E' nella sua natura.
Gli esempi concreti: http://www.edge.org/3rd_culture/thaler10/thaler10_index.html
martedì 23 novembre 2010
L' apriscatole
Non mi interessa il jazz, ma i jazzisti sì.
Mi interessa l' elasticità mentale che questa enclave regala a chi la frequenta.
Come potrebbe, d' altronde, non essere "elastico" un improvvisatore?
Nessuno rimbalza come lui.
Non m' interessa il Jazz, m' interessa l' improvvisazione. E' un motore che fa girare il mondo della musica. E' un bellissima crociera se la compagnia è quella giusta.
Non m' interessa il jazz quando, come un leone spelacchiato, passeggia nella sua gabbia etichettata dello zoo, qui c' è il be bop, là lo swing; m' interessa invece quando è usato come virus che contamina, che s' infiltra un po' ovunque destabilizzando l' organismo infettato.
Non m' interessa quando un rocker suona il jazz, o quando lo suona un musicista di estrazione classica, o quando vi si dedica una pop star. Tanto lo suonano male: ingenuo il primo, rigido il secondo, commerciale il terzo. Al contrario, m' interessa sempre quando un jazzista con gli attributi suona il pop, il blues, la classica, la contemporanea o il punk.
Non mi interessa il jazz come genere musicale, mi interessa come apriscatole per scoperchiare le scatole in cui si rinchiudono tutti i generi musicali, specie quelli che non m' interessano.
Nel disco che ho appena ascoltato, il genere musicale tolto dalla naftalina è il Tango. Loro sono italiani. Ma la nazionalità del pilota conta poco quando si fa il giro del mondo della musica.
Il tango te lo fanno tenere in bocca come un sommelier ci tiene un buon vino. Più che cantarlo lo decantano.
Quante cose meravigliose restano celate se non passa, a volte per caso, un jazzista ad aprirti il coperchio!
Barrio de Tango Ensemble - Barilete - Dodicilune
Genealogia: hermeto Pascoal, Caetano Veloso, Astor Piazzolla.
Mi interessa l' elasticità mentale che questa enclave regala a chi la frequenta.
Come potrebbe, d' altronde, non essere "elastico" un improvvisatore?
Nessuno rimbalza come lui.
Non m' interessa il Jazz, m' interessa l' improvvisazione. E' un motore che fa girare il mondo della musica. E' un bellissima crociera se la compagnia è quella giusta.
Non m' interessa il jazz quando, come un leone spelacchiato, passeggia nella sua gabbia etichettata dello zoo, qui c' è il be bop, là lo swing; m' interessa invece quando è usato come virus che contamina, che s' infiltra un po' ovunque destabilizzando l' organismo infettato.
Non m' interessa quando un rocker suona il jazz, o quando lo suona un musicista di estrazione classica, o quando vi si dedica una pop star. Tanto lo suonano male: ingenuo il primo, rigido il secondo, commerciale il terzo. Al contrario, m' interessa sempre quando un jazzista con gli attributi suona il pop, il blues, la classica, la contemporanea o il punk.
Non mi interessa il jazz come genere musicale, mi interessa come apriscatole per scoperchiare le scatole in cui si rinchiudono tutti i generi musicali, specie quelli che non m' interessano.
Nel disco che ho appena ascoltato, il genere musicale tolto dalla naftalina è il Tango. Loro sono italiani. Ma la nazionalità del pilota conta poco quando si fa il giro del mondo della musica.
Il tango te lo fanno tenere in bocca come un sommelier ci tiene un buon vino. Più che cantarlo lo decantano.
Quante cose meravigliose restano celate se non passa, a volte per caso, un jazzista ad aprirti il coperchio!
Barrio de Tango Ensemble - Barilete - Dodicilune
Genealogia: hermeto Pascoal, Caetano Veloso, Astor Piazzolla.
lunedì 22 novembre 2010
Capire la mente cattolica
A proposto di libri in pila sul comodino.
Finalmente ho avuto modo di sfogliare "Capire la mente Cattolica" di Edoardo Lombardi Vallauri, un libro che ha il pregio di lasciarsi leggere agevolmente. Quel che intende sostenere te lo dice fin dal primo rigo e se non hai capito ti fa pure lo schemino in fondo ad ogni agile capitoletto (come odio quei libri di saggistica dove le tesi sono sepolte chissà dove, anzi, magari rivelate come tesori preziosi con tanto di agnizione finale e squillo di trombe).
Peccato per quel linguaggio a volte un po' denigratorio, penso che ELV non troverà molti interlocutori finchè si riferisce alla "gerarchie" chiamandole "burattinai".
Veniamo ora alle accuse mosse al cattolicesimo italiano.
La prima è in buona parte giustificata e rispecchia anche una critica interna molto diffusa.
1. Molti Cattolici italiani sono disonesti intellettualmente, non ragionano con la propria testa e, anche se non si adeguano nella prassi a taluni precetti, nemmeno li contestano apertamente. Quando la Chiesa dice cose sbagliate fanno finta di niente. Insomma, i Cattolici italiani hanno un pessimo rapporto con la Verità.
Avevamo già trattato il tema: che fare quando non sono d' accordo con le tesi "ufficiali" della Chiesa?
La Sara, tra parentesi, trova pertinente una simile osservazione critica. E' anche un modo per dire che i ciellini sono rimasti tra i pochi a prendere sul serio il cattolicesimo.
Contrariamente a lei, essendo un po' complessato, mi scatta subito l' istinto dell' autodifesa e in questa sede vorrei sottolineare come basti davvero poco per eludere un simile rilievo.
Presento dunque due contro-osservazioni.
A) se mi affido ad un "esperto", l' importante è il mio accordo sul nocciolo. Le questioni secondarie possono anche lasciarmi nel dubbio quando non dissenziente, seguirò ugualmente i suoi consigli.
Si badi bene, una simile linea di condotta non implica "disonestà intellettuale".
Essendo poi un comportamento razionale, non implica nemmeno un "cattivo rapporto con la verità".
Molto di cio' che a prima vista viene fatto rientrare nell' accusa si smarca grazie a questo argomento.
B) prendiamo ora un' interpretazione più sfumata dell' accusa: il Cattolico italiano "predica bene e razzola male".
Per quanto un atteggiamento del genere sia deplorevole non implica necessariamente "disonestà intellettuale" o "cattivo rapporto con la verità".
Se la predicazione è corretta, il fatto di non attenervisi implica solamente una condotta peccaminosa.
Sento già risuonare la replica: ma simili discordanze non sono accompagnate quasi mai da un senso di colpa.
Faccio notare che il senso di colpa è un sentimento mentre qui parliamo di intelletto ("disonestà itellettuale", "cattivo rapporto con la verità").
Mi capita ripetutamente di cadere, e mi capita anche di non sentire come dovrei il relativo senso di colpa. Concludo pensando che non sono un buon cattolico, che sono un cattolico di serie B.
Perchè dovrei "contestare"? Perchè dovrei sentirmi "disonesto intellettualmente"?
Mi limito a constatare quanto sia "debole" e "inadeguato" come credente.
Per concludere aggiungo che il mondo contemporaneo è molto più ricco di "tentazioni", cio' significa che potremmo essere in presenza di un numero maggiore di peccati manifesti a parità di fede.
2. I Cattolici italiani non si dedicano solo alle realtà della fede interiore ma anche alla realtà concreta di tutti i giorni, questo li porta ad allearsi strumentalmente con gli "atei devoti", ovvero con coloro che, senza una vera fede, condividono però con i Cattolici una certa visione del mondo.
Francamente non riesco a trovare una difesa a questa osservazione poichè non leggo in questa osservazione alcuna "accusa".
Se l' accusa è quella di "occuparsi del mondo" e non solo del nostro cuore, allora ci si rassegni: la fede Cattolica lo esige e l' ho scelta anche per quello.
Se l' accusa è quella di allearsi con gli "atei devoti", ci si rassegni, la fede Cattolica è tra le meno moralistiche in circolazione, e l' ho scelta anche per quello. Gli atteggiamenti pragmatici sono all' ordine del giorno: meglio un fedele ad un ateo devoto, meglio un ateo devoto ad un ateo anticlericale. E via di questo passo. Un pezzo di strada insieme puo' essere fatto anche con l' "altro". Perchè no?
...
ELV prende poi di mira l' anti-relativismo della Chiesa ma secondo me lo puo' fare solo grazie al fatto che costruisce uno straw man della posizione "assolutista".
Il relativista, dice ELV, sa che "le proprie posizioni potrebbero cambiare", e questo sapere lo contraddistingue rendendolo prudente.
Io sono un assolutista, credo di professare alcune verità assolute, ovvero verità fondate in ogni tempo e in ogni luogo, eppure come posso escludere che le mie idee un giorno cambieranno? Tutto può succedere, mi limito a definire la mia posizione ora e la mia posizione è anti-relativista.
D' altronde la stessa Chiesa ha mutato opinione nel corso del tempo su diverse questioni. Come giustificare questo fatto acclarato? Non si puo' certo dire che la Chiesa sia relativista.
Bisogna rassegnarsi al fatto che Cristo è una persona da seguire passo passo nella storia dell' uomo, non un teorema da mettersi in tasca.
Mi sembra che in questo caso la definizione dei termini di ELV sia imperfetta e quindi il suo discorso viziato fin dall' origine.
Come se non bastasse, ELV si riferisce ai relativisti come a coloro che "non pensano di possedere la verità".
Ma anche i credenti non pensano di possederla in toto. Infatti ritengono che la piena verità verrà loro rilevata solo alla fine della vicenda umana.
E allora cosa marca in modo specifico le due diverse posizioni? I relativisti, molto semplicemente, pensano che la verità assoluta non esista.
In questo senso un relativista si contraddice quando ritiene la sua opinione contingente migliore di una qualsiasi altra opinione concorrente, infatti questo sarebbe un giudizio "assoluto".
D' altronde, perchè sostenere un' opinione se non la si ritiene "migliore"? A questo punto per lui non resta che trovare rifugio nelle nebbie esistenzialiste. Tutto cio' è abbastanza imbarazzante. Ecco perchè il cattolico evita il relativismo, ecco perchè lo associa al nichilismo.
... continua... lettura in corso...
Finalmente ho avuto modo di sfogliare "Capire la mente Cattolica" di Edoardo Lombardi Vallauri, un libro che ha il pregio di lasciarsi leggere agevolmente. Quel che intende sostenere te lo dice fin dal primo rigo e se non hai capito ti fa pure lo schemino in fondo ad ogni agile capitoletto (come odio quei libri di saggistica dove le tesi sono sepolte chissà dove, anzi, magari rivelate come tesori preziosi con tanto di agnizione finale e squillo di trombe).
Peccato per quel linguaggio a volte un po' denigratorio, penso che ELV non troverà molti interlocutori finchè si riferisce alla "gerarchie" chiamandole "burattinai".
Veniamo ora alle accuse mosse al cattolicesimo italiano.
La prima è in buona parte giustificata e rispecchia anche una critica interna molto diffusa.
1. Molti Cattolici italiani sono disonesti intellettualmente, non ragionano con la propria testa e, anche se non si adeguano nella prassi a taluni precetti, nemmeno li contestano apertamente. Quando la Chiesa dice cose sbagliate fanno finta di niente. Insomma, i Cattolici italiani hanno un pessimo rapporto con la Verità.
Avevamo già trattato il tema: che fare quando non sono d' accordo con le tesi "ufficiali" della Chiesa?
La Sara, tra parentesi, trova pertinente una simile osservazione critica. E' anche un modo per dire che i ciellini sono rimasti tra i pochi a prendere sul serio il cattolicesimo.
Contrariamente a lei, essendo un po' complessato, mi scatta subito l' istinto dell' autodifesa e in questa sede vorrei sottolineare come basti davvero poco per eludere un simile rilievo.
