martedì 22 gennaio 2008

Global Warming: la parola all' esperto

In materie tanto complesse ha senso dare la parola all' esperto.

Ecco allora che sistematizzare l' opinione degli esperti assume forse ancora più importanza rispetto ad uno studio nel merito delle cose.

Di conseguenza sarete d' accordo che queste pagine siano da leggere con attenzione.

Alcuni "scettici" esultano nel vedere che il tanto strombazzato consensus tra gli esperti non è poi così consolidato.

D' altro canto si fa notare come la tendenza sia proprio in quel senso. In più c' è una reticenza a scommettere, e la cosa puo' essere considerata preoccupante. Siccome la reticenza riguarda entrambe le parti, probabilmente nessuno si fida veramente degli strumenti in campo per fare predizioni tanto complicate.

Ho l' impressione che in ogni caso a certi risultati la tara non sia stata fatta nel modo adeguato. Ha senso una ricerca del genere quando si trascurano le opinioni politiche dell' interessato? Ha senso non tenere in alcun conto le fonti con cui si finanziano i soggetti intervistati? E tra le fonti assumono rilevanza quelle provenienti dalle compagnie petrolifere ma anche quelle governative Infatti sarebbe da presumere un interesse dei governi a guadagnare fette di potere grazie ad una politica interventista che talune conclusioni "scientifiche" finirebbero per facilitare.

L' industria umanitaria

La parola all' antropologo Alberto Salsa ascoltabile qui ( http://podcast.rtsi.ch/ReteDue/Laser/LASERL'Africaafiordipelle114-01-08.mp3 ):

"...l' industria umanitaria è la settima al mondo. Sta sorgendo il dubbio che non si vogliano risolvere i problemi per non mettere in crisi il settore..."

La centralizzazione uccide

S' intende quella relativa alla stipulazione dei contratti di lavoro. La tesi è sostenuta qui.

"...Labor market regulation can have harmful unintended consequences. In many markets, especially for public sector workers, pay is regulated to be the same for individuals across heterogeneous geographical labor markets. We would predict that this will mean labor supply problems and potential falls in the quality of service provision in areas with stronger labor markets..."



Stando alle tesi di questo studio, se la contrattazione è centralizzata, la qualità dei servizi è peggiore laddove i salari reali sono inferiori. Come dire, la qualità dell' offerta scolastica nell' italia meridionale dovrebbe sopravanzare quella presente nel Nord del Paese. Lo stesso dicasi per gli ospedali!? Mi sa che nel nostro caso parecchie altre variabili lavorano per invalidare simili conclusioni.

L' importanza di legarsi le mani da sè

Molti americani mostravano una scarsa propensione al risparmio ma anche una forte volontà di cominciare in futuro a pianificare la loro vecchiaia.

Ma il futuro presto si trasforma in "oggi" e alla fine di risparmi nisba. insomma, erano affetti dalla sindrome di Zeno del "comincio domani"

Non restano che misure coercitive? Calma, alcuni economisti sperimentali hanno battuto vie alternative sottoponendo a delle cavie piani pensionistici secondo i desiderata di oggi. I risultati sono stati eccellenti.

Soluzione facile e ottimale per aggirare i divieti in molti campi, dal gioco d' azzardo in giù.

Surowiecki p.233

L' Ottimo dei razionali e quello degli irrazionali

Quasi sempre coincide. Walras e Hayek si danno la mano.

Surowiecki p.232

Speculatori domati dal mercato

Che benessere dà rileggere alcuni classici. Magari questo studio empirico che ci ricorda, analizzando alcuni dati dei ruggenti anni novanta, la correlazione negativa tra performance e dinamicità del portafoglio. Conclusione utile in questi giorni di convulsione borsistica.
Surowiecki p.229

lunedì 21 gennaio 2008

Meglio elitisti o populisti? Dipende quali incentivi sono all' opera

Come dovrebbe collocarsi sul discrimine qua sopra posto un sedicente liberale?

La questione è aperta e da entrambi i fronti partono colpi di mortaio di rara efficacia. Alcuni argomentano efficacemente a favore della prima risoluzione, e noi italiani non possiamo che rimanere sensibili a quell' orientamento vista anche la nostra tradizione (Pareto, Mosca, Michels...e chi più ne ha, più ne metta). Di fatto sono i "pochi" che fanno avanzare il carro. Se un regime libertario produce delle differenze che si consolidano non rammarichiamocene, c' è un motivo ben preciso che la teoria spiega e la storia illustra. E' la premessa migliore per procedere più speditamente e non rimanere intrappolati nella mediocrità.

