giovedì 25 giugno 2015

Experimental Philosophy by Joshua Knobe, Shaun Nichols - L'intenzione


  1.  Tesi: la morale ci chiede di rilevare la presenza di un' intenzione prima di condannare. Ma a volte il nesso agisce a ritroso: presupponiamo intenzione laddove condanniamo... 
  2. Knobe effect: ti propongono un'azione da cui scaturisce un bene xsonale e un male collettivo. Rispondi di procedere del male collettivo non ti interessa. Poi ti propongono un'azione che implica sia un bene xsonale che collettivo. Rispondi che del bene collettivo te ne sbatti, si proceda. Ebbene, la cavia media ririene che tu nei cfr della collettività abbia agito "intenzionalmente" solo nel primo caso... 
  3. Cosa occorre x dire che Tizio ha voluto X. Il caso dell'effetto collaterale non voluto ma prevedibile. È intenzionale? Il Knobe effect è rilevante: la risposta dipende dal giudizio morale che si dà dell'effetto collaterale... 
  4. Anche l'abilità interagisce in modo singolare con moralità e intenzionalità. Jack vuole fare centro con lapistola ma è un inetto, spara e fa centro per puro caso. Il suo centro è intenzionale? Il giudizio cambia se l'azione portata a termine da Jack fosse malvagia o benigna. Mele: la gente pensa che un colpevole agisca sempre intenzionalmente. Sbagliato: vedi caso dell' ubriaco. Adams: la gente è pragmatica e bada alle conseguenze di quanto dice piuttosto che alla precisione. Nadelhoffer: semplici bias dovuti all' indignazione Io: distinguere colpa da dolo, l' intenzione gioca ruoli diversi. Nel 1 caso riteniamo int. irrilevante in assenza di conseguenze etiche o cattive. Azzardo un' ipotesi per uscire dal ginepraio: sbagliamo nel contrapporre merito e colpa, la vera simmetria è tra merito e dolo. La colpa implica un' intenzionalità indiretta. Problema: qual è il concetto positivo simmetrico a quello di colpa? Boh, forse non l' abbiamo e questo scatena i paradossi e i bias

Experimental Philosophy by Joshua Knobe, Shaun Nichols - Il compatibilismo


Perché non sono compatibilista. Qui di seguito i migliori argomenti per il compatibilismo
  1. Incompatibilismo: libero arbitrio e determinismo sono incompatibili... 
  2. La posizione i. viene con l'argomento che è più intuitiva. Ma è proprio così?... 
  3. Primo problema: di quale libertà parliamo? Secondo gli autori di quella che consente di attribuire meriti e colpe. La libertà che ci interessa è legata alla dignità della persona. IMHO: qui c'è una forzatura, il legame tra libertà, meriti, giustizia e dignità è complicato. Perchè mai introdurlo quando disponiamo di nozioni più elementari del concetto di libertà: libero è colui che può scegliere tra due alternative senza essere determinato verso una delle due opzioni... 
  4. Perchè è così importante sapere se i. corrisponde all'intuizione comune? p.1819... 
  5. Come testare l'intuizione. Esperimenti p.1908... 
  6. L'i. tipo fa osservare che non appena ci viene fatto sapere che un certo comportamento è dettato da cause esterne noi allentiamo la responsabilità. È quindi tenendo conto di qs che si organizzano gli esperimenti..
  7. Immaginiamo qs. scenario: abbiamo scoperto tutte le leggi di natura e possiamo prevedere tutto con certezza. Prevediamo anche che Hal rapinerà la Banca e come tutte le ns. previsioni la cosa si avvera. Hal è responsabile? Molti rispondono sì. Secondo esempio: immagina che l'univrrso venga creato più volte sempre destinato a subire la medesima evoluzione. In tutti qs. universi Hal compie il suo furto. Hal è colpevole? Molti rispondono sì. 
  8. Critica: 1) prevedere e determinare sono cose ben diverse, tutti i giorni compiamo azioni libere (nel senso i. del termine) ma xfettamente prevedibile. 2) la scienza può ipotizzare e corroborare l'ipotesi determinista ma nn può "scoprirlo" una volta x tutte visto che segue una logica induttiva; la situazione che ci viene chiesta di immaginare è quindi inimmaginabile 3) per 1 e 2 ciò che intuiamo veramente è che il determinismo è sempre confutabile qui ed ora: se il superpc mi dice che ora alzerò il braccio a me basterà abbassarli x confutarlo 4) esistono esperimenti alternativi. Certo, ma nn ha molto senso realizzarli: metti la cavia di fronte ad un bivio con una strada sbarrata, quando imboccherà l'altra chiediti se lo ha fatto liberamente?... 
  9. Gli autori riconoscono che + il detrminismo è sullo sfondo più i risultati sono confermati ma aggiungono che il determinismo è per sua natura sullo sfondo e nn va confuso con altre cause che comprimono la libertà. IMHO: qs argomento non si capisce: xchè mai non dovrebbe essere un mondo determinato quello dove dio vede e dispone tutto? Dire che in quel caso non introduciamo il determinismo ma un'altra causa che comprime la libertà non è comprensibile poiché allo stesso modo potremmo dire che nel caso presentato non si testa il determinismo come limite alla libertà ma le leggi naturali. 
  10. Alcuni sostengono che la nozione intuitiva di libertà che abbiamo è libertaria (possibilità di fare altrimenti) e che l'i. è derivato, un mero calcolo che a volte puo' essere complicato. Negli esperimenti fatti i soggetti falliscono nella derivazione nn nell'intuizione. Risposta degli autori: si tratta di considerazioni derivate dall'introspezione e nn da esperimenti condotti da nn filosofi.
  11. Inwagen: le intuizioni che contano sono più basilari. Del tipo che se C dipende solo da A e B e noi non possiamo incidere su A e B allora nn possiamo incidere nemmeno su C (prop. transitoria). Negli scenari presentati le cavie nn riconoscono un caso in cui le intuizioni di base sono applicabili (noi filosofi invece sì) ciò nn toglie che tali intuizioni esistano, anzi questa ipotesi è rafforzata dal fatto che quanto più lo scenario scopre un meccanismo transitorio tanto più i giudizi delle cavie si allineano con la soluzione i. Gli autori sostengono che il loro esperimento è comunque un indizio di non esistenza della prop. transitiva ma trascurano l'esistenza di un ragionamento complesso e quindi la necessità di esperimenti graduali che introducano in modo sempre più scoperto il determinismo... 
  12. Altri ammettono l'esistenza di intuizioni confliggenti tra cui scegliere: quella dello scenario e quella della prop. transitiva. Qs. anarchia delle intuizioni ci porta a negare che il concetto di free will abbia senso. Ma i. sceglie un'altra via: l'intuizione della prop.trans. è più basica mentre quella sperimentata è in realtà la soluzione ad un calcolo complesso. IMHO: mi sembra di poter concludere affermando che negli scenari proposti la cavia nn ricostruisce correttamente il dilemma filosofico poichè diverse intuizioni e istinti si mescolano visto la complessità. Tutravia le intuizioni oggetto delli studio sembrano ugualmente esistere poichè la ricostruzione della cavia è sempre più coerente con esse quanto più le leggi detrministiche sono evidenti.
  13. Gli autori sembrano problematizzare una gerarchia tra intuizioni: dalle più semplici alle più complesse. Un criterio potrebbe essere l'universalità: se una intuizione è universale allora è semplice. DaL che deriva che le intuizioni astratte sono più semplici di quelle complesse e quindi che l'intuizione della prop. transitiva è più semplice dell'intuizione richieste dagli sperimentatori.
continua

mercoledì 24 giugno 2015

The Dadly Virtues: Adventures from the Worst Job You'll Ever Love by Jonathan V. Last

Capitolo 8 a cura di Johna Goldberg: prenditi un cane.

