L' america riflette sul suo futuro. E' il caso d' importare il modello europeo?
Charles Murray pensa di no. Motivo? It drains too much of the life from life.
Esempi casuali:
Drive through rural Sweden, as I did a few years ago. In every town was a beautiful Lutheran church, freshly painted, on meticulously tended grounds, all subsidized by the Swedish government. And the churches are empty. Including on Sundays. The nations of Scandinavia and Western Europe pride themselves on their "child-friendly" policies, providing generous child allowances, free day-care centers and long maternity leaves. Those same countries have fertility rates far below replacement and plunging marriage rates. They are countries where jobs are most carefully protected by government regulation and mandated benefits are most lavish. And with only a few exceptions, they are countries where work is most often seen as a necessary evil, and where the proportions of people who say they love their jobs are the lowest...
Cosa c' è che non va con l' Europa:
Two premises about human beings are at the heart of the social democratic agenda: what I label "the equality premise" and "the New Man premise." The equality premise says that, in a fair society, different groups of people -- men and women, blacks and whites, straights and gays -- will naturally have the same distributions of outcomes in life--the same mean income, the same mean educational attainment, the same proportions who become janitors and who become CEOs. When that doesn't happen, it is because of bad human behavior and an unfair society. Much of the Democratic Party's proposed domestic legislation assumes that this is true. I'm confident that within a decade, the weight of the new scientific findings will force the left to abandon the equality premise. But if social policy cannot be built on the premise that group differences must be eliminated, what can it be built upon? It can be built upon the premise that used to be part of the warp and woof of American idealism: People must be treated as individuals. The success of social policy is to be measured not by equality of outcomes for groups, but by the freedom of individuals, acting upon their personal abilities, aspirations and values, to seek the kind of life that best suits them. The second tendency of the new findings of biology will be to show that the New Man premise--which says that human beings are malleable through the right government interventions -- is nonsense. Human nature tightly constrains what is politically or culturally possible. More than that, the new findings will confirm that human beings are pretty much the way that wise observers have thought for thousands of years.
giovedì 30 aprile 2009
A 100 all' ora verso la povertà
Perchè un nepalese intelligente, ingegnoso, attivo, di grande talento, disposto a lavorare duro e a darsi da fare, che si applica con successo in mille campi e riesce a tirare fuori il meglio di sè qualsiasi sia l' opera a cui si accinga... ma perchè un tipo del genere guadagna infinitamente meno di un americano?
Robert Russel nel suo libro per bambini risponde in mezzo rigo: perchè l' auto-sufficienza è la via verso la povertà.
Robert Russel nel suo libro per bambini risponde in mezzo rigo: perchè l' auto-sufficienza è la via verso la povertà.
NO-NO-SI' (SI'-SI') - NO
I dilemmi etici sono divertenti, ma possono essere anche utili. Per esempio, misurano la coerenza delle posizioni assunte in quei casi concreti che per analogia possono essere ricondotti ai casi di scuola.
DILEMMA 1. Un vagone sfreccia fuori controllo sui binari, finirà inevitabilmente per investire e uccidere un gruppo di venti persone tra adulti e bambini. Tu hai la possibilità di manovrare gli scambi e dirottarlo verso un binario dove passeggia quel fannullone di Giovanni, ideale vittima sacrificale. Che fai in conformità alla tua morale? Azioni lo scambio?
DILEMMA 2. E che fai se l' unico modo per scampare il gruppo consiste nel prendere di peso Giovanni e scaraventarlo sotto il vagone in corsa in modo da rallentarlo? Procedi?
DILEMMA 3. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un replicante di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero?
DILEMMA 4. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un clone di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero.
6 minuti a disposizione. Via.
Per quel che mi riguarda: NO-NO-SI'(SI'-SI')-NO.
Però ci vuole del pelo sullo stomaco.
Ora non riesco bene a giustificare le mie risposte. So solo che farei ricorso a queste mie personali credenze:
a) la vita è sacra;
b) si puo' peccare con azioni e omissioni ma nel secondo caso non si possono commettere crimini;
c) il clone ha un' anima, il replicante no.
Non c' è che dire, sono credenze problematiche quelle che mi levano d' impaccio. Forse sono tutte minoritarie oggigiorno.
Già che ci sono, una parola solo sulla credenza c). Perchè il replicante non avrebbe un' anima?
Forse perchè puo' essere "spiegato" risalendo alle decisioni del suo costruttore. Anche gli elementi casuali in base a cui agisce oroginano sempre da quelle decisioni. Per il clone le cose stanno diversamente: interviene un manipolatore, non un costruttore. Mi rendo conto che questa spiegazione non ha nessuna portata pratica poichè il replicante potrebbe essere percepito esattamente come un clone.
DILEMMA 1. Un vagone sfreccia fuori controllo sui binari, finirà inevitabilmente per investire e uccidere un gruppo di venti persone tra adulti e bambini. Tu hai la possibilità di manovrare gli scambi e dirottarlo verso un binario dove passeggia quel fannullone di Giovanni, ideale vittima sacrificale. Che fai in conformità alla tua morale? Azioni lo scambio?
DILEMMA 2. E che fai se l' unico modo per scampare il gruppo consiste nel prendere di peso Giovanni e scaraventarlo sotto il vagone in corsa in modo da rallentarlo? Procedi?
DILEMMA 3. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un replicante di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero?
DILEMMA 4. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un clone di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero.
6 minuti a disposizione. Via.
Per quel che mi riguarda: NO-NO-SI'(SI'-SI')-NO.
Però ci vuole del pelo sullo stomaco.
Ora non riesco bene a giustificare le mie risposte. So solo che farei ricorso a queste mie personali credenze:
a) la vita è sacra;
b) si puo' peccare con azioni e omissioni ma nel secondo caso non si possono commettere crimini;
c) il clone ha un' anima, il replicante no.
Non c' è che dire, sono credenze problematiche quelle che mi levano d' impaccio. Forse sono tutte minoritarie oggigiorno.
Già che ci sono, una parola solo sulla credenza c). Perchè il replicante non avrebbe un' anima?
Forse perchè puo' essere "spiegato" risalendo alle decisioni del suo costruttore. Anche gli elementi casuali in base a cui agisce oroginano sempre da quelle decisioni. Per il clone le cose stanno diversamente: interviene un manipolatore, non un costruttore. Mi rendo conto che questa spiegazione non ha nessuna portata pratica poichè il replicante potrebbe essere percepito esattamente come un clone.
mercoledì 29 aprile 2009
La soluzione di tutte le crisi
In un mondo perfetto tutti la conoscono: deflazione istantanea.
Purtroppo questo è un mondo che incentiva i free riders ad abbassare per ultimi il prezzo che controllano.
Purtroppo questo è un mondo che incentiva i free riders ad abbassare per ultimi il prezzo che controllano.