Altri accumulano una caterva di ragioni per esaltare la saggezza del popolino minuto. Il mattoncino che ciascuno apporta è prezioso per costruire quella grande muraglia che è la vox populi. E il messaggio pronunciato da un simile soggetto collettivo custodisce un tesoretto. Le decisioni lasciate al popolo si dimostrano quantomai efficaci rispetto ai cervellotici e velleitari progetti del singolo, quasi sempre elaborati senza tener conto della mostruosa complessità che crea il contesto in cui siamo provvisoriamente ospitati.
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Di fronte a queste portentose macchine argomentative, chi se la sente di buttarne una dalla Torre? Allora diamoci una mossa per salvare capra e cavoli, ingegnamoci a progettare una qualche forma di coordinamento tra i due approcci: fino ad un certo punto varrà A, e da lì in poi subentrerà B.

Comincio io e dico:

FINCHE' GLI INCENTIVI SONO EFFICACI TENIAMOCI BUONO IL POPULISMO, NEL MOMENTO IN CUI SI PERDONO (DECISIONI PUBBLICHE) AFFIDIAMOCI A QUEL PARTICOLARE SUFFRAGIO LIMITATO CHE E' IL PARERE DELL' ESPERTO".



Se ci si sbilancia troppo verso l' elitismo, ecco che appare sensata la proposta di selezionare una piccola elites che si prenda cura di tutti con amorevole paternalismo. Perchè la missione possa compiersi con il minimo sforzo sarebbe d' uopo rimuovere quell' estensione universale dei diritti, così fastidiosa in effetti. Quanto ai criteri di selezione possono essere i più vari, a partire dalla semplice forza.

Ma non esageriamo con la correzione "populista", altrimenti ci vedremmo costretti a richiedere l' apporto di tutti qualsiasi decisione sia in ballo. Una specie di panta-democrazia.
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Il popolo-bue sarà pure bue. Ma chi meglio di lui è in grado di costruire solidi e flessibili trampolini da cui l' atleta super-dotato spiccherà il suo balzo armonioso? Teniamocela stretta questa capacità di fare massa critica intorno ad alcuni luoghi comuni che nessun teorema potrà mai dimostrare come ottimali ma che offrono una logistica ragionevole a chi intende dare l' assalto al cielo. Non facciamo che volontà riformatrici, magari portatrici di chissà quali esiti di una presunta scienza sociale, stravolgano quei punti di equilibrio che il gregge presidia pascolandoci sopra in tranquillità.

Ma teniamoci pure stretti quei pochi temerari che tentano e sbagliano e poi ritentano e riescono staccandosi dalla massa. Lasciamo pure che la massa li guardi dal basso in alto rodendosi il fegato, non lasciamoci infervorare da chissà quale malriposto senso della giustizia. Di fronte ad esempi luminosi persino la massa si accorgerà delle piste battute da quelle avanguardie, i vantaggi diventeranno sempre più palesi e tutti si muoveranno nella direzione più promettende sradicati dalle comode inerzie che sempre impasoiano chi nasce avversissimo ad ogni rischio, chi nasce per vivere al quattro per cento.

Ora chiedo, quale sistema di assemblaggio delle preferenze rispetta la doppia esigenza che ho perso tanto tempo a descrivere?

Mi sembra ovvio, è il sistema libertario, l' unico che limita l' ipertrofico entusiasmo riformatore degli autoproclamatisi "illuminati" e che, al contempo, attraverso i meccanismi di mercato, smussa le derive massificanti della democrazia creando disuguaglianze anche notevoli dove il merito ha una discreta parte nel selezionare premiandola un' elite innovativa in grado di influire nel mondo dettando passo e direzione.


Occhio al ciclo dei cicli

L' economia va su e va giù, nessun problema, fa così perlomeno da quando esistono le Banche Centrali. Poco male se non si creassero preoccupanti "catene".

Un fallimento tira l' altro, e fra chi ci lascia le penne si contano molti "innocenti". Non c' è niente di pià difficile che calcolare il numero ottimo di fallimenti per "pulire" una crisi.

Queste cose si sanno. Ma qual è il miglior modo per arrestare queste spirali malefiche? Dipende, dipende dalla "teoria dei cicli" che si favorisce.