  1. Ho una figlia. Ed è migliore dei vostri figli. Perchè? Perchè è mia. Per capire, tu che nn hai figli, fatti un cane e capirai subito cosa intendo dire.... 
  2. Quanto appena affermato è irrazionale ma sensato. È un dogma. Ecco, abbiamo appena sperimentato quanto dogmatismo e senso possano essere legati... 
  3. chi condivide capisce come la "proprietà comune" dei bimbi sia un concetto deleterio... 
  4. Il cane rappresenta il pre-politico, la pura affezione, il puro legame xsonale. Ti dimostra che una simile dimensione esiste e che il totalitarismo è assurdo. Cosmo si è fatto cocvolare da Ted Kennedy!
continua

The Moral Case for Fossil Fuels by Alex Epstein


Capitolo primo
  1. Il gw non è un problema così terrorizzante vista la ns capacità di progresso e adattamento.
  2. I benefici dell' uso di ff compensano i rischi (IMHO: bisogna ragionare al margine, però). Ad ogni modo è ai ff che dobbiamo il nostro standard di vita.
  3. Le fonti alternative di energia nn sono affidabili ma tichiedono sempre un'integrazione cospicua.
  4. Le scorte sono abbondanti, il problema non sta lì.
  5. Gli esperti hanno fallito le loro previsioni di 30 anni fa: ci attendeva la catastrofe e siamo invece migliorati in tutti gli aspetti della ns vita. Possiamo ancora fidarci di loro? Di certo dobiamo aggiornare il giudizio che ne abbiamo. 
  6. Inquinamento e salute: viviamo meglio oggi che consumiamo + ff
  7. Perché il catastrofista che perde le sue scommesse mantiene intatta la sua fama. Consigli disattesi: il consumo è raddoppiato... epico disastro? no epico miglioramento! 
  8. Evidentemente nn sapiamo bene come agisce co2 nell'atmosfera... 
  9. Nè intrrnet nè rivoluzione digitale seguendo le misure dei catastrofisti... 
  10. Perchè l esperto fallisce? xchè si concentra sui rischi + che sui benefici d' altronde lui, quasi sempre, è un esperto di clima, ovvero dei potenziali pericoli. Purtroppo non sappiamo di cosa bisogna essere esperti x valutare i benefici visto che non sappiamo su quale settore della nostra vita impatteranno... 
  11. Un indice eliquente: il "climate related death". Andiamo verso la catastrofe e lui diminuisce!... l' esperto va ascoltato ma va soppesato con quel che può sapere, difficilmente si soffermerà sui limiti della sua conoscenza. Inoltre, nessuno può essere esperto di tutto e in qs problematiche occorre connettere molti campi del sapere per guardare alla "big picture"... 
  12. Il criterio principe: mettere sempre l'uomo al centro.
  13. la reazione dell'ambientalista razionale: [A] proper reaction to a major danger from fossil fuels would be sorrow. Think about it: If the energy that runs our civilization has a tragic flaw, that is a terribly sad thing. It would be even worse, say, than if wireless technology caused brain cancer. The appropriate attitude would be gratitude toward the fossil fuel companies for what they had done for us, combined with recognition that we would have to suffer a lot in the years ahead, combined with the commitment to the best technologies that I mentioned earlier [hydro and nuclear]. Il classico ambientalista è privo di sentimenti del genere, cio' testimonia la sua irrazionalità.

continua

martedì 23 giugno 2015

I guai con la burocrazia

Due vittime: innovazione e trasparenza.

What Bureaucracies Do http://www.arnoldkling.com/blog/what-bureaucracies-do/

Catholicism's Developing Social Teaching by Robert Sirico (anche in "Personalismo economico")

Robert Sirico sulla dottrina sociale della Chiesa:
  1. Furono gli effetti della rivoluzione industriale a sollecitare le encicliche dove più è sviluppata la dottrina sociale della Chiesa, a partire dalla Rerum Novarum di Leone.
  2. L'insegnamento delle Encicliche sociali è dinamico ed anche generico: la Chiesa pur riconoscendosi una scarsa expertise sociologica ritiene che l'insegnamento etico abbia ripercussioni sull'organizzazione sociale per cui non si esime dal dire la sua. 
  3. Tesi del libro: la Centesimus Annus di GPII incarna un coraggioso sviluppo rispetto alla Dottrina Sociale della Tradizione. Senza rotture fa avanzare l'insegnamento della chiesa aggiornandolo col sapere più verificato delle dinamiche sociali... 
  4. Qual è l'autorità del magistero ecclesiale? E che ruolo rivestono le Encicliche? Inutile negare che la CC si attribuisce un ruolo privilegiato nell'intuizione morale e religiosa che esercita attraverso il Papa e i Vescovi riuniti in assemblea. Lo spirito santo è all'origine di questo privilegio. Tuttavia ammette l'esistenza di taluni limiti a tale intuizione: fede e morale. Poi è ben vero che "morale" è termine vago destinato ad esaltare il ruolo dell'interprete... 
  5. Infallibile vs Autorevole. Il secondo insegnamento costituisce il 90% del magistero. Il primo è sempre esercitato in modo solenne: ex cathedra o tramite Concilio Ecumenico... Encicliche sociali: 1) nn sono infallibili 2) nn attengono le competene ecclesiali. 3) discernere l'insegnamento morale da quello pratico... 
  6. I rapporti tra Chiesa e Liberalismo sarebbero stati molto diversi se l'incontro fosse stato con il liberalismo anglosassone... 
  7. Se la Rerum orchestra una difesa della proprietà privata lo dobbiamo all'incombente minaccia della Rivoluzione sui possedimenti ecvlesiastici
  8. Tesi (sulla Rerum): condanna del socialismo per ambiguità antropologica e moderata apertura al liberalismo... 
  9. Il creato è per l'umanità che lo valorizza con la sua opera. In qs processo gioca un ruolo di rilievo lo strumento della proprietà privata. Notevole la considerazione antropologica: tramite la p.p. l'uomo esprime la sua personalità. P.p. nn è un diritto astratto ma si lega all'anima dell'individuo... 
  10. Gli uomini sono diversi e la loro diseguaglianza segue questo dato di partenza... 
  11. Sui salari Leo invoca il principio della "giusta paga". Purtroppo nulla viene detto sul ruolo del mercato nella realizzazione del principio, cosicchè interpretazioni forzate si sono sentite sdoganate... 
  12. Nella Rerum il concetto di giustizia è il classico: a ciascuno il suo (secondo i meriti). Oggi la giustizia implica equità e quindi parità di trattamento. Ebbene, anche il liberalismo classico si rifà al concetto tradizionale di giustizia. La libertà resta allora centrale nel legittimare le pretese: amore e giustizia convivono. Amare il prossimo nn riguarda la giustizia ma la carità... 
  13. Nella Rerum Leo si preoccupa di fissare obiettivi accennando di passaggio ai possibili strumenti. E anche quando invita all'intervento governativo è pronto a mettere dei limiti: sussidiarietà. La Chiesa teme di essere soppiantata dallo Stato Rerum: la librra contrattazione nn assicura il giusto salario. Qui Leo denuncia limiti nella comprensine del mercato e di come salari artificiali arrechino i loro danni: anche prezzi + alti colpiscono i lavoratori. Senza dire dei disoccupati.... 
  14. L'obiettivo di Leo è di trasformare il lavoratore in mini-capitalista. L'intervento invocato servirebbe ad accumulare un capitale di partenza. Conclusione a tesi: la Chiesa nn propone una Terza Via tra socialismo e Liberalismo, si sforza invece di comprendere e dialogare con un liberalismo compatibile con i precetti morali che propone. GPII confermerebbe questa visione. Senza dire che l'ipotesi della Terza Via ridurrebbe ciò che è teologia in politica.
  15.  La sinistra interpreta la Rerum rivendicando un ruolo + ampio per lo stato. Per i movimenti progressisti migliorare la condizione dei lavoratori implica un intervento statale. Non ci sono alternative... 
  16. La funzione sociale della proprietà privata: la p.p. è un diritto naturale che lo stato deve regolare. Il ruolo sociale della p.p. prevale (contrariamente al dettato della Rerum che radicava la p.p. nell'individuo). Ecco il concetto chiave con cui il socialismo cacciato dalla porta rientrava dalla finestra. Ecco spiegato anche lo stretto legame tra Chiesa e Sindacati... 
  17. La Chiesa si interessa solo dei lavoratori nn alza mai lo sguardo s 365 gradi, l'avidità capitalista è equiparata al socialismo ... 
  18. L'attrazione verso il socialismo era irresistibile. Leo lo aveva condannato perchè materialista ma la sua posizione era percepita come "esagerata"... 
  19. Nella Centesimus la musica cambia. Si celebra anche la creatività dell'imprenditore e le virtù dell'uomo produttivo: diligenza, prudenza, affidabilità, autocontrollo. Si legittima il profitto personale sia moralmente che praticamente. Si accusa lo stato assistenziale di deresponsabilizzare l'individuo, s'invoca il principio di sussidiarietà. Ma soprattutto si fa esplicita una scelta di campo liberale invocando un capitalismo che metta al centro l'uomo (par. 42). La parificazione etica tra socialismo e capitalismo - che alcuni individuavano nella Sollecitudo - viene fugata. Bisogna risalire ai tardo-scolastici per incontrare un atteggiamento tanto aperto al mercato. La scuola austriaca e quella virginiana sembrano tra le fonti ispiratrici e ad ammetterlo sono i fautori marxisti della teologia della liberazione... 
  20. Dove la Centesimus ammette l'intervento statale? Salari, previdenza sociale, sussidi di disoccupazione..
  21. La Centesimus distingue tra aspetto etico e aspetto economico: si critica il consumismo pur nell'opzione per l'economia libera
continua