Presento dunque due contro-osservazioni.
A) se mi affido ad un "esperto", l' importante è il mio accordo sul nocciolo. Le questioni secondarie possono anche lasciarmi nel dubbio quando non dissenziente, seguirò ugualmente i suoi consigli.
Si badi bene, una simile linea di condotta non implica "disonestà intellettuale".
Essendo poi un comportamento razionale, non implica nemmeno un "cattivo rapporto con la verità".
Molto di cio' che a prima vista viene fatto rientrare nell' accusa si smarca grazie a questo argomento.
B) prendiamo ora un' interpretazione più sfumata dell' accusa: il Cattolico italiano "predica bene e razzola male".
Per quanto un atteggiamento del genere sia deplorevole non implica necessariamente "disonestà intellettuale" o "cattivo rapporto con la verità".
Se la predicazione è corretta, il fatto di non attenervisi implica solamente una condotta peccaminosa.
Sento già risuonare la replica: ma simili discordanze non sono accompagnate quasi mai da un senso di colpa.
Faccio notare che il senso di colpa è un sentimento mentre qui parliamo di intelletto ("disonestà itellettuale", "cattivo rapporto con la verità").
Mi capita ripetutamente di cadere, e mi capita anche di non sentire come dovrei il relativo senso di colpa. Concludo pensando che non sono un buon cattolico, che sono un cattolico di serie B.
Perchè dovrei "contestare"? Perchè dovrei sentirmi "disonesto intellettualmente"?
Mi limito a constatare quanto sia "debole" e "inadeguato" come credente.
Per concludere aggiungo che il mondo contemporaneo è molto più ricco di "tentazioni", cio' significa che potremmo essere in presenza di un numero maggiore di peccati manifesti a parità di fede.
2. I Cattolici italiani non si dedicano solo alle realtà della fede interiore ma anche alla realtà concreta di tutti i giorni, questo li porta ad allearsi strumentalmente con gli "atei devoti", ovvero con coloro che, senza una vera fede, condividono però con i Cattolici una certa visione del mondo.
Francamente non riesco a trovare una difesa a questa osservazione poichè non leggo in questa osservazione alcuna "accusa".
Se l' accusa è quella di "occuparsi del mondo" e non solo del nostro cuore, allora ci si rassegni: la fede Cattolica lo esige e l' ho scelta anche per quello.
Se l' accusa è quella di allearsi con gli "atei devoti", ci si rassegni, la fede Cattolica è tra le meno moralistiche in circolazione, e l' ho scelta anche per quello. Gli atteggiamenti pragmatici sono all' ordine del giorno: meglio un fedele ad un ateo devoto, meglio un ateo devoto ad un ateo anticlericale. E via di questo passo. Un pezzo di strada insieme puo' essere fatto anche con l' "altro". Perchè no?
...
ELV prende poi di mira l' anti-relativismo della Chiesa ma secondo me lo puo' fare solo grazie al fatto che costruisce uno straw man della posizione "assolutista".
Il relativista, dice ELV, sa che "le proprie posizioni potrebbero cambiare", e questo sapere lo contraddistingue rendendolo prudente.
Io sono un assolutista, credo di professare alcune verità assolute, ovvero verità fondate in ogni tempo e in ogni luogo, eppure come posso escludere che le mie idee un giorno cambieranno? Tutto può succedere, mi limito a definire la mia posizione ora e la mia posizione è anti-relativista.
D' altronde la stessa Chiesa ha mutato opinione nel corso del tempo su diverse questioni. Come giustificare questo fatto acclarato? Non si puo' certo dire che la Chiesa sia relativista.
Bisogna rassegnarsi al fatto che Cristo è una persona da seguire passo passo nella storia dell' uomo, non un teorema da mettersi in tasca.
Mi sembra che in questo caso la definizione dei termini di ELV sia imperfetta e quindi il suo discorso viziato fin dall' origine.
Come se non bastasse, ELV si riferisce ai relativisti come a coloro che "non pensano di possedere la verità".
Ma anche i credenti non pensano di possederla in toto. Infatti ritengono che la piena verità verrà loro rilevata solo alla fine della vicenda umana.
E allora cosa marca in modo specifico le due diverse posizioni? I relativisti, molto semplicemente, pensano che la verità assoluta non esista.
In questo senso un relativista si contraddice quando ritiene la sua opinione contingente migliore di una qualsiasi altra opinione concorrente, infatti questo sarebbe un giudizio "assoluto".
D' altronde, perchè sostenere un' opinione se non la si ritiene "migliore"? A questo punto per lui non resta che trovare rifugio nelle nebbie esistenzialiste. Tutto cio' è abbastanza imbarazzante. Ecco perchè il cattolico evita il relativismo, ecco perchè lo associa al nichilismo.
... continua... lettura in corso...
Saviano disoccupato? I Prefetti entrano in campo.
Una storia vera.
Varie ragioni sconsigliano l' ingresso di un imprenditore della sicurezza nel casertano. Tanto che l' autorizzazione amministrazione per esercitare non viene rilasciata (dopo 11 anni di trafila burocratica).
I motivi lasciano esterrefatti.
Si va dal fatto che il numero di reati nella Regione è già ottimale, al fatto che la cosa potrebbe nuocere all' immagine delle forze dell' ordine statali.
A questa stregua direi che ne manca uno: e di cosa caspita scrive Saviano dopo?
Varie ragioni sconsigliano l' ingresso di un imprenditore della sicurezza nel casertano. Tanto che l' autorizzazione amministrazione per esercitare non viene rilasciata (dopo 11 anni di trafila burocratica).
I motivi lasciano esterrefatti.
Si va dal fatto che il numero di reati nella Regione è già ottimale, al fatto che la cosa potrebbe nuocere all' immagine delle forze dell' ordine statali.
A questa stregua direi che ne manca uno: e di cosa caspita scrive Saviano dopo?
Povera "povertà"
Prima del "perchè" il "come".
Povertà reale. E' la povertà, quella "vera". Quella che ci parla di chi non ha accesso a beni che consideriamo essenziali essenziali (cibo, vestiti, riparo, riscaldamento...). Bene, la parte seria del discorso è già finita, ora possiamo scatenare la fantasia.
Povertà assoluta di consumo nominale. Ci casca dentro chi puo' dedicare ai consumi una somma inferiore ad un limite fissato convenzionalmente, anche se magari quel "povero" vive in una società dove con una somma del genere è possibile soddisfare tutte le esigenze fondamentali e non solo. Mi rendo conto che degli esempi potrebbero essere utili e allora faccio entrare in scena due atori ben noti: Tizio e Caio. Dunque, poniamo che Tizio possa stanziare per l' acquisto di un orologio 5.000 euro, mentre il povero Caio solo 25. Gli orologi che acquisteranno saranno profondamente diversi, eppure in talune società entrambi soddisferanno brillantemente l' esigenza primaria di conoscere l' ora esatta in qualsiasi momento. Perchè? Ma perchè nell' abbondanza di talune società sono disponibili orologi ben funzionanti anche a 25 euro.
Povertà assoluta di reddito. Valgono i ragionamenti precedenti, salvo sostituire il concetto di "consumo" con quello di "reddito", il che, come è evidente, ci allontana ancora un passettino dal corretto concetto di "povertà".
Povertà relativa nei redditi. In questo caso è povero chi detiene redditi inferiori ad 1:3 del reddito mediano della popolazione osservata. Nota Bene: un ricco puo farsi chiamare "povero" mentre un povero puo' essere considerato "ricco". Basta che abitino in condomini opportunamente scelti. Ovvero: parole, parole, parole... La "relativizzazione" impazza nelle "statistiche democratiche", e come potrebbe essere altrimenti?
A rischio di povertà. Se volete guadagnare la scena è importante a questo punto fare attenzione e seguire una ricetta gustosa: prendete la quota di popolazione "relativamente povera", aggiungete X al fine di ottenere un' aliquota che possa impressionare la platea della conferenza stampa da convocare al più presto. Se qualcuno avrà l' ardire di chiedere lumi su quell' X arbitrario, non preoccupatevi, direte che se anche non si riferisce a poveri si riferisce pur sempre a famiglie "a rischio povertà". Il metodo funziona e porta dritti dritti sulle prime pagine dei giornali (chiedere alla Caritas).
Povertà percepita. Lo sapevate che per qualcuno basta considerarsi poveri per diventarlo automaticamente nelle loro statistiche? Come se non bastasse, i "furboni" in genere s' informano in questo modo: "si ritiene soddisfatto del suo reddito". Al "no" scatta automatico l' incasellamento tra i morti di fame.
Povertà reale. E' la povertà, quella "vera". Quella che ci parla di chi non ha accesso a beni che consideriamo essenziali essenziali (cibo, vestiti, riparo, riscaldamento...). Bene, la parte seria del discorso è già finita, ora possiamo scatenare la fantasia.
Povertà assoluta di consumo nominale. Ci casca dentro chi puo' dedicare ai consumi una somma inferiore ad un limite fissato convenzionalmente, anche se magari quel "povero" vive in una società dove con una somma del genere è possibile soddisfare tutte le esigenze fondamentali e non solo. Mi rendo conto che degli esempi potrebbero essere utili e allora faccio entrare in scena due atori ben noti: Tizio e Caio. Dunque, poniamo che Tizio possa stanziare per l' acquisto di un orologio 5.000 euro, mentre il povero Caio solo 25. Gli orologi che acquisteranno saranno profondamente diversi, eppure in talune società entrambi soddisferanno brillantemente l' esigenza primaria di conoscere l' ora esatta in qualsiasi momento. Perchè? Ma perchè nell' abbondanza di talune società sono disponibili orologi ben funzionanti anche a 25 euro.
Povertà assoluta di reddito. Valgono i ragionamenti precedenti, salvo sostituire il concetto di "consumo" con quello di "reddito", il che, come è evidente, ci allontana ancora un passettino dal corretto concetto di "povertà".
Povertà relativa nei redditi. In questo caso è povero chi detiene redditi inferiori ad 1:3 del reddito mediano della popolazione osservata. Nota Bene: un ricco puo farsi chiamare "povero" mentre un povero puo' essere considerato "ricco". Basta che abitino in condomini opportunamente scelti. Ovvero: parole, parole, parole... La "relativizzazione" impazza nelle "statistiche democratiche", e come potrebbe essere altrimenti?
A rischio di povertà. Se volete guadagnare la scena è importante a questo punto fare attenzione e seguire una ricetta gustosa: prendete la quota di popolazione "relativamente povera", aggiungete X al fine di ottenere un' aliquota che possa impressionare la platea della conferenza stampa da convocare al più presto. Se qualcuno avrà l' ardire di chiedere lumi su quell' X arbitrario, non preoccupatevi, direte che se anche non si riferisce a poveri si riferisce pur sempre a famiglie "a rischio povertà". Il metodo funziona e porta dritti dritti sulle prime pagine dei giornali (chiedere alla Caritas).
Povertà percepita. Lo sapevate che per qualcuno basta considerarsi poveri per diventarlo automaticamente nelle loro statistiche? Come se non bastasse, i "furboni" in genere s' informano in questo modo: "si ritiene soddisfatto del suo reddito". Al "no" scatta automatico l' incasellamento tra i morti di fame.
***
La fantasia non ha limiti ma io sì. E' tempo allora di question time: come mai un concetto come quello di "povertà" è sottoposto ad uno stupro linguistico che infierisce tanto?
Ipitesi 1: chi di mestiere "allevia" la povertà, ha bisogno che ce ne sia sempre in abbondanza ed è stimolato a "lavorare" sulle parole per dare questa impressione.
Ipotesi 2: l' invidia non gode di buona stampa, meglio allora per gli invidiosi presentarsi come "poveri" se vogliono raccattare qualche privilegio.
