martedì 31 agosto 2010

Sul termine "religione"

"... ma questa non è una scienza seria... questa è religione..."

Imbarazzo dei bayesiani (sia credenti che atei).

Proposta: ma perchè non la smettiamo di definire in modo infantile come "religiosa" ogni credenza aprioristica con cui siamo in disaccordo?

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lunedì 30 agosto 2010

Feliciometri nell' abisso pascaliano

Se a Giovanni fai vedere la foto del figlio nella parte "A" del suo cervello comincia un superlavorio, è un fermento che puoi perfino fotografare!

Capita sempre quando è felice, ma non solo a lui, a tutti: "A" comincia a formicolare.

Se invece formicola "B" (siamo sempre dentro il cervello) Giovanni dice di essere infelice.

Ora sappiamo cosa rende felici Giovanni... e anche Piero. Magari domani potremmo procurare loro una "felicità artificiale".

Quel che non sapremo mai è quanto aumenta la felicità all' aumentare del "formicolio".

Non sapremo mai nemmeno se Piero è pià felice di Giovanni: magari a Giovanni vibra pazzamente la parte "A" del cervello, mentre in Piero la parte "A" è immota, da cio' non potremmo mai concludere che Giovanni è più felice di Piero.

Insomma, la felicità può essere fotografata ma non puo' essere mai resa nè "cardinale" nè "confrontabile".

Ognuno di noi, come diceva Pascal, possiede un' interiorità che è simile ad un abisso.

Why Catholics Don’t Understand Economics

... spiegato da un credente.

Interessante la distinzione tra "economic good" e "spiritual good".

Anche qui a colpire è "la maledizione del gratuito":

I have what I think is a new theory about why this situation persists. People who live and work primarily within the Catholic milieu are dealing mainly with goods of an infinite nature. These are goods like salvation, the intercession of saints, prayers of an infinitely replicable nature, texts, images, and songs that constitute non-scarce goods, the nature of which requires no rationing, allocation, and choices regarding their distribution.

None of these goods take up physical space. One can make infinite numbers of copies of them. They can be used without displacing other instances of the good. They do not depreciate with time. Their integrity remains intact no matter how many times they are used. Thus they require no economization. For that reason, there need to be no property norms concerning their use. They need not be priced. There is no problem associated with their rational allocation. They are what economists call “free goods.”

domenica 29 agosto 2010

Todd Henderson sull' Insider trading

"Todd’s findings in the paper “are in line with Henry Manne’s original thesis from nearly 40 years ago that insider trading didn’t diminish firm market value on net and may serve a useful purpose as an executive compensation device to motivate managers to maximize the value of the firm.”


http://truthonthemarket.com/2010/10/03/brad-delong-on-todd-henderson/

Israel vs. Dr. House

Il nuovo libro di Israel è chiaro fin dal titolo: "Per una medicina umanistica. Apologia di una medicina che curi i malati come persone".

In fondo per Israel la medicina è una pseudo-scienza, non c' è nulla di più sbagliato che trattarla come una scienza vera e propria.

E' per questo che il valore dell' opera medica risiede in gran parte nella vicinanza umana tra i protagonisti (medico e paziente in primis).

Cerco d' immaginarmi un approccio alternativo e mi viene in mente il Dr. House, uno che non perde tanto tempo con il paziente per andare subito al sodo.

Diagnosi, terapia e prognosi, ecco il trittico in cui esprime al meglio il suo genio medico.

Non vedo con regolarità il telefilm, ma Diana forse mi ha edotto quanto basta.

L' arbitro non sospetto di questo match potrebbe essere Robin Hanson.

Penso seriamente che Robin su quel ring alzerebbe il braccio a Israel. E questo nonostante sia una persona molto diversa da lui: umanista l' uno, transumaniano l' altro.

Inizierebbe il suo arbitraggio sentendo le ragioni dei contendenti.

Il Dr. House punta al sodo? Ma per Hanson in queste faccende il "sodo" non esiste, e i numeri sembrano parlare chiaro.

Il Dr. House punta tutto sulla cura? Ma per Hanson noi non andiamo tanto dai medici per curarci, e i numeri sembrano confermarlo.

Direi che a questo punto occorre precisare.

Se noi andassimo negli ospedali per curarci dovremmo concludere che la Sanità è un fallimento, un immenso spreco di risorse.

