giovedì 3 aprile 2014

Pagare tutti per pagare meno

E’ uno slogan ricorrente quando si parla di tasse con l’ ansia di mettere nel mirino quel bandito dell’ evasore: se solo lui pagasse, io pagherei meno.

Ma chi lo sostiene dovrebbe rendere conto di almeno due cose.

1. Poiché l’ evasione/elusione riguarda più da vicino i redditi di capitale rispetto a quelli di lavoro, ci si aspetterebbe che le aliquote gravanti sui primi siano maggiori. E’ vero l’ opposto: dove per questioni tecniche è maggiore l’ elusione/evasione, il fisco sembra adeguarsi presentando un conto meno salato.

2. La storia fiscale italiana (link omesso perché tanto nessuno leggerebbe) parla chiaro: la compliance è cresciuta parallelamente all’ aumento delle aliquote. Ovvero, quanto più cresceva la propensione a battere scontrini, quanto più cresceva la "coscienza fiscale" degli italiani, tanto più lievitava l' aliquota a cui erano sottoposti i loro redditi.

Correlazione e causalità sono cose diverse e il punto 2 puo’ avere molte spiegazioni, tuttavia una spicca per linearità e merita di essere citata: se una cosa funziona la si usa di più.

Ovvero, se il contribuente paga, perché mai non dovrei “spremerlo” ulteriormente?

Si puo’ sfuggire al primo punto ma è difficile farlo senza ricadere nel secondo.

I due punti non si limitano a revocare in dubbio lo slogan ma addirittura lo ribaltano: “se più gente evadesse, pagheremmo tutti meno”, ovvero: se il mestolo fosse un colabrodo non verrebbe usato tanto alacremente.

Il politico che annuncia nuove tasse non è ben visto: perché rovinarsi l’ immagine se poi si raccoglie tanto poco da distribuire alla propria constituency?

Una specie di parassitismo alla rovescia: l’ evasore come scudo per il tartassato. Guarda caso in tutto il mondo i livelli di tassazione e le pretese del fisco aumentano all’ aumentare della tecnologia in possesso degli accertatori (link omesso perché tanto nessuno leggerebbe). Si puo' con fondamento ritenere che se grazia ad una bacchetta magica l’ evasione sparisse, probabilmente le tasse s’ impennerebbero (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe).

Strano ma logico. E soprattutto in linea con i fatti osservati in passato.

obey

***

Altra recriminazione: “l’ evasore fa concorrenza sleale” compromettendo l’ efficienza del sistema.

E’ vero, l’ evasore sopporta meno costi (tributari) rispetto al suo concorrente. Ma, fateci caso, anche l’ impresa olandese e quella svedese sopportano meno costi tributari rispetto a quella italiana, eppure nessuno parlerebbe di “concorrenza sleale” in quel caso. E non si puo’ nemmeno addurre che l’ impresa olandese sia costretta a operare con meno servizi. Al contrario!

Perché allora in quei casi – eccezion fatta per qualche folkloristico protezionista – non si parla di “concorrenza sleale”? Qualora l’ impresa, grazie all’ evasione, si auto-riducesse le imposte a livello “americano”, chi oserebbe accusarla di parassitismo? 

Mmmmm. Mi rendo conto che questo argomento va integrato, da solo non è poi così convincenti per rintuzzare la recriminazione di partenza. In effetti il piatto forte deve ancora arrivare e ve lo servo subito.

Fate bene attenzione: lo slogan recriminatorio che ho messo in grassetto qua sopra, per essere attendibile, necessita che la spesa pubblica sia efficiente. Ma la spesa pubblica che ci ritroviamo presenta queste caratteristiche?

Ovviamente no, dopo gli anni 50/60 del secolo scorso la spesa pubblica è in efficiente un po’ ovunque in Europa (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe).

Troverete chi sostiene che lo stato spende in modo più equo ma non chi sostiene che spende in modo più efficiente. Di sicuro l’ evasore ha una struttura d’ incentivi a spendere in modo efficiente più coerente rispetto a quella che possiede il burocrate.

I fondi sequestrati all’ evasore intercettato sarebbero dunque spesi dalla politica in modo inefficiente. Al contrario, l’ evasore, trattenendo presso di sé quelle somme, le spenderebbe in modo efficiente: se deve farsi una piscina, per esempio, sceglierà la ditta più efficiente per costruirla, e questo per il semplice fatto che premiare il migliore sulla piazza conviene innanzitutto a lui.

L’ inefficienza della concorrenza sleale (oltretutto al netto di quanto si diceva all' inizio di questa sezione) è più che compensata dall’ efficienza di come vengono successivamente spese le risorse trattenute grazie all’ evasione stessa.

Naturalmente, efficienza ed equità possono divergere: spendere per lavare i fazzoletti-dei-poveretti-della-città sembra più equo che spendere per costruire una piscina olimpionica nella villa dell’ evasore. Ma se spostiamo l’ attenzione sull’ equità allora dovremmo innanzitutto dimostrare l’ equità di una pratica quale l’ esosa tassazione europea. E l’ impresa, credetemi ancora per poco sulla parola, è a dir poco ardua. Specie se ci si affida al buon senso.

***

L’ evasione è eticamente condannabile?

Io sostengo di no per il semplice fatto che ad essere condannabile moralmente è la tassazione. Almeno una certa tassazione. Ironia della sorte in Europa esiste proprio “quel” tipo di tassazione.

Per capirci meglio bisognerebbe tornare alla struttura fondante della tassazione. Ogni tassa è una proposta di Corleone: “tu mi dai la somma X e io ti fornisco il servizio Y. O ci stai con le buone o ci stai con le cattive. O mangi sta minestra o salti dalla finestra. Allora?”.

Non mi sembra un modo di agire molto “etico”. D’ altronde nella storia gli stati emergono come cosche vincenti in una lotta tra “protettori”.

E ha poco senso evocare il metodo (magari democratico) con cui viene scelto chi è poi chiamato a formulare una “proposta di Corleone”. Se Tizio, Caio e Sempronio voglio suonare un quartetto d’ archi non possono coartarmi alla stregua di uno schiavo costringendomi con la minaccia della galera a studiare musica perché “… manca il secondo un violino e devi quindi suonarlo tu”. Nemmeno se si giustificassero dicendo di aver deciso la cosa a maggioranza tre contro uno.

Oltretutto, Corleone offriva servizi di protezione in genere efficienti: il ladruncolo del quartiere che violava la zona del boss disturbando i “protetti” veniva rinvenuto appeso al lampione la notte stessa.

In altri termini, la tassazione per essere giustificata richiede un doppiopesismo morale: ci sono uomini (i rappresentanti del governo) che hanno uno status morale superiore rispetto ai cosiddetti “rappresentati” e quindi possono fare cose che a questi ultimi non sono concesse.

Chi accetterebbe una differenziazione nello status morale dei soggetti? Ormai la si accetta a fatica anche tra uomini e animali!

Ma abbandoniamo pure le buone ragioni del radicalismo e concediamo che tassare il prossimo sia moralmente accettabile quando costituisce uno strumento per fornire beni pubblici alla comunità e per compensare le esternalità che si producono nell’ azione degli individui. Raggiungeremmo un livello di tassazione complessiva eticamente consentita tra il 5 e il 20%, un mondo sideralmente distante da quello in cui opera l’ evasore di cui ci occupiamo qui.