lunedì 22 giugno 2015

Tamar Kushnir su quello che ci insegnano i bambini: la curiosità

Non c'è accordo su cosa sia la curiosità, sappiamo solo che si manifesta soprattutto nei bambini, instancabili ricercatori "tormentati" dai perchè".

Punta sulle informazioni trascurando le bizzarrie. Il bimbo nn è attratto dalle stranezze scollegate dalla sua esperienza bensì dalle variazioni sul pregresso.

Ogni approfondimento comporta un rischio a cui siamo sempre più sensibili invecchiando. La paura ci paralizza, l'esempio dei bimbi è costruttivo: tra loro, quando la curiosità s'impone, n è + possibile distinguere i timidi dagli intraprendenti.

Non avere fretta. Spesso la soluzione sta intorno a noi piuttosto che davanti a noi.

I bambini sono un vortice di "perchè", chiedono finchè nn ricevono risposte soddisfacenti ma soprattutto chiedono a chi sa, all'adulto. Anche noi dovremmo chiedere a chi si occupa da una vita del problema che ci interessa.

Il valore della conoscenza supera quello dei beni materiali. Il bimbo che sceglie il cassetto con una caramella nn è dispiaciuto quando scopre che nell'altro ce n'erano 3. L'importante x lui è sapere.

La curiosità è correlata con l'apertura mentale e favorisce la conoscena x serendipity, forse la + attendibile. Consiglio: lasciate a casa il GPS (ogni tanto) girate facendovi guidare dalla curiosità e dall'intuito.

La curiosità crea tensione con le credenze pregresse

 il curioso 1 riconosce il nuovo 2 sa ridurlo

strategia x riconoscere il nuovo: 1 mind the gap. 2 le cose nn si ripetono mai

strategia x domare il nuovo: siate accoglienti verso chi è confuso

da cosa nasce cosa: mai vero come oggi... ambiente ideale x il curioso

il curioso sa conversare e adattarsi è socialmente una risorsa... elenco dei benefici