Il mito della spesa pubblica in "ricerca"...
... secondo il consigliere di Obama.
martedì 28 aprile 2009
Evita le bugie se puoi cavartela con una stronzata.
Un paio di quadretti tanto per tarare le bussole con dei casi concreti.
Adesso si dice "migranti", mi raccomando. Non lasciatevi più sorprendere con in bocca la parola "extracomunitari" se non volete timbrato in fronte il marchio d' infamia. Fahre ha già arroventato gli stampi e vi aspetta al varco.
Non nego di avere una certa simpatia per i "migranti", ho persino qualche ragione filosofica che mi fa simpatizzare con i loro diritti, eppure l' idea di chiamarli "migranti" anzichè "extracomunitari" mi sembra proprio una "stronzata". Non è per il termine in sè, per carità. A dare fastidio è invece l' idea che si ingenera di voler affrontare una questione seria con i giochi di parole. Poichè metto nello stesso mucchio i produttori di odio etnico e i produttori di "stronzate", mi riprometto di boicottare ogni "parola taumaturgica".
Secondo caso. Passiamo al nostro vero amore: la Caramore.
Conduce un programma di cultura religiosa che esordisce da decenni con il seguente disclaimer: qui si parla di Religioni, mica di Verità. La Verità non c' entra e nessuno pronunci senza smorfie di disgusto questa parola maledetta e prevaricatrice.
Religioni senza Verità? Annuso la "stronzata".
Si prosegue: qui non ci occupiamo di precetti etici convinti come siamo che sia materia fondamentalmente estranea alla Religione, nonchè fomite di tutti i conflitti umani.
Religione senza Etica? La stronzata si appresta ad essere conclamata.
Chiusa: l' uomo religioso si dedica alle domande e all' interrogazione del Mistero profetizzando secondo coscienza. Ogni risposta esplicità della divinità a questo richiamo incorpora violenza, arroganza e falsificazione dell' uomo che si fa Dio. Lasciamo invece che i nostri interrogativi penzolino inevasi per sempre in quel buio silenzioso a testimonianza di un bisogno che ci affratella.
Dunque ogni "risposta" ai nostri bisogni esistenziali, specie se aggravata dalla chiarezza, sarebbe una forma di violenza e di inganno? Che stronzata mirabile!
Mentre la bugia è messa a punto strategicamente come un singolo manufatto, ogni stronzata puo' essere prodotta solo in forma di raffica. Una volta evocato, il demone della stronzata non ti abbandona. Per questo, quando ne scorgi una in realtà hai scoperto un intero filone e Fahre + U&P non deludono. Dagli "omicidi bianchi" alla "certezza del dubbio", per i "concetti- stronzata" sono vere miniere.
Alla ricerca di lumi sul singolare fenomeno, mi hanno fatto il Nome di Harry Frankfurt. Sulla piazza sembra lui il più fine analista del concetto di "stronzata".
Prima cosa da dire, la "stronzata" non coincide certo con la "falsità", poichè latita l' intenzione di ingannare. Non ha a che fare con l' incuria, la trasandatezza, la superficialità o l' incompetenza: basti pensare al fior fiore di raffinati professionisti impegnati in politica, in pubblicità e nelle pubbliche relazioni, tre campi dove la produzione di "stronzate" è d' obbligo. E poi, parlando sinceramente, Fahre e U&P vi sembrano programmi trasandati? Al contrario, tra quelli che solcano l' etere li annovero tra i più curati e godibili, proprio come le "stronzate" che veicolano.
Il produttore di stronzate non vuole mentire, molto più semplicemente ha scarso interesse per la Verità, in genere perchè la reputa inattingibile. L' essenza della stronzata non sta nell' essere falsa ma nell' essere finta. La stronzata fa bene, rilassa, tiri il fiato come quando varchi i cancelli di Gardaland. Una volta garantiti dalla filosofia più profonda e torbida che la Verità si puo' snobbare, tutto assomiglia molto di più ad un "gioco" e il "gioco linguistico" assomiglia ben presto ad un vero parco giochi. Tutto cio' che nel mondo mi avrebbe spaventato, nel parco giochi lo sperimento. La mia creatività ne esce esaltata.
Pur contraffacendo le cose, il produttore di stronzate non deve falsificarle o fraintenderle. Il fatto è che la falsità responsabilizza tremendamente, la gente è molto più tollerante con le stronzate. Il produttore stesso di stronzate non tollererebbe mai di cogliere se stesso in flagrante mentra dice una bugia. Orrore! L' etica personale dei migliori stronzaioli è spesso inflessibile.
la "stronzata" solletica la nostra vena artistica. Il "contaballe" e il "cantastorie" sono cugini primi. Se il morto sul lavoro è anche la vittima di un omicidio (bianco) possiamo coniugare molto meglio due talenti: giustizieri e prefiche andranno a braccetto. L' esibizione ci guadagna. Non sarà un caso se molte rivendicazioni vengono senza più mediazione messe in mano a comici ed attori di teatro: il petardo delle loro "stronzate" non è solo tollerato, è richiesta a viva voce da un pubblico desideroso di sostituire l' ormai spento fuoco della Verità con il chiasso plateale dell' innocua stronzata.
Il produttore di stronzate prescinde dalla prosaica verità, proprio come il bugiardo. Ma il primo, a differenza del secondo, non ha la Verità al centro dei suoi interessi. Anzi, crede che la Verità stessa sia una forma d' inganno. Se queste sono le premesse, per lui è addirittura impossibile mentire. Non crede nell' accertamento, al limite crede nella lotta, crede nel tiro alla fune e mentre parla vede se stesso impegnato a tirare dalla parte giusta. E' con la lotta e con l' impegno che il produttore di stronzate s' illude di aver schivato il nichilismo.
Il produttore di stronzate, conclude HF, sostituisce la Verità Oggettiva con la Sincerità. Se non si puo' essere fedeli alla Verità si sia perlomeno fedeli a se stessi, e se nel mondo d' oggi le stronzate proliferano copiose è sopratutto a causa delle abbondanti infiltrazioni di scetticismo e di relativismo che abbiamo subito tutti da qualche secolo a questa parte.
Adesso si dice "migranti", mi raccomando. Non lasciatevi più sorprendere con in bocca la parola "extracomunitari" se non volete timbrato in fronte il marchio d' infamia. Fahre ha già arroventato gli stampi e vi aspetta al varco.
Non nego di avere una certa simpatia per i "migranti", ho persino qualche ragione filosofica che mi fa simpatizzare con i loro diritti, eppure l' idea di chiamarli "migranti" anzichè "extracomunitari" mi sembra proprio una "stronzata". Non è per il termine in sè, per carità. A dare fastidio è invece l' idea che si ingenera di voler affrontare una questione seria con i giochi di parole. Poichè metto nello stesso mucchio i produttori di odio etnico e i produttori di "stronzate", mi riprometto di boicottare ogni "parola taumaturgica".