S' intuisce che se le bolle producono inflazione, il loro sgonfiamento produrrà deflazione. Bene, allora basta scortare quella che sarà una naturale deflazione e dopo un decollo fuori luogo assisteremo ad un atterraggio di fortuna.

Per un keynesiano ortodosso i prezzi non hanno l' elasticità sufficiente per abbassarsi. Sotto recessione i cervelli vanno in tilt, i cervelli non abbasseranno mai i prezzi, neanche il giorno prima che la baracca salti in aria. I cervelli non sono in grado di coordinarsi per un operazione tanto complessa.

Resta una sola ricetta: tamponare la spirale salvando i predestinati al fallimento, magari creando una domanda artificiale. Sì perchè, per un keynesiano vecchio stampo, nemmeno la deflazione del tasso d' interesse produce benefici visto che il terrore paralizza quegli "spiriti animali" che dovrebbero approfittare di una simile occasione pompando la domanda attraverso finanziamenti a buon mercato.

La deflazione è malvista anche dai monetaristi. Crea troppe incertezze e le difficoltà a coordinarsi (abbassa prima tu!) esistono. Inoltre sbagliare i conti e lasciarsi sorprendere dalla deflazione costa carissimo alle imprese. Meglio sacrificare i risparmiatori. Tuttavia un processo deflazionistico è necessario per ripulire il sistema economico. Ecco allora l' idea di prendere il tasso d' interesse come prezzo destinato a guidare la deflazione anticipandola. E' inoltre un prezzo del tutto particolare: se la deflazione è correttamente anticipata dai tassi, il feed back procurato annulla del tutto questo fenomeno. Perchè l' operazione sia possibile è necessaria una banca centrale che possa manovrare questa variabile, et voilà.


Poi ci sono gli impavidi, coloro ai quali la deflazione non fa certo paura. Coloro che vedono il fallimento come unica igiene del mondo (economico). Fallire e ricominciare, chi ha sbagliato paghi ed impari.

Questi ultimi meglio di altri curano la malattia dei cicli concentrandosi sull' origine più che sugli effetti. Se gli effetti vengono troppo pietosamente attutiti, nessuna preoccupazione tamponerà quei comportamenti attraverso i quali le bolle si scatenano. Costoro pensano che la migliore cura delle spirali consista nell' ignorarle.

Forse non c' è bisogno di essere tanto crudeli per "sconfiggere le cause" della malattia.

La soluzione classica resta ancora ai miei occhi la più convincente. Manovrando i tassi le risorse vengono immesse nel sistema tramite le banche, ovvero tramite un operatore economico che realizza (teoricamente) un' allocazione ottimale dei fondi. Per la ripartenza verranno quindi finanziate attività efficienti e liquidate quelle fallimentari. Si evitano così le distribuzioni discrezionali tipiche della politica fiscale. In più i motivi per considerare gli operatori insensibili ai tassi sono stati fugati da tempo. Anzi, sembra che la reazione alle manovreu sui tassi siano ancora più rapide. Come se non bastasse la soluzione fiscale è soggetta al "transfer Bucket Leaks" come insegnava Okun una quarantina di anni fa.


Tutto bene? No, visto che anche tra le banche si annidano "operatori da liquidare". Anzi, come abbiamo visto qui, gli errori si concentrano proprio in quel settore. Perchè allora sussidiarli garantendo una rete su cui poter compiere le loro acrobazie? La banca centrale dovrà occuparsene affinchè sia assunta in dosi ragionevoli anche la medicina che ci immunizza contro il ciclo dei cicli, ovvero la medicina dei fallimenti (più o meno controllati ma pur sempre fallimenti). In poche parole, vediamo di non prendere ad esempio il caso Northen Bank.

Parlare del Papa che parla ovunque è parlare d' altro

I radicali c' informano, dati alla mano, che il Papa parla ovunque, per lui il termine "censura" è inappropriato.

Ma si puo' benissimo "parlare ovunque" e subire una censura. Le due cose non sono incompatibili.

Facciamoci una domanda:

Perchè nessuno recrimina sul fatto che il Papa non abbia tenuto il suo discorso all' Università di Bologna, Università che non lo aveva affatto invitato?

Facile, evidentemente si accetta il fatto che ognuno inviti chi vuole. E, con questa idea in testa, si accetta in teoria anche un mondo potenziale in cui il Papa, personalità di scarso interesse, non ricevendo inviti da nessuno, parli molto poco se non alla ristretta cerchia dei fedeli.

