Le maternità non volute si concentrano in giovane età. Un figlio indesiderato spesso è causa di povertà.
Se questo è il quadro, come disegnare un piano razionale?
Forse, per avere una nuova ed efficace riforma familiare, qualche tradizione andrebbe rispolverata e qualche innovazione introdotta.
SCHIZZO IPOTETICO: sposarsi e filiare tra i 16-22 anni. Riprendere gli studi successivamente e intraprendere la propria carriera in modo lineare.
Per rendere la proposta concreta basta poco.
STRUMENTO 1: trasferimenti di reddito nella famiglia verticalmente allargata.
STRUMENTO 2: scuole e università in grado di gestire e valorizzare la sospensione degli studi.
Veniamo alle conseguenze dell' incastro parentale proposto.
EFFETTO 1. Figli più sani.
EFFETTO 2. Figli più numerosi.
EFFETTO 3. Figli inattesi meno numerosi: l' età critica coincide con quella in cui i figli si cercano.
EFFETTO 4. Meno bamboccioni: ci si sposa e si esce di casa presto.
EFFETTO 5. Meno asili: genitori, nonni e bisnonni più numerosi ed energici.
EFFETTO 6. Meno pensioni: i vecchi hanno un nugolo di giovani in forze che pensano a loro.
EFFETTO 7. Famiglie più estese, compatte e solidali: nonni e bisnonni sono cruciali nel dare aiuto alimentando l' obbligazione morale di figli e nipoti.
EFFETTO 8. meno ghetti nel ciclo di vita: oggi si "studia" nella giovinezza e poi non si prende più in mano un libro per l' intera vita.
EFFETTO 9. Carriere più lineari e (quindi) reddito famigliare maggiore.
EFFETTO 10. Meno discriminazioni sul lavoro: si assume e si responsabilizza con la certezza che la donna non avrà figli, oggi c' è la certezza contraria.
EFFETTO 11: Meno divorzi? Non saprei dire, non ho dati in merito... ma forse "crescendo insieme"...
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