Secondo caso. Passiamo al nostro vero amore: la Caramore.
Conduce un programma di cultura religiosa che esordisce da decenni con il seguente disclaimer: qui si parla di Religioni, mica di Verità. La Verità non c' entra e nessuno pronunci senza smorfie di disgusto questa parola maledetta e prevaricatrice.
Religioni senza Verità? Annuso la "stronzata".
Si prosegue: qui non ci occupiamo di precetti etici convinti come siamo che sia materia fondamentalmente estranea alla Religione, nonchè fomite di tutti i conflitti umani.
Religione senza Etica? La stronzata si appresta ad essere conclamata.
Chiusa: l' uomo religioso si dedica alle domande e all' interrogazione del Mistero profetizzando secondo coscienza. Ogni risposta esplicità della divinità a questo richiamo incorpora violenza, arroganza e falsificazione dell' uomo che si fa Dio. Lasciamo invece che i nostri interrogativi penzolino inevasi per sempre in quel buio silenzioso a testimonianza di un bisogno che ci affratella.
Dunque ogni "risposta" ai nostri bisogni esistenziali, specie se aggravata dalla chiarezza, sarebbe una forma di violenza e di inganno? Che stronzata mirabile!
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Mentre la bugia è messa a punto strategicamente come un singolo manufatto, ogni stronzata puo' essere prodotta solo in forma di raffica. Una volta evocato, il demone della stronzata non ti abbandona. Per questo, quando ne scorgi una in realtà hai scoperto un intero filone e Fahre + U&P non deludono. Dagli "omicidi bianchi" alla "certezza del dubbio", per i "concetti- stronzata" sono vere miniere.
Alla ricerca di lumi sul singolare fenomeno, mi hanno fatto il Nome di Harry Frankfurt. Sulla piazza sembra lui il più fine analista del concetto di "stronzata".
Prima cosa da dire, la "stronzata" non coincide certo con la "falsità", poichè latita l' intenzione di ingannare. Non ha a che fare con l' incuria, la trasandatezza, la superficialità o l' incompetenza: basti pensare al fior fiore di raffinati professionisti impegnati in politica, in pubblicità e nelle pubbliche relazioni, tre campi dove la produzione di "stronzate" è d' obbligo. E poi, parlando sinceramente, Fahre e U&P vi sembrano programmi trasandati? Al contrario, tra quelli che solcano l' etere li annovero tra i più curati e godibili, proprio come le "stronzate" che veicolano.
Il produttore di stronzate non vuole mentire, molto più semplicemente ha scarso interesse per la Verità, in genere perchè la reputa inattingibile. L' essenza della stronzata non sta nell' essere falsa ma nell' essere finta. La stronzata fa bene, rilassa, tiri il fiato come quando varchi i cancelli di Gardaland. Una volta garantiti dalla filosofia più profonda e torbida che la Verità si puo' snobbare, tutto assomiglia molto di più ad un "gioco" e il "gioco linguistico" assomiglia ben presto ad un vero parco giochi. Tutto cio' che nel mondo mi avrebbe spaventato, nel parco giochi lo sperimento. La mia creatività ne esce esaltata.
Pur contraffacendo le cose, il produttore di stronzate non deve falsificarle o fraintenderle. Il fatto è che la falsità responsabilizza tremendamente, la gente è molto più tollerante con le stronzate. Il produttore stesso di stronzate non tollererebbe mai di cogliere se stesso in flagrante mentra dice una bugia. Orrore! L' etica personale dei migliori stronzaioli è spesso inflessibile.
la "stronzata" solletica la nostra vena artistica. Il "contaballe" e il "cantastorie" sono cugini primi. Se il morto sul lavoro è anche la vittima di un omicidio (bianco) possiamo coniugare molto meglio due talenti: giustizieri e prefiche andranno a braccetto. L' esibizione ci guadagna. Non sarà un caso se molte rivendicazioni vengono senza più mediazione messe in mano a comici ed attori di teatro: il petardo delle loro "stronzate" non è solo tollerato, è richiesta a viva voce da un pubblico desideroso di sostituire l' ormai spento fuoco della Verità con il chiasso plateale dell' innocua stronzata.
Il produttore di stronzate prescinde dalla prosaica verità, proprio come il bugiardo. Ma il primo, a differenza del secondo, non ha la Verità al centro dei suoi interessi. Anzi, crede che la Verità stessa sia una forma d' inganno. Se queste sono le premesse, per lui è addirittura impossibile mentire. Non crede nell' accertamento, al limite crede nella lotta, crede nel tiro alla fune e mentre parla vede se stesso impegnato a tirare dalla parte giusta. E' con la lotta e con l' impegno che il produttore di stronzate s' illude di aver schivato il nichilismo.
Il produttore di stronzate, conclude HF, sostituisce la Verità Oggettiva con la Sincerità. Se non si puo' essere fedeli alla Verità si sia perlomeno fedeli a se stessi, e se nel mondo d' oggi le stronzate proliferano copiose è sopratutto a causa delle abbondanti infiltrazioni di scetticismo e di relativismo che abbiamo subito tutti da qualche secolo a questa parte.
lunedì 27 aprile 2009
Spigolature
Buon mix tra tecnologia alla portata di tutti e anonima creatività internettiana...
Metafore dell' aborto
Glen Whitman propone (e contesta) alcune metafore utilizzate comunemente per legare con un' analogia il caso dell' aborto ad altre situazioni più famigliari e con soluzioni evidenti.
La metafora per me più calzante, e che non vedo, è però quella relativa allo STATO DI ABBANDONO: qualcuno, ora per sempre irreperibile, ha abbandoato un bambino in "casa vostra".
La metafora per me più calzante, e che non vedo, è però quella relativa allo STATO DI ABBANDONO: qualcuno, ora per sempre irreperibile, ha abbandoato un bambino in "casa vostra".
venerdì 24 aprile 2009
Ultimi arrivano i numeri...
"... Impoverimento del ceto medio, aumento delle disuguaglianze, penalizzazione del lavoro dipendente: sono tutti concetti entrati di prepotenza in quella che è la percezione diffusa dello stato della società italiana. Analisi politiche, inchieste giornalistiche, rivendicazioni sindacali battono su questi tasti. Poi arrivano i numeri e non se ne trova conferma, se non in minima misura. E allora o le statistiche non rappresentano la realtà oppure la realtà è diversa da come viene descritta..."
Speriamo che qualche numero ramingo arrivi per arginare con qualche piccolo dubbio la lagna d' ordinanza, il piagnisteo in divisa della blindata Fahre (qui e qui due esempi pescati ad occhi chiusi).
Speriamo che qualche numero ramingo arrivi per arginare con qualche piccolo dubbio la lagna d' ordinanza, il piagnisteo in divisa della blindata Fahre (qui e qui due esempi pescati ad occhi chiusi).