Ipotesi 3: tutti i barbuti di casa nostra, non gli ayatollah ma i nostalgici del bell' egalitarismo d' antan, con un piccolo inganno lessicale possono continuare indisturbati le loro romantiche lotte di livellamento (verso il basso).
La fantasia non ha limiti ma io sì. E' tempo allora di question time: come mai un concetto come quello di "povertà" è sottoposto ad uno stupro linguistico che infierisce tanto?
Ipitesi 1: chi di mestiere "allevia" la povertà, ha bisogno che ce ne sia sempre in abbondanza ed è stimolato a "lavorare" sulle parole per dare questa impressione.
Ipotesi 2: l' invidia non gode di buona stampa, meglio allora per gli invidiosi presentarsi come "poveri" se vogliono raccattare qualche privilegio.
Ipotesi 3: tutti i barbuti di casa nostra, non gli ayatollah ma i nostalgici del bell' egalitarismo d' antan, con un piccolo inganno lessicale possono continuare indisturbati le loro romantiche lotte di livellamento (verso il basso).
Vertici
La perfezione non esiste, constatarlo non diminuisce l' ammirazione per un' opera riuscita.
Qualcuno, parlando di Musica, raggiunge un suo personale Nirvana al solo sentire il nome di Bach.
Ma le considerazioni critiche su Bach non appartengono a "qualche ascoltatore isolato e fuori dal coro" ma alla visione ortodossa che si ha della musica classica occidentale: Bach perfezionò l' arte del contrappunto ma gli "italiani" si applicarono all' innovativa arte dell' espressività in musica e in questo campo ottennero risultati più duraturi e profondi del grande tedesco (faccio solo il nome di Monteverdi). Impegnati in questo sforzo s' inventarono persino l' Opera!
Sarebbe del resto assurdo pensare che "tutto" si concentri nell' arte di un uomo. Lasciamo questo genere d' idolatria alla curva sud.
E poi, Bach è stato dimenticato per secoli, forse l' umanità di quei secoli si era completamente rincoglionita? No, voleva solo qualcosa e sentiva che non poteva averla da Bach. Evidentemente Bach non ha tutto in sè.
L' architettura sublime dei mosaici bizantini è di una perfezione inarrivabile ma l' ingenuo tratto con cui Giotto segnò l' occhio del Cristo sofferente è un grande passo in avanti nella storia dell' arte. Godiamo di entrambi senza lasciarci oscurare dal fanatismo del neofita.
Godere di entrambe le bellezze non è un "mordi e fuggi", non è una voglia di saltare di palo in frasca. E' solo il segno di una mente aperta e "cosmopolita". Fabbricarsi degli idoli invece significherebbe rinchiudersi in false sicurezze.
Se poi vogliamo giocare al gioco di quale sia la vetta della musica classica occidentale, Bach ha delle possibilità ma io vedo meglio piazzato l' ultimo Beethoven (quartetti d' archi e sonate per pianoforte), una musica non esente da pecche, sia chiaro.
Così come nell' arte penso al XVII secolo, magari a Rembrandt.
E' comunque un gioco che lascia il tempo che trova. Il soggettivismo imperversa.
p.s. oggi non penso nemmeno che un ascoltatore esperto di musica classica sia particolarmente interessato a Bach o a Beethoven o a Monteverdi. E' musica che ascolta da sempre e l' iperesposizione fa rischiare produce una trasparenza, tutto è già stato detto su quel soggetto. Cio' su cui ci si concentrano veramente le sue orecchie ansiose di toccare l' arte è l' interpretazione, il modo di farle rivivere.
Qualcuno, parlando di Musica, raggiunge un suo personale Nirvana al solo sentire il nome di Bach.
Ma le considerazioni critiche su Bach non appartengono a "qualche ascoltatore isolato e fuori dal coro" ma alla visione ortodossa che si ha della musica classica occidentale: Bach perfezionò l' arte del contrappunto ma gli "italiani" si applicarono all' innovativa arte dell' espressività in musica e in questo campo ottennero risultati più duraturi e profondi del grande tedesco (faccio solo il nome di Monteverdi). Impegnati in questo sforzo s' inventarono persino l' Opera!
Sarebbe del resto assurdo pensare che "tutto" si concentri nell' arte di un uomo. Lasciamo questo genere d' idolatria alla curva sud.
E poi, Bach è stato dimenticato per secoli, forse l' umanità di quei secoli si era completamente rincoglionita? No, voleva solo qualcosa e sentiva che non poteva averla da Bach. Evidentemente Bach non ha tutto in sè.
L' architettura sublime dei mosaici bizantini è di una perfezione inarrivabile ma l' ingenuo tratto con cui Giotto segnò l' occhio del Cristo sofferente è un grande passo in avanti nella storia dell' arte. Godiamo di entrambi senza lasciarci oscurare dal fanatismo del neofita.
Godere di entrambe le bellezze non è un "mordi e fuggi", non è una voglia di saltare di palo in frasca. E' solo il segno di una mente aperta e "cosmopolita". Fabbricarsi degli idoli invece significherebbe rinchiudersi in false sicurezze.
Se poi vogliamo giocare al gioco di quale sia la vetta della musica classica occidentale, Bach ha delle possibilità ma io vedo meglio piazzato l' ultimo Beethoven (quartetti d' archi e sonate per pianoforte), una musica non esente da pecche, sia chiaro.
Così come nell' arte penso al XVII secolo, magari a Rembrandt.
E' comunque un gioco che lascia il tempo che trova. Il soggettivismo imperversa.
p.s. oggi non penso nemmeno che un ascoltatore esperto di musica classica sia particolarmente interessato a Bach o a Beethoven o a Monteverdi. E' musica che ascolta da sempre e l' iperesposizione fa rischiare produce una trasparenza, tutto è già stato detto su quel soggetto. Cio' su cui ci si concentrano veramente le sue orecchie ansiose di toccare l' arte è l' interpretazione, il modo di farle rivivere.
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All' angolo!
Per supernanny l' umiliazione, nelle giuste dosi, fa bene.
Per lei un minuto d' angolo vale più di dieci prediche da dieci minuti l' una.
Per lei un minuto d' angolo vale più di dieci prediche da dieci minuti l' una.
domenica 21 novembre 2010
Delitto asciutto
1. la sezione ritmica che bada al sodo e la violenza senza sbavature dei solisti che s' infila con precisione chirurgica nella breccia aperta. C' è un buco ma non c' è sangue, tutto sgorga già asciutto, c' è una guaina per ogni sporgenza, come nell' omicidio perfetto.
2. avete presente le cadenze piene di prosopopea di certo rock sbraitone?, quelle con il front-man che pallonzola sudato sul palco ondeggiando la chioma striata e rivoltando all' indietro i bulbi oculari? Chi assesterà la botta finale (batterista? chitarrista?)? Quella che sigillerà brano, concerto e festival? Chi dirà anche oggi "la musica è finita"?
3. splendide colonne sonore per film bruttissimi.
Ascendenze: Curlew e John Zorn.
Roberto Cecchetto - Mantra.
RC: chitarra elettrica
Francesco Bearzatti: sax tenore
Luca Bulgarelli: contrabbasso
Ivo Parlati: batteria
2. avete presente le cadenze piene di prosopopea di certo rock sbraitone?, quelle con il front-man che pallonzola sudato sul palco ondeggiando la chioma striata e rivoltando all' indietro i bulbi oculari? Chi assesterà la botta finale (batterista? chitarrista?)? Quella che sigillerà brano, concerto e festival? Chi dirà anche oggi "la musica è finita"?
3. splendide colonne sonore per film bruttissimi.
Ascendenze: Curlew e John Zorn.
Roberto Cecchetto - Mantra.
RC: chitarra elettrica
Francesco Bearzatti: sax tenore
Luca Bulgarelli: contrabbasso
Ivo Parlati: batteria
sabato 20 novembre 2010
Simpatici zombie
Nell' ambito di molta musica contemporanea, ma anche dell' arte, del cinema, della pubblicità, dell' architettura, non è più così essenziale saper fare qualcosa. Esistono persone che di mestiere realizzano in modo egregio quello che gli altri pensano ma non sanno fare. L' importante per l' artista diventa "pensare", in ogni caso e possibilmente prima degli altri, la cosa giusta, al momento giusto. Francesco Bonami.
Senza arrivare alla radicalità dei nipotini di Duchamp, i ragazzi della Nonplace si muovono in un "giusto mezzo" tra idee ed artigianato, spargono un po' ovinque la loro elettronica discreta con la quale ibridano a puntino il "suonato preesistente". Non contenti, ci ri-suonano pure in parallelo i loro strumenti praticando una sorta di mimesi acustica.
Qualcuno lo chiamerebbe sabotaggio, esagerati!
Il parassita si sceglie un oggetto sonoro, vi s' installa e comincia a lavorarselo.
Niente scempi, per carità, solo un felice meticciato dove il cadavere acustico di suoni d' antan torna a nuova vita nelle forme di un simpatico zombie.
Nonplace 10th anniversary edition
Senza arrivare alla radicalità dei nipotini di Duchamp, i ragazzi della Nonplace si muovono in un "giusto mezzo" tra idee ed artigianato, spargono un po' ovinque la loro elettronica discreta con la quale ibridano a puntino il "suonato preesistente". Non contenti, ci ri-suonano pure in parallelo i loro strumenti praticando una sorta di mimesi acustica.
Qualcuno lo chiamerebbe sabotaggio, esagerati!
Il parassita si sceglie un oggetto sonoro, vi s' installa e comincia a lavorarselo.
Niente scempi, per carità, solo un felice meticciato dove il cadavere acustico di suoni d' antan torna a nuova vita nelle forme di un simpatico zombie.
Nonplace 10th anniversary edition
venerdì 19 novembre 2010
Anatomia di un soprammobile
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L' orgoglio degli Amberson
La famiglia degli Amberson è ricca e benestante. Il film descrive la sua ascesa e caduta agli inizi del XX secolo, alla vigilia della massiccia industrializzazione americana. Eugene Morgan, un giovane intraprendente, viene respinto da Isabel Amberson, che sposerà un altro uomo. Il figlio George e il suo orgoglio saranno all' origine della rovina della ricchissima famiglia...
In Quarto potere Orson giungeva alla conclusione per cui la felicità che inseguiamo sta sempre dietro di noi.
Nel marasma del castello che prende fuoco, Kane intravvede la scritta "Rosebud" sulla slitta che arde, e realizza questa verità.
Era la slitta di quando da bambino passava beato i pomeriggi nella neve davanti alla baracca. Una felicità che Kane ha poi ricercato invano durante tutto il film, nonostante diventi l' uomo più ricco e potente del paese. Ora Kane realizza: tutta la sua avidità era dettata dall' inane tentativo di la peretta felicità di quei pomeriggi.
Ma veniamo adesso al nostro film.
Georege, al contrario di Kane, sembra sapere fin da subito che il meglio è alle nostre spalle e fa di tutto per preservarlo fino ad adottare comportamenti patologici.
Che strano, in una memorabile sequenza vediamo George bambino, è un bambino dinamico e desideroso di agguantare la vita e strapazzarla. L' orgoglio produce in lui una spinta propulsiva.
Più tardi, dalla vita e dalla sua imprevedibilità, vorrà invece solo difendersi, e lo farà nel modo più sbagliato, arroccandosi nel suo orgoglio e nel "magnifico passato" che possono vantare gli Amberson. Un atteggiamento che farà morti e feriti intorno a lui.
Nel finale il Nuovo lo investirà... fisicamente.
Finirà infatti sotto un' auto (siamo alla fine del XIX secolo). Già, proprio quell' automobile inventata da Morgan, l' uomo che George ha sempre detestato senza mai nascondere il suo disprezzo, nonchè l' uomo destinato a surclassarlo socialmente grazie alla sua maggiore apertura. L' uomo che ha saputo fare i conti con il Nuovo.