Quindi l' oggetto della recriminazione è altro rispetto a quello a cui fingono di interessarsi i radicali.

Riguarda il diritto ad essere invitato (e ad invitare), e non il numero di inviti che si sono ricevuti.

Contestare l' invito e contestare il discorso. Questa distinzione è lecita?

Il Papa ha il diritto, una volta invitato, a tenere il suo brutto discorso in una Università.

Per molti contestatori si ha l' impressione di no. Per questo e solo per questo si contestano i contestatori. Se veramente si vuole questionare il diritto di cui sopra, allora sventolare le statistiche sull' onnipresenza vaticana, è solo un modo per coprire la ritirata.



Una foto di Kipling, forse quella definitiva

Il grande scrittore ritratto con vividezza nelle parole di Wilson riprese da Magris:

"...Kipling ha perduto assai presto la felicità, a sei anni, quando è stato strappato, insieme alla sorella, all' infanzia indiana e all' amata balia indigena e affidato alla tetra tutela di una zia fanaticamente severa che ha spento per sempre in lui l' abbandono alla gioia di vivere. In un memorabile saggio Edmund Wilson ha dimostrato come da queste uniliazioni e crudeltà, così duramente patite, e dall' odio da esse lasciato nel cuore del bambino e del ragazzo, sia nata in Kipling, per difendersi e sopravvivere, la volontà di non piangere su se stesso, e dunque su nessuno; di non indulgere ad alcun vittimismo e di non compiangere alcuna vittima. Per non considerarsi un debole colpito ingiustamente da una violenza senza essere capace di ribellarsi, Kipling si è costretto a proclamare giusta e salutare quella violenza, a celebrare la forza quale legge della vita, che va accettata senza discutere..."

sabato 19 gennaio 2008

Fumo proibito. Proibizionismi produttivi

I divieti possono creare ricchezza?

Conclusione contestata:

"...These results add to the growing body of literature that should give restaurant and bar owners a real economic incentive to support smoke-free laws. Despite the rhetoric that smoke-free laws hurt the restaurant business, the marketplace indicates that these laws increase the profits and the values of restaurants and bars and are good for business..."

Contestazione:

"...one naturally wonders: We know that some people like to smoke and prefer restaurants where they can smoke. What about the restaurant that specifically caters to smokers? Do Alamar and Glantz say that such a restaurant will benefit from a ban on its niche? Or do they mean restaurants on the whole? If “on the whole,” have they adequately accounted for the restaurants and would-have-been restaurants that lose?...the whole logic ignores that the restrictions eliminated certain restaurants from existence. In the restricted locations, those restaurants have dropped out of the sample, and their losses are ignored"

Pace contro Amore. Una storia in pillole del Matrimonio

Questo articolo, per parlarci più compiutamente del Matrimonio a venire, è costretto a discutere del Matrimonio passato.

La cosa che più risalta è il ruolo pacificatore che questa istituzione giocava nelle società ancestrali, antiche, medioevali e anche moderne.

"...marriage alliances turned strangers into relatives, creating interdependencies among groups that might otherwise meet as enemies..."

Ma poi arrivò l' Amore...l' Amore con tutte le disgregazioni che reca con sè. Con tutta la volatilità, l' arbitrio, la discrezionalità, la caducità, l' illusorietà di cui è portatore. L' Amore si sostituì all' accordo nel fondare il Matrimonio.

E addio matrimonio come pilastro di una società ben ordinata.


"...The forces that have strengthened marriage as a personal relationship between freely-consenting adults have weakened marriage as a regulatory social institution..."

"...the decline in marriage’s dominating role in organizing social and personal..."

L' Amore, con tutte le ragioni che qui nessuno vuole negare, ha iniziato secoli fa la sua opera di "distruzione". Creiamoli attorno quell' habitat fatto di libertà idonee a rendere la sua opera una "distruzione creativa".
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Interessanti osservazioni in questo saggio. La famiglia, da struttura produttiva, nel corso della storia, è passata ad essere una struttura di consumo. La Pace e la fiducia sono fattori produttivi e la loro preminenza nella prima fase della storia è così spiegata. L' Amore è un bene di consumo e ci sta bene nella fase terminale della vicenda.

Esistenzialiiistiii...Tiè

Vi sono piaciuti "Gli Indifferenti" letti da Toni Servillo?

