Nel novecento i fisici hanno esplorato a lungo le meraviglie dei mondo infinitamente piccolo.
E quando dico piccolo intendo proprio piccolo:
Il loro stravagante resoconto non è poi così difficile da rendere ma resta comunque ostico da assimilare. Il profano che si affida mani e piedi all’ intuizione vacilla.
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Per chi crede che la natura profonda delle cose ci parli di Dio, forse vale la pena fare un piccolo sforzo di concentrazione poiché autorevoli personaggi hanno sostenuto che proprio questa dimensione del reale sia quella più idonea per captare segnali interessanti.
Purtroppo non si puo’ prescindere dal “come”, dal “quando” e dal “perché” dei fenomeni fisici, quindi è necessaria un’ infarinatura generica. Una specie di meccanica quantistica per filosofi.
Di seguito assimilerò gli elettroni a palline da tennis allo scopo di spiegare (innanzitutto a me stesso) nel modo più intuitivo possibile l’ aspetto sconvolgente della meccanica quantistica.
Consideriamo due proprietà dicotomiche degli elettroni: direzione (x o y) ed effetto (up o down). Diciamo quindi che le palline possono variare per colore (bianca/rossa) e per pelosità (pelosa/pelata).
Gli elettroni possono essere trattati mediante magneti che variano queste proprietà. Diciamo allora che anche le palline possono essere trattate facendo loro attraversare opportune scatole.
Ci sono due tipi di scatole: scatole rosse e scatole bianche.
Se 100 palline bianche entrano in una scatola bianca, usciranno nelle stesse condizioni in cui sono entrate. La scatola bianca è “neutrale” per le palline bianche.
Lo stesso dicasi della scatola rossa per le palline rosse.
Se 100 palline bianche entrano in una scatola rossa, usciranno 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate. Questo indipendentemente dalla pelosità delle palline entrate a suo tempo.
Lo stesso dicasi per le palline rosse che entrano in una scatola bianca.
In questi casi avviene una specie di “azzeramento” delle caratteristiche di partenza.
Quando dico che introducendo 100 palline rosse in una scatola bianca ne escono 50 bianche pelose e 50 bianche pelate faccio un’ approssimazione consentitami dalla legge dei grandi numeri. In effetti andrebbe rimarcato il ruolo rivestito dal calcolo probabilistico in queste faccende. Infatti, se introduco una sola pallina rossa pelosa in una scatola bianca, avrò il 50% di probabilità di vedermi uscire una pallina bianca pelosa e il 50% di probabilità di vedermi uscire una pallina bianca pelata.
L’ effetto delle scatole sulle palline trattate è certo perché replicato infinite volte in sede sperimentale.
Ampliamo gli esperimenti e costruiamo adesso uno scatolone in cui inserire delle palline.
Lo scatolone è cosi costruito: all’ ingresso è posizionata una scatola bianca che deve essere attraversata dalle palline introdotte. All’ uscita è posizionata una scatola rossa che deve essere attraversata dalle palline espulse.
Ora introduciamo nello scatolone 100 palline bianche. Come usciranno?
Secondo quanto detto in precedenza la prima scatola dovrebbe essere neutrale mentre la seconda dovrebbe essere azzerante. Dovrebbero quindi uscire 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate.
Dando corso all’ esperimento si vedrà che le previsioni saranno confermate in pieno.
Adesso introduciamo nello scatolone 100 palline rosse. Come usciranno?
Secondo quanto detto in precedenza la prima scatola sarà azzerante, la seconda neutrale. Dovrebbero uscire quindi 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate.
Dando corso all’ esperimento le previsioni vengono smentite. Infatti, se le 100 palline rosse introdotte erano pelose, verranno espulse 100 palline rosse pelose, quasi che entrambe le scatole posizionate all’ ingresso e all’ uscita dello scatolone fossero entrambe neutrali.
Che strano. Cosa è successo dentro lo scatolone? Dove sta l’ inghippo?
Ammettiamo di poter entrare nello scatolone con una microspia per capire come sono andate le cose là dentro.