Recentemente abbiamo discusso della tentazione di restare ancorati al passato e abbiamo chiamto questo autoinganno "status quo bias": lasciare le cose come stanno è la politica migliore.
Ma se il film si limitasse ad essere la narrazione di un disastroso "status quo bias", non vanterebbe la sottigliezza che invece possiede. Il film fa di più, insinua una scomoda verità: l' orgoglioso e arrognate (e stronzo) George, forse ha ragione.
A concedergli una chance rendendo l' onore delle armi è proprio Morgan in quella che forse è la scena madre del film.
In Quarto potere Orson giungeva alla conclusione per cui la felicità che inseguiamo sta sempre dietro di noi.
Nel marasma del castello che prende fuoco, Kane intravvede la scritta "Rosebud" sulla slitta che arde, e realizza questa verità.
Era la slitta di quando da bambino passava beato i pomeriggi nella neve davanti alla baracca. Una felicità che Kane ha poi ricercato invano durante tutto il film, nonostante diventi l' uomo più ricco e potente del paese. Ora Kane realizza: tutta la sua avidità era dettata dall' inane tentativo di la peretta felicità di quei pomeriggi.
Ma veniamo adesso al nostro film.
Georege, al contrario di Kane, sembra sapere fin da subito che il meglio è alle nostre spalle e fa di tutto per preservarlo fino ad adottare comportamenti patologici.
Che strano, in una memorabile sequenza vediamo George bambino, è un bambino dinamico e desideroso di agguantare la vita e strapazzarla. L' orgoglio produce in lui una spinta propulsiva.
Più tardi, dalla vita e dalla sua imprevedibilità, vorrà invece solo difendersi, e lo farà nel modo più sbagliato, arroccandosi nel suo orgoglio e nel "magnifico passato" che possono vantare gli Amberson. Un atteggiamento che farà morti e feriti intorno a lui.
Nel finale il Nuovo lo investirà... fisicamente.
Finirà infatti sotto un' auto (siamo alla fine del XIX secolo). Già, proprio quell' automobile inventata da Morgan, l' uomo che George ha sempre detestato senza mai nascondere il suo disprezzo, nonchè l' uomo destinato a surclassarlo socialmente grazie alla sua maggiore apertura. L' uomo che ha saputo fare i conti con il Nuovo.
Recentemente abbiamo discusso della tentazione di restare ancorati al passato e abbiamo chiamto questo autoinganno "status quo bias": lasciare le cose come stanno è la politica migliore.
Ma se il film si limitasse ad essere la narrazione di un disastroso "status quo bias", non vanterebbe la sottigliezza che invece possiede. Il film fa di più, insinua una scomoda verità: l' orgoglioso e arrognate (e stronzo) George, forse ha ragione.
A concedergli una chance rendendo l' onore delle armi è proprio Morgan in quella che forse è la scena madre del film.
Libertarianism A-Z: scuola di stato
Nella rubrichetta Libertarianism A-Z vorrei riproporre in modo succinto e in un linguaggio elementare le ragioni dei libertari nelle diverse questioni che ritroviamo ogni giorno sui giornali. Un buon libertario legge con passione il giornale ogni giorno, la sua filosofia è sempre chiamata in causa.
I libertari si oppongono alla gran parte dei proibizionismi che oggi diamo per scontati.
Ogni proibizione ha i suoi motivi e il libertario si avvale dell' economia per affermare che 1) le ragioni dei proibizionismi non sono ben fondate e/o 2) anche se per ragioni dei proibizionismi esistesse un fondamento, la libertà individuale resta comunque la soluzione migliore.
Per passare in rassegna le varie materie mi baserò sull' omonimo libro di Jeffrey Miron. Partiamo con un tema sempre all' ordine del giorno: la scuola di stato. Cosa ne pensano i libertari?
*********
Quasi tutti i paesi ritengono che la scuola vada sussidiata con fondi pubblici.
In merito si avanza l' argomento per cui un' educazione di base dei cittadini sia un vantaggio per l' intera comunità. In presenza di "esternalità" del genere, il mercato darebbe luogo ad una sottoproduzione di servizi scolastici.
L' argomento è però sopravvalutato poichè i benefici di un' educazione di base ricadono innanzitutto su chi la riceve, cosicchè possiamo dire che la magnitudo dell' esternalità è minima rispetto ai costi richiesti per neutralizzarla.
Altri avanzano argomenti paternalistici: la famiglia decide male.
Ma l' argomento paternalistico è sempre minato da almeno tre tare.
Altri ancora dicono che molti individui non possono "permettersi" la scuola.
Fosse anche vero, e nelle società ricche lo è sempre meno, questo è comunque un problema di "povertà", non di "scuola".
A prescindere dalla questione dei sussidi, anche ammettendo che vadano accordati, cio' non comporta in alcun modo l' esistenza di scuole statali.
Il metodo dei "voucher" è un buon sostituto ed evita brillantemente l' interferenza della politica e dei sindacati.
Entrambe le cose, politica e sindacati, arrecano danno alla scuola. La politica porta indottrinamento (... la Costituzione è bella, la democrazia è bella, il capitalismo è da regolare, il riciclo dei rifiuti aiuta l' ambiente, la separazione stato/chiesa è auspicabile...). I sindacati portano inefficienza (la scuola diviene un luogo fatto per chi ci lavora anzichè per chi ne fruisce).
Esiste poi un' evidenza, anche se non univoca, che i voucher migliorino la qualità scolastica. Esiste anche un' evidenza inequivocabile sul fatto che i voucher migliorino il grado di soddisfazione degli utenti.
I libertari si oppongono alla gran parte dei proibizionismi che oggi diamo per scontati.
Ogni proibizione ha i suoi motivi e il libertario si avvale dell' economia per affermare che 1) le ragioni dei proibizionismi non sono ben fondate e/o 2) anche se per ragioni dei proibizionismi esistesse un fondamento, la libertà individuale resta comunque la soluzione migliore.
Per passare in rassegna le varie materie mi baserò sull' omonimo libro di Jeffrey Miron. Partiamo con un tema sempre all' ordine del giorno: la scuola di stato. Cosa ne pensano i libertari?
*********
Quasi tutti i paesi ritengono che la scuola vada sussidiata con fondi pubblici.
In merito si avanza l' argomento per cui un' educazione di base dei cittadini sia un vantaggio per l' intera comunità. In presenza di "esternalità" del genere, il mercato darebbe luogo ad una sottoproduzione di servizi scolastici.
L' argomento è però sopravvalutato poichè i benefici di un' educazione di base ricadono innanzitutto su chi la riceve, cosicchè possiamo dire che la magnitudo dell' esternalità è minima rispetto ai costi richiesti per neutralizzarla.
Altri avanzano argomenti paternalistici: la famiglia decide male.
Ma l' argomento paternalistico è sempre minato da almeno tre tare.
Altri ancora dicono che molti individui non possono "permettersi" la scuola.
Fosse anche vero, e nelle società ricche lo è sempre meno, questo è comunque un problema di "povertà", non di "scuola".
Ma una scuola sussidiata ha i suoi costi: chi decide cosa si studia e come? Lo mettiamo o no il crocifisso in aula? Come rispondere? La privatizzazione consente ai genitori di scegliere un' impostazione base ma la standarizzazione uniforma anche il non uniformabile.
A prescindere dalla questione dei sussidi, anche ammettendo che vadano accordati, cio' non comporta in alcun modo l' esistenza di scuole statali.
Il metodo dei "voucher" è un buon sostituto ed evita brillantemente l' interferenza della politica e dei sindacati.
Entrambe le cose, politica e sindacati, arrecano danno alla scuola. La politica porta indottrinamento (... la Costituzione è bella, la democrazia è bella, il capitalismo è da regolare, il riciclo dei rifiuti aiuta l' ambiente, la separazione stato/chiesa è auspicabile...). I sindacati portano inefficienza (la scuola diviene un luogo fatto per chi ci lavora anzichè per chi ne fruisce).
Esiste poi un' evidenza, anche se non univoca, che i voucher migliorino la qualità scolastica. Esiste anche un' evidenza inequivocabile sul fatto che i voucher migliorino il grado di soddisfazione degli utenti.
Bene, ora possiamo concludere: sebbene l' argomento dell' esternalità abbia qualche fondamento difficilmente si presenta come "overwhelming" e, d' altro canto, i costi abbondano qualora si ceda a quelle ragioni. Cio' significa solo una cosa, ovvero che il sussidio ottimo si avvicina molto allo zero.
giovedì 18 novembre 2010
Dalla nostra inviata preferita
Dalle frequenze di Radio Tre l' agenzia Austen, bruciando sul tempo l' agenzia Corona, ci ha puntigliosamente messo a parte degli affari privatissimi della Signorina Emma Woodhouse.
E' una fortuna poter contare su una simile inviata nel fascinoso pianeta degli affari altrui!
Non so come valuterà la torbida vicenda quel marpione del garante-Privacy.
Spero solo che l' eccitazione inconcludente tipica di ogni politico che si ritrova per un secondo al centro della scena globale, non sfoci nella schizoide legiferazione ad-minchiam così caratteristica di chi non sa che pesci pigliare. L' unico bell' effetto sarebbe quello di non arricchire nessuno impoverendo noi "origlianti" orbandoci dell' ultima consolazione.
So di gente che in pubblico inarca il sopraciglio puritano e si vanta di schifare certe porcherie intimistiche, gente che con iattanza sbandiera di non essersi mai chinata verso un innocente spioncino. Ma si tratta solo di sepolcri imbiancati, ve lo dico io.
Perchè poi, nel chiuso delle quattro mura, la vedi che prosciuga i succhi rilasciati dalla signorina Austen sorbendoli con un istinto famelico che in vita loro avevano riservato al solo latte materno.
E' gente che dietro la patina dell' altero disinteresse tiene tutti i radar ben azionati. E' gente di cui ogni giorno riceviamo notizia dall' Onda Verde: sono quei tali che intasano il traffico nella corsia opposta all' incidente.
Oppure si tratta semplicemente di gente sfortunata che non si è mai imbattuta nell' irresistibile profilo sinuoso del buco della serratura così come lo intaglia la signorina Austen. Eh sì! I suoi buchi della serratura sembra che ballino la danza del ventre.
Ah signorina Austen, lo so bene che avevi già spifferato tutto mettendolo nero su bianco secoli fa. Sono io che arrivo in ritardo, ostacolato dall' orgoglio viriloide che ruggisce e digrigna ogni volta che la disubbidiente manina non risponde più ai comandi e afferra un profumatissimo libro "da donna".
Mamma mia la Austen, che occhiuto e orecchiuto paparazzo, sempre nel vivo della conversazione, sempre a tempo nella sincopata danza borghese, sempre sulla notizia. Vive accosta alla bella cerchia della countryside albionica e da questa posizione di favore ci scandisce l' immarcescibile rito della mondanità di laggiù.
Io che sono un sempliciotto, spinto dalla mia fondamentale vocazione all' indifferenza e a lasciar correre, non ci arriverei mai ad isolare il principio attivo di quelle alchimie matrimoniali che la Signorina Austen invece ci serve così ben illuminate dai fari del suo set fotografico.
Con quel periodare leggiadro e ben tornito, la nostra inviata speciale, riesce a non impaludarsi nelle metafisiche proustiane vincendo anche la concorrenza di questo aspirante monopolista delle intimità più recondite.
Lo sparviero è un osso durissimo per chiunque si avventuri nell' impresa di esaurire il dicibile.
E così, dopo l' agenzia Corona, anche la snobbissima agenzia Proust è sbaragliata e deve cedere il passo.
Se mai dal parrucchiere avete sfogliato il rotocalco proustiano, vi sarete accorti che là dentro l' aria sembra ipercalorica, cosicchè pare si possa vivere solo di quella azzannandola di tanto in tanto.