Quando è il solipsismo a salvare l' esperienza
L' esperienza si può comunicare?
Probabilmente esiste un nucleo centrale dell' esperienza che non è comunicabile, anche se disponiamo di un linguaggio raffinato. Penso al piacere, al dolore... alla parte più emotiva e profonda. Per quanto un artista sia grande, fallirà nel tentativo di rendere tutto ciò con la vividezza che ci regala il vissuto.
Un discorso diverso bisognerebbe fare per il contenuto meramente informativo dell' "esperienza". Qui qualche dubbio è lecito, qui la condanna al solipsismo è tutt' altro che scontata.
Ammettiamo pure che non ci siano residui solipsistici. In aggiunta consideriamo di vivere in un' era con un' intensità mediatica senza precedenti. Inoltre disponiamo di strumenti raffinati per trasmettere informazioni (statistiche, tabelle, realtà virtuale...). Qualora il contenuto informativo di un' "esperienza" sia "comunicabile", che scopo avrebbe fare ancora esperienze a fini conoscitivi? Sarebbe molto più sensato attingere altrove quel contenuto. Con sistemi informativi tanto economici ed ipertrofici l' esperienza a fini conoscitivi (viaggi, frequentazioni, pratica...) si svaluta irrimediabilmente.
Chissà se potrà mai essere vera, per esempio, un' affermazione di questo tipo: chi si documenta sull' Africa potrebbe avere una "conoscenza" del continente più accurata rispetto a chi ci va regolarmente vivendo a fondo la sua esperienza.
Mi hanno fatto riflettere le parole di Davide su Robin Hanson "... mi sembra un fuori di testa che passa il suo tempo a pensare, seduto su una poltrona, e con assai poche esperienze vissute davvero..."
In effetti Robin non sembra molto concentrato sulla "sperimentazione". Non essendo nemmeno coinvolto nelle conclusioni a cui giungerà (è l' incarnazione di un' imparzialità atarassica), i "dati" materiali dell' esperienza se li fa passare dallo "scienziato anonimo". Uno vale l' altro, purchè ci sia il timbrino dell' accademia in modo da evitare discussioni alle quali sarebbe completamente disinteressato.
Ma non è di Robin e delle sue idee (specie di quelle più selvagge) che voglio parlare. Mi chiedo solo se davvero così facendo, ovvero ragionando sul contenuto informativo di un' esperienza comunicata e non vissuta, il suo lavoro rimanga seriamente pregiudicato in partenza.
P.S. Solo una parola sulla personalità di Robin, che effettivamente, nel leggerlo, sembra un automa insensibile. Mi ha fatto impressione come Caplan si è rivolto a lui nel preambolo di una contesa accademica che li vedeva contrapposti: "... Despite his moral views, Robin is an incredibly nice, decent person. He wouldn’t hurt a fly. To know Robin is to love him. Robin Hanson, you complete me!... ". Parole che raramente echeggiano in Università, specie tra colleghi. Per gli amanti della fisiognomica eccolo su blogginhead...
Probabilmente esiste un nucleo centrale dell' esperienza che non è comunicabile, anche se disponiamo di un linguaggio raffinato. Penso al piacere, al dolore... alla parte più emotiva e profonda. Per quanto un artista sia grande, fallirà nel tentativo di rendere tutto ciò con la vividezza che ci regala il vissuto.
Un discorso diverso bisognerebbe fare per il contenuto meramente informativo dell' "esperienza". Qui qualche dubbio è lecito, qui la condanna al solipsismo è tutt' altro che scontata.
Ammettiamo pure che non ci siano residui solipsistici. In aggiunta consideriamo di vivere in un' era con un' intensità mediatica senza precedenti. Inoltre disponiamo di strumenti raffinati per trasmettere informazioni (statistiche, tabelle, realtà virtuale...). Qualora il contenuto informativo di un' "esperienza" sia "comunicabile", che scopo avrebbe fare ancora esperienze a fini conoscitivi? Sarebbe molto più sensato attingere altrove quel contenuto. Con sistemi informativi tanto economici ed ipertrofici l' esperienza a fini conoscitivi (viaggi, frequentazioni, pratica...) si svaluta irrimediabilmente.
Chissà se potrà mai essere vera, per esempio, un' affermazione di questo tipo: chi si documenta sull' Africa potrebbe avere una "conoscenza" del continente più accurata rispetto a chi ci va regolarmente vivendo a fondo la sua esperienza.
Mi hanno fatto riflettere le parole di Davide su Robin Hanson "... mi sembra un fuori di testa che passa il suo tempo a pensare, seduto su una poltrona, e con assai poche esperienze vissute davvero..."
In effetti Robin non sembra molto concentrato sulla "sperimentazione". Non essendo nemmeno coinvolto nelle conclusioni a cui giungerà (è l' incarnazione di un' imparzialità atarassica), i "dati" materiali dell' esperienza se li fa passare dallo "scienziato anonimo". Uno vale l' altro, purchè ci sia il timbrino dell' accademia in modo da evitare discussioni alle quali sarebbe completamente disinteressato.
Ma non è di Robin e delle sue idee (specie di quelle più selvagge) che voglio parlare. Mi chiedo solo se davvero così facendo, ovvero ragionando sul contenuto informativo di un' esperienza comunicata e non vissuta, il suo lavoro rimanga seriamente pregiudicato in partenza.
P.S. Solo una parola sulla personalità di Robin, che effettivamente, nel leggerlo, sembra un automa insensibile. Mi ha fatto impressione come Caplan si è rivolto a lui nel preambolo di una contesa accademica che li vedeva contrapposti: "... Despite his moral views, Robin is an incredibly nice, decent person. He wouldn’t hurt a fly. To know Robin is to love him. Robin Hanson, you complete me!... ". Parole che raramente echeggiano in Università, specie tra colleghi. Per gli amanti della fisiognomica eccolo su blogginhead...
giovedì 23 aprile 2009
Default
Cowen sul documentario The end of poverty (Martin Sheen)
"... In this movie, the causes of poverty are oppression and oppression alone. There is no recognition that poverty is the natural or default state of mankind and that a special set of conditions must come together for wealth to be produced. There is no discussion of what this formula for wealth might be..."
"... In this movie, the causes of poverty are oppression and oppression alone. There is no recognition that poverty is the natural or default state of mankind and that a special set of conditions must come together for wealth to be produced. There is no discussion of what this formula for wealth might be..."
Socialismi travestiti
Secondo il precedente schema, passando da fallimento a fallimento, oggi la mentalità socialista è travasata in questi movimenti:
AMBIENTALISMO: il nostro sistema si autodistrugge: cambia la giustificazione ma non la conclusione di un ragionamento tanto caro. E' decisivo però che la soluzione implichi un' aggressione delle cause e un mutamento negli stili di vita. Il vero nemico è la resilienza, ovvero la battaglia contro gli effetti dell' inquinamento (es. qui e qui). Peccato sia anche la battaglia più promettente e meno costosa.