Certo, esistono alcune tecniche di base ultra verificate, esistono strumentazioni decisive per la diagnosi, esistono medicine imprescindibili che salvano una marea di vite umane che ieri sarebbero andate perdute, ma quel che noi di solito chiamiamo "Sanità" è l' immenso placebo che sta attorno a questo nocciolo duro.

Così pensa Hanson, e i numeri sembrano dargli ragione (è inevitabile per chi guarda prima ai numeri e poi taglia un vestito su misura per loro).

Ma perchè tanto "spreco" visto che non siamo degli stupidi?

Evidentemente noi chiediamo altro alla Sanità, e non solo semplici cure.

Hanson pensa che medico e Sanità ci servano per dimostrare quanto ci "prendiamo cura" di noi stessi e degli altri.

L' importante non è tanto curare (20%) ma prendersi cura (80%).

Per "curare" non occorrerebbe certo l' imponente spiegamento di forze che ostenta il settore sanitario un po' in tutto il mondo!

Il sovrappiù trova quindi la sua spiegazione nell' ipotesi hansoniana, infatti il placebo non cura nulla ma lascia intatto lo "sforzo per la cura", ovvero cio' che ci sta davvero a cuore.

Se quel che ci interessa veramente è produrre quello sforzo, la mastodontica Sanità moderna viene proprio incontro a questo bisogno.

La mia storia recente mi ha fatto frequentare ospedali da mane a sera: Hanson ne esce confermatissimo.

Alla solita domanda: "devo fare anche questo per il bene della piccola?", il più onesto rispondeva ambiguamente: "guardi... non è che sia poi... comunque lei lo faccia... un domani non avrà rimorsi di coscienza".

Tradotto: "guardi, è praticamente certo che non serve a un cazzo, ma lei, visto che farlo è pur sempre un sacrificio, visto che è pur sempre qualcosa di oneroso, visto che è pur sempre qualcosa in più... lei lo faccia in modo un domani da essere sempre a posto con la coscienza".

Altri medici e altre ostetriche rispondono invece in modo magari anche deciso... ma in perenne contraddizione tra loro. E tu resti lì, a soppesare le loro contraddizioni.

Nella Sanità l' imperativo è "fare il massimo" e in particolare "far fare il massimo" per i bambini.

Tre quarti delle cose che fanno e ti fanno fare non servono a "curare" ma a "fare il massimo".

Tu per caso sei un tale che non ha intenzione di "fare il massimo" per il suo bambino? E allora pedala.

Fare quel che serve è routine noiosa da infermieri, "fare il massimo" è roba per geni, roba per il Dr. House. Senonchè gli effetti del "massimo" sono avvolti da nebbie più spesse di quelle che cingono l' Olimpo.

E allora, una volta smascherata la mitologia del "massimo" cosa si può davvero aggiungere alla semplice cura del malato?

Bè, l' unico modo sensato di impreziosire una cura diagnosticabile anche dall' infermiere consiste nel profondere un impegno per un contatto più umano e rasserenante con il malato e il bisognoso in genere.

Diamo alle cose l' importanza che hanno sulla base dei fatti come li conosciamo oggi: 20% alla cura, 80% al prendersi cura; e lasciamo da parte la mitologia del "dare il massimo".

Insomma, assist di Hanson, gol di Israel.

P.S. Lungi da Hanson pensare che la medicina non sia utile (scienza o pseudoscienza che sia).

In altri termini: quel 20% dello sforzo che coincide con la cura è utilissimo e salva la vita, come dicevo.

Ma poi c' è l' 80% restante.

House sembra investirlo ancora sulla pura "cura", ma secondo i dati di Hanson, si schianta contro un muro: la cura non dà più nulla, è una zucca da cui non puoi spremere altro sangue.

Eppure noi uno sforzo supplementare, che è poi l' 80% dello sforzo complessivo, lo pretendiamo.

Evidentemente non abbiamo bisogno di cure - visto che sono inefficaci e noi non siamo tanto stupidi da non capirlo - abbiamo bisogno che "ci si prenda cura".

Proprio oggi la Sara pensava di avere problemi alla ferita (suppurava). In realtà non era nulla di grave, il dott. montoli l' ha vista e l' ha tranquillizzata.

Al momento del congedo abbiamo chiesto se dovevamo disinfettarla con regolarità. Lui, colto un po' di sorpresa, ha detto di farlo pure.

La risposta corretta sarebbe stata "fate quel che volete" ma se avesse risposto correttamente noi LO AVREMMO GIUDICATO MALE. Evidentemente non eravamo in cerca solo di "risposte corrette".