Se invece hai la mala sorte di nascere donna in un libro della signorina Austen, attenta a te. Devi subito abbandonare ogni ispirata contemplazione per alzarti le maniche.
Ti tocca trottare bella mia, levarti la paglia, appassionarti di corsa al gioco combinatorio degli incontri mondani finchè non ti cattura la malia della pantofola, accasarti finchè hai qualcosa da mettere in vetrina, ricercare la sicurezza di una vita tranquilla finchè hai benzina con cui spingere in avanti la tua carcassa, inquadrarti nell' ambiente e renderti sempre presentabile finchè sei presentabile in potenza.
La scrematura è severa e in poche sopravvivono: quelle in cui la passione regge la coda alla virtù, quelle in cui ogni slancio è illuminato dal buon senso e dall' immanente ironia, quelle in cui i modi pronti e decisi, privi d' artificio, vanno a braccetto con i complimenti studiati, quelle che sanno parlare senza aprire bocca. Quelle che sanno lubrificare scovando dove si annida la ruggine. Quelle come la signorina Emma.
***
Adesso la protagonista del jet set deve fare qualcosa di decisivo (forse ha dimenticato il sugo sul fuoco) e corre via più veloce del vento e della Vento, i segugi "minori" sgommano reattivi mettendosi sulle sue piste, ma presto sbandano perdendo ogni traccia. Puoi sentire da lontano il loro confuso abbaio ormai rotto e immotivato.
Nel momento in cui i teleobbiettivi di Corona vagolano sbalestrati, ecco scattare le molle della signorina Austen che scende in campo risoluta: le sue competenti ricerche nasali inquadrano la vittima nel mirino, poi si butta per le fratte finchè, con un a-fondo magistrale, abborda l' eroina costringendola a rilasciare subito dettagliatissima intervista.
Ma che sia dettagliatissima, che si vada a fondo, che si affronti e dipani ogni cavillo, vogliamo l' encefalogramma, vogliamo un po' di pornografia (dello Spirito). E che sia pronta in coincidenza con il nostro prossimo appuntamento dal parrucchiere.
Puritani, Censori, Garanti, Metafisici, Maschioni viriloidi, Proustiani, Paparazzi coronati! Non rompete gli zebedei e lasciateci leggere in santa pace.
E' una fortuna poter contare su una simile inviata nel fascinoso pianeta degli affari altrui!
Non so come valuterà la torbida vicenda quel marpione del garante-Privacy.
Spero solo che l' eccitazione inconcludente tipica di ogni politico che si ritrova per un secondo al centro della scena globale, non sfoci nella schizoide legiferazione ad-minchiam così caratteristica di chi non sa che pesci pigliare. L' unico bell' effetto sarebbe quello di non arricchire nessuno impoverendo noi "origlianti" orbandoci dell' ultima consolazione.
So di gente che in pubblico inarca il sopraciglio puritano e si vanta di schifare certe porcherie intimistiche, gente che con iattanza sbandiera di non essersi mai chinata verso un innocente spioncino. Ma si tratta solo di sepolcri imbiancati, ve lo dico io.
Perchè poi, nel chiuso delle quattro mura, la vedi che prosciuga i succhi rilasciati dalla signorina Austen sorbendoli con un istinto famelico che in vita loro avevano riservato al solo latte materno.
E' gente che dietro la patina dell' altero disinteresse tiene tutti i radar ben azionati. E' gente di cui ogni giorno riceviamo notizia dall' Onda Verde: sono quei tali che intasano il traffico nella corsia opposta all' incidente.
Oppure si tratta semplicemente di gente sfortunata che non si è mai imbattuta nell' irresistibile profilo sinuoso del buco della serratura così come lo intaglia la signorina Austen. Eh sì! I suoi buchi della serratura sembra che ballino la danza del ventre.
Ah signorina Austen, lo so bene che avevi già spifferato tutto mettendolo nero su bianco secoli fa. Sono io che arrivo in ritardo, ostacolato dall' orgoglio viriloide che ruggisce e digrigna ogni volta che la disubbidiente manina non risponde più ai comandi e afferra un profumatissimo libro "da donna".
Mamma mia la Austen, che occhiuto e orecchiuto paparazzo, sempre nel vivo della conversazione, sempre a tempo nella sincopata danza borghese, sempre sulla notizia. Vive accosta alla bella cerchia della countryside albionica e da questa posizione di favore ci scandisce l' immarcescibile rito della mondanità di laggiù.
Io che sono un sempliciotto, spinto dalla mia fondamentale vocazione all' indifferenza e a lasciar correre, non ci arriverei mai ad isolare il principio attivo di quelle alchimie matrimoniali che la Signorina Austen invece ci serve così ben illuminate dai fari del suo set fotografico.
Con quel periodare leggiadro e ben tornito, la nostra inviata speciale, riesce a non impaludarsi nelle metafisiche proustiane vincendo anche la concorrenza di questo aspirante monopolista delle intimità più recondite.
Lo sparviero è un osso durissimo per chiunque si avventuri nell' impresa di esaurire il dicibile.
E così, dopo l' agenzia Corona, anche la snobbissima agenzia Proust è sbaragliata e deve cedere il passo.
Se mai dal parrucchiere avete sfogliato il rotocalco proustiano, vi sarete accorti che là dentro l' aria sembra ipercalorica, cosicchè pare si possa vivere solo di quella azzannandola di tanto in tanto.
Se invece hai la mala sorte di nascere donna in un libro della signorina Austen, attenta a te. Devi subito abbandonare ogni ispirata contemplazione per alzarti le maniche.
Ti tocca trottare bella mia, levarti la paglia, appassionarti di corsa al gioco combinatorio degli incontri mondani finchè non ti cattura la malia della pantofola, accasarti finchè hai qualcosa da mettere in vetrina, ricercare la sicurezza di una vita tranquilla finchè hai benzina con cui spingere in avanti la tua carcassa, inquadrarti nell' ambiente e renderti sempre presentabile finchè sei presentabile in potenza.
La scrematura è severa e in poche sopravvivono: quelle in cui la passione regge la coda alla virtù, quelle in cui ogni slancio è illuminato dal buon senso e dall' immanente ironia, quelle in cui i modi pronti e decisi, privi d' artificio, vanno a braccetto con i complimenti studiati, quelle che sanno parlare senza aprire bocca. Quelle che sanno lubrificare scovando dove si annida la ruggine. Quelle come la signorina Emma.
***
Adesso la protagonista del jet set deve fare qualcosa di decisivo (forse ha dimenticato il sugo sul fuoco) e corre via più veloce del vento e della Vento, i segugi "minori" sgommano reattivi mettendosi sulle sue piste, ma presto sbandano perdendo ogni traccia. Puoi sentire da lontano il loro confuso abbaio ormai rotto e immotivato.
Nel momento in cui i teleobbiettivi di Corona vagolano sbalestrati, ecco scattare le molle della signorina Austen che scende in campo risoluta: le sue competenti ricerche nasali inquadrano la vittima nel mirino, poi si butta per le fratte finchè, con un a-fondo magistrale, abborda l' eroina costringendola a rilasciare subito dettagliatissima intervista.
Ma che sia dettagliatissima, che si vada a fondo, che si affronti e dipani ogni cavillo, vogliamo l' encefalogramma, vogliamo un po' di pornografia (dello Spirito). E che sia pronta in coincidenza con il nostro prossimo appuntamento dal parrucchiere.
Puritani, Censori, Garanti, Metafisici, Maschioni viriloidi, Proustiani, Paparazzi coronati! Non rompete gli zebedei e lasciateci leggere in santa pace.
Sergentemagiù Rigoni
Questi scrittori di guerra li riconosci subito, hanno tutti un rigo dal cominciamento che attacca d' impeto, come se la storia gli bruciasse tra le dita.
Poi si acquietano, ne hanno passate tante e ora ce le raccontano ritmati dalla lenta gravità delle loro stanchezze, svuotati da tutto per potersi svuotare da ogni rancore e da ogni rivalsa, neanche poi così contenti come si aspettavano di essere "tornati a baita".
Il cervello di quelli venuti giù dalla Russia poi, mentre raccontano, è ancora intontito dal crocchio della neve sotto lo scarpone, è ancora trapassato dal quadrante di Cassiopea fissato per ore durante le marce notturne.
Nella steppa hanno combattuto una guerra dura contro altri uomini, e una seconda ancora più dura contro i topi slavi che cercavano di condividere le loro coperte.
Poche soddisfazioni, pochissime. Giusto a Natale due fette di polenta e gatto, ma polenta dura eh? (alla bergamasca). Però due fette grandi come mattoni, Il tutto innaffiato con ottima acqua di neve, e per codina un caffè pestato nell' elmetto.
Che era Natale lo si capiva subito dal modo di bestemmiare. Uno smadonnamento fiorito, soave e disteso, non come quel rosario sparato senza neanche prendere fiato che partiva quando ti impigliavi nei gabbioni di filo spinato, e ci finiva dentro la naja, la fidanzata, la posta, gli imboscati, i russi, mussolini, e altri personaggi inventati sul momento. Il tutto da godere ticketless.
Anche quella guerra era più che altro un sovrapporsi di interminabili e snervanti momenti di pace.
Una pace satura di attività che non erano il massimo per lo sviluppo di un solido capitale umano. Potevi dedicarti all' ascolto degli starnuti del nemico, a vedere diventar bianchi e poi scoppiare i pidocchi buttati sulla piastra, allo staccio della farina, alla fumatina di una Milit, a cambiar trincea saltellando nella neve come un capretto a primavera, a pensare parole nuove da scrivere alla ragazza (parole nuove = parole diverse da baci, bene, amore, ritornerò), a fumarti la posta ricevuta, a giocarti a carte i soldi della deca, a evitare i conducenti che odoravano di mulo e che si grattavano la scabbia.
Poi finalmente, attesissima, liberatoria, arriva la guerra (detta anche la sagra). Con il miagolio nell' aria delle pallottole che passano di sopra.
Oggi pomeriggio ne muore solo uno che non conoscevi neanche tanto bene, Cade e la neve gli entra nella bocca, fai le tue cose e quando lo riguardi il sangue gli esce sempre più piano.
Ma smette subito anche questo pezzo di guerra che non voleva consumarsi, smette sussultando come smette la risata di un ubriaco, con qualche fucilata raminga che si attarda senza credere più in se stessa. La fucilata ingiustificabile di uno che è invasato dalla rabbia degli stanchi, degli stanchi di guerra e di vita.
Quando vedi il comandante più tignoso e incapace con la gamba in cancrena ti viene da dire che era un buon diavolo anche lui. E pure questo sentimento ti sale spinto dalla spossatezza, è una misericordia regalata dalla stanchezza. Era un tenente giovane e impazzito, la truppa aveva imparato l' arte di non obbedirgli assecondandolo. Il capitano era il primo ad inorgoglirsi per questa abilità sopraffina e provvidenziale che deve essere il bagaglio primario di ogni buon soldato.
Intanto - mentre passando vedi ancora alcuni alpini placidamente addormentati che muoiono immobili incassati come stravecchi piccioni dalla massa dimezzata definitivamente ai margini dello stormo - il Don è un Lete che spinge alcuni fortunati ormai indifferenti fuori dalla "sacca".
Poi si acquietano, ne hanno passate tante e ora ce le raccontano ritmati dalla lenta gravità delle loro stanchezze, svuotati da tutto per potersi svuotare da ogni rancore e da ogni rivalsa, neanche poi così contenti come si aspettavano di essere "tornati a baita".
Il cervello di quelli venuti giù dalla Russia poi, mentre raccontano, è ancora intontito dal crocchio della neve sotto lo scarpone, è ancora trapassato dal quadrante di Cassiopea fissato per ore durante le marce notturne.
Nella steppa hanno combattuto una guerra dura contro altri uomini, e una seconda ancora più dura contro i topi slavi che cercavano di condividere le loro coperte.