Per alcuni l’ evasore è moralmente riprovevole in quanto “parassita sociale”. L’ evasore usufruirebbe di beni alla cui produzione non contribuisce. Ma l’ accusa ha i piedi d’ argilla, qualora non si provi contestualmente la piena legittimità della tassazione sovrastante. Con un’ analogia azzardata ma illuminante, sarebbe come dire che in occasione di un sequestro il “rapito”, per quanto abbia le sue buone ragioni per lamentarsi, resta comunque un parassita poiché non respinge il rancio passatogli dai sequestratori. Assurdo, vero?

Mi spingo ancora oltre: anche qualora ammettessimo che la tassazione sia legittima, cio’ non ci consentirebbe ancora di dire che l’ evasore è un “ladro”. Prendendo seriamente le parole, mi tocca far osservare che “ladro” è chi si impossessa della proprietà altrui e l’ evasore, almeno in un’ ottica giusnaturalista, è comunque proprietario a tutti gli effetti della ricchezza che ha prodotto. Semplicemente, sarebbe in torto in quanto inadempiente rispetto ad una certa obbligazione tributaria (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe)

E che dire, in conclusione, della lotta tra categorie? “Dipendenti” vs. “Autonomi”. Spesso la contrapposizione è presentata in termini etici.

Francamente trovo che sia una ricostruzione distorta. Come sappiamo l’ occasione fa l’ uomo ladro e non avere occasioni non è certo un merito (a volte è un demerito!).

Ma, come se non bastasse, c’ è di più. Le evidenze empiriche (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe) ci dicono che chi non evade perché non puo’ (esempio il lavoratore dipendente) è anche mediamente più incline ad evadere appena puo’ (il sommerso è più diffuso tra chi ha un “secondo lavoro”  che tra le “partite iva”). Non penso proprio che ci si possa proclamare santi per il solo fatto di non essere mai stati “tentati”. Un’ etica del genere non esiste, bisognerebbe inventarla ad hoc.

***

Siamo sicuri poi che l’ evasore faccia mancare risorse essenziali allo stato?

Sembrerebbe di no. Oggi il condominio Italia langue e il condominio Germania prospera. Si tratta di due condomini in tutto uguali e un confronto è lecito.

Qualcuno è tentato di osservare che i condomini del primo condominio non pagano con solerzia le spese condominiali.

Vero, ma se andiamo a vedere poi ci accorgeremmo che, a parità di condomini, l’ amministratore del condominio Italia ha in cassa e spende esattamente le stesse somme dell’ amministratore del condominio Germania (link omesso perché tanto nessuno leggerebbe), nonostante il confronto sui risultati sia imbarazzante.

E allora? Allora i condomini dovranno pure pagare le spese ma se le cose vanno come vanno nel loro condominio la causa non sta certo nell’ insolvenza quanto negli amministratori.

***

L’ evasore però, con le sue gesta, viola la legislazione di stato svalutando di fatto tutte le leggi, anche quelle giuste.

Qui l’ evasore è indifendibile: come si puo’ governare uno stato se il valore delle leggi emanate è vicino a zero? Non rispettare una legge rischia di ridurre a carta straccia l' intero corpo legislativo.

***

Qui sta la vera colpa dell’ evasore ma anche la ricetta della lotta all’ evasione: basta eliminare, sfoltire, attenuare le leggi violate e applicare con più rigore le poche che restano.

Meno tasse e aliquote più basse.

Una volta che le leggi comunemente violate scompaiono (o si attenuano) non saranno più violate (o lo saranno meno) e l’ effetto svalutazione non si riverserà sulle leggi buone.

Che inconvenienti comporta l’ abrogazione (o attenuazione)? Inconvenienti in termini di efficienza? Al contrario, l’ efficienza del pase aumenta, lo abbiamo appena visto (si eliminano costi burocratici, costi del sommerso, costi di pseudo-concorrenza sleale…).

Inconvenienti in termini di equità? Al contrario, l’ equità aumenta, lo abbiamo appena visto (si attenua l’ applicazione di un doppio standard tra i soggetti in campo).

Ma per lo scettico l’ evasore continuerà ad evadere imperterrito. L’ evasore è fatto così, penserà. Non ha una testa, è una macchina. Una macchina per evadere. L’ imposta puo’ essere alta, media, bassa... Il suo mestiere è evadere e lui la evaderà.

Per lo scettico ho due risposte.

Prima: se diminuiscono le aliquote, a parità del resto, evadere diventa molto più costoso e l’ evasore, se agisce razionalmente, rallenta. Se il prezzo sale, si compra meno. Di solito.

Seconda: con meno leggi da far rispettare l’ applicazione delle poche rimaste migliora. Gli accertatori fiscali potranno concentrarsi su pochi e più mirati compiti. Se le cose da fare diminuiscono, si fanno meglio. Di solito.

 

Charles Murray: No, I don’t think women are genetically inferior

Charles Murray: No, I don’t think women are genetically inferior | AEIdeas:



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What Does Christianity Suggest About Human Uniqueness?

What Does Christianity Suggest About Human Uniqueness?: "William Hurlbut"



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Curva di Phillips, stagflazione e NDGP

Il fenomeno della stagflazione segna il fallimento di NDGP.

La stagflazone indica un fallimento reale dell' economia (problemi nell' offerta), di conseguenza "far scottare" la moneta nella mano dei potenziali compratori nazionali è inutile. Ma l' inflazione non ha solo questa funzione, serve anche per tagliare i salari laddove sono rigidi. Un taglio dei salari cura l' offerta che diventa più competitiva e riformabile.

http://www.themoneyillusion.com/?p=14924

mercoledì 2 aprile 2014

Finanziamenti e campagne elettorali

Does Campaign Finance Buy Power? Results? http://feedproxy.google.com/~r/BleedingHeartLibertarians/~3/RvgyPL85CLY/

Dubbi sugli studi preschool

http://www.brookings.edu/blogs/brown-center-chalkboard/posts/2014/04/02-dubious-prek-science-whitehurst#.UzxP9DQ5jN4.twitter

Why Lesbians Aren't Gay

Steve Sailer: "Why Lesbians Aren't Gay" National Review 5/30/94; From "Pervert" to "Victim:" The Media's Continued One Dimensional Stereotyping of Homosexuals:



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DILEMMA: perché non si affrontano le sostanziali differenze tra gay e lesbiche?

DIFFERENZE NEGLI HOBBIESAs with any other large collection of people, numerous fault lines divide homosexuals, but the most remarkable is the one separating gay men from lesbians.  What are we to make of all this? What does it say about human nature that so many enthusiasms of the average lesbian and the average gay man diverge so strikingly? 

UN CONFINE ARTICOLATO. It’s important to note that the different inclinations of gays and lesbians do not follow easily predicted lines. In roughly half the traits, homosexuals tend to more resemble the opposite sex than they do the rest of their own sex... Yet, for many other traits, homosexuals exhibit their own sex’s tendencies to a heightened degree. For instance, all great classical composers have been male. At least since Tchaikovsky, though, an impressive number of leading composers have been gay or bisexual (e.g., Britten, Copland, Barber, Poulenc, Corigliano, and Bernstein).

