In tema di “comandamenti” da rispettare, diffidate delle liste pletoriche.
E intendo come tali quelle che vanno oltre i due punti.
Il fatto è che a queste regole di vita non basta attenervisi, bisogna farlo con coscienza, ovvero con qualcosa che va facilmente in panne se sfrucugliato di continuo.
La famigerata “coscienza ambientale”, poi, è particolarmente delicata: inoculata nell’ inerme bambino insieme all’ antipolio, viene successivamente innaffiata da un esercito di maestrine premurose e fatta sbocciare da benemeriti insegnanti di lettere specializzati nel prenderti da parte blandendo la tua precoce maturità e indirizzandola verso “impegni esistenziali” all' altezza: a quel punto, una volta ti buttavi su Pavese, oggi ti butti su Gaia. Più tardi, nell’ era dei cinismi universitari, scoccherà il colpo di fulmine nei confronti di oscure quanto seducenti equazioni di terzo grado messe a punto da “parascienziati verdi” con tribuna sui giornali di Confindustria (i vari Napoletano & Riotta devono lavare una coscienza sporca) o nella TV di Stato (i vari Tozzi & Colò devono ostentare una coscienza immacolata).
Usciti dal doveroso tunnel catechistico della giovinezza, non si guadagna molto in termini di condizionamento cognitivo: nel bel mondo, nicchiare sull’ argomento del risparmio energetico ti rende riprovevole moralmente ed esteticamente; e se sei tanto sprovveduto da cascarci, ti ritroverai presto alle calcagna i monopolisti del buon gusto con la bava alla bocca e l’ oscillante ditino alzato. Il prezzo da pagare sarà salato: prediche a gogò intonate alla luce del sole e sabotaggi orditi nell’ ombra.
Sfortunatamente, la causa ambientalista si materializza sempre più spesso in una sequela di fedeli che hanno smesso di “credere” per poter “abboccare”; e proprio come desidera ogni buon fedele ottuso, la loro è una chiesa particolarmente esigente con tanto di roghi e scomuniche, ma soprattutto con liste sterminate di prescrizioni a cui è tenuto anche il miscredente (il concetto di laicità qui non attecchisce). Per tenersi al passo e non essere indicate al pubblico ludibrio, persino le chiese tradizionali hanno dovuto postillare in fretta e furia i loro scheletrici decaloghi: undicesimo, ricicla!
A questo punto scatta la domanda impertinente: ma la “coscienza ambientale” è uno strumento per preservare il pianeta o per guadagnarsi un qualche Paradiso post-moderno?
Il sospetto che per molti “ambientalisti-devoti” valga la seconda ipotesi è solido. In questo post cercherò di rafforzarlo ulteriormente.
… nessuno ha più dubbi riguardo alla presenza di un effetto serra… a essere oggetto di dispute è invece quanto ce ne dovremmo preoccupare e cosa dovremmo fare…
Il primo problema è troppo difficile, implica analisi delle preferenze, considerazioni etiche intorno alle generazioni future e altri labirinti filosofici da cui non saprei bene come uscire. Quindi lo accantono.
Il secondo sembra invece avere una risposta molto semplice: “non inquinare”.
E’ la tipica risposta degli ambientalisti, ed è anche il motivo per cui una persona ragionevole conclude che “l’ ambiente è una cosa troppo seria per lasciarla agli ambientalisti”:
… chi risponde così confonde l’ importanza del problema con la semplicità delle soluzioni… è tipico della mentalità “verde” mescolare senza costrutto obiettivi e programmi…
Innanzitutto non è facile “rispettare il pianeta”, occorre una cultura spaventosa, oltre che una calcolatrice sempre a disposizione:
… chi nei consumi sostituisce il caffé con il latte forse non sa di inquinare di più… avendo nella testa le giuste nozioni e tra le mani una buona calcolatrice potreste scoprirlo da soli… ma non è facile come sembra…
I fanatici dello slow food, per esempio, si credono “amici della terra” a prescindere; illusi:
… comprare prodotti locali riduce i trasporti ma spesso è controproducente… il cibo importato proviene da luoghi con condizioni climatiche molto più adatte… consumare l’ agnello italiano piuttosto che quello neozelandese ci rende degli “inquinatori netti” del pianeta… privilegiare i pomodori nostrani su quelli spagnoli è una scelta maldestra per chi tiene alla propria “coscienza ambientalista”… le emissioni dei TIR sono ampliamente controbilanciate dal fatto che la Spagna è baciata dal sole… il vino cileno deve viaggiare intorno al mondo ma per un inglese sensibile all’ ambiente è da preferire di gran lunga a molti vini locali… spesso il supermercato è rifornito con silos capienti che minimizzano il numero dei trasporti a lunga distanza e inoltre è più prossimo del contadino verso cui fate la spola incessantemente per fare le vostre piccole spesucce e meritarvi il titolo di “amico della terra” che compra a km/zero… e non preoccupatevi troppo del sacchetto di plastica, sprigiona un millesimo dell’ anidride carbonica emessa per ottenere i cibi che contiene…
Capito quante cose bisogna sapere? A quanto pare un compito arduo anche per chi possiede una cultura sopra la media come i fanatici dello slow food (che se si limitassero a magnare sarebbero più simpatici e farebbero meno gaffe).