Qualsiasi sia la risposta una cosa mi sento di dirla: grazie Alberto. Grazie per averci risparmiato.
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Premetto di aver letto questa storia da poco e non so ancora se l' effetto del racconto sia già calato dentro di me. Comunque un paio di ideuzze me le sono fatte.

Io tremo quando nei libri che descrivono argutamente i nostri accrocchi borghesi - sempre intasati da vaniloqui ed ipocrisie più o meno patenti - si fa largo fino a profilarsi distintamente lo stereotipo a due gambe dell' "Oscuramente Consapevole".

E' un tipo con la faccia lunga come la quaresima. E' "oscuramente consapevole" di una meschina fatalità che incomberebbe su tutti. Ripeto: su tutti. Ma gli altri, a giudicare dai loro sguardi stupidi ed eccitati, non se ne accorgeranno mai per quante sono le faccende che devono spicciare. Invece l' OC non ha mai un cavolo da fare. Quindi non lo freghi tanto facilmente.

Questo qua, innanzitutto lo riconosci subito perchè porta sempre a spasso come un cagnolino al guinzaglio il suo fedele anelito. Trattasi dell' anelito ad una "disperata sincerità". Avanza verso di te, sofferente già dalle prime pagine, quando ancora non è successo nulla. E non ha nessuna intenzione di sgomberare tanto presto il campo.

E' lui il diapason su cui si accorda la lamentosa cetra esistenzialista. A quanto pare sarà il protagonista di tutta la vicenda, t' imbatterai nelle svolte che lo riguardano, se va bene, intorno alla terz' ultima pagina. Ti devi rassegnare alla sua sensibilità estenuata nonchè continuamente oltraggiata dalle grettezze del quotidiano. Per tutto il romanzo nutrirà un profondo disprezzo verso chiunque metta insieme quattro stracci nel tentativo di mantenersi vivo.

L' Oscuramente Consapevole si disancora dalle compagnie assumendo sguardi trasognati, sorrisi sforzati e squallidi. Circondato dal cinismo, il suo genio sta nel costruirsene uno a proprio uso e consumo. Con tanta consapevolezza addosso per lui la vita non arriva mai, è solo uno stanco girotondo di abitudini.
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Ma che regalo generoso fa il Moravia a noi lettori risparmiandoci la scena in cui l' "oscuramente consapevole" raccoglie le sue disperse forze per indignarsi e cantarla sul muso al mondo intero!

Non che il buon Michele sia immune dalla tentazione di imboccare il trombone e far salire al cielo il suo canto liberatorio. Ma ogni volta che ci prova esce una nota fessa, cosicchè noi siamo autorizzati a ridacchiare di gusto insieme al nostro amico segreto: il Merumeci Leo.

"Non ti rispondo caro Michele, sei solo un ragazzo...". Leggendo sillabo a fior di labbra queste parole in coro con il Merumeci. Addosso mi sento il trasporto estatico con cui, al cinema da bambini, aizzavamo il buono perchè finisse il cattivo al più presto e senza pietà. Esistenzialiiistiii...Tiè.

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Parlando dell' Oscuramente Consapevole mi riferivo a Michele, o al limite a Carla.

Essendo i due protagonisti del romanzo di un ventenne (o giù di lì) l' elemento autobiografico è pressochè insopprimibile.

Questo per dire che la tua proiezione puo' essere ben giustificata.

Il mio giudizio sull' uomo è sospeso per mancanza totale di elementi (ho solo un vago ricordo delle folte sopracciglia).

Per quanto riguarda l' artista, l' ho visto impegnato in ambienti difficili, aridi, demotivatori di ogni verbalità, prevaricatori di ogni Logos, refrattari ad ogni segnaletica. Vi abbondava solo l' assenza di fenomeni, l' assenza di chiare topologie. In compenso formicolavano distonie spirituali di tutti i tipi.

Eppure, in queste condizioni tanto difficili, i potenti microscopi in dotazione naturale al Nostro, lo mettevano in grado di captare una moltitudine di silenziosi sommovimenti dell' animo, cosicchè l' edificio che veniva costruendo finiva per raggiungere volumetrie impressionanti.

Mi godo i virtuosismi di questo ammaestratore di pulci soprassedendo alle mille riserve che potrei tirare in ballo su mille altri punti.