LATINI E ANGLOSASSONI. The best criticism of this article’s gay vs. lesbian dichotomy would be that it doesn’t go far enough. For example, people raised in Latin countries might think it peculiar that Americans insist on labeling as “gay” both Truman Capote and that exemplar of murderous masculine charisma, Alexander the Great. Latins are inclined to care less than Americans about whom a man goes to bed with and more about what he does there

STAMPA FALLACE. Rather than help educate the public to think in terms of bell-shaped curves and individual variances, the press instead warns us to abstain altogether from noticing average differences between groups.

FATTI E MORALE. Are homosexuals fairly common, like, say, tax-cheaters, lefthanders, or tithe-givers? Or are they fairly rare, like prison inmates, identical twins, or clergy? This is certainly an interesting topic, but why this purely empirical question is thought to possess such moral consequence that many people feel compelled to lie about it is beyond me

EFFETTI DELL'IGNORANZA. One of the cruelest effects of ignorance about homosexuals’ propensities is the heartbreak it causes both a homosexual and his or her parents when the adult child finally reveals the Surprising Truth. We are told that if only the parents hadn’t been socialized to hold outdated prejudices, the surprise would not be disappointing. Disappointment, however, is inevitable: the desire to pass on your genes to grandchildren is bedrock human nature. What is far more avoidable, though, is the surprise

POLICY. Gay vs. lesbian distinctions are also important for thinking about public policies. Homosexual-related issues like gays in the military, AIDS, and same-sex marriages cannot be discussed realistically without acknowledging the wide differences on average between gays and lesbians. For example, the New York Times, the Wall Street Journal, the Atlantic, and the newsweeklies have been trumpeting, despite the highly preliminary nature of the findings, evidence that homosexuality has biological roots. Generally overlooked, however, is that most of the research was performed on gay male subjects by gay male scientists and then hyped by gay male publicists... Going largely unreported is the lesbian population’s profound ambivalence about this half-scientific, half-political crusade. (For example, an attack on the theory that lesbianism has biological causes is one of the main themes of Lillian Faderman’s fine history of American lesbians, Odd Girls and Twilight Lovers.). Many lesbian-feminists deny that their sexual orientation is biologically rooted, attributing it instead to what they perceive as our culture’s decision to socialize males to be domineering.

DUTTILITA' DELLA NATURA UMANA Beyond homosexual-related issues, this gay vs. lesbian dichotomy can cast new light on many social questions. Fundamentally, as Thomas Sowell has pointed out, almost all American social controversies rest on conflicting assumptions about human nature. Is it infinitely malleable? If not, what are its constraints?

DIFFERENZE PER L'ASPETTO FISICO. TIPICO SOLO DEL SESSISMO? For example, Feminists tirelessly denounce the fashion and beauty industry for brainwashing American men into craving skin-deep feminine beauty. But which is truly the cause and which is the effect? Luckily, the curious analyst can study people who have rejected heterosexual socialization: among homosexuals, the distinctiveness of men’s and women’s basic sexual urges is especially vivid. Since “Women Seeking Women” don’t need to entice men’s visually-focused desires, their newspaper personal ads tend toward wistful vagueness: Attractive SWF, bi, seeking SF, feminine & discreet, any race, for friendship and possible rltnshp. In contrast, the “Men Seeking Men” classifieds bristle with statistics quantifying appearance: John Wayne-type (41, 6’3″ 210#, C 46″ W 35″, brn/grn) seeks Steve Garvey-type (muscular, str8-acting, 20-30, under 6′ & 185#, blu eyes a +). ven more egregiously swept under the rug by feminists like Naomi Wolf (author ofThe Beauty Myth) is the central creative role of gay men in the fashion business.

High-frequency trading and the retail investor

High-frequency trading and the retail investor:



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martedì 1 aprile 2014

HFT for dummies

http://www.bloombergview.com/articles/2014-03-31/michael-lewis-doesn-t-like-high-frequency-traders

altro link: http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702303978304579475102237652362?mod=WSJ_Opinion_LEADTop&mg=reno64-wsj

In un certo senso sembra che HFT sia un po' come la colt: ci rende tutti più uguali. Speriamo sia un po' meno pericoloso.

Air Pollution: World's Biggest Health Hazard

CONVERSABLE ECONOMIST: Air Pollution: World's Biggest Health Hazard:



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Is Atheism Irrational?

Is Atheism Irrational?:



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Meno penale, per favore!

I reati tributari alla sfida della globalizzazione | Marco Di Siena:



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Classifica di generosità

CAF_WGI_Infographic.png (1500×7723):



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Le incertezze della politica estera

You Don't Know the Best Way to Deal with Russia, Bryan Caplan | EconLog | Library of Economics and Liberty:



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lunedì 31 marzo 2014

Marx sopravvalutato

New York Times Debate on “Was Marx Right?” http://feedproxy.google.com/~r/BleedingHeartLibertarians/~3/daiwStsvDso/

Votate il mercato

Vote Markets http://feedproxy.google.com/~r/BleedingHeartLibertarians/~3/KYko7goWzg0/

Economia classica e comportamentistica

Al fine di screditarla, si dice spesso che l' economia classica postuli un inverosimile uomo razionale e perfettamente informato (homo economicus).

In realtà si postula ben altro, ovvero che noi non possediamo una "teoria degli errori".

L' economia comportamentista crede invece di avere in mano una teoria degli errori, e la ricava per lo più dalla psicologia evolutiva.

Mentre l' economia classica postula un uomo con obiettivi che intende raggiungere (ipotesi debole), l' economia comportamentista supportata dalla psicologia evolutiva va oltre ipotizzando che l' uomo abbia un fine ultimo specifico: riprodursi.

In realtà quello sarebbe il fine dei geni, i quali "costruiscono" gli uomini come fossero robottoni utili a conseguire l' obbiettivo finale.

Ma l' economia comportamentista supportata dalla psicologia evolutiva procede proponendo una specifica teoria degli errori: noi, rispetto al nostro obbiettivo, ci comportiamo razionalmente rispetto al contesto di 20.000 anni fa (il contesto in cui si è formato il nostro cervello) e non rispetto al contesto in cui viviamo ora, da questa discrepanza derivano tutte le nostre irrazionalità (tra cui anche quella per cui l' uomo moderno fa meno figli di prima pur potendone fare di più).

Un esempio?: la eoria "delle code prevedibili". Perché esistono code prevedibili quando si potrebbe evitarle alzando i prezzi di cio' che viene offerto? Semplice, perché nel nostro cervello esiste il concetto di "prezzo equo" (di solito equivale al prezzo comunemente praticato). Alzare i prezzi in certe circostanze è considerato iniquo anche se nel nostro contesto sarebbe considerato perfettamente razionale.

Altri esempi sono costituiti dalle preferenze intertemporali: se esiste un fattore di sconto cablato nei nostri cervelli è assurdo aggiungerne uno nei calcoli, e questa assurdità da vita a molti esempi tipici.


Le cifre sulla aborto: prima e dopo la legge 194

Le cifre sulla aborto: prima e dopo la legge 194 » Marcia nazionale per la Vita:



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L' arte nello spazio tempo

L' arte del 900 è "contestuale". All' artista del passato è richiesta una "buona mano" (Vasari), a quello contemporaneo è richiesto di centrare una coordinata spazio-temporale.

E' richiesto "tempismo": fare qualcosa al momento giusto e nel luogo adatto.