I calcoli sono complicati e riservano sorprese:
… il classico bus londinese trasporta in media 13 persone mentre l’ auto 1,6… è quest’ ultima, di conseguenza, ad avere l’ impatto ambientale più favorevole!… anche la lavastoviglie consuma meno anidride carbonica del lavaggio a mano…
Fare l’ ambientalista serio è una vitaccia. Inquinare meno è un mestiere a tempo pieno, richiede una vita spesa nello studio delle emissioni di anidride carbonica. Calcolare l’ “impronta di carbonio” per ogni oggetto con cui interagiamo o interagisce colui con il quale interagiamo (o…), impegna tempo ed energie: gli esiti, poi, sono sempre da rivedere, e anche limitandosi a un esame sommario ci sono migliaia di fattori di cui tenere conto:
… nel momento in cui ci sentiamo stremati dal calcolo… capiamo anche che lo sforzo profuso è ancora insufficiente… decidendo di consumare quella bevanda locale al bar sotto casa, abbiamo scordato di soppesare il pendolarismo del barista che ce la serve, nonché i doppi vetri del locale e gli spostamenti del contadino che fornisce quei semini così caratteristici… si tratta forse delle variabili più importanti e noi le abbiamo trascurate per anni… insomma, ci sono miliardi di scelte tutte concatenate tra loro che sfuggono anche al controllo dei “ben intenzionati”…
Non contate troppo sul parere degli esperti, divergono quasi sempre, e la cosa è più che ragionevole: basta considerare, che ne so, condizioni di traffico leggermente diverse e i conti non tornano più:
… ci sono stati epocali scontri di civiltà sull’ “impronta ambientale” delle banane… non resta che girare con una pila di ricerche al seguito da consultare di frequente… e attenzione ai frequenti aggiornamenti della letteratura!…
Forse il modo migliore di fare colazione salvando il pianeta consiste nel “non fare colazione”. Più ti astieni, meno inquini e chi si sopprime inquina ancora meno.
Tuttavia, su questo versante gli eroi scarseggino. L’ ambientalismo non occupa mai per intero la nostra coscienza – e per fortuna!-, convive, per esempio, con la voglia del caffelatte. Ma soprattutto non occupa minimamente quella della maggioranza delle persone, a cui sarebbe risibile proporre una scelta vegana. Se è impossibile “non consumare” in generale, la scelta di “cosa consumare” riemerge continuamente.
Per fortuna esiste una soluzione. E’ semplice, precisa, razionale, di facile implementazione e non richiede programmi ambiziosi: prezzare l’ anidride carbonica.
… un accordo intergovernativo dovrebbe proporre una tassa di X euro per tonnellata di carbonio contenuto nel combustibile fossile estratto… incassata dai produttori e veicolata nel sistema dei prezzi di mercato, verrebbe ddiffusa tra i cittadini…
Ogni prodotto che “consuma” energia comincerebbe a riflettere in qualche modo la presenza di un simile balzello:
… un camionista che ignorasse l’ eventuale prezzo più alto del gasolio finirebbe semplicemente fuori mercato e lo stesso accadrebbe per che coltiva pomodori in serra…
Prezzare l’ anidride carbonica risolve senza sprechi il problema degli incentivi alle fonti alternative: quelle che funzionano davvero (e solo quelle!) diverranno automaticamente convenienti.
La bontà della soluzione proposta salta all’ occhio soprattutto se confrontata con le alternative scellerate ma tanto care ai sedicenti ambientalisti.
Prendiamone in considerazione una che compendi in qualche modo anche le altre:
… la legge Merton prevede che ogni intervento edilizio dovesse ricomprendere la capacità di generare almeno il 10% in termini di energia rinnovabile di cio’ che l’ edificio avrebbe consumato in futuro…
All’ apparenza la norma offre, a zero spese per il governo, un sistema semplice e intuitivo per incoraggiare qualcosa che la gente ritiene auspicabile.
Ma:
… il prevedibile inconveniente è che aver installato uno strumento per rinnovare l’ energia non significa automaticamente che verrà utilizzato…
Ci si mette a posto con la legge, dopodiché si fa cio’ che conviene. L’ effetto netto è un puro spreco di risorse con vantaggi nulli sull’ ambiente: installo i pannelli solari, incasso le licenze (e magari anche i finanziamenti) per poi continuare a inquinare esattamente come prima.
Siccome le regole ottuse sono il prodotto di menti ottuse, la possibilità che si perseveri di fronte a fallimenti lampanti sono alte. Infatti alcuni amministratori hanno posto l’ obbligo di utilizzo delle rinnovabili istallate per avere le licenze. Cosa è successo?