In presenza della microspia proviamo di nuovo ad introdurre 100 palline rosse pelose, constateremo che in effetti l’ ingresso è azzerante, ovvero produce all’ interno dello scatolone 50 palline bianche pelose e 50 palline bianche pelate. Ma poi, all’ uscita? Ecco, ora che possiamo vedere le cose con i nostri occhi non noteremo nulla di particolare poiché constateremo che pure l’ uscita è azzerante – proprio come secondo i nostri calcoli iniziali - tanto è vero che escono 50 palline rosse pelose e 50 palline rosse pelate.
La cosa sconcertante è che il secondo esperimento ha dato un esito completamente diverso dal primo anche se si tratta dello stesso identico esperimento, salvo che il secondo lo abbiamo osservato dall’ interno con una microspia.
Insomma, se osserviamo come vanno le cose all’ interno dello scatolone, tutto si svolgerà secondo le regole generali. Se invece trascuriamo di osservare come vanno le cose all’ interno dello scatolone avremo l’ eccezione descritta in precedenza.
I fatti sono questi e sono talmente accertati che ormai nessuno più li mette in dubbio. Si tratta solo di darne un’ interpretazione.
IC (interpretazione di Copenhagen) ci chiede di immaginare che le 100 palline rosse, una volta introdotte nello scatolone, assumano la condizione di [palline bianche pelose “o” palline bianche pelate] il che significa che all’ interno dello scatolone, in assenza dell’ osservatore, non ci saranno né [palline bianche pelose] né [palline bianche pelate] ma solo, come detto, palline [bianche pelose “o” bianche pelate].
Per le palline è una condizione metafisica un po’ strana che chiameremo “indeterminata”. Nel mondo fisico esisterebbero dunque realtà indeterminate.
La [pallina bianca pelosa “o” pallina bianca pelata] diventa a tutti gli effetti una [pallina bianca pelosa] o una [pallina bianca pelata] solo nel momento in cui con i nostri strumenti andiamo materialmente ad osservare le sue caratteristiche.
La determiniamo prendendole le misure.
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La logica di IC è leggermente diversa da quella classica. Nella logica classica [A o B] è incompatibile con [né A né B] mentre nella logica quantistica le due proposizioni possono andare tranquillamente a braccetto.
Fatta questa precisazione, in sé abbastanza sconcertante anche se formalmente poco rilevante, la logica classica continua a valere per tutto il resto.
E’ sbagliato quindi ritenere che la meccanica quantistica con i suoi “salti” sia una teoria che al suo interno tollera delle incoerenze. E’ invece una teoria perfettamente coerente.
I problemi logici compaiono semmai dovendo riconciliare la fisica delle particelle con la fisica tradizionale (teoria della relatività). Non si capisce bene come due teorie tanto diverse possano mai convivere in una teoria del tutto, ma questo è un altro discorso.
IC è un’ interpretazione possibile ma non l’ unica. Bohm, per esempio, offre un’ alternativa
Per farla breve, Bohm ci chiede di immaginare alcune particelle in continuo spostamento tra le palline. Secondo il fisico tedesco la presenza di un osservatore altererebbe in qualche modo l’ azione di questi corpuscoli di collegamento producendo le bizzarrie osservate.
Purtroppo l’ interpretazione di Bohm non è molto pratica e come sempre succede in queste diatribe un po’ fumose la soluzione più pratica è sempre quella vincente.
Con Bohm c’ è un altro inconveniente: considerando che le palline si muovono a una velocità vicina a quella della luce, le particelle di collegamento si dovrebbero muovere a una velocità ancora superiore, il che si concilia male con la teoria della relatività. Poco male, dirà qualcuno, tanto anche IC è incompatibile con la relatività. Ok, ma perché infierire?
Il credente puo’ essere messo in crisi dalla meccanica quantistica? Lo chiedo perché c’ è chi ritiene che una scoperta scientifica metta automaticamente in crisi i credenti, i quali arrancano dietro alla scienza con la lingua di fuori.