Tu dici "l' avrei saputo fare anch' io"? Forse avresti saputo imitare il gesto ma non avresti mai saputo collocarlo nel posto e nel momento esatto.

Immagina la famosa "rovesciata di Parola" (quella effigiata sulle bustine di figurine Panini). Un gesto atletico passato alla storia. Ma perché esaltare il gesto di Parola? In fondo sono in molti a poterlo riprodurre. Anche molte persone normalissime, non parliamo poi di atleti. I ginnasti saprebbero fare cose ben più strabilianti. Tuttavia, nessuno di costoro sa compiere quel gesto nel momento giusto (in modo da incocciare il pallone con la giusta angolazione in modo da infilarlo nel sette) e nel posto giusto (uno stadio di calcio gremito di spettatori).

Dealing with Climate Change: Prevention vs Adaptation

Ideas: Dealing with Climate Change: Prevention vs Adaptation:



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Due vantaggi dell' adattamento: 1) internalizza costi e benefici 2) si concentra sul negativo dei mutamenti climatici (senza bisogno di oscurare il positivo).

venerdì 28 marzo 2014

Tassare il capitale?

Too Little Faith in People, Tax Policy Edition http://gregmankiw.blogspot.com/2014/03/too-little-faith-in-people-tax-policy.html

Il mistero della fama





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Scommetti con Pascal? Allora scommetti anche con me!





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Tutti conoscono la scommessa pascaliana. C' è chi dice che sia razionale scommettere per l' esistenza di Dio. A costoro si puo' proporre:

The following offer should be irresistible to anyone who accepts
Pascal’s wager as sound. Many philosophers do in fact think that
Pascal’s wager is sound but for those who do not think so I suggest
below why the offer should be accepted by anyone who thinks there
is some probability that Pascal’s wager might be sound, no matter
how small the probability.
The offer is as follows. For a fee of all your wealth I will use my
line to God to put in a word on your behalf. I assert that individuals
for whom I put in a good word are more likely to enter heaven and
receive everlasting joy than are other individuals. Table 2 shows
the different possible outcomes, their utilities, and in brackets some
probabilities to be discussed below.

Since my offer applies to those who accept Pascal’s wager as
sound they expect an infinite utility from believing in God whether
or not my offer is accepted. The table suggests, therefore, that
paying the fee is dominated by not paying the fee. The inference,
however, is incorrect. Paying the fee is infinitely better than not
paying the fee as becomes clear once we introduce probabilities.
If God exists and my line to God is open someone who pays the fee
enters heaven with probability p1 but someone who does not pay
the fee enters heaven with only probabilityp2 withp2 < p1:If God
exists but my line to God is broken then with probabilityp3 both the
payer and non-payer enter heaven. With probability p4 neither the
payer nor the non-payer enter heaven but the non-payer is better off
by amount w.
...
Pascal’s wager is initially compelling because “believing” in God
appears to be costless.6Believing in the possibility of infinite utility,
however, implies that the believer is willing to accept any finite cost
to achieve any positive probability, no matter how small, of attaining
infinite utility. The offer makes this latter point particularly clear

Possibile significato: la scommessa di Pascal ha poco senso se presa isolatamente ma assume senso in un contesto di teologia naturale: ha perfettamente senso dare tutto di se stessi ma occorre dare se stessi secondo la modalità più ragionevole. In altri termini: la scommessa di Pascal è sensata se posso dire qualcosa di quel dio per cui scommetto.

Perché proteggere con brevetto idee che non sono costate niente?





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According to the economic theory of patents, patents are needed so that

pioneer rm have time to recoup their sunk costs of research and development.

The key element in the economic theory is that pioneer rms have large, hard

to recoup, sunk costs. Yet patents are not awarded on the basis of a rm's sunk

costs. Patent law, in fact, ignores costs. The disconnect between patent law and

patent theory suggests either that modifying patent law so that it better ts with

patent theory would reduce the costs and ine ciencies associated with current

patent practice or that the standard economic theory of patents is wrong.

giovedì 27 marzo 2014

La dieta vegetariana fa male alla salute? POST

Vegetarians are more cancerous, allergic, and insane? http://chrisblattman.com/2014/03/27/vegetarians-cancerous-allergic-insane/

Il significato della vita e le dipendenze

Giving alcohol to alcoholics: not as controversial as it seems | Practical Ethics:



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Il significato conta talmente che si arriva addirittura a pagare l' alcolizzato in alcolici purché lavori

Have Past IPCC Temperature Predictions Been Accurate?

Ideas: Have Past IPCC Temperature Projections/Predictions Been Accurate?: "So it looks as though the IPCC has predicted high four times out of four, two of the four times by a lot."



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One way of judging how good a job the IPCC has done of modelling global climate is to compare its predictions with a much simpler model, a linear fit of past data. Looking at a webbed graph of the data and fitting by eye, the slope of the line from 1910, when current warming seems to have started, to 1990, when the first IPCC report came out, is about .12 °C/decade. That gives a better prediction of what happened after 1990 than any of the IPCC reports.

martedì 25 marzo 2014

L' inflazione cosmologica è una teoria scientifica?

Altro che inflazione! Le obiezioni di uno scettico - Le Scienze: "'inflazione è disponibile in così tante versioni diverse che può darti “tutto quello che vuoi”. In altre parole, non può essere falsificata, e quindi - come la psicoanalisi, il marxismo e altre ipotesi eccessivamente flessibili - non è una teoria realmente scientifica."



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altro link

http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2014/03/the-multiverse-is-looking-more-likely.html

Matt Strassler has a good post on what this experiment means, assuming the data will be verified and is correctly interpreted: http://profmattstrassler.com/2014/03/18/if-its-holds-up-what-might-bicep2s-discovery-mean/
He also addresses Linde’s multiverse claims in the comments, concluding he may be stretching the evidence a bit further than experiment justifies:
“It is true that both Linde and Guth see it as difficult to have inflation without having a hugely complex universe with huge separated regions, which is what one may call a “multiverse” in this context. They are great scientists and one has to take them seriously. But this is something we only know about from theoretical considerations; there’s no experimental evidence for it as of now. My own understanding of the theoretical considerations involved is too weak for me to have a strong opinion, and at this point I’m inclined to take the view that the issue is not settled yet, though a “multiverse” of this type is a possibility. I plan to write about this soon.”
- See more at: http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2014/03/the-multiverse-is-looking-more-likely.html#sthash.Z3wY47Fd.dpuf

JN March 25, 2014 at 5:16 am
Good point. That post by Matt Strassler is very good at explaining the tremendous implications that the observations by the BICEP 2 experiment would have if confirmed to be correct.
That sentence of his about the multiverse is also very accurate. Linde is an immensely good scientist but he is know among the cosmology community for pushing his ideas very strongly; one should always take his bold statements with a grain of salt. Even if the results of this experiment are correct, the multiverse idea would still be considered speculative by most cosmologists
- See more at: http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2014/03/the-multiverse-is-looking-more-likely.html#sthash.Z3wY47Fd.dpuf

sabato 22 marzo 2014

Ideona: aprire ospedali nei consolati

Overcoming Bias : Search Results : Let countries like Sweden, France, etc. with approved national health care systems have bigger consulates, and open:



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Dando retta a quanto si dice, negli USA dovrebbe essere un affare: Since most other nations spend far less than the US on medicine, consulate care should be a lot cheaper. And since those other nations seem to suffer no net health loss from their cheaper care, consulate care should be no less healthy. - See more at: http://www.overcomingbias.com/?s=Let+countries+like+Sweden%2C+France%2C+etc.+with+approved+national+health+care+systems+have+bigger+consulates%2C+and+open+#sthash.D4If0XMk.dpuf

Per una sanità altamente regolamentata: Arrow e Stiglitz

John Cochrane on Health Care | askblog:



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Selezione avversa e asimmetria d' informazione, ecco i due fallimenti di mercato che richiedono intervento pubblico.