Poche soddisfazioni, pochissime. Giusto a Natale due fette di polenta e gatto, ma polenta dura eh? (alla bergamasca). Però due fette grandi come mattoni, Il tutto innaffiato con ottima acqua di neve, e per codina un caffè pestato nell' elmetto.
Che era Natale lo si capiva subito dal modo di bestemmiare. Uno smadonnamento fiorito, soave e disteso, non come quel rosario sparato senza neanche prendere fiato che partiva quando ti impigliavi nei gabbioni di filo spinato, e ci finiva dentro la naja, la fidanzata, la posta, gli imboscati, i russi, mussolini, e altri personaggi inventati sul momento. Il tutto da godere ticketless.
Anche quella guerra era più che altro un sovrapporsi di interminabili e snervanti momenti di pace.
Una pace satura di attività che non erano il massimo per lo sviluppo di un solido capitale umano. Potevi dedicarti all' ascolto degli starnuti del nemico, a vedere diventar bianchi e poi scoppiare i pidocchi buttati sulla piastra, allo staccio della farina, alla fumatina di una Milit, a cambiar trincea saltellando nella neve come un capretto a primavera, a pensare parole nuove da scrivere alla ragazza (parole nuove = parole diverse da baci, bene, amore, ritornerò), a fumarti la posta ricevuta, a giocarti a carte i soldi della deca, a evitare i conducenti che odoravano di mulo e che si grattavano la scabbia.
Poi finalmente, attesissima, liberatoria, arriva la guerra (detta anche la sagra). Con il miagolio nell' aria delle pallottole che passano di sopra.
Oggi pomeriggio ne muore solo uno che non conoscevi neanche tanto bene, Cade e la neve gli entra nella bocca, fai le tue cose e quando lo riguardi il sangue gli esce sempre più piano.
Ma smette subito anche questo pezzo di guerra che non voleva consumarsi, smette sussultando come smette la risata di un ubriaco, con qualche fucilata raminga che si attarda senza credere più in se stessa. La fucilata ingiustificabile di uno che è invasato dalla rabbia degli stanchi, degli stanchi di guerra e di vita.
Quando vedi il comandante più tignoso e incapace con la gamba in cancrena ti viene da dire che era un buon diavolo anche lui. E pure questo sentimento ti sale spinto dalla spossatezza, è una misericordia regalata dalla stanchezza. Era un tenente giovane e impazzito, la truppa aveva imparato l' arte di non obbedirgli assecondandolo. Il capitano era il primo ad inorgoglirsi per questa abilità sopraffina e provvidenziale che deve essere il bagaglio primario di ogni buon soldato.
Intanto - mentre passando vedi ancora alcuni alpini placidamente addormentati che muoiono immobili incassati come stravecchi piccioni dalla massa dimezzata definitivamente ai margini dello stormo - il Don è un Lete che spinge alcuni fortunati ormai indifferenti fuori dalla "sacca".
Meditazioni libertarie sul Vangelo del 21.11.2010
Vangelo secondo Luca 3, 1-18
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: «Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri! / Ogni burrone sarà riempito, / ogni monte e ogni colle sarà abbassato; / le vie tortuose diverranno diritte / e quelle impervie, spianate. / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Un Vangelo denso che mette molta carne al fuoco e mi obbliga a scegliere.
E allora scelgo la fine: "Giovanni evangelizzava".
Di recente, l' evangelizzazione, ovvero lo sforzo per convertire al cristianesimo, non ha goduto di buona stampa.
Parlarne significava evocare il lavaggio della mente, quando andava bene; coercizioni ancora peggiori, quando andava male.
Sarà forse per questo che la Chiesa sembra oggi più preoccupata della Liturgia che non della Conversione (riferisco una frecciatina dal sen fuggita al mio parroco nel corso della preparazione al battesimo della Marghe).
Se ti voglio bene, se ho una parola che penso possa farti bene, perchè mai dovrei risparmiartela?
La ricerca della conversione è compatibile con la società moderna: si chiede solo possibilità di competere e libertà d' espressione. Il libertario non solo tollera ma esaudisce con entusiasmo a queste richieste.
Pensiamo solo alla Scuola, quanto lavoro ci sarebbe per riformare un' istituzione in cui, oggi, solo un guardiano del Potere puo' decidere chi entra per curare l' indottrinamento dei ragazzi!
Per evangelizzare bisognerebbe avvalersi di un linguaggio semplice, che sappia essere comprensibile anche a all' ateo e all' indifferente. Un linguaggio che sappia uscire dal gergo dottrinario senza tradire il nocciolo del messaggio. Un po' quello che, tra mille equilibrismi e mille incompetenze, provo a fare meditando sul Vangelo domenicale.
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: «Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri! / Ogni burrone sarà riempito, / ogni monte e ogni colle sarà abbassato; / le vie tortuose diverranno diritte / e quelle impervie, spianate. / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Un Vangelo denso che mette molta carne al fuoco e mi obbliga a scegliere.
E allora scelgo la fine: "Giovanni evangelizzava".
Di recente, l' evangelizzazione, ovvero lo sforzo per convertire al cristianesimo, non ha goduto di buona stampa.
Parlarne significava evocare il lavaggio della mente, quando andava bene; coercizioni ancora peggiori, quando andava male.
Sarà forse per questo che la Chiesa sembra oggi più preoccupata della Liturgia che non della Conversione (riferisco una frecciatina dal sen fuggita al mio parroco nel corso della preparazione al battesimo della Marghe).
Se ti voglio bene, se ho una parola che penso possa farti bene, perchè mai dovrei risparmiartela?
La ricerca della conversione è compatibile con la società moderna: si chiede solo possibilità di competere e libertà d' espressione. Il libertario non solo tollera ma esaudisce con entusiasmo a queste richieste.
Pensiamo solo alla Scuola, quanto lavoro ci sarebbe per riformare un' istituzione in cui, oggi, solo un guardiano del Potere puo' decidere chi entra per curare l' indottrinamento dei ragazzi!
Per evangelizzare bisognerebbe avvalersi di un linguaggio semplice, che sappia essere comprensibile anche a all' ateo e all' indifferente. Un linguaggio che sappia uscire dal gergo dottrinario senza tradire il nocciolo del messaggio. Un po' quello che, tra mille equilibrismi e mille incompetenze, provo a fare meditando sul Vangelo domenicale.
Il potere e la gloria
Si puo' essere Santi e Peccatori al contempo?
La nostra mente non è abbastanza multitasking per concepire qualcosa del genere. Se il peccato è pensato a dovere, non riusciamo più a perdonare il colpevole, figuriamoci a "santificarlo"!
Di sicuro comunque si tratta di una miscela esplosiva che detona nei romanzi di molti scrittori cattolici dove di continuo si mette in scena il suddetto ircovervo.
Il Santo sul bilico della superbia occupa con teatralità un posto d' onore nei libri di Mauriac, di Bernanos, di Julien Green, di Eliot.
Ora, il Tipo l' ho incontrato di nuovo nelle pagine di Graham Greene.
"... Un piccolo grande uomo, un piccolo grande prete, si sente incomprensibilmente condannato a sopravvivere come l’ultimo indegno ministro di Dio nel Messico insanguinato dalla rivoluzione..."
Nella vita quotidiana Padre X, oltre che vigliacco, è un gran pettegolo.
Quando poi nella storia fiorisce la regolare cristianofobia con allegata caccia al prete - in questo caso ambientata nel corso della Rivoluzione Messicana - per negligenza è tra gli ultimi a telare. Prima di svignarsela si rende conto però che non è semplicemente "tra gli ultimi" ma è proprio l' ultimo. Cavolo!
Tutto cio' lo inorgoglisce e, tentato dalla superbia, decide eroicamente di restare per confessare e comunicare il popolo che lo chiede sottovoce ma in massa; il prete indegno si rende così complice di questa strisciante resistenza alla solita "creazione dell' uomo nuovo".
Fuggendo di villaggio in villaggio inseguito da un incorruttibile tenente e invocato ovunque da pezzenti desiderosi del santissimo sacramento, avrebbe molte occasioni per mettersi in salvo, ma alla salvezza rinuncia: il destino lo chiama e lui, nemmeno in assenza di testimoni, puo' fingere di non sentire. L' ultimo cristiano che dovrà confessare sarà se stesso.
I "romanzi cattolici" sono infestati da vite interiori esorbitanti, c' è sempre un gran meditare sulle sorti proprie e dell' umanità, il che fa diventare laboriosa la digestione dell' opera. Solo l' investigatore dei noir si strugge nella sua consapevolezza tanto quanto il peccatore dei romanzi cattolici. Entrambi appesantiscono e fanno stagnare i libri che li ospitano.
[E' anche il motivo per cui mi piace tanto Flannery O' Connor: nelle sue storie la croce è innalzata da figuri scarsamente inclini a fare il punto della situazione o l' esame di coscienza, una forza li coglie sbatacchiando loro e i loro possibili pensieri che non vogliamo conoscere; pochi "mumble mumble" e molta trance]
Però, se lo scrittore è di vaglia, e i citati lo sono, con un po' d' impegno qualche insegnamento lo cavi.
In questo caso ben due.
1. La grandezza della Chiesa Cattolica sta nell' aver costruito un carro che procede anche quando alla guida ci sono persone indegne. [Per la Rivoluzione, tanto per dire, è diverso: non appena cessano gli "incorruttibili" il carro capotta].
2. Il concetto di "destino" non si contrappone a quello di "libertà", bensì a quello di "caso".
La nostra mente non è abbastanza multitasking per concepire qualcosa del genere. Se il peccato è pensato a dovere, non riusciamo più a perdonare il colpevole, figuriamoci a "santificarlo"!
Di sicuro comunque si tratta di una miscela esplosiva che detona nei romanzi di molti scrittori cattolici dove di continuo si mette in scena il suddetto ircovervo.
Il Santo sul bilico della superbia occupa con teatralità un posto d' onore nei libri di Mauriac, di Bernanos, di Julien Green, di Eliot.
Ora, il Tipo l' ho incontrato di nuovo nelle pagine di Graham Greene.
"... Un piccolo grande uomo, un piccolo grande prete, si sente incomprensibilmente condannato a sopravvivere come l’ultimo indegno ministro di Dio nel Messico insanguinato dalla rivoluzione..."
Nella vita quotidiana Padre X, oltre che vigliacco, è un gran pettegolo.
Quando poi nella storia fiorisce la regolare cristianofobia con allegata caccia al prete - in questo caso ambientata nel corso della Rivoluzione Messicana - per negligenza è tra gli ultimi a telare. Prima di svignarsela si rende conto però che non è semplicemente "tra gli ultimi" ma è proprio l' ultimo. Cavolo!
Tutto cio' lo inorgoglisce e, tentato dalla superbia, decide eroicamente di restare per confessare e comunicare il popolo che lo chiede sottovoce ma in massa; il prete indegno si rende così complice di questa strisciante resistenza alla solita "creazione dell' uomo nuovo".
Fuggendo di villaggio in villaggio inseguito da un incorruttibile tenente e invocato ovunque da pezzenti desiderosi del santissimo sacramento, avrebbe molte occasioni per mettersi in salvo, ma alla salvezza rinuncia: il destino lo chiama e lui, nemmeno in assenza di testimoni, puo' fingere di non sentire. L' ultimo cristiano che dovrà confessare sarà se stesso.
I "romanzi cattolici" sono infestati da vite interiori esorbitanti, c' è sempre un gran meditare sulle sorti proprie e dell' umanità, il che fa diventare laboriosa la digestione dell' opera. Solo l' investigatore dei noir si strugge nella sua consapevolezza tanto quanto il peccatore dei romanzi cattolici. Entrambi appesantiscono e fanno stagnare i libri che li ospitano.