Ma non parlo qui dello spiazzamento intellettuale che sente qualsiasi persona assennata al solo apprendere dell’ esistenza di realtà tanto bizzarre.
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Ci sono in effetti dei motivi per paventare una crisi di fede. La fisica quantistica fa largo uso del calcolo probabilistico, qualcosa che in ambiti più tradizionali viene contrapposto alle leggi di natura.
Quello di “legge di natura” è un concetto caro ai credenti poiché introduce in ambito scientifico un elemento che trascende la materialità del fatto bruto: la “legge di natura” che governa la materia ha qualcosa di rassicurante.
La probabilità sembra essere l’ alternativa alla legge naturale. Nella vita di tutti i giorni usiamo le probabilità per individuare a spanne delle regolarità che ci potrebbero essere utili.
Consideriamo il ricorso alle probabilità come un metodo empirico per sopperire pragmaticamente all’ assenza o alla mancata conoscenza di una legge naturale.
Tanto è vero che nella fisica classica si ripiega sulle probabilità per fare delle previsioni quando non possediamo informazioni sufficienti per applicare le rigorose leggi naturali.
Ma nella fisica quantistica le cose non stanno così, qui il calcolo probabilistico descrive perfettamente una realtà di cui possediamo informazioni complete.
Nel mondo delle particelle subatomiche è la realtà stessa a essere “probabilistica” e non tanto la nostra conoscenza della realtà. In questo senso la probabilità cessa di essere “un metodo empirico” per divenire una caratteristica della realtà. In ultima analisi possiamo continuare a parlare di “leggi naturali” anche in assenza di previsioni deterministiche salvando così un concetto caro ai credenti.
Per un altro verso le leggi della meccanica quantistica possono confortare la fede.
Non direttamente, non suggeriscono infatti alcuna prova dell’ esistenza di Dio. Ma indirettamente, mettendo in crisi il materialismo, ovvero la filosofia che più si oppone alla fede.
Per la filosofia atea del materialismo tutta la realtà è un sistema chiuso riducibile a un’ interazione tra elementi materiali, non c’ è spazio per entità trascendenti come l’ anima, il libero arbitrio eccetera. Noi siamo delle “macchine di carne”.
La meccanica quantistica introduce una variabile impazzita che fa saltare il “sistema chiuso” dei materialisti rendendo la loro filosofia incompatibile con le leggi della fisica. L’ idea che una realtà possa essere descritta esclusivamente in termini materialistici non regge più. Eugene Wigner e Rudolf Peierls sono stati espliciti sull’ argomento.
Il fatto è che concetti come “realtà indeterminata” e “salto quantico”, così decisivi nel descrivere adeguatamente il mondo microscopico, non possono fare a meno di una figura come quella dell’ “osservatore”. L’ “infarinatura” dovrebbe averlo chiarito.
Ma il concetto di “osservatore” è necessariamente trascendente o puo’ essere sostituito con una realtà inanimata? Per esempio, perché non utilizziamo un contatore Geiger per rilevare le misurazioni?
Risponde von Neumann: se l’ “osservatore” fosse una semplice entità fisica, per esempio un contatore Geiger, potrei in linea di principio ricavare a tavolino una complessa funzione d’ onda in grado di descrivere l’ intero sistema fisico (osservato + osservatore) e poi risolverla secondo le equazioni di Schrodinger senza produrre “salti quantistici”. Morale: se fossero coinvolte solo realtà materiali, allora non possono essere riprodotti i caratteristici “salti” della meccanica quantistica. Se ne ricava che i salti quantici esistono in virtù di un “osservatore” trascendente.
Nella sezione precedente ho accennato al fatto che nell’ IC è la realtà stessa a essere probabilistica. Ora possiamo aggiungere che il concetto di probabilità richiama quello di soggettività. Nell’ IC la realtà subatomica non puo’ essere pensata e descritta in modo rigoroso senza incorporare un soggetto che la osservi e la misuri.
Ora, per il materialista c’ è solo un modo di sfuggire alla necessità di introdurre un osservatore trascendente: postulare l’ esistenza di infiniti mondi. Le famose “sliding doors”.