MULTICULTURALISMO: si rinuncia all' eguaglianza tra individui per realizzarla tra culture. Se l' islamico poi schiavizza le sue donne, basta girarsi dall' altra parte, e pazienza per la crisi d' identità del femminismo ideologico.
POLITICALLY CORRECT: per combattere la tradizione è necessario stravolgere il vocabolario, la logica è una costruzione reazionario che bisogna smontare. Le parole contano troppo per rinunciare all' arma della "nobile bugia" o a quella dell' "acqua torbida". Il vero nemico è la chiarezza, ritenuta dai post-moderni sinonimo di violenza ed arroganza. Anche un concetto quale quello di Verità nasconde soprusi.
mercoledì 22 aprile 2009
Lezioni di civiltà impartite dalla "feccia"
In un' epoca in cui il "modo civile" privilegiava la monarchia assoluta con qualche timida concessione a quella costituzionale (XVIII secolo), loro sperimentavano forme radicali di democrazia, libertà ed eguaglianza. Eppure il mondo sarebbe stato un posto migliore senza di loro.
In un' epoca in cui nascere nel "mondo civile" significava restare assoggettato volente o nolente alla legge, loro davano a ciascuno la possibilità di firmare la Costituzione. Eppure un mondo senza di loro ci avrebbe guadagnato.
Quando il "mondo civile" era ben lontano dal disciplinare molte tra le più rischiose attività umane, loro si premuravano di dare una puntigliosa regolazione al gioco, agli alcolici, alla prostituzione, al fumo e persino al "sesso sicuro". Eppure, che sospiro di sollievo avremmo tirato tutti vedendoli sparire dalla faccia della terra.
Mentre il mondo civile si doveva tenere i "tiranni in carica" e l' appello al cielo era solo un vuoto proclama, loro potevano, grazie ad un semplice voto, dismettere all' istante il governante violento e arrogante. Eppure nessuno sentirà mai la loro mancanza.
Mentre nel mondo civile per il povero erano cavoli suoi, loro avevano già messo in piedi un sistema di previdenza sociale agile e funzionante, nonchè l' assicurazione sugli infortuni. Eppure applaudiamo ancora al fatto che siano stati spazzati via dalla Storia.
Mentre nel "mondo civile" il razzismo era la regola, la loro società esibiva un multiculturalismo vasto ed armonioso, con tanto di suffragio universale. Eppure... magari non fossero mai esistiti.
Quando nel mondo civile le diseguaglianze facevano a fette la società, presso di loro vigeva il motto: pari compenso per pari lavoro. Eppure, dio ci scampi e liberi dalla loro presenza.
Probabilmente avete già capito di chi parlo. Ma è ovvio, parlo dei Pirati!
Il libro di Leeson sembra appetitoso, a cominciare dallo strepitoso titolo. Io l' ho ordinato.
Morale. Non cambia mai: quando l' economista studia i delinquenti giunge sempre alla stessa conclusione; sono dei tipi tremendamente razionali e rispondono agli stimoli. Reprimerli è molto costoso, conviene combatterli cambiando gli incentivi a cui sono sottoposti.
P.S. un' intervista su freakonomics
In un' epoca in cui nascere nel "mondo civile" significava restare assoggettato volente o nolente alla legge, loro davano a ciascuno la possibilità di firmare la Costituzione. Eppure un mondo senza di loro ci avrebbe guadagnato.
Quando il "mondo civile" era ben lontano dal disciplinare molte tra le più rischiose attività umane, loro si premuravano di dare una puntigliosa regolazione al gioco, agli alcolici, alla prostituzione, al fumo e persino al "sesso sicuro". Eppure, che sospiro di sollievo avremmo tirato tutti vedendoli sparire dalla faccia della terra.
Mentre il mondo civile si doveva tenere i "tiranni in carica" e l' appello al cielo era solo un vuoto proclama, loro potevano, grazie ad un semplice voto, dismettere all' istante il governante violento e arrogante. Eppure nessuno sentirà mai la loro mancanza.
Mentre nel mondo civile per il povero erano cavoli suoi, loro avevano già messo in piedi un sistema di previdenza sociale agile e funzionante, nonchè l' assicurazione sugli infortuni. Eppure applaudiamo ancora al fatto che siano stati spazzati via dalla Storia.
Mentre nel "mondo civile" il razzismo era la regola, la loro società esibiva un multiculturalismo vasto ed armonioso, con tanto di suffragio universale. Eppure... magari non fossero mai esistiti.
Quando nel mondo civile le diseguaglianze facevano a fette la società, presso di loro vigeva il motto: pari compenso per pari lavoro. Eppure, dio ci scampi e liberi dalla loro presenza.
Probabilmente avete già capito di chi parlo. Ma è ovvio, parlo dei Pirati!
Il libro di Leeson sembra appetitoso, a cominciare dallo strepitoso titolo. Io l' ho ordinato.
Morale. Non cambia mai: quando l' economista studia i delinquenti giunge sempre alla stessa conclusione; sono dei tipi tremendamente razionali e rispondono agli stimoli. Reprimerli è molto costoso, conviene combatterli cambiando gli incentivi a cui sono sottoposti.
P.S. un' intervista su freakonomics
Cervello e interiorità
Se penso, "qualcosa" accade nel mio cervello. Chi puo' negarlo?
Cio' non significa che quel "qualcosa" sia il mio pensiero. Oppure che quel "qualcosa" sia causa del mio pensiero.
Quanto è difficile fare questa semplice distinzione! E come semplificherebbe il dibattito intorno ai progressi delle neuroscienze.
Solo un' opzione metafisica postula il legame tra il "pensiero" e il "qualcosa".
L' empirista puro rinuncia a questa opzione, io invece la faccio: tra la supposta "causa" e il supposto "effetto" ci metto il Libero Arbitrio.
ESPERIMENTO MENTALE 1: un bottone funge da terminale ad una serie di cavi collegati ai miei lobi frontali. Premendo quel bottone il mio cervello assume un certo stato e io "alzo il braccio".
In questo caso alzare il braccio non è una libera scelta. Ma non si puo' nemmeno dire in generale che quando alzo il braccio lo faccio perchè nel mio cervello si è creato un "qualcosa". Potrei anche alzarlo perchè lo voglio alzare.
Il fatto che premere un bottone crei "qualcosa" nel mio cervello non significa che quel "qualcosa" possa crearsi anche altrimenti, magari grazie all' azione del Libero Arbitrio.
In altri termini: l' esistenza del libero arbitrio è un postulato filosofico che non puo' mai essere confutato, a meno che non si ricorra ad un altro postulato filosofico altrettanto inconfutabile: esistono solo "interazioni materiali" misurabili statisticamente. Si faccia attenzione: trattasi di vera opzione metafisica e non di semplice agnosticismo metafisico.
