sabato 1 novembre 2008

Il punto sulla globalizzazione

C' erano una volta la "globalizzazione" e tutti i suoi nemici...



C' era una volta... ma se qualcuno non lo ricorda, quasi ce ne scordavamo.



Il movimento no-global è stato colpito da non poche sfortune mediatiche, l' eco delle sue imprese è stato oscurato da parecchi eventi che ci hanno aggredito proprio in questo cavallo di secolo in cui la Storia doveva finire: da Ground Zero, fino al Crack finanziario il mondo ha saputo come distrarsi disinteressandosi di loro. In più arriva Tremonti a rubare il mestiere.



Nel frattempo la "globalizzazione" è proseguita. E oggi qualche somma la si puo' pure tirare, concentriamoci sulla povertà nel mondo.



statua vivente di povero cristo (altre statue)





I critici fanno notare come per molti paesi poveri questi anni siano stati tutt' altro che una manna.



I paesi dell' Africa Sub-Sahariana non vedevano l' ora di mettersi alle spalle la maledetta decade dei novanta. Molti di loro hanno addirittura sperimentato il passo del gambero. E il cocktail di medicine che gli "occidentali" hanno fatto ingollare loro ha prodotto solo malaugurati effetti collaterali lasciando il paziente in uno stato catatonico.



I Paesi Sudamericani restano indecifrabili... bravo chi li capisce! lo psico-dramma in cui sembrano sempre immersi si è risolto in una serie di picchi e risalite. Nel complesso, comunque, predomina la delusione con poche eccezioni.



Le ex tigri asiatiche (Sud Corea, Thailandia, Malaysia...) sono state investite dalle turbolenze finanziarie del 1997, meglio non chiedere loro un' opinione su quel periodo.



Gli ex paesi comunisti, uscendo dal frigorifero sovietico, hanno tentato di sgranchirsi con ginnastiche tra le più varie. Accanto ai non pochi successi abbiamo registrato però il fallimento della Russia. Russia! E non dico poco, dico "quasi" tutto.



Rispondono gli apologeti scagliando le loro due frecce, poche ma buone:



- la povertà nel mondo è chiaramente diminuita.



- la povertà nel mondo è diminuita proprio in quei paesi che più degli altri si sono aperti alla globalizzazione.



Una diminuzione che ha interessato quasi solo Cina ed India. Ma se un numero esorbitanti di poveri era collocato lì, che colpa abbiamo noi?



Facciamola breve e corriamo a schierarci: la mia impressione è che gli argomenti degli apologeti siano vincenti, a me almeno convincono.



Solo un' avvertenza prima del punto finale: non si creda che la Cina, paese che fa pendere la bilancia verso i pro-global, sia poi così "globalizzata" come si ama pensare. Le sue trasformazioni sono state lente e spesso fedeli ad un ricettario molto diverso da quello previsto dietro i palazzi di vetro dei mega-consulenti occidentali.



Nell' ultimo rigo creco di spremere il sugo della storia: la globalizzazione fa bene ai poveri, ma i paesi che l' accettano sono solo all' inizio della loro avventura, poichè non esiste un' unica via sulla quale incamminarsi. La storia conta e l' autorità locale, che ne è l' espressione, non deve mai dileguarsi per lasciare campo libero agli "esperti". Loro sono portatrici di fredde ortodossie, e all' ortodossia non si addice l' esportazione. Occorre quindi stemperarla con i misteri della cultura che ciascun popolo ha saputo produrre.