#hanson vegetarianesimo
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Siete in fila dal macellaio per acquistare una braciola e vi coglie uno scrupolo etico: sarà giusto quel che state facendo? E’ il caso di procedere o di andarsene per abbracciare il vegetarianesimo una volta per tutte?
L’ animale, per quanto bestia, soffre e urla il suo dolore. Avete l’ impressione di essere coinvolti in qualcosa di terribile. State lì, in coda, proprio come ci stanno i corvi e le iene in attesa che il cucciolo spiri.
Forse gli animali vantano davvero dei diritti, almeno le razze superiori. O no?
Un filosofo come Murray Newton Rothbard risponde secco:
… sono pronto a riconoscere agli animali ogni diritto che mi chiederanno…
Queste due righe racchiudono in modo icastico il “no” della tradizione: gli animali avranno diritti giuridici solo quando saremo pronti a riconoscere anche le loro responsabilità giuridiche.
Detto cio’, sia chiaro, per MNR gli animali hanno tutti i diritti che ritiene di conferire loro il padrone, compreso il deferente bacio della zampa imposto all’ ospite bipede ammesso in casa.
Sulla sponda opposta si colloca il controverso filosofo australiano Peter Singer.
Nel giustificare talune forme di infanticidio, costui attribuisce all’ animale uno status etico più elevato rispetto a quello tipico del bimbo disabile.
Per Singer il “sentire” è tutto e una capacità percettiva menomata ci fa regredire verso la sfera degli oggetti.
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Lo spettro è dunque ampio e forse una tra le soluzioni intermedie più promettenti è quella delineata da Robert Nozick:
… etica kantiana per gli uomini ed etica utilitarista per gli animali…
Cio’ significa che solo l’ uomo puo’ vantare dei diritti più o meno assoluti.
Per dirlo con una formula: l’ uomo è sempre fine e mai mezzo.
Tradotto con un esempio facile facile: per salvare cinque meravigliose persone bisognose di un trapianto d’ organi non sarà mai lecito sacrificare uno scorbutico misantropo senza parenti particolarmente in salute!
Al contrario, quando consideriamo il mondo animale, poiché il fine giustifica i mezzi, sarà lecito massimizzare la felicità complessiva della comunità… “omoanimalesca”.
Una soluzione del genere ha il pregio di distinguere chiaramente tra uomo e animale e, contemporaneamente, di condannare senza appello le violenze gratuite contro questi ultimi.
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Da questa premessa prende le mosse il saggio di Robin Hanson sul vegetarianesimo (Meat is moral).
Siamo fortunati perché quando si parla di utilitarismo RH è la persona più adatta da consultare.
Per RH un’ azione è buona solo se produce conseguenze complessivamente buone.
RH ha il pregio di praticare questo imperativo sempre e comunque, è l’ utilitarista più coerente che conosca…
[… secondo lui la shoah è esecrabile solo in virtù del fatto che “… il numero di nazisti coinvolti nel progetto era insufficiente…”!…]
… sarà difficile andare d’ accordo con lui ma sarà molto facile capirsi e capire.
Per esempio, questo suo saggio è caratterizzato come anti-vegetariano ma io non escludo affatto che RH sia un vegetariano, anzi: ha una vera passione per gli argomenti che confutano le sue vedute.
Non temendo le possibili conseguenze imbarazzanti dell’ etica che professa, puo’ illustrarla senza tanti orpelli, sfumature e correzioni in corsa. Un intellettuale onesto fino in fondo. Merce rara.
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Bene, detto questo possiamo ricominciare: siete in fila dal macellaio per acquistare una braciola e vi coglie uno scrupolo etico: sarà giusto quel che state facendo? E’ il caso di procedere o di andarsene per abbracciare il vegetarianesimo una volta per tutte?
Se siete in procinto di compiere il grande passo forse vi interesserà sapere che:
… ordinando la braciola voi non danneggiate i maiali ma li aiutate…
Eppure ordinando una braciola commissiono la morte di un maiale!
… errato… voi vi limitate a commissionare la carne di un animale già morto…
Sarà vero per quel maiale specifico ma per gli altri maiali che stanno nella fattoria o in allevamento?
… verranno uccisi comunque…
Ma se contribuisco a comprimere la domanda di braciole la carneficina prima o poi cesserà o rallenterà. In effetti mi accorgo di avere a cuore soprattutto la vita dei “maiali futuri”, quelli che ora nemmeno sono nati.
… di male in peggio… dovrai infatti convenire che la tua azione li danneggia poiché i “maiali futuri” che avranno la fortuna di vedere la luce di questo mondo diminuiranno drasticamente anche per colpa tua…
Si sarà capito che per RH non esiste una relazione tra dieta vegetariana e riconoscimento dei diritti all’ animale, e laddove dovesse esistere sarebbe comunque una relazione inversa.
Cosa vi avevo detto? Abbiamo a che fare con un utilitarista tutto d’ un pezzo. Un vero osso duro.
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RH ci fa solo notare che l’ alternativa ai maiali dalla vita breve non sono maiali dalla vita lunga ma maiali dalla vita ancora più breve. Anzi, dalla vita inesistente.
Se così stanno le cose, secondo l’ etica conseguenzialista la scelta è obbligata.