Facciamo un altro esempio: vai dal medico, lui ti visita e ti dice l' essenziale. Poi tu gli fai altre mille domande e lui si sente in dovere di rispondere anche se ormai l' essenziale è stato detto e tutto il resto è superfluo. Ma se avesse risposto con un' alzata di spalle alle tue numerose domande TU PROBABILMENTE LO AVRESTI GIUDICATO MALE.

sabato 28 agosto 2010

Perle di Radio Tre: la colllana infinita

Andrea Cortelessa è un critico letterario militante e con il suo nuovo documentario mette sotto tiro l' industria libraria. Ambisce ad essere il Michael Moore italiano.

Eccolo che spiega una tesi shoccante: gli sconti sui libri danneggiano il lettore.



Mi sa che devo guardarmi li documentario perchè non c' ho proprio capito niente.

D' altronde ci aveva avvisato "è una cosa difficile da capire, non si tratta di concetti idonei all' info-tainment, sono meccanismi che sfuggono al lettore".

Insomma, uno stipa più contraddizioni che puo' in un ragionamento, e crede di farla franca avvertendoci che "le cose sono molto difficili da capire".

Mah, forse a sedici anni mi avrebbe fregato fin da subito, ora no, ora mi deve mostrare il suo documentario che guarderò con occhio critico, puoi scommetterci.

P.S. se non fosse per la faticaccia di isolare l' audio, con le perle di radio Tre farei volentieri una collana tanto abbondano. In queste vacanze ne colgo almeno un paio al giorno e non occorre certo immergersi in profondità.

Cos' è la scienza?

Premetto che tentare una risposta è impresa disperata.

Ma se proprio volete interpellare qualcuno in merito rivolgetevi senza indugio al reverendo Bayes e a Pierre Duhem.

Avete letto "comunità scientifica"? Non leggete oltre!

Questa volta inizio proprio dall' inizio.

Cos' è la scienza?

Potremmo dire che è una forma di conoscenza acquisita "contando" i fatti.

Sfrondiamo ancora: potremmo dire che è una conoscenza probabilistica fondata sui fatti.

Sembra che abbiamo finito di rispondere ed invece dobbiamo ancora cominciare.

Infatti tutto parte dalla domanda cruciale: cos' è una probabilità?

Ci sono due scuole di pensiero.

I Frequentisti: per loro la probabilità è il rapporto tra due grandezze oggettive: casi favorevoli fratto casi possibili. La probabilità che gettando la moneta esca "testa" è di un mezzo perchè esiste un caso favorevole (testa) e due casi possibili (testa e croce).

I Bayesiani: per loro la probabilità è una grandezza derivata da un' intuizione soggettiva: se scommetto su un cavallo dato "a quattro", evidentemento attribuisco alla vittoria di quel cavallo una probabilità superiore al 25%.

Ebbene, difficile sapere cosa sia la scienza per chi non sa che l' unica concezione coerente di probabilità è quella fornita dal reverendo Bayes.

Le immagini frequentiste sono una semplificazione utile ma incoerente allorchè intendiamo "conoscere" anzichè "semplificare" il concetto di probabilità. Si tratta di incoerenze più volte mostrate (vedi tag "bayesiani").

Morale: la scienza è una conoscenza sempre "sporcata" dall' intuizione soggettiva e i soggetti sono differenti l' uno dall' altro (si spera).

Che lo sappia lo scienziato mezze maniche, quello che immagina la scienza come un ingranaggio che gira da sè con il pilota automatico saldamente innestato.

E' pur vero che, esperimento dopo esperimento, le conoscenze in ambito scientifico sono destinate a convergere e tutti i disaccordi verranno dissipati prima o poi (teorema di Aumann).

Ma questa convergenza puo' essere ragionevolmente pensata all' infinito.

Per chi la pensa così la scienza è fatta di tante strade soggettive che ciascuno di noi puo' e deve percorrere separatamente, proprio per fedeltà alla natura di questa conoscenza.

Spesso, per proferire con maggiore autorevolezza verità faziose, ci si gonfia il petto e si lascia scivolare nel colloquio l' espressione "comunità scientifica": lo sostiene come un sol uomo la "comunità scientifica".

Ma è proprio quando la "comunità scientifica" parla come un sol uomo ad essere sospetta. Sembra quasi che voglia sbaraccare mandando in pensione la scienza.

C' è chi vuol far finire la storia e chi vuol far finire la scienza.

