Un "a parte" sulla nota posizione di Sandel, quella per cui attribuire un valore pecuniario a certe azioni rischia di corromperle. Non è affatto pacifica. Recentemente mi sono imbattuto nell'articolo di Stephen Clowney: "Does Commodification Corrupt? Lessons from Paintings and Prostitutes". Va in tutt'altra direzione. L'autore chiede a prostitute e periti d'arte cosa pensino di sesso e arte, ovvero delle cose che loro monetizzano tutti i giorni sul mercato. Dei venti attribuzionisti intervistati nello questo studio, nessuno ha riferito che il lavoro ha in alcun modo impedito loro di godere delle gioie emotive, spirituali ed estetiche procurate dai capolavori artistici. Al contrario, la maggior parte dei periti ha affermato che l'attribuzione di valori monetari alle opere d'arte ha effettivamente aumentato la loro ammirazione per dipinti, fotografie, sculture e altri lavori creativi. Spesso il mercato è un potente agente educativo che trasforma l'apatia in comprensione e fa nascere nuove intuizioni.
E il sesso? Si è sempre sostenuto che il denaro degradi l'intimità e fomenti la desacralizzazione del corpo. Clowney si concentra sulla prostituzione maschile perchè ritiene quel mercato più libero. Gli intervistati hanno insistito sul fatto che vendere l' intimità fisica non ha affatto corrotto la loro "comprensione" del sesso. Mentre il lavoro li lasciava esausti, gli intervistati dicevano comunque di riuscire a sperimentare le gioie del sesso e dell'amore. In effetti, la maggior parte delle escort maschili ha confidato che il loro lavoro sul mercato ha avuto un impatto positivo sulla loro vita privata: il sesso commerciale ha affinato le loro capacità sessuali, aumentato la loro fiducia e migliorando la loro comprensione del partner.
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