elenco rischiè felice il curioso?curiosità e inteligenza sono correlate

Una teoria del cazzeggio

L'uomo, come  molte altre specie animali, dedica molto tempo al gioco, ovvero ad un'attività in cui, in un ambiente sicuro, impara a muoversi nel rispetto di regole date. E’ un allenamento quanto mai prezioso per affrontare preparati la vita adulta, ovvero quella che si svolgerà all’esterno del “recinto sicuro”.
Ora, si può giocare a scacchi, a nascondino ma si può anche “giocare a parlare", ovvero a cazzeggiare.
Il cazzeggiatore dimostra di dominare le regole del linguaggio e per lo più a questo fine si cimenta su tematiche poco serie.
Tuttavia, capita spesso - spessissimo - che eserciti le sue abilità acrobatiche su argomenti seri, e qui la funzione del gioco cambia leggermente, in questi casi ci si allena a "violare" con classe una regola sociale prevalente.
Mi spiego meglio: cazzeggiando su argomenti "seri" si è autorizzati a dire cose che in un contesto serioso ci attirerebbero mille guai. In un certo senso si è sempre giustificati poichè possiamo sempre far passare per ottuso chi ci critica nel merito. Il critico, in questi casi, molto semplicemente “non capisce" l'aria di cazzeggio che pervade la conversazione in corso. Non c'arriva, è limitato, non è brillante (come noi cazzeggiatori).
L'abilità del cazzeggiatore consiste nel barcamenarsi tra i diversi livelli del linguaggio affinché l'opinione espressa sia sempre messo al riparo da ogni critica grazie alla produzione di un abile tono semiserio che pur facendo passare un messaggio squalifichi in anticipo ogni possibile obiezione. In questo modo puo' "partecipare al dibattito" restandone fuori.
L'umorismo è l'esito inevitabile del cazzeggio.
L'umorismo allena alla comunicazione indiretta, al messaggio obliquo, alla creazione di codici personali, alla creazione di un meta-linguaggio comprensibile solo agli “amici”. I “nemici”, quando intervengono nel merito per difendersi perché magari si sentono chiamati in causa, intervengono per definizione fuori luogo: dimostrano di non avere senso dell'umorismo.
nerd, per esempio, sono le classiche vittime degli umoristi: la  tendenza autistica conferisce loro un solo livello di comunicazione, un po’ come i robot, e ciò li rende facili prede di chi invece è abile nell'esprimersi su molteplici livelli.
Forse esagerando si puo' dire che l’umorismo è un residuo del dogmatismo passato. Se ieri chi criticava un dogma commetteva  peccato, oggi chi si attarda a criticare l'idea sottesa ad una "battuta" viene additato come “privo di senso dell'umorismo”, il che è la massima scomunica del nostro tempo. Cosicché nei talk show della TV capita spesso di vedere il povero politico beota di schieramento avverso a quello per cui simpatizza il conduttore costretto a primi piani col riso forzato mentre viene messo alla berlina dal “satiro” di turno ingaggiato dagli autori e fatto esibire a pochi metri da lui. In questa morra l'umorismo è sempre vincente e la capacità di infliggere danni asimmetrica.
Non voglio con questo dire che non esistano sedi dove “l’idea sottesa ad una battuta” non possa essere discussa apertamente e in modo serio, tuttavia il momento umoristico resta un limbo corazzato per definizione, impenetrabile ad ogni dissenso, monologante nella sua essenza. Proprio come i dogmi: criticarli si puo’, chi dice il contrario sbaglia, purché lo si faccia nelle sedi opportune. Per esempio nelle segrete stanze del Concistoro o dei tinelli di casa propria.
L'ipocrita è particolarmente simpatetico all'umorismo. E si capisce, il mondo della comunicazione polisemica, il mondo dalle mille uscite di sicurezza è l'acqua in cui nuota da sempre. Ed sono le stesse acque in cui si esercita l'umorista.
Nell’umorismo l’uomo si allena ed esibisce le sue potenzialità nel produrre ipocrisie (esercizio quanto mai fruttuoso allorché si tratterà di cavarsela nella "seria"). In entrambe le attività è preziosa la capacità di creare un linguaggio ellittico, multistrato, dove tutti i livelli si mescolino in modo apparentemente incongruo. Una matassa che solo gli adepti sanno sbrogliare. Dobbiamo saper tenere un discorso che in realtà sono più discorsi contemporanei con destinatari diversi.
Il riso è la palestra principale dove si allena l' Homo Hypocritus.
Siamo molto legati a chi ci fa ridere perchè sentiamo che con lui si apre un canale di comunicazione privilegiata fatta con un codice esclusivo, intimo. Con chi condivide il nostro senso dell’umorismo possiamo “cospirare” al sicuro. Vuoi far innamorare una donna? Falla ridere!
La buona fama del riso è recente, nella storia è sempre stato visto con sospetto dai moralisti; a partire da Aristotele per lo più lo si considerava prerogativa dell'arrogante, dello sprezzante, del superbo. Ridere in pubblico era esecrabile. Oggi invece viene invece  considerato un appannaggio del "simpatico". Perchè questa completa inversione di rotta? Forse oggi un bene come quello della "fiducia" è meno prezioso visto che lo garantisce dall’alto lo stato. L’umorismo, infatti, con le sue mille ambiguità, la sua mancanza di trasparenza, mette sempre a rischio la produzione comunitaria di fiducia reciproca.
Chiudo con il dato fondamentale delle ricerche sul riso: l'80% dei nostri sorrisi non si materializzano in contesti comici bensì in contesti socializzanti. Chi parla, per esempio, ride molto di più di chi ascolta (negli spettacoli comici avviene il contrario).  In sintesi: secondo Rod Martin il riso è in prima istanza una vocalizzazione socializzante (ricerca di complici) e non una reazione a situazioni comiche. Le donne ridono molto di più degli uomini (il 126% in più), si ritiene sia un segno di sottomissione; per contro gli uomini sono fonte di riso molto più delle donne, pensate solo a chi era il buffone della classe quando eravate al liceo.
P.S. Per approfondire rinvio alla tag "humor" del blog Overcoming Bias.
 P.S. Teorie alternative:
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=bjWnJGGQYro]

Ammetto di non aver mai sentito il fascino delle teorie filosofiche legate al riso – da Aristotele a Bergson –, semmai ho trovato più convincenti quelle antropologico-evoluzioniste testate per quanto possibile sul campo.

Dalla mia ricognizione sembra
 allora che l’ipotesi più accreditata leghi a doppio filo l’umorismo con l’ipocrisia, l’esoterismo e la capacità di evadere talune norme sociali restando impuniti.

Mi spiego meglio, a quanto pare l’uomo è un essere che gioca, anche con le parole: anzi, in età adulta gioca prevalentemente con le parole e i pensieri. Possedere qualità umoristiche richiede un dominio inusitato sul linguaggio, nonché una particolare competenza sulle espressioni ambivalenti e allusive. Si tratta di doti preziose che vengono sempre buone. Un esempio: parlare contemporaneamente a Tizio e a Caio facendo passare messaggi differenti ai due destinatari - magari il primo per rabbonire un “guardiano” e il secondo per allearsi con un complice - puo’ essere una grande risorsa: la capacità di controllare le sfumature linguistiche, il saper stabilire piani differenti di comunicazione gioca in questo compito un ruolo decisivo. E guarda caso parliamo di competenze particolarmente allenate dall’uomo brillante e di spirito. Insomma, lo humor è senz’altro una risorsa sociale - noi ridiamo molto di più in contesti sociali che in contesti comici, inoltre chi parla ride mediamente di più di chi ascolta – ma non per questo è per definizione sempre cosa buona: ci si fa complici condividendo un codice anche per compiere misfatti.

Non c'è da sorprendersi se in passato i severi moralisti non avevano un grande concetto della comicità, e lo credo bene: la difficile quanto essenziale produzione di fiducia richiedeva a tutti un parlar chiaro ai limiti della piattezza, le allusioni imprecisate dell’ "umorista" erano malviste. Oggi la fiducia è prodotta invece da uno stato centralizzato che arriva ovunque con i suoi tentacoli coercitivi, e non a caso in un contesto del genere le facoltà tipiche dell’umorista sono state sdoganate fino ad un’ammirazione sconfinata.

Si dirà: va bene indagare sull’origine delle facoltà umoristiche ma questo che ci dice dell’oggi? Qualche residuo di questa origine poco nobile ancora lo sperimentiamo in un uso improprio dell'umorismo che però viene molto naturale, preciso: l'umorismo allena alla comunicazione indiretta, al messaggio obliquo, alla creazione di codici personali, alla creazione di un meta-linguaggio comprensibile solo agli “amici”. I “nemici”, quando intervengono nel merito per difendersi perché magari si sentono chiamati in causa, intervengono per definizione fuori luogo: hanno la coda di paglia, dimostrano di “non avere senso dell'umorismo”, una vera e propria bolla di scomunica nella società contemporanea. La sfumatura umoristica/ironica, in altri termini, ti mette al riparo da ogni critica: affermi tra le righe il tuo messaggio e chi ha da ridire è a priori un ottuso privo della capacità di “cogliere” lo spirito.

A questo punto c’è sempre chi richiama una distinzione tra ironia e umorismo. E’ utile farla? Forse, ma secondo me no: i due fenomeni sono senz’altro differenti ma anche molto correlati tra loro, il più delle volte laddove c’è umorismo, prima o poi salta fuori l’ironia, puoi scommetterci. Chesterton, tanto per dire, è un grande umorista ma quante stoccate riserva agli atei? Infinite. Dire che il mondo si divide tra “credenti” e “creduloni” è una raffinata e dolorosa bacchettata ai suoi nemici atei e la dobbiamo proprio a quel genio che sta alle scaturigini del suo sempre godibile umorismo.

