venerdì 14 maggio 2010
E io pago!
Ottima risposta, la teoria eretica gode infatti di una maliziosa semplicità: la pubblicità costa e i costi vengono trasferiti sui prezzi dei prodotti.
Solletica poi i nostri istinti: ci piace pensare male della pubblicità, ci piace immaginare i pubblicitari sempre con le loro manacce sporche sulla e nella nostra delicata ed innocente testolina.
I fatti però, oltre alla teoria ortodossa, dicono altro: la pubblicità abbassa i prezzi. Scoprire il perchè non è difficile.
Cariiiiino!
Spazzatura seducente: la prospettiva di Leamer
Attenzione però a non confondere "economisti" ed "conometrici". Questi ultimi sono economisti che puntano molto (forse troppo) sullo strumento statistico e così facendo pensano di guadagnarsi sul campo i galloni di "scienziati".
Se si hanno in mente questi ultimi e si vuole trasformare il sentimento di diffidenza in una critica rigorosa, allora ecco una lettura obbligatoria.
Il sugo. Gli econometristi sono soggetti a due errori (di Campionamento e di Specificazione) ma parlano volentieri solo del primo visto che piace loro mostrare orgogliosamente come dominino tecniche prodigiose in grado di comprimerlo. Sorvolano bellamente sul secondo, il più rognoso, quello legato all' arbitrio iniziale con cui si fissano le variabili rilevanti e i nessi di causalità: considerare poche variabili libera l' arbitrio, considerarne molte rende le conclusioni inevitabilmente fragili.
Poichè in natura le variabili non sono isolabili, i verdetti della scienza sono effimeri. In economia questo difettuccio si presenta in forma abnorme: molte variabili sempre all' opera e inestricabilmente legate tra loro. Piuttosto che torturare i dati disponibili con tecniche inutilmente sopraffine, cerchiamo piuttosto di ampliare le fonti della conoscenza diversificando gli inevitabili errori delle inferenze.
Dobbiamo rassegnarci: gli a-priori saranno sempre decisivi e la scrematura delle variabili da includere è un apriori.
Tutto diventa allora una questione di prospettiva... la cancellata puo' essere questa...
ma anche questa...
E' un difetto? Certo, tutti noi vorremmo vedere con chiarezza tutto fin da subito. Ma questi limiti, ripeto, affliggono anche la Scienza con la "s" maiuscola, è solo una questione di gradi. Anzichè disprezzare gli pseudo-scienziati forse è più costruttivo non mitizzare la Scienza con la "s" maiuscola cominciando a conoscerla meglio magari proprio grazie ai gravi limiti dei modelli econometrici.
giovedì 13 maggio 2010
Quando il numero più basso è "due"
Dove stai anima, forse negli occhi?
"Diritti agli animali? Sono disposto a concederli quando saranno loro a chiedermeli con una petizione" (Murray Newton Rothbard).
Con gli animali, il guaio non sta tanto nell' innalzare eventualmente il loro status ontologico, quanto nel non poterlo fare fino alla parificazione con il nostro.
Si ricade inevitabilmente nel pluralismo ontologico restando esposti alle sue minacce: se creo la categoria del subumano per metterci l' animale, una volta che c' è cosa m' impedisce di metterci anche Tizio e Caio, gente tanto dura di cervice da non poter certo essere assimilati a me? Prima non avrei osato "degradarli", ma ora posso farlo.
E se il subumano animale mi sembra troppo, ricorrerò ad altro, tanto ora che so "creare" razze ontologiche posso farmene una su misura dove relegare le persone scomode.
Diversa è la battaglia per innalzare lo status del folle: in quel caso l' obiettivo è una parificazione con noi. Non devo buttarmi nell' ontologia per "creare" nuove categorie che fanno tanto comodo ai razzisti, bensì per "eliminare".
Eliminare le razze dunque. Eliminarle fino al raggiungimento del "numero ontologico" più basso. E il numero più basso è due: oggetto e soggetto. Se lo zero è il nichilismo, l' uno coincide con l' infinito, il numero più alto.
Anima, anima, dove stai? Forse negli occhi?
Più probabilmente sta nella capacità di sedere sulla sedia dell' imputato subendo un processo con regole uguali per tutti.
Breve memorandum
Eh già.