Chiudo solo con un fulminea opinione che riferisco tralasciandone le motivazioni e con il proponimento di riprenderla in modo più completo altrove: quando le virtù principali del testo sono quelle di cui dicevo sopra, a soffrirne è la lettura radiofonica.

I sogni son desideri?

Con un orecchio alla radio ascolto lo scrittore Maggiani che pronuncia due parole sul suo ultimo libro. E' una guida alla città di Genova. Precisa come lui sia in grado di mappare una città senza nemmeno metterci piede, e senza nemmeno desiderare di farlo. Detto questo, è evidente che si tratta di Guide del tutto particolari.

In un libro precedente si era dedicato nientemeno che ad Alessandria d' Egitto. Pur non essendosi mai spinto in vita sua a quelle latitudini, considerava l' impresa possibile. Ed ebbe ragione. Una volta che il libro usci con ampi riscontri, le autorità cittadine di laggiù lo invitarono addirittura per premiarlo e concedergli la cittadinanza onoraria. Un successone.

Il Maggiani precisa che, nel corso della stesura, ogni notte sognava la città che era impegnato a ridurre nella sua guida. Ma questo non lo stimolava in alcun modo a recarsi sul posto, per lui, infatti, i sogni non sono desideri, bensì una forma di sfogo costruttivo, una felicità compositiva, la necessità che abbiamo di plasmare.

Neanch' io mi sono mai riconosciuto nella formula pseudo-freudiana per cui i sogni rifletterebbero l' azione di un demone che ci spinge a desiderare. Ecco che ora mi si spalanca un' alternativa. Mi affretto a fare mia questa interpretazione per cui l' attività onirica è un po' come un parco giochi dove noi ci beiamo con i nostri Lego.
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Bene, adesso abbiamo ulteriori motivi per non fare cose che una certa pressione - non si sa bene da dove esca - tende ad imporci:
  1. possiamo evitare serenamente di tornare sui luoghi dell' infanzia, detti anche "Posti delle Fragole" pur non essendo necessariamente solo luoghi geografici. E' ormai accertato che riservano solo cocenti delusioni con frustrazioni prolungate e ricorrenti;
  2. possiamo poi evitare di inseguire affannosamente cio' che sognamo e che in quel contesto ci appariva particolarmente appetibile. Sembra accertato che, qualora lo sforzo prodotto ci risulti particolarmente fastidioso e insensato, non siamo certo noi ad essere volubili e contraddittori. Molto più semplicemente "i sogni non sono desideri".

Il figlio sprecone

E' successo ancora. Eravamo davanti alla TV, passa un servizio sull' ecopass a Milano, e la cosa si ripete.

Ma ti sembra giusto che chi paga possa inquinare...che uno arriva con il suo SUV e...brum-brum...ti sgasa sotto il naso restando impunito per il semplice fatto che ha pagato l' ecopass...

Veramente lo faceva anche prima. Ora, visto che paga per farlo, lo farà un po' meno...

Aaaahhh...sei sempre il solito...non cambi proprio mai. Allora per te, il riccone, per il semplice fatto che ha pagato, puo' sprecare a destra e sinistra. Per te uno, per il semplice fatto che paga la bolletta, puo' tenere aperto il rubinetto mentre sta al telefono...ma cosa c' hai nella testa, le pigne? E tu è con questi principi che avresti intenzione di allevare tuo figlio...di dirgli che quando è nella doccia l' acqua va preservata e non sprecata?

A mio figlio dirò che l' acqua non va sprecata perchè la paghiamo salata...

Aaaaahhh...vedi che sei sempre il solito! Pagare e pagare. Per te uno basta che paghi e a risolto tutto. Per te uno basta che paghi e puo' mettersi la coscienza in pace, puo' girare gli occhi dall' altra parte distogliendoli dai danni che fa con la sua ingordigia di sprecone. Tu allora finisci per giustificare il ricco sprecone, e io questo non lo sopporto. Ma lo sai almeno che se il ricco sprecone consuma anche l' acqua che non gli serve il prezzo di questo bene si alza e finiamo per pagarlo anche noi poverelli? E tu questo lo giustifichi imperterrito? Ma come educherai tuo figlio? Forse dicendogli che puo' sprecare una volta che ha saldato i suoi conti con i fornitori?