Per farla breve, se la matematica della fisica quantistica è corretta e se lo è anche la filosofia materialistica, allora esistono necessariamente infiniti mondi.
Ma un’ ipotesi del genere è piuttosto forte, un fardello non da poco.
Chi puo’ evitarlo la evita volentieri, peccato che il materialista non possa farlo.
Tutto cio’ sembrerebbe deporre in favore delle filosofie non materialiste, le uniche in grado di avvalersi dell’ interpretazione tradizionale (IC). Respingendo il materialismo sarà infatti più facile accettare che non tutto si riduce a materia in movimento.
Chiudo con una classica domanda da lasciare a penzoloni: ma se la mente umana trascende la materia che osserva non potrebbe esistere una mente che trascende l’ intero universo?
La fisica quantistica non risponde certo a una domanda del genere ma la rende particolarmente sensata. Il che non è poco.
Lo strano comportamento delle particelle subatomiche puo’ far pensare a forme di creazione ex nhilo?
Per il credente sarebbe un problema, lui attribuisce al suo Dio il monopolio nel settore “creazioni ex-nhilo”.
C’ è stato chi ha visto nel “salto quantico” una forma di creazione autonoma della materia. Una “creazione” senza Dio.
Se non sbaglio il famoso scienziato Stephen Hawking, nel solco dei lavori di E. P. Tryon, ha ipotizzato qualcosa del genere.
Secondo E. P. Tryon potremmo assimilare il nostro universo a quei singolari fenomeni che accadono di quando in quando e che oggi possiamo osservare a livello microscopico. Anche nel vuoto, infatti, esiste un certo “fermento quantistico”, particelle fugaci con un bilancio energetico pari a zero che vanno e vengono senza che si sappia bene da dove spuntino.
Se anche l’ universo che abitiamo ha un bilancio energetico pari a zero potrebbe essere il frutto di un “oscillazione” del genere.
Creazione dal nulla?
Purtroppo non ho ben capito nemmeno io quello che ho scritto e sicuramente la cosa depone a mio sfavore ma forse un pochino anche a sfavore della teoria. Ovvero: non esiste proprio qualcosa di più semplice? E’ davvero necessario spingersi tanto oltre nelle elucubrazioni inverificabili?
Scherzi (fino a un certo punto) a parte, ci sono almeno un paio di problemini. Innanzitutto quel “nulla” è come minimo uno spazio ben strutturato poiché deve risultare composto da campi definiti, per quanto a bassissimo livello energetico.
E poi, come potremmo rendere conto del nostro particolare universo in questo modo? Difficilmente vedremo mai emergere la vita in questa maniera. E allora? Rinviamo tutto al puro caso?
L’ unica alternativa è ipotizzare che il singolare fenomeno si sia ripetuto miliardi di volte creando miliardi di universi differenti cosicché il nostro sarebbe spiegabile come un tentativo “riuscito” tra i tanti “falliti”.
Ci sono parecchi “se” e “ma” che rendono la speculazione ardita. Forse esiste davvero qualcosa di meglio.
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P.S.
Il post, diversamente dai precedenti, non è costituito da appunti presi a latere di una lettura specifica. Mi sono invece temporaneamente appassionato all’ argomento e questo interesse mi ha fatto saltabeccare a seconda delle esigenze da uno scritto all’ altro.
Sono partito da una vecchio pezzo di Michael Huemer, Quantum Mechanics for Philosophers.
Per le questioni di logica quantistica ho rispolverato un vecchio testo di Michael Dummett: Le basi logiche della metafisica.
Naturalmente non poteva mancare il classico di Werner Heisenberg: Indetrminazione e realtà.
Ma più di tutto mi ha appassionato il saggio di Stephen Barr: La fisica quantistica facilita la fede in Dio?
Per le speculazioni di Stephen Hawking e E. P. Tryon mi sono rifatto a un vecchio testo di John Leslie: Universes. Spero che gli aggiornamenti apportati dallo scienziato inglese nei lavori più recenti non siano decisivi.