venerdì 9 giugno 2017

Il bene dove non te l'aspetti

Dolo e colpa sembrano all’origine degli atti che condanniamo.
Senza dolo o colpa è difficile emettere una sentenza di condanna morale.
L’atto criminale non merita assoluzione, ma nemmeno un comportamento colpevole puo’ essere perdonato.
La considerazione è importante perché è grave ma la colpa molto più diffusa.
Se Mister Y guida ubriaco e investe un bimbo sulle strisce si macchia di una grave colpa.
D’accordo, non voleva uccidere, nel momento in cui guidava non era consapevole, se ci limitassimo a quel lasso di tempo lui sarebbe innocente: non c’è né colpa né dolo nell’incidente che procura.
In effetti, se qualcuno viene drogato da terzi con la forza non puo’ certo essere ritenuto eticamente responsabile di quel che combina dopo.
Mister Y è “colpevole” perché “avrebbe potuto” conoscere i rischi. Riteniamo la sua negligenza una forma larvata di intenzione.
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Fin qui tutto liscio, ma ecco che cominciano i problemi.
Facciamo il punto: un tribunale morale chiamato a condannare, condanna solo per dolo e per colpa. La presenza di un’intenzione nell’imputato – chiara o larvata - sembra fare la differenza.
Pensiamo ora ad un tribunale chiamato a premiare. Sembrerebbe che basti agire in modo simmetrico all’altro tribunale.
Il dolo ha una facile corrispondenza: al criminale si contrappone il giusto. A Hitler si contrappone San Francesco.
Ma qual è il contraltare del “colpevole”? Qual è il contraltare di Mister Y?
Chiamiamolo Mister X.
Alla nostra intuizione immediata un simile personaggio sfugge, tanto è vero che non abbiamo una parola per identificarlo con chiarezza.
Il colpevole (Mister Y) trascura un male eventuale che poi si realizza, per questo lo condanniamo.
Mister X dovrebbe essere un tale che trascura un bene eventuale che poi si realizza, per questo dovremmo ammirarlo!
Esiste una persona del genere?
Si propone spesso l’esempio del manager avido: viene proposto a costui un business plan che realizza alti profitti ma che come effetto collaterale deteriora l’ambiente. Lui reagisce così: “dell’ambiente me ne frego, mi interessano solo i profitti, procediamo”. E noi – naturalmente – condanniamo un simile figuro.
In una variante della storiella al manager viene proposto un piano che realizza alti profitti e in più, come effetto collaterale, migliora l’ambiente. Lui reagisce così: “dell’ambiente me ne frego, mi interessano solo i profitti, procediamo”. Ora che facciamo? Ci profondiamo in elogi così come prima abbiamo condannato con sprezzo? Se seguissimo la logica del giudizio precedente dovremmo farlo, siamo in una situazione perfettamente simmetrica.
Cio’ che ci rende difficile elogiare il manager avido è cio’ che ci rende difficile intuire l’esistenza di Mister X, anche se realizziamo in modo chiarissimo l’esistenza del suo contraltare, Mister Y.
Cerchiamo ora di correggere il nostro bias cognitivo: Mr Y trascura un male eventuale che poi si realizza, noi lo condanniamo moralmente. Mr X trascura un bene eventuale che poi si realizza, noi dobbiamo elogiare moralmente il suo comportamento.
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Vediamo ora le conseguenze teologiche che derivano dall’eliminazione del bias cognitivo di cui sopra.
Padre Tosato dice che il messaggio evangelico puo’ convivere con la logica del capitalismo solo se siamo disposti ad accettare come meritorio un bene prodotto con senza intenzionalità.
A prima vista la cosa sembra impossibile.
Ma noi già accettiamo come perfettamente naturale  la situazione simmetrica, ovvero deprechiamo un male prodotto senza intenzionalità: quello dell’ubriaco che investe il bambino.
L’imprenditore (Mister X) potrebbe essere il contraltare dell’ubriaco (Mister Y): pensa solo al suo profitto ma crea ricchezza per tutti. Non pensa direttamente al bene che fa ma lo realizza in concreto.
L’ubriaco (Mister Y) pensa solo al suo piacere ma porterà la morte in strada. Non pensa direttamente al male che fa ma lo realizza concretamente.
Così come Mister Y è condannabile e merita l’ Inferno, Mister X è ammirabile e merita il Paradiso.
Mister Y avrebbe potuto pensare al possibile male e frenarsi. Non lo ha fatto. Merita una condanna all’ Inferno.
Mister X avrebbe potuto pensare al possibile bene e frenarsi. Non lo ha fatto. Merita un assunzione in Paradiso.
Il tutto contro la nostra distorta intuizione ma conformemente alla nostra ragione.
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