Insomma, la Miriam non è un tipo tanto facile, ti tira fuori delle cose a sorpresa la sera tardi sul sofà, quando già sonnecchi e hai rtirato i remi in barca, ti tira fuori le cose che sul momento ti lasciano anche un po' lì. Lo fa con la sua verve teatrale e tu, finchè puoi risponderle in modo chiaro e perentorio reggi la botta, ma quando ti vedi costretto ad un argomento minimamente sofisticato passi immantinente per l' azzeccagarbugli che succhia sangue ai "poverelli".

Eppure dovrei cercare di dirgielo, di fargli capire che se il ricco ha intenzione di "sprecare" (come dice lei) pagando, di quel volume d' affari in più che produce il settore del bene specifico, poniamo l' acqua, noi non possiamo dire a priori chi beneficia. E' un' eccedenza finanziata per lo più dal ricco ma anche da noi "poverelli" che ci vediamo aumentare la bolletta. Questo sì. Ma chi la riceve l' eccedenza? In prima istanza il fornitore del bene, ma poi? Magari la consumano i figli poveretti dell' operaio che costruisce la piscina al fornitore dell' acqua? Che carini quei bambini e che strazio vedere la loro indigenza...ma per fortuna il riccone si è deciso a sprecare un po' d' acqua, papà prende una buona commessa e anche per gli sfortunati frugoletti c' è un po' di felicità. Scartano felici i loro regali, non ne ricevevano da anni. Insomma dove stia la giustizia in questa storia, ognuno lo decida per conto suo, basta che tocchi con mano l' icasinamento del reale.

T' è capì cara miriamina, i frugoletti!!! Tu recrimini perchè il ricco spreca e ti alza in modo infinitesimale la bolletta. Ma se non spreca i frugoletti frignano a squarciagola in un modo che spezzerebbero anche il cuore più duro. Ti è piaciuta la storia dei frugoletti o la cosa ti scorre addosso come acqua sul marmo? Perchè taci? Ho capito Miriamina, stai pensando a quei frugoletti orbati dei loro doni. Non preoccuparti, non esistono, me li sono inventati io. Magari quelle risorse finisce che...


No, cara Miriam, resta come sei, con il tuo senso di giustizia impulsivo e passionale. Con il cuore grande e generoso. In fondo mi piaci così. Con il calcolo delle conseguenze ci arrangeremo in qualche modo.

venerdì 18 gennaio 2008

Perchè Darwin non passa?

Interessante articolo in merito.

Ma perchè diavolo la teoria evoluzionista, per la quale simpatizzano gran parte degli scienziati in circolazione, stenta a trovare un varco nella mentalità comune?

Forse perchè mette a repentaglio la centralità dell' uomo nell' universo? Si direbbe di no visto che teorie altrettanto minacciose, dopo una qualche resistenza, sono state assimilate senza sforzo.

"...contrast this on-going battle over Darwin with the fate of the other great scientific revolutions. The same Christian fundamentalists who argue that public school should teach creationism have no quarrel with the Copernican revolution..."

L' autore avanza una congettura a sorpresa.

"...the stumbling block to an acceptance of Darwin, I would like to submit, has little to do with Christian fundamentalism, but a whole lot to do with our intense visceral revulsion at monkeys and apes..."

Sarebbero dunque quegli stessi istinti meritori che ci consentono di progredire verso una civiltà sempre più raffinata, a contrastare l' ipotesi della mamma/scimmia. Il primate è visto con orrore proprio perchè siamo tutti tesi ad allontanarci da quella condizione.

Personalmente rigetto una simile ipotesi, eppure qualcosa di buono puo' essere estrapolato anche da lì.

Formulo di seguito una mia personale congettura.

L' ACCETTAZIONE DELL' IPOTESI EVOLUTIVA DIPENDE DALLA CORNICE EPISTEMOLOGICA IN CUI VIENE PRESENTATA.

Dal che si evince quanto poco conti nelle reazioni suscitate il contenuto proprio della teoria.
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Galileo, alla luce delle sue scoperte, pretese di correggere i Testi Sacri riscrivendoli. Ma la cosa era forse necessaria? Oggi sappiamo benissimo di no. Anzi, la pretesa era piuttosto assurda e noi, da uomini moderni, ci sentiamo più vicini a chi si oppose a quella risoluzione.

Eppure le scoperte di Galileo lo indussero in tentazione. Non si presentarono ai suoi occhi come delle mere scoperte scientifiche ma piuttosto come una conoscenza ultimativa da vergare nel Libro Sacro che contiene quel genere di Verità. La tentazione che insinuarono quelle scoperte consistette nel sollecitare un mutamento epistemologico delle scienze, un loro innalzamento a metodo supremo e unico. Furono i metodi a confrontarsi, quello teologico e quello scientifico nell' accezione moderna. Furono i metodi prima ancora che le teorie propriamente dette.