Ma come diceva John von Neumann, questo non è necessariamente un argomenta contro i "verba". Quanta gente si sarebbe salvata se la carta non la "inchiodasse".
E la TV? La TV è parola che vola via o scritto scolpito nella roccia?
Per molti, non solo "incide" ma "scolpisce". In particolare scolpisce i cervelli che alla TV restano esposti. Anche il Cobra più smaliziato si rincoglionisce al suono di quel piffero. I nostri cerebri sono cablati e i cavi finiscono tutti nell' attacco dell' antenna.
Ed ecco che gli allarmi dei regolamentatori partono tutti insieme come dopo il temporale di stanotte.
Ricapitoliamo: la parola vola, lo scritto resta e la TV plasma.
Da qui la necessità di provvedere: tolleranza sbuffante per la chiacchera da bar (ci si limiti a far passare il mito dell' Italia becera...), supervisione occhiuta sugli scritti (monopolio scolastico, egemonia culturale...) e regolamentazione ferrea sulle antenne (conflitto d' interesse, par condicio...).
Ma la "pianificazione espressiva" non è certo la "libertà espressiva" e chi ha davvero a cuore il secondo valore è poco interessato a sapere se l' espressione "voli", "duri" o "incida"; la libertà è libertà... purtroppo.
I valori sono valori, ma poichè bisogna essere anche pragmatici, vengono buone le seguenti osservazioni sulla capacità d' incidere della TV:
Mi permetto di sottoporre questo breve memorandum agli ossessionati dal binomio tv/politica.
- Primo antefatto. Negli ultimi anni della Prima Repubblica i socialisti si presero una rete televisiva della Rai, la seconda. Ad ogni appuntamento elettorale aumentavano di qualche zero virgola, non di più .
- Secondo antefatto. Negli ultimi anni della Prima Repubblica i comunisti si presero una rete televisiva della Rai, la terza. Ad ogni appuntamento elettorale la sconfitta numerica del Pci si faceva sempre più drammatica.
- Terzo antefatto, negli anni dell'agonia della Prima Repubblica, la Lega non esisteva nella televisione. Ma cominciava a mietere i suoi straordinari successi elettorali.
- All'inizio della Seconda Repubblica, la Rai segna un significativo spostamento a sinistra, sia nella composizione della dirigenza, sia nelle caratteristiche dei conduttori dei principali programmi politici della tv pubblica. Ma cio' non impedì la vittoria elettorale della destra nel 1994.
- Arrivata al potere, la destra impose una drastica sterzata politica alla Rai. Ma nel 1996 le elezioni le vinse la sinistra, spodestata Se chi controlla dal vertici della tv pubblica.
- Arrivata al potere la sinistra, l'accentuazione politica a sinistra dei canali nazionali si fece ancor più aggressiva e militante. Ma nelle elezioni successive vinse la destra, minoritaria nei vertici della tv pubblica.
- Arrivata nuovamente al potere, la destra occupa militarmente gli spazi maggioritari della Rai. Ma cio' non evita un' impressionante sequenza di rovesci elettorali per la destra (Comunali, Provinciali, Regionali, Europee) fino alla sia pur risicata vittoria elettorale della sinistra nel 2006.
- Arrivata nuovamente (sia pur precariamente) al potere nel 2006, la sinistra, pur non riuscendo a imporre un rovesciamento drastico negli equilibri della Rai, opera alcuni parziali ma decisivi aggiustamenti a suo favore. Ma alle elezioni del 2008 la sinistra perse rovinosamente, favorendo il trionfo della destra.
- Arrivata ancora una volta al potere, la destra ha di nuovo modificato radicalmente gli equilibri di potere nella Rai, nei telegiomali, nelle reti, nei programmi di intrattenimento, politico e non. Stando ai sondaggi, non sembra che ll controllo sulla Rai abbia incrementato ulteriormente i consensi per l'attuale maggioranza (o almeno così pare).
Solo un memorandum. Un elenco di fatti spiegablii in due modi. Primo: la Rai porta sfortuna a chi ne detiene le chiavi di maggioranza. Secondo: elettoralmente la Rai conta molto meno di quanto non siano disposti ad ammettere gli arcigni duellanti dei due schieramenti, Altre spiegazioni?
N.B. nelle recenti elezioni inglesi si ripete il ritornello: chi buca il video resta minoritario nei consensi.