Contro l' asimmetria informativa puo' qualcosa la competizione, ma i segnali negativi della prima sono concentrati e colpiscono mentre quelli positivi della seconda sono diffusi e passano inosservati.



Contro la selezione avversa possono qualcosa le evidenze empiriche: le persone che stanno bene in salute sono anche quelle che più probabilmente stipuleranno una polizza. Probabilmente conta il carattere; la coscienziosità ci mantiene in salute e al riparo da ogni rischio.

Don't Help Your Kids With Their Homework

Don't Help Your Kids With Their Homework - Dana Goldstein - The Atlantic:



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giovedì 20 marzo 2014

Speranza di vita...

Do We Really Spend More and Get Less? | John Goodman's Health Policy Blog | NCPA.org: "What about life expectancy statistics — a favorite of the critics, since Americans don’t score very high? It turns out that when you remove outcomes doctors have almost no impact on — death from fatal injuries (car accidents, violent crime, etc.) — U.S. life expectancy jumps from 19th in the world to number one!"



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Do We Really Spend More and Get Less?

A Better Way to Save $1 Trillion | John Goodman's Health Policy Blog | NCPA.org:



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Una tesi molto comune ribaltata

mercoledì 19 marzo 2014

lunedì 17 marzo 2014

Metodi

The Popularity of Silly Methods, by James Schneider http://econlog.econlib.org/archives/2014/03/the_popularity_1.html

venerdì 14 marzo 2014

La Grande e la Piccola Rivoluzione

Tempo di quaresima, tempo di depurazione interiore e di rivolgimenti etici.

Auspico giusto un paio di Rivoluzioni: la Grande e la Piccola.

La Grande è la più importante ma anche la più ostica. Le resistenze sembrano insuperabili, albergano probabilmente nella nostra natura più profonda. La Grande richiede il maggiore impegno ma è anche quella davvero in grado di cambiare le cose: la società, la qualità delle nostre vite e molto altro ancora. Il mio assopito spirito crociato si risveglia solo quando penso a lei.

La seconda rivoluzione (la Piccola), non dico sia facile, ma resta comunque accessoria. Qualora si realizzasse al 10% sarebbe già più che sufficiente. Certo, se arriva tanto meglio: è come la ciliegina sulla torta, sempre meglio papparsela che gettarla nell' immondizia.

Eppure, con mio vivo disappunto, noto che la prospettiva più diffusa è quella esattamente rovesciata: la Piccola Rivoluzione gode di un lustro fuori dal comune, di un prestigio a mio avviso immeritato. Tutti non fanno che fantasticare su di lei e parlare di lei alzando con fare esaltato e occhi spiritati il suo stendardo. Messi in ombra da tanto entusiasmo, i paladini della Grande indietreggiano. Scantonano per poi disperdersi, finché nessuno si ricorda più della loro esistenza.

Ma di cosa sto parlando?:

"Grande Rivoluzione Etica": trasformare l' invidia in egoismo.

"Piccola Rivoluzione Etica": trasformare l' egoismo in altruismo.

Matteo e Francesco

Matteo vuole abbassare le tasse. Tutti sono d' accordo, cosicché ci si scanna su quale tassa abbassare prima.

Francesco vuole una Chiesa più clemente verso chi sbaglia. Tutti sembrano d' accordo, cosicché ci si scanna su chi indulgere prima.

Consiglio non richiesto a Matteo: abbassi l' IRAP piuttosto che l' IRPEF. Meglio far spendere chi investe piuttosto che chi consuma. Solo l' investitore puo' innovare, e la ricchezza duratura di un paese dipende unicamente dalla sua capacità di innovare.

Consiglio non richiesto a Francesco: indulga verso i gay piuttosto che verso i divorziati. In fondo i primi sono un numero infimo rispetto ai secondi. Oltretutto i presunti guasti che creano alla comunità sono congetture indimostrate mentre i danni e la disgregazione sociale del "divorzio facile" è ormai conclamata, specie nelle classi medio-basse (poverini: il divorzio è un bene di lusso e non gliel' aveva detto nessuno). Meglio allora evitare qualsiasi forma di sponsorizzazione indiretta. 

lunedì 10 marzo 2014

Raccolta commenti

I miei commenti in giro per il web

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Ammettiamolo, è faticoso rintracciare una continuità nella vicenda dell’ interesse. Il fatto è che la condanna all’ usura non era giustificata “dall’ entità delle somme richieste” o dal pericolo della “schiavizzazione del debitore”, bensì ripeteva Tommaso che ripeteva Aristotele: è contro natura generare denaro dal denaro. Senonché “generare denaro dal denaro” è quanto fa il sistema bancario dai suoi albori a oggi, in questo senso nulla è cambiato.  Quando i mercati finanziari divennero più competitivi, le pretese furono moderate dalla concorrenza degli operatori e i vantaggi per tutti furono innegabili. L’ improponibile condanna si attenuò fino ad essere ritirata, al punto che il termine “usura” oggi ha cambiato radicalmente il suo senso. Vogliamo dire che c’ è stata una virata sulle motivazioni anziché sulle conclusioni? Diciamolo pure, il sugo non cambia.
Non c’ è niente di più facile che razionalizzare quello che accade nel mondo, un’ ermeneutica creativa puo’ rintracciare continuità ovunque ma il buon senso non cesserà d’ instillare dubbi. Da Galileo alla “donna sottomessa” le virate (spesso virtuose) non mancano ma questo è davvero motivo d’ imbarazzo per un cattolico? In fondo la sua non è la religione del Libro ma la religione dell’ Uomo. Dell’ incontro con un Uomo. L’ atto di fede del cattolico è una sequela, il cuore della sua fede consiste nel seguire quell’ Uomo (finché riesce a sentirne la natura o l’ ispirazione divina) non nel razionalizzare i suoi detti, per questo l’ obbedienza diventa per lui una virtù primaria. Io stesso ho difficoltà con Francesco, quello che penso per conto mio spesso non coincide con il suo insegnamento, ma cosa devo fare? Non resta che obbedire e approfondire. Vorrà dire che su molte delle battaglie di questa fase anziché essere l’ ariete scalpitante che guida e difende il gregge contro i pericoli esterni sarò la pecora recalcitrante in ultima fila che segue a fatica. L’ importante è non perdersi.