Ma all' orizzonte c' è qualcosa di più preoccupante.
ESPERIMENTO MENTALE 2: il dott. X dice che tutti noi siamo "pre-detetrminati" e mi sottopone un' equazione la quale predice che tra un minuto alzerò il braccio. Infatti, dopo un minuto, alzo il braccio.
Non trovo che questo esperimento mentale minacci seriamente l' esistenza del Libero Arbitrio. Infatti è molto più verosimile un finale diverso: io, con gran godimento personale, non alzo il braccio confutando l' equazione del menagramo! Dopodichè procedo al gesto dell' ombrello.
E se il dottore tenesse celate le sue previsioni? Allora, molto semplicemente, la sua equazione deterministica non sarebbe in grado di sfidare il mio Libero Arbitrio avendone la meglio.
Spesso l' empirista si bea dicendo: i miei argomenti sono osservabili, nulla si svolge al di fuori del nostro controllo.
Ma anche l' esistenza del Libero Arbitrio è osservabile. Anzi, io trovo la sua presenza lampante, persino più evidente di certe micro cause materiali. Certo, diversamente dall' empirista ritengo che anche la Ragione possa rilevare l' esistenza di "qualcosa". I sensi non hanno il monopolio in questo campo.
Quando l' empirista tenta la sortita finale osserva come il Libero Arbitrio sia solo una mera convenzione attraverso cui noi ci spieghiamo il mondo.
Se mi metto nei suoi panni cio' non è affatto una critica: tutta la conoscenza per lui è convenzione (è la sua opzione metafisica), anche il legame statistico che lega due eventi materiali. A questo punto si lasci sopravvivere una convenzione che ha dimostrato di servirci bene. Personalmente la trovo di gran lunga preferibile rispetto alla convenzione per cui saremmo tutti dei morti-viventi telecomandati. Se poi questa "convenziome" non la consideriamo tale ma la consideriamo una "realtà", funziona ancora meglio.
Cio' non significa che quel "qualcosa" sia il mio pensiero. Oppure che quel "qualcosa" sia causa del mio pensiero.
Quanto è difficile fare questa semplice distinzione! E come semplificherebbe il dibattito intorno ai progressi delle neuroscienze.
Solo un' opzione metafisica postula il legame tra il "pensiero" e il "qualcosa".
L' empirista puro rinuncia a questa opzione, io invece la faccio: tra la supposta "causa" e il supposto "effetto" ci metto il Libero Arbitrio.
ESPERIMENTO MENTALE 1: un bottone funge da terminale ad una serie di cavi collegati ai miei lobi frontali. Premendo quel bottone il mio cervello assume un certo stato e io "alzo il braccio".
In questo caso alzare il braccio non è una libera scelta. Ma non si puo' nemmeno dire in generale che quando alzo il braccio lo faccio perchè nel mio cervello si è creato un "qualcosa". Potrei anche alzarlo perchè lo voglio alzare.
Il fatto che premere un bottone crei "qualcosa" nel mio cervello non significa che quel "qualcosa" possa crearsi anche altrimenti, magari grazie all' azione del Libero Arbitrio.
In altri termini: l' esistenza del libero arbitrio è un postulato filosofico che non puo' mai essere confutato, a meno che non si ricorra ad un altro postulato filosofico altrettanto inconfutabile: esistono solo "interazioni materiali" misurabili statisticamente. Si faccia attenzione: trattasi di vera opzione metafisica e non di semplice agnosticismo metafisico.
Ma all' orizzonte c' è qualcosa di più preoccupante.
ESPERIMENTO MENTALE 2: il dott. X dice che tutti noi siamo "pre-detetrminati" e mi sottopone un' equazione la quale predice che tra un minuto alzerò il braccio. Infatti, dopo un minuto, alzo il braccio.
Non trovo che questo esperimento mentale minacci seriamente l' esistenza del Libero Arbitrio. Infatti è molto più verosimile un finale diverso: io, con gran godimento personale, non alzo il braccio confutando l' equazione del menagramo! Dopodichè procedo al gesto dell' ombrello.
E se il dottore tenesse celate le sue previsioni? Allora, molto semplicemente, la sua equazione deterministica non sarebbe in grado di sfidare il mio Libero Arbitrio avendone la meglio.
Spesso l' empirista si bea dicendo: i miei argomenti sono osservabili, nulla si svolge al di fuori del nostro controllo.
Ma anche l' esistenza del Libero Arbitrio è osservabile. Anzi, io trovo la sua presenza lampante, persino più evidente di certe micro cause materiali. Certo, diversamente dall' empirista ritengo che anche la Ragione possa rilevare l' esistenza di "qualcosa". I sensi non hanno il monopolio in questo campo.
Quando l' empirista tenta la sortita finale osserva come il Libero Arbitrio sia solo una mera convenzione attraverso cui noi ci spieghiamo il mondo.
Se mi metto nei suoi panni cio' non è affatto una critica: tutta la conoscenza per lui è convenzione (è la sua opzione metafisica), anche il legame statistico che lega due eventi materiali. A questo punto si lasci sopravvivere una convenzione che ha dimostrato di servirci bene. Personalmente la trovo di gran lunga preferibile rispetto alla convenzione per cui saremmo tutti dei morti-viventi telecomandati. Se poi questa "convenziome" non la consideriamo tale ma la consideriamo una "realtà", funziona ancora meglio.
Il 25 aprile come festa pagana
Torna il 25 aprile con il suo strascico di discussioni che molti giudicheranno noiose. Io però le trovo stimolanti.
LARUSSA 1: con i partigiani commemoriamo anche quei repubblichini che in buona fede credettero di servire la Patria.
E no, caro Larussa... c' era una "parte sbagliata" ed una "parte giusta". Per chi ritiene che una normale intelligenza fosse in grado di operare la distinzione, la "buona fede" conta poco.
LARUSSA 2: evitiamo di commemorare quei partigiani socialisti che combatterono per instaurare un altro regime [... praticamente la stragrande maggioranza...].
Adesso ci siamo! Teoricamente questa è la via giusta, per quanto impraticabile.
Ieri a Ballarò se n' è discusso.
Ho evitato di ascoltare i politici: avendo il dovere di perseguire la "pacificazione" sono continuamente alle prese con "nobili bugie". Ma quando la palla è passata a Paolo Mieli, storico oltrechè giornalista, ho sturato le orecchie.
Mieli nega il suo beneplacido anche a L2. Molti di quei partigiani, osserva, erano in "buona fede" e credevano di battersi per un nobile ideale: il sol dell' avvenire.