… immaginatevi i controlli ipertrofici necessari… con un battaglione di vigili urbani che piantonano le vostre caldaie per misurare l’a percentuale di utilizzo di quelle a pellet rispetto alle tradizionali…
Ma c’ è di peggio, lasciamo la parola all’ Ing. Palmer che ha recentemente restaurato l’ Elizabeth House:
… date le dimensioni dell’ edificio, per adempiere alla norma, abbiamo progettato una caldaia a biomassa con un deposito per il combustibile grande come una piscina di 25 metri… al fine di soddisfare il fabbisogno di (soli) 14 giorni (!)… Ho calcolato che per mantenere a livello il deposito con ciocchi di legno e truciolato dell’ IKEA fosse necessario che due camion di circa 40 tonnellate ciascuno facessero un viaggio settimanale dalla periferia fino al centro di Londra scaricando il contenuto nell’ area preposta…
A questo punto spero che anche gli entusiasti della legge Merton avranno smesso di saltellare gioiosamente e si siano messi in ascolto.
Altri inconvenienti? Le riparazioni.
… i proprietari dell’ edificio non saranno contenti di riparare costose apparecchiature… specie perché spesso sono tecnologie ancora poco mature… se qualcuno mette dei pannelli fotovoltaici che si guastano subito dopo la garanzia… è ben difficile che abbia voglia di mettere mano al portafoglio per sostituirli quando i finanziamenti sono ormai incassati e ha una caldaia tradizionale a disposizione…
Altri inconvenienti? L’ efficienza:
… una grande turbina eolica in cima alla collina puo’ essere anche efficace ma una piccola turbina sul mio tetto circondato da edifici più alti e messa lì solo per ottenere una licenza edilizia, lo è decisamente meno…
Altri inconvenienti? L’ ottusa pervicacia nel perseverare:
… è possibile che persino l’ ambientalismo più sciagurato, se lasciato a se stesso, impari dai propri errori… ma le normative di governo, per loro stessa natura, tendono in qualche modo a essere impermeabili alle opportunità di miglioramento…
Altri inconvenienti? Trovateli voi, è facile!
Visto che casino? E per carità di dio non apro il capitolo tragicomico dell’ “etanolo” dove i “benintenzionati”, con tutto l’ apparato di regolamenti e contro regolamenti che si portano sempre dietro, hanno fatto una specie di strage degli innocenti.
La carbon tax funziona perché non è un “progetto” ma si affida all’ evoluzione economica. L’ ideale per sciogliere nodi intricati. Questo almeno per chi crede che…
… l’ evoluzione è più intelligente di noi… lasciandola lavorare scatena milioni di esperimenti individuali volti al taglio delle emissioni di anidride carbonica per il solo motivo che tagliare le proprie emissioni fa risparmiare soldi…
La soluzione carbon tax non richiede di dare percentuali (sballate), di dare soglie (opinabili), di definire (arbitrariamente) cosa sia e cosa non sia “rinnovabile”, non verranno implicati giudizi arbitrari…
… ma soprattutto, le apparenti debolezze si trasformeranno in punti di forza…
Esempi? Prendiamo un’ apparente debolezza: chi paga? Risposta semplice e sorprendente:
… non importa!…
Altra apparente debolezza: quali conseguenze (da un economia con carbonio ad alto costo)? Risposta:
… non lo sappiamo, e questo è il bello!… l’ evoluzione economica, inclinando il campo da gioco secondo nuove regole, cioé rendendo i "gas serra più costosi, produrrà esiti inattesi… I governi non sono tenuti a scegliere modi specifici per salvare il pianeta ma solo a “inclinare il campo da gioco”…
Veniamo all’ ultima apparente “debolezza” della soluzione evolutiva, quella più sintomatica:
… il prezzo è qualcosa di cui teniamo conto tutti a prescindere dalla nostra coscienza ambientale…
Orrore: la coscienza ambientale non serve più per salvare il pianeta, basta soppesare prezzi e voglie, proprio come fa da sempre il buon vecchio consumista.
E che ce ne facciamo adesso delle vaccinazioni già pronte, dell’ esercito di maestrine premurose, dell’ insegnante missionario, dei guru verdi che pontificano sulla TV di stato e sull’ organo di Confindustria? Dei monopolisti del buon gusto? Che ce ne facciamo di un’ intera chiesa con tutti i suoi riti e i suoi chierichetti?
Risposta da dire con gli occhi: niente, li buttiamo nel cesso e tiriamo lo sciacquone.
La cosa puo’ dispiacere solo a chi considera la “coscienza ambientale” uno strumento per guadagnarsi l’ accesso a Paradisi post-moderni in cui San Pietro alza la sbarra solo a chi “ricicla & coibenta” a prescindere. Ecco, a tutti gli scornati del caso consiglio caldamente di indirizzare la loro prorompente spiritualità verso i meno evanescenti Paradisi della tradizione.