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broncobilly08 settembre 2014 11:23
Una distinzione che genera molti equivoci è quella tra “classical theism” e “personal theism”, lo stesso Feser, collocandosi nel primo filone, vi dedica nel suo blog post estremamente interessanti.
I New atheist, facendo di tutta l’ erba un fascio, si accaniscono in realtà sull’ approccio “personal”, il più intuitivo, cosicché, Feser, da buon “classical”, ha buon gioco nel dire che costoro non sanno nemmeno di cosa parlano. Il dibattito intorno al concetto di “causa” è un buon esempio di questo corto circuito.
Un indizio che suffraga questa ipotesi è l’ inaspettata stima che Dawkins ha tributato a Richard Swinburne (un “personal” di rilievo). Forse sarà dovuta al fatto che è suo collega ad Oxford ma forse anche al fatto che con lui è potuto entrare più nel merito delle questioni anziché essere liquidato in partenza come un tale “che non ha capito niente” di cio’ che critica.

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broncobilly | martedì, 9 settembre 2014 alle 3:05 pm |
Distinguerei due problemi:
1) perché laddove dovrebbero stare le “belle” troviamo delle “brutte”?
2) perché stanno lì da così tanto tempo?
Il primo è il più semplice: se la moda serve ai consumatori per competere in termini di status, il legame con la bellezza diventa del tutto secondario. Anzi, la passione un po’ perversa (per le anoressiche) è per pochi, genera proiezione élitarie.
Il secondo è più ostico: in una società talmente ricca come la nostra la competizione per lo status esige una variabilità di canone ben più celere. In epoca pre-capitalista la panzona rubensiana poteva permettersi durate vicine al secolo, tuttavia non si capisce perché le anoressiche di Versace debbano persistere tanto.
Ma forse siamo al “riciclo”, francamente non seguo molto. La parola agli esperti.
In conclusione vorrei solo dire che… comunque Kate Moss è una gran gnocca.

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6 commenti a “I SALSICCIOTTI CALDI DI AMAZON”
Lo leggevo giusto ieri. http://www.amazon.com/forum/kindle/ref%3Dcm_cd_tfp_ef_tft_tp?_encoding=UTF8&cdForum=Fx1D7SY3BVSESG&cdThread=Tx3J0JKSSUIRCMT
Certo che se Amazon fa propaganda la fa bene, l’ altro giorno ho comprato un e-book del 1998 a 15 euro e ancora fremo di rabbia, guardacaso proprio per i motivi elencati nel link! Ecco, uno è già un po’ incazzato per certi prezzi, e poi si sente anche dire che a pretenderli così alti sono gli editori, i quali attaccano Amazon perché non vorrebbe mai superare una certa soglia…. beh, come minimo non sono nelle condizioni psicologiche adatte per “lottare contro il monopolio”, ho piuttosto la netta sensazione che un salsicciotto caldo (non vagamente promesso ma già servito in tavola) mi sia stato sfilato dal piatto.
“Ma se poi il libro l’ hai comprato allora gli editori in fondo avevano ragione…”. Nel mio caso sì ma in generale sembrerebbe di no. Questa ricerca ( http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=450220) per esempio conclude che “… a 1 percent drop in price — a mere 25 cents on a $25 book — increased the number of units sold by 7 percent to 10 percent…”.
Che poi Amazon - con self-publishing, bundling e quant’ altro si inventerà - faccia bene anche agli autori non è affatto certo: la torta sarà più grande ma non è detta che lo sia anche la loro fetta. L’ importante è che faccia bene al consumatore, di cui il lavoratore (creativo e non creativo) è al servizio. Ma forse questa è ideologia.
Certo che capisco gli editori, si preoccupano per la distribuzione al dettaglio che si assottiglia e ora devono anche preoccuparsi della fuga degli autori. E nemmeno la “fuga” di argomenti che possano far presa su persone neutrali non gioca certo a loro favore.
Gridano: “monopolio”. Ma il concetto di “monopolio” produttivo è piuttosto vago se preso in sé, non sappiamo bene nemmeno quali prodotti siano in concorrenza tra loro: ieri sono andato al negozietto per comprare il Corriere ma poi ho visto la Nutella in occasione e ho investito tutto nel barattolone famiglia. Non mi sarei mai aspettato che Corriere della Sera e Nutella fossero in concorrenza ma ieri ne ho avuto la riprova. E allora non basta lanciare allarmi su concetti vaghi (monopolio, bibliodiversità…), per smuovere l’ antitrust bisogna indicare i danni reali ricevuti dal consumatore.
Postato giovedì, 31 luglio 2014 alle 10:32 am da broncobilly

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Certo che se l’ unica libreria rimasta al mondo tratta i libri come surgelati non deperibili, la cosa preoccupa. D’ altronde il bene del mercato, se ne fa, è sempre involontario, quindi le buone intenzioni contano poco.
Dunque, la contrapposizione luddisti/supertecnologici non funziona.
Funziona quella scrittori/lettori?
Un lettore oggi potrebbe dire: “acquisto a prezzi stracciati, su cataloghi sterminati a disponibilità immediata. In vita mia non ho mai goduto di una “bibliodiversità” tanto vasta. Perché mai dovrei scendere in trincea? Contro chi? Ho ben altri problemi, io. Ho problemi di abbondanza, ho la tavola perennemente imbandita e non so dove infilzare la forchetta”.
Tuttavia, si potrebbe anche ritenere miope un lettore che parla così: chi oggi lo coccola domani potrebbe levargli la pelle. Appena se ne convince la contrapposizione lettori/scrittori salta.
C’ è un’ altra dicotomia: scrittori che scrivono per farsi leggere/scrittori che scrivono per farsi pagare. Si, lo so, anche i primi vogliono farsi pagare e anche i secondi vogliono farsi leggere, tuttavia la dicotoma ha funzionato ed è già emersa chiaramente, almeno quando si è trattato, per esempio, di combattere l’ indicizzazione dei libri da parte di Google. Gli “scrittori che scrivono per farsi pagare”, fissati sul copyright, sono rimasti così soli nella loro lotta da far pena.
Postato venerdì, 25 luglio 2014 alle 3:22 pm da broncobilly

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Manlio Pittori non ha motivo di preoccuparsi troppo per gli Anasazi, sono sicuro che il buon Dio abbia approntato una “via speciale” anche per loro. Saranno giudicati soppesando anche il contesto. Lo traggo dal Catechismo (art. 847, quello dedicato a “quelli che senza loro colpa…”), mica da una bontà di cuore.
Invece le obiezioni del 4 settembre sono puntute, mi hanno toccato.
In sintesi: perché solo un’ incarnazione? Cosa osta.
Ipotesi 1: ammettiamo esista una civiltà aliena con cui non possiamo avere contatti (il razionalista che è in me non fatica ad accettarla).
Ipotesi 2: ammettiamo che il nostro sia il migliore dei mondi (universi) possibili (il credente che è in me non fatica ad accettarla).
Ipotesi 3: ammettiamo che questi alieni siano peccatori e bisognosi di salvezza (il razionalista che è in me l’ accetta appellandosi all’ induzione: poiché l’ unica vita intelligente che conosco è quella umana, se ne esiste un’ altra sarà probabilmente simile a quella umana).
Ipotesi 4: ammettiamo che Dio voglia offrire occasioni di salvezza alla civiltà aliena (il credente che è in me non fatica ad accettarla).
Domanda al credente, al razionalista e al credente-razionalista: come procederà Dio?
Ci sono due opzioni: 1) predisporre vie speciali 2) predisporre sia via speciali che una via generale (risposta alla chiamata di un Dio incarnato o di un suo rappresentante in terra).
Su quale scommettere?
La ragione cosa ci dice? Poco. Anzi, niente. Entrambe le vie sono compatibili con l’ ipotesi 2. La “mostruosa” analisi costi e benefici non è alla nostra portata, lasciamola alla mente di Dio.
Ma della ragione fa parte anche il senso comune, e quello in me parla abbastanza chiaro: avere un Gesù che ci viene incontro è sempre meglio.
Diversamente da Padre Funes scommetterei allora sulla seconda opzione.
Ma cosa osta alla seconda incarnazione? Boh, quindi confermo la scommessa.
Anche se le probabilità restano basse? Basta che siano superiori all’ alternativa.
In questo senso padre Funes non mi convince.
La cosa più probabile, comunque, è che civiltà come la nostra esistano. Anzi, più probabile ancora che siano esistite e abbiano già conosciuto la loro apocalisse (paradosso di Fermi). Magari sono già state anche giudicate. Più probabilmente aspettano la nostra fine, che del resto non dovrebbe tardare. E sul punto sono d’ accordo anche i razionalisti: http://meteuphoric.wordpress.com/2010/03/23/sia-doomsday-the-filter-is-ahead/
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Padre Funes mi convince ancora meno sul multiverso: ma il lavoro certosino di John Leslie non aveva sviscerato il problema in modo chiaro: se l’ universo è unico allora la spiegazione casuale diventa poco credibile (e ci guadagna l’ alternativa teista). Se gli universi sono molti, allora il nostro è solo uno dei tanti e non dobbiamo sorprenderci se siamo qui. C’ è da dire che l’ ipotesi dell’ universo unico è decisamente più semplice, quindi preferibile al di là del “fitting”.