Pierluigi Battista (da Particelle Elementari)
mercoledì 12 maggio 2010
Multitasking? Mica tanto.
Visto? Quindi... allacciatevi la cintura e rallentate... tanto per cominciare.
link
Bellezze indotte
Con rammarico devo ammettere che non è un "movie" ma una pubblicità
martedì 11 maggio 2010
lunedì 10 maggio 2010
La carità che uccide
MOYO DAMBISA "La carità uccide".
Certi "baci" hollywoodiani assomigliano molto al "bacio della morte".
venerdì 7 maggio 2010
Quando anche le risate se ne vanno
Tanto per gradire un passaggio:
"... Mr Dawkins rivolge così la sua attenzione anche a teorie basate sulla filosofia della religione. Non sono certo che la sua sia una mossa saggia, egli chiaramente non è all' altezza della situazione e ottiene ben poco dal suo confronto breve e superficiale con queste dispute infinite... non sembra afferrare la difesa della fede così come la imposta Tommaso, confonde il concetto di "dimostrazione a posteriori" con quello di "prova a priori"... non coglie che dimostrare "giustificata" una credenza non equvale a dimostrarla "provata",... non prende neanche in considerazioni cio' che per la stragrande maggioranza di persone è molto plausibile, ovvero che "il problema di Dio" non si risolve empiricamente microscopio alla mano..."
Persino quando Dawkins coglie nel segno, finisce per farla fuori dal vaso imbrattando anche i muri del cesso. E' il caso di quando denuncia la credenza in un "Dio-tappabuchi":
"... si trattava [l' ipotesi del Dio Tappabuchi] di una mossa inconcludente lentamente abbandonata nel XX secolo... ma D anche qui trova il modo d' indebolire la sua giusta critica: per lui, a causa del "dio tappabuchi", la persona religiosa morde il freno quando si tratta di esplorare le lacune della conoscenza... Il filosofo di Oxford Richard Swinburne, al contrario, argomenta con lucidità come sia proprio la nostra capacità di "capire e spiegare" a richiedere una spiegazione e che il resoconto più economico ed affidabile di questa capacità esplicativa risieda nell' ipotesi di un Dio creatore... per Swinburne non sono le lacune della conoscenza a farci puntare su Dio, quanto piutosto la comprensione del Mondo... proprio tale comprensione viene dunque esaltata dalla fede..."
Un inevitabile terreno di scontro: la mente del cattolico:
"... ancora argomenti stantii... Dio sarebbe un' "invenzione consolatoria"... l' affermazione seduce solo chi non ha bisogno di essere sedotto... ma dov' è la "scienza" in tutto cio'?... se ho sete cio' non significa necessariamente che l' acqua non esiste... purtroppo per D i meccanismi psicologici che stanno alla base del sentimento religioso non sono riducibili ad un unico tratto caratteriale ma sono vari e complessi... d' altronde nelle scienze umane, si sa, le cause multiple sono la norma... la depressione è causata da fattori fisici o sociali? la risposta è "da entrambi"... l' amore romantico è causato da vari fattori tra cui c' è anche l' esistenza dell' amato... ma perchè D non si è confrontato con Freud?, ovvero con colui che tentò un resoconto psicologico del sentimento... lo psicologo belga Antoine Vergote ha messo bene in luce le incoerenze e il fallimento di quel tentativo concludendo come oggi concludono quasi tutti: "la validità della fede religiosa non puo' essere nè sostanziata nè confutata attraverso la psicologia..."
La religione è un male? Argomento scottante su cui D ha dato il meglio.
"... D dice di credere che non vi sia ateo al mondo desideroso di distruggere La Mecca o San Pietro. Purtroppo un' affermazione del genere è frutto della sua personale credulità, non della realtà delle cose... La storia dell' Unione Sovietica è piena di esempi di chiese bruciate o fatte saltare in aria. La sua pretesa che l' ateismo sia immune da ogni forma di violenza è insostenibile... Hitler, Stalin, Pol Pot... tutti sedicenti atei ma non esattamente dei pacifisti toleranti... quanto agli attentati suicidi mi sembra che Richard Pape abbia dimostrato con rigore nel suo volume come la gran parte di essi siano dettati da motivazioni in primo luogo politiche..."
Varie ed eventuali.
