venerdì 15 novembre 2019

TRA 150 ANNI

TRA 150 ANNI
Questo è il classico libro sconsigliato alle donne, salvo eccezioni sono sempre così poco interessate alle cose "distanti" nel tempo e nello spazio, specie quando si ha la pretesa di trattarle con rigore senza fantasticherie di sorta o metafore allusive all'oggi. L'orizzonte qui assunto è quello ultrasecolare, un futuro a detta dell'autore - fisico ed economista - dominato dai robot. Anzi, dagli emulatori, ovvero soggetti artificiali creati partendo da "stampe" selezionate di cervelli umani successivamente "caricati" su computer e adeguatamente velocizzati e potenziati.
Hanson non intende affrontare problemi filosofici legati all'identità di questi esseri. Niente domande del tipo: "hanno una coscienza?", "hanno dei diritti?", "sono come me?". Niente di tutto questo, ci si concentra solo sulle implicazioni sociali più probabili in presenza di questi soggetti.
Francamente, ho qualche dubbio che si si possano realisticamente calcolare le conseguenze sociali senza farle in qualche modo dipendere dallo status ontologico che verrà attribuito a questi nuovi esseri. E difatti, Hanson, nonostante la professione di intenti iniziali, di fatto finisce per privilegiare l'ipotesi ontologica più estrema: gli emulatori sono sostanzialmente degli esseri umani. Il che è del tutto lecito (io stesso propendo per questa soluzione) senonché non capisco perché non venga esplicitato.
Purtroppo, il libro parla poco degli esseri umani in senso stretto mentre io sarei più curioso della loro sorte visto che nonostante tutto considero gli uomini biologici i miei veri discendenti. Ad ogni modo quel che dice di loro è rassicurante, l'uomo biologico sarà sì marginalizzato rispetto alle attività produttive, vivrà nelle campagne, lontano dalle città più dinamiche ma godrà pur sempre di uno stato confortevole garantito dalle rendite dei suoi investimenti fatti nell'economia iper-produttiva degli emulatori. Gli uomini biologici resteranno proprietari più o meno di tutto - immobili, azioni, obbligazioni, brevetti... - ma si ritireranno dagli affari vivendo indolenti e appartati. Così come noi non ci liberiamo dei nostri pensionati, gli emulatori non si libereranno dei loro creatori, un'azione distruttiva minaccerebbe la stabilità legale. finanziaria e politica del mondo in cui vivono.
Un problema potrebbe essere visto nel fatto che l'attività mentale potenziate degli emulatori sarà enormemente più veloce di quella umana, cosicché, come dice Hanson, un anno nella testa di un uomo equivale a un millennio nella testa di un em. In questo senso può darsi che la civiltà umana sia vista dagli emulatori come già vecchia dopo la prima generazione dal loro avvento. C'è anche da dire comunque che se gli emulatori vedranno mai la luce probabilmente subiranno una profonda selezione in favore della docilità in modo da minimizzare le minacce. In questo senso il libro rompe un tabù poiché quando si scrive su questi argomenti la tentazione di cedere al dramma e alla distopia è forte.
Molte cose descritte destano il nostro stupore ma Hanson ci invita a tenere i nervi saldi di fronte agli scenari fantastici che dipinge consigliando di guardare ai grandi cambiamenti del passato verificando quanto i nostri antenati differivano da noi. Francamente non vedo tutte queste differenze abissali, un personaggio di Shakespeare mi pare tremendamente credibile e tremendamente vicino a me anche oggi. Il poeta romano Terenzio diceva: "tutto cio' che è umano mi riguarda". Sottoscrivo.
Hanson procede per analogie: poiché di fronte a Y l'uomo ha sempre fatto X, gli emulatori, che sono umani con super-poteri, faranno anche loro X nella situazione Y, ma lo faranno in modo ancora più efficiente. In questo modo Hanson puo' dispiegare tutto il suo sapere nelle scienze sociali.
La stragrande parte degli emulatori vivrà poveramente con un salario di sussistenza (come quasi sempre nella storia dell'uomo). Ma anche grazie a questa situazione di massa non dovrà affrontare gli stress delle diseguaglianze. D'altronde nel proprio tempo libero (poco) potrà godere di intrattenimenti di prima qualità.
Non si capisce bene come mai gli emulatori ai vertici non usino la minaccia e il dolore fisico per incentivare la massa di emulatori lavoratori.
Va da sé che che una società composta da individui super-potenziati sarà super-ricca, secondo Hanson la ricchezza verrà raddoppiata ogni mese. Anche qui le stime sono analogiche: poiché l'incremento di produttività nel passaggio dall'agricoltura all'industria è stato di una certa entità, si applicherà lo stesso fattore nel passaggio dall'industria all'era degli emulatori.
A prima vista sorprende il ritorno a valori del passato (gli em, per esempio, saranno religiosi). D'altro canto lo si puo' capire: nessun emulatore verrà messo a punto per spassarsela o divertirsi. Si tratta di esseri messi al mondo per lavorare sodo (workalcoholic). La cultura del lavoro recupera necessariamente religiosità e tradizioni legate al culto del sacrificio e dell'abnegazione.
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The Age of Em: Work, Love, and Life when Robots Rule the Earth