Ho scritto un casino! Scusa, ora passo alla lettura. Grazie del link sul "nichilismo estetico".

domenica 21 giugno 2015

Tomas Transtromer: I ricordi mi riguardano

  1. Il primo ricordo:... ho appena compiuto tre anni e mi hanno detto che è qualcosa di molto importante, che adesso sono diventato grande...
  2. Papà:... i suoi scoppi d’ira non venivano mai presi veramente sul serio... L’aggressività a lungo termine gli era del tutto estranea... Voleva essere in buoni rapporti anche con gli assenti di cui capitava di parlar male in una normale conversazione. “Ma papà, devi almeno essere d’accordo sul fatto che X è un mascalzone!” “Senti, io non ne so proprio niente.”
  3. Il mistero dei vicini: ... le risate omeriche e il saltare di tappi, non sembravano accordarsi a quell’ometto di un pallore spettrale che ogni tanto incontravo in ascensore...
  4. Fasi: ... dopo qualche tempo le visite al museo cessarono. Ero entrato in una fase in cui avevo una paura inaudita degli scheletri...
  5. Maestri: ... intavolammo subito una conversazione sui molluschi. Era così distratto o privo di pregiudizi che mi trattava come un adulto...
  6. A caccia di farfalle: ero sempre fuori in perenni spedizioni. Una vita all’aria aperta senza il minimo interesse salutistico...
  7. La maestra: una signorina nubile e molto curata che cambiava vestito ogni giorno...
  8. Didattica: ... fioccavano spesso tirate di capelli e sberle, anche se mai a me che ero figlio di una maestra.
  9. Scuola fabbrica del conformismo:... Il mio compito principale nel primo trimestre fu di starmene zitto e fermo nel mio banco... Non si dovevano avere difficoltà inattese nell’imparare qualcosa. In generale non si doveva fare niente di inatteso. Una bambina che se la faceva addosso per la paura e la vergogna non poteva aspettarsi nessuna pietà...
  10. Strategie anti-bullismo: Hasse, un ragazzo scuro e alto che era cinque volte più forte di me, aveva l’abitudine di buttarmi a terra a ogni intervallo, il primo anno di scuola. All’inizio opponevo una fiera resistenza, ma non serviva a niente, lui mi atterrava comunque e trionfava. Alla fine trovai il modo di frustrarlo: una totale rilassatezza. Quando si avvicinava, fingevo che il mio io se ne fosse volato via e avesse lasciato soltanto un cadavere, uno straccio senza vita che lui poteva calpestare quanto voleva. Si stufò. Penso a quanto possa avere significato per me, più avanti nella vita, il metodo di trasformarsi in uno straccio senza vita. L’arte di lasciarsi calpestare senza perdere l’autostima. Non l’ho usata troppo spesso? A volte funziona, a volte no.
  11. L'offensiva nazista sui giornali... era raffigurata con frecce nere. Le frecce penetravano nel cuore della Francia e vivevano come parassiti anche nel nostro corpo di nemici di Hitler. Io mi includevo realmente nel numero. Non mi sono mai più impegnato con tanta passione in politica!
  12. Definizione di "comunista": chi teneva per la Russia.
  13. Destra: la si votava se si era ricchi...
  14. I ricchi... possedevano giocattoli di  incredibili dimensioni...
  15. I poveri: dovevano fare pipì in una casseruola di fortuna che la mamma vuotava nell’acquaio in cucina. Era un dettaglio pittoresco.
  16. Inconvenienti della militanza: quando scoprivo che qualcuno che mi piaceva in effetti era «filotedesco», sentivo immediatamente un terribile peso sul petto. Tutto era rovinato.
  17. Radio Londra: ...la voce calma dello speaker, con un lieve accento straniero, si rivolgeva direttamente a me da un mondo di simpatici eroi che continuavano a dedicarsi tranquillamente alle loro occupazioni benché piovessero bombe.
  18. I professori... dei divi collerici che potevano dedicare la maggior parte della lezione a costruire una torre di indignazione isterica soltanto per poter sfogare la loro rabbia... Facevano sempre un’entrata drammatica in classe, gettavano la cartella sulla cattedra e già dopo qualche secondo era chiaro se l’umore era buono o cattivo.
  19. Il Preside: è possibile che le sue grandi esplosioni non si verificassero più di tre o quattro volte al mese. Ma era soprattutto su quei momenti che si fondava la sua grande autorità... il fulmine si muoveva avanti e indietro sopra il paesaggio. Si sapeva che doveva cadere, ma non dove.
  20. Cooperazione genitori-insegnanti?... per tutto il mio periodo scolastico mi sforzai di tenere separati il mondo della scuola e il mondo di casa. Se i due mondi cominciavano a filtrare uno nell’altro, la casa sarebbe stata contaminata. Non avrei più avuto un vero rifugio.
  21. Extramoenia: non sapevamo quasi nulla della vita privata dei nostri insegnanti, sebbene la maggior parte di loro abitasse nei dintorni della scuola... Un giorno d’autunno Målle era arrivato in classe con una rossola in mano. Mise il fungo sulla cattedra. Liberatorio e scioccante – si era intravisto uno scorcio della sua vita privata! Målle dunque raccoglieva funghi...
  22. L'allegria dei vent'anni: ... allora la dimensione più importante dell’esistenza era la Malattia. Il mondo era un immenso ospedale... Vedevo davanti a me persone sfigurate nel corpo e nell’anima. La lampada era accesa e cercava di tenere lontani quei volti spaventosi, ma ogni tanto mi assopivo, le palpebre si abbassavano e i volti spaventosi mi erano improvvisamente addosso... ogni tanto il silenzio era rotto da uno schiocco nelle pareti. Provocato da cosa? Da me? Le pareti risuonavano perché lo volevano i miei pensieri malati!
  23. La scoperta della poesia nelle parafrasi dei somari interrogati dal prof. di  latino:... questa alternanzatra una sgangherata banalità e un icastico sublime mi insegnò molto. Erano i presupposti della poesia. Attraverso la forma (la Forma!) si poteva elevare qualcosa. Le zampette del bruco erano sparite, si aprivano le ali.


sabato 20 giugno 2015

Peccato originale e teoria del peccato originale

  1. Peccato originale - Lewis lo considerava il concetto della teologia cristiana che presenta l' evidenza empirica più sontuosa. Puoi interpretarlo così: la tendenza dell'uomo a violare norme che ritiene giuste (predicare bene e razzolare male. C'è poi la teoria del peccato originale che indaga sulle sue origini e le rintraccia nella libertà umana: i nostri padri hanno sbagliato e sono stati giustamente puniti. Penso che la ricostruzione possa quadrare con i valori del nostro buon senso attuale: anche noi ammettiamo come giusto che taluni errori dei padri abbiano conseguenze sui figli: se mio padre sbaglia un investimento, l'eredità che mi spetta sarà probabilmente meno cospicua. Non ha senso gridare all'ingiustizia, è corretto che sia così.