campariedemaistre: i nostri fratelli extraterrestri

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"... se il “sommerso” potrà venire alla luce del sole con una più efficiente lotta all’evasione e con una legislazione fiscale più semplice, l’economia “criminale”, invece, non potrà mai emergere..." 

Non è del tutto vero. Basta legalizzare gioco, prostituzione, droga... Cosa, del resto, che molti chiedono da tempo. Legalizzare la prostituzione (per esempio) è una scelta politica. Proprio come sarebbe una scelta politica aumentare le tasse. Entrambe sono lì a disposizione del legislatore. E francamente non saprei nemmeno dire quale sia la più immorale.

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Niente di più facile che equivocare un tomista, Il quale ha poi gioco facile poi nel rintuzzare gli attacchi. Anzi, i pseudo-attacchi.

Ma se il tomista volesse proprio essere “caritatevole” nell’ interpretazione, una lezione potrebbe trarla: il suo Dio è terribilmente contro-intuitivo. 

Non solo per gli uomini di (pseudo) scienza ma anche per molti uomini di fede. E non è certo un caso se, specie nel mondo anglosassone frequentato fa Feser, si sono sviluppate diverse teologie analitiche (serie) su basi alternative a quella tomista.

Il fatto è che Dio non è l’ aritmetica, l' analogia regge fino a un certo punto. Di Dio ci viene detto che siamo “a sua immagine e somiglianza”, ci viene detto che  ha delle “intenzioni”, che “agisce”, che “interviene". Tutti attributi che ci guardiamo bene dall’ attribuire alla matematica ma soprattutto, tutti attributi che ci risulta cervellotico riconciliare con un essere collocato fuori dal tempo. 

Sugli esseri eterni ragioniamo ancora bene ma sugli esseri (personali) fuori dal tempo annaspiamo. 


Magari, allora, nessuna “irrazionalità”, nessuna “contraddizione” ma comunque il rischio di essere “cervellotici” e sganciati dal senso comune. Da qui la marea di equivoci che divertono tanto un tomista preparato come Feser ma che un pochino dovrebbero anche preoccuparlo.

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Giulio, ci fai notare delle imprecisioni nella campagna sull’ IVA ridotta. Penso che i tuoi rilievi siano da considerare sensati qualora denuncino incongruità rispetto allo scopo della campagna stessa. In caso contrario saremmo di fronte a trascurabili semplificazioni.
Premessa: l’ IVA ridotta viene accordata per promuovere la lettura poiché si ritiene che questa attività abbia un rilievo sociale.
Se uno mi dicesse: la lettura su libro elettronico non ha la valenza della lettura tradizionale poiché è più frammentata, meno orientata e bla bla bla… quindi non merita il privilegio dell’ IVA ridotta; io, data la mia esperienza personale, non sarei d’ accordo pur avendo compreso perfettamente il senso dell’ obiezione e come si colloca.
Tu invece fai notare che:
1) nel caso dell’ e-book la lettura su supporti elettronici avviene con una vendita di licenza d’ uso anziché di un oggetto.
2) i lettori “hanno il dovere di considerare gli editori come dei nemici” e quindi non collaborare alla campagna.
Data la premessa, il primo rilievo mi sembra non pertinente, il secondo semplicemente falso.
Per quanto riguarda il primo, certo, prestare libri puo’ creare un’ esternalità positiva che chi ha a cuore la lettura vede di buon occhio. D’ altro canto, ci sono molti contro-argomenti, tipo la condivisione dell’ account e la facilità nel riprodurre file amazon. Ma ce n’ è uno che si staglia netto: il costo di produzione di un libro elettronico è più basso. Il costo marginale (ma anche quello di stoccaggio) addirittura pari a zero!
Chi tiene alla diffusione di un bene esulta nel sapere che il costo di quel bene è ribassabile imboccando certe vie. Esulta e indirizza tutti verso quella via (magari attraverso la leva fiscale). Se avesse la bacchetta magica trasformerebbe l’ intero parco dei lettori tradizionali in lettori di libri elettronici.
E qui veniamo al secondo punto: io sono “nemico” del mio spacciatore solo quando c’ è da tirare sul prezzo. Qui invece si tratta di dividere la torta.
Quando per lui ci sono occasioni di risparmio – ed è il nostro caso – vedo la cosa di buon occhio e la favorisco poiché parte di quei benefici potrebbe trasferirsi su di me (il 100% in caso di mercato competitivo). Arrivo a dire che persino un aumento dei profitti – essendo la premessa per futuri investimenti – potrebbe arrecarmi benefici indiretti. Insomma, se sta lottando per procurarsi la “torta” tifo per lui, anche se poi magari la mia fetta è piccola.
n.b. sono perfettamente consapevole che queste siano solo discussioni accademiche poiché il fisco italiano – da anni – segue solo la LOGICA del rapinatore di banca: “andiamo a prendere i soldi laddove ci sono” e la PSICOLOGIA dell’ ancoraggio: “giusto o sbagliato, se pagano continua a farli pagare”.