PER LA PENA DI MORTE

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PER LA PENA DI MORTE
Sareste favorevoli a introdurre nel nostro ordinamento la pena di morte volontaria? Al condannato si offrirebbe la morte come alternativa al carcere. Oppure la possibilità di sottoporsi a torture.
Qualcuno potrebbe opporsi dicendo che è una crudeltà ma, a ben vedere, che crudeltà puo' esserci nel donare a una persona qualcosa in più rispetto a cio' che ha.
Penso che una persona razionale che guardi all'efficienza non avrebbe dubbi ma sono anche sicuro che di fronte a una simile proposta i media si scatenerebbero.
Perché?

Forse perché la proposta suona "cattiva" e nessuno vuole associarsi alla "cattiveria". Se l'efficienza pesasse più dei simboli la misura sarebbe subito adottata.

giovedì 14 novembre 2019

IL PARADOSSO DELL'AUTISMO

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IL PARADOSSO DELL'AUTISMO
Sarebbe questo: la base genetica dell'autismo è correlata ad un'intelligenza media superiore ma le persone autistiche, per contro, hanno un'intelligenza inferiore alla media.
Quanto alla prima affermazione, sappiamo che i parenti delle persone autistiche hanno un'intelligenza superiore alla media. Il 13% delle persone con la diagnosi, per esempio, hanno genitori ingegneri contro il 5% del gruppo di controllo. D'altronde se l'autismo diminuisce le probabilità di riprodursi, come mai ci sono in giro tanti autistici? E' evidente che il cocktail genetico da cui derivano - se le dosi sono corrette - produce anche dei vantaggi. Anzi, il fatto che gli autistici siano in aumento è presumibilmente un effetto dell'IQ crescente nella popolazione.
Puo' anche darsi che l'intelligenza delle persone autistiche non sia misurata correttamente a causa dell'ansia che questa gente ha durante i test, che comportano pur sempre una qualche interazione sociale. Si sospetta poi un effetto selezione poiché i testati sono i medicalizzati, ovvero i casi più problematici. Ad ogni modo le cause dell'autismo sono essenzialmente tre: 1) ereditarietà (52%), 2) mutazione (3%), 3) incidente durante il parto (4%), 4) altre misteriose (41%). Sembra che siano essenzialmente le ultime tre a far crollare l'IQ medio del gruppo. Sia come sia, tutte queste considerazioni non sembrano in grado di risolvere il paradosso.
Ma perché una combinazione genetica che promuove l'intelligenza degenera in questo modo così doloroso? Di solito ci si appella ad un modello torre/fondamento: più alta è la torre, più solido deve essere il fondamento, in caso contrario crolla tutto e ci ritroviamo con il soggetto autistico. Ad ogni modo, se abbiamo un'idea di cosa sia la "torre" non ne abbiamo nessuna su cosa sia il "fondamento".
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I TOPOLINI DEGLI ECONOMISTI VANNO IN PENSIONE

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I TOPOLINI DEGLI ECONOMISTI VANNO IN PENSIONE
Se un tale predica bene e razzola male, voi guardate a quel che dice o a quel che fa?
In genere a quel che fa.
Se un profeta non scommette sulle sue profezie, come lo giudicate?
In genere come un ipocrita, perché diamo più valore ai comportamenti che alle parole, per questo invitiamo a gente "a mettere i soldi dove mette la lingua".
Le scienze economiche, fondandosi su questa intuizione, adottano da sempre il paradigma delle "preferenze rivelate". Per l'economia l'interiorità degli agenti economici (credenze, preferenze, sentimenti...) sono irrilevanti, viene semplicemente inferita dai comportamenti. L'economista vede le persone come topolini di laboratorio che rispondono unicamente ad incentivi materiali provenienti dall'esterno.
Ma da qualche tempo questo paradigma è in crisi, i sondaggi, per esempio, hanno sempre più rilievo anche nelle ricerche economiche.
Il caso delle "preferenze falsificate" esemplifica bene la crisi. Se dico che odio il mio capo ma gli ubbidisco come uno scolaretto, è evidente che le mie parole pesano di più dei miei comportamenti, occorre tenerne conto. Se il Manifesto mi assume e in redazione sostengo opinioni moderate pur condividendo in separata sede le ragioni di Salvini, sono più credibile in questa seconda versione. I casi in cui le credenze dominano sui comportamenti sono molte.
Perché gli economisti non hanno mai previsto una rivolta civile? Perché fino al giorno prima tutti si comportano come bravi cittadini. Le rivolte hanno una dinamica a spirale (escalation) e sono prevedibili solo da chi sa sondare l'animo della popolazione, cosa che gli economisti tradizionali si rifiutano di fare per principio.
Io so che quel che credo influenza quel che faccio, almeno quanto i miei comportamenti pregressi, perché mai non dovrei tenerne conto?
Ma i comportamentisti hanno pronto il contrattacco: 1) le persone mentono, 2) le persone si sbagliano. Ergo: mai fidarsi dei quel che dicono.
La critica non coglie nel segno poiché noi - grazie al prezioso lavoro della psicologia sui bias cognitivi - bene o male sappiamo quando la gente dice bugie o si sbaglia, quindi sappiamo quando diffidare. Se uno esalta se stesso è poco credibile, così come è poco credibile quando ripete cose dette da persone "prestigiose" o alla moda. Noi sappiamo fare la tara, e dunque facciamola anziché bandire l'animo umano dall'economia. Più anima, meno topolini.
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CONVERGENZA O DIVERGENZA?