[E' anche il motivo per cui mi piace tanto Flannery O' Connor: nelle sue storie la croce è innalzata da figuri scarsamente inclini a fare il punto della situazione o l' esame di coscienza, una forza li coglie sbatacchiando loro e i loro possibili pensieri che non vogliamo conoscere; pochi "mumble mumble" e molta trance]
Però, se lo scrittore è di vaglia, e i citati lo sono, con un po' d' impegno qualche insegnamento lo cavi.
In questo caso ben due.
1. La grandezza della Chiesa Cattolica sta nell' aver costruito un carro che procede anche quando alla guida ci sono persone indegne. [Per la Rivoluzione, tanto per dire, è diverso: non appena cessano gli "incorruttibili" il carro capotta].
2. Il concetto di "destino" non si contrappone a quello di "libertà", bensì a quello di "caso".
Good Bye Lenin
Taroccare la Storia costa una gran fatica ma per amore lo si puo' fare, e magari anche divertendosi.
Good Bye Lenin, nei toni della commedia, racconta le peripezie di chi ci prova.
Benigni ne "La vita è bella" costruisce un nazismo di cartone affinchè si possa sognare di non essere oppressi. Alex fa di più: il comunismo di cartone che mette in piedi serve per poter sognare di non opprimere il prossimo. Sarei curioso dell' operazione inversa.
L' eutanasia della fanatica mamma viene accompagnata simulando il crollo del muro attraverso le cui brecce gli occidentali finalmente potranno unirsi al sogno - i sogni e le buone intenzioni sono i veri protagonisti del racconto - del comunismo realizzato e mammificato, abbandonando così un fatuo mondo ormai al collasso e dominato dalla dura legge paterna delle merci.
Un film bellino, mi uniformo al giudizio di Davide. Ma la morale?
La mia versione: prima ci autoingannavamo... ora ci ingannano.
Un' equiparazione che striscia parallela alla storia e che risulta difficile da accettare, una morale che quindi respingo ma che il film ha il merito di proporre in modo discreto e senza vincolarci ad essa. Scommetto infatti che molte altre letture sono possibili.
p.s. Metto di seguito, in ordine sparso, i miei prossimi cineclub - chi è interessato puo' averli sidponibili in rete. Ringrazio per i consigli ricevuti.
Aguirre furore di Dio
Fight club
Grizzly man
Inception
Gattaca
La nana
Match point (woody allen)
City Island
Il nastro bianco
Thank you for smoking
Moloch (il film su Hitler di Sukorov)
...
Good Bye Lenin, nei toni della commedia, racconta le peripezie di chi ci prova.
Benigni ne "La vita è bella" costruisce un nazismo di cartone affinchè si possa sognare di non essere oppressi. Alex fa di più: il comunismo di cartone che mette in piedi serve per poter sognare di non opprimere il prossimo. Sarei curioso dell' operazione inversa.
L' eutanasia della fanatica mamma viene accompagnata simulando il crollo del muro attraverso le cui brecce gli occidentali finalmente potranno unirsi al sogno - i sogni e le buone intenzioni sono i veri protagonisti del racconto - del comunismo realizzato e mammificato, abbandonando così un fatuo mondo ormai al collasso e dominato dalla dura legge paterna delle merci.
Un film bellino, mi uniformo al giudizio di Davide. Ma la morale?
La mia versione: prima ci autoingannavamo... ora ci ingannano.
Un' equiparazione che striscia parallela alla storia e che risulta difficile da accettare, una morale che quindi respingo ma che il film ha il merito di proporre in modo discreto e senza vincolarci ad essa. Scommetto infatti che molte altre letture sono possibili.
p.s. Metto di seguito, in ordine sparso, i miei prossimi cineclub - chi è interessato puo' averli sidponibili in rete. Ringrazio per i consigli ricevuti.
Aguirre furore di Dio
Fight club
Grizzly man
Inception
Gattaca
La nana
Match point (woody allen)
City Island
Il nastro bianco
Thank you for smoking
Moloch (il film su Hitler di Sukorov)
...
mercoledì 17 novembre 2010
Mica stupido il ragazzo
Turi gestisce una bisca in periferia. Lo fa con competenza e sensibilità, non è uno stupido.
Gli affari vanno bene, ci si incontra almeno due notti a settimana e il denaro scorre a fiumi.
Turi sa il fatto suo e i giocatori si fidano di lui.
Recentemente alla sala principale si è affiancata una sala secondaria dove è possibile scommettere in modo clandestino. Vista la fauna che frequenta il locale è facile prevedere che sarà allettata da questa nuova opportunità.
Anche in questo caso Turi non è stato affatto stupido, l' ha pensata bene, altrochè.
Per Turi i rischi sono tanti ma il gioco vale la candela, sta mettendo via un bel po' di soldi e riesce pure a riciclarli facendo affidamento su banchieri compiacenti del Nord con cui è venuto in contatto grazie ad un tizio di Milano che frequenta la bisca.
L' illegalità è un terreno irto di mille pericoli ma ora che Turi ha imparato a muoversi su quel terreno capisce che ci sono anche mille chances, specie se sei un tipo sveglio. E Turi non è affatto stupido.
Da qualche tempo alcuni dicono che nella sua sala circolano donnine che allietano regolarmente le serate dei vincitori. Ed è proprio così, Turi, che non è stupido, ha fiutato l' affare contattando Pippo che gli ha fornito la "materia prima".
E da dove spunta Pippo? Bè, è un ceffo losco e nell' ambiente ci si conosce un po' tutti, specie se non si è dei fessi.
Pippo è un tipo poco raccomandabile ma gli affari sono affari e questi sono affari veramente notevoli. In più Pippo è una via per arrivare a killer affidabili e Turi ha sempre intorno scocciatori di cui è bene liberarsi prima che possano fare veramente danno. Bisogna farlo presto e con discrezione.
Ora poi il buon Pippo ha avanzato anche proposte per una nuova joint venture, si parla di droghe, roba che rende, non bruscolini. I due vogliono allargarsi, mica sono degli stupidi.
E' un campo minato, il rischio è alto. Ma Turi è già dentro fino al collo, quel rischio non lo spaventa come spaventerebbe un principiante, lui ne gestisce già parecchio e questo è solo una piccola giunta che contribuisce a diversificare il rischio complessivo. Alla fine il rischio complessivo per lui diminuisce anzichè aumentare. Razionale il nostro Turi, nevvero?
E poi ormai è uno del ramo, ovvero, è un rischio che governato dalla sua esperienza si riduce considerevolmente.
Ma le assicurazioni non bastano mai e la migliore assicurazione in questi casi è la corruzione. Con la corruzione ti assicuri su tutto.
Turi già stipendiava la polizia di quartiere, ora, per essere lasciato in pace, guarda in alto, alla politica, e comincia a riciclare lì una parte dei profitti. Ne vale la pena e Turi, non essendo stupido, lo sa.
Le nuove conoscenze gli consentono di manovrare anche gli appalti, ne girano parecchi in una Regione come quella in cui vive ed opera Turi, una Regione alluvionata da sempre con l' elemosina di altre Regioni. Nessuno si sorprenderà se dirò che Turi, da un giorno all' altro, si butta nell' edilizia.
Il lavoro non manca di certo ma le scartoffie lo opprimono e le tasse limitano la rendita. La soluzione è subito pronta: un bell' unguento ad Agenzia Entrate e Ispettorato del Lavoro e il gioco è fatto. Turi non è scemo, per altre ragioni possiede tonnellate di quel miracoloso unguento e nessuno come lui sa somministrarlo. Lo fa da sempre e le economie di scala per certe cose pesano.
Ora finalmente si puo' lavorare in nero cosicchè i ricavi lievitano. Al resto ci pensa la concorrenza sleale di cui Turi puo' godere. Mica stupido il ragazzo.
Turiddu è ricco e felice, oltretutto non manca l' opportunità di arrotondare.
Le banche abbandonano proprio le imprese più bisognose, che vigliacche.
Nessuna paura! C' è Turi, lui presta... con tassi a doppia cifra (mica è stupido)... ma presta.
Alle frontiere diversi disperati chiedono di entrare, e sono pure carichi di denaro. Non saranno carichi d' oro ma loro sono in tanti e portano con loro i risparmi di una vita. Turiddu subodora l' affare e si butta nel ramo dell' immigrazione clandestina. Le conoscenze giuste le ha già.
A proposito di conoscenze, visto che Turi ha dovuto approfondire i rapporti con la polizia di confine, già che c' è mette su un bel contrabbando. Uno solo? Visto che non è stupido ne mette su due, anzi tre, anzi quattro...
Domani ci sono le elezioni ma Turi snobba la politica, non snobba invece i politici che foraggia regolarmente ricevendo in cambio i loro servigi.
Vince Bronko che entrerà in carica l' indomani.
Alle 8.00 di mattina, appena dopo l' insediamento, viene emanato un decreto legge urgente di sole 9 righe. E' un "decreto anti-mafia" e Turi dovrebbe leggere con attenzione tutte e nove le righe.
- bische liberalizzate;
- scommesse liberalizzate;
- prosituzione liberalizzata;
- usura liberalizzata;
- droga liberalizzata;
- corruzione liberalizzata;
- elemosina tra Regioni azzerati;
- tasse decimate;
- deregolamentazione del commercio;
- tariffe doganali abolite.
Quand' anche Turi non si interessi di politica, questo genere di politica s' interesserà molto presto di lui.
E Turi, che non è stupido, lo capisce.
La sua destrezza di criminale lo portava ad essere il migliore in quei campi, ora che la destrezza da criminale non serve più per certi affari, sarà ancora il migliore?
Cosa resta a Turi? Il campo delle estorsioni? Inutile rischiare la galera per quattro misere lire, Turi non è uno stuipido.
Cosa resta a Turi? Il campo del riciclaggio? Ma praticamente nessuno ha più niente da riciclare?
Forse gli resta la sua capacità di corrompere. Mmmmm con così poche regole il grasso non cola più da quelle bistecche. Con 10 regole ci sono 10 motivi per corrompere ma se la regola è una sola?
Le regole sono diminuite e gli anni di galera sono aumentati, meglio lasciar perdere.
Le regole sono diminuite ma la polizia è rimasta la stessa e si dedica in massa a far rispettare le poche regole rimaste. Meglio guardare altrove.
Turi non è stupido, e l' ha capito.
In realtà a Turi qualcosa è rimasto: la sua non-stupidità.
Nei settori dove lavorava prima aveva maturato un' abilità che andava al di là delle protezioni criminali di cui godeva. Sono mercati giovani e gli ex-onesti non possono essere esperti quanto gli ex-criminali come lui.
Lui sa scegliere la "roba" migliore, le sue donnine sono uno schianto e i suoi locali sono sempre i più accoglienti. Si è dimostrato umano con i mutuatari e loro ancora si rivolgono a lui. Turi conosce i suoi polli.
Turi non era uno stupido, ci sa fare anche nei suoi campi specifici. Solo che oggi si dà da fare nella legalità.
Se non si è stupidi si capisce al volo quel che conviene e a Turi conviene diventare un ex-criminale a tutti gli effetti.
Paga poche tasse per il semplice fatto che le tasse sono poche, i suoi affari prosperano anche più di prima poichè puo' farli alla luce del sole risparmiando parecchio: non serve più alcuna polizzaper i rischi più seri.
Oggi è uno dei maggiori contribuenti del Paese, un Paese che va avanti grazie anche a Turi, un Paese che deve dire grazie se Turi non è uno stupido.
Era un demonio ed è diventasto un eroe civile. Mica stupido il ragazzo.
***
Conoscete Roberto Saviano? E' uno scrittore importante che ci ha raccontato la Mafia.
In fondo la Mafia che ci racconta Saviano la conoscevamo già.
Eppure una cosa nuova Saviano ce la dice, ci dice: i criminali mafiosi non sono degli stupidi.
Saviano ci narra di questa intelligenza del crimine parlandoci in lungo e in largo dei suoi investimenti e della capacità di fare affari.