Ma la "buona fede" non l' abbiamo messa da parte censurando L1? Non devo neanche ricordare che il Fascismo al suo nascere seduceva molti proprio per il nobile ideale che incarnava. Questo vale per tutte le ideologie che flirtano con il romanticismo e la rivoluzione.
Vabbè, insiste Mieli, lasciamo pure perdere la "buona fede" e l' idealismo, diciamo allora che quei Partigiani erano dei giovanotti (20-23 anni) privi di una vera "intenzione", agivano governati dall' istinto.
Noto solo che festeggiare l' azione di uomini privi d' intenzione è un po' come festeggiare un evento atmosferico: piove! facciamo festa. Il 25 aprile si ridurrebbe ad una festa pagana.
LARUSSA 1: con i partigiani commemoriamo anche quei repubblichini che in buona fede credettero di servire la Patria.
E no, caro Larussa... c' era una "parte sbagliata" ed una "parte giusta". Per chi ritiene che una normale intelligenza fosse in grado di operare la distinzione, la "buona fede" conta poco.
LARUSSA 2: evitiamo di commemorare quei partigiani socialisti che combatterono per instaurare un altro regime [... praticamente la stragrande maggioranza...].
Adesso ci siamo! Teoricamente questa è la via giusta, per quanto impraticabile.
Ieri a Ballarò se n' è discusso.
Ho evitato di ascoltare i politici: avendo il dovere di perseguire la "pacificazione" sono continuamente alle prese con "nobili bugie". Ma quando la palla è passata a Paolo Mieli, storico oltrechè giornalista, ho sturato le orecchie.
Mieli nega il suo beneplacido anche a L2. Molti di quei partigiani, osserva, erano in "buona fede" e credevano di battersi per un nobile ideale: il sol dell' avvenire.
Ma la "buona fede" non l' abbiamo messa da parte censurando L1? Non devo neanche ricordare che il Fascismo al suo nascere seduceva molti proprio per il nobile ideale che incarnava. Questo vale per tutte le ideologie che flirtano con il romanticismo e la rivoluzione.
Vabbè, insiste Mieli, lasciamo pure perdere la "buona fede" e l' idealismo, diciamo allora che quei Partigiani erano dei giovanotti (20-23 anni) privi di una vera "intenzione", agivano governati dall' istinto.
Noto solo che festeggiare l' azione di uomini privi d' intenzione è un po' come festeggiare un evento atmosferico: piove! facciamo festa. Il 25 aprile si ridurrebbe ad una festa pagana.
Piccoli inconvenienti della censura
Avete sentito Ahmanidejad attaccare Israele e mettere in dubbio l' Olocausto?
Cosa direste ad un tipo del genere, o ad un suo accolito, per convincerlo di quanto sia assurda la sua posizione?
Probabilmente l' argomento più ragionevole suona così: "vivo in Europa, una terra in cui l' espressione è libera proprio come la stampa. Laggiù praticamente nessuna persona ragionevole si sognerebbe di negare l' Olocausto come fate voi. Rifletteteci".
Sono parole sante che probabilmente insinuerebbero un tarlo a chi è davvero in buona fede. Almeno fino a ieri.
Da qualche anno il nostro buon Ahmanidejad avrebbe la risposta pronta per ridicolizzarvi: "ma se laggiù chi nega l' Olocausto lo censurate e lo mandate pure in galera!"
Cosa direste ad un tipo del genere, o ad un suo accolito, per convincerlo di quanto sia assurda la sua posizione?
Probabilmente l' argomento più ragionevole suona così: "vivo in Europa, una terra in cui l' espressione è libera proprio come la stampa. Laggiù praticamente nessuna persona ragionevole si sognerebbe di negare l' Olocausto come fate voi. Rifletteteci".
Sono parole sante che probabilmente insinuerebbero un tarlo a chi è davvero in buona fede. Almeno fino a ieri.
Da qualche anno il nostro buon Ahmanidejad avrebbe la risposta pronta per ridicolizzarvi: "ma se laggiù chi nega l' Olocausto lo censurate e lo mandate pure in galera!"
Relativismo = Nichilismo
Molti, difendendo il loro "relativismo etico", ci tengono a far sapere come occorre distinguere la loro posizione dal mero "nichilismo".
Solo che non ci spiegano mai come dovremmo operare questa distinzione.
Probabilmente perchè è impossibile. Michael Huemer spiega il perchè in modo semplice e illuminante.
Solo che non ci spiegano mai come dovremmo operare questa distinzione.
Probabilmente perchè è impossibile. Michael Huemer spiega il perchè in modo semplice e illuminante.
Silenzio! Parla l' antidogmatico
La "modernità" sembra aver individuato un nemico, sempre lo stesso: il dogma. Ogni discussione etica si arena puntualmente con l' accusa di dogmatismo che l' acculturato rivolge al vecchio bacucco.
Ma cosa viene opposto al "dogma"? Molto spesso il nulla. Un mero istinto e la convinzione di essere "dalla parte della libertà e della tolleranza". Roba insomma con la quale non è facile intrattenere una proficua discussione.
Altre volte invece spunta una filosofia pragmatista che io chiamerei "utilitarismo": la soluzione migliore è quella che più conviene: calcoliamola.
Anche l' utilitarismo ha però i suoi problemini.
Per chiarirli al meglio basta ascoltare un utilitarista "serio", uno che non fa sconti, un tipo rigoroso che non arretra davanti a niente e non è mai disposto ad indossare maschere: Robin Hanson.
Con il buon Hanson dovrei simpatizzare, è un libertario doc, eppure lascia di stucco quando parla. Perchè? Ma proprio perchè non conosce dogmatismi di sorta e non smette mai di "calcolare". E' un vero tipo "moderno" e se simpatizzo con lui non è certo per le sue posizioni libertarie quanto piuttosto per l' assoluta mancanza di ipocrisie nel condurre in porto i suoi argomenti.
Ascoltarlo fa bene perchè l' uomo moderno puo' finalmente ascoltare se stesso quando non è impegnato ad accusare la controparte di avere la mente sbarrata nel "dogma". E la cosa capita tanto raramente che non bisogna farsi sfuggire l' occasione.
Vogliamo parlare di Auschwitz?
L' antidogmatico Hanson nota che "a fare problema" sia il fatto che non ci fossero "abbastanza nazisti": dopotutto se ci fossero stati 6 trilioni di camicie brune disposte a pagare 1 dollaro per il massacro di fronte a 6 milioni di ebrei disposti a pagare ciascuno "solo" 100.000 dollari per evitarlo (scommessa razionale), l' olocausto sarebbe stato l' esito ottimale.
La realtà brucia, viriamo verso mondi di fantasia. Lo sconcerto però non cambia: al mondo esiste solo Hannibal (un cannibale milionario quanto famelico) e un commerciante di schiavi che possiede 10.000 orfani poveri in canna. Per Hanson in questi casi il migliore dei mondi possibili è quello in cui Hannibal si compra tutti i bambini e se li magna. Fine della storia. Vi è piaciuta? Non è granchè ma non fa una grinza.