Jean Clair: L'hiver del culture

  1. L' arte classica rinviava a qualcosa d' altro, era una metafora dell'infinito oggi si specchia in se stessa, al limite diventa un monumento all'artista, il quale, attraverso di essa si autodeifica attirando su di sè il culto.
  2. la cultura del culto: la cultura che rinvia all' infinito e metaforizza l' infinito; il culto della cultura: autoreferenzialità, rinvio a se stessi.
  3. nel mondo della cultura prospera un linguaggio burocratico (risorse umane) diretta eredità dei regimi anni 30. L'ingegneria sociale spopola.
  4. La mania estetica è ovunque e ha preso il posto dell'arte. La mania estetica è una lallazione narcisa dove l'ego ipertrofico  rinvia in modo imbarazzante a quello del bambino.
  5. Nel chiasso le bellezze si elidono rimanendoci indifferenti, tolto qualche fremito di breve durata dovuto più che altro alla curiosità.
  6. E' il trionfo di Duchamp. Il successo di questo artista in america ci ammaestra: la nuova arte chiede il deserto per poter apparire; l'america lo fornisce, km e km di territori senza un' opera architettonica degna di nota. L'arte deve spogliarsi del suo portato religioso, politico estetico, deve restare sola, nuda, vergine e sterile al contempo. L'arte minimale costantemente ci ripete che nn c è niente da leggere nella sua forma, niente da interpretare, si tratta di un'arte tautologica e insensata. Tutto si sprofonda in un'immensa amnesia, in una tabula rasa che riparte da zero. L'america incarna questo vuoto senza interrogazione.
  7. Antonello da Messina, il Veronese... la pittura italiana porta il luogo nel nome, l'origine, la storia di una provenienza. Tutto cio' è sintomatico di un'aurea che oggi l'arte ha perso.
  8. Esperimento: un archeologo deve ricostruire la nostra civiltà indagando sui reperti che rinviene. Come potrà mai riconoscere un museo? Non è possibile poiché l'architettura che lo contraddistingue è anonima, e non potrebbe essere altrimenti visto che non sappiamo più a cosa debba servire un museo. 

venerdì 19 giugno 2015

Facebook ci rende stupidi?

http://www.arnoldkling.com/blog/ideology-and-keynesian-economics/

In parte sì poichè induce reazioni immediate e spesso poco meditate. La cosa migliore consisterebbe nel far decantare almeno per un giorno i propri post al fine di potwr rwrtifficarli prima dell'invio. Tornare sui propri passi poi è difficile, l'istinto prevalente ci porta a difendere la posizione presa.

Certo che difendere posi
zioni stupide resta un buon allenamento per la nostra intelligenza.

Thomas Kuhn: The structure of scientific revolutio,

Introduzione.

  1. ci concentriamo un po' troppo sulle teorie finite, e questo ci trae in inganno, se guardassimo alla loro graduale formazione ci faremmo un'immagine ben diversa della scienza. in qs senso i manuali sono come guide turistiche
  2. La tipica caricatura della scienza: la scienza è fatta di osservazioni formalizzabili da cui fuoriescono formule generali. la conoscenza cresce gradualmente x fasi successive e la storia si limita a documentare qs crescita... lo storico deve stabilire chi ha fatto cosa ed elencare le scoperte che descrivono la crescita del nostro sapere.
  3. Eppure noi non potremmo rispondere alla domanda "chi ha scoperto l'ossigeno?". Perché? Perché quella appena fatta è una caricatura. nemmeno è così semplice distinguere la componente scientifica di un' attività. 
  4. la fisica aristotelica era un mito? no. ma se era scienza allora la scienza nn è propriamente quello che crediamo.
  5. le nuove ricerche storiche nn hanno uno sguardo "verticale": nn si guarda alla relazione tra galileo e noi ma a quella coi suoi colleghi. La comunità scientifica ha un ruolo centrale e questo dovrebbe dirci qualcosa sui complessi processi che informano un'attività apparentemente banale e in grado di staccarsi nettamente dalla mitologia.
  6. come emerge la teoria vincente?: studiando con lo stesso metodo lo stesso fenomeno (es. la luce) si può giungere ad esiti molto diversi. più che il metodo, per giustificare il proprio percorso, contano allora gli a priori l' esperienza passata (cosa si è studiato), cosa colpisce la nostra curiosità, perché privilegiamo certi esperimenti su altri. Tutte le possibili strade sono egualmente scientifiche ma in buona parte incommensurabili tra loro: non si puo' rispondere in modo determinato a questi perché.
  7. Le osservazione hanno un ruolo necessario ma tutt'altro che esclusivo. Altrettanto importante è l'idea condivisa sugli elementi costitutivi dell'universo e su come interagiscano con i nostri sensi. Ogni paradigma ha le sue basi e cresce su quelle, in esse c è una parte di arbitrio e la resistenza di una troria dipende anche dall affezione della comunità a quel paradigma. Quando il paradigma cede parliamo di rivoluzione scientifica. Si noti che il paradigma si propone sia come premessa che come conclusione, infatti, gli elementi base e il modo in cui reagiscono con i nostri sensi puo' essere "scoperto" ma è anche alla base delle nostre "scoperte".
  8. La teoria e i fatti nn sono facilmente separabili, innanzitutto per il motivo di cui al punto precedente: certi paradigmi teorici ci guidano inevitabilmente a vedere certi fatti piuttosto che altri. Spesso poi taluni fatti debbono essere congetturati e naturalmente lo si fa in modo conforme al paradigma adottato.