"... D nel suo libro sostiene come l' etica di Gesù fosse settaria e si associasse ad un' aperta ostilità verso lo straniero... trasecolo, ci sono punti nei quali l' ignoranza di D in materia di religione cessa di essere solo divertente per inscenare lo spettacolo del ridicolo silente poichè nessuna risata è più in grado di accompagnarlo..."
giovedì 6 maggio 2010
La Libertà “smontata”
Cos’ è la libertà d’ espressione se non la libertà di affittare un salone, invitare della gente e parlare loro?
Tutte le libertà sono riducibili alla libertà economica.
Avanti, suggeritemi una libertà qualsiasi e sarà per me un gioco da ragazzi smontarla.
Murray Newton Rothbard – Etica della Libertà
mercoledì 5 maggio 2010
La pernacchia dello speculatore
Alberto Alesina - 24 ore 4.5.10 -
Viene in mente Tremonti, uno che addita costantemente agli speculatori; il Commercialista di Sondrio si tormenta quando vede il mercato risolvere brillantemente un problema che, per la gioia dei suoi colleghi politici, è completamente insolubile alla politica: "chi controlla i controllori?". Ebbene, l' astio del ministro è giustificabile: lui da ministro controlla dall' alto gli italiani, eppure anche lui, - il tapino ne prende atto con stizza - ha un severo controllore. Gli "speculatori" internazionali sono i suoi veri e unici "controllori informati", una mossa falsa e zac, un debito di troppo e kaputt, e con lui il Paese. Non sarà bello vedere gli avvoltoi che volano in circolo sopra di te, ma perlomeno ora sai di essere poco più di una carogna, cosa che rischiava di sfuggirti (ah... la potenza della mente!). C' è finalmente qualcuno che appioppa i voti e scommette sull' operato dei politici, è qualcuno di affidabile visto che dove mette la lingua mette anche i propri soldi, molto meglio persino dei talk show e del giornalismo d' inchiesta; in questi casi l' egoismo rende più affidabile dell' onestà costruita a base di "lingue&penne".
Dipingere la saliva è la vera spcialità Julia Randall
lunedì 3 maggio 2010
Il Far West in cortile
Anche Leandro Erlich vede e fa vedere cose strane, per esempio questi omini in fondo alla piscina (in realtà sono solo i visitatori del Museo al piano di sotto).
Consiglio ad Alberto: come avvicinarsi a Nabokov
Io ho letto "Lolita" e ne ho un buon ricordo. Si ride anche parecchio.
Adesso che mi ci fai pensare in effetti la prima pagina era piuttosto incomprensibile.
Una specie di analisi anatomica delle parti su cui batte la lingua quando si pronuncia il nome della ninfetta.
Se mi fermassi qui il consiglio sarebbe quello di insistere.
Però ho letto anche "Cose trasparenti" e lì le pagine oscure si infittivano. Anche se poi ti imbattevi a sorpresa in capitoletti memorabili. Alla fine non posso dirmi pentito.
Mi sa che Nabokov è un "costruttore di mondi" e va costantemente seguito nel corso dei lavori, a partire da quando scava le fondamenta. Se arrivi quando getta la soletta del tetto non ci capisci più niente.
Un po' come Paolo Conte, mi piace e lo consiglio agli amici. Ma poi loro ascoltano "La Frase" e me lo liquidano come astruso (e un po' c' hanno pure ragione).
Lo credo bene, per godertela devi presenziare dall' inizio alla costruzione del "suo mondo", ovvero, ascoltare ed amare "Azzurro".
Forse per apprezzare un libro del Nabokov maturo bisogna essere dei Nabokoviani. Ma per iscriversi al club bisogna leggere Lolita due volte.
***
Ricordo con dolore la scottata di quando mi accostai a Joyce partendo dai Finnegans Wake. Non ne volli più sentir parlare per almeno 10 anni.
Genealogie libresche
Dei fenomeni incongrui opprimono con il loro mistero la mia vita parallela di lettore.
Un certo istinto edipico informa alcuni miei comportamenti inconsulti. Non riesco sinceramente a spiegarmeli pur non potendo rinnegarli.
Con calma cerco di fare mente locale. I libri stanno di fronte a me tutti allineati e parificati sullo scaffale.
Ma quando poi ci guardiamo in faccia, sappiamo benissimo, sia io che loro, che non è certo una relazione egalitaria a collegarli/ci.