Spero che l' antidogmatico senta bene cosa sta dicendo (si lui, lui... perchè Hanson è solo la sua "bocca"), Hanson non sbaglia mica i "calcoli" e dalla sua testa escono i pensieri che "bisogna" pensare una volta che si è smesso per stanchezza di denunciare la presenza di "dogmi" nell' ottusa testa degli altri.
P.S. segnalo il blog di Hanson, una miniera inesauribile di idee e di rigore imperturbabile.
Ma cosa viene opposto al "dogma"? Molto spesso il nulla. Un mero istinto e la convinzione di essere "dalla parte della libertà e della tolleranza". Roba insomma con la quale non è facile intrattenere una proficua discussione.
Altre volte invece spunta una filosofia pragmatista che io chiamerei "utilitarismo": la soluzione migliore è quella che più conviene: calcoliamola.
Anche l' utilitarismo ha però i suoi problemini.
Per chiarirli al meglio basta ascoltare un utilitarista "serio", uno che non fa sconti, un tipo rigoroso che non arretra davanti a niente e non è mai disposto ad indossare maschere: Robin Hanson.
Con il buon Hanson dovrei simpatizzare, è un libertario doc, eppure lascia di stucco quando parla. Perchè? Ma proprio perchè non conosce dogmatismi di sorta e non smette mai di "calcolare". E' un vero tipo "moderno" e se simpatizzo con lui non è certo per le sue posizioni libertarie quanto piuttosto per l' assoluta mancanza di ipocrisie nel condurre in porto i suoi argomenti.
Ascoltarlo fa bene perchè l' uomo moderno puo' finalmente ascoltare se stesso quando non è impegnato ad accusare la controparte di avere la mente sbarrata nel "dogma". E la cosa capita tanto raramente che non bisogna farsi sfuggire l' occasione.
Vogliamo parlare di Auschwitz?
L' antidogmatico Hanson nota che "a fare problema" sia il fatto che non ci fossero "abbastanza nazisti": dopotutto se ci fossero stati 6 trilioni di camicie brune disposte a pagare 1 dollaro per il massacro di fronte a 6 milioni di ebrei disposti a pagare ciascuno "solo" 100.000 dollari per evitarlo (scommessa razionale), l' olocausto sarebbe stato l' esito ottimale.
La realtà brucia, viriamo verso mondi di fantasia. Lo sconcerto però non cambia: al mondo esiste solo Hannibal (un cannibale milionario quanto famelico) e un commerciante di schiavi che possiede 10.000 orfani poveri in canna. Per Hanson in questi casi il migliore dei mondi possibili è quello in cui Hannibal si compra tutti i bambini e se li magna. Fine della storia. Vi è piaciuta? Non è granchè ma non fa una grinza.
Spero che l' antidogmatico senta bene cosa sta dicendo (si lui, lui... perchè Hanson è solo la sua "bocca"), Hanson non sbaglia mica i "calcoli" e dalla sua testa escono i pensieri che "bisogna" pensare una volta che si è smesso per stanchezza di denunciare la presenza di "dogmi" nell' ottusa testa degli altri.
P.S. segnalo il blog di Hanson, una miniera inesauribile di idee e di rigore imperturbabile.
martedì 21 aprile 2009
Le armi sdoganate dall' esperimento mentale
ESPERIMENTO MENTALE: siete un giudice chiamato a decidere le sorti di un imputato che sapete con certezza innocente. L' opinione pubblica però è di diverso avviso e in caso di assoluzione si scatenerebbero probabilmente delle risse. Quale sarà il vostro verdetto secondo coscienza?
Penso che un giudice retto proceda all' assoluzione, a meno che le "risse" non assumano sembianza di vere e proprie guerre.
Per lo stesso motivo sono a favore della libertà di armarsi, così come penso che debba logicamente esserlo chi risolve l' "esperimento mentale" nel modo in cui ho fatto io.
A meno che:
Penso che un giudice retto proceda all' assoluzione, a meno che le "risse" non assumano sembianza di vere e proprie guerre.
Per lo stesso motivo sono a favore della libertà di armarsi, così come penso che debba logicamente esserlo chi risolve l' "esperimento mentale" nel modo in cui ho fatto io.
A meno che:
- qualcuno creda che, stando alla terminologia adottata, le "risse" degenerino in confliti civili di larghe proprzioni. Ma praticamente tutti gli studi in merito concludono che le risse o non ci sono, o sono piccole, o addirittura c' è un effetto opposto. Chi guarda ai fatti puo' stare tranquillo;
- qualcuno, a prescindere dalle possibili conseguenze, non pensa che detenere armi sia un diritto. Ritengo che nessuno adotti una posizione tanto estremista. Chi è favorevole ad un divieto, lo è sulla base delle "conseguenze";
- qualcuno pensa che in realtà l' esperimento mentale più corretto sia quello classico del trolley wagon. Qui si rintuzza analiticamente e in modo convincente questa possibile alternativa;
- qualcuno ritiene che lo strumento dell' "esperimento mentale" sia inappropriato quando si tratta di questioni etiche. Ogni caso è un caso a sè. Non sono disposto a dire addio al razionalismo, specie nel campo dell' etica. E anche i razionalisti hanno diritto ad un laboratorio dove condurre i loro esperimenti. Qui si difende lo strumento dell' "esperimento mentale".
L' inquinamento dell' ideologia verde
Parlando di ambiente si tirano in ballo tutte le "esternalità" possibili ed immaginabili.
Ma ce n' è una che passa sistematicamente sotto silenzio, eppure pesa moltissimo.
Potrebbe essere enunciata con la seguente iperbole: molto dell' inquinamento globale è dovuto al fatto che i paesi sviluppati inquinano troppo poco.
Infatti i paesi sviluppati sono anche quelli che "inquinano meglio".
Quando rinunciano a farlo le medesime operazioni si spostano altrove con effetti ben peggiori.
Chi è impegnato nell' ambientalismo ideologico puo' anche non tenerne conto perorando la sua causa, chi invece ha effettivamente a cuore le sorti del pianeta non puo' permettersi questo lusso ideologico.
Ma ce n' è una che passa sistematicamente sotto silenzio, eppure pesa moltissimo.
Potrebbe essere enunciata con la seguente iperbole: molto dell' inquinamento globale è dovuto al fatto che i paesi sviluppati inquinano troppo poco.
Infatti i paesi sviluppati sono anche quelli che "inquinano meglio".
Quando rinunciano a farlo le medesime operazioni si spostano altrove con effetti ben peggiori.
Chi è impegnato nell' ambientalismo ideologico puo' anche non tenerne conto perorando la sua causa, chi invece ha effettivamente a cuore le sorti del pianeta non puo' permettersi questo lusso ideologico.
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