giovedì 18 giugno 2015

Nicholas Wade: A troublesome inheritance

Una sintesi per punti
  1. La verità divulgata: 1) le razze non esistono e 2) non esiste evoluzione recente in grado di diversificare l'uomo. Le affermazioni di Lewotin sorreggono il primo punto: le variazioni genetiche sono minime, meramente cosmetiche e del tutto irrilevanti. Gould è alla base del secondo: dacchè l'uomo è uscito dall'Africa non c'è stato il tempo materiale per avere differenziazioni significative. L'analisi del genoma ha ribaltato queste credenze. C'è poi l'argomento avanzato da Jared Diamond: poichè esistono criteri diversi per individuare le potenziali razze e questi criteri giungono a conclusioni diverse ciò significa che tutti questi criteri sono inattendibili. Esempio: perchè non consideriamo una razza quella composta da nigeriani+italiani+greci? Tutti e tre qs popoli posseggono il gene antimalaria!
  2. Partiamo da Diamond, il suo argomenta non sembra maolto serio ma motivato dal desiderio di gettare confusione. 1) nessuno ha mai tentato dimisolare le razze  sulla base di un singolo tratto. Esiste il concetto di cluster omogeneo. È con quello che si lavora. 2) il carattere proposto da Diamond, poi, è una mutazione recente (4-6000 anni) e superficiale che non può certo costituire un elemento di distinzione razziale. La diaspora del continente africano è ben più vecchia.
  3. Un esperimento è bastato a confutare Lewotin, sebbene la sua obiezione sia più seria rispetto a quella di Diamond. Frammenti di genoma sono stati sottoposti a un pc col compito di raggruppare i 5 cluster più rilevanti. Ebbene coincidevano con le 5 razze e i 5 continenti. Si tratta quindi di differenziazioni cardine, altro che irrilevanti. Ma soprattutto si tratta di differenziazioni costanti e correlate con l'ipotetica razza e quindi altamente esplicativi. Inoltre in altri animali differenziali simili a quelli umani vengono ritenuti più che sufficienti a introdurre più specie.
  4. Per quanto riguarda Gould oggi sappiamo che i tempi evolutivi sono molto più rapidi di quanto pensavamo: i tibetani, tanto per farr un esempio presentano adattamento genetico all altitudine a neanche 3000 anni dal loro insediamento.  Non solo, sappiamo anche che dalla diaspora almeno il 15% del genoma è sotto pressione evolutiva e sono ed esso ricomprende anche geni correlati allo sviluppo cerebrale.
  5. Il fatto che le razze abbiano una base biologica non implica che abbiano una base genetica. I geni sono sequenze proteiche che si trasmettono attraverso la riproduzione. Le sequenze esatte non sono sempre conosciute (nn si sa con esattezza dove un gene inizia e dove finisce) e a volte tale conoscenza è trascurabile. Naturalmente le sequenze più brevi sono anche le più facilmente controllabili e le più facilmente trasmissibili. Ebbene, tutte le razze condividono gli stessi geni (persino gli stessi alleli, ovvero le variazioni sui geni base). Ciò che cambia è la frequenza con cui si presentano taluni alleli. La differenza è dunque di tipo statistico.
  6. C'è un esperimento semplice semplice ma molto indicativo. Si considerano tot. genomi umani e si classificano in base alla ricorrenza di certi alleli componendo così dei cluster omogenei. I cinque maggiori coincidono con i 5 continenti che coincidono con le 5 razze. Tutto ciò nn può essere un caso? I geni prescelti nell'esperimento sono per così dire "neutrali", incidono poco sulla personalità ma noi sappiamo che 1) molti geni decisivi sono sotto pressione evolutiva (ovvero tendono a differenziarsi) 2) i tempi evolutivi sono molto più bre i di quel che pensavamo (2-3000 anni anzichè 30-40000) risultando compatibili con la differenziazione razziale della specie umana e 3) la pressione evolutiva si esercita a livello regionale.
  7. Per classificare l'uomo il metodo migliore consiste nel procedere con il concetto di razza, esattamente come aveva intuito Linneo.
  8. L'avversione verso questi studi è comprensibile, spesso hanno suscitato o si sono accompagnati a teorie sociali discutibili se non ripugnanti. Ciò non toglie che la scienza resti bloccata ancora a lungo.  L'eugenetica non è lo sbocco necessario dello studio delle razze, in fondo noi sappiamo quali caratteri beneficiano di più la società. IMHO: esistono anche motivi etici, eh.
  9. Il razzista tende ad ordinare gerarchicamente le razze in modo immutabile. In un certo senso nn è un ignorante, va distinto da chi nutre semplicemente dei pregiudizi. Ma soprattutto il razzista non ragiona in termini statistici bensì individuali.
  10. L'innovazione di questo libro rispetto a quelli suoi "compagni"(pinker, deary, murray): partire dal genotipo anzichè dal fenotipo.

Derek Thompson sull' effective altruism

Derek Thompson:

  1. di cosa si tratta? della scienza e razionalità combinate con la filantropia, di una specie di generosità autistica
  2. vuoi essere generoso? cerca lavoro a wall street anziché in una onlus. poi doni metà del tuo stipendio. un caposaldo dell'e.a. consiste nel produrre la ricchezza che si vuol donare
  3. e.a. sembra contraddire i principi egoistici dell'evoluzione e in effetti il dilemma permane. imho: e.a. è un' esibizione di intelligenza più che di generosità
  4. i più ricchi possono fare la differenza. guadagni più di 45000 euro? allora prendi coscienza di essere nell'1% più ricco della popolazione mondiale. prendi coscienza anche del moltiplicatore 100? il moltiplicatore ci dice che se l'1% più ricco donasse l'1% della sua ricchezza raddoppierebbe i redditi e la felicità nel mondo.
  5. esperimento mentale di peter singer: un bimbo affoga in un lago. vi buttate sapendo di indossare il vestito buono? naturalmente direte di sì ma sappiate che tutti i giorni vi si presenta l'occasione ma non lo fate per il semplice fatto che vi girate dall'altra parte per non vedere.
  6. altro principio: la scienza fa la differenza. esempio: come rinforzare la partecipazione scolastica in kenya? mandando testi migliori? mandando insegnanti migliori? costruendo scuole migliori? no: deverminizzando i bimbi. solo grazie ai random trials abbiamo potuto saperlo. eppure le onlus di deverminizzazione ricevono molto meno di quelle per il supporto scolastico.
  7. critica a e.a.: così si privilegiano le cause facilmente quantificabili. anche se in teoria tutto è misurabile in termini probabilistici la critica appare in buona parte fondata. come misurare l'impatto della libera stampa, dei diritti alle donne, dei...
  8. terzo principio: non conta sapere qual è la causa più preziosa ma sapere dove è più utile il dollaro che ho in mano e intendo donare. meglio harvard o il congo? per questo non vale mai la pena di donare in caso di disastri naturali: già donano gli altri.
  9. il problema morale è sempre dietro l'angolo: meglio salvare una vita in congo o alleviare la povertà in india? ognuno ha le sue preferenze, anche il rischio è una preferenza. per ogni donatore ci vorrebbe un' unità di misura e dei calcoli su misura.
  10. givewell è meta-filatropia: misura 8con tutti i limiti) l'efficacia della filantropia altrui. i migliori sono givedirectly e againstmalaria. in molti casi il modo più efficiente di fare filantropia è donare ad enti meta-filantropici.
  11. le storie motivano più dei numeri, questo ci è ovvio. mostrare il volto di un bimbo sofferente vale 100 statistiche. ecco allora un' altra critica all'approccio e.a.: toglie empatia e quindi demotiva. risposta: puo' essere vero ma d'altra parte sapere di fare del bene vero puo' essere altrettanto motivante.
continua.

mercoledì 17 giugno 2015

Temi d'esame 2015

Ai temi d'esame una traccia proponeva un brano tratto da Italo Calvino

Una ragazza interpellata diceva di aver rinunciato a quel tema perchè l'autore non era stato approfondito in classe.

Al che un professore commentava che una giustificazione del genere era insensata, la conoscenza dell'autore non era richiesta per affrontare il tema, bastava concentrarsi sul brano proposto e svolgere una riflessione, basta cioè capire e farsi un'idea su quel che si legge, organizzare questa idea ed esprimerla: oggi viviamo nella scuola delle competenze e non della conoscenza.

Ecco, questo scambio mi chiarisce meglio il significato di termini a volte per me misteriosi, mi riferisco naturalmente a "competenze" e "conoscenza".