Intricate parentele finiscono per disegnare un imponente albero genealogico tra le cui fronde è bello giocare e perdersi. E' il gioco delle ascendenze.
***
Alcuni libri sono ricavati dalla costola di un parente/libro ben identificato, altri fuoriescono dal combinato disposto di una pluralità ristretta, altri ancora hanno progenitori vaghi che comunque potrebbero essere vagamente designati. Poi ci sono quelli usciti dal nulla che hanno partorito una ristretta ma solida discendenza. Poi ci sono quelli che dal nulla sono usciti e nel nulla sono sterilmente rientrati. Non dimentichiamoci degli orfanelli.
Potrei andare avanti.
Alcuni Patriarchi sono stati particolarmente prolifici creando delle vere e proprie colonie che s' impolverano al loro fianco ben allineate sulle monocrome mensole dell' Ikea.
Veramente adorabili questi nipotini. Quindi, si direbbe, venerabile il capostipite? Calma.
Per essere più esplicito faccio un caso che deve intendersi come uno tra i tanti.
***
Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare ad espormi regolarmente alla sfiammata sulfurea di un certo Antonin Artaud, come potrei esimermi dall' auscultare il suo formidabile rantolo gutturale?
Chi puo' sottrarmi al raccoglimento indotto dalla sua farneticante profezia?
Che gioia soccombere ad un simile plagiatore. Che spasso vederlo sfidare i dieci Comandamenti tutti in una volta!
Che emozione seguirlo mentre si aggira come un animale colpito al ventre e ascoltarlo che spiega a tutti, con gli occhi fuori dalle orbite, quanto bruci la ferita!
Questa felice dipendenza mi è stata regalata a monte dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi editore. E' lì che scoprii la vena di Artaud.
***
Devo ammetterlo, oggi non posso più rinunciare a perdermi con regolarità nel labirinto interrogante di Edmond Jabès.
Non riesco a trattenermi, ogni tot. devo raccogliere i miei quattro stracci e farmi nomade con lui.
E' un imperativo ineludibile: devo unirmi a lui nel suo sforzo continuo di spostare il confine, di svellere il cippo.
Ammetto con ritrosia che anche questa felice dipendenza mi è stata regalata in principio dalla lettura di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. Già sentito?
Se poi la buttiamo in filosofia devo rivelare la fascinazione che ho sempre subito per lo specchio abissale degli sguardi reciproci così come lo descrive un "filosofo poetante" come Levinas.
La sua tesa e convincente narrazione del Volto Altrui mi torna in mente come chiave di volta nelle situazioni più disparate.
Con un simile strumento nelle mani riesco a sbrogliare nella mia testa le matasse più intricate.
Ammetto a denti stretti che anche questa persona valorosa mi sia stata presentata da Jacques Derrida per tramite di un suo classico: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. E' lo stesso tomo a cui accennavo più sopra.
***
Finisco anche se non è finita.
Molti amori letterari sinceri e duraturi gli ho ereditati dalla provvidenziale giovanile lettura di un classico di Jacques Derrida. Il titolo è noto, trattasi de "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore.
Oggi, gran parte del mio tempo, quando sono impegnato a scambiare idee sui libri letti, lo passo ad esaltare la potenza di fuoco di Antonin Artaud, lodo lo sbrego del suo artiglio, incito il mio interlocutore a lasciarsene uncinare le carni.
A seguire non manco mai di portare alle stelle la Metafisica itinerante di Edmond Jabes, raccomando a chiunque di confrontarsi con l' irrequita insaziabilità di questo ispirato questionatore.
Chiudo sempre con l' elevazione di un peana per Levinas, disvelatore sommo della nostra condizione terrena che si specchia al meglio solo nell' occhio vigile del prossimo.
Se poi avanza tempo non ho dubbi su come impiegarlo.
Già mi vedo concitato e convinto redigere l' Indice dei libri dannosi che inquinano, intossicano e sviano un sano approccio alla lettura.
E' con gioia che estirpo e scaravento nella polvere calpestandola con frenetica eccitazione una simile gramigna.
La graduatoria di questi testi corruttori delle tenere intelligenze è inaugurata da una iattura senza pari.
Non so nemmeno se vale la pena dirlo a questo punto. Ma che lo dico a fà?