CONVERGENZA O DIVERGENZA?
Nell'eterna corsa all'oro, ci si chiede se i poveri raggiungeranno mai i ricchi oppure le distanze si amplieranno con i ricchi relativamente sempre più ricchi e i poveri relativamente sempre più poveri. Che ne dicono gli economisti? La risposta è differente a seconda del modello di crescita che si adotta. I più comuni sono due:
1) SOLOW: la crescita dipende dal capitale e il capitale ha rendimenti decrescenti. Se ho 10 schiavi posso frustarli finché voglio ma la loro produttività cresce sempre meno. Se ho una laurea posso prenderne una seconda ma la mia produttività non raddoppia. Nel mondo è abbastanza evidente che i paesi ricchi crescono molto meno di certi paesi poveri.
2) ROMER: la crescita dipende dalle idee e le idee hanno rendimenti crescenti. Perché nella Firenze rinascimentale registriamo una tale concentrazione di geni? Perché oggi il medesimo fenomeno lo vediamo all'opera nella Silicon Valley? Perché le idee sono contagiose: puo' goderne anche chi si trova nei paraggi e dare il suo contributo.
Secondo Solow la convergenza è inevitabile, ci ritroveremo tutti alla frontiera tecnologica. Secondo Romer la divergenza è il nostro destino, i ricchi saranno un puntino distante e sempre più piccolo.
Secondo Solow, nei paesi ricchi l'investimento ha importanza relativa, faremmo meglio a destinare più ricchezze verso chi ha veramente bisogno. Secondo Romer ha invece un' importanza fondamentale e non realizzarlo puo' costarci molto molto caro.
Personalmente, prendo Romer.

mercoledì 13 novembre 2019

IL DECLINO DELLA SCOMMESSA PASCALIANA

IL DECLINO DELLA SCOMMESSA PASCALIANA
Il rischio - compreso il rischio che ci si prende in una scelta di fede - può essere percepito come speranza oppure come pericolo a seconda dei casi. Ma quali casi? Oggi li conosciamo un po' meglio.
Li illumina bene un famoso esperimento di laboratorio replicato più volte a cui si è sottoposto un gruppo di medici dell'ospedale di Stanford. Lo descrivo brevemente.
Nel primo problema si assume che un'epidemia minacci 600 vite umane. Abbiamo di fronte due alternative verso cui indirizzare gli sviluppi della malattia.
A) 400 morti certe.
B) 1/3 di probabilità che nessuno muoia e 2/3 che muoiano tutti.
Nel secondo problema siamo nella medesima situazione, solo che i due scenari tra cui scegliere sono i seguenti.
C) 200 vite salvate.
D) 2/3 di probabilità che nessuno sia salvato e 1/3 di probabilità che tutti si salvino
Come vi comportereste nel primo caso? E nel secondo?
Si noti che lo scenario A è identico allo scenario C mentre B è identico a D. Insomma, chi sceglie A deve scegliere C e chi sceglie B deve poi scegliere D. Ma la coppia scelta a maggioranza è stata B/C, ovvero una coppia "assurda".
Ecco un'interpretazione dell'irrazionalità riscontrata: quando l'opzione rischiosa (quella probabilistica) è presentata in alternativa a un opzione esposta in termini positivi (ovvero in termini di vite salvate) viene percepita come se esprimesse un pericolo. Quando invece viene presentata come alternativa ad un'opzione certa esposta in termini negativi (ovvero in termini di morti) viene percepita come speranza.
Ma veniamo al nostro tema, perché oggi la scommessa pascaliana non converte più nessuno? Forse perché abbiamo esorcizzato per benino la morte. Ovvero, poiché oggi l'opzione rischiosa della fede nella vita eterna viene vista come alternativa ad una vita certa e non ad una morte certa (cosa a cui nessuno pensa più), la dimensione del pericolo prevale sulla dimensione della speranza. Anche se in termini razionali tutto è come prima, la psicologia fa la differenza.
Ma se la certezza della vita mortale prevale sull'incertezza della vita eterna, non sorprende che la Chiesa cessi di pensare a quest'ultima per concentrarsi solo sulla prima.
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"I had the good fortune to grow up in a wonderful area of Jerusalem, surrounded by a diverse range of people: Rabbi Meizel, the communist Sala Marcel, my widowed Aunt Hannah, and the intellectual Yaacovson. As far as I'm concerned, the opinion of such people is just as authoritative for maki...