Saviano è molto allarmato quando dice che il crimine non è stupido.
Strano perchè nel mio apologo è proprio facendo leva sulla non-stupidità del crimine che si trasforma l' inferno in un paradiso.
Io, al contrario di Saviano, tiro un sospiro di sollievo sentendo che il crimine non è stupido, cio' sigbifica solo che c' è una concreta possibilità di salvezza. Reputo che sia abbastanza stupido non capirlo e non rallegrarsi a questa buona notizia.
Mi sembra che sia diventato inutile aggiungere qui il mio giudizio su Saviano, a prescindere dal suo coraggio.
Meglio puntare sull' intelligenza dei criminali o sulla loro "conversione"? Saviano e Bronko fanno in merito scelte differenti, non c' è che dire. Una legge in meno a volte è meglio di mille prediche.
***
P.S. questo post è ispirato alle parole che Roberto Saviano ha recentemente riservato a Gianfranco Miglio e mira a mettere in evidenza come il giovane probabilmente non comprenda i pensieri del vecchio saggio in tema di mafia e mettendolo alla berlina non aiuta nemmeno gli altri a farlo.
Gli affari vanno bene, ci si incontra almeno due notti a settimana e il denaro scorre a fiumi.
Turi sa il fatto suo e i giocatori si fidano di lui.
Recentemente alla sala principale si è affiancata una sala secondaria dove è possibile scommettere in modo clandestino. Vista la fauna che frequenta il locale è facile prevedere che sarà allettata da questa nuova opportunità.
Anche in questo caso Turi non è stato affatto stupido, l' ha pensata bene, altrochè.
Per Turi i rischi sono tanti ma il gioco vale la candela, sta mettendo via un bel po' di soldi e riesce pure a riciclarli facendo affidamento su banchieri compiacenti del Nord con cui è venuto in contatto grazie ad un tizio di Milano che frequenta la bisca.
L' illegalità è un terreno irto di mille pericoli ma ora che Turi ha imparato a muoversi su quel terreno capisce che ci sono anche mille chances, specie se sei un tipo sveglio. E Turi non è affatto stupido.
Da qualche tempo alcuni dicono che nella sua sala circolano donnine che allietano regolarmente le serate dei vincitori. Ed è proprio così, Turi, che non è stupido, ha fiutato l' affare contattando Pippo che gli ha fornito la "materia prima".
E da dove spunta Pippo? Bè, è un ceffo losco e nell' ambiente ci si conosce un po' tutti, specie se non si è dei fessi.
Pippo è un tipo poco raccomandabile ma gli affari sono affari e questi sono affari veramente notevoli. In più Pippo è una via per arrivare a killer affidabili e Turi ha sempre intorno scocciatori di cui è bene liberarsi prima che possano fare veramente danno. Bisogna farlo presto e con discrezione.
Ora poi il buon Pippo ha avanzato anche proposte per una nuova joint venture, si parla di droghe, roba che rende, non bruscolini. I due vogliono allargarsi, mica sono degli stupidi.
E' un campo minato, il rischio è alto. Ma Turi è già dentro fino al collo, quel rischio non lo spaventa come spaventerebbe un principiante, lui ne gestisce già parecchio e questo è solo una piccola giunta che contribuisce a diversificare il rischio complessivo. Alla fine il rischio complessivo per lui diminuisce anzichè aumentare. Razionale il nostro Turi, nevvero?
E poi ormai è uno del ramo, ovvero, è un rischio che governato dalla sua esperienza si riduce considerevolmente.
Ma le assicurazioni non bastano mai e la migliore assicurazione in questi casi è la corruzione. Con la corruzione ti assicuri su tutto.
Turi già stipendiava la polizia di quartiere, ora, per essere lasciato in pace, guarda in alto, alla politica, e comincia a riciclare lì una parte dei profitti. Ne vale la pena e Turi, non essendo stupido, lo sa.
Le nuove conoscenze gli consentono di manovrare anche gli appalti, ne girano parecchi in una Regione come quella in cui vive ed opera Turi, una Regione alluvionata da sempre con l' elemosina di altre Regioni. Nessuno si sorprenderà se dirò che Turi, da un giorno all' altro, si butta nell' edilizia.
Il lavoro non manca di certo ma le scartoffie lo opprimono e le tasse limitano la rendita. La soluzione è subito pronta: un bell' unguento ad Agenzia Entrate e Ispettorato del Lavoro e il gioco è fatto. Turi non è scemo, per altre ragioni possiede tonnellate di quel miracoloso unguento e nessuno come lui sa somministrarlo. Lo fa da sempre e le economie di scala per certe cose pesano.
Ora finalmente si puo' lavorare in nero cosicchè i ricavi lievitano. Al resto ci pensa la concorrenza sleale di cui Turi puo' godere. Mica stupido il ragazzo.
Turiddu è ricco e felice, oltretutto non manca l' opportunità di arrotondare.
Le banche abbandonano proprio le imprese più bisognose, che vigliacche.
Nessuna paura! C' è Turi, lui presta... con tassi a doppia cifra (mica è stupido)... ma presta.
Alle frontiere diversi disperati chiedono di entrare, e sono pure carichi di denaro. Non saranno carichi d' oro ma loro sono in tanti e portano con loro i risparmi di una vita. Turiddu subodora l' affare e si butta nel ramo dell' immigrazione clandestina. Le conoscenze giuste le ha già.
A proposito di conoscenze, visto che Turi ha dovuto approfondire i rapporti con la polizia di confine, già che c' è mette su un bel contrabbando. Uno solo? Visto che non è stupido ne mette su due, anzi tre, anzi quattro...
Domani ci sono le elezioni ma Turi snobba la politica, non snobba invece i politici che foraggia regolarmente ricevendo in cambio i loro servigi.
Vince Bronko che entrerà in carica l' indomani.
Alle 8.00 di mattina, appena dopo l' insediamento, viene emanato un decreto legge urgente di sole 9 righe. E' un "decreto anti-mafia" e Turi dovrebbe leggere con attenzione tutte e nove le righe.
- bische liberalizzate;
- scommesse liberalizzate;
- prosituzione liberalizzata;
- usura liberalizzata;
- droga liberalizzata;
- corruzione liberalizzata;
- elemosina tra Regioni azzerati;
- tasse decimate;
- deregolamentazione del commercio;
- tariffe doganali abolite.
Quand' anche Turi non si interessi di politica, questo genere di politica s' interesserà molto presto di lui.
E Turi, che non è stupido, lo capisce.
La sua destrezza di criminale lo portava ad essere il migliore in quei campi, ora che la destrezza da criminale non serve più per certi affari, sarà ancora il migliore?
Cosa resta a Turi? Il campo delle estorsioni? Inutile rischiare la galera per quattro misere lire, Turi non è uno stuipido.
Cosa resta a Turi? Il campo del riciclaggio? Ma praticamente nessuno ha più niente da riciclare?
Forse gli resta la sua capacità di corrompere. Mmmmm con così poche regole il grasso non cola più da quelle bistecche. Con 10 regole ci sono 10 motivi per corrompere ma se la regola è una sola?
Le regole sono diminuite e gli anni di galera sono aumentati, meglio lasciar perdere.
Le regole sono diminuite ma la polizia è rimasta la stessa e si dedica in massa a far rispettare le poche regole rimaste. Meglio guardare altrove.
Turi non è stupido, e l' ha capito.
In realtà a Turi qualcosa è rimasto: la sua non-stupidità.
Nei settori dove lavorava prima aveva maturato un' abilità che andava al di là delle protezioni criminali di cui godeva. Sono mercati giovani e gli ex-onesti non possono essere esperti quanto gli ex-criminali come lui.
Lui sa scegliere la "roba" migliore, le sue donnine sono uno schianto e i suoi locali sono sempre i più accoglienti. Si è dimostrato umano con i mutuatari e loro ancora si rivolgono a lui. Turi conosce i suoi polli.
Turi non era uno stupido, ci sa fare anche nei suoi campi specifici. Solo che oggi si dà da fare nella legalità.
Se non si è stupidi si capisce al volo quel che conviene e a Turi conviene diventare un ex-criminale a tutti gli effetti.
Paga poche tasse per il semplice fatto che le tasse sono poche, i suoi affari prosperano anche più di prima poichè puo' farli alla luce del sole risparmiando parecchio: non serve più alcuna polizzaper i rischi più seri.
Oggi è uno dei maggiori contribuenti del Paese, un Paese che va avanti grazie anche a Turi, un Paese che deve dire grazie se Turi non è uno stupido.
Era un demonio ed è diventasto un eroe civile. Mica stupido il ragazzo.
***
Conoscete Roberto Saviano? E' uno scrittore importante che ci ha raccontato la Mafia.
In fondo la Mafia che ci racconta Saviano la conoscevamo già.
Eppure una cosa nuova Saviano ce la dice, ci dice: i criminali mafiosi non sono degli stupidi.
Saviano ci narra di questa intelligenza del crimine parlandoci in lungo e in largo dei suoi investimenti e della capacità di fare affari.
Saviano è molto allarmato quando dice che il crimine non è stupido.
Strano perchè nel mio apologo è proprio facendo leva sulla non-stupidità del crimine che si trasforma l' inferno in un paradiso.
Io, al contrario di Saviano, tiro un sospiro di sollievo sentendo che il crimine non è stupido, cio' sigbifica solo che c' è una concreta possibilità di salvezza. Reputo che sia abbastanza stupido non capirlo e non rallegrarsi a questa buona notizia.
Mi sembra che sia diventato inutile aggiungere qui il mio giudizio su Saviano, a prescindere dal suo coraggio.
Meglio puntare sull' intelligenza dei criminali o sulla loro "conversione"? Saviano e Bronko fanno in merito scelte differenti, non c' è che dire. Una legge in meno a volte è meglio di mille prediche.
***
P.S. questo post è ispirato alle parole che Roberto Saviano ha recentemente riservato a Gianfranco Miglio e mira a mettere in evidenza come il giovane probabilmente non comprenda i pensieri del vecchio saggio in tema di mafia e mettendolo alla berlina non aiuta nemmeno gli altri a farlo.
Riflettere per anni
Parlando di Robin Hanson:
"... ancora secondo Robin, i soldi che le società avanzate spendono per l' assistenza sanitaria sono sprecati. Giacchè i medici uccidono tante persone quante ne salvano, vivremmo altrettanto a lungo anche senza di loro. Tutto questo sa un po' di follia ma il fatto è che i dati, oltre un certo livello, non mostrano alcuna correlazione, sia a livello internazionale che a livello nazionale, tra spesa sanitaria e aspettativa di vita...
... Bryan Caplan, altro mio amico e collega, la mette così: "Quando l' economista tipo mi illustra la sua ultima ricerca, la mia reazione standard è "Ah... forse". Poi l' accantono per sempre. Quando è Robin Hanson a illustrarmi la sua ultima ricerca, la mia reazione standard è: "No, impossibile". Poi ci rifletto per anni".
Tyler Cowen - No crac.
"... ancora secondo Robin, i soldi che le società avanzate spendono per l' assistenza sanitaria sono sprecati. Giacchè i medici uccidono tante persone quante ne salvano, vivremmo altrettanto a lungo anche senza di loro. Tutto questo sa un po' di follia ma il fatto è che i dati, oltre un certo livello, non mostrano alcuna correlazione, sia a livello internazionale che a livello nazionale, tra spesa sanitaria e aspettativa di vita...
... Bryan Caplan, altro mio amico e collega, la mette così: "Quando l' economista tipo mi illustra la sua ultima ricerca, la mia reazione standard è "Ah... forse". Poi l' accantono per sempre. Quando è Robin Hanson a illustrarmi la sua ultima ricerca, la mia reazione standard è: "No, impossibile". Poi ci rifletto per anni".
Tyler Cowen - No crac.
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