L' espressione "comunità scienfica" è sommamente ingannevole poichè mette l' accento su cio' che accomuna anzichè su cio' che separa, ma è solo cio' che separa a rendere genuinamente "scientifica" quella comunità.

venerdì 27 agosto 2010

La bontà delle favole vale zero

Le gerarchie ecclesiastiche sono costantemente sotto attacco, quando apri il giornale l' articoletto velenoso lo trovi sempre.

Ma quasi sempre si puo' anche girar pagina senza ripensamenti: la firma segnala subito l'avversione ideologica e aprioristica che inquina ogni possibile messaggio; voci del genere si autoestinguono, secernono un veleno che è anche antidoto. Non hanno nessuna voglia di farsi ascoltare dagli "altri" e quindi noi non le ascoltiamo.

Ma Panebianco non ha certo una voce tanto querula, lui puo' e deve essere letto.

Il principe degli editrialisti mette in guardia la Chiesa da minoranze organizzate che agiscono al suo interno.

Si parla di immigrazione.

... a giudicare dalle prese di posizione di una parte almeno dei vertici della Chiesa sembra che, spesso, essi siano più influenzati dall' attivismo delle minoranze cattoliche impegnate nel volontariato pro immigrati che dalle opinioni, se non prevalenti, certo fortemente rappresentate (secondo i sondaggi) fra i fedeli che frequentano le funzioni domenicali...

Non è tanto una questione "democratica", quanto di realismo e onestà.

Abbiamo già visto a più riprese come la Caritas, per esempio, tarocca i dati sulla povertà pompandoli a dismisura. Il problema non è il taroccaggio ma il fatto che lo si reputa lecito se fatto con buone intenzioni.

Qualcuno vorrebbe infatti una Chiesa impegnata nel diffondere solidarietà e fratellanza tra gli uomini; il realismo non ha senso ed è controproducente, la Chiesa ha solo un messaggio e deve urlarlo più forte che puo': amatevi.



A compensare ci penseranno altri, noi della Chiesa siamo solo una rotella dell' ingranaggio e dobbiamo ruotare sempre nel solito senso.

L' immigrato delinque? Fa niente, amalo.

Il rom vive di espedienti? Fa niente, amalo.

Il messaggio non deve valere solo per il singolo cittadino ma anche per il legislatore: amate! perdonate! Fatelo il più possibile, fatelo sempre, fatelo quando scrivete le vostre leggi.

Perchè la Chiesa ritorni alla bontà occorre costruire il paese delle favole, solo lì esiste la Fata buona, e molti si mettono d' impegno e sciolgono le briglie ad una fantasia accorata.

Attenzione Papa Ratz, non lasciarti irretire troppo dai favolieri.

Chi non si fa certo irretire è il Cardinal Biffi. Ricordiamo le sue profetiche parole proprio sull' immigrazione.

Disse che lo Stato sembrava essere stato colto di sorpresa dall’ondata migratoria, mostrando incapacità di “gestire razionalmente la situazione entro le regole irrinunciabili e gli ambiti propri dell’ordinata convivenza civile”.

Ma disse che anche la Chiesa appariva smarrita:

“Sono state colte di sorpresa anche le comunità cristiane, ammirevoli in molti casi nel prodigarsi prontamente ad alleviare disagi e pene, ma sprovviste finora di una visione non astratta. [...] Le generiche esaltazioni della solidarietà e del primato della carità evangelica – che in sé e in linea di principio sono legittime e anzi doverose, quale che sia la razza, la cultura, la religione e la legalità della presenza dell’uomo in difficoltà – si dimostrano più generose e ben intenzionate che utili, se rifuggono dal commisurarsi con la complessità del problema e la ruvidezza della realtà effettuale.

“Anche nella nostra esplicita consapevolezza di pastori [...] abbiamo avuto in merito due estesi documenti. [...] Ambedue sono più che altro (e doverosamente) tesi a costruire e a diffondere nella cristianità una ‘cultura dell’accoglienza’. Manca invece un po’ di realismo nel vaglio delle difficoltà e dei problemi; e soprattutto appare insufficiente il risalto dato alla missione evangelizzatrice della Chiesa nei confronti di tutti gli uomini, e quindi anche di coloro che vengono a dimorare da noi”.

E adesso bisogna scegliere tra la bontà delle favole dei "cristiani adulti" e l' umanità biffiana da calare in un mondo vero.

Finora la Chiesa ha sempre scelto il mondo vero, ora cosa sceglierà?

Finora la Chiesa ha sempre privilegiato il "tutto" alla parte in commedia? Ora accetterà di farsi vaccinare dalle parole di Biffi?