Ovviamente trattasi di un classico di Jacques Derrida: "La Scrittura e la Differenza", Einaudi Editore. Una vera mina vagante. Uno schifo. Bleah.
domenica 2 maggio 2010
Mezzanotte nel giardino del bene e del male
Per la scheda ci vorrebbe la perizia chirurgica di diana, in mancanza di meglio ci facciamo bastare questo annuncio, da ora chi ha visto il film puo' commentare. A proposito, chi non l' ha visto si astenga dal leggere i commenti, almeno il mio, visto che mi ritengo autorizzato a fare esplicito riferimento alla storia, finale compreso.
Siamo a Savannah, la negritudine, il voodoo, il razzismo sempre latente... speriamo che il film si tenga alla larga dalla marea di cliché che lo minacciano in questi casi.
allora parto con le mie personali impressioni.
Devo dirlo? Mi è sembrato un film dilettantesco, e anche un po' al di sotto dell' onesto dilettantismo.
Alcune rettifiche alla sconclusionata sceneggiatura s' impongono, pena l' incongruenza grave di un racconto già compromesso dallo stile scialbo.
Siamo alla scena clou, nel dare la sua seconda versione dei fatti Jim si frega le mani poichè eludendo le obiezioni del PM vedrà declassata l' accusa da omicidio a falsa testimonianza.
In realtà la scena a cui assistiamo nel flash back è un omicidio vero e proprio, altro che "declassamento" salvifico.
Chi è lo stupido allora, il regista che rende male il racconto di Jim o Jim che crede di farla franca mirando al "declassamento" con un racconto del genere?
Oltretutto, dopo la nuova versione dei fatti che Jim illustra a Kelso, quest' ultimo mette su un muso che terrà fino alla fine del film: colui che credeva innocente e per cui si era battuto, in realtà era un villano rifatto.
Che senso avrebbe questa delusione se il racconto di Jim fosse veramente quello che Jim pretende che sia: il racconto di un innocente che si protesta tale in virtù della legittima difesa.
Solo una variante è in grado di rimettere insieme i pezzi. Jim avrebbe dovuto dire a Kelso che le cose sono andate come le fa vedere il regista ma che lui davanti alla Corte affermerà di aver sparato tutti i colpi da dietro la scrivania e consecutivamente. Solo in questo modo eviterà (forse) l' accusa di omicidio sobbarcandosi (volentieri) quella di semplice calunnia. Solo in questo modo si spiega la cocente "delusione umana" che si abbatte su Kelso.
Assurdo credere invece di ottenere l' effetto scagionante raccontando in tribunale il flash back come ci viene propinato: con Jim ormai fuori pericolo che infligge il colpo mortale ad un Billy solo ferito e inerme al suolo. Ripeto: siamo scemi noi che abbiamo visto il flash back come lo documenta il regista o è ompletamente suonato Jim?
La versione più credibile avrebbe inoltre il merito di riportare il fuoco sull' unico messaggio di spessore: nella società del pregiudizio, l' omosessualità è una vera vergogna solo se accompagnata dal sentimento e non invece quando è solo affare di mero sesso. Sì perchè a quel punto Jim avrebbe ucciso come amante deluso visto che aveva appena ricevuto la conferma che Billy, disposto ad ucciderlo, era per lui un amore perduto.
Per concludere, a me sembra che solo la versione che ho dato riconcili i disparati elementi. Ma nel film una versione del genere è ben lungi dall' essere anche solo minimamente adombrata.
Lasciamo perdere poi i personaggi sbiaditi di Luther e della maga barbona; si capisce che vengono inseriti a forza solo perchè erano nel libro,spero che almeno lì avssero un qualche significato, perchè nel film appesantiscono il tutto e basta.
La storia d' amore, poi, mi fa cagare: non sopporto l' amante brillante che corteggia a suon di motti.
Forse salvo solo l' avvocato difensore. Un po' poco, direi.
Concludendo, stile scialbo, personaggi inesistenti, storia pasticciona: non escludo che come film-tv (quelli che guarda mia mamma) possa funzionare.
sabato 1 maggio 2010
Viaggiando con la macchina del tempo, quale personaggio storico fareste fuori?
L' abbiamo voluto noi
Carlo Lottieri
venerdì 30 aprile 2010
I disturbatori
Thomas Szasz - Il mito della malattia mentale.