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Ok Giulio. Il “comizietto” mi contesta l’ argomento del prezzo sul lato della domanda (rispondo sotto), tu sul lato dell’ offerta.
Un tale diceva: “non é dalla generosità del macellaio che spero di ottenere il mio pranzo…”. Il resto è noto.
Allo stesso modo dico che non è da “promesse generose” che spero di ottenere la mia fetta (una volta che altri si saranno procurati la torta).
L’ iva al 4 si applica al prodotto, non al produttore. la cosa è indifferente solo se esistesse un unico produttore per quel prodotto.
Ecco, tu parli del settore editoriale come di un monopolio assoluto. Solo in questo caso avresti in parte ragione.
E dico “in parte” perché un fornitore con più risorse da investire nei libri potrebbe comunque arrecarmi benefici indiretti.
Chiudo con due osservazioni.
La prima sull’ ambiente.
C’ è gente che ricicla i rifiuti con l’ acribia di un miniatore e rastrella le città alla ricerca di banane a km zero con la foga di un nazista. Poi scopri che questa stessa gente si ostina sul “cartaceo” :-(. È un po’ come professarsi animalisti e girare in visone. Quando c’ è un’ alternativa con zero trasporti e zero carta chi ha un minimo di coscienza ambientale non se la lascia sfuggire. Così come non dovrebbe restare indifferente il legislatore: basterebbe solo affiancare all’ IVA una banale carbon tax e si vedrebbero invertiti di fatto i carichi fiscali tra cartaceo ed elettronico.
La seconda su prezzi e diffusione.
Se il nesso non esiste, l’ “argomento prezzo” cade. Il buon “comizietto” dice che nel suo caso il nesso è lasco. Per me è leggermente diverso: ho appena rinunciato a un acquisto librario perché caro. Francamente penso che il mio caso si presti meglio alla generalizzazione: altrimenti perché non alzare l’ iva dei libri al 22%? La cosa non produrrebbe nessun inconveniente alla diffusione della preziosa merce, solo vantaggi alle casse dello stato. Devo precisare che per farsi un’ idea corretta in merito è al “libro marginale” che bisogna guardare, non certo al “libro della vita”. Se persino la domanda di cocaina ha una sorprendente elasticità, penso proprio che i libri non facciano eccezione. Oltretutto, l’ offerta di consumi culturali oggi è molto più vasta di ieri: se il tizio che pubblica non sta ben attento a come prezza il suo libro mi scarico dalla rete i suoi papers e amen (oppure me ne vado al museo virtuale, o al festival della letteratura, o a vedere la juve…).

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Tre idee su libri e monopolio. Guarda caso tutte e tre smaccatamente a sostegno della mia tesi :-)
Il libro non è un bene fungibile, d’ accordo, ma per fortuna non è nemmeno necessario che lo sia per avere “concorrenza”.
Infatti, basta una qualsiasi pubblicità glamour per togliere “fungibilità” persino a un banale dentifricio. Dopodiché, l’ antitrust non si sente certo chiamata in causa.
Se volessi esagerare racconterei quanto mi è capitato al supermercato: mi fiondo determinato verso lo scaffale dei libri, poi, con la coda dell’ occhio, vedo la Nutella e investo lì il mio budget residuo. Chi l’ avrebbe mai detto che libri e Nutella fossero in concorrenza? Eppure, almeno in parte, è stato così.
Dipende molto dalla curvatura ma tra Leopardi (il bersaglio mirato) e la Nutella Ferrero (il bersaglio centrato) ci potrei far passare l’ universo.
Ma c’ è di più: i libri contengono “informazione”, anche se un’ informazione di tipo particolare. Chi vende “informazioni” non puo’ esporre troppo in vetrina la propria merce altrimenti la regala ancora prima di averla venduta. Tutto cio’ facilita la concorrenza.
Faccio un esempio per chiarire un po’ meglio. Questa estate, contrariamente alle mie abitudini, volevo avvicinare qualche narratore italiano, così ho chiesto in giro a chi ritengo ferrato. Mi hanno fatto il nome di tale Mari, sembra una penna interessante a giudicare da come si scaldava il referente. Poi si è fatta largo la figura di un certo Pecoraro, voce con altri colori ma altrettanta qualità, in più onusta di freschi e prestigiosi premi. Ora devo decidermi e ammetto che questi due autori sono per me in sanguinosa competizione tra loro. Non escludo a priori di far redimere la questione al prezzo o ad altri dettagli.

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Giulio, evidentemente è saltato qualche passaggio. Ecco allora una ricostruzione semplificata.

Avevi espresso un concetto chiaro:

“… c’è forse un impegno dell’Aie a ribassare i prezzi dopo la diminuzione dell’Iva?…”

Poiché hai continuato a dirlo anche nel commento successivo, c’ è da ritenere che questa idea sia centrale nella tua visione.

Sottolinei addirittura di averla ripetuta troppe volte. Eppure non era certo sfuggita, forse era sfuggita la risposta, che mi sembrava altrettanto chiara: L’ IMPEGNO CHE RICHIEDI E’ DEL TUTTO PLEONASTICO.

Che le cose stiano in questi termini, che l’ impegno richiesto fosse pleonastico, è chiaro da almeno un paio di secoli (a tanto risale l’ invenzione dell’ economia moderna come disciplina), da qui la citazione del macellaio di Adam Smith.

La tua richiesta ha senso solo se il mercato editoriale fosse un monopolio e i consumatori dei meri “price taker”. E poco importa se tu abbia parlato o meno di “monopoli editoriali” visto che sono necessariamente implicati affinché la tua lamentela abbia un significato.

Per questo poi il discorso è scivolato sulla relazione tra libri e monopoli: perché il sugo della storia è tutto lì!

Nessun monopolio, nessun impegno da richiedere a chi lotta per la parificazione. 

Nessun monopolio e la torta verrà giocoforza ripartita.

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Giulio, non avendo parlato di “rappresentanza sindacale” non vedo bene dove stia la “confusione” che denunci.

Certo, "sindacato" e "monopolio" sono da sempre concetti in simbiosi poiché il sindacato non è altro che un cartello: cerca di creare un monopolio per spuntare condizioni più favorevoli sul mercato. Sul punto, oltre al buon senso, concordano Richard Freeman, James  Medoff, Gregg Lewis, Morgan Reynolds e praticamente tutti gli studiosi del sindacato. 

Cio’ detto, continuo a non vedere la rilevanza della cosa sulla tesi centrale, e cioè: la tua richiesto di impegno ad abbassare i prezzi ha senso solo se sul mercato editoriale esiste un monopolio dell’ offerta, altrimenti impegni del genere sono del tutto pleonastici poiché, qualora la campagna vada a buon fine, intascherò automaticamente la mia fetta di torta.

Ora, l’ Aie ha la forza di imporre politiche di prezzo all' intero settore? Ognuno giudichi e ne tragga le conseguenze. 

Se risponde di no, partecipi pure a cuor leggero alla “campagna di parificazione”. 

Se invece risponde di sì: 1) partecipi ugualmente alla “campagna di parificazione” per i "benefici indiretti" di cui ai commenti precedenti ma soprattutto 2) denunci la sua scoperta all’ antitrust.

n.b. Una sola cosa sul “libro verde”: mica possiamo imputare a chi legge in ebook di essere connivente con la“rivoluzione digitale”, quella esiste a prescindere. Una volta data, possiamo al limite interrogarci su come un lettore sensibile alle questioni ambientali sceglie tra le alternative a disposizione. La mia fonte era un articolo del NYT:

“…  Cleantech study concluded that purchasing three e-books per month for four years produces roughly 168 kilograms of CO2 throughout the Kindle’s lifecycle, compared to the estimated 1,074 kilograms of CO2 produced by the same number of printed books…”

Il tutto senza considerare i costi di immagazzinaggio e smaltimento.

Possiamo discutere delle quantità (in rete c’ è di tutto) ma non penso che al “forte lettore” con coscienza ambientale siano lasciate molte scappatoie. 


http://green.blogs.nytimes.com/2009/08/31/are-e-readers-greener-than-books/

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