David Stove: Darwinian fairytales. I

  • Darwin ha un problema. Spiegare l'altruismo. Per lui la vita è una competizione per sopravvivere. Ma allora, perchè gli ospedali? Perchè i sussidi di disoccupazione? Forse Darwin può spiegare in termini di scambio l'altruismo tra vicini ma quello puro dell'"effective altruism"? Deriva genetica? La religione cristiana è davvero contronatura?
  • C'è chi reagisce dicendo che la lotta darwiniana riguardava i nostri antenati. Ok ma il darwinismo nn era una teoria generale? Huxley ci invita a guardare alla lotta degli stati per le colonie, oppure alla lotta ferina tra i poveri, laddove la pressione è più acuta. Conclude dicendo che comunque la Storia presenta anche degli intervalli. Le sue osserva. Le sue osservazioni nn sembrano molto convincenti.
  • Forse la "via ipocrita" offre qualche spunto in più: se i fatti contraddicono Darwin allora peggio per i fatti. Essi non esistono, sono mere illusioni. Certi comportamenti nascondono una profonda ipocrisia, l'uomo è essenzialmente ipo rita. I darwinisti so iali aderiscono a qs. indirizzo e chiedono di togliere di mezzo le ipocrisie per giocare a carte scoperte. Ma sono loro i primi a schermirsi dicendo che aiutare i poveri è controproducente anzichè dire che è contronatura. Inoltre nn si vede una rabione valida che giustifichi la loro battaglia: perchè mai dovrebbero promuovere l'inevitabile?  Considera i promotori dell'eugenetica, si preoccupano che "i più adatti" nn si riproducano abbastanza.
  • Infine ci sono i distratti. Sono acculturati e scolarizzati, sanno bene che si DEVE credere al darwinismo ma nemmeno vogliono negare che esistano ospedali e sussidi ai più bisognosi. Ma come risolvono il dilemma? Semplicemente se ne disinteressano, tirano dritti per la loro strada, la cosa in fondo nn è affar loro.
  • IMHO: il dilemma proposto non mi sembra mettere all'angolo la posizione "ipocriticista". Essa riesce a giustificare anche l'altruismo più radicale, il cosiddetto "altruismo nerd" o "effective altruism". In questi casi il soggetto intende essere altruista in modo astratto, ovvero scegliendo i beneficiari sulla carta senza farsi coinvolgere dall'empatia che anzi, per una scelta razionale diventa un ostacolo. Ebbene, l'ipocriticista può sempre dire che questi soggetti non intendono esibire la propria bontà ma la propria intelligenza (e nn c'è dubbio che anche questo è un attributo apprezzato), in particolare il proprio dominio sulle emozioni: non è facile trattare il mio bambino alla stregua di uno sconosciuto africano che rovista nelle discariche di Nairobi, ci vuole una certa freddezza e doti del genere venvono spesso utili nella lotta per la sopravvivenza cosicchè diventa vantaggioso farne mostra.

martedì 16 giugno 2015

Alcuni motivi per non redistribuire la ricchezza

In ordine sparso:
  1. Gli incentivi contano
  2. Il governo è inefficiente
  3. I costi del risentimento pesano
  4. Esiste un effetto dotazione per cui chi perde soffre più di quanto non goda chi guadagna
  5. Probabilmente l'utilitarismo è falso e redistribuire rappresenta un rischio etico
Continua

Tre morivi contro la redistribuzione

http://econlog.econlib.org/archives/2015/06/not_so_hard_to.html

Richard Swinburne su Hume, Kant e la teologia naturale

  1. La critica di Kant e Hume alla teologia naturale è sostanzialmente una critica all' induttivismo. Purtroppo i due non considerano la conoscenza bayesiana che è poi quella improntata sul metodo scientifico, in particolare trascurano il ruolo dell'analogia nella formulazione di ipotesi sensate.
  2. Teologia naturale (t.n.): dal mondo fisico a quello divino. Nella tradizione è a disposizione per chi dubita ma oggi, in un mondo di "acculturati", la sua importanza cresce
  3. Sotto il programma "i limiti della conoscenza", t.n. è stata screditata da Hume nel mondo anglosassone e da Kant in quello continentale
  4. La proposizione di Hume: non c'è nulla nell'intelletto che prima non sia nei sensi, Problema ma quanto possono essere generali le idee ricavate dai sensi? Come si passa da uomo del 700 a uomo di tutti i tempi? Sì perchè Hume pretende di parlare di quest'ultimo senza che la sua filosofia lo autorizzi in modo chiaro.  Evidentemente il punto di partenza di Hume non sembra impedire generalizzazioni anche vaste.
  5. Altro argomento di Hume: la causa non è altro che una successione regolare ma poichè la creazione divina è unica non può essere inferita da alcuna regolarità. E il big bang? Hume trascura il ruolo delle analogie, esse ci aiutano a formulare ipotesi probabilistiche, in fondo ogni evento è unico e irripetibile! Noi sperimentiamo anche noi stessi come causa, ovvero sperimentiamo la spiegazione personale e l'atto libero, il  che è una potente analogia della creazione divina.
  6. Kant: sebbene possediamo un'idea di assoluto ci è impedito di ragionarci su senza ricadere nelle antinomie della ragione(paradossi...). Nel ragionare applichiamo categorie formate sulla nostra esperienza, la loro applicazione è lecita solo se ha per oggetto enti affini. Assoluto e relativo sono enti sostanzialmente differenti e quando noi tentiamo di passare dal secondo al primo la ragione incorre in paradossi irrisolvibili (per ogni argomento "contro" ce n'è uno "pro" altrettanto fondato).
  7. In realtà non è affatto detto che le "alternative equivalenti" di Kant siano altrettanto "equivalenti", spesso una è più probabile dell'altra. La cosa è evidente nel pensiero scientifico, secondo la prima antinomia noi non possiamo sapere se abitiamo uno spazio finito (qualcuno potrebbe ipotizzarlo poiché tutta la nostra esperienza riguarda oggetti finiti), esiste infatti un anti-tesi altrettanto probabile fondata sul fatto che nella nostra esperienza se lo spazio fosse finito dovrebbe esistere qualcosa al di là di esso. Ebbene, il big bang postula uno spazio finito mentre modelli diversi (inflazionistico e stazionario) ipotizzano un universo infinito. Si tratta di ipotesi assurde in quanto equivalenti per definizione? Non sembrerebbe proprio, tant'è che le varie scoperte alimentano ora l'uno ora l'altro modello costringendoci ad aggiornare le nostre credenze.
  8. Esempi avanzati da Kant a sostegno dei limiti della ragione: poiché viviamo in un unico spazio euclideo e le nostre categorie sono informate a questo tipo di realtàente, noi non possiamo ragionare su più spazi, non riusciamo ad immaginarli come logicamente possibili. L'esempio non sembra felice visto che la scienza negli anni successivi ha ripetutamente ragionato anche su spazi curvi, su multiversi e altro. Posso anche svegliarmi e pensare di essere in un nuovo spazio parallelo. Dal punto di vista logico non c'è nulla che me lo impedisce, posso facilmente immaginarmi spazi paralleli e sliding doors.
  9. Critica a Kant: si concentra sulla conoscenza pura anzichè su quella probabilistica, è solo sulla prima a che si applicano i paradossi logici. Ma noi utilizziamo la seconda conoscenza per fare ipotesi intorno al difficilmente osservabile partendo dall'osservabile. La scienza procede allo stesso modo e non di rado postula nelle sue teorie realtà inferite ma non osservabili, da Dalton alle particelle subatomiche gli esempi sono disponibili in abbondanza. Se solo Kant fosse nato dopo Dalton, forse il primo scienziato a compiere in modo palese operazioni del genere, forse avrebbe rivisto la sua teoria dei "limiti", era infatti un grande ammiratore della scienza. Da Dalton in poi gli scienziati hanno sempre piùspesso teorizzato sull'infinitamente piccolo, sull'infinitamente grande, sull'infinitamente distante... Tutti "infinitamente" che rendevano l'oggetto delle speculazioni inosservabile e purtuttavia queste speculazioni restavano sensate e in costante evoluzione poiché fondate sulla logica bayesiana.