La stessa dinamica si riproduce in occasione della teoria darwiniana. Molti dei suoi divulgatori ce la riferiscono senza limitarsi ai contenuti propri, ma allargandone le implicazioni a dsmisura. Ecco allora che lo scienziato (o il divulgatore di scienza) si trasforma in filosofo (o in divulgatore di filosofia). E spesso, purtroppo, dopo questa metamorfosi, abbiamo perso un serio professionista per ritrovarci di fronte un dilettante querulo.

Forse le teorie dell' ID non sono scientifiche, forse sono solo una filosofia. Sta di fatto che sono l' appropriata risposta a come ci viene ammannita spesso la teoria darwiniana, per l' appunto una filosofia delle Cose Ultime, anzi delle Cose Prime.


Nessuno nega che molti filosofi empiristi, anche raffinati, abbiano derubricato il ruolo della filosofia, anzi l' hanno proprio fatta sparire nel nulla, ma una posizione tanto radicale è da discutere con trasparenza ponendola chiaramente all' ordine del giorno. Qualcuno forse pensa con faciloneria che gli esiti di quella discussione possano essere dati per scontati anche grazie all' apparire sulla scena di Darwin. Errore, è proprio perchè vogliamo considerare l' evoluzionismo come un pensiero scientifico che notiamo quanto poco abbia da dirci in merito all' oggetto che più ci preme.

La libertà nel mondo? Cercatela in oriente

Declino dell' occidente?

Più libertà economica, più ricchezza

La morale è sempre quella. Qualche grafico aggiornato.

McDonald's fa bene al mondo

Interessante articolo sull' argomento.

"Critics have excoriated the US fast-food industry in general, and McDonald's most particularly, both per se and as a symbol of the United States. However, examining McDonald's internationalization and development abroad suggests that McDonald's and the others of its ilk are sources of development for mid-range countries. McDonald's brings training in management, encourages entrepreneurship directly through franchises and indirectly through demonstration effects, creates backward linkages that develop local suppliers, fosters exports by their suppliers, and has positive external effects on productivity and standards of service, cleanliness, and quality in the host economies"

I pregiudizi dei media

Rileggevo, meditandone le conclusioni, quello scritto che rappresenta un po' il benchmark in materia meditandone le conclusioni.

A quanto pare, rispetto alla loro potenziale utenza misurata attraverso gli esiti delle elezioni politiche, i giornali americani soffrono di un chiaro sbilanciamento a a sinistra.

Spiegazione 1:

"...James Hamilton [2004] notes that news producers may prefer to cater to some onsumers more than others. In particular, Hamilton notes that young females tend to be one of the most marginal news consumers (i.e. they are the most willing to switch to activities besides reading or watching the news). Further, this group often makes the consumption decisions for the household. For these two reasons, advertisers are willing to pay more to outlets that reach this group. Since young females tend to be more liberal on average, a news outlet may want to slant its coverage to the left..."

Spiegazione 2:

"...A more compelling explanation for the liberal slant of news outlets, in our view, involves production factors, not demand factors. As Daniel Sutter [2001] has noted, journalists might systematically have a taste to slant their stories to the left. Indeed, this is consistent with the survey evidence that we noted earlier. As a consequence, “If the majority of journalists have left-of-center views, liberal news might cost less to supply than unbiased news [p. 444].”
A questo punto sarebbe interessante che si spiegasse il perchè i giornalisti siano prevalentemente di sinistra. Probabilmente si sfocerebbe nella più ampia questione degli intellettuali.

Altra conclusione: chi lavora nei media non è granchè condizionato dalla proprietà.

Alcuni temono che l' informazione lasciata al mercato tende ad uniformarsi. Costoro farebbero bene a tranquillizzarsi.

"...some claim that a free-market system of news will produce less diversity of news than a government-run system. However, again, our results do not support such a claim. The variance of the ADA scores of the privately run outlets is substantially higher (131.3) than the variance of the two government-funded outlets that we examine (55.1)..."

Ma i metodi dell' analisi linkata sono applicabili alla realtà italiana? Qualcuno ha tentato il parallelo. La risposta è negativa. Puglisi propone allora metodi alternativi.