… chi non consuma carne consuma altri alimenti la cui produzione impegna il suolo come se non più dell’ allevamento… è da escludere quindi che un longevo maiale selvatico rimpiazzi il maiale domestico…
Ecco allora la reale alternativa:
… bisogna decidersi se sacrificare la già breve vita di un maiale o quella di un asparago… e poiché l’ asparago non ha uno statuto morale degno di nota, la scelta in favore dei maiali s’ impone…
Ma questa è proprio la scelta che compie inconsapevolmente l’ amante di braciole. Da qui la conclusione:
… per chi ha a cuore i diritti degli animali consumare braciole non è solo consentito ma addirittura doveroso… Al contrario, la pratica vegetariana è di fatto immorale e dannosa per gli animali che si vorrebbe proteggere…
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E’ giusto o sbagliato creare vite che saranno poi interrotte?
… in un’ ottica utilitarista non solo è giusto ma è doveroso se sono vite che vale la pena vivere…
Giudicare l’ esistenza di questa condizione non è facile, mettersi nei panni di un maiale d’ allevamento è impresa ardua:
… a mio giudizio la vita in allevamento e nelle fattorie vale la pena di essere vissuta… d’ altronde a giudicare dai maiali che ho visto sembra trasparire una sete di vita più che di morte… non hanno nessuna intenzione di “farla finita”…
Forse ha un certo peso anche il fatto che alcune razze siano selezionate esclusivamente per l’ allevamento, sopportano bene la loro situazione e fuori da quel contesto avrebbero ancora più problemi.
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Naturalmente il ragionamento di Hanson presenta dei punti deboli.
Non penso proprio che gli amanti delle braciole abbiano in mente niente del genere e mi chiedo allora se una scelta etica possa mai esistere senza un’ intenzione etica. Per un utilitarista non ci sono problemi, ma per noi?
Come possiamo poi sapere che un animale non voglia suicidarsi?
Forse non ha nemmeno le facoltà mentali per deciderlo.
Oppure non ha i mezzi.
D’ altro canto è pure vero che, quanto più ipotizziamo ridotte le sue facoltà mentali, tanto meno siamo indotti a farne un titolare di diritti.
Forse il suicidio è doloroso in sé, per quanto si desiderino le conseguenze che comporta. Dopotutto per i maiali non esistono cliniche svizzere con tutti i comfort.
L’ evoluzione puo’ aver sviluppato dei bias che ingannano il maiale circa la scelta migliore da compiere: il maiale fenotipo e il suo “gene egoista” avrebbero infatti interessi divergenti qualora il suicidio fosse la via preferibile per il primo.
Certo, il fatto è che molti di noi si suiciderebbero se ridotti a una vita da maiali di allevamento ma la cosa non sembra molto rilevante poiché molti di noi si suiciderebbero anche se costretti a una vita da maiali selvaggi!
Andrebbe evitata ogni antropomorfizzazione.
Eppure, come faccio a giudicare se non “antropomorfizzo” almeno un po’?
Forse un simile giudizio non è solo difficile, è impossibile. Meglio rassegnarsi. In questo caso però un pregiudizio in favore della vita sarebbe plausibile. O no?
Potremmo tagliare la testa al toro e decidere di non preoccuparci per la vita dei “maiali futuri”. Rinunceremmo però anche alla massimizzazione dell’ utilità generale uscendo di fatto dall’ ottica utilitarista. Senza contare che i maiali esistenti, come ricordava RH, sarebbero comunque spacciati e allora tanto varrebbe mangiarli.
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L’ opzione vegetariana è dunque immorale?
Direi che all’ interno di una prospettiva utilitarista l’ argomento di RH regge e suffraga per lo meno questa conclusione minimale.
L’ animalista coerente è tenuto a mangiare carne a più non posso?
Francamente nemmeno RH ha il coraggio di spingersi fino a un simile paradosso.
E allora, che fare?
Consiglierei chi intende rispettare in modo intelligente il mondo animale di mantenere la propria dieta carnivora, magari sobbarcandosi un supplemento di ricerca e di spesa per rifornirsi presso allevamenti conformi a certi standard.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=O4-DET1gpvU]
Aggiunta:
Ieri ho letto sul corriere questa notizia: Alexander Songorwa, responsabile per i parchi e la conservazione delle specie selvatiche della Tanzania, con un appello sul NYT chiede aiuto ai cacciatori USA promettendo che il leone non verrà inserito tra le specie in pericolo. Obiettivo: salvare i leoni (consentendo di ucciderne di più). Se i turisti americani non potranno riportare i propri trofei a casa, inevitabilmente sceglieranno altre mete e altri tipi di caccia, il che significherebbe anche un declino dell'intero impianto di gestione dei grandi parchi africani. Perdere questo genere di turismo sarebbe rovinoso per gli sforzi di conservazione. I cacciatori spendono il triplo di un turista qualsiasi e spesso contribuiscono di tasca propria al ripopolamento. Songorwa è l'equivalente del nostro ministro dell'Ambiente, è un ambientalista impegnato a contrastare la terribile piaga del bracconaggio e interessato alla conservazione della fauna nella propria nazione.
Non so perché ma ho come l’ impressione che una notizia del genere stia bene in fondo a questo post.