U.S. church-run hospitals provide higher quality care

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E non è tutto:

doctors who hold religious beliefs are far less likely to allow a patient to die than those who have no faith

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Il fanatico della scienza ha tutto il diritto di dire: "... ma quando ti fa male la pancia vai all' ospedale, mica dal mago...".

Chissà, forse tra un po' il fanatico religioso potrà dire: "... ma quando vai all' ospedale e la cosa è seria vai dal medico religioso, mica dal primo che passa...".

Berlusconismo latente

Vito Mancuso recentemente ha messo in guardia l' intellighenzia italica: chi scrive per Mondadori "collabora con il nemico".

Il teologo si è svegliato un po' tardi ma non ha certo tutti i torti.

Come puoi un giorno dire che Berlusconi è il male in terra e il giorno dopo fare affari con lui finanziandolo?

Il mercato in fondo è una democrazia capillare e sofisticata in cui votiamo tutti i giorni. Non solo, possiamo pure pesare il nostro voto.

Mancuso si è accorto solo oggi di votare tutti i giorni per Berlusconi, e di farlo pure con un voto assai "pesante" (chissà che impressione). Da qui i suoi problemi di coscienza.

Ben arrivato sulla terra!, viene voglia di dire.

Altri "berlusconiani" che scrivono per Mondadori e per Einaudi hanno reagito, ne abbiamo sentite di tutti i colori. Sorvolo.

Non sorvolo però su un "berlusconiano" sorprendente, Eugenio Scalfari.

Anche lui accorda da anni l' autorevole preferenza a Berlusconi, e la giustifica dicendo:

1) che il problema resta quello del “gigantesco conflitto di interessi del capo del Governo in carica";

2) che finché Einaudi (Scalfari scrive per Einaudi) mantiene l’attuale autonomia rispetto alla proprietà, lui, Scalfari, e con lui tanti altri resteranno con Berlusconi;

3) che se ne andrà quando queste condizioni non siano più in essere.

Riassunto: il conflitto d' interesse è un problema, ma finchè non crea problemi, come problema possiamo trascurarlo. Da ultimo, si riserva in futuro, forse, di non votare più il magnate di Arcore.

?

Quanto riportato non è una gaffe fatta pensando tra sè e sè, non sono pensieri privati. E' la solita pallosissima articolessa che inizia in prima pagina di Repubblica e non si sa mai dove finisce, quel periodico fiume di parole squinternate quanto si vuole ma "ufficiali" che quasi nessuno leggerebbe in assenza della sintesi di zelanti sbobinatori.

E adesso, prima delle conclusioni, una parola sul "fratello scemo", ovvero il voto che non conta: quello politico che affido ogni tot anni alla mia volatile scheda elettorale.

La sua scarsa rilevanza è facilmente compresa: 1) non incide sull' esito finale 2) non mi responsabilizza in modo concreto 3) non ha molto senso meditarne l' uso: me lo regalano e m' impongono di regalarlo.

Detto questo, chiunque capisce che qualora il voto accordato con la scheda e il voto accordato con il portafoglio divergesse, per capire le reali preferenze dell' individuo dovremmo guardare al secondo.

Conclusioni: Scalfaro è molto più "berlusconiano" di me.

Viene voglia di dire: ma caro Barbapapà... ma perchè hai triturato i coglioni ai berlusconiani per decenni quando poi ti fai bastare una giustificazioncina tanto banale per continuare integerrimo la militanza berlusconiana?

In altri termini, avendo votato Berlusconi in questi anni, potrei avvalermi degli argomenti suggeriti da Scalfaro, ma non ne sento poi tanto l' esigenza, in fondo non sono berlusconiano a tal punto da potermi equiparare a Scalfaro, Mancuso e a parecchi altri pezzi da novanta... praticamente dei gerarchi. Solo chi si è spinto così in là nel sostegno a leader discutibili è chiamato a giustificarsi. Solo per loro ci sarà forse in futuro la Norimberga che tanto vorrebbero.

I 50 finali più belli

Si parla di film: link

We are family!





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giovedì 26 agosto 2010

Libertarian theology

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Libera scuola in libero stato

Nessuno l' ha capito meglio di Robert Murphy, il Cavour a stelle e strisce:

In materia spirituale, lo scambio civile è di questo tenore: ti prometto di non usare la forza della legge per importi la mia religione e ti chiedo di fare altrettanto. La libertà di coscienza è troppo importante per me e non vorrei mai che una maggioranza forzi una minoranza in queste materie. E, te lo assicuro, lo direi anche se facessi parte della maggioranza.

Lo stesso dovrebbe valere per la scuola. Anche se sono un "Cristiano rinato" mi offenderebbe un governo che emanasse una legge volta a rendere obbligatoria per tutti i bambini la lettura della Bibbia, oppure andare a Messa fino ad una certa età. Per lo stesso motivo mi sento offeso quando la politica delibera leggi in cui obbliga i nostri bambini a leggere certi libri di biologia o di matematica, oppure fissa per loro un tempo minimo di permanenza a scuola.


Non ho mai visto un olio filare così liscio.

Come si puo' ancora essere laici e contrari alla scuola libera?

Un link per sintetizzare megllio la visione liberale.

Novello stregone

Come riconoscerlo?

Non è così difficile, lo riconosci subito: è quello spirito che pur di liberare le sue pulsioni antiscientifiche arriva ad ignorare quasi per intero il pensiero epistemologico novecentesco.

Definire la scienza è impresa disperata, eppure qualche paletto l' epistemologia novecentesca l' ha pur messo.

Ci ha insegnato che la scienza include, non esclude; che la scienza dà la parola, non silenzia.

Ci ha insegnato che la scienza vive di concorrenza tra le idee, che tutti hanno diritto di sperimentare, che nessuno puo' essere espulso dalla competizione con provvedimento autoritario.

Ci ha insegnato insomma che una teoria puo' essere al limite sospesa ma mai scartata.

Come riassumerlo in due righe?

All'inizio del secolo Carnap credeva che il metodo scientifico potesse verificare la teoria "una volta per tutte".

Popper, avvalendosi di strumenti logici, dimostrò che questa credenza era a dir poco ingenua.

Negli anni cinquanta Popper credette di poter dire che il metodo scientifico potesse confutare la teoria "una volta per tutte". Secondo lui esistevano esperimenti cruciali.

Questa credenza si rivelò, se possibile, ancora più ingenua.

Dal punto di vista logico questa ingenuità fu dimostrata dalla tesi Duhem-Quine.

Dal punto di vista fattuale l' ingenuità fu smascherata presto dalle ricognizioni storiche dei popperiani stessi: Feyarebend, Lakatos, Laudan, Kuhn...

Il novello stregone ama burocratizzare la scienza, l' espressione "una volta per tutte" lo manda in visibilio, il novello stregone desidera ardentemente che la scienza vesta i panni dell' Ufficiale Giudiziario, vorrebbe una scienza armata del timbro dell' ufficialità, una scienza che escluda, che silenzi al più presto le voci discordanti in modo che non si possano sentire mai più.

Il novello stregone, per pacificare i suoi desideri, deve per forza di cose resuscitare vecchie ingenuità, far finta che il pensiero epistemologico novecentesco non sia mai stato pensato, deve poter pensare che il pensiero critico, minoritario, già confutato possa essere bruciato "una volta per tutte" sui roghi ai quali ama scaldarsi digrignando i denti.

martedì 24 agosto 2010

Miseria del proceduralismo

Interessante discussione sul confronto tra proceduralismo e sostanzialismo.

Il proceduralista è vittima dell' impellente necessità di distinguere tra "legittimità" e "giustificazione": la prima riguarda i diritti, la seconda i precetti etici.

Ma perchè?

Per il giusnaturalista in fondo questa distinzione è pedante visto che per lui ciò che è giustificato è anche legittimo, per quanto a volte illegale.

[Attenzione: cio' non significa che tutto cio' che è legittimo sia giustificabile].

Il proceduralista è afflitto da una visione dei diritti particolare, è questa visione che rende necessaria l' apparente pedanteria che sfoggia.

Immaginatevi di dover inventare un diritto al giorno!

[per molti non sembra essere un problema, recentemente qualcuno si è perfino inventato il diritto alle vacanze!]

Ebbene, il "proceduralista" in genere ha proprio questo vizietto: la sua testa è sempre in ebollizione nel tentativo di isolare un nuovo diritto e presentarlo tra squilli di tromba all' Assemblea dell' ONU (diritto ai pasticcini, diritto al lavoro, diritto all' acqua, diritto al massaggio thailandese, diritto ad avere la mamma giovane, diritto alle vacanze, diritto all' esproprio proletario, diritto di occupare le scuole, diritto di abortire...).

Tenuta insieme con lo sputo, questa congerie di "diritti" improvvisati non puo' che produrre un sistema incoerente: tutto è in conflitto con tutto, il diritto alle vacanze non si concilia certo con quello contrattuale, il diritto al salario minimo non si concilia con il diritto al lavoro, il diritto alla mamma giovane fa a pugni con il diritto alla fecondazione assistita... niente si concilia con niente... che fare?

Il liberale è un tipo fortunato, lui vive in un altro mondo, un mondo in cui esiste un unico diritto: fare quello che si vuole nel rispetto dell' altrui libertà. Fine.

Una volta fissati i confini, alè, il gioco puo' iniziare.

Una simile visione è coerente, non produce alcun conflitto tra i diritti. Si tratta di una visione "armonica", una visione in cui manca del tutto l' "elemento tragico", quello in cui affoga il "proceduralista spinto".

Per "elemento tragico" intendo il caso in cui l'esercizio contemporaneo di due diritti sia inconciliabile.

Un caso di scuola tanto per capirsi: la libertà negativa è per esempio inconciliabile con le forme più diffuse di giustizia sociale, ma questo conflitto non tange il liberale poichè ritiene truffaldino il concetto stesso di "giustizia sociale" e puo' dunque ignorarlo.

Non devo aggiungere altro per chiarire il probabile profilo ideologico del "proceduralista" puro: un sincero anti-liberale o, nel migliore dei casi, un liberale "alle vongole", un liberalismostraziato dai "se" e dai "ma".

La sua visione è ricca di "tragedie" imbarazzanti; indulge in forme di giustizia sociale (welfare) che sospendono in continuazione i diritti liberali fino a farne una caricatura.

Ma come si salva dal coacervo di incoerenze che mina la sua visione?

Semplice, è costretto ad introdurre "procedure" in grado di conciliare in qualche modo tutte le storture prodotte dallasua fervida fantasia.

Per esempio, esiste un diritto alla vita e un diritto ad abortire che entrano in conflitto. Che si fa? Si vota adottando la "procedura" democratica (l' embrione non vota, ma pazienza, qualcuno voterà per lui).

Tali procedure sono mere convenzioni e non rivestono alcun contenuto etico. Seguendo la pedanteria "proceduralista" diremo che servono a legittimare, non a giustificare!

Dietro il "proceduralismo" sta dunque il preoccupante fenomeno della "proliferazione dei diritti" - che poi coincide con la compressione dei diritti fondamentali - e l' incoerenza che porta con sè.

Qualcuno potrebbe pensare al "proceduralista" come ad un freddo formalista. Errore! Ironia della sorte il "proceduralista" è spesso un moralista compulsivo: senza la vocazione al moralismo è difficile riuscire nell' impresa di inventare un diritto al giorno.

Il "proceduralismo" ha giocato un ruolo non secondario nel fare dell' Italia un paese carente di cultura liberale. Quando Bobbio oscura Leoni il liberalismo è compromesso, vengono inevitabilmente sdoganate ideologie che sono degli ossimeri già solo nel nome, pensate ai "liberal socialisti" del partito d' azione! Brrrr. Ecco, ircocervi di tal fatta ebbero inevitabilmente vita breve, cio' non toglie che l' equivoco di fondo si sia perpetuato giungendo fino a noi inquinando le acque.

lunedì 23 agosto 2010

Chiuso!

Sono con il naso tra le sbarre del cancello chiuso di Villa Banfi, il parco, bello ma cadente, è chiuso, non si puo' entrare, niente passeggiata cara Marghe!

Non mi meraviglio, il vezzo di consentire l' accesso gratuito nei parchi pubblici fa sì che molti spazi verdi non vengano mai riattati e i pochi rimasti versino in cattive condizioni.

Maledetta mania del gratuito! Le risorse bruciate da questo cattivo costume sono immense in tutti i campi. Viene quasi da chiedersi dove lo spreco sia massimo per indicarlo al pubblico ludibrio.

Si tratta comunque di sprechi invisibili, meglio non contare molto sulla loro denuncia.

In cima alla lista sta comunque il free parking. Eh sì, sembra impossibile ma girando per le città esistono ancora dei parcheggi gratuiti!

Fanno un gran baccano con il riscaldamento globale, la congestione viaria, e poi...

Ancora qualche fonte (link - link).

Ma non spero molto nella resipiscenza dei governanti, come novelli Caligola amano far cadere i fregugli dalla loro tavola e godono al vedere la ridda dei cani baneficiati che accorrono per contendersi e spolpare il maledetto "gratuito".

PAY & SIT: the private bench (HD) from Fabian Brunsing on Vimeo.

Caplan vs. Diana

Reduce dall' ultimo combattimento...

... Caplan si trova ora di fronte un avversario ben più temibile che lo fronteggia portandolo fuori dal suo terreno...

I fatti.

Il giovane professore ha recentemente anticipato uno stralcio del libro in uscita che riguarda il trattamento della disciplina nei ragazzini.

La sua impostazione sembra quella tipica dell' economista: regole, bastone e carota.

In altri termini: gli incentivi contano, sfruttiamoli.

E' il metodo delle tre "C": chiarezza, coerenza, conseguenzialità.

Diana avversa questo metodo e dice che di fronte ad una violazione delle regole da parte del ragazzino:

devi chiederti perché lo fa... e a quale gioco linguistico sta giocando, magari gliel'hai insegnato tu

Mi sembra quindi che Diana punti maggiormente sulla "ricerca delle cause": intervenendo sulla fonte di certi comportamenti spiacevoli potremo sradicarli.

Entrambe le strategie sono lecite, a questo punto andrebbero valutate in termini di efficienza, ma non è questa la sede.

Il punto è che Diana in passato, a più riprese, ha sottolineato l' esigenza di trattare i minori come dei "piccoli adulti" competenti. Il liberale dovrebbe cioè applicare la visione che ha del "mondo adulto" al "mondo dei bambini". Questo per la buona ragione per cui tra i due mondi non c' è affatto l' abisso che molti vogliono metterci.

Io personalmente non so fino a che punto i piccoli debbano essere trattati come dei veri e propri "soggetti", in fondo se fossero davvero tali non avrebbero bisogno di un tutore.

Ma lasciamo perdere questa questione, l' aspetto che desidero ora sottolineare è che gli auspici di Diana vengono paradossalmente realizzati dal metodo delle tre "C"... molto più che dal metodo proposto da lei stessa.

Solo il metodo delle tre "C" considera il ragazzino come RESPONSABILE delle sue azioni.

Detto in altri termini, solo Caplan assume che la motivazione decisiva per un certo comportamento sia interiore. E sull' interiorità di una persona non si puo' intervenire per plasmarla a nostro piacimento, altrimenti non sarebbe tale.

Sono proprio le lenti con cui il liberale guarda al "mondo adulto"!: un mondo popolato da soggetti responsabili che agiscono in forza di una motivazione interiore.

Il metodo proposto da Diana presuppone che i comportamenti siano determinati alla fonte da cause esterne. Sono queste a pesare molto più delle motivazioni interiori.

Presuppone insomma una psicologia causalista: interveniamo sulle cause e plasmeremo i comportamenti.

Ma l' assenza o la drastica riduzione di responsabilità del soggetto che porta con sè la psicologia causalista, è incompatibile con una visione liberale.

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Forse ho esacerbato le posizione per rendere più chiaro il disaccordo, perchè a me, leggendo i commenti, sembrava che un disaccordo ci fosse. Attendo comunque fiducioso rettifiche e suggerimenti a questa mia prima impostazione dell' interessante match in corso tra due pesi massimi.

domenica 22 agosto 2010

Libertarianism A-Z: previdenza sociale

Poiché si ritiene che gli uomini non risparmino a sufficienza per la vecchiaia si è pensato di istituire la Previdenza Sociale.

Il fatto che lo schema di fondo sia organizzato in guisa di Catena di Sant’ Antonio (Ponzi scheme) - come nella migliore tradizione delle truffe finanziarie - rende l’ istituto piuttosto instabile oltre che iniquo.

Anche istituzionalizzare la figura del “cittadino imprevidente” logora il cruciale rapporto governati-governanti.

La povertà dei vecchi è un problema. Ma è un altro problema! Ad esso hanno sempre adempiuto la famiglia e la carità privata. In era di Previdenza Sociale questi due nobili istituzioni si sono definitivamente atrofizzate, brutta perdita.

A fianco di “famiglia” e “generosità” potremmo metterci anche un reddito minimo. Tutto, ma non la Catena di Sant’ Antonio!

Le pensioni tradiscono spesso la loro stessa missione diventando fonte di distorsioni imbarazzanti: ci si ritira dal lavoro anche in età in cui si potrebbe continuare a lavorare. Motivo? La pensione è maturata e giunta a scadenza, si passa all’ incasso indipendentemente da tutto.

Le pensioni coercitive diminuiscono anche il risparmio volontario di un Paese. Un bel